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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Past. TACCIA Alberto
10060 AMOROGNA
Settimanale
della Chiesa Vaidese
Anno 1968 - N. 49 ABBONAMENTI f Eco: L. 2.500 per l’interno Spedizione in abbonamento postale - I Gruppo bis 1 TORRE PELLICE - 13 Dicembre 1968
Una copia lire 50 L. 3.500 per l’estero Cambio di indirizzo Lire 50 1 Ammiu. Qaudiana Torre PeUìce . C.CJ. 2-17557
La parola di autorità
« Subito, il sabato, Gesù,
entrato nella sinagoga, insegnava. E la gente stupiva della sua dottrina, perchè egli li ammaestrava
come avente autorità e non
come gli scribi».
(Marco 1; 21-22)
La gente oggknon prova più
nessuno stupore davanti al nostro
insegnamento, perchè non lo avverte come qualche cosa di nuovo,
capace di muovere le umane cose.
La gente considera la nostra predicazione come una parola religiosa pronunciata in mezzo alla
pletora di parole non religiose delle propagande politiche e commerciali contemporanee, una parola relativa a certi ambientiy a
certe tendenze marginali della società, priva di una carica tale da
provocare reazioni particolari, che
siano di approvazione o che siano
di rifiuto. Anche dentro le nostre
odierne sinagoghe si registra la
mancanza di autorità della predicazione, ridotta a commentare con
commenti di stampo rabbinico
delle antiche parole sacrali: e si
ritiene di ovviare a questa mancanza di autorità pluralizzando la
predicazione pronunciata da un
singolo predicatore o trasformando l’annuncio che essa deve recare
in discussione, in dialogo, in scambio di opinioni. Come se l’alternativa valida per superare la debolezza della parola degli scribi
odierni e per evitare il paternalismo del singolo che si arroga il
diritto di ammaestrare i molti, sia
di togliere la parola agli scribi e
di deferire all'assemblea dei molti
il compito di trovare la parola influente e risolutiva, quasi che l’addizione delle parole bastasse per
rendere alla parola il suo contenuto, la sua autorità e per trasformare le parole degli uomini in Parola di Dio.
Discutere la predicazione è una
necessità inerente all’esigenza di
incarnarla nella mentalità concreta degli uomini che l’ascoltano;
sostituire la predicazione con la
discussione significa abbandonarsi e abbandonare le Comunità al
disorientamento e all’arbitrio di
tutti gli spiriti, privarsi e privarle
dell’unica possibilità creativa della fede che ci sia stata data.
Questo antico testo dell’Evangelo di Marco, con tutta la sua originaria freschezza, non ci indica
forse che la ricerca va indirizzata in un’altra direzione, non verso lo scriba che ammaestra i
molti senza scuotere la noia del
risaputo, nè verso i molti che
si sostituiscono allo scriba senza tuttavia scoprire il segreto dell’autorità? L’elemento risolutivo
non va cercato nè nel singolo nè
nei molti, nè nel pulpito sopraelevato sull’assemblea e da cui scende d’ufficio su di essa una saggezza da iniziati, nè nei banchi in cui
siedono degli uguali, i quali non
possono far altro che mettere insieme la loro povertà spirituale, il
loro disorientato smarrimento, la
distretta profonda della loro esi>lciiza.
Il destino del messaggio cristiano nel mondo di oggi e di domani
è vincolato alla riscoperta di un’altra dimensione, di una dimensione che sembra essersi persa nella
nostra generazione cristiana del
.XX secolo come si era persa nella
generazione giudaica del secolo I.
Questa riscoperta non può attuarsi nell’ascolto delle voci dell’Qriente e dell’Qccidente, della
destra o della sinistra teologica e
politica, ma unicamente nella ricerca tormentata e fiduciosa del
mistero di Colui che rompe questi
schemi, del mistero di Colui di
fronte al quale la critica tace e
l’indifferenza è messa in crisi, del
E’ morto Karl Barth
Lunedì 9 dicembre, all’età di 82 anni, si
è spento a Basilea il prof. Karl Barth, il
maggiore teologo protestante contemporaneo
e, forse, il maggiore dopo i Riformatori.
Ci vorrà tempo, prima che si possa valutare con un senso di prospettiva storica —
che senz’altro accrescerà il rilievo della sua
figura — e in tutte le sue dimensioni, l’apporto che Barth ha dato alla vita della chiesa
e della cultura contemporanea. Egli ci ha
dato il senso che la fede non è ai margini
della vita, ma al cuore di essa.
In terza pagina lo ricordiamo, con animo
grato al Signore.
mistero di Colui di fronte al quale
i problemi penultimi oggetto delle
nostre preoccupazioni individuali
e delle nostre rivendicazioni collettive prendono coscienza della
loro relatività e delle loro proporzioni, del mistero di Colui di fronte al quale tutti gli atteggiamenti
prefissati cedono il posto allo stupore.
Lo stupore è inseparabile dalla
fede, è la premessa introduttiva
della fede, è una componente costante della fede, la fede non può
nascere e non può vivere senza
stupore, un Cristianesimo senza
stupore è una contraddizione in
termini. L’uomo crede quando si
stupisce, cioè quando si trova dinanzi a una realtà non inquadrata
nelle analisi psicologiche, economiche, politiche, sociali che formano il tessuto della sua vita quotidiana, rimane colpito e sorpreso
da qualche cosa che non aveva inserito nelle sue previsioni, che lo
costringe a riflettere, a modificare,
forse a capovolgere le sue prospettive, scopre che dietro le parole discutibili e contestabili degli uomini si erge l’autorità della Parola
di un Altro, di frónte al quale le
stanchezze o le rivendicazioni cedono il passo alla* gioia inedita e
inesprimibile deirincontro, della
vocazione, del discepolato.
VlWORIO SUBILIA
IN,UN TEMPO AMARO, DI ASPRI DISSENSI
L’Evangelo della riconciliazione
Desidero farvi giungere un fraterno augurio, molto vivo, perchè il
Signore dia a tutti noi e alle nostre
chiese di ricevere con gioia l’annuncio deU’Evangelo della riconciliazione in Cristo.
Pensavo di rivolgervi un messaggio, proprio sul tema della riconciliazione, che è uno degli aspetti del
messaggio di Natale che annuncia la
pace tra gli uomini. Ma è con amarezza che debbo rendermi conto che
potrebbe essere soltanto una parola
di circostanza, di quelle che lasciano il tempo che trovano; come mi
è già accaduto di constatare in diverse altre circostanze. Viviamo in
un tempo amaro, ma cerchiamo
.sempre di darne la colpa agli altri.
E così ci si scaglia anatemi e certe
volte insulti; si vive nell’intolleranza e nella diffidenza, si squalificano
gli altri, forti della propria sicurezza e sicuri della propria forza. E
tutti sembrano avere il monopolio
della verità.
Forse questi pensieri sono dettati
dal fatto che sul mio tavolo arrivano soltanto i giornali e spesso lettere di protesta o l’eco di scontri esasperati; è raro invece sentir parlare
di cose vere ed aprire l’animo alla
speranza di cose nuove. Eppure anche queste ci sono e la misericordia
di Dio non è ancora finita per tutti
Meditazioni di Avvento - 3
Testimoni di Gesù Cristo: ISAIA
“Isaia vide la gloria ,di lui, e di lui parlò”
Nell'anno 640 a. C., il profeta Isaia ebbe una visione: vide il Signore seduto su un trono molto elevato, e i
lembi del suo manto riempivano il tempio. C'era anche
un coro angelico che diceva : « Santo, santo, santo è
l'Eterno degli eserciti ! Tutta la terra è piena della sua
gloria » (Isaia 6: 1-3). Isaia vide la gloria di Dio, di cui
tutta la terra è piena.
Ma la terra è veramente piena della gloria di Dio?
Non è piuttosto piena della gloria dell'uomo? La terra
che, come dicevano gli antichi, doveva essere « il teatro
della gloria di Dio » non è forse diventata il teatro della
gloria dell'uomo? Non è certamente un caso che il diavolo, quando tentò Gesù per la terza volta, « gli mostrò
tutti i regni del mondo, e la loro gloria » (Matteo 4: 8).
Quanta gloria c'è nel mondo I Glorie militari, scientifiche, tecniche, sportive, culturali, artistiche, economiche,
morali, religiose. L'umanità è carica di gloria, non solo
di miseria. Ma appunto è carica della sua gloria. I regni
del mondo non riflettono più la gloria di Dio, ma solo la
loro gloria. La terra sembra vuota della gloria di Dio e
piena della gloria dell'uomo.
Ma anche l’uomo comune, come siamo noi che non
siamo illustri e che nessuno conosce e onora, e che passiamo inosservati su questa terra, anche noi dobbiamo
avere a tutti i costi qualche motivo di gloria. Nessuno
può vivere senza vantarsi di qualcosa di suo, senza trovare in se stesso qualche motivo di vanto. Nessuno può
vivere senza una sua gloria, un suo vanto, per quanto
piccolo o discutibile esso sia. Un tempo non era così :
quando Iddio creò l'uomo, lo creò in modo che la gloria
di Dio fosse anche la gloria dell'uomo, affinchè l'uomo
potesse dire: «Tu, o Eterno, sei la mia gloria» (Salmo 3: 3). Oggi invece l'uomo trae la sua gloria non da
Dio ma da se stesso: trova in se stesso argomenti sufficienti di vanto. Si gloria non in Dio ma senza Dio. Così,
non solo il mondo ma anche l'uomo « è privo della gloria di Dio» (Romani 3: 23).
Ma allora : è ancora possibile, oggi, vedere la gloria
di Dio, come la vide Isaia, oppure saremo costretti a veder sempre e solo la gloria dell'uomo?
* * *
« Se credi, tu vedrai la gloria di Dio » (Giov. i 1 : 40).
Se non credi, ti devi accontentare della gloria dell'uomo.
La gloria di Dio non è più visibile agli occhi della carne,
ma solo allo sguardo della fede. Solo la fede può ancora
vedere. L'incredulità è cieca. Siccome non hanno creduto, i Giudei non vedono la gloria di Dio: eppure ce
l'hanno sotto gli occhi ! Perchè la storia di Gesù di Na
zareth, di cui sono spettatori, è il vero teatro della gloria
di Dio. Dal momento in cui « la Parola è stata fatta carne... e noi abbiamo contemplato la sua gloria » (Giovanni 1 : 14), attraverso le varie tappe del ministero di
Gesù (dal primo miracolo, quello di Cana, in cui egli
« manifestò la sua gloria », all'ultimo, quello di Lazzaro,
la cui malattia — disse Gesù — « non è a morte, ma è
per la gloria di Dio, affinchè per mezzo d'essa il Figliuol
di Dio sia glorificato»), fino all'ora suprema della glorificazione, l'ora della morte (« Padre, l'ora è venuta, glorifica il tuo Figliuolo»: Giov. 17: 1), tutta la vita di
Gesù dal primo all'ultimo giorno è il luogo della manifestazione della gloria di Dio. La storia di Gesù di Nazareth, non la terra, è piena della gloria di Dio. Non è dunque contemplando la natura con le sue meraviglie, o
l'uomo con la sua storia, o il mondo con le sue civiltà,
che si può oggi vedere la gloria di Dio, ma solo contemplando il Figliuolo. Isaia vide la gloria di Gesù (Giovanni 12: 41) contemplando Dio nel tempio; noi vediamo la gloria di Dio contemplando Gesù negli Evangeli.
«Tu vedrai la gloria di Dio»: Gesù lo dice a Marta
poco prima di chiamar Lazzaro fuori dal sepolcro. Il sepolcro è il luogo ove svanisce ogni gloria umana e anche ogni illusione di gloria. Il sepolcro è il luogo dove
l'uomo perde tutta la sua gloria. Qui appare la grande
differenza che c'è tra la gloria dell'uomo e la gloria di
Dio: che la gloria dell'uomo, quando viene la morte, non
si vede più, scompare del tutto, mentre la gloria di Dio,
quando viene la morte, si manifesta. « Tu vedrai la gloria di Dio»: là dove l'uomo è privato di ogni gloria, là
dove puoi solo più vedere la sua infinita distretta, là tu
vedrai la gloria di Dio. Nella risurrezione, Marta vedrà la
gloria di Dio. Nella risurrezione dai morti si vede la gloria di Dio.
« lo non darò la mia gloria a un altro » aveva detto
Iddio nell'Antico Testamento (Isaia 42: 8), ma in realtà
I ha data a Gesù, e Gesù l'ha data ai discepoli : « io ho
dato loro la gloria che tu hai dato a me » dice Gesù al
Padre nella preghiera sacerdotale (Giovanni 17: 22).
Per mezzo di Gesù, la gloria di Dio ritorna all'uomo.
Vi ritorna senza splendore esteriore (Gesù non ha l'aureola), ma come potenza di risurrezione nel nostro mondo di morte. Non solo e non tanto i cieli e la terra, ma la
risurrezione di Lazzaro e più ancora la risurrezione di
Gesù narrano per tutti i secoli la gloria di Dio.
Paolo Ricca
noi. Ma certo ha ragione Giorgio
Tourn nel suo articolo ”la via del
deserto” (Eco-Luce, n. 44) quando
afferma che facciamo molte cose solo per noi, che edifichiamo, parliamo, collcttiamo solq per noi e non
nella obbedienza al Signore. Fino a
quando saremo così chiusi nel nostro mondo, con i nostri piccoli
orizzonti?
Malgrado tutto è legittimo sperare; non nella nostra buona volontà o nel nostro buon diritto, ma nelVEvangelo di Nàtqle; che è annuncio di quella riconciliazione così impossibile che c’è' voluta l’incarnazione e la morte di Cristo perchè diventasse realtà nella nostra storia.
Rivolgere ora un ammonimento e
un appello per la riconciliazione
può sembrare retorico, può fare
pensare a un tentativo di sminuire i
problemi reali in funzione di una
pace apparente. Ma bisogna riflettere sul come viviamo in questa comunità di fede e di testimonianza
che è la nostra chiesa. Qualcuno mi
faceva osservare di recente che c’è
una bella differenza tra il dissenso
e il rifiuto: si può vivere nel dissenso perchè si ha una diversa visione della nostra vocazione e del
suo modo di esprimersi; ma il rifiuto è un’altra cosa: è negare l’altro,
il fratello, non volerlo ascoltare, e
addosso una etichetta squalificante a
priori. In ultima analisi il rifiuto è
negazione della signoria di Cristo su
me stesso e sull’altro, incomprensione del fatto che la riconciliazione
operata da Cristo deve necessariamente, per l’analogia della fede, tradursi in riconciliazione con il fratello. Poi si può ricominciare a discutere e a dissentire.
Questa è la ricorwiliazione che occorre ricercare oggi tra noi, per non
rendere vano l’annuncio di Natale
e per comprendere che soltanto perchè siamo giustificati per fede c’è
una speranza e un avvenire in tutto
quello che facciamo.
Neri Giampiccoli
Tempo di 13'
Risulta che alla chiesa, alla predicazione dell’Evangelo si dedica, quando va bene, una modesta strenna...
La situazione finanziaria che risulta dalla
ultima circolare del Moderatore è delle più
sconfortanti : al 30 novembre questi erano i
disavanzi delle varie voci del bilancio : culto
L. 41.321.016; istruzione L. 12.738.068; V’illa Olanda L. 4.717.340; Facoltà di Teologia
L. 4.878.395. In totale, a metà anno ecclesiastico, si registra dunque un disavanzo di
quasi 64 milioni. Cinque comunità (due autonome e tre costituite) non hanno, a metà
anno, inviato ancora alcun versamento, e cosi
diciassette centri di evangelizzazione; e anche le altre comunità hanno evidentemente
fatto dei versamenti assai inferiori a quanto
avrebbero dovuto. Per altro, la sottoseriz^one
per .sanare il deficit 1967-68 ha dato sinora
soltanto la somma di L. 4.337.368, contro
una richiesta di L. 9.700.000.
Questa situazione è profondamente malsana; nessuno di noi reggerebbe cosi il proprio
bilancio personale o familiare, nessuno andrebbe avanti in questo modo. Noi continuiamo a spendere ¡n tutti i modi (e soprattutto per gli stipendi ai ’dipendenti' della
Tavola) soldi che in pratica allo stato attuale non abbiamo. Forse le comunità si risveglierebbero soltanto a una drastica riduzione
delle spese, cioè dei servizi forniti dalla chiesa? O forse spendiamo per l’apparato ecclesiastico più di quello che è ragionevole? Che
cosa di tutto questo nostro apparato è indispensabile. e che cosa no? Le cifre accennate sopra rappresentano una questione lancinante non soltanto per lamministrazione
della nostra chiesa, ma per l’intera comunità. E’ più che tempo di prenderla di petto
con coraggio, con chiarezza.
2
pag
N. 49 — 13 dicembre 1968
IL ^GESÚ DI NAZARETH»
DI G. BORNRAim
libri
Il messaggio degli evangeli
neii’anatisi storica di un credente
Contro ia tensione crescente nelle nostre comunità
dove tutto si legge e si discute fuorché la Scrittura
Un appello del Biafra
Non aviïlai fine
questa tragedia?
La sigaora Ibìam »i rivolge
alle sorelle cristiane negli
Stati Uniti e nel mondo
Uno Strano telegramina
La Claudiana ha posto, nel corso
delle ultime settimane, due libri di
notevole interesse sul mercato librario evangelico: il 2® volume della
serie del Nuovo Testamento Annotato ed un saggio di G. Bornkamm
sulla teologia degli evangeli, sotto
il titolo: Gesù di Nazaret, nella serie dei Nuovi Studi Teologici.
Della prima serie ci siamo già occupati sul nostro giornale in occasione della pubblicazione dei primi
due volumi, non staremo a ripetere
quello che fu detto in quella occasione; il volume uscito ora comprende il testo dell’evangelo secondo
Giovanni e gli Atti degli Apostoli al
eui commento hanno collaborato il
prof. Miegge, i pastori Comba, Marauda, Raucb. Se soltanto si può fare un piccolo appunto alla nostra
casa editrice, è il fatto che l’opera
procede con maggior lentezza del
previsto e questo nuoce forse un poco alla sua diffusione; speriamo che
il volume conclusivo compaia nei
primi mesi dell’anno prossimo per
chiudere questa serie.
Il volume di Bornkamm è di natura molto diversa. Si tratta non di
un commento seguito ai passi evangelici, ma di un volume di studio
generale, di una visione globale dei
primi evangeli. Prima di illustrare
il pensiero dell’autore, va subito
detto che si tratta di un libro che
presenta i problemi in modo estremamente serio e preciso, è opera di
un teologo specialista nella sua materia, non giornalismo teologico fatto piluccando qualche idea più o
meno originale a destra e a manca;
d’altra parte è opera di divulgazione, scritta per i lettori medi del
mondo odierno, credenti e non credenti, i quali vogliano porsi questi
interrogativi. Il grande successo incontrato in Germania dall’opera dimostra appunto che l’autore ha saputo trovare il tono giusto per presentare le sue ricerche. Non ultimo
pregio del volume è la sobrietà e la
chiarezza dello stile ottimamente
reso dalla traduzione di E. Paschetto.
Il problema della lettura dell’Evangelo è stato al centro degli studi
teologici negli ultimi decenni, e il
lavoro del Bornkamm ne è il risultato, o uno dei risultati: gli evangeli parlano di Gesù, questo fatto è
chiaro a ogni lettore, però come ne
parlano? Raccontano la sua storia,
le vicende della sua esistenza come
noi siamo oggi abituati a narrare le
vicende della vita di un uomo antico o contemporaneo, o parlano di
lui dal punto di vista della fede?
Gli evangelisti si interessano a Gesù
come uomo o vedono in lui soprattutto il loro Signore? Non bisogna
dimenticare che sono stati scritti
molti anni dopo gli avvenimenti e
soprattutto sono stati scritti dopo la
risurrezione di Gesù. La Chiesa cristiana non è interessata tanto al fatto che Gesù sia stato qui o là, abbia
detto questo o quello, ma soprattutto al fatto che è Signore e Salvatore nostro.
Bornkamm non cerca perciò di
scrivere una vita di Gesù traendo
dagli evangeli dei dati storici, ma
cerca di comprendere il significato
dell’opera, della missione, della
predicazione di Cristo. Il libro perciò è una serie di analisi chiare e
semplici di tutta una serie di testi
biblici che abbiamo letto o udito
tante volte senza comprenderli ap
pieno, letti nel loro quadro, nell’io
sieme della predicazione di Gesù
seguendo le linee del racconto evan
gelico. Che significato hanno le pa
role di Gesù sul Regno di Dio, sul
l’amore del Padre, la preghiera, la
fede, il ravvedimento, ecc.?
D’altra parte però l’autore è costantemente interessato al significato di quelle parole nella situazione
di oggi, legge i testi non come potrebbe fare un critico unicamente
preoccupato di illustrarli, commen
tarli, fare dell’erudizione, ma come
un credente che ne trae ispirazione
per la sua fede; in fondo li legge
come una persona che deve fornire
alla Chiesa le parole per predicare
l’Evangelo oggi. Gesù non è perciò,
in queste pagine, un personaggio di
cui si discute e di cui si cerca di intuire il pensiero, ma il maestro e il
Signore che ha parlato con autorità
ai discepoli e che dobbiamo ascoltare anche oggi.
Invitare i lettori ad acquistare
quel libro e leggerlo non è superfluo nè retorico, pur avvertendoli
che si tratta di un libro su cui bisogna pensare, perchè sulla Scrittura bisogna pensare per udirne la
voce. E qui si apre il grande problema delle nostre comunità che
non sanno nè vogliono pensare sulla Bibbia: la leggono come musica
piacevole di tempi lontani, parola
di conforto e di consolazione, la
Bibbia la si ascolta, la si sfoglia, ma
pochi sono quelli che la meditano.
Lo scarso successo del Nuovo Testamento Annotato rivela questa mancanza di riflessione, lo rivela altresì
la tensione crescente nelle nostre comunità dove tutto si legge e tutto
si discute fuorché la Scrittura; tradizionalisti e rivoluzionari, conservatori e contestatari sono semplice
dialettica interna ad un unico corpo di credenti: bambini nella fede
che non crescono mai, bizzosi e immaturi, ingenui e prepotenti come
dei bambini perchè nel campo della fede non crescono mai e non crescono perchè non pensano con attenzione e fatica sulla Parola. Ad
iniziare questa riflessione seria e
fraterna c’è solo da sperare che opere come queUe che presentiamo si
pubblichino e soprattutto si leggano e si discutano fra credenti.
Giorgio Tourn
Biafra (spr) — Quando, a metà settembre,
la signora Olaynka Ibiam scrisse una lettera
d’appello alle donne americane, si valutava
a 10.000 al giorno il numero dei morti nel
Biafra. In novembre e in dicembre rimtirranno assai poche riserve dell’ultimo raccolto; per il momento, ogni ora muoiono 400
bambini ed è prevedibile che in dicembre
il numero dei morti superi i 750.000. La
lettera cui accenniamo diventa di giorno in
giorno più sconvolgente:
« ...Durante circa quindici mesi i quattordici milioni di Biafrarà, quasi tutti cristiani,
sono stati sottoposti a una dura oppressione,
all’aggressione e a una guerra genocida...
per la semplice e unica ragione che il popolo del Biafra si era pronunciato in favore
dell’autodeterminazione dopo essere stato
trattato brutalmente dalla Nigeria ed essere
stato scacciato dal paese nel quale era vissuto da oltre cinquant’anni a questa parte. Il
popolo del Biafra lotta per difendersi e per
sopravvivere contro forze schiaccianti sostenute da un aiuto esterno da parte di governi
che consideravamo civili e cristiani.
« Le donne dotate di senso di responsabilità e le cristiane nel mondo non possono
incrociare le braccia, senza dire nè fare nulla mentre migliaia di donne e di bambini
innocenti e indifesi sono massacrati quotidianamente. Mi rivolgo a voi, chiedendovi
di fare qualcosa contro' l’ingiustizia e la miseria che regnano nel mondo, oggi, e di condannare apertamente toppressione, l’aggressione, il genocidio e altre pratxhe consimili,
di fronte al mondo intero e in modo speciale
di fronte ai governi, affinchè si possa evitare il declino della civUtà; in tal modo testimonierete della Verità :a
La signora Olaynka Ibiam è moglie del
dr. Akanu Ibiam, ex governatore della Nigeria orientale (oggi Biafra) e uno dei copresidenti del Consiglio ecumenico delle
Chiese dal 1961 al 1968. I signori Ibiam
sono membri della Chiesa presbiteriana della Nigeria, che ha una comunità a Lagos,
mentre le 41 altre comunità e i 402 luoghi
di culto si trovano tutti nel Biafra.
NOVITÀ' CLAVDIANA
Nella « Piccola Biblioteca Teologica »
è uscito:
A. M. HUI9TER
L'Efv angelo
secondo Paolo
pp. 148, L. 700
L’ultimo numero di Voce Metodista
(novembre 1968) pubblica a pag. 3 il
testo di un telegramma inviato dal
Presidente della Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia, pastore
Mario Sbaffl, al Segretario per l’Unione dei cristiani in occasione della morte del card. Agostino Bea (di cui abbiamo tracciato un sommario profilo
su questo giornale, due settimane or
sono).
Ecco il testo del telegramma •
« Esprimendo cristiana solidarietà per
dipartita cardinale Bea ricordiamo con
commosso pensiero veneranda figura
apostolo unità cristiani et benediciamo Iddio per suo ispirato ministerio
Presidente Sbaffl ».
Non nascondiamo che questo telegramma — che rispondeva a un messaggio telegrafico molto sobrio del vescovo Willebrands, con cui comunicava al Presidente della Federazione
l'avvenuto decesso del card. Bea — ci
ha lasciato interdetti, quasi increduli.
Più che dal Presidente di una Federazione di Chiese Evangeliche questo telegramma sembrerebbe scritto — come minimo — dai monaci di Taizé.
Ma a pensarci bene potrebbe essere
stato scritto anche da Paolo VI. Miracoli dell’ecumenismo? Temiamo di no.
Piuttosto, una solenne confusione tra
un doveroso sentimento di solidarietà
cristiana e una non richiesta e non
dovuta commozione ( « con commosso
pensierò ») di fronte a una persona
e a un’opera ecumenica, certo rispettabili ma anche molto discutibili dal
punto di vista evangelico.
Che Agostino Bea sia « una veneranda figura di apostolo dell’unità dei
cristiani », lasciamolo dire al pontefice romano o a chi per esso. Che lo
dica il Presidente della Federazione
Evangelica italiana è davvero il colmo.
Anzitutto si può osservare che la qualifica di « apostolo » non può essere
applicata, da parte evangelica, a nessun ministro della Chiesa, cattolica
o evangelica che sia, dato che, nella
Chiesa, dopo Paolo di Tarso, di apostoli non ce ne sono più: parlare di
Bea (o di chiunque altro, compreso,
ad esempio, un Visser ’t Hooft) come
di un « apostolo dell’unità » significa
adottare un linguaggio tipicamente
cattolico, che il Nuovo Testamento in
nessun modo autorizza. Ma a parte que,sto, ci si deve pur chiedere: che cosa
significa e che cosa implica dire che
Bea è un « apostolo dell’unità dei cristiani »? Se le parole hanno un senso, non si può sfuggire a questa alternativa: o consideriamo davvero Bea
come un apostolo dell’unità dei cristiani, e allora dobbiamo prontamente far nostro il suo ecumenismo e la
sua concezione dell’unità: chi infatti
vorrebbe resistere a un apostolo? Oppure l’ecumenismo del card. Bea non
è il nostro (e, per quanto ci concerne,
non lo è) e la sua concezione dell’unità non è la nostra (e, per quanto ci
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iiiiiiiiMiMiiiiriiiMiimimimiiiiiiiiiiMiiiiimiiiiiitiimiiiiiiiimiiiiiitniiiiiiiiiiiiimiiiiiimiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiimiiimimmii
Fra autoritarismo ed autorità
Alcuni articoli del n. 47 del periodico mi
invitano ad una riflessione. In primo Inogo
quello del collega Roberto Jouvenal, che nell'ansia di vivere dal di dentro la problematica
del movimento studenteseo rischia, a mio avviso, di non poterne validamente criticare gli
a.spetti negativi, che non sono pochi. Molto è
stato scritto e detto sul movimento universitario che, frazionato al suo Vertice in tanti diversi gruppi estremisti (maoisti, castristi, anarchici di varie tendenze e sfumature) ha seosso dalla scorsa primavera diversi paesi europei, in particolare la Francia e l’Italia, e la
documentazione abbondante dovrebbe aver permesso la formazione di un giudizio ponderato
ed obbiettivo. Non vorrei che tale giudizio il
collega Jouvenal se lo fosse formato solo attraverso la lettura dei « Quaderni piacentini »
(è stato giustamente fatto notare ehe periodici
di questo genere, per il loro linguaggio estremamente sofisticato e teorico, possono trovare
vero interesse fra i lettori ehe sappiano di filosofia, ma non certo fra gli operai o fra i
braccianti).
Non è comunque di questo che si vuol discutere ora, ma della trasposizione negli istitnti medi di questa « guerriglia » universitaria con tutte le sue operazioni « a gatto selvaggio », delle quali molti nostri istituti hanno già fatto le spese. Il prof. Jouvenal diee ad
un certo punto : « Non mi interessa qui che
gli studenti sognino una palingenesi universale e si confessino rivoluzionari; mi interessa che vogliono anche una seuola nuova ».
Ora mi pare ehe non si possa, parlando di
concrete riforme, prescindere dalle idee di
fondo di coloro che sono la punta di diamante
del movimento, e queste idee, che tanto spesso appaiono nei volantini che circolano nelle
nostre scuole, sono un miscuglio di verbosa
astrattezza e di volgarità, di violenza e di delirante utopismo. Si vede bene ehe il movimento negli istituti medi ha ricalcato, con le
limitazioni dovute all'età minore, gli estremismi della contestazione universitaria (quanti
universitari hanno ronzato attorno agli istituti medi in questi ultimi tempi!).
Tutti i giovani hanno ad una certa età un
naturale desiderio di evasione, mal si adattano
alle regole della vita associata e istintivamente sognano una « libertà assoluta », un naturismo stile « isole dei mari del Sud ». A questo desiderio istintivo è legata la suggestione,
in un’età delicata, di un’assoluta libertà sessuale, predicata del resto da vari epigoni di
tendenza anarcoide: non a caso uno dei « vangeli » del movimento in campo universitario è
il volume « La rivoluzione sessuale » dello psicanalista austriaco W. Reich. In questo eontesto, da cui non si può prescindere in un’analisi più profonda di questi fermenti, l'opera
educativa dell’insegnante medio non è certo
facile. È facile invece, perchè può dare im
Un insegnante sulle agitazioni
studentesche nelle scuole medie
mediata popolarità e perchè è di moda, imboccare la strada della « contestazione globale » per poter dire semplicisticamente : « io
sono con i giovani »; molto più difficile è
prendere la via della moderazione critica, che
spesso può portarci contro l’assurdità di certe
richieste proprio per dimostrare ai giovani la
necessità del principio di autorità nella vita
associata (chiunque abbia dei figli sa bene
quanto l’istinto alla ribellione operi in loro
fin dalla più tenera età!). Troppo spesso, e
non sempre in buona fede, si confonde autorità con autoritarismo, dimenticando che quest’ultimo è legato alle dittature e che alle
dittature si arriva spesso, come insegna la storia, dopo una situazione di caos e di anarchia
violenta.
Moltissime cose avrei da « contestare » nell’articolo del collega Jouvenal; cercherò, per
ragioni di spazio, di condensarne alcune :
— « Non risulta - dice Jouvenal - che vi
siano stati sinora impedimenti alla frequenza ». Ora mi sembra chiaro che la massa studentesca segue facilmente la suggestione dei
gruppetti organizzatori, vuoi per ottenere una
facile vacanza, vuoi per fare un po’ di chiasso, vuoi per ribellarsi all’autorità degli adulti,
vuoi infine per passiva solidarietà, per non apparire « crumiri » o « violini ». Anche noi,
a suo tempo, marinammo la scuola quando il
« federale » o il gerarchetto locale organizzava
le « spontanee » dimostrazioni studentesche
per « Nizza italiana », contro le « sanzioni »,
ecc. E anche allora giovani fanatici del GUF
venivano a « prelevarci »!
— Diritto di sciopero per gli studenti? Sembra a Jouvenal che il rapporto studenti-scuola
o studenti-professori sia paragonabile a quello
lavoratori-datori di lavoro?
— Giusta è la critica al classismo del liceo
classico, ma ciò dipende non da come è congegnata tale scuola, ma da due fattori esterni
essenziali : la mentalità delle famiglie che ancor oggi, particolarmente in certe regioni, ritengono di rango inferiore le altre scuole medie superiori e la parziale apertura alle facoltà
universitarie da tali scuole. Ben venga quest’ultima apertura totale con provvedimenti di
legge, ma la mentalità della gente cambia
spesso più lentamente delle leggi!
— Non comprendo come si possa scindere
totalmente la funzione docente da quella giudicante: nella mia carriera d’insegnante non
ho mai avuto « il complesso » del giudizio, ma
ho sempre cercato in coscienza, nella limitatezza dei mezzi e delle possibilità concrete, di
acquisire tutti gli elementi che mi permettessero di esprimere un giudizio ponderato sugli
alunni, considerandoli sempre come individui.
e non come gruppo, o classe, o categoria, come
oggi è di moda fare. D’altronde è saggio sottrarre i giovani ad ogni forma di giudizio?
Non si accentuerebbe in loro l’insicurezza nelle proprie decisioni e l’immaturità? Gli alunni mi hanno in molti modi dimostrato di aver
bisogno di consigli paterni (anche perchè purtroppo molti genitori mancano a certi loro doveri) e non di un colloquio « alla pari » che
non avrebbe senso per la diversità di preparazione e di esperienza. Del resto i giovani stessi per primi diffidano giustamente dei quarantenni che fanno gli adolescenti!
— Giustissimo che vi siano assemblee studentesche in ambiente scolastico (non, evidentemente, in ore di lezione) ma formate da
rappresentanti liberamente eletti dalle singole classi, non caotiche assemblee plenarie nelle quali, come l’esperienza ha dimostrato, prevalgono in pratica gli elementi di una minoranza esaltata, verbosa e facinorosa. Sulla
co-gestione delle scuole esprimo le stesse riserve avanzate dal past. Conte, che trovo molto
profonde e pertinenti.
— « Presidi amministratori »? Al contrario,
io vedrei positivo svincolare totalmente i presidi da responsabilità amministrative (che potrebbero essere assunte da un segretario capo
col ruolo di direttore amministrativo, come
nelle Università), lasciando ai presidi la responsabilità del coordinamento didattico e disciplinare. In questa ipotesi la carica di preside potrebbe anche essere assunta a turno
dai professori e con periodo limitato.
Molto avrei da dire al sedicenne che protesta nello stesso numero del periodico: mi limito a qualche osservazione. Non mi sarei
certo aspettato da un <c umile catecumeno »,
come si autodefinisce, il linciaggio morale che
opera nei riguardi di suo padre. Manca di
« carità » e perciò fa pensare a uno « squillante cembalo ». Legga il commento di Lutero al quarto comandamento, commento che
considero tuttora validissimo, e l’artieolo di
G. Conte (( Gesù socialista » (Eco-Luce n. 48) :
tutte le riserve sul « catechismo dell’Isolotlo »
in esso contenute sonq applicabili anche alla
contestazione di una gerarchia ecclesiastica
autoritaria, che potrebbe parzialmente giustificare certe reazioni in campo cattolico (v. anche articolo del prof. Viola : « La contestazione dei giovani nelle chiese evangeliche »).
Concludo plaudendo vivamente all’articolo
di Ugo Gastaldi « Non c’è più giovane nè vecchio », che centra veramente il problema : tale
articolo avrebbe meritato di esser posto bene
in risalto in prima pagina per l’accento che
l’autore pone sulla necessità della nuova nascita, mediante la quale sparisce ogni distinzione
fra giovani e vecehi, e per aver fatto notare
(e ce n’c bisogno!) che nessun « mondo nuovo » è prevedibile finché vive « l’uomo vecchio ». Adriano Donini
concerne, non lo è), e allora, francamente, non vediamo come sia possipile, da parte evangelica, considerare
li card. Bea come un apostolo deU’unità dei cristiani. Possiamo avere (e, per
quanto ci concerne, abbiamo) il massimo rispetto e la massima considerazione umana e cristiana per Agostino
Bea come uomo, come credente e come cattolico, ma appunto non come
(( apostolo » e tanto meno come « apostolo dell’unità ». Bea non è stato
né l’uno né l’altro. E se proprio
si vuole adottare la terminologia cattolica e parlare di Agostino Bea come
di un « apostolo », si dica chiaramente
che egli è stato apostolo dell’unità
cattolica, che consiste, come ognuno
sa, nell’integrazione dei «fratelli separati» nella Chiesa di Roma. Non
dunque un apostolo dell’urfità cristiana tout court, ma un apostolo del1 unità cattolica : non è la stessa cosa. Quante volte bisogna ripeterlo?
Come non ci sentiamo di considerare il card. Bea come una «veneranda
figura di apostolo dell’unità dei cristiani », così non ci sentiamo di « benedire Iddio per il suo ispirato ministerio » — come dice il telegramma.
Ispirato da chi? Dallo Spirito Santo
o dal Concilio Vaticano II? Anche qui,
delle due una: o il ministero del card.
Bea è stato ispirato dallo Spirito Santo, e allora non ci resta altro da fare
che accettare il suo programma ecumenico: chi infatti vorrebbe resistere
allo Spirito Santo? Oppure il ministero del card. Bea è stato ispirato dal
Vaticano II, e allora, se proprio si desidera benedire qualcuno, ci si accontenti di benedire i padri conciliari.
Va da sé che non ci saremmo permessi di commentare come abbiam
fatto il telegramma in questione, se
esso fosse stato inviato dal Pastore
Mario Sbaffi a titolo personale o come
Presidente della Chiesa Metodista di
Italia. Ma siccome, purtroppo, il Pastore Sbaffi lo ha inviato nella sua
qualità di Presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia,
di cui è membro anche la Chiesa Valdese, cui apparteniamo, abbiamo sentito il diritto e il dovere di esprimere
pubblicamente — anche se, s’intende,
a titolo strettamente personale — il
nostro netto dissenso e di dissociarci,
col massimo rispetto ma anche con la
dovuta fermezza, dal contenuto di quel
telegramma che, in coscienza, non
possiamo condividere.
Paolo Ricca
Libri per i ragazzi
a cura di Berta Subilia
Una storia del giornalismo
Bona Alterocca — Il romanzo del giornalismo — Mursia, L. 1.800
Dagli Acta diurna dei romani, ai papiri
egiziani, al « Giornale del Celeste Impero »,
attraverso il medioevo e fino allMnvenzione
della stampa, che aprì la via a un giornalismo libero e sempre più in evoluzione, Bona Alterocca, giornalista della « Stampa » e
scrittrice attenta e intelligente, £a qui una
preziosa storia del giornalismo, dedicata ai
ragazzi e ricca di notizie nonché di una
acuta analisi della storia attraverso Finformazione. « Una professione dura e seria »
quella del giornalista, « che ha bisogno della libertà per essere svolta con onestà e rigore ». E’ stata un’idea originale scrivere
questo libro che mancava nella biblioteca
dei nostri ragazzi e che ora abbiamo nella
migliore forma e di cui consigliamo molto
la diffusione.
I gialli
Mildred e Gordon Gordon — D.G. Dannato Gatto — Vallecchi, L. 2.000
Alfred Hitchcock — Trova da solo il
colpevole — Vallecchi U. .2.000
Alfred Hitchcock — Otto racconti contro
la paura — Vallecchi, L. 2.000
Rat Pope — Caccia al ladro sul canale —
Vallecchi, L. 2.000
Nella collana Tuttodunfiato Vallecchi presenta per ora questi 4 libri gialli. Il nome
della collana è indovinato. Dannato Gatto che
è stato un film di Disney intitolato Operazione gatto è una storia tipicamente americana per ambiente e personaggi: una divertente presa in giro del FBI, impegnato
con un detective di nuovo genere, 1 Informatore X 14, un gatto! Emozioni, suspense,
colpi di scena sono alFordine del giorno nel
libro.
Trova da solo il colpevole e Otto racconti contro la paura sono a tinte ancora più
gialle, perchè oltre che di ladri sono costellati di fantasmi. Hitchcock scrive in una
maniera personalissima e immediata. Vuole
offrire svago ai ragazzi nella loro età difficile e combattere in loro la paura famigliarizzandoli col mondo del brivido. E di brividi ne procura parecchi, nell’uno e nell’altro libro, ma sono brividi divertenti!
Caccia al ladro sui canali ci trasporta su
una rete di canali britannici dove scivola,
condotta da 2 ragazzi e da 2 ragazze, una
chiatta a motore sulle quale essi inseguono
dei ladri, fra avvenimenti divertenti e emozionanti.
Pensiamo che di intrighi e di vicende poliziesche, del « giallo » insomma, quando c
pulito e riesce a essere educativo, i ragazzi
siano avidi, in fondo per quel bisogno che
sì ha di imparare a dipanare le matasse intricate, a ragionare, a vedere chiaro nelle
situazioni.
3
13 dicembre 1968 — N. 49
pag. 3
E’ morto Karl Barth, forse il maggiore teologo protestante dopo i Riformatori
Una rivoluzione copernicana:
Dio. non l’uomo è misura di iufie le cose
Una strenua luna di mezza secuin
antro la socolarizzazione del tristlaiesiin
Ma l’epoca di Barth è già passata o
dobbiamo àncora attenderne l’avvento?
Karl Barili non è o non dovrebbe essere
uno sconosciuto, fra i nostri lettori e nelle
nostre comunità. Non solo si fa spesso riferimento a luì, nella predicazione o sulla
nostra stampa, ma abbiamo pubblicato più
volte articoli a lui dedicati: e fra gli ultimi ricordiamo scritti di Giorgio Tourn, o la
presentazione fatta da Paolo Ricca alcuni
mesi or sono dell’ultimo "frammento” della
Kirchliche Dogmatik, dedicato al problema
battesimale. In occasione dell'80" anniversario del leo'ogo, da discepolo riconoscente
Giorgio Tourn gli ha ded’cato un ampio
saggio SII "Protestantesimo ’ e nella stessa
occasione la Claudiana, che ha ca cato negli
tiliimi anni di inserirsi iiidLi ’ gara" editoriale italiana nel pubblicare testi barthiani,
ha diffuso un agile, ottimo profilo di Karl
Barth. tracciato da G. Casalis, Tuttavia ci
è parso opportuno pubblicare, in modo succinto, parte di un saggio che Jean Base
aveva dedicato due anni fa al teologo basileese, su « Foi et Vie ». Possa invitare molti a conoscere più a fondo l’opera di questo
fratello nel quale il Signore ha dato mollo
alla nostra generazione. red.
Karl Barth è nato a Basilea in
una famiglia di teologi, il 10 maggio 1886. Terminati i suoi studi secondari, si orientò anch’egli verso gli
studi teologici, che intraprese a Berna, poi a Marburgo, Dopo un soggiorno di due anni a Ginevra (1909-1911)
come pastore della comunità riformata di lingua tedesca, Barth assume la
cura della comunità di SafenwU in
Argovia. La struttura sociale di questa
comunità lo porta a volgersi ai problemi economici e sociali. Soprattutto
per influenza di L. Ragaz, si unisce
al movimento del Cristianesimo Sociale nella prospettiva dell’avvento del
Regno di Dio.
In quel momento scoppia la guerra 1914-18. Essa doveva provocare in
Karl Barth uno choc profondo e decisivo, soprattutto a causa della posizione conformista assunta da molti
degli uomini, socialisti e cristiani, nei
quali aveva fiducia: «Non posso dimenticare — scriveva — l’oscura giornata dell’inizio d’agosto 1914, quando
93 intellettuali tedeschi affermarono
pubblicamente il loro accordo con la
politica di guerra dell’imperatore Guglielmo II e dei suoi consiglieri; con
profonda stupefazione dovetti constatare che fra loro figuravano pure i nomi di tutti i professori di teologia che
fino allora avevo rispettato e ascoltato con fiducia. Dato che si erano così,
gravemente sbagliati nel loro ethos,
mi s’imponeva una conclusione: non
potevo più seguirli nella loro etica e
nella loro dogmatica, nella loro esegesi della Bibbia e nel loro modo d’insegnare la storia: insomma, a partire
da quel momento la teologia del XIX
secolo, almeno per me, non poteva
più avere avvenire... »
Era lo smarrimento del teologo, ma
anche e soprattutto del pastore. Le
due responsabilità rimarranno del resto sempre legate fra loro, in Barth.
In una conferenza del 1922, che è stata
di aiuto a molti pastori e alla quale
non ci si stanca di ritornare, il teologo di Basilea ha perfettamente chiarito questo punto : « Indipendentemente
dalla mia formazione teologica, sono
stato spinto con forza sempre maggiore, da ogni sorta di circostanze, a occuparmi del problema della predicazione. Cercavo di aprirmi una strada
fra i problemi della vita umana e il
contenuto della Bibbia. Pastore, dovevo parlare a uomini alle prese con le
contraddizioni tremende della vita e
parlare loro del messaggio non meno
inaudito della Bibbia... Spesso queste
due grandezze: la vita e la Bibbia mi
hanno fatto l’effetto — e non è sempre così,? — di essere Cariddi e Scilla.
Questa situazione critica mi ha fatto
scoprire l’essenza di ogni teologia ». La
vita e la Bibbia: per questo giovane
pastore svizzero : la guerra del 1914
con i suoi massacri sanguinosi e le
cieche brame che nascondono, la lotta delle classi, la distretta e la miseria
degli uomini, e poi la Scrittura di cui
bisogna fare udire e comprendere il
messaggio.
Con il suo amico Eduard Thurneysen, Barth chiede alla Bibbia la
Dal commento di Barth
al “Magnificat,,
(^)uanto ora segue, sarà una dicliiarazione su Dio. « Egli ha rivolto gli occhi alla bassezza della sua serva ». Con ciò si spiega perchè avviene che la mia anima magnifichi il Signore e il mio spirito
esulti in Dio, mio salvatore. Non è il frutto di qualche slancio proprio, prodotto dalEanima stessa, ma avviene perchè Egli, il Signore,
ha rivolto gli occhi alla piccola Maria, perchè Egli, il Signore, ha rivolto gli occhi alla sua povera Chiesa. Se si guarda la piccola Maria,
se si guarda la povera Chiesa, non vi è alcun motivo di esultanza nè
di gioia. Ma se si guarda Colui al quale volgono lo sguardo la piccola Maria e la povera Chiesa, allora si comprende. Che cosa è avvenuto? Egli ha rivolto gli occhi alla bassezza della sua serva. Dunque
è chiaro: Dio è un Dio dei poveri, un Dio di coloro che sono nel bisogno, che sono in basso, molto in basso. Come dovrebbe essere altrimenti, se Egli è il Salvatore? Ma proprio per questo, perchè rivolge gli occhi alla bassezza della sua serva. Egli si dimostra il Dio
della benevolenza e della grazia, Colui che è buono verso di noi di
una bontà che non ha presupposti, che sa come ci troviamo e viene
quindi in aiuto. Di questo Dio abbiamo bisogno: questi è realmente
Dio: Colui che ha rivolto gli occhi alla bassezza della sua serva, ha
solo rivolto gli occhi. Come è bello questo: occorre solo che Dio ci
guardi, rivolga gli occhi verso di noi. Anche fra noi uomini esiste il
momento misterioso in cui ci si guarda negli occhi per dirsi: non voglio nasconderti nulla, voglio mostrarmi a te come sono; tu mi hai.
Dinanzi a Dio non occorre altro: che Egli rivolga gli occhi verso di
noi, è tutto. In questo vi è già il mistero della nascita verginale, vi è
già la presenza di Dio. E tutto quanto viene dopo, è compreso in
quest’atto per nulla appariscente: Egli ha rivolto gli occhi alla bas
sezza della sua serva. « Ecco, infatti, d’ora in poi tutte le generazioni
mi cliiaineranno beata». L’accostamento è violento: dapprima que
sto atto per nulla appariscente: che a Dio basti solo « rivolgere gli
oc< hi » per riversare la pienezza della grazia; ed ora la forza, l’im
portanza di questo avvenimento: Tutte le generazioni mi chiameran
no beata! Tutti gli angeli di tutti i cieli ora guardano soltanto a que
sto piccolo luogo, dove si trova Maria e a lei non è toccato altro che
questo: Dio ha rivolto gli occhi alla sua bassezza. Questo piccolo
istante è colmo di eternità e ancora ili eternità, non vi nulla di più
grande fra cielo e terra e se nella storia del mondo è mai accaduto
qualcosa di importante, è proprio questo « sguardo ». Noi parliamo
di Maria, ma allo stesso tempo parliamo anche della Chiesa, parliamo anche di noi. Non avviene, come nella toccante cerimonia dei caIecumeni, che al pari di una piccola fanciulla dobbiamo portare nel
buio una candelina, che ogni soffio di vento può spegnere e che noi
dobl)iamo proteggere con la mano, no: « Ecco, infatti, d’ora in poi
tutte le generazioni mi chiameranno beata ». (^ui nulla che ci sgomenti nè che ci faccia tremare, qui si sa, qui il si certo è già ottenuto. L’inizio e la fine della storia del mondo e il suo centro tendono
ad un unico punto, a Cristo. Noi siamo chiamati a porci di fianco a
Maria e a guardare; questa gioia e questo giubilo dell’anima può
con certezza essere ad ogni momento anche la nostra gioia. Noi dobbiamo soltanto accettare, quanto essa ha accettato: Mi accada secondo la tua parola; Karl Barth
S; fanno via via più numerose le opere di Barth tradotte in italiano; proprio in
questi giorni la Morcelliana ha pubblicato un volumetto. "L’Avvento'', che raccoglie
una serie di meditazioni sul cap. 1 dell’Evangelo secondo Luca (l’anno scorso era
stato pubblicato, nella medesima collana, un volumetto di meditazioni di Barth su
”Il Natale”). Da questa pubblicazione riportiamo la pagina che precede.
risposta al suo problema. A partire dal
1916 si curvano sull’Epistola ai Romani e Barth ne scrive un nuovo commento (1919, 2a ediz. 1922). Questo libro, che doveva essere subito un segno
di contraddizione nel cielo teologico
tedesco, segna l’apparizione della teologia della crisi e della rottura (...).
Alla fine del 1921, Karl Barth lasciava la sua comunità svizzera per diventare professore di dogmatica in
Germania: doveva esercitare quest’incarico a Göttingen, Münster e Bonn
ritornando infine a Basilea. Doveva
insegnare la teologia sistematica: diceva egli stesso che non sapeva molto
come cominciare questo lavoro. Si mise alla ricerca e s’immerse nell’opera
dei Riformatori, in particolare in quella di Calvino; e pochi anni dopo cominciò a elaborare una dogmatica (...).
Ma gli anni passavano e il secondo
tomo della Dogmatica non compariva.
Bisognava attendere il 1933 perchè apparisse non il seguito atteso, ma un
rifacimento completo dei prolegomeni, primo volume di una serie intitolata questa volta - cosa significativa « Dogmatica ecclesiastica ». Nel commento al « Credo », apparso nel 1935,
si trova la spiegazione di questo titolo : « Nessuno potrà essere dogmatico
se non ha ricevuto la missione di essere ’’dottore della Chiesa", cioè un
uomo che nella Chiesa insegnerà alla
Chiesa delle dottrine della Chiesa, non
come un erudito, ma come un uomo
chiamato a insegnare».
In primo luogo Barth ha proceduto
a una specie di purificazione del suo
fondamento teologico: ha voluto liberarsi e liberare la nozione di Parola
di Dio da ogni alleanza con una filosofia e in particolare con l’esistenzialismo... Ma il no di Barth all’alleanza
con una filosofia come alla teologia
naturale non è affatto un atteggiamento di astrattezza. Ne va per lui della fedeltà della Chiesa alla sua missione. Lo si sarebbe visto ben presto,
con l’ascesa al potere di Hitler e de;
nazional-socialismo. Il movimento cristiano-tedesco cercava di imporre una
dottrina che tentava di realizzare una
sintesi fra le affermazioni della fede
cristiana e certe tesi nazional-socialiste: Dio si rivelava attraverso la sua
Parola, ma anche attraverso il suolo,
la storia, la razza; la Chiesa doveva
mettersi al servizio del popolo tedesco e della sua missione storica... Giunse il momento in cui Barth, che aveva tranquillamente proseguito il suo
insegnamento teologico, prese pubblicamente posizione. Tutte le confusioni
contro le quali aveva lottato si trovavano riunite nei suoi avversari. Divenne una delle guide della Chiesa
confessante impegnata nella resistenza all’eresia. Fu cosi il principale re
dattore delle due dichiarazioni di fede,
adottate nel 1934, a Barmen, da due
sinodi di questa Chiesa, in cui si ritrova proclamata l’autorità sovrana e
unica della Parola di Dio : « Io sono
la via, la verità e la vita ; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me Gesù Cristo, quale risulta dalla testimonianza resagli nella sacra Scrittura, è l’unica Parola di Dio la quale
dobbiamo ascoltare, della quale dobbiamo fidarci, obbedendola nella vita
come nella morte - Respingiamo la
falsa dottrina secondo la quale la
Chiesa potrebbe e dovrebbe riconoscere come fonte della sua predicazione,
all’infuori e accanto a quest’unica Parola di Dio, altri avvenimenti e potenze, altre strutture e verità che considererebbe come rivelazione di Dio».
La lotta di Barth doveva essere di
breve durata, almeno in Germania.
Avendo rifiutato di prestare il giuramento a Hitler, fu r'istituito dalla sua
cattedra e divenne professore a Basilea, sua città natale, dove doveva insegnare fino alla messa a riposo. Nel
corso di questi anni l’aspetto centrale
della svolta teologica presa da Barth
è costituito da quella che è stata chiamata la concentrazione cristologica...
In questa prospettiva si svilupperà, in
maniera sempre più coerente, la dog
matica ecclesiastica i cui volumi dovevano succedersi a un ritmo impressionante...
Nel momento in cui Barth operava
la sua concentrazione cristologica, alcuni gli avevano rimproverato di chiudersi cost dietro una muraglia cinese.
Rispondeva che al contrario era il momento in cui gli sembrava di essere
più aperto alla vita e all’umanità. Raccontava che in quell’epoca si era messo a cavalcare, a leggere romanzi polizieschi e aveva scoperto l’Italia. Non
che Barth abbia mai mancato di cu
riosità 0 d’interesse per gli uomini e
per le cose : aveva troppo slancio vitale. Ma è certamente in una luce diversa che guarda l’umanità e va verso di essa: nella luce, che non ha cessato d’intensificarsi, della libertà e
dell’amore di Dio...
Quest’umanesimo implica non soltanto un immenso interesse per l’umano, ma, beninteso, una partecipazione responsabile agli avvenimenti
del mondo. Abbiamo visto Barth scendere in campo quando il nazional socialismo costituiva una minaccia per
Jean Bosc
(continua a pag. 4)
Il filosofo Keyserling ha scritto
una volta: « Barth e i suoi amici
portano nelle loro mani tutto l’avvenire del Protestantesimo. La vita e la morte del Protestantesimo
dipenderanno dalla sua ricettività
a questo genere di teologia o dalla
sua impotenza ad assimilarla » \
Questa osservazione dovrà essere
attentamente rimeditata negli anni avvenire, considerando la carica o la mancanza di carica di cui
darà prova il messaggio protestante. Non si può passare frettolosi
e disattenti accanto al dinamismo
contenuto nella teologia di Barth,
che obbliga a una radicale revisione di punti di vista. Non a torto è
stato affermato che « dopo Lutero
e Calvino il Protestantesimo non
aveva senza dubbio avuto un solo
teologo dell’importanza di Karl
Barth; è del resto imo di quegli
uomini come ve ne sono solo alcuni per secolo, uno di quelli che
incidono talmente la sfera di loro
competenza da aprire una nuova
epoca: i loro avversari stessi non
esistono che in loro funzione » ^
Dopo la scomparsa di questi uomini si avverte un senso di vuoto,
nella sensazione che lo spirito sia
per un tempo come esaurito e che
non vi possa essere luogo che per
un periodo di mediocrità e di disorientamento. Nel 1957, alla fine
di una conferenza che la GoetheGesellschaft gli aveva chiesto sulla teologia evangelica del XIX secolo, Barth osservava che aveva
dovuto attenersi al tema e non
poteva sorpassarne i limiti, ma aggiungeva con il suo abituale umorismo che gli sarebbe piaciuto essere presente un centinaio d’anni
più tardi quando un altro conferenziere sarà incaricato di esporre
il seguito di quella storia l Soltanto con il distacco del tempo si potrà valutare con maggiore senso
delle proporzioni l’apporto che
Barth ha dato al XX secolo e il
suo posto nell’evoluzione della cultura: non c’è pericolo di sbagliarsi se si prevede che questo apporto e questo posto ne risulteranno
non diminuiti ma ingranditi. Molto probabilmente nel momento
della morte di Barth ci si deve
porre la domanda che egli ha posto in un suo studio a proposito
di Hegel: se l’epoca di Barth è già
passata o se dobbiamo ancora attenderne l’avvento*.
Si dimostrerebbe infatti una
comprensione singolarmente angusta della portata del suo pensiero, limitandola a una disciplina specializzata delle scienze dello spirito, a un settore, per quanto vivo e significativo, del mondo
moderno. Non è retorica funebre
affermare che la dimensione di
Barth trascende interessi particolari, raggiunge un respiro di universalità, investendo con la sua
problematica in primo luogo la testimonianza e la responsabilità
cristiana nel mondo attuale e, in
questa prospettiva, il senso stesso
dell’esistenza e dell’impegno umano nella storia, intessuta in un
pluralismo di rapporti sociali che
vanno dalla politica alla sessualità. Qualcuno ha potuto dire che in
Barth si è incarnato, in una pienezza ineguagliabile di umanità, la
funzione che Platone attribuiva al
filosofo: essere l’anima della città”. In che senso è possibile pensare che Barth ha dato espressione al dramma dell’uomo e della
società del nostro tempo?
Per lo meno da Descartes in poi
l’impostazione fondamentale dell’intera cultura moderna è centrata sull’uomo come misura di tutte
le cose. La stessa teologia protestante, nel generoso tentativo di
rappresentare il cristianesimo dell’uomo inserito in una civiltà
scientifica, a partire dal 1600, in
radicale contrasto con il messaggio della Riforma, ha subito l’impronta dello spirito moderno, lasciando condizionare l’Evangelo e
la coscienza cristiana dalla sensi
bilità e dall’esperienza dell’uomo,
così da convertire l’Evangelo all’uomo, ai suoi bisogni e alle sue
preferenze, invece di convertire
l’uomo all’Evangelo e alle sue esigenze sovrane. Con Barth, nella
coscienza della perdizione atomica che l’umanità sembra prepararsi con le sue proprie mani, si è
operata una rivoluzione copernicana di queste posizioni e dei loro
fondamenti nella teologia e nella
cultura. Nell’arco di oltre mezzo
secolo di attività, sostenuta da
una capacità di lavoro decisamente eccezionale, la sua è stata una
lotta senza quartiere contro un
cristianesimo secolarizzato che si
lascia dettare i propri criteri e i
propri temi dal mondo e che accetta di essere la copertura sacralizzante delle sue imprese e del
suo stile di vita e che sembra quindi aver perduto la capacità di pronunciare un messaggio autorevole
e degno di udienza. Il riemergere,
nella coscienza della nostra generazione, teologica e culturale, di
istanze che, sotto altra forma,
Barth aveva strenuamente combattute non più di trent’anni or
sono, potrebbe indicare che la nostra civiltà nella sua anima profonda, preparata da secoli di lenta
incubazione, negli stessi ambienti
della chiesa e della teologia cristiana, sembra avere rigettato o
troppo presto dimenticato l’.appel
10 di Barth.
Ma un messaggio vero e valido
rimane tale, anche se non incontra il successo, perchè costituisce
11 fermento da far fermentare tutta la pasta umana, quando l’ora
sarà venuta. I valori più duraturi,
più carichi di autorità spirituale,
non sono valori di conformismo,
ma di contrasto e di contestazione
alle correnti del secolo.
Vittorio Subilia
‘ Git. da W. A. Visser ’t Hooft, Introduction à Karl Barth, Paris s. d., p. 5.
2 G. Casalis, Portrait de Karl Barth, Genève 1961, p. 9 (trad, ital., Torino 1967).
^ K. Barth, Die evangelische Theologie im
XIX. Jahrhundert, ZoUikon-Zürich 1957.
* K. Barth, Die protestantische Theologie
im XIX. Jahrhundert, ZoUikon-Zürich 1947,
p. 349.
" G. Casalis, op. cit., p. 17.
In morie di Karl ßartli
Un ciimunicato della Federazione evangelica italiana alla
stampa e alla RAl-TV
Il presidente della Federazione delle Chiese
evangeliche in Italia, past. Mario Sbaffi, ha
rilasciato questa dichiarazione alVANSA e
alla RAI-TV.
Con la morte di Karl Barth la cristianità del nostro tempo perde uno
dei suoi teologi più insigni. Il carattere profondamente biblico della sua
teologia e la costante ricerca, nelle
sue numerossimise opere, della autenticità del messaggio evangelico hanno
fatto di questo teologo protestante un
teologo ecumenico che la fortemente
influenzato anche il rinnovamento della Chiesa Cattolica.
Le Chiese evangeliche italiane gU
sono debitrice del rinnovamento biblico che rompendo con il liberalismo
teologico diede inizio alla teologia dialettrica ed alla riscoperta della totale
trascendenza di Dio.
Fu tale teologia che mise la Chiesa
professante della Germania in grado
di fronteggiare la minaccia degli elementi neo-pagani dei cosiddetti cristiani-tedeschi e di sostenere la propria
coraggiosa lotta contro il nazismo.
Le opere esegetiche, dogmatiche, storiche,nonché politiche e letteraria di
Karl Barth, che cominciano ad apparire anche nelle edizioni italiane, ci
restano come una monumentale testimonianza della sua stupefacente cultura e profonda consacrazione e come una voce profetica che vuol richiamare l’uomo di oggi alla comprensione ed alla accettazione del messaggio
della Parola di Dio.
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N. 49 — 13 dicembre 1968
La traduzione ecunienica (francese) della Bibbia
In questi giorni in cui si parla tanto
di traduzioni ecumeniche o concordate ci sembra il caso di soffermarci un
momento sul progetto in corso in
Fi ancia per una traduzione ecumenica
della Bibbia, come ci era stato richieste dal direttore quasi due anni or sono, in occasione deH’apparizione del
primo fascicolo della traduzione stessa, contenente la lettera dell'apostolo
Paolo ai Romani. Si tratta di un libro
di 110 pagine contenente una lettera
prefazione del pastore M. Boegner e
del Card. Martin, una introduzione
sulla traduzione stessa in generale,
un’introduzione alla lettera ai Romani
(6 pagine) e infine la traduzione annotata.
In un primo tempo si era pensato
a una revisione comune di una traduzione già esistente (la Bible de Jérusalem); ma presto si venne alla decisione di approntare una versione del
tutto nuova, alla quale avrebbero partecipato rappresentanti delle tre con
fessioni (cattolici, protestanti e ortodossi). L’aspetto più caratteristico e
significativo, che distinque la Traduction Oecuménique de la Bible dalla
« Bibbia concordata » uscita in questi
giorni in Italia, è questo: ogni libro
biblico è affidato a due traduttori che
sono sempre uno cattolico l’altro protestante che lavorano insieme con il
metodo di lavoro che preferiscono, incontrandosi più 0 meno frequentemen
te secondo la distanza che separa i loro posti di residenza. Per alcuni libri
particolarmente importanti, il lavoro
iniziale è stato affidato a un gruppo
più numeroso: così per la lettera ai
Romani, i traduttori sono sempre stali almeno sei, per i Salmi selle (perchè
nel frattempo è uscito anche il fascicolo con una parte dei Salmi), per i Vangeli Sinottici si è anche formato un
gruppo più grande, che sia responsabile per Matteo, Marco e Luca affinchè sia salvata l’omogeneità letteraria
(anche se relativa) dei tre primi libri
del N.T. Infine, durante i mesi estivi
sono state fatte delle vaste sedute che
hanno impegnato da 30 a cinquanta
traduttori ogni volta, per confrontare
ì metodi di lavoro, i risultati raggiunti,
le scelte terminologiche e così via.
Perchè questo complicato meccani
smo? Per ottenere che ogni libro, ogni
brano, ogni versetto, fosse il frutto duna discussione franca e umile sul testo biblico, e di una convinzione comune a cui dovevano giungere i traduttori
prima di fissare definitivamente l’equivalente francese del testo biblico. Per
assicurare una certa omogeneità di
metodi e di stile, ogni gruppo di lavoro, dopo aver fatto due capitoli a titolo
di prova, li mette a confronto col la
voro o coi primi tentativi di altri grup
pi, tramite un comitato di coordinato
ri. In caso di conflitto fra i coordina
tori e i traduttori, il compito di dirimere la controversia spetta ai quattro
saggi, due per parte (i proff. Wilhelm
Vischer e Oscar Cullmann per parte
protestante, e i PP. De Vaux e Benoit
per parte cattolica). Ci risulta che almeno per la traduzione della lettera
ai Romani, non ci sono stati conflitti,
perchè i « moderatori » non sono stati
chiamati in causa.
Il metodo scelto per il lavoro di traduzione è complesso, e comporta un
forte dispendio di tempo e di denaro.
Tuttavia ha dei grandi vantaggi: non
solo quello di assicurare una certa uniformità di metodi e stile, ma soprattutto quello di costringere le parti a
un lavoro di esegesi da punti di vista
diversi; di evitare il pericolo di lasciarsi trascinare dall’abitudine della
propria confessione senza ascoltare in
assoluta libertà anche la parte oppo
sta; la necessità di superare queste
difficoltà non con reciproche concessioni, ma con la fedeltà più rigorosa
al testo da tradurre (tanto più che il
lavoro nasce sotto gli occhi critici, o
per lo meno curiosi, di tutto il mondo,
e che linguisti, esegeti, polemisti e liturghi delle tre confessioni hanno gli
occhi puntati per valutare l’impresa da
ogni possibile angolatura e nei minimi dettagli!).
Il metodo di lavoro
Alcune opzioni di base sono state
comunque prese prima di affidare i testi ai gruppi di lavoro;
a) quella di corredare la traduzione con delle note di una ampiezza pari a un quarto o un terzo del testo
tradotto (ci sembra che nel fascicolo
della lettera ai Romani la proporzio
ne sia superiore, ma ci viene detto
che esse saranno sfrondate quando
tutto il N. T. o tutta la Bibbia sarà
pubblicata in un volume unico, anche
per evitare ripetizioni. Nelle note sono
menzionate le traduzioni di varianti
manoscritte d’un certo peso, o di antiche traduzioni; spiegazioni sui nomi storici e geografici; il senso letterale di alcune espressioni ebraiche o
greche intraducibili, o il significato
di altre tradotte alla lettera ma contenenti metafore per noi oscure; e infine spiegare il significato di alcuni
termini di teologia biblica nel contesto
dove si trovano. Non devono quindi
essere dei trattati generali sulle parole-chiave della S. Scrittura, bensì sul
loro uso nel passo concreto. Finalmente, chiarimenti sui passi deH’A.’T.
citati nel Nuovo, e i paralleli più significativi. Quando sarà necessario, la
nota darà l’interpretazione di un passo
nella teologia protestante e in quella
cattolica.
b) una seconda opzione riguarda
l’ordine dei libri biblici. Per il N.T.
questo non è un problema. Per l’A.T.
l’ordine segue il canone ebraico (per
intenderci, quello degli Ebrei di Palestina, seguito dalla tradizione protestante; in coda, i cosidetti libri apocrifi (quelli appartenenti in più al canone della LXX, cioè degli Ebrei della
diaspora, seguito dalla tradizione cattolica).
c) La terza scelta di base è stata
quella del testo. Per TA.T. si è deciso
di tradurre dal testo (massoretico)
pubblicato dalla Società Biblica Wùrttemberghese, e per il N.T. da quello
pubblicato dalle società bibliche unite
a cura dei professori Aland, Black,
Metzger e Wikgren, cioè da due edizioni protestanti (non si può dire «da
due testi protestanti», perchè il testo
originale, evidentemente, non è nè
protestante nè cattolico).
d) una scelta che riguarda solo l’A.
T. è stata quella relativa al modo di
tradurre il nome di Dio (che gli ebrei
scrivevano con le consonanti di
Yahwèh e leggevano Adonài). La T.
O.B. segue questa pronuncia degli Ebrei (visto che l’A.T. era il loro libro
sacro, e visto che anche la versione
greca dei « settanta » traduce il nome
d: Dio con Kyiios - Signore) e rende
questo nome con Le Seigneur in maiuscolette (cfr. Filipp. 2: 9-11). L’espressione « l’Eterno degli eserciti » è resa
con « le Seigneur le tout-puissant ».
Di queste varie scelte preliminari,
la terza e la quarta non possono che
venire apprezzate. Qualche perplessità
potrebbero suscitare le altre due. Per
i libri cosiddetti apocrifi, sarà bene
vedere in concreto come risulterà il
testo stampato. Se il proposito di rispettare le convinzioni degli uni e degli altri sarà realizzato con coerenza,
i cattolici non potranno accusare i
protestanti di aver tolto loro una parte del loro A.T., e i protestanti non
dovrebbero poter accusare i cattolici
di aver fatto passare per libri canonici dei testi che le chiese evangeliche
non riconoscono come tali. La loro
conoscenza a scopo culturale, tuttavia,
non manca di utilità, perchè fa sapere
quali avvenimenti sono successi dopo
Esdra, Nehemia e Zorobabele, fin verso l’epoca di Giov. Battista e di Gesù;
per questo scopo li contenevano quasi sempre anche le Bibbie protestanti,
dal tempo della Riforma fino ai primi decenni del secolo scorso. Anche
la Bibbia del Diodati, che molti in Italia considerano il non plus ultra dell’ortodossia, li conteneva fino al secolo scorso; li abbiamo visti coi nostri
occhi nelle edizioni conservate nella
nostra Biblioteca di Roma.
Il problema delle note
La stessa osservazione si potrebbe
fare per le note! Le vecchie edizioni
della « diodatina » sono abbondantemente annotate! E il Diodati era certo un protestante di buona lega, professore di esegesi biblica all’Accademia di Calvino ! Effettivamente, non vi
è nessuno che neghi l’utilità delle note
di carattere geografico, storico o antiquario (note su pesi e misure, monete ecc., p. es. Giov. 2:6, si trovano in
quasi tutte le edizioni delle nostre
Bibbie), e di carattere testuale (anche
sulla Riveduta sono citate possibilità
di tradurre diversamente determinati
passi, p. es. Giov. 3:3 e 3:7; o le varianti più caratteristiche di antichi
manoscritti, p. es. Giov. 3:13). Quanto
alle note teologiche, sarà ancora l’esperienza che dovrà dirci se c’è la possibilità di riferire obiettivamente e serenamente il punto di vista delle varie
confessioni. Per la lettera ai Romani,
il tentativo ci sembra riuscito, anche
se perfettibile.
Vorremmo ora, se la tirannia dello
spazio lo consente, dare qualche esempio di traduzione, per i lettori che
hanno la possibilità di riscontrare gli
stessi passi su un’altra traduzione
francese (o, in difetto, su una italiana).
3:1 «Quelle est donc la supériorité
du Juif?» (Riv. «il vantaggio»); 3:4
(la citazione) «il faut donc que tu
sois reconnu juste dans tes paroles,
et que tu triomphes lorsqu’on te juge »
(Riveduta : « Affinché... ») ; 3:7 « Si, par
mon mensonge, la vérité de Dieu éclate d’autant plus pour sa gloire...»;
3 ;21b «... la loi et les prophètes lui
rendent témoignage » ; 3:26 « Il montre donc sa justice dans le temps présent, afin d’être juste et de justifier
celui qui vit de la foi en Jésus»; 4:3
(la citazione) «Abraham eut foi en
Dieu et cela lui fut compté comme
justice»; 4:9 «Cette déclaration de
bonheur ne concerne-t-elle donc que
les circoncis..? »; 5;2b4 « et nous met
tons notre orgueil dans l’espérance de
la gloire de Dieu. Bien plus, nous mettons notre orgueil dans nos détresses
mêmes, sachant que la détresse produit la persévérance, la persévérance
la fidélité éprouvée, la fidélité éprouvée l’espérance ».
Per le note, è evidentemente impossibile citarne molto. Come si è detto, alcune sono troppo ampie (Evangelo,
carne, spirito, redenzione, giustizia.
Una strenua Iona di mezzo secolo
contro lo secolorizzozione del crlstloneslmo
(segue da pag. 3)
la Chiesa. Dopo il suo ritorno in Svizzera non cessa di seguire da vicino le
vicissitudini della Chiesa e di portare
in sè la sorte della nazione tedesca,
dopo come prima e durante la guerra. Rispondendo per lettera a una domanda o dando in un articolo il suo
parere su un tema scottante, cercava
di considerare le cose nella verità, sempre cosciente della complessità delle
situazioni, della relatività delle soluzioni, ma pronunciando, quando gli
pareva necessario, nella libertà, un sì
o un no deciso.
Ancora una parola su Barth, teologo ecumenico. E’ stato sicuramente
nella sua generazione uno dei teologi
più seriamente e consapevolmente duri nei confronti del cattolicesimo romano. Ha scritto, a più riprese, che la
Chiesa che insegnava l’analogia entis
era la chiesa dell’Anti-cristo e su molti
punti ha tracciato in modo rigoroso
le frontiere che lo separavano dal cattolicesimo romano. Ha del resto pure
manifestato un certo sospetto nei confronti del Consiglio ecumenico di Ginevra e gli ha rivolto alcuni avvertimenti seri a proposito di talune delle
sue affermazioni. Eppure è divenuto
sempre più, a modo suo, un teologo
del dialogo...
Cosi il torrente rappresentato dall’opera di Barth nel momento in cui
apparve il Romerbrief è divenuto un
fiume ampio, tranquillo, gioioso, anche se sempre animato da una vita
intensa. Certo, non è mai stata dimenticata, ma anzi è stata sempre risottolineata la priorità dell’evento, poiché l’evento che è sempre all’origine
di ogni verità e di ogni vita è la Parola che il Dio vivente pronuncia egì
stesso nella sua libertà e nel suo amore. Ma a partire da questo evento ^
poiché la Parola è stata fatta carne,
la presenza del Signore nella sua con
tinuità è stata riconosciuta sempre
meglio nella pienezza delle sue dimensioni. E la Chiesa che testimonia in
terra del suo Signore e lo serve, è il
corpo di Cristo, cioè la sua forma d’esistenza nella storia e sulla terra.
Non è forse senza significato notare
che l’ultima lezione data da Barth ai
suoi studenti, al momento di andare
a riposo e a conclusione del suo cor
so d’introduzione alla teologia evangelica, aveva per tema l’Amore.
Jean Bosc
Alma Meille Calvino
Berretto blu
Ed. Mondadori
Un romanzo avvincente e moderno per ragazzi e ragazze dagli 8 ai 12 anni, illustrato dal
pittore Guido Bertello di Epoca.
ecc.). Ecco la nota di 1:17, in calce
alle parole « ... la justice de Dieu est
réyélée...»: (traduciamo) «non la giustizia distributiva que ricompensa le
opere, ma la giustizia salvifica di Dio
che adempie le promesse per grazia ».
Nello stesso versetto, la citazione di
Hab. 2:4 è resa secondo l’esegesi del
Nygren « Celui qui est juste par la
foi vivrà », e la nota spiega « Si potrebbe anche tradurre: le juste vivrà par
la foi. Tuttavia, il contesto invita a
optare per la traduzione data sopra:
l’Evangelo è la rivelazione della giustizia di Dio, potenza di Dio per salvare
1 credenti. La vita di cui parla la citazione non è dunque priva di risonanze escatologiche ». Al. v. 20 la nota dice
fra l’altro : « Il I concilio vaticano cita questo testo per appoggiare l’affermazione che Dio può essere conosciuto
con certezza dalla ragione umana
(Denzinger, 32a ediz., n. 3004). I Riformatori sottolineano qui soprattutto
l’universalità del fenomeno religioso e
l’impossibilità d’una conoscenza autentica del vero Dio fuori della rivelazione del Cristo. Il sentimento religioso
naturale degli uomini non li porta
che alla superstizione o all’acciecamento spirituale (cfr. Calvino, Istituzione, 1,1,2 e 4) ». Quest’epoca sembra
dare un certo credito aH’opinione corrente fin dal tempo del concilio Vaticano II, che ora, a differenza del secolo della Riforma, non è più la giustificazione per fede a costituire un
ostacolo insormontabile fra le confessioni, ma semmai le sue implicazioni.
Forse per questo non ci sono stati conflitti nella traduzione nel commento
della lettera ai Romani!
E’ più probabile che gli ostacoli sorgano in altri casi: per esempio, per i
passi addotti a fondamento della posizione sproporzionata che il cattolicesimo (o parte di esso) attribuisce a
Maria nella teologia, nel culto nella
pietà personale; oppure nei passi che
possono servire a giustificare il papato, i sette sacramenti, o altre dottrine
cattoliche. Ora, è vero che per lo più
il testo biblico non si presta a lasciarsi interpretare in funzione di dogmi
particolari, specialmente se il lavoro
è fatto con spirito di obiettività e di
lealtà: semmai il problema sorge per
le note, ma vi è sempre la possibilità
di mettere nelle note le varie interpretazioni.
Una traduzione
attenuata?
Piuttosto, finché il lavoro non è completo, o pubblicato in gran parte, può
rimanere il timore che una traduzione
destinata a piacere nei vari ambienti
finisca per essere non « falsa » ma attenuata, se non addirittura banalizzata, per la mancanza di rilievo che potrebbe essere data a certi aspetti (la
grazia, l’elezione, la fede...). A questo
proposito va dato atto, in primo luogo,
che nel volumetto in esame questo difetto non si riscontra in modo rilevante. Si tratta comunque, caso per
caso, di vedere se quel rilievo c’è effettivamente o se in certi testi non è
introdotto dalla nostra ottica protestante. Se c’è, evidentemente esso è
irrinunciabile e dovrà essere difeso, e
imposto alle altre parti, a costo di ritirarsi dall’impresa. Ma bisogna stare
attenti che ci sia veramente, tenendo
presente quello che gli Inglesi chiamano « thè danger of over-translation »
(H. J. Cadbury in « Expository Times »
64, 1952-53, p. 381).
Un comunicato del Partito Radicale
Per i’abrogazioDB del Ooocordato
Non diamo, solitamente, posto sulle nostre colonne a comunicati di partiti politici,
per ovvie ragioni. Dato però il problema
tutto particolare che il documento qui sotto contempla, lo offriamo airinformazione
dei nostri lettori.
Nel corso del suo V Congresso Nazionale
tenutosi a Ravenna nei giorni 2, 3, 4 novembre, il Partito Radicale ha preso in esame i problemi connessi con l’esistenza, in
Italia, di una legislazione che ha come sua
base e fondamento il Concordato tra Stato
e Chiesa del 1929.
Mentre da vari settori dell’opinione laica
italiana si tende ad accreditare la tesi che
una revisione sia attualmente possihUe e concepibile, anche a seguito della recente iniziativa del governo, che ha nominato una
apposita commissione « tecnica » incaricata di
studiare l’intero problema, il Partito Radicale ha riaffermato la propria convinzione
che solo la abrogazione dei trattati da parte
dello Stato italiano possa conseguire l’obiettivo di una reale e moderna separazione tra
lo Stato e la Chiesa.
Pertanto il congresso, in una mozione approvata all’umanimità, ha impegnato « gli
organi esecutivi del Partito ad iniziare, il
primo giorno dopo l’entrata in vigore della legge istitutiva del referendum, una campagna nazionale per il referendum abrogativo del Concordato tra Stato e Chiesa ».
In esecuzione del mandato congressuale,
gli organi esecutivi hanno intanto avviato
alcune iniziative di sondaggio, di reperimento di appoggi e di consultazione con quanti
siano interessati al problema. Chiunque desideri mettersi in contatto con il partito redicale può rivolgersi aUa Segreteria, via
XXIV maggio 7, Roma. I contributi possono essere versati sul c.c.p. N. 1/47750, intestato al Partito Radicale, Roma.
Si dovrebbe, terminando, dare anche
un giudizio dal punto di vista letterario. Ora, a prescindere dal fatto che
per farlo bisognerebbe essere francesi,
questo è il punto forse meno soddisfacente - quello, ad ogni modo, che
ha trattenuto il recensore dal presentare l’opera fino ad oggi. Per una ragione o per l’altra, la traduzione dei
Romani non afferra, non colpisce, non
ha niente di particolare. Forse ha operato il timore di pregiudicare l’impresa ecumenica introducendovi delle
novità di linguaggio o di stile? Eccedendo nelle parafrasi? Modernizzando eccessivamente? Non lo sappiamo.
E’ certo che, per esempio, la New English Bible, con tutti i difetti che le
si possono trovare, è stata un tentativo nuovo e coraggioso, che ha aperto
delle vie impensate e ne è anche stata ricompensata. <3ui, ci pare che la
T.O.B. non esca dal tradizionale. Soprattutto le nuoce il confronto con la
« Bible de Jérusalem », alla quale somiglia molto; forse per escludere tutte le somiglianze, la numerazione delle note è stata fatta in modo diverso,
ma quanto infelice! Francamente, ci
aspettavano qualcosa di più; e ci si
può domandare se in fondo in fondo,
il dispendio di tempo e di denaro si
giustifica. In definitiva, in mancanza
di novità esegetiche e linguistiche, il
destino della T.O.B. si giuoca sul terreno dell’ecumenismo. Cioè, la sua validità o meno dipende dall’opportunità o meno di averla fatta insieme. Ma
qui non sono più i filologi e gli esegeti a dover pronunciare un giudizio.
B. Corsani
Traduction Oecuménique de la Bible.
Epitre de Sa'.nt Paul aux Romains. Editori :
L'allianee biblique universeUe, 58 rue de
Clichy. Parigi; Le.? cditlons du Cerf, 29 bd.
Latour-Maubourg, Parigi, 1967.
I lettori
ci scrivono
Due soldi
d’umanità
Un lettore^ da Milano:
Signor direttore,
in quei « Due soldi di Umanità »
del Pastore TuU’o Vinay — apparso
sul numero scorso — c’è veramente
tutto. Io partecipo spesso a conferenze, dibattiti, tavole rotonde ecc. ecc.,
purtroppo però raramente ne esco
illuminato; il più delle volte mi par
d’essere dinnanzi nient’altro che a
« paroie » che programmano — quasi si trattasse di pubblicità spicciola
— risultati strabilianti. Da tanta sicumera, delle cosidette « sinistra e
destra » {la seconda meno rumorosa
e in un certo senso più ragionevole,
ma forse ancor p’ù perniciosa della
prima) la voce di Tullio Vinay si eie.
va semplice e ferma per indicare la
via per uscire da tutte quelle storture che sia i « monologhi m che i « dia.
loghi )) — se non sempre, molto spesso — stanno seminando nel tempo
nostro.
Ora, po'chè non credo che quella
(( voce )>, nel breve arco di tempo intercorso fra l’arrivo del giornale e la
sua fatale fine nel famoso cestino, sia
stata meditata come meritava, non
si potrebbe ripubblicarla? (0, forse
meglio ancora, aggiunta al giornale
a mezzo di semplice volantino?)
Per tale « operaz'one » io sarei disposto a concorrere con lire cinquemda.
Mi auguro che vorrà comunque
pubblicare questa lettera; e sin d’ora
La ringrazio.
Ezio Piìiardi
Abbiamo già ripreso lo scritto d’
Tulio Vinay da ^’Not'z'e da RiesV\
e per quanto lo abbiamo apprezzato
vivamente (e lo abbiamo dimostrato),
non ci pare il caso di procedere a
una ulteriore pubblicazione. Chi ha
avuto orecchie... red.
La moda
della preghiera
Un lettore, da Riclaretto:
Il N. 45 dell’Eco-Luce riporta la relazione della Conferenza del VI Distretto (Sicilia). NeU’ultimo capoverso
s' legge : « La Conferenza viene chiusa
alle ore 13,30 del giorno 25-10-1968;
come è di moda adesso, senza una preghiera e senza un inno.
Mi sembra che questo sia di una
certa gravità. Evidentemente se il chiudere le Conferenze Distrettuali e i Si
nodi non solo con la preghiera e un
inno, ma possibilmente, anche con la
celebrazioni della Santa Cena, è solo
una « moda », se ne può anche fare a
meno. Ma ho Timpressione che il chiudere una Conferenza Distrettuale, così
senza la preghiera, non sia soltanto
una moda, ma che ci sia sotto qualcosa
di più grave e profondo che intacca
la nostra fede. Noi crediamo che tutte le nostre deliberazioni prese nelle
Conferenze e nei Sinodi, debbano essere ispirate dal Signore e sottoposte
al Signore, altrimenti è tutto inutile.
La preghiera all’apertura e alla chiusura di una Conferenza Distrettuale e
di un Sinodo non è forse l’atto con cui
la Chiesa si sottomette alla rsovrana volontà del suo Signore e si rende disponibile per Lui?
Cipriano Tourn
Dopo
la mia morte
Un lettore ci scrive :
Signor direttore,
è mia intenzione mettere a disposizione della medicina il mio corpo,
dopo la mia morte, affinehè vengano
dallo stesso prelevati tutti i tessuti e
gli organi neeessari per effettuare tra.
pianti su persone cieche o malate, che
possano cosi avere la possibilità di recuperare la vista o la salute.
Lessi tempo fa, non mi ricordo dove, che, perchè i medici possano procedere ai prelevamenti di cui sopra,
c necessario che il donatore adempia
ad alcune formalità quando è ancora
in vita.
Purtroppo non presi allora gl! appunti del caso ed ora non so dove rivolgermi per avere le necessarie notizie. Anche due medici da me interpellati in merito non hanno saputo
illuminarmi.
Mi rivolgo pertanto a Lei nella
speranza che, dato il particolare servizio da Lei svolto, possa fornirmi le
notizie a me necessarie o, almeno, indicarmi dove rivolgermi per averle.
La prego scusarmi e, grato per
un Suo cortese riscontro, che gradire:
privato. La saluto fraternamente.
{lettera firmata)
Giriamo la richiesta ai lettori in
grado di rispondere, pregandoli di rivolgersi a noi. Grazie.
5
13 dicembre 1968 — N. 49
pag. 5
Una siKcnrsale della Claadlaaa anche a Milana “Ferrettine” e “IlouWini” visitano le Chiese
Sono particolarmente lieto di informare i nostri lettori che mercoledì 11
dicembre si è aperta a Milano, in Via
Francesco Sforza 14 (accanto al Tempio Valdese), una nuova Libreria Claudiana che nasce da una felice collaborazione fra le Comunità evangeliche
di Milano e la Claudiana. La vera e
propria inaugurazione avrà luogo a
metà gennaio con una Conferenza
pubblica di cui daremo notizia in
tempo.
La nuova Claudiana di Milano è una
libreria particolarmente specializzata
nel settore deUa cultura teolo|^ca, filosofica e storica (anche in inglese,
francese e tedesco) con particolare riferimento all’esegesi bìblica, alla Riforma protestante ed al pensiero riformato in genere. Non saranno tuttavia
trascurati i problemi più vivi dell’impegno cristiano nel mondo, i rapporti
Chiesa-società, il « Terzo Mondo » e
la narrativa « impegnata ». In questi
ultimi settori la Libreria si propone di
presentare una selezione della migliore produzione.
Da quasi due anni si parla di una
Libreria evangelica a Milano e la battagUa per superare le difficoltà d’ogni
genere (finanziario, burocratico ecc.)
è stata lunga. E’ stato tuttavia molto
rallegrante constatare l’impegno e la
decisione delle Comunità evangeliche
(in particolare quella valdese e metodista ) che hanno « voluto » questa Libreria e l’hanno appoggiata in ogni
modo. La gestione è affidata alla Sig.
na Lidia Schropp di MUano, di origine
tedesca, ma da lunghi anni in Italia,
che sarà coadiuvata da un Comitato
milanese. Giovani e meno giovani delle Comunità evangeliche si sono inoltre personalmente impegnati per una
presenza regolare, a turno, in Libreria, presenza che sarà favorita — spariamo — dalla vicinanza dell’IJniversità.
Il progetto del fronte esterno, della
vetrina e dell’interno è opera dell’Ing.
Gianfranco Cerrina Feronì, con la
consulenza del Prof. G. K. Koenig. Infaticabile direttore e animatore dei lavori è stato l’ing. Max Rostan. Ad
essi, come a tutti quanti hanno collaborato in vari modi alla realizzazione
di quest’opera, va la nostra più viva
riconoscenza.
Le Comunità evangeliche di Milano
hanno ora un valido strumento di testimonianza, di contatto e di dialogo
con il mondo culturale milanese, cattolico e laico. Rivolgiamo un vivo appello a tutte le Comunità evangeliche
lombarde perchè sostengano questa
iniziativa con i loro acquisti — in modo particolare in questo periodo di
festività — e con il loro fattivo ap
7
poggio.
Carlo Papini
iiiiiiiiimmitiiim
T <ocì della « E. Arnaud » sono caldamenle invitali a intervenire alla prima seduta,
domenica 22 alle ore 20.45, nella nuova sala
tirile attività.
LUSEfìNA S. GIOVANNI
Perchè apriamo a Milano una Libreria evangelica ;
TOfiRE PELUCE
Inaugurazione
della Casa Unionista
Domenica 15 c. m.. alle ore 15, avrà luogo l'inaugurazione della Casa Unionista e
Asilo Infantile, completamente rinnovati.
Il programma comprende un saggio dei
bambini deirasilo e la visita ai locali rinnovati.
Sarà anche allestito un bazar e funzionerà
un servizio di buffet. Sono cordialmente invitati anche i fratelli e sorelle delle comunità vicine.
Assemblea di Chiesa. — Il 5 e 26 ottobre
u. s. si è riunita Tassemblea di chiesa per
udire, fra Taltro, la relazione sui lavori sinodali e prendere le relative deliberazioni.
A conclusione di una varia ed animata discussione è stato approvato, a larga maggioranza, un o.d.g., già presentato alla prima
assemblea del 5 ottobre, e successivamente
ih parte riveduto, che si riporta nel suo te^fo definilivo.
> L assemblea di chiesa de la comunità di
Liiserna S. Giovanni, riunita in assemblea
ordinar.a il 26 ottobre 1968, esprime il proprio rammarico per Vattegguimento della
presidenza del Sinodo 1968, che ha contri,
butto a togliere al Sinodo stesso la sua caratteristica di assemblea ordinatamente costituita e chiamata a decidere liberamente;
dichiara la propria riprovazione verso quelle
persone che, con il loro atteggiamento ed i
loro interventi alle discussioni sinodali (per
tacere di talune manifestazioni di contorno
(li dubbio gusto) hanno contribuito a dare
al Sinodo uno svolgimento disordinato ed incoiicludeiite ed una impronta tendenzialmen’
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Il nostro secolo sta vivendo un
singolare paradosso: mentre per
molti versi abbiamo assistito ad
un processo di secolarizzazione
della « società cristiana », ed all’emergere sempre più sicuro ed
impetuoso di tendenze culturali
totalmente avulse da una visione
cristiana della vita, d'altra parte
assistiamo ad uno straordinario
rinnovamento della vita intellettuale cristiana, su diversi piani:
— nel campo del pensiero teologico puro, il nostro secolo ha visto la fioritura d’un nuovo gruppo
di moderni « padri della chiesa »
(di cui Karl Barth è il più geniale,
ma non certo l’unico rappresentante) capaci di esporre il pensiero cristiano con una ampiezza
e profondità non più note da
tempo;
— nel campo dei rapporti tra la
fede cristiana e la moderna cultura umanistica o scientifica sono
stati prodotti tutta una serie di
saggi di notevole livello, che vanno dal campo dell'antropologia a
quello della filosofia, passando attraverso la sociologia e la filosofia
della storia: saggi che hanno notevolmente influito sullo sviluppo
del pensiero contemporaneo, ecclesiastico e laico;
— nel campo degli studi storicocritici sulla Bibbia, abbiamo assistito ad un imponente sviluppo
delle ricerche esegetiche, che hanno rivoluzionato la nostra conoscenza delle fonti cristiane, sia
per chi si preoccupi della predicazione attuale del messaggio evangelico, sia per chi, in campo umanistico, sente la necessità di non
ridurre a formule sommarie un
giudizio critico sulle origini « cristiane » della civiltà occidentale;
— infine, l’attuale zenith (anche pubblicitario) del dialogo ecumenico ha prodotto un nuovo tipo di letteratura cristiana d’attualità, che può rispecchiare le tendenze ufficiali verso una convergenza delle chiese cristiane, o viceversa quella latente « ecumene
del dissenso » che sembra sul punto di esplodere alla luce del sole:
nei due casi si tratta di scritti a
cui difficilmente una persona colta
e attenta ai problemi dell’oggi, potrà negare la propria attenzione.
In tutti questi settori culturali,
una cosa è ben chiara: che il lavoro continua alacremente e velocemente, con una continua produzione di opere nuove, che non è
sempre facile seguire, sia a motivo
della sua abbondanza, sia a motivo del suo carattere internazionale.
Perciò aprimo a Milano una libreria evangelica di cultura. Essa
è dedicata:
— a tutti coloro a cui interessa
te politica, sulla base di pressioni esterne;
invita la Tavola Valdese a voler vigilare,
per il progredire delle comunità nel servizio
e nella libera testimonianza, onde venga allontanata dalle manifestazioni della Chiesa,
ogni forma di proselitismo politico ».
Attività del gruppo filodrammatico valdese. — Iniziando il suo ciclo annuale di lavori il Gruppo Filodrammatico presenterà
sabato 14 corr. alle ore 21 e domenica 15 alle ore 15 « Una ragazza in gamba » commedia in tre atti.
Si ricorda con roccasione che sono aperte
e libere a tutti le adesioni al Gruppo Filodrammatico recentemente costituito in associazione autonoma fra le varie attività della
comunità.
FRALI
Doni per l’Ospedale Valdese di Pomaretto in memoria del dott. E. Quattrini
( continuazione )
L. 3.000; Filiberto Garrou.
L. 2.000: Silvio Rostan; Beniamino Peyrot; Oreste Pascal; Giov. Stef. Ghigo; Emilio Richard, Ghigo; Alberto Ghigo; Beniamino Pascal; Renaldo Ghigo; Giog. Luigi
Grill; Guido Rostan; Dante Grill; Ester Raima Menusan: Filippo Berger; Rosalba e Rino Ricca; Ettore Menusan; Luciano Menusan; Enrichetta Genre; Grill Remo.
L. 1.500: Giov. Dan. Artus; Mar o Pascal; Rosaldo Clot; Marcellino Peyrot.
L. 1.000: Romildo Pascal; Claudia, Loretta e mamma Artus; Filippo Grill: Pietro
GriU.
L. 700 : Emanuele Rostan.
L. 500 : Stefano Rostan.
Versate in data 26-11-68 alla GIOV.
tenersi aggiornati sullo sviluppo
della cultura religiosa di oggi;
— a tutti quei cattolici che hanno bisogno di procurarsi studi e
lavori teologici protestanti;
— a tutti quei protestanti che
sentono il bisogno di pensare i
termini e i riferimenti culturali
della loro fede.
Cureremo in particolare la fornitura di libri tedeschi, inglesi e
francesi, dato che in queste lingue
esce la maggior parte delle opere
teologiche significative.
Presenteremo naturalmente le
opere pubblicate dalle case editrici italiane, protestanti, cattoliche
o laiche: il nostro lavoro, pur
avendo una caratterizzazione nettamente evangelica, intende infatti svolgersi senza preclusioni di
alcun genere.
Giorgio Bouchard
Sabato e domenica 30 nov. . 1 die. s’è
dato il Via’ a un esperimento: una piccola
corale di tre ferrettine e tre gouldini con i
due direttori — i fratelli Rostan e Jourdan
— hanno visitato le comunità di Felónica
Po e Mantova.
L'intento della iniziativa c di far conoscere meglio ed inserire queste Opere nel
contesto deH'Evangelismo italiano. Non è
questione precipuamente economica, ma ’vitale’ : poiché siamo realmente un organismo,
bisogna che le Opere non siano considerate
sezioni staccate, a sè, ma vivano armonicamente inserite nel corpo del Signore, la Sua
comunità sparsa. Non desideriamo neppure
che 'Ferretti' e 'Gould' siano etichettati come « valdesi » : non solo la metà esatta degli ospiti appartengono a chiese soreUe non
valdesi, ma desideriamo che tutti — bambini e bambine — crescano senza visioni settarie, discriminatorie, come evangelici amati da tutti e pronti a stimare ed amare
chiunque confessa il nome del Signore.
Per questo era in progetto, in questa prima esperienza, anche una visita alla comunità battista di Ferrara: la cosa è stata però
solo rimandata, per difficoltà contingenti.
Felónica Po e Mantova hanno riserbato
un’accoglienza fraterna, di una schiettezza
evangelica; il loro pastore, sig. Rutigliano,
sì è prodigato con entusiasmo. Il ricordo di
questi fratelli lontani, della loro schietta
ospitalità, è un dono ed insieme un fatto
educativo. Per tutto quanto ci è stato dato
diciamo la nostra riconoscenza; anche perchè
siamo incoraggiati in questo tipo di presenza
evangelica che vogliamo proporre ad altre
comunità. S.
PRAMOLLO
In queste ultime settimane la comunità è
stata colpita da diversi lutti. I giorni 27 novembre, 3 e 8 dicembre si sono rispettivamente svolti i funerali della sorella Ribet
Susanna ved. Travers (Ciaureng) di anni 88,
e dei frateUi Long Levi (Pomeano) di anni 47 e Balmas Enrico (Pomeano) di anni 71,
deceduto alle Garde Superiori di San Germano Chisone.
A tutti i familiari di questi scomparsi rin.
noviamo l’espressione deRa nostra fraterna
solidarietà nel dolore e neUa speranza in
Gesù Cristo, nostro Signore.
Sabato 7 dicembre la filodrammatica di
Pomaretto, guidata dal sig. Eraldo Bosco, ha
rappresentato nella sala delle attività la
commedia : « Tre maschi ed una femmina »
con encomiabile bravura, suscitando nutriti
applausi tra il pubblico. Ringraziamo vivamente questi amici per la bella serata che
ci hanno offerto e per il messaggio che ci
hanno dato.
T. Pons
iHiitiimiimiiiimiimmuuiiiliiiiiiiuiiiiimiiHiitliiititiiiiliiiuiiiiiiMiMiiuiii iiMmiiiniimiiimimiiiniHliiiiiiiimmuuiiiiiliiiiiiiiiiiiiiiili
iiiiMiiiimmiiuiiiiimiiiiiiiiiiniiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiHMimiiinimiiiiiiiiiimmiui» iimiiiiiiiiiniiiimiiiiiiiiiiiiiiiimimn.mmiiiiimiiii
itinillllMllllllillHIIIIIMIIUIIIIItIMIIMIIIIIMMIIIIIIIlmillllllllimKlllllllllllllllllllllllimillMHMIIIIIMIIIIIUHIimillllllllllllIMMIIItmmillltIMIIIIIII
Il ....................................................................
A PINEROLO, SABATO POMERIGGIO
Corteo di protesta per i fatti di Avola
Ad Avola, una eittadina in provincia di
Siracusa, lunedì 2 dicembre due braccianti,
Giuseppe Scibilia di 47 anni e Angelo Sigona di 25 anni, sono morti sotto i colpi
dei mitra della pulizia. Molti altri sono rimasti feriti.
La ricostruzione dei fatti è difficile, quasi
certamente non si suprà mai come sono andate effettivamenlo le cose: se siano stati
singoli militi che, presi dal panico, abbiano
sparato o se Ford Ine sia venuto dall’alto.
Comunque stiano le cose è certo che i morti
di Avola pongono problemi di enorme gravità che concernono > l’ordine pubblico » e la
maniera dì mantenerlo^
La causa del conflitto che è all’origine
della tragedia risiede neUa struttura stessa
della società. I braccianti erano in sciopero
da dieci giorni per il rinnovo del contratto
collettivo di lavoro scaduto fin dal 1966 e
soprattutto per Fabolizione delle due zone
salariali in cui è divisa la provincia di Siracusa. Gli agrari, i padroni, non avevano
partecipato a nessuna delle riunioni indette
in prefettura .per comporre la vertenza. Gli
animi si erano così scaldati e erano sortì i
blocchi stradali. Proprio per mantenere l’ordine ed eliminare uno di questi la polizia è
stata fatta intervenire e sono partiti i colpi
mortali. Gli operai e ì braccianti siciliani
non sono nuovi a spargere il loro sangue
per rivendicare dei loro diritti: basti ricordare Fecc-dio di Portella della Ginestra operato dalla banda di GiiiFiano il 1® maggio
del 1947 su ordine degli agrari. Una volta
era il piombo dei banditi e della mafia che
uccideva, oggi è quello della polizia.
Ciò pone gravissime responsabilità alla
classe politica che ci governa, che non vuole.,
rimuovere le cause dei conflitti e che si impegna a reprimere duramente ogni manifestazione di dissenso che avviene nel paese.
Da più di un mese ormai in Italia avvengono frequenti scontri tra le forze di polizia
e gruppi di manifestanti o di scioperanti,
più di una volta si sono avuti feriti e
contusi. La polizia ha forse l’ordine di intervenire « duro » contro i manifestanti?
Sembrerebbe di si, se colleghiamo il tipo di
intervento effettuato dalle « forze dell’ordine » : basti ricordare Fuso delle catene delle manette contro ì Fecali, armati dei soli
libri scolastici, a Torino.
Non c’è da stupirsi quindi se di fronte alla sordità della classe politica a quelle che
reali istanze del paese, Fuccìsìone dei due
braccianti di Avola sia stata presa a prete
sto per generalizzare la lotta contro il siste
ma politico. Scioperi, manifestazioni, corte’
cui hanno aderito milioni di persone, si sono
svolte un po’ dappertutto in Italia. Noi ci
occuperemo qui della manifestazione di protesta che si è svolta a Pinerolo sabato pome
riggìo, in quanto crediamo che sia larga
mente emblematica delle analoghe manife
stazioni svoltesi in Italia e sia l’unica alla
quale percentualmente abbia partecipato un
largo numero di evangelici.
La manifestazione è stata preparata da
numerosi gruppi studenteschi, politici e partitici che hanno trovato Foccas'one per fondere le loro esperienze. Troviamo tra gli organizzatori accanto al Movimento Studentesco i partiti della sinistra, il PCI, il PSIUP,
il MAS, il PSI, accanto al Movimento Cristiano Studenti e alFUnione Giovanile Valdese, il Movimento Studenti Cattolici, le
ACLI, i gruppi spontanei del dissenso cattolico, oltre a numerose personalità intervenute a titolo personale.
Questa eterogeneità dell’organizzazione ci
permette una prima considerazione, cioè che
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— contrariamente a quanto affermano 1
giornali di destra — il dissenso al sistema
investe i più disparati strati sociali e che
sicuramente le manifestazioni che avvengono non dipendono dall’organ'zzazione del
partito comunista (prova ne sia la debolezza
manifestata a Pinerolo neU’inviare alla manifestazione i suoi militanti) ma sono largamente spontanee.
Una seconda considerazione poss’timo fare
se osserviamo il contenuto della manifestazione. Notiamo subito sin dal volantino che
rannunciava che non era solo il problema
deU’impiego della polizia negli scioperi e
nelle altre manifestazioni (di qui la richiesta
del disarmo della polizia) ma anche il problema polit'CO della gestione delle fabbriche
e più in generale della società, che veniva
sollevato.
« Anche noi abbiamo la nostra Sicilia : il
CVS di Perosa, dove alla fine dell’anno si
passerà ad una gestione definitiva ETI che
probabilmente non pagherà le liquidazioni
arretrate agli operai, Wideman a San Germa,
no dóve gli operai non sanno da un mese
all’altro se continueranno a lavorare o verranno licenziati dal fallimento, i ghetti di
Pinerolo dove gli immigrati sono costretti a
condizioni di vita inumane », dicevano gli
organizzatori. « La fabbrica agli operai, la
scuola agli studenti » era lo slogan più frequentemente scandito dal corteo.
Vi è dunque, a nostro parere, una profonda esigenza di un reale mutamento dei
rapporti di produzione nella nostra società,
cioè di un radicale cambiamento dell’organizzazione stessa della società. Ci pare però
che allo stato attuale delle cose questa esigenza non sia molto chiara. La protesta è
immediata : ciascuno sente — in maniera
esistenziale — che « le cose non vanno » in
fabbrica come in ufficio e a scuola, ma non
viene fatto il passo ulteriore del come cambiare le cose. Siamo in una fase appassionante di ricerca che ci investe tutti ed alla quale crediamo che la nostra chiesa, cioè noi
tutti che ne facciamo parte, deve partecipare.
Le organizzaz'oni politiche della sinistra
sono anch’esse in questa fase: dopo la scomparsa dei modelli di socialismo, debbono oggi indicare in pratica un’organizzazione <fi
vita alternativa, altrimenti la crisi che li tra.
vaglia (nonostante la indubbia vittoria elettorale) sarà loro fatale. La Francia insegni;
per conquistare il potere occorre aver dimostrato di saperlo gestire in maniera alternativa.
Viene da chiedersi, ed è questa l’ultima
considerazione che facciamo, se questo processo di chiarificazione sul futuro assetto del.
la società venga fatto tempestivamente e già
sin d’ora si possano sperimentare forme di
organizzazione alternative che presagiscano a
forme organizzative diverse nella società, o
non sia già troppo tardi e la massa crit ca
che agisce in Italia non porti ad uno shocco della crisi « à la française ».
Per la cronaca, alla manifestazione hanno
partecipato più di 500 persone provenienti
da tutto il Plnerolese, per lo più giovani stu.
denti ed operai.
giorgio gardiol
Offerte per l’Ospedale
Valdese di Pomaretto
In memoria
del dott. Emanuele Quattrini
Maria e Luigi Martina!, Torino L. 10.000;
N. N., Torino 5.000; Famiglia Gelato, Perrero 10.000; Ferrerò Adelina, Perrero 2.000;
Massel Ermanno e fam.. Perrero 5.000; Pons
Beniamino e Paolina, Perrero 5.000; Pons
Ettore e Valdo, Perrero 10.000; Pascal P.
Augusto, Perrero 10.000; Pascal Alberto,
Perrero 10.000; Nando e Aide Ceschi, Piacenza 10.000; Peyrot Alfredo e fam.. Traverse 5.000; Unione Giovanile Valdese, Perrero 10.000; Pons Margherita. Perrero 5.000;
Pons Luigi, Baissa Perrero 5.000; Famiglia
B. Peyrot, Crosetto 5.000; Genre Giulio, Maniglia Perrero 5.000; Aloy Remo, Perosa Ar
gentina 5.000; Sorelle Clot Amandina e Enrichetta, Chiotti 1.000; Ghigo Alessandro e
fam.. Perrero 10.000; Unione Femm. Valdese di Perrero, Maniglia 50.000; Poet Alice,
Perrero 5.000; Genre - Poet Elvira, Perrero 5.000; N. N., Perrero 5.000; Prof. Elsa
Raima, Pomaretto 10.000; Mathieu Mimi,
Pomaretto 10.000; Raima Ester, Torino, una
coperta; Balmas Giuseppina ved. Balmas
L. 1.500; Alice ed Emma Rivoir, GenovaPegli 10.000; Dott. Luigi Maddaloni, Perosa Argentina 10.000; Avv. Aldo Fuhrmann
e Sig.ra, Verbania-Pallanza 25.000; Giovanni e Maria Luisa Pasctd, Pomaretto 10.000;
Garrou Giovanni Luigi, Pomaretto 10.000;
Albina e Levy Peyronel, Torino 5.000.
In memoria
di Elvira Peyrot
I genitori e la nonna. Perrero L. 20.000.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia della compianta
Luigia Grill
ved. Codino
ringrazia le Suore e la Direzione del
l’Ospedale Mauriziano di Luserna, 1
medici curanti, il Pastore signor Genre e quanti hanno preso parte al suo
dolore per la scomparsa della cara
Estinta.
S. Secondo di Pinerolo,
13 dicembre 1968
Madame Veuve René Martinat;
Monsieur François Reynaud, en Italie;
Monsieur et Madame Jean Reynaud,
à Montévidéo;
Monsieur et Madame P. Refer-Soulier, à Bâle ;
Monsieur et Madame Alfred MarinoSoulier, à Conches;
ainsi que les familles parentes, alliées et amies;
ont le profond chagrin de faire
part du décès de
Madame
Françoise Martinat
née REYNAUD
leur très chère et regrettée belle-maman, soeur, belle-soeur, tante, cousine,
marraine et parente, enlevée à leur
affection le 19 novembre 1968, dans sa
83' année.
Ensuite de la grande douleur de la
perte de son cher fils René survenu
accidentellement le 15 septembre dernier.
Je lève mes yeux vers les montagnes d’où me viendra le Secours
Genève, le 22 novembre 1968
AVVISI ECONOMICI
CERCASI ragazzo Valdese di 15-16 anni,
disposto all’apprendistato cameriere di sala. Mensile come da contratto alla Camera del Lavoro locale. Vitto e aUoggio e
qualche prestazione al campo di golf. Rivolgersi al Golf Hôtel . 18038 Sanremo.
CERCASI signorina per due bambini. Scrivere indicando età - capacità . referenze a
Luisa Merlo Olivetti, v. Montenavale 17 10015 Ivrea.
FAMIGLIA di due persone residente a Biella cerca personale per assistenza anziana
signora non inferma. Inviare eventuali offerte a: S.A.M.S. Via Trento 18, 13051
Biella . corredate da dati personali, referenze. retribuzione richiesta.
6
pag. 6
N. 49 — 13 dicembre 1968
ISotiziario
ecumen ico
CONFERENZA EUROPEA
DELL'ESERCITO DELLA SALVEZZA
LE CHIESE DEL PRIVILEGIO
New York (b:p) — Nel suo nuovo libro
« The religión business » (vale a dire <c Gli
affari della religione »). Alfred Balk tratta
del materialismo cbe si estende e ehe s’impadronisce delle chiese americane.
L’attivo contabile delle chiese organizzate
raggiunge i 79,5 miliardi di dollari (pari a
circa 50 mila miliardi di lire!) e vale a dire
circa il doppio del totale dell’attivo delle
cinque imprese industriali fra le più importanti del paese (una bella concorrenza al
Vaticano!) dichiara Alfred Balk. Una posizione economica di favore, un sistema di direzione centralizzato, la possibilità di avvantaggiarsi dell’esenzione delle imposte di cui
esse beneficiano, tutto questo ha permesso
alle chiese dj tesaurizzare sempre di più.
L’autore del libro ritiene che i dirigenti
delle chiese siano preoccupati per la loro
ricchezza. Il pastore C. Blake, segretario generale del CEC, fa il seguente commento:
« Non è irragionevole prevedere che, con
una direzione accorta, le chiese potrebbero
controllare tutta l’economia della nazione in
un futuro non molto lontano ».
L’autore di « The religión business » propone delle riforme e presenta delle relazioni
su alcuni esperimenti tentati recentemente
da chiese che, invece delle tasse, hanno versato un contributo ai governi locali.
IL CONSIGLIO BRITANNICO
DELLE CHIESE E LO SVILUPPO
Avete rinnovato
il vostro
abbonamento?
NOVITÀ'
ViHorìo Subilia
Le nuove tendenze
delia cristianità
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di Uppsaia
(L. 100)
Ordinazioni :
— Libreria Claudiana, Via Principe
Tommaso 1, 10125 - Torino
— Libreria di Cultura Religiosa,
Piazza Cavour 32, 00193 - Roma.
LA TENSIONE NELLA DIOCESI FIORENTINA NON ACCENNA A CALARE
Ginevra (bip) — Il generale F. Coutts,
capo internazionale deirÉsercito della Salvez.
za, il cui quartier generale è a Londra, ha
preso parte, nel mese di novembre scorso, alla Conferenza europea dei capi territoriali
deirE. d. S., che ha avuto luogo a Leysin,
in Svizzera. I 31 partecipanti hanno principalmente discusso sulla evangelizzazione in
Europa, sulla gioventù, sui rapporti colle
chiese e sul movimento ecumenico. L’Esercito della Salvezza è membro effettivo del Cec
sin dal 1948, anno di fondazione del Consiglio stesso.
Durante una conferenza stampa, il gen.
Coutts, che si è recato coi congressisti a Ginevra per visitare il centro ecumenico e la
sede dell’ONU, ha fornito alcuni dati sul
lavoro deirE. d. S. nel mondo.
Le sue attività sociali ed evangelistiche
si svolgono in ben 70 paesi. L’Esercito comprende 25 mila ufficiali che lavorano a pieno tempo e 2 milioni di membri. In Europa, ha aperto 1982 posti di evangelizzazione
e 684 centri di azione sociale.
Il Catechismo deH'lsolottO lOS preti scrivono al loro Ircivescovo
a cura di Roberto Peyrot
sotto processo
Londra (soepi) — Il Consiglio britannico
delle chiese ha adottato alTunanimità una
dichiarazione che autorizza il suo Dipartimento di Aiuti (« Christian Aid ») a favorire, sia a livello nazionale che individuale,
una risposta alle esigenze della giustizia economica internazionale.
Gli obiettivi sono i seguenti :
— Tutti i partiti politici si impegnino
fermamente nei riguardi dello sviluppo mondiale e gli diano una priorità assoluta.
— Si fissino degli obiettivi realistici, regolarmente riveduti, per l’aiuto economico
ai paesi in via di sviluppo e che al più tardi nel 1970, si versi Tl% del prodotto nazionale lordo.
— Si incoraggino i prestiti altamente facilitati e le offerte che hanno per scopo il
massimo beneficio per lo sviluppo del paese
che riceve.
_____ Modificare ì termini di scambio in modo che i paesi sottosviluppati abbiano un più
libero accesso ai mercati internazionali.
Il direttore di « Christian Aid ». pastore
Brash, ha dichiarato al Consiglio che il suo
Dipartimento non aveva intenzione di allontanarsi dal suo « compito classico » che consiste nel raccogliere e distribuire del danaro
per le necessità più urgenti degli uommi.
Anzi, egli spera poter stanziare una cifra
pari a tre miliardi di Tre per quest’anno.
Il fatto, in breve, è questo; la comunità delTIsolotto ha pubblicato il
“suo” catechismo, due giorni dopo l’arcivescovo mons. Florit ha proibito di
usarlo in tutta la sua diocesi ed ha
motivato la sua decisione con serena
obbiettività. Divampa ora la polemica,
passa dai gruppi del dissenso alla massa ecclesiastica che, nel suo conformismo, s’è sentita per mesi, per anni sotto processo ; i giornali « di informazione » ( ! ) fanno il loro gioco, apertamente.
Alcune osservazioni preliminari :
— Il catechismo «Incontro a Cristo » è stato edito dalla librerà Fiorentina, la stessa che ha pubblicato i
libri esplosivi di don Milani _e, di contro, quella « Tunica stracciata del
Casini sull’uso dell’italiano nella liturgia. La casa editrice, un tempo legata
alla Curia quasi ufficiosamente, oggi
si muove con una certa libertà, non
sfigura nella massa delle iniziative cattoliche per una editoria sovraccarica
di titoli e di doppioni.
— A proposito di doppioni, una vecchia Casa Editrice di Firenze ha legalmente rivendicato l’esclusiva sul titolo « Incontro a Cristo », che essa usa
già per un suo corso di religione: la
bella sigla di Le Monnier, oggi legata
a interessi clericali, ha avuto fretta a
tUtclSiTSi
Era appena sortito il volumetto, nel
pomeriggio del 28 u. s., e già l’indomani il teologo de <' La Nazione », don
Luigi Stefani, in una lunga lettera al
giornale dava il via alla polemica. Don
Stefani — esponente del clericalismo
locale, dalmata e cappellano militare — è noto per un tratto caratteristico della sua personalità : il bisogno di
“evidenziarsi”. (Ai grami tempi delTab
luvione pubblicò perfino un libretto di
foto e testi al quale s’addice un titolo :
«IO e l’alluvione»). La sua argomentazione polemica ricorda una lettura
fresca, quella di un testo rosminiano
edito dal Boria di Torino con un saggio-prefazione di A. Cattabiani che
coinvolgeve tutta la problematica teologica non allineata nell’accusa di
« sansimonismo ».
—Il 29 u. s. usciva la notizia arcivescovile con la quale si proibiva nella
diocesi fiorentina l’uso del catechismo
delTIsolotto. Il tono è fermo e pacato,
ma pesante: il Gesù presentato dalla
comunità delTIsolotto è « un agitatore
sociale », « il nucleo fondamentale del
Cristianesimo » — l’annunzio della
surrezione, la salvezza — « è stato dimenticato», manca un posto adeguato alla escatologia, come alla preghiera ed alla Grazia. Ne abbiamo abbastanza per accettare che la Curia non
poteva non intervenire, e dare una
precisazione.
— Parallelamente a questi fatti, si
svolgeva un ulteriore passo della Curia stessa, che mandava il vicario vescovile don Bianchi alTIsolotto per
chiedere come ultima via di uscita le
personali dimissioni di don Mazzi da
parroco di quella comunità. « Si dice »
che don Mazzi, preso in una spirale di
fatti sempre più rapida e violenta, sia
ai limiti della resistenza fìsica; «si
dice » che egli stia per accettare di dare le dimissioni e voglia rimanere nel
territorio della parrocchia come sacerdote libero. Aumenterebbe così, il numero degli esiliati in patria, ormai notevoli e numerosi anche a Firenze.
Incaútela contro incaútela
Questa esplosiva stampa in libertà
colpisce proprio perchè viene da un
ambiente cattolico tradizionalmente
cauteloso, di un tatto diplomatico ancièn regime collaudato da secoli. E qui
ci troviamo davanti due documenti
violentemente radicali, clamorosi.
Dire che la lettura con la quale monsignor Florit illustrava i rapporti correnti fra l’istituzione ecclesiastica romana e le strutture, i centri di potere
italiani, fu incauta, è addolcire le cose.
Egli ha fornito uno dei più evidenti
documenti impliciti, del trionfalismo
grasso di quella che s’usa definire « la
chiesa costantiniana ».
Ma anche il «catechismo» delTIsolotto è stato messo in circolazione per
una sfida incauta : al dilà della brillante elaborazione metodologica, il testo
trasuda i temi di una contestazione
che solo per alcuni tratti ricorda quella evangelica. È l’insegnamento di
quelli che vogliono “una chiesa povera
in un mondo ricco”, quello che prende
qui forma in un linguaggio che supera
la violenza di un don Milani senza
eguagliarne la forza evocatrice. Il « catechismo » ha messo a nudo la forza
della ideologia socio-politica che ha
circoscritto i temi, ha dato coerenza,
univocità, alTinsegnamento, mentre la
soggiacente meditazione teologica non
arriva a farsi luce.
Manilesto o catechisino?
dente, e intelligente, sul piano del metodo di lavoro : Tuso dì materiale fotografico, il suggerimento di esempi contemporanei, l’invito a ricerche concrete, lo sdoppiamento del « catechismo »
in testo di studio e materiale didattico, ecc. Non si tratta di "novità” in
senso assoluto, ma è nuovo il taglio
del lavoro; è notevole il fatto che nasca da una esperienza comunitaria, da
una collaborazione di base.
Ma qui non troviamo, nei contenuti,
un accenno armonico, completo, alle
dottrine bibliche, a tutte le dottrine
bibliche (e di proposito non accenniamo alle sovrabbondanti del dogma romano). Dalla pesante corposità del
dogma eucaristico che impone al cattolico la fede in una sorta di presenza
fisica del Cristo nella vita sacramentale, si passa a una altrettanto pesante corposità d’un Cristo contesta
Mons, Fiorii^ arcivescovo di Firenze, non
ha risposto alla lettera che riportiamo. L’ha
resa di pubblica ragione A. Gasparrini, un
ex-seminarista incappato anni fa nella repressione che colpì il seminario diocesano.
A sua volta, egli ne è venuto a conoscenza
per mezzo di uno dei 108 firmatari. Quando
la libertà dei figli di Dio è valutata men
che nulla e perfino il consiglio di chi esercita un ministerio per dono del Signore è
spregiato, al credente non pesta che appellarsi alla comunità credente, a quel popolo
che Egli si è acquistato col sacrificio della
croce, e che ha un solo padrone: Cristo!
Eminenza Reverendissima,
il giorno 28 ottobre un gruppo di Sacerdoti si è riunito per esaminare l’opportunità di un intervento — in spirito di carità —
nel caso Mazzi. La preoccupazione di una
insanabile frattura della Chiesa Fiorentina ci
proibiva di assistere passivamente all’evento.
Decidemmo eo^ì di intervenire in due sensi :
1) presso don Mazzi, con una lettera privata breve e affettuosa, che egli potesse leg
II ’’caso” delVlsolotto è lungi dal’essere chiuso: risulta anzi sempre p ii chiaro
che non si tratta affatto di un ’’caso” isolato, per quanto interessante e significativo,
ma che vi è affiorata una tensione che sottende la vita di tutta la Chiesa, e non
soltanto di quella romana. In questo numero pubblichiamo un articolo di Luigi
Santini, giunto purtroppo in ritardo la scorsa settimana, quando il g.ornale si stava
già stampando, e la lettera di 108 sacerdoti della diocesi fiorentina che da tempo
chiedevano, invano, la costituzione del consiglio presbiterale diocesano, al quale
demandare la discussione del problema della parrocchia delVlsolotto. Al momento
di andare in macchina riceviamo uno scritto di Franco Giampiccol’., che ribatte
all’articolo in cui Gino Conte presentava e discuteva il ’’catechismo delVlsolotto”:
ci dispiace di dovere rimandare la pubblicazione di questo scritto; contiamo comunque ritornare sulla questione, in continua evoluzione. red.
tarlo in una comunità che esprime una
sua sacralità nella lotta sociale. Siamo
ai margini di una edizione rivista e
aumentata — con crescere, della consapevolezza dei mali del mondo — del
Cristo socialista.
L’impegno demitologizzante è ovvio :
troppo comodo fa “il buon Gesù” ai
padroni del vapore! Ma sembra che
nell’ansia di attualizzare il messaggio,
fino alle estreme conseguenze, alTIsolotto si sia senza grazia e perdono:
chiesa “povera" e chiesa “ricca” ormai
si contendono TEvangelo; o è mio o
è tuo! A questo pimto si capisce come
il solo accenno a un discorso teologico
metta in sospetto quei buoni cristiani
che dalla teologia han cavato per secoli solo garbugli, marijuana, paradisi
artificiali.
È su questo terreno, in chiave psicologica, che si può leggere con utile
vero un «catechismo» del povero cristiano che è uno dei più violenti e accorati atti contro il nostro tradimento. Cos% prima di accusare, facciamo
un esame di coscienza.
Luigi Santini
gere e meditare prima di assumere posizioni definitive nelTassemblea; .
2) presso il Vescovo, con un documento
privato mirante a presentarGli la nostra analisi della situazione pastorale di fondo della
Diocesi, su cui il caso Mazzi ha potuto verificarsi.
Dato il modo con cui tale lettera, che fu
firmata da molti di noi sottoscritti, è stata
scientemente e falsamente presentata dalla
stampa alla pubblica opinione, vogliamo farLe rilevare come in essa non vi sia il minimo appiglio per poterla considerare come
segno di solidarietà, adesione o approvazione
circa l’atteggiamento di Don Mazzi nei confronti del Vescovo.
Unico scopo della lettera era di offrire a
Don Mazzi una mano fraterna e amica perchè, confortato dalTaffetto e dalla stima dei
confratelli, volesse mantenere fecondo il bene indubbiamente da lui operato, col mantenerlo nella comunione ecclesiale. Si trattava dunque di un tentativo dettato dalla
convinzione cbe solo nella carità fraterna
potesse essere superata Tempasse in cui egli
si era venuto a trovare.
Traspariva però dalla lettera stessa una
profonda convinzione degli estensori. Il Maz
................................................................................................................................................. ...........................................................................................................................................Fini
Echi della settimana
TRE OPINIONI
SUL GENERALE DE GAULLE
a cura dì Tullio Viola
La prima è quella di Etienne Berne su
« Démocratie Moderne ».
« AlVinterno di c'.ò che si chiama ’’gollismo’’^ si mescola e fa ressa, come ad un con'
vegno di fiera, un coacervo di pensieri e di
passioni politiche fra i più eterogenei: dai
conservatori ai progressisti, dai liberali ai
dirigisti; al punto che, rigorosameìite parlando, si dovrebbe dire che non esistono uè
il gollismo, nè i gollisti. Il gollismo non ha
.alcun carattere; non è un opinione politica,
ma un carrozzone di opinioni politiche, perchè qualunque politica avente un minimo di
consistenza, sia essa di destra, di centre o
di sinistra, è stata, è, sarà o potrà essere
chiamata gollista, se ha il benestare del generale De Gaulle, o se è da lui praticata. Dal
momento dunque che il gollismo non esiste
come ideologia, in che modo sarebbe possibile determinare e riconoscere dei gollisti in
virtù d’una convinzione politica positiva? Nessuno può essere gollista (e la colpa di ciò
è nel sistema) se non per opportunismo o
per circostanze particolari, anche se è deciso
a mantenersi fedele attraverso le opportunità
più diverse e le circostanze più mutevoli.
Tutto accade come se De Gaulle esistesse con
un autorità così esclusiva e totale che„ al difuori di lui e intorno a lui, il gollismo e i
gollisti non avessero più che un’esistenza imprestata, incerta e ondeggiante. P.ù precisa
persino la vuotezza della sinistra ufficiale,
persino i rischi di un’avventura di destra,
tutto è preferibile alla dominazione di questo prestigiatore imbroglione, di questo illusionista disinvolto, che giucca esclusivamente il proprio giuoco, e la cui megalomania
teatrale non ha altra giustificaz:one che nella
seduzione ( comprensibilissima, naturalmente! ) che essa esercita su certi potentati africani o latino-americani. Sì, eg-i possiede il
fascino malefico dell’ambiguità. Si. egli conosce mille ricette per conservarsi capo di
una nazione. Ma ormai sappiamo, e in maniera radicale, che la superbia della sua
grande commedia riesce soltanto a fard dimenticare il sottosviluppo industriale, tecnico e sociale, che fa della Francia una nazione malata. Non è forse giunta l’ora del grande risveglio per la sinistra responsabile, ma
ancora sotterranea, per quella sinistra che la
situazione farà risorgere, appena le istituzioni moribonde avranìio finalmente accettato
di trasformarsi?... ».
(Da (t Le Monde » delU8’9.12.1968)
LA POTENZA NAVALE DELL'URSS
IN PROGRESSIVA ESPANSIONE
Questo testo Tavremmo capito meglio come introduzione o appendice a
un catechismo ecclesiastico, sia pure
“ammodernato”. Così com’è, fa pensare a un manifesto cristiano-sociale sulla linea, per es., del « Messaggio rivoluzionano» di L. Ragaz, ma sprovveduto della pienezza teologica espressa allora, oltre mezzo secolo fa, dal teologo
svizzero.
La preoccupazione catechetica è evi
mente non esiste in realtà che un solo gollista il quale, come Vangelo nella teologia di
S. Tommaso, è l’unico della sua specie: cioè
lo stesso Charles De Gaulle ».
La seconda opinione è di Georges Montaron su « Témoignage Chrétien ».
ff II partito di De Gaulle è il partito di
destra. Il piano di salvataggio del franco, è
quello d una classe sociale. L’attuale politica
economica e finanziaria, è più che mai quella dei ricchi contro i poveri. La solidarietà di
questi si manifesta nel fatto che pagano,
mentre i ricchi sperano una cosa sola: mantenere un’espansione economica di cui essi
sono, da sempre, i principali profittatori.
Può darsi che si riesca a salvare il franco:
ma grazie alla disoccupazione, nonché al ricupero dei vantaggi già conquistati dai salariati nel maggio scorso. Così gli speculatori non avranno perso niente nella battaglia.
De Gaulle, il confederatore della destra,
è più che mai il rappresentante dei suoi
elettori.
Noi non accettiamo la tregua che egli ci
^ In un rapporto redatto dalla « Commissione dei problemi strategici » del cc Consiglio di Scurezza» degli USA, e presentato
mercoledì 4 e. alla « Commissione delle For.
ze Armate » della Camera americana dei rappresentanti, si dichiara che l’equilibrio delle
forze navali tende a spostarsi in favore delTURSS e a detrimento degli USA.
La « Commissione dei problemi strategici »
è un organismo privato, ma senza scopi di
lucro, formato da ufficiali di riserva e presieduto dall’ammiraglio in pensione H. D.
« Il rapporto dice testualmente: Fra cinque anni VU RSS sarà in grado di far inter
piu ’’allarmante” della potenza navale delVURSS consiste nella sua flotta di 250 sotto-^
di 100 sottomarini dotati
propone » .
La terza opinione è di Jean Daniel su « Le
Nouvel Observateur ».
« E’ certo ormai che, nella loro essenza,
le cose sono del tutto chiare. Tatto infine,
zi è importante in quanto segno di una situazione di d,sagio che investe p'ù in profondità, con la Chiesa universale, anche la
Chiesa fiorentina. Il caso Mazzi è divenutocosi per noi occasione di riflessione e di serena discussione sul problema di fondo di
cui eSSo è un sintomo particolarmente rivelatore. Riteniamo sia nostro preciso filiale
dovere esporLe la sintesi di questa nostra
riflessione, enunciando i temi basilari che
nel caso Mazzi ci sembra siano emersi.
1) Il Concilio Vaticano II ha fatto ciascun membro della Chiesa corresponsabile
delle sorti e della attività della Chiesa stessa, pur nella diversità degli uffici e dei carismi; così Vescovi, Sacerdoti e Laici, tutti
sono portatori di responsabilità, e tutti hanno il dovere e insieme il diritto di proporre
le loro scelte.
2) Questo situazione veramente nuova nella prassi e nella autocomprensione della Chiesa — almeno negli ultimi secoli — comporta la necessità di un dialogo alTinterno
della Chiesa stessa, dialogo fra Vescovi, Sacerdoti (e parroci in specie). Laici. Gli uni
e gli altri sono perciò tenuti e chiamati u
confrontare le loro posizioni « omni legitima diversitate agnita » (Gaudium et Spes,
n. 92). E di questo non si deve aver paura :
« fortiera enim sunt ea quibus uniuntur fideles quam ea quibus dividuntur » (ivi). La
divergenza di opinioni tra i fedeli — Pastori e Laici — è già prevista dunque come
normale ipotesi : e la unità di una linea di
condotta ecclesiale, laddove sia necessaria,
non potrà nascere che da un confronto nella
carità fra le varie posizioni. A questo livelli
l’Autorità non è da concepirsi come fonte di
decreti, ma come principio di unificazione
3) In particolare « varias loquelas nostri
temporis auscultare, discernere et interpreta
ri, easque sub lumine verbi divini diiudi
care, ut revelata Veritas semper penitius per
cipi, melius inteUegi. aptiusque proponi pos
sit » è compito « totius populi Dei... prae
sertim pastorum et teologorum » (Gaudium et
Spes n. 44). Questo sforzo dunque di lettura
e discernimento del linguaggio dei nostri
tempi è diretta responsabilità anche del laicato e dei parroci, oltre che dei Vescovi e
dei Teologi. La loro voce deve sempre essere una componente necessaria — anche se
certo non definitiva — di ogni scelta pastorale, anche se per avventura fosse diversa
da quella dei Pastori e dei Teologi. Solo in
questo quadro di vera comunione e dialogo
nell’intero Popolo di Dio deve essere esercitata, in carità e coraggio, sia l’autorità dei
Vescovi, sia l’obbedienza dei Sacerdoti e dei
Laici.
4) Allo scopo di instaurare una vita ecclesiale che non sia mossa solo dal binomio
autorità-obbedienza, ma in cui autorità e
obbedienza siano il punto di arrivo di corresponsabilità e dialogo, occorre :
— una psicologia e una maturazione
adeguata nei pastori e nei laici;
— una struttura sociale ecclesiale adeguata.
Ora a Firenze — e nelle altre diocesi le
cose, se non peggio, non vanno certo meglio — mancano e Tuna e l’altra condizione.
5) La creazione della prima condizione
è compito soprattutto del Vescovo e dei suoi
più immediati cooperatori. Solo una loro intima convinzione può produrre i frutti sperati. Provocare il dialogo, ascoltare con animo lieto e sincero nella persuasione che c’è
sempre qualcosa ha imparare, compatire difetti e impuntature di chi muove faticosamente i primi passi sulla via della correspon.
sabilità, non lasciarsi mai vincere in carità :
ciò non può sgorgare che da carità e convinzione profonda.
6) Quanto alla seconda condizione, occorre creare immediatamente le strutture indispensabili, prev'ste dal Concilio. Occorre dì
più che in esse tutti possano avere una voce
libera: nessun vantaggio può trarre il Vescovo dalTevitare critiche; ogni vantaggio puòtrarre dal riceverle in sede appropriata, e in
ambiente che fà della critica un atto di servizio e di carità.
venire le sue forze navali nelle regioni più
lontane’*. Il rapporto rféiene che l’aspetto
marini d’assalto e
di missili.
Il sig. M. L. Mendel Rivers, rappresentante democratico della Carolina del Sud,
che presiede la ’’Commissione delle Forze
Armate” della Camera, ha fatto osservare
che non gli è possibile pronunciarsi sulla
esattezza di questo rapporto, perchè basato
su fonti d’informazione ’’non documentate”.
Egli ha tuttavia aggiunto che. se si utilizzasse il rapporto come ipotesi di lavoro, esso
conterrebbe degli elementi interessanti ».
(Da « Le Monde » del 6.12.1968)
Tornando ora al caso Mazzi, ci sembra
che esso, come nasce, cosi vada affrontato
in questa più ampia prospettiva. Solo cosi
esso potrà essere fecondo e non deleterio per
la nostra cara Chiesa Fiorentina; ed Ella,
Eminenza, altro non riceverà che l’affetto e
la stima del suoi figli più leali, quelli per i
quali il bene della Chiesa è davvero al vertice di ogni preoccupazione.
Allo scopo di inserire concretamente il
caso singolo in questa più ampia prospettiva,
noi Le suggeriamo pressantemente di rinviare per il momento ogni decisione in proposito; di costituire e convocare immediatamente il consiglio presbiterale; di chiederne
il parere sul caso Mazzi, provocando una
serena a libera discussione, e un documento
conclusivo; di prendere po' quelle decisioni
che Ella riterrà più opportune, contando fin
da ora su una cordiale coopcrazione da parte
di ciascuno di noi.
Al punto in cui sono le cose e per chiarire la nostra posizione noi pensiamo che
possa essere utile offrire alla riflessione di
tutta la Chiesa Fiorentina questo nostro documento, rendendolo di pubblica ragione.
Data però la delicatezza dell’argomento e
della situazione, manteniamo il documento
strettamente privato e rimettiamo la deci
sione sulla pubblicazione al Suo prudente
giudizio.
Con profonda devozione,
(Seguono le firme di 108 preti)
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (To)>