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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 9 LUGLIO 1993
ANNO I - NUMERO 27
L'ORDINE INTERNAZIONALE
LA LEGGE
DEL TAGLIONE
LUCIANO DEODATO
arai vita per vita, oc^mJ chio per occhio, dente
per dente..» (Esodo 21, 24).
Così stabilisce la legge del taglione, terribile, severa. Spietata. «L’occhio tuo non avrà
pietà: vita per vita» aggiunge
il Deuteronomio (19, 21).
Perché non bisogna avere
pietà? Perché questo è l’unico
sistema conosciuto nell’antichità per arginare il male e
costituire un deterrente al dilagare della violenza. Per
quanto primitiva ci possa apparire, in realtà quella del taglione è una grande legge:
esclude la vendetta e stabilisce il principio fondamentale
per la giustizia che la pena sia
proporzionata al danno inflitto o al crimine commesso.
Una vita è uguale a un’altra
vita, un dente a un altro dente. Non ci sono cioè vite che
valgono di più e neppure vite
che valgono meno di altre.
La Bibbia dice che nei tempi bui della nostra preistoria,
per porre un argine alla violenza, Dio aveva stabilito un
regola per proteggere la vita
di Caino, il fratricida:
«Chiunque ucciderà Caino,
sarà punito sette volte più di
lui» (Genesi 4, 15). Sembrava
già molto. Eppure a Lamec
non apparve sufficiente: «Ho
ucciso un uomo perché mi ha
ferito, e un giovane perché
m’ha contuso» e decretò con
tracotanza: «Se Caino sarà
vendicato sette volte, Lamec
lo sarà settantasette volte!»
(Genesi 4, 24).Che cosa ci
vuol dire la Bibbia con questo
racconto? Che alla proposta
di Dio, espressione di una misericordia che vuole garantire
la vita, noi diamo una risposta agghiacciante per la crudeltà gratuita ed infinita che
essa rappresenta.
La storia di Lamec è antica,
ma non superata. E un po’ come se ognuno di noi Lamec
se lo portasse dentro. E ogni
tanto, anzi con sempre maggiore frequenza, esplode e si
manifesta. Gli esempi sono
quotidiani e si moltiplicano:
dall’atroce guerra in Bosnia,
alla Somalia dove sempre più
ci preoccupa e angoscia
quanto sta succedendo e la
nostra sensazione è quella di
affondare nelle sabbie mobili
di una escalation di una guerra non dichiarata. Ma tra tutti
gli episodi mi pare emblematico quanto è successo con il
bombardamento di Baghdad
del 26 giugno scorso.
Non si capisce perché Clinton abbia ordinato quell’azione. Le conseguenze sul piano
del diritto internazionale sono
devastanti; non solo, ma
l’Onu si trova ancora una volta delegittimata e umiliata.
Pare che Clinton abbia dichiarato che gli americani
«non sono disposti a farsi pestare i piedi da nessuno».
Il giorno dopo il bombardamento i giornali riportavano i
risultati dei sondaggi di opinione: il 66% dei cittadini de
gli Usa dichiarava il proprio
accordo con l’operato del
presidente.Checché se ne dica, alla gente dunque piace la
figura dell’eroe vittorioso: ci
si dimentica delle proprie frustrazioni e ci si illude di essere grandi, potenti, rispettati
Così Clinton rischia di non
essere diverso da Bush.
Credo che alla «nazioneguida» che ha ormai la leadership mondiale dobbiamo
chiedere di farci uscire dalla
«logica di Lamec». Utopistico sarebbe chiedere di condurci verso quella del Sermone sul monte, in cui la vera
giustizia non è «l’occhio per
occhio», ma il perdono e lo
smantellamento della violenza che è dentro di noi, per poter così smantellare quella
dell’avversario. Utopistico,
ma non irrealistico, visto che
la violenza moltiplica la violenza, anziché limitarla. Non
chiediamo tanto. Ma che almeno si stabilisca la legge del
taglione! Di lì si può partire
per costruire un diritto ed edificare dei rapporti di giustizia
tra le nazioni ed i popoli. Ma
se neanche quella legge viene
rispettata, al nostro mondo
non rimane altra alternativa
se non quella di precipitare
nelle tenebre della preistoria.
La potenza di Dio ci autorizza ad avere il coraggio di costruire il nuovo
Proporre le novità di Dio per la società
_____________ITALO BENEDETTI __________
«Ma Gesù, rispondendo, disse loro:
Voi errate, perché non conoscete le
Scritture, né la potenza di Dio».
(Matteo 22, 29)
I sadducei avevano la loro risposta alla
crisi che colpiva Israele: la riaffermazione della tradizione del Pentateuco, il ritorno a quella Legge che nel passato aveva fatto grande Israele. Uno dei
punti di questa tradizione era il rifiuto
della dottrina della resurrezione, non affermata nel Pentateuco. Riaffermare la
tradizione in un tempo di cambiamento
era però una risposta inadeguata. La fede è solo il ricordo delle azioni di Dio
nel passato, una eterna riproposizione di
antiche verità? Tra i sadducei c’era un
sottile velo di sfiducia che Dio parlasse
ancora al popolo al di fuori di ciò che
era scritto nel Pentateuco, che Dio intervenisse ancora nella storia del popolo
come nel passato. Quella dei sadducei
si era trasformata in una fede in un Dio
dei morti e quindi in una fede morta.
In questa situazione arriva il giudizio:
Gesù alla domanda cruciale dei sadducei risponde con un: 'Voi sbagliate! Prima di tutto voi sbagliate perché non conoscete le Scritture.
I sadducei pensano che la resurrezione sia una dottrina fantasiosa e crudele:
fantasiosa perché credono che essa significhi che gli uomini e le donne non
moriranno mai e crudele perché credono che la resurrezione perpetui tutte le
malvagità che ci riserva la vita. A questa obiezione Gesù risponde che la resurrezione non è la perpetuazione
dell’esistente, ma una nuova creazione.
Gesù risponde al loro problema di fondo: Dio ancora parla, la parola di Dio
non è confinata nel Pentateuco. Secondo: voi sbagliate perché non conoscete
la potenza di Dio. I sadducei pensano
che Abramo, Mosè e i patriarchi siano
morti.
Ma se il Signore è l’Iddio dei viventi
allora anche Abramo, Isacco e Giacobbe sono viventi. Gesù afferma la potenza di Dio per scardinare quella loro sfiducia che il Signore possa di nuovo
intervenire grandemente nella storia di
Israele e cambiarla come fece già in
passato. Quello di Gesù è un giudizio,
ma è perciò anche un Evangelo, perché
dice che Dio parla ancora, che Dio agisce ancora.
Anche noi oggi viviamo in un tempo
di confusione generale, il vecchio mondo si è disgregato e quello nuovo deve
ancora nascere. Molte domande sono
poste e nessuna risposta è ancora stata
formulata. Questo crea una situazione
di estrema incertezza che porta disagio.
In questa situazione affiorano mille risposte ai nuovi problemi: risposte religiose segnate dal fondamentalismo e
dall’integrismo; risposte politiche
all’insegna del nazionalismo e del leghismo; risposte personali dettate dall’individualismo e dall’egoismo. Cioè si
accetta qualsiasi risposta che ci tolga
dalla confusione. Più è semplice e chia
ra e più una risposta è accettabile, perché ci toglie dall’onere di capire: insomma tutti siamo tentati dalle soluzioni semplicistiche, approssimative, opportuniste, anche false e sbagliate, purché ci spieghino che cosa sta succedendo senza che facciamo noi lo sforzo di capire e trovare la soluzione.
In questa situazione arriva l’Evangelo: noi sbagliamo perché non conosciamo le scritture. Dio parla ancora, parla a
noi, parla agli uomini e alle donne di
oggi, cioè alla nostra società. Nella nostra situazione confusa Dio ci dona la
sua parola che dà sapienza. La parola di
Dio ci dona la chiarezza necessaria per
comprendere il nuovo, per non temerlo;
essa ci apre nuovi orizzonti prima chiusi alla nostra visione.
Noi sbagliamo perché non conosciamo la potenza di Dio. Dio agisce
ancora, agisce nella nostra storia, agisce
nella nostra società. Se noi conoscessimo la potenza di Dio sapremmo che Dio è potente abbastanza da
non aver bisogno di riproporre ciò che è
vecchio, ma da creare il nuovo, ciò che
non esiste ancora. 11 nostro contributo
di credenti non è necessariamente quello di riproporre le nostre vecchie regole,
ma di proporre la novità di Dio di una
società giusta, pacifica e sana che è ancora sconosciuta al mondo, irrealizzata.
La potenza di Dio ci autorizza ad avere
il coraggio di cambiare radicalmente, di
costruire qualcosa di veramente nuovo,
inaudito, mai visto, mai sperimentato
prima.
Decisione simbolica
L'elezione
del nuovo
presidente
della Cevaa
Il Consiglio della Cevaa
(Comunità evangelica di
azione apostolica), riunito
dal 21 giugno al 2 luglio a
Tahiti per la sua sessione
1993, ha eletto il 24 giugno il
pastore Charles-Emmanuel
Njiké alla presidenza della
Comunità.
Il past. Njiké ha 65 anni ed
è presidente della Chiesa
evangelica del Camerún. Ha
studiato teologia protestante
alla Facoltà di Parigi.
Dal 1970 al 1974 fu uno
degli animatori dell’Azione
apostolica comune che si
svolse nel Poitou, in Francia,
e che fu uno dei primi banchi
di prova della Cevaa. Fu
quindi pastore della Chiesa
riformata del Vésinet, nell’
ovest della periferia parigina.
Tornato in Camerún, fu segretario generale della sua
chiesa, di cui è presidente dal
1991.
Costituita nel 1971 per subentrare Alla «Società delle
Missioni evangeliche di Parigi» la Cevaa , comunità di 47
chiese protestanti in collaborazione tra loro in quattro
continenti, non era mai stata
presieduta finora da un rappresentante delle chiese del
Sud.
Il past. Njiké succede oggi
a tre presidenti europei, uno
svizzero e due francesi. Il
Consiglio della Comunità ha
preso una decisione simbolica, proprio in un periodo segnato da una recrudescenza
della tensione tra Nord e
Sud.
Il Consiglio della Cevaa ha
proseguito i suoi lavori fino
all’inizio di luglio a Arue, vicinò a Papeete (Tahiti). Ha
eletto gli altri membri del
Comitato esecutivo e nominato il segretario esecutivo.
Visita ai battisti
in Siberia
pagina 3
All’Ascolto
Della Parola
Capire la Parola
e servire
pagina 6
/ bambini
di Cernobil,
sette anni dopo
pagina 7
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PAG. 2 RIFORMA
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VENERDÌ 9 LUGLIO 1993
La testimonianza di un fratello che ha vissuto a Mogadiscio dal 1972 al 1976
Somalia: occorre «restaurare la speranza»
senza chiedere nulla in cambio
PAOLO T. ANGELERI
Somalia: paese difficile,
problema internazionale
fra i più complessi. «Restore
hope»: ma come? Ho vissuto
a Mogadiscio dal 1972 al
1976 e ne conservo un ricordo struggente di sole, di fiori
(quanti ibiscus e buganvillee
nel giardino della mia casa!)
di miseria e rancore, mescolati a forza d’animo e dignità antica.
Forse qualche episodio attinto alla mia memoria potrà
servire a dare un’idea della
complessità di quel mondo.
Al mio arrivo, trovai in funzione la «Mennonite Christian Mission» americana.
Fu un amico somalo a raccontarmi di una sua esperienza con un missionario, che lo
sollecitava a convertirsi a
Cristo: «Perché non ti converti tu ad Allah? - gli aveva
replicato seccato - La rivelazione del Corano è l’ultima
che Dio abbia dato agli uomini per la loro salvezza...
Sei tu che devi convertirti...
non io».
Appunto: siamo noi che
abbiamo bisogno di conversione... di un atto di umiltà.
Dopo tutto, le armi con cui si
stanno massacrando laggiù,
gliele abbiamo fomite noi.
Fui invitato una sera, e
questo è un secondo episodio, a una delle tante riunioni
in case somale per bere tè,
masticare kad e discutere.
Unico bianco, ebbi modo di
ascoltare un’ampia dissertazione sulla superiorità dei neri, suH’origine africana di tutte le razze, sul colore «bianco» della pelle come segno di
inferiorità nei confronti del
«nero», indice di robustezza.
Tacqui in ascolto e mi convinsi che per un africano è e
sarà sempre molto difficile
accettare l’idea colonialista
di una presunta loro inferiorità: l’occupazione bianca ha
dato sufficienti prove che la
ferocia, attribuita ai popoli di
colore come segno di inciviltà, è invece peculiare dei
cosiddetti «civilizzati».
Terzo episodio. L’Onu
proclamò il 1975 «Anno
intemazionale della donna».
Siad Barre, in un tentativo di
«captatio benevolentiae»
dell’opinione pubblica
internazionale, stabilì per
legge l’equiparazione fra
donna e uomo: l’eredità doveva essere suddivisa in parti
eguali tra tutti gli eredi senza
distinzione di sesso, in contrasto con la tradizione coranica. Gli hojà (gli anziani del
culto islamico) si ribellarono.
Il governo ne arrestò duecento; dieci, con procedimento
sommario, furono condannati
alla fucilazione.
Il 23 gennaio 1975, nelle
bmmose luci di un’alba piovosa la sentenza, con bell’
adeguamento alla «civiltà»
della legge, fu eseguita nel
poligono di tiro della scuola
di polizia. Non passarono più
di due ore e due Mig 21 somali, in normale volo di addestramento, si scontrarono
proprio sulla verticale del poligono. Perirono i due piloti e
otto civili, in tutto dieci persone, lo stesso numero dei
giustiziati. Per il popolo, fu
un segno dello sdegno di Allah nei confronti della nuova
legge. Di più: a riprova, qualche giorno dopo, il presidente del tribunale giudicante
perì in un incidente.
E per finire un ultimo episodio: durante un ricevi
Una pattuglia di marines in una strada devastata di Mogadiscio.
mento ufficiale a cui partecipava un ministro in carica, un
cameriere si rifiutò di servirlo, ritenendolo un inferiore,
in quanto di altra cabila.
Contraddizioni, superstizioni
fierezza e ostilità nei confronti delle novità provenienti dalla «civiltà» bianca
si mescolano in quel paese a
una forte frammentazione tribale e a un radicato razzismo.
Ma noi siamo forse meglio
di loro? Eppure siamo stati
chiamati a prendere parte ad
un’impresa intemazionale, in
cui dovremmo con la forza
imporci in qualità di giudici e
arbitri. Il pericolo sta nel
convincimento, dall’alto di
una supposta quanto presuntuosa superiorità, di poter
decidere noi quel che è giusto fare.
Ricordo che, fin dal tempo
del mio soggiorno africano,
molti dei nostri arrivavano
con la soluzione già pronta in
tasca e appena scesi dall’aereo discutevano presuntuosamente sui modi migliori di
affrontare quella realtà: sapevano tutto prima ancora di
cominciare.
La soluzione più pagante?
Forse quella di saper rinunciare alla supponenza, affidandosi a un volontariato
estraneo alla logica colonialista del guadagno e del proselitismo.
Come si può pretendere di
ridare pace, se anche proprio
fra noi sono presenti egoismi
e rivalità «tribali» altrettanto
forti? Occorre «restaurare la
speranza» senza chiedere
nulla in cambio. Il resto è
compito dei somali: «restore
hope» ha senso solo se significa restituire la Somalia ai
legittimi proprietari. Sono loro a dover ricostmire un paese che gli italiani, in particolare in questi uìtimi anni,
hanno contribuito largamente
a sfmttare e a distraggere.
La «Southern Baptist Convention» costretta a ridurre il personale
I battisti americani decidono
di tagliare i fondi alle missioni
Il Comitato per le missioni
estere («Foreign Mission
Board») della Convenzione
battista del Sud («Southern
Baptist Convention») degli
Stati Uniti è stato costretto a
ridurre il personale nei suoi
uffici di Richmond. Così ha
detto il 5 maggio Don Kammerdiener, presidente ad interim del «Foreign Mission
Board».
Kammerdiener ha informato che il licenziamento di 37
dipendenti su un totale di 450
unità, che rappresenta una riduzione dell’8% dello staff,
ha toccato anche il livello dirigenziale.
Queste misure drastiche
sono state rese necessarie
dalla continua diminuzione
delle offerte provenienti dalle
chiese associate alla Convenzione. Le conseguenze dei licenziamenti, iniziati alla fine
di maggio, sono attutite dalla
corresponsione di alcune
mensilità extra agli ex impiegati e dal sostegno finanziario offerto loro nel caso che
debbano frequentare dei corsi
di riqualificazione.
La Convenzione battista
del Sud è la più numerosa
denominazione evangelica
degli Stati Uniti e conta circa
15 milioni di membri battezzati e 38.(KX) comunità locali.
Per molti anni il suo Comitato per le missioni estere è
stato considerato la più grande agenzia missionaria nella
storia del cristianesimo, con
circa 4.000 missionari in 115
paesi.
Sin dal 1979, tuttavia, la
«Convention» (che grosso
modo equivale a una Unione
di chiese in Europa) si trova
nell’occhio del ciclone per
r «assalto» alla leadership organizzato dall’ala ultraconservatrice del battismo meridionale.
I conservatori, che molti
definiscono «conservatori
fondamentalisti», dichiararono in quell’anno la loro intenzione di impadronirsi della
leadership della «Southern
Baptist Convention» entro
dieci anni, facendo ogni sforzo per far eleggere i loro uomini nei posti chiave della
Convention. Questo programma aggressivo ha avuto successo, ma ha spezzato l’unità
della Convention. Il fermento aH’interno dei battisti del
Sud non è cessato; nel 1993,
nonostante qualche tentativo
della nuova leadership di allentare i legami con gli anni e
la mentalità deH’«assalto».
Un gran numero di chiese e
di pastori, conosciuti come
«moderati» (in contrapposizione al termine fondamentalisti-conservatori), ha continuato a opporsi a questo assalto. Le elezioni tenute negli
ultimi dodici anni hanno dimostrato che oltre il 40% dei
membri della «Southern Mission Board» è nettamente
contrario a questa linea. Molte persone che appartengono
a questa forte minoranza si
sono sentite escluse e messe
al bando aH’intemo della denominazione.
Il «Foreign Mission
Board» è una delle agenzie
della «Southern Baptist Convention» più colpita da questa situazione. Molti dirigenti
ad alto livello (fra cui l’ex vice presidente per l’Europa, il
Medio Oriente e il Nord Africa, Isam Ballenger, e il direttore dell’area europea, Keith
Parker) hanno dato le dimissioni in segno di protesta. Recentemente poi vi sono state
altre dimissioni, quelle del
presidente stesso del «Foreign Mission Board», Keith
Parks, e di un altro dei vicepresidenti, Harlan Spurgeon.
Gli effetti negativi sui battisti della «Southern Convention» sono stati notevoli. I
3.800 missionari sparsi per il
mondo guardano con apprensione al loro futuro. La riduzione del personale effettuata
negli uffici di Richmond e il
taglio già preannunciato dei
fondi destinati ai campi di
missione non possono che
aggravare ulteriormente la situazione.
Anniversario di Henri Arnaud
OTISHEIM — Domenica 25 aprile scorso, nella chiesa
evangelica di Òtisheim (Baden-Wùrttemberg) si è tenuto un
culto solenne per ricordare i 350 anni della nascita di Henri Arnaud: ha predicato il pastore Eiss. Nel pomeriggio ha avuto
luogo una conferenza su Arnaud tenuta dal dott. Albert de Lange. Contemporaneamente, a Schòneneberg, è stato scoperto un
monumento a Henri Arnaud che riproduce il vecchio monumento di Miilacker-Diirrmenz. Le spese sono state sostenute
dalla comunità di Òtisheim, dal distretto e da alcuni sottoscrittori privati.
Kazakhstan: nasce una nuova
chiesa evangelica luterana
ALMA-ATA — Nella repubblica del Kazakhstan è nata una
nuova chiesa evangelica luterana. Infatti, ai primi di maggio,
80 rappresentanti di altrettante comunità locali hanno sottoscritto ad Alma-Ata la carta costituzionale della chiesa; successivamente, compiuta la registrazione a norma di legge, la nuova chiesa è stata ufficialmente riconosciuta a tutti gli effetti.
Le chiese luterane del Kazakhstan hanno una matrice tedesca. La zarina Caterina II promosse una emigrazione di tedeschi assegnando loro territori sulle rive del Volga. Stalin
guardò con preoccupazione a questi insediamenti, temendo
probabilmente una loro alleanza con il nazismo. Preferì pertanto deportarli in un posto dove difficilmente avrebbero potuto
avere contatti con altri tedeschi. La scelta cadde sul Kazakhstan, il territorio più ad oriente, tra quelli facenti parte
dell’Unione Sovietica di allora. Lì la colonia è cresciuta e ha
formato una chiesa che ora esce alla luce del sole.
Francia: la Federazione battista
PARIGI — La Federazione battista di Francia ha tenuto la
sua assemblea generale dal 20 al 22 maggio a Morsang, un sobborgo di Parigi, ed ha eletto un nuovo presidente, il past. Henri
Frantz, della chiesa battista di Avenue du Maine a Parigi. Il pastore Frantz sostituisce il presidente uscente, il dott. Robert Somerville, che ha lasciato il suo incarico al termine dei sei anni
previsti. Fra le varie decisioni prese spicca quella di aderire alla
Conferenza delle chiese europee (Kek). L’assemblea, che ha
scadenza annuale, ha evidenziato uno degli aspetti più interessanti del battismo francese, la sua internazionalità. Gli incontri
sono stati ravvivati dalle corali della chiesa battista coreana e
della chiesa battista zairese di Parigi e nella capitale esistono
anche una forte comunità cinese ed una romena. Quasi la metà
delle 99 comunità batti ste della Francia ha pastori provenienti
dall’estero: pastori neozelandesi e inglesi, americani, svedesi e
algerini guidano comunità di francesi. Diverse conversioni di
musulmani arabi si sono avute in questi ultimi anni.
La Federazione battista di Francia è fortemente impegnata
nell’evangelizzazione, anche attraverso il suo periodico «Croire et servir», ed ha avuto un notevole incremento nei suoi
membri, passati da 5.000 a 7.000 negli ultimi dieci anni.
Russia; convegno dei metodisti
SAMARA — La Chiesa metodista russa ha tenuto a Samara,
sul Volga, il primo seminario per collaboratori di chiesa a cui
ha partecipato una trentina di persone. Il vescovo Riidiger Minor ha sottolineato fra l’altro il grande contributo delle donne,
più della metà dei presenti al convegno, nelle chiese metodiste
del paese, sebbene «in Russia e nell’Europa orientale le donne
abbiano la parte più dura e sopportino il maggior peso nella vita». La disoccupazione femminile crescente, le difficoltà finanziarie, le responsabilità familiari rendono la loro situazione assai difficile. Nonostante ciò molte di loro sono impegnate fortemente nelle comunità nell’assistenza anche economica agli anziani e per la confezione di abiti per i bambini.
Il seminario era centrato sulla presentazione degli elementi
fondamentali della fede e della vita metodista per una maggiore
responsabilizzazione dei laici. Erano presenti delegati dalle
chiese di Mosca, Ekaterinenburg, San Pietroburgo, Puskin, Sebastopoli, Syktyvkar e Samara e ospiti dall’Ucraina e
dall’Estonia. Il seminario ha raccomandato che i metodisti russi si costituiscano in Chiesa metodista unita dell’Eurasia.
Svizzera: eletto il nuovo
presidente dell'Unione battista
ZURIGO — Dopo 12 anni di presidenza del pastore Ernst
Binder l’Unione battista svizzera (Ubs), formata da 16 chiese,
ha eletto come suo presidente un uomo d’affari di Zurigo, Gabriel Marinello, che possiede una catena di supermercati ortofrutticoli. Marinello, che ha 63 anni, è stato per diversi anni
uno dei garanti del Seminario battista di Riischlikon. Un avvocato di Berna, Peter Deutsch, è stato inoltre eletto moderatore
dell’Assemblea per il prossimo quadriennio. L’As.semblea ha
deliberato anche di costituire un dipartimento per la Missione
interna allo scopo di incrementare l’evangelizzazione e favorire
la creazione di nuove chiese.
Cuba: crescita dei battisti
SANTIAGO DE CUBA — La Convenzione battista orientale di Cuba è fortemente impegnata neH’evangelizzazione
dell’est del paese è sta sperimentando, dopo anni di difficolta,
dovute anche all’ostilità del governo, una crescita notevole.
Negli ultimi quattro anni sono sorte 13 nuove chiese e si sono
aperte 50 stazioni missionarie. I membri di chiesa sono passati
da 7.254 alla fine del 1990 a 8.844 alla fine del 1992 e attualmente ci sono oltre 2.300 persone in attesa di essere battezzate.
3
I*
\/F.NERDÌ 9 LUGLIO 1993
PAG. 3 RIFORMA
■■ m
Viaggio di una delegazione battista europea in Siberia
I giovani scoprono Cristo
e danno vita a nuove chiese
STANLEY CRABB
La Siberia, un territorio
immenso, a oriente dei
Monti Orali, molto più vasto
dell’Europa, si estende per
nove fusi orari. All’inizio del
’700 Pietro il Grande ne abolì
lo status di colonia, che durava da oltre un secolo. Ricca di
foreste, animali selvatici e minerali (fra cui oro, ferro, petrolio), ha uno dei più grandi
bacini fluviali della terra (lo
Jenisei-Angara) e il più vecchio, profondo ed esteso lago
di acqua dolce del mondo. Il
lago Baikal ha 23 milioni di
anni, è profondo 1.600 metri e
lungo 630 chilometri: contiene il 22% delle risorse di acqua dolce dell’intero pianeta.
Come rappresentanti della
Federazione battista europea
(Fbe), il segretario generale
della stessa, Karl Heinz Walter e la moglie Traute, accompagnati dal sottoscritto e dalla
moglie Patricia, abbiamo visitato recentemente le regioni di
Abakan, Krasnoyarsk e Irkutsk. Ci aveva invitato a questo
viaggio in Siberia Vitaly Logvinenko, presidente dell’Unione battista Russa (Ubr),
dandoci come guida e interprete Vladimir Ryaguzov,
credente solido e buon predicatore, architetto capo in una
compagnia di stato, che l’anno scorso ha lasciato la sua
posizione di prestigio per dirigere l’Istituto biblico della
Ubr. «Fagli vedere tutto»,
aveva detto evidentemente
Logvinenko a Vladimir, che
ha cercato di seguire alla lettera il consiglio. Insieme ai
sovrintendenti regionali dell’
Ubr, che qui sono detti «vescovi», abbiamo predicato in
moltissime chiese battiste, in
certi giorni anche in quattro
diverse riunioni. Vladimir e i
vescovi ci hanno aiutato a capire la vita dei siberiani e ci
siamo sentiti parte di questo
immenso paese.
Tutti sappiamo che gli inverni siberiani sono rigidissimi. Si sono registrate temperature di oltre 70° sotto zero.
Il freddo leggendario della Siberia ne ha fatto un paese
ideale per esiliarci i prigionieri. La larga area che abbiamo
visitato è situata a 3.000 km
Riunione dei giovani battisti di Krasnoyarsk
da Mosca, e ad altri 3.000 km,
nefl’«Estremo Oriente», si
trova Vladivostock.
I primi esiliati politici furono inviati in Siberia nel 1593.
Dopo il 1660 vi furono mandati regolarmente i dissenzienti religiosi e i criminali
d’ogni tipo. Nel XIX secolo
circa un milione di persone,
condannate all’ergastolo, consumarono la vita in queste
lande sconfinate.
Nel nostro secolo, durante
le tremende persecuzioni religiose di Stalin, furono assassinati 300.000 credenti di
ogni religione: molti di questi,
prima di essere uccisi, trascorsero anni crudeli di prigionia in Siberia.
A Minusinsk, una città non
lontana da Abakan, abbiamo
ascoltato una testimonianza
che ci ha stretto il cuore. Nel
1938, nell’arco di pochi mesi,
quasi tutti i membri della
chiesa battista locale, più di
trecentocinquanta, furono uccisi. Molti di questi credenti
subirono torture nelle prigioni
della città, prima di essere
portati nella foresta circostante e fucilati. Katherina Nischnik, di 82 anni, ci ha raccontato la sua storia, con gli occhi
pieni di lacrime, come se tutto
fosse avvenuto da poco. Era
una giovane sposa di 27 anni
quando dovette assistere, terrorizzata, all’incarcerazione
del marito e di tre fratelli, per
l’unico motivo che erano credenti. Furono uccisi qualche
giorno più tardi, nella foresta.
«Mio marito è ancora qui con
me», ci disse la donna, mettendosi le mani sul cuore. In
SCHEDA
m
Battisti nell'ex Urss
Secondo dati citati dal presidente delTUnione battista
della Polonia, Konstanty Wiasowsky, all’Assemblea annuale dell’Unione battista britannica, i battisti dei paesi
dell’ex Unione Sovietica sono in costante aumento.
All’inizio del 1992 i membri di chiesa battezzati erano
205.640 in 2.500 chiese; durante Tanno si sono avuti
' 25.200 battesimi e la costituzione di 292 nuove chiese; al
31 dicembre ’92 i membri battezzati risultavano 220.911.
In particolare l’Ucraina, che è TUnione battista più numerosa d’Europa dopo quella britannica, è passata da
96.293 membri in 1.193 chiese a 100.111 membri, nonostante 18 chiese pentecostali con oltre 9,000 membri abbiano lasciato TUnione.
-L’incremento è stato forte anche in Russia; da 64.533 a
i73,471 e in Moldavia da 14.642 a 17.800.
. Negli altri paesi alla fine del 1992 la situazione era la
-seguente:
Bielonissia;
Lettonia-Estonià:
r Lituania:
-m Kazakhstan;
Georgia:
Asia Gentrale;
?” Armenia:
ÌCirghizistan:
sd(^Z9rbaìgian;
■M
9.399 membri
10.426 membri^
200 membri
9.678 membri
3.600 membri
2.196 membìn
756 membri
3.359 membri
541 membri
124 chiese
142 chiese
7 chiese
153 chiese
28 chiese
27 chiese ^
18 chiese
18 chiese
15 chiese,
quella stessa prigione oggi i
battisti possono portare l’annuncio delTEvangelo ai carcerati.
Per la brutta fama che la Siberia si è fatta come luogo di
campi di prigionia e per il clima rigido, è difficile pensare
al paese come ad una terra
che Dio ha dotato di bellezze
naturali e di ricchezze d’ogni
genere. Il silenzio delle,antiche foreste di betulle toglie il
respiro. Le estati possono essere calde e luminose, con il
termometro che segna più di
30° per diverse settimane.
I siberiani sono ospitali e
danno l’impressione di essere
più rilassati dei loro concittadini occidentali di Mosca e
dintorni. «Mosca è molto lontana - ci ha detto uno di loro
con cui parlavamo del rinnovamento iniziato da Gorbaciov e della perestroika - da
noi la perestroika non è ancora arrivata».
Ma in realtà i suoi effetti si
vedono. I battisti godono di
una libertà praticamente illimitata. Le loro chiese sono
piene, i culti sono caldi e
l’evangelizzazione rinvigorisce la vita delle comunità battiste. Nell’associazione battista delTIrkutsk, per esempio,
il numero delle chiese è più
che raddoppiato, da 14 a 30,
così come il numero dei
membri di chiesa, passato da
700 a 1.500. Sedici missionari
sono al lavoro, in nove località, per impiantare nuove comunità.
Uno dei segni più gratificanti di questa vitalità sono
gli sguardi brillanti e le facce
sorridenti dei giovani nelle
chiese. Molti giovani intorno
ai vent’anni hanno scoperto
Cristo. In una chiesa abbiamo
chiesto qual era, secondo loro,
il più importante cambiamento avvenuto dopo la caduta
del comunismo e una giovane
signora, mentre gli altri assentivano, ci ha risposto: «Il fatto
che possiamo diventare cristiani apertamente». Quando
abbiamo chiesto, a un incontro di circa 60 giovani, da
quando erano credenti, più
della metà ci ha dato dei tempi molto brevi: da un mese a
due anni.
La Siberia, una terra desolata? Assolutamente no. E un
paese «stillante latte e miele»
che aspetta solo di essere scoperto dal resto del mondo.
Dopo una settimana passata in
Siberia mi sentivo come a casa mia. Più di una volta mi sono detto: «Se fossi all’inizio
del mio ministero vorrei lavorare qui, in Siberia».
Dio ha certamente un gran
futuro per TEvangelo in questa terra meravigliosa. Gli antenati di molti dei credenti
che abitano questo paese erano stati esiliati qui, per motivi
religiosi: oggi sarebbero orgogliosi dei loro discendenti.
Ontario (Canada): Nuovo Testamento Tupperware
Dio parla senza accento straniero
EMMANUELE PASCHETTO
Quando gli Inuit, una popolazione della regione
artica orientale del Canada,
lessero finalmente il Nuovo
Testamento nella loro lingua,
uno di loro esclamò con gioia:
«Adesso Dio parla la mia lingua» e un altro aggiunse:
«Adesso Dio parla senza accento straniero».
La prima traduzione della
Bibbia in inuktitut, la lingua
degli Inuit (chiamati un tempo
esquimesi) che vivono nel Labrador, nel Quebec settentrionale, nei Territori di Nordovest, in Groenlandia e in Alasca,
risale al 1871. Ma la traduzione era stata fatta da missionari
dei Fratelli moravi, che ovviamente parlavano Tinuktitut
come seconda lingua, e inoltre
era stata effettuata in uno dei
particolari dialetti degli Inuit.
Il dott Harold Fehderau, direttore del reparto traduzioni
della Società biblica canadese,
riporta la testimonianza di una
donna di Igloolik, vicino
all’isola di Baffin, che aveva
letto la vecchia traduzione ed
era riuscita a comprenderla
nelle cose essenziali. Ciò che
non riusciva a capire pensava
che facesse parte dei misteri
della parola di Dio. Quando
lesse la nuova traduzione del
Vangelo di Marco essa raccontò che fu come se le cadesse un velo dagli occhi.
I quattro traduttori del Nuovo Testamento in inuktitut,
sono tutti Inuit e sono pastori
della Chiesa anglicana del Canada. Uno di loro, il rev. Ben
Arreak, nato nei Territori di
Nordovest, dice che è necessario, per poter tradurre correttamente, conoscere il modo
di pensare degli Inuit di oggi.
Facendo un esempio, egli dice
che il concetto di amore in
inukitut è molto simile a quello espresso dai greci. Si usano
parole diverse per l’amore di
Dio, l’amore fra persone che
si amano, o l’amore per il cibo. Nella vecchia traduzione
veniva usata sempre la stessa
parola che indicava amorecompassione, e leggendo passi biblici dove si parla del nostro amore verso Dio i lettori
non riuscivano a comprendere
che cosa era accaduto a questo Dio sovrano che aveva bisogno della nostra compassione.
II termine che ora i traduttori hanno usato per l’amore di
Dio contiene l’idea di qualcosa che è così prezioso per cui
non ci si può assolutamente
permettere di perderlo. In
questo modo emerge l’immagine di un Dio biblico che è al
di sopra di tutto e di tutti. Arreak afferma che per il suo
popolo il linguaggio della
nuova traduzione «penetra nel
sangue» e fa sentire il Nuovo
Testamento come qualcosa
che gli appartiene.
Il lancio di questo Nuovo
Testamento è avvenuto in una
apposita cerimonia tenutasi
presso la cattedrale anglicana
di S. Giuda a Iqaluit, nei Territori di Nordovest, il 18 ottobre 1992. Una prima edizione
di 4.000 copie è stata distribuita in tutta la vasta regione
subartica in cui vi sono anche
zone raggiungibili solo con
l’aeroplano. A causa del freddo estremo e dei particolari
mezzi di trasporto, i libri rischiano di essere danneggiati
dalla neve. Per evitare che ciò
accada molti Inuit mettono il
Nuovo Testamento in contenitori di plastica o nei «tupperware», per cui in molti luoghi la nuova traduzione è conosciuta come «il Nuovo Testamento tupperware».
Il lavoro sulla Bibbia in
inuktitut non è ancora finito: è
stata appena approntata una
serie di sei libretti sulla vita di
Gesù che verranno usati nelle
scuole e si è cominciata la traduzione dell’Antico Testamento che si spera di concludere entro il 1996.
Moldavia
Bibbia
best seller
Nella ex Repubblica sovietica della Moldavia la Bibbia
sta diventando un best seller.
L’arcivescovo della Chiesa
ortodossa russa della Moldavia, che è membro della
Commissione patriarcale e sinodale per la Bibbia della
Chiesa ortodossa russa, ritiene che la Bibbia abbia un’importanza fondamentale per i
credenti del suo paese e che
dovrebbe essere letta quotidianamente. L’arcivescovo è
un forte sostenitore del lavoro
della Società biblica, grazie
alla quale, ha detto, «ognuno
può lodare Dio nel suo proprio linguaggio e nella sua
propria chiesa, perché ora la
Scrittura è disponibile in romeno, ungherese e nelle altre
lingue parlate in Moldavia. In
questo modo si creano legami
comuni fra le diverse confessioni: invece di scontrarci ora
lavoriamo insieme, perché la
Bibbia ci unisce». Le Bibbie
inviate alla Chiesa ortodossa
vengono vendute o regalate a
chi non è in grado di acquistarne una copia. «La gente
ha sete della Bibbia - ha aggiunto l’arcivescovo -; non si
tratta di sapere quante ce ne
occorrono, ma piuttosto di
quante ce ne potete mandare».
A Kishinev ci sono cinque
chiese pentecostali con oltre
500 membri (erano 150 nel
1989) che tengono regolarmente riunioni di evangelizzazione in locali pubblici della città in cui le Bibbie vengono distribuite in gran quantità.
Anche TUnione battista
della Moldavia, che raccoglie
216 comunità, è fortemente
impegnata nella vendita e
nella distribuzione della Bibbia. Ma lo sforzo maggiore
viene fatto dall’organizzazione dei «Gedeoni» che nello
scorso anno ha distribuito oltre 150.000 copie del Nuovo
Testamento.
Segretariato attività ecumeniche di Verona
Una testimonianza
comune della Parola
PAOLA PELOSO BOSSI
Ospite del Centro missionario diocesano, lunedì
14 giugno, il Sae di Verona
ha concluso l’attività con una
preghiera ecumenica preparata e guidata dal pastore Giulio Vicentini. La preghiera ha
fatto riferimento alla ricerca
che il gruppo aveva svolto
sul documento di «Fede e costituzione» Confessare una
sola fede. Una spiegazione
ecumenica del Credo (tradotto in italiano dalle Dehoniane); per il ’93 il tema su cui
abbiamo lavorato è stato Verso una confessione ecumenica della fede: dal Credo niceno-costantinopolitano al
nostro credere oggi.
Nell’iter di cinque conferenze in cui si sono alternati
evangelici, ortodossi e cattolici romani, non è mancata la
testimonianza ebraica, che il
Sae pone a fondamento della
ricerca ecumenica fra le chiese cristiane. Il rabbino di Verona Crescenzo Piattelli ha
parlato sul tema: La Genesi,
radice comune di tutti i
popoli.
Il ciclo era stato aperto dal
prof. Paolo Ricca, su Ecumenismo confessante nel mondo
di oggi: cristiani uniti in una
stessa fede. Per lui si trattava
di vedere che cosa c’è dentro
di noi, per chiederci che cosa
l’altro capisce quando confessiamo che Dio è padre e
creatore.
«Il Credo - ha detto Ricca
- non è una riflessione o una
meditazione sui misteri
dell’universo; sono dei fatti
che tu consideri rilevanti per
la tua storia; in quei fatti tu
ci .sei tanto che quei fatti diventano il contenuto della
tua confessione di fede».
Gli altri oratori avevano
approfondito questa linea di
ricerca. Padre Traian Valdman ha parlato su Dio ci incontra come Padre e il pastore Eugenio Rivoir su Gesù
Cristo ci accompagna come
amico, mentre mons. Luigi
Sartori ha parlato sul tema Lo
Spirito Santo per una fraternità senza confini.
Accanto alla conferenze abbiamo avuto anche tre incontri di tipo seminariale per approfondire ulteriormente le
tematiche bibliche e le provocazioni del mondo di oggi.
Nell’incontro di preghiera il
past. Vicentini ha proposto un
itinerario costruito su spunti
biblici, in modo da far percepire che il Credo non è genericamente biblico, ma si tratta
di una sorta di antologia di
passi biblici, soprattutto del
Nuovo Testamento. Siamo
poi passati alle confessioni di
fede scelte sia fra testimoni
del passato sia tra i contemporanei, e i partecipanti hanno unito le loro preghiere personali espresse pure in forma
di confessioni di fede.
L’esperienza ha avuto una
buona risonanza fra tutti coloro che, membri di diverse
comunità, si sono sentiti alla
pari e nel medesimo spirito.
Gli incontri seminariali erano
nati dalla richiesta esplicita di
Ricca e Rivoir, condivisa dagli altri relatori, che i discorsi
non restassero allo stato teorico, ma ne nascesse qualcosa
di nuovo per avviare la ricezione a livello delle comunità. Nella situazione di pluralismo religioso in cui viviamo può così essere favorito il
ritorno alla Parola e, pur nel
rispetto delle diversità, l’avvio alla testimonianza comune che è una delle condizioni
da realizzare perché sia visibile l’unità della chiesa.
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 9 LUGLIO 19Q.'^
■
Il Comitato esecutivo battista informa
Riunione in Puglia
Proseguendo una felice iniziativa cominciata quest’anno in Sicilia, il Comitato ha tenuto la sua seduta a Mottola
(Taranto) nei giorni 16-19 giugno. In
questo modo ha potuto incontrarsi sabato 19 a Bari con i Consigli delle chiese della Puglia e della Basilicata e con
l’Associazione regionale. Domenica,
poi, alcuni membri del Comitato hanno
predicato nelle chiese della zona.
E stata un’ottima occasione per conoscere sul posto i bisogni delle chiese e
ascoltare dalla viva voce delle sorelle e
dei fratelli i loro desideri e insieme tentare qualche soluzione. Il vero problema resta, e lo si è evidenziato a più voci
nell’incontro, quello della mobilità pastorale: gli strumenti regolamentari si
mostrano inadeguati rispetto ai bisogni
delle chiese e ai problemi familiari dei
pastori.
Il Comitato, a cui le chiese continuano a chiedere «il pastore», non ha istituzionalmente tale compito, avendo
possibilità di collocare unicamente candidati e «disponibili»; per il resto ha solo funzioni notarili di fronte alle «preferenze» delle chiese e al «gradimento»
del pastore. È necessario, dunque, come
è stato suggerito dagli interventi, o che
l’Assemblea generale inviti il Comitato
all’applicazione rigida del regolamento
e lo sostenga in pieno in questa operazione, oppure che si arrivi al superamento della normativa con Tacquisizione di una nuova concezione del lavoro
pastorale non più al servizio di una sola
chiesa ma di un gruppo di esse in
cooperazione con altri colleghi.
Piano di cooperazione
Con ringraziamento al Signore, il
Comitato ha preso atto dello sforzo
delle chiese, che stanno rispondendo
agli appelli, nonostante la congiuntura
economica non sia delle più favorevoli.
L’impegno per il 1993 è arrivato a 961
milioni, avvicinandosi sempre più al
traguardo del miliardo. Così pure le
chiese hanno preso sul serio l’ultima
circolare di sollecito e lo scostamento
tra impegno e versato che, alla stessa
data del 1992, era poco più di 89 milioni, al 31.maggio ’93 era poco meno di
18 milioni. Ciò indica piena maturità e
presa di coscienza delle chiese: il Comitato non ha potuto che rallegrarsene
e ben sperare per il futuro su tale aspetto della collaborazione all’interno
deU’Unione.
Circolare alle chiese
Il Comitato ha esaminato in maniera
approfondita la delibera dell’Assemblea generale straordinaria di febbraio,
che lo invita a rielaborare la proposta
già presentata sul segretario esecutivo
dell’Unione da sottoporre alla prossima
Assemblea, dopo avere sentito il parere
delle chiese che dovrà pervenire entro il
30 settembre ’93. In vista di quella scadenza, per spronare le chiese ad inviare
le loro osservazioni, è stato deciso di
inviare una circolare alle chiese, il cui
testo è stato elaborato dopo ampio dibattito e che è in distribuzione in questi
giorni e che si spera possa essere discussa e valutata all’inizio del nuovo
anno ecclesiastico. Il Comitato è sicuro
che le chiese prenderanno la circolare
nella giusta considerazione e dedicheranno ad essa l’attenzione che l’importanza dell’argomento richiede.
Pastori
Il Comitato ha proseguito la ricerca di
una migliore sistemazione economica
dei pastori. Già molto è stato fatto in
questo senso negli ultimi tempi, soprattutto nei riguardi di coloro che godono
di un solo reddito, ma non solo di costoro. In questa seduta, in particolare, si
è cercata una soluzione per il problema
delle spese mediche che negli ultimi
provvedimenti governativi stanno
diventando sempre più pesanti.
I pastori battisti non godono di una
cassa mutua interna o di altra provvidenza, se non un aiuto fraterno parziale
alimentato con gli interessi bancari, il
che rende tale aiuto precario e spesso
impossibile per mancanza di fondi. Il
Comitato intende seriamente trovare al
più presto un qualche sbocco, eventualmente con un’assicurazione esterna. A
tutt’oggi però non è stato possibile trovare nessuna idonea soluzione; il Comitato, però, continua alacremente le
sue ricerche perché intende dare al più
presto una risposta a tale esigenza del
corpo pastorale in servizio e in emeritazione.
II comitato ha destinato il pastore (disponibile a norma delTart. 34 lett. «b»
del regolamento) Donato Giampetruzzi
alla cura della Chiesa di Bisaccia (
Avellino) a far data dal 1° luglio ’93 e
ha posto, a sua richiesta, in congedo per
motivi di salute per tre mesi il past.
Franco Scaramuccia, le cui funzioni saranno assunte dal 1 “.luglio.’93 dal past.
Massimo Aprile, vicepresidente.
Rapporti internazionali
Il Comitato ha dedicato molto tempo
dei suoi lavori ai rapporti con l’estero.
Preso atto dei buoni risultati raggiunti
dalla squadra di evangelizzazione,
composta da sei inglesi, che si è fermata sei mesi a Marghera presso la
chiesa locale, si è deciso di intensificare i rapporti con la British Missionary
Society, invitando in Italia nel mese di
luglio il past. David Passmore per studiare con lui la possibilità di impiego
in un prossimo futuro in Italia di due
pastori inglesi.
E stato dato particolare risalto alla venuta in Italia a fine luglio del pastore
James Scott, presidente dell’American
Baptist Churches: egli sarà ricevuto da
alcuni membri del Comitato per essere
condotto in visita possibilmente alla
Federazione delle chiese evangeliche in
Italia e alla Tavola valdese. Scott conoscerà alcune istituzioni battiste italiane
e la domenica predicherà in una delle
nostre chiese. I colloqui con lui, oltre
ad una presentazione del lavoro in Italia
e all’ascolto di quanto egli avrà da dirci, verteranno in particolare sulla possibilità di poter usufruire di pastori per la
cura degli immigrati in Italia.
In risposta a un appello della European Baptist Federation, è stato stanziato un piccolo ma significativo aiuto
in denaro a sostegno di un progetto
missionario, sponsorizzato dalla Federazione stessa, gestito dall’Unione battista della Moldavia, di recente costituzione.
Rapporti con lo stato
La firma dell’Intesa e la sua prossima
approvazione da parte del Parlamento,
che è prevista all’incirca nel mese di
ottobre, ha indotto il Comitato ad istituire una commissione referente di
consulenza per i rapporti con lo stato,
che è stata nominata nelle persone di:
Domenico Tomasetto (coordinatore).
Renato Maiocchi, Aldo Campennì,
Franco Scaramuccia, Paolo Spanu e
Stefano Sicardi.
Seminario del Servizio istruzione ed educazione della Fcei
La scuola domenicale deve
«attualizzare» il testo biblico?
GIOVANNI CARRARI
Il Servizio istruzione e
educazione (Sie), com’è
noto, prepara il materiale utilizzato durante l’anno nelle
nostre scuole domenicali. Esso consiste soprattutto nelle
«tavole di lavoro» (i quaderni, divisi in tre fasce d’età,
per i bambini) e nella rivista
«La scuola domenicale» che
contiene, tra l’altro, gli strumenti di lavoro per i monitori: le note bibliche, le note
didattiche e, da quest’anno, i
racconti. Un folto gruppo di
volontari lavora per preparare i sussidi didattici e il
Sie ha deciso di promuovere
un incontro dove tutti questi
collaboratori potessero discutere insieme su un problema sollevato da più parti: la
scuola domenicale, nel presentare i racconti biblici può
«attualizzarli», cioè trovare
un aggancio tra la Bibbia e la
realtà concreta vissuta dai
bambini nel loro quotidiano?
Così, il 26 e il 27 giugno si
è tenuto a Massello, ospite di
casa Chiarenzi, un piccolo
convegno al quale hanno
partecipato diversi collaboratori: alcuni, che non hanno
potuto essere presenti, hanno
inviato un loro intervento
scritto. Desideriamo riportarne alcune conclusioni con la
speranza che i monitori possano tenerne conto nel loro
lavoro.
In primo luogo si è convenuto che non può esistere
una presentazione «neutra»
della Bibbia, soprattutto perché non vi è messaggio cristiano se non entro una situazione storica: già la scelta
dei testi, del taglio teologico
e di quello pedagogico è dovuta a una precisa linea di
cui si deve essere consapevoli. Ed esserne consapevoli è
importante perché così è
sempre possibile operare verifiche e correzioni. La Bibbia, inoltre, non è una parola
di «ieri», da studiare come
un dato storico, ma è la
presentazione dei rapporti di
Dio con le sue creature: tali
rapporti, che sono il nostro
«oggi», si possono comprendere proprio attraverso la
Bibbia.
Tuttavia il Sie ha sempre
cercato di evitare (nelle tavole di lavoro e nelle note didattiche) quella che si chiama attualizzazione, cioè operare un diretto collegamento
tra il racconto biblico e l’attualità. Da un lato c’è un
problema tecnico: il materiale viene preparato con un anno, un anno e mezzo di anticipo.
Si può correre il rischio di
«agganciare» il testo a una
realtà già sorpassata quando
viene in mano ai bambini .
Ma soprattutto c’è una considerazione di fondo: l’attualizzazione deve nascere nel
gruppo, e a partire dalle esigenze e dalle comprensioni
del gruppo.
Il rischio è quello di banalizzare il testo biblico, riducendolo a una «morale» spicciola (esempio: la creazione
di Dio è buona, quindi tu non
devi usare la bomboletta
spray che causa il buco
nell’ozono); un altro rischio
consiste nel far passare sopra
la testa dei ragazzi problemi
e concetti troppo grossi, che
non solo essi non possono
afferrare ma che spesso causano «crisi di rigetto» (esempio: siccome bisogna rimettere i debiti, quelli dei paesi
I ragazzi sono i protagonisti deila iettura bibiica
del Terzo Mondo vanno cancellati?). Allora bisogna rinunciare a qualsiasi tipo di
attualizzazione?. La risposta
è no, anche in considerazione del fatto che la scuola domenicale non intende solo
«informare» ma anche «formare» i bambini. Ma bisogna
che l’aggancio del testo biblico con la loro vita non
venga imposto: come fare?
Qui riportiamo solo alcuni
suggerimenti che sono scaturiti dal dibattito. Prima di
tutto è importante che i monitori studino a fondo il testo
proposto come se fosse uno
studio biblico a loro indirizzato, accantonando per il
momento il problema didattico (e relative note). In questo
modo il punto centrale del
testo e il cuore del messaggio da portare non solo
emergono con chiarezza, ma
il monitore li fa propri: i
bambini «sentono» immediatamente se viene loro fatta
una lezione o comunicato
qualcosa di fondamentale per
il monitore.
Questo tipo di «trasmissione» può portare i bambini a
entusiasmarsi per la Bibbia:
una parola che «vive» in chi
gliela comunica non può essere noiosa e saranno loro
stessi a cercare, con la gradualità dovuta alle diverse
età, di farla propria, compiendo spontaneamente la loro «attualizzazione». È inoltre importante saper suscitare
le domande, e senza il timore
di non sapere dare la risposta!
È meglio che emerga la figura del monitore come una
persona che appartiene al
gruppo e che cerca insieme
la risposta, piuttosto che la
figura del docente collocato
al di sopra dei ragazzi.
In secondo luogo sarebbe
auspicabile che il monitore
avesse già le idee chiare su
quale messaggio deve rima
nere nei bambini anche dopo
che hanno terminato la loro
ora di scuola domenicale. Lo
strumento del racconto e ancor più quello dell’animazione sono particolarmente
adatti a far sì che anche i più
piccoli si immedesimino
nell’episodio biblico. Facendolo proprio, è più facile che
scaturino idee e collegamenti
con la loro persona e con la
loro vita quotidiana. Questo
sistema è forse più produttivo della classica domanda
finale: «Che cosa dice il testo a noi oggi?».
E stato suggerito un altro
sistema per favorire l’attualizzazione da parte dei ragazzi, e cioè incaricarli di
«predicare» il testo studiato
(qualcosa di più che raccontare) a casa, ai propri genitori.
In questo modo i bambini
devono sforzarsi di recuperare dal loro bagaglio lessicale
e di esperienze le parole e gli
esempi più adatti per esprimere un concetto. Si otterrebbe così anche un altro risultato: un collegamento tra
scuola domenicale e genitori
che di solito è molto scarso
(ma forse perché si è sempre
puntato sulla linea che va dai
genitori ai bambini; qui il
percorso è capovolto).
Infine è stata rilevata la necessità di fornire ai ragazzi,
soprattutto a quelli più grandi, alcune indicazioni di fondo riguardo i temi dell’essere
protestanti e di come si
esprima la fede. A volte si
nota la necessità di fare una
vera e propria «controinformazione». Se tutti sono d’accordo che per questi aspetti
non bisogna attendere il catechismo, si è notato che forse
l’unica vera possibilità è data
dal dedicare alcuni incontri
specifici a particolari temi,
utilizzando anche strumenti
come l’agile libretto «Che
cosa crediamo?».
5
venerdì 9 LUGLIO 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Domenica del l'istruzione biblica a Casorate
Cristo mette gioia, amore
e luce nel nostro cuore
CARMELO INGUANTI
11 coronamento dell’attività
del corso di istruzione biblica ha avuto luogo domenica 13 giugno con un culto tenuto dagli stessi partecipanti
al corso, sia inferiore che superiore (giovani e anche adulti): una trentina in tutto. Nello
svolgimento della particolare
adunanza vi sono state letture
di Salmi, di brani e presentazione della lettera ai Calati,
preghiere, presentazione di
personaggi dell’Antico Testamento e tanti canti spirituali e
gioiosi, cantati da bambini/e,
da giovani e da tutti, accompagnati alcuni all’organo, altri con la chitarra. Una riunione esaltante e rallegrata da
fresche voci: «V’è gioia, v’è
gioia, v’è gioia nel mio cuor»
e dalle voci argentine dei piccoli: «Metti luce nel nostro
cuore».
La comunità ha preso coscienza ancora una volta della
realtà di questa nuova generazione che cresce, fondata sulla parola di Dio. La predicazione è stata tenuta da Grazia
Rondinone, che partecipa al
corso e che ha rivolto un vibrante messaggio, ispirato a
Calati 5, 6 («’quel che vale
è....») e Calati 6, 15 («quel
che importa è....»).
Nel corso inferiore, di cui è
monitrice Franca Rondinone,
hanno studiato in modo attivo
personaggi protagonisti dell’Antico Testamento, mentre
per il corso superiore, di cui è
monitrice V. Roessinger, è
stata studiata l’Epistola ai
Calati, che tanta parte ha avuto durante la Riforma protestante del XVI secolo. Nella
cornice di questa festosa adunanza tre giovani sorelle, accompagnate alla chitarra da
Mimmo Esposito, hanno cantato con voci squillanti due
irmi: «I miei anni più belli» e
«Sarò con te».
Alle due monitrici, conduttrici del ricco programma, la
comunità ha espresso vivo
apprezzamento per l’attività
svolta con impegno ed ha offerto graziosi omaggi floreali.
Nella stessa domenica 13
giugno, durante l’offerta, abbiamo avuto un pensiero, come richiesto dalla segretaria
del dipartimento di evangelizzazione pastora Adriana Gavina, per l’opera missionaria
che TUcebi ha intrapreso in
Albania. Quest’opera va aiutata e incoraggiata. L’Ucebi
ritorna a svolgere «un’evangelizzazione senza frontiere»,
come svolse 60-70 anni fa in
Tunisia e, dopo la seconda
guerra mondiale, in Svizzera.
L’evangelizzazione si deve
fare non per «le ragioni del
cuore», care a Pascal, ma per
ubbidienza all’unico e supremo mandato di Gesù Cristo
alla sua chiesa.
Domenica 2 maggio Angela Rosselli e Antonio Aquila
hanno contratto matrimonio,
celebrato al municipio. Sugli
sposi, subito dopo recatisi in
chiesa, è stata invocata la benedizione di Dio. Il Signore li
riempia di ogni grazia e felicità spirituale.
In questi mesi primaverili
hanno presieduto il culto il
fratello G. Pepe (25 aprile),
che ha predicato ispirandosi
all’episodio del centurione di
Capernaum, e il fratello A.
Abbiati (30 maggio, Pentecoste) sul testo di Atti 2. I messaggi che ci sono stati rivolti
sono stati apprezzati molto
dalla comunità, che esprime il
più vivo ringraziamento.
Un momento del culto a Casorate Primo
Nella ricorrenza di Pentecoste è stata tenuta al pomeriggio una riunione ecumenica nella chiesa parrocchiale
di Casorate: altre due volte
aveva avuto luogo, in questi
ultimi due anni, nel nostro
tempio. Preghiere, canti e letture bibliche hanno caratterizzato la numerosa assemblea
nella grande chiesa. Don Sante ha svolto principalmente
tutta la parte liturgica. Il fratello Romeo ha cantato un
«assolo», ispirandosi alle parole del Salmo 121. Il pastore
Inguanti ha rivolto un messaggio su «Lo Spirito Santo
crea la chiesa e ci rende testimoni di Cristo». Tutto si è
svolto in uno spirito di fraternità cristiana. Cattolici e battisti hanno pregato insieme.
Alla nostra fratellanza si
sono uniti in queste ultime
settimane due fedeli fratelli in
Cristo, provenienti dalla Romania e che lavorano nella
zona di Casorate.
Inoltre un cordiale benvenuto abbiamo dato a Vito
Tancredi e al caro fratello Nicola Aquila e consorte di
Gravina di Puglia.
Il corso di storia del cristianesimo e quello sulla_patristica, i padri apostolici, gli apologisti, i padri alessandrini.
Agostino e il suo pensiero
teologico e filosofico è stato
tenuto durante l’anno, come
negli scorsi, nella casa ospitale della famiglia Rondinone.
La conclusione del corso ha
avuto luogo domenica pomeriggio 27 giugno; il gruppo
che Tha fedelmente_seguito
ha trascorso alcune ore in comunione fraterna, nella casa
della sorella Teresa Rubini,
che ha offerto a tutti i presenti un lauto rinfresco.
Campobasso
Una visita
gradita
Per le chiese battista e valdese di Campobasso quella del
27 giugno è stata una giornata
sulla quale è spirata, nonostante la temperatura «equatoriale», una fresca brezza ristoratrice.
Una cinquantina di fratelli
provenienti dalle chiese di Napoli (via dei Cimbri, Caivano
e Napoli-Vomero) sono giunti
per farci visita. Luciano Deodato, riflettendo su Matteo 5,
38-42, ci ha messi davanti a
un interrogativo inquietante:
ehe senso ha la nostra vita se
non diamo dei segni viventi
della realtà di grazia, perdono
e riconciliazione che in Cristo
ci è offerta? Riusciamo con la
nostra esistenza onesta e pia di
chiese evangeliche a smontare
dall’interno il meccanismo
perverso di violenza e odio
che regola il nostro mondo ad
ogni livello? La parola di Gesù rappresenta, certamente,
per ognuno di noi un grosso
ostacolo, come se volessimo
pensare al «cammello che passa per la cruna dell’ago». Ma
lo Spirito Santo può rendere
possibile per noi, solo se vogliamo crederlo, questa
impossibilità e permetterci di
praticare il compito primario
della chiesa: testimoniare il
nuovo mondo in Cristo.
Dopo un veloce pranzo al
sacco con tanta allegria e poi,
di corsa, a visitare i resti di
Altilia, nella piana di Tammaro, dove fin dalla preistoria si
incontravano le tribù dei pastori protette dai Sanniti Pentri. Una giornata che ricorderemo con gratitudine a Dio.
(e.m.)
Cronache
BASSIGNANA — Domenica 20 giugno si è svolta la tradizionale festa di chiusura della scuola domenicale delle
chiese metodiste di Bassignana e Alessandria. Quest’anno
i bambini, con l’aiuto dei genitori e delle monitrici, si sono
proposti ai membri intervenuti delle due comunità, organizzando un vero e proprio culto; dopo la consueta liturgia
però, al posto della predicazione è stata preparata la drammatizzazione del racconto «La mia mamma è una straniera», tratto dair«Amico dei fanciulli» e ispirato al libro di
Ruth. Il brano, oltre a mettere in evidenza due figure femminili, Ruth e sua suocera Noemi, ha suscitato molto interesse nei bambini per il suo tema dominante, cioè la difficoltà degli stranieri di inserirsi e essere accettati in un paese che pratica una religione diversa, parla una lingua diversa e vive una realtà diversa dalla loro, un problema purtroppo ancora oggi più che mai di attualità, sebbene siano
trascorsi più di duemila anni. La festa è proseguita poi con
il pranzo comunitario organizzato dall’attività femminile e
nel pomeriggio con vari giochi che hanno divertito e coinvolto adulti e bambini (m.g.).
MOTTOLA — È stato molto allegro il «party» del 26 giugno, nonostante l’occasione fosse di segno opposto: infatti
abbiamo salutato la partenza del pastore. Abbiamo comunque festeggiato e grande è stata la partecipazione anche di
amici esterni alla comunità, con cui abbiamo condiviso
momenti di ecumenismo e di impegno sociale. Lo scambio
dei doni ha poi sottolùieato che era proprio giunto il momento dell’arrivederci al pastore Massimo Aprile e alla famiglia, con cui abbiamo vissuto 8 anni davvero belli. Massimo è una persona che si fa in quattro per te, sempre
pronto a darti tutte le mani possibili, e questo può testimoniarlo tutta la comunità che è cresciuta tanto spiritualmente quanto numericamente. Anche con Anna abbiamo avuto, come comunità, degli scambi interessantissimi dai punti di vista umano e teologico. Dunque, nel tentativo di mitigare il dispiacere e lasciamo immaginare le lacrimucce
sui volti di molti, nel salutare tutta la famiglia), vogliamo
credere che quanto di bello il Signore ci dona debba essere
condiviso, e perciò ci si possa ancora rivedere e reincontrare.
TORRE PELLICE — I nostri auguri sinceri vanno ai piccoli
Edoardo Tatuilo e Sara Vola, che sono stati battezzati.
• L’Evangelo della resurrezione è stato annunciato in occasione dei funerali di Lina Dalmas ved. Fontana e di Aldo
Pellenco. Con cristiana simpatia la comunità è vicina alle
famiglie nel lutto.
BOBBIO PELLICE — Ci siamo grandemente rallegrati nel
Signore per la presenza, al culto di domenica 4 luglio, di
un gruppo di Trombettieri del Baden che hanno accompagnato il canto degli inni.
Iniziativa della Chiesa valdese di Milano
Operazione tempio aperto
■
__________EBLE MERLINI_________
Tre anni fa nella nostra
chiesa ci siamo chiesti se
non ci fosse la possibilità di
testimoniare la parola di Dio,
in modo semplice e concreto,
a chi è disorientato a causa del
mondo messo in subbuglio da
guerre, strapoteri a scapito dei
più deboli, mancanza del senso di responsabilità degli uni
verso gli altri, oppure anche di
testimoniare a chi è semplicemente curioso di sapere che
cosa muove le persone che ritengono essenziale l’amore per
il prossimo che ci viene chiesto negli Evangeli e che procede dall’amore che Gesù Cristo
ci ha insegnato morendo in ultimo per amore per noi.
Così abbiamo dato il via
all’attività del «tempio aperto»: nei mesi primaverili e autunnali teniamo aperto il portone della chiesa per invitare i
passanti a entrare. La croce illuminata in fondo alla chiesa
attira le persone, essendo il
simbolo generale del cristianesimo.
Però non bastava aprire il
portone, bisognava che qualcuno di noi fosse lì a ricevere
i visitatori. Si è quindi costituita una nutrita squadra di
volontari formata da casalinghe e pensionati, insegnanti e
qualche studente. Tenendo
conto degli impegni e delle disponibilità di tutti sono stati
stabiliti dei turni di presenza.
All’inizio eravamo molto titubanti, credevamo di non essere all’altezza del compito, e
prima di imbarcarci in questa
impresa abbiamo fatto diverse
riunioni con il coordinatore
Gigi Ranzani e con i pastori.
Abbiamo fatto molte domande
per chiedere a noi stessi i diversi aspetti del nostro credere, in modo da poter dire in
qualche modo di noi stessi;
anzi, parlare delTEvangelo a
chi non sa chi siamo e in che
cosa crediamo. Così abbiamo
scoperto che si può esprimere
il sacerdozio universale, e abbiamo constatato che non ci
manca l’aiuto di Dio.
Portiamo tutti un cartellino
sul risvolto della giacca, c’è
scritto in alto «Chiesa evangelica valdese», in mezzo a
grandi lettere il nome della sorella o del fratello di turno e,
sotto «accoglienza visitatori».
Abbiamo constatato che questo cartellino è molto positivo,
perché il colloquio risulta
«personalizzato».
Nel tempio entrano un po’
tutti; c’è chi crede sia una
chiesa cattolica e vede che
non è così, ed esce a precipizio. C’è chi ha paura che siamo Testimoni di Geova e c’è
chi si ferma a pregare, poi si
guarda intorno cercando i simboli della chiesa a cui è abituato: allora ci avviciniamo
offrendo il nostro saluto e la
nostra disponibilità a spiegare
la differenza tra la nostra chiesa e quella della loro confessione.
Sui tavoli ci sono dei dépliant che spiegano chi siamo,
ma quando è possibile cerchiamo di parlare e di far parlare. Così possiamo spiegare
che la nostra fede si radica
sulla parola del Signore che ci
annuncia l’amore di Dio.
Dobbiamo però sempre aggiornarci, non possiamo ripe
tere gli argomenti polemici
del passato.
La maggior parte delle persone che entrano nel tempio
non conoscono i valdesi, molti
ci ascoltano con attenzione,
fanno domande e accettano gli
opuscoli gratuiti, ma c’è anche chi rivela una certa pigrizia mentale e si abbarbica nelle credenze più tradizionali.
C’è anche qualcuno che lascia il proprio indirizzo per ricevere dal Centro culturale i
programmi delle conferenze e
degli studi biblici: sono per lo
più giovani, studenti e insegnanti, o persone deluse da altre chiese, in cerca di qualcosa
che possa offrire una fede a
loro più congeniale.
Alcuni dicono che verranno
al culto ma pochi si incontrano in seguito. Chi viene resta
stupito della parte preponderante della predicazione. Entrano anche degli atei con i
quali il dialogo a volte è molto
interessante. Lo è anche con
chi ha fatto delle scelte etiche
diverse dalle, nostre e vorrebbe
convincercene. Altri affermano che siccome Dio è unico
per tutti, ciò che conta non è
appartenere a una chiesa o a
un’altra, ma non fare del male. Ci vorrebbe tanto tempo
per un dialogo approfondito
con tutti, ma molti hanno premura. L’ansia del quotidiano
predomina.
Noi del tempio aperto non
siamo persone straordinarie,
non abbiamo poteri, né visioni
particolari: questo impegno ci
fa riflettere, ci fa crescere, ci
insegna anche che i nostri
sforzi hanno soprattutto bisogno dell’aiuto di Gesù Cristo.
Metodisti, battisti e valdesi di Sicilia
Fermare l'idolatrìa
Su iniziativa del XVI circuito e del Coordinamento
battista è stata avviata
un’iniziativa antidolatrica in
occasione del 40° anniversario della «lacrimazione» della madonna di Siracusa e
dell’inaugurazione del santuario da parte del papa. Sono state coinvolte le chiese
evangeliche siciliane e, dopo
una serie di incontri svoltisi
a Lentini, si è pervenuti alla
stesura del testo riportato. E
stata concordata la stampa di
un manifesto che sarà affisso
a cura delle chiese evangeliche siciliane.
Oltre a prendere posizione
di fronte al fenomeno dei
prodigi miracolistici delle
sempre più numerose madonne, l’iniziativa si qualifica sul fronte ecumenico
degli evangelicals, spesso
trascurato. Tale iniziativa
potrebbe essere uno stimolo,
un precedente positivo per
tutte quelle realtà evangeliche d’Italia dove un dialogo,
un cammino comune possono essere avviati.
Possiamo parlare di Maria
in modi diversi: secondo tradizioni popolari, tradizioni
religiose o secondo ciò che
di lei dice il Vangelo. Ma se
vogliamo essere i discepoli
di Gesù Cristo non possiamo
parlare di Maria nei modi
che palesemente contraddicono la testimonianza della
sacra Bibbia. Desideriamo
sottoporre alla riflessione le
seguenti cinque tesi:
1) Tutto quello che Maria
è, lo è per grazia di Dio; tutti
siamo quello che siamo per
grazia di Dio (I Corinzi 15,
10) Pertanto Maria, come
ognuno di noi, è stata fatta
oggetto di grazia, ma non ne
è dispensatrice.
2) Maria è figlia d’Israele,
è beata in quanto benedetta
da Dio, è motivo di benedizione tra tutte le genti perché
madre di Gesù. La sua chiamata ad essere madre del
Messia è espressione particolare della promessa fatta
da Dio sin da Abramo e Sara. Pertanto non è lei che salva, ma come tutti i figli e le
figlie di Dio, è da Dio salvata.
3) Maria, profetessa e annunciatrice del Vangelo, indica nel suo figlio il Messia
e il Salvatore che doveva venire (Luca 1, 46-55). Lei ha
messo la sua vita al servizio
di suo figlio e ha detto: «Fate quello che egli vi dice»
(Giovanni 2, 5).
4) Maria è una dei santi,
perché Dio l’ha chiamata e
i’ha scelta, le ha dato il dono
della fede e in questo senso
l’ha santificata. Come tutti i
santi, anche lei a volte ha
messo in dubbio o non ha
capito la volontà di Dio
(Marco 3, 21-22; Giovanni
2, 3-4).
5) I santuari mariani sono
espressione di una forma di
spiritualità che non si giustifica affatto in base alla sacra
Bibbia. Il papa di Roma e
chi giustifica e benedice i
santuari mariani contraddice
il Vangelo.
Nella Bibbia l’apostolo
Paolo dice: «I credenti stessi
sono il santuario di Dio, se
in loro abita lo Spirito Santo» (I Corinzi 3, 11).
6
PAG. 6 RIFORMA
a^^*EEE2ssM All^Ascolto Della Parola
VENERDÌ 9 LUGLIO I993
DIACONIA-1
CAPIRE LA PAROLA
E SERVIRE
PAOLO RICCA
In una fase in cui la riorganizzazione della diaconia impegna a fondo le nostre chiese, «Riforma» intende contribuire al dibattito favorendo, oltre a quella tecnica, la riflessione biblica sull’argomento, mediante una serie di quattro articoli. Il primo, di
Paolo Ricca, riprende il testo della predicazione tenuta a Firenze in occasione
dell inaugurazione, nello scorso novembre, dell’anno accademico del Centro di formazione diaconale G. Comandi. La coincidenza con la Domenica della Riforma suggerisce l’esplorazione del rapporto tra l’ascolto della Parola e il servizio, che si
esprime nelle opere dell’amore.
Cari fratelli e sorelle, come chiese evangeliche
fiorentine celebriamo oggi,
con questo culto, la Domenica della Riforma e nello stesso tempo inauguriamo il Centro di formazione diaconale
«Giuseppe Comandi». C’è a
prima vista una certa tensione
tra la celebrazione della
Riforma e l’inaugurazione di
un centro diaconale. Perché la
Riforma ci richiama al ruolo
centrale e vitale della Parola
di Dio nella Chiesa, e il Centro diaconale e la diaconia in
genere ci ricordano l’importanza insostituibile delle opere. La Riforma ci dice: senza
la Parola di Dio, la chiesa è
un corpo senz’anima.
La diaconia ci dice: senza
le opere, la chiesa è un corpo
senza mani, senza gambe,
forse addirittura senza cuore.
La Riforma dice: non c’è fede
senza Parola. La diaconia dice: non c’è fede senza opere.
Hanno ragione entrambe. La
Riforma dice: la Parola è
l’anima della fede. La diaconia dice: le opere sono il corpo della fede. Possiamo dire
la stessa cosa anche in altro
modo: la fede è la Parola di
Dio che entra e prende posto
nell’anima dell’uomo, le opere sono la Parola di Dio che
esce e prende posto nella vita
dell’uomo.
Si tratta dunque sempre
della parola di Dio, solo in
due forme diverse: in forma
di annuncio da parte di Dio e
in forma di servizio reso al
prossimo. Perciò è stata una
buona idea abbinare la celebrazione della Riforma con
l’inaugurazione del Centro di
formazione diaconale: perché
la Riforma è il fondamento
della seconda, la Parola è la
madre di quella che Lutero
chiamava «la fede operaia »,
la fede traboccante di opere.
Il ritorno della parola di Dio
in mezzo alla comunità
Cominciamo dunque
dall’inizio, dalla Riforma, anzi dall’episodio che
può essere considerato la madre di tutte le riforme e che
qui è descritto da Neemia:
quello accaduto quando al
popolo tornato dall’esilio fu
di nuovo letta pubblicamente
e solennemente la legge di
Mosè, e fu come se fosse stata la prima volta, una vera e
propria rivelazione. Così si
ricostruisce la comunità credente dopo l’esilio: non solo
con il ritorno degli esuli nella
terra promessa ma con il ri
«Nel settimo mese tutti gli abitanti della Giudea partirono dalle loro città e si radunarono tutti a Gerusalemme nella piazza davanti alla porta delle Acque. Esdra,
esperto nella legge data agli Israeliti dal Signore, fu incaricato di portare il libro della legge di Mosè. Il sacerdote Esdra lo portò davanti alVassemblea, composta di
uomini, donne e bambini in grado di capire. Era il primo giorno del settimo mese. DalPalba fino a mezzogiorno Esdra lesse il libro davanti a quella folla nella piazza
della porta delle Acque.
Tutti ascoltavano con attenzione. Esdra, Vesperto
nella legge, stava su una pedana di legno costruita per
l’occasione. Accanto a lui stavano, a destra: Mattitia,
Sema, Anaia, Uria, Chelkia e Maaseia; a sinistra: Pedata, Misael, Malchia, Casum, Casbaddana, Zaccaria e
Mesullam.
Quando Esdra, che era ben visibile da tutti, aprì il libro, il popolo si alzò in piedi. Esdra lodò il Signore, il
grande Dio, e tutti alzarono le mani e risposero:
“Amen, Amen!”. Si inchinarono fino a terra per adorare il Signore.
Poi si rialzarono e alcuni leviti spiegarono al popolo
la legge. Erano: Giosuè, Boni, Serebia, lamin, Akkub,
Sabbetai, Odia, Maaseia, Kelita, Azaria, lozabad, Canan e Pelata.
I leviti leggevano alcuni brani della legge di Dio, li
traducevano e li spiegavano per farli comprendere a tutti. La gente sentì quel che la legge richiedeva e si mise a
piangere. Allora intervennero il governatore Neemia, il
sacerdote Esdra, esperto nella legge, e i leviti che davano le spiegazioni. Essi dissero al popolo: “Questo è un
giorno santo, è il giorno del Signore vostro Dio, non dovete essere tristi e piangere”.
Esdra aggiunse: “Dovete far festa, preparate un
pranzo con buone carni e buon vino e mandate una
porzione a chi non ne ha. Oggi è un giorno consacrato
al Signore. Non dovete essere tristi, perché la gioia che
viene dal Signore vi darà forza”.
Anche i leviti incoraggiarono il popolo: “Non siate
preoccupati: oggi è un giorno santo, non dovete essere
tristi”.
Tutti allora andarono a mangiare e condivisero quello che avevano. Fecero una grande festa perché avevano capito il senso delle parole ascoltate»
(Neemia 8, 1-12 - Tilc)
torno della parola di Dio in
mezzo agli esuli.
Questo è Riforma: ritorno
della parola di Dio in mezzo
alla comunità. Si dice di solito che la Riforma è stata un
ritorno della chiesa alla Parola. In realtà è stata un ritorno
della parola di Dio nella chiesa. E questo significa che Dio
stesso ritorna nel suo popolo.
Dio ridiventa soggetto: ecco
la Riforma.
Quando Dio ridiventa protagonista, Dio parla, Dio giudica, Dio perdona, allora c’è
Riforma, perché Dio è l’unico vero riformatore; allora la
fede rifiorisce, la chiesa rinasce, la vita ricomincia. Dio
protagonista: questa è Riforma. Non più solo amministrato da un clero più o meno zelante, più 0 meno competente; no, ora Dio stesso entra in
scena, si presenta, agisce, interviene. Non più solo un Dio
raccontato ma Dio che parla.
Insomma, Dio vive e tu pure,
Dio vive e tu rivivi, ecco che
cos’è Riforma, tutto il resto è
preparazione o conseguenza.
Sì, la Riforma, quella di cui
parla qui Neemia oppure
quella del XVI secolo, non è
nulla di meno e null’altro che
una specie di epifania di Dio.
«Tutto il popolo s’alzò in piedi... e s’inchinarono, si prostrarono con la faccia a terra
dinanzi all’Eterno» (v. 5-6).
Non erano davanti a un libro,
sia pure aperto; non erano davanti a sacerdoti e leviti, sia
pure consacrati e devoti. Erano davanti a Dio. Questa è
Riforma: essere di nuovo o
per la prima volta davanti a
Dio, «coram Deo» si dice in
latino, e Lutero l’ha detto
mille volte.
Il ritorno di Dio
in mezzo a noi
Dunque: non solo ritorno
degli esuli, non solo ritorno della parola di Dio ma,
con essa e tramite essa, ritorno di Dio stesso. Egli ridiventa attuale, reale, «grande» (v.
6). Non più solo noi, pastori,
credenti, teologi; non più solo
comunità, culti, catechismi,
liturgie, canti, preghiere. Qra
c’è anche lui, Dio stesso in
persona. Allora è Riforma.
Come avviene questo ritorno di Dio in mezzo a noi?
1) avviene anzitutto con il
ritorno della Bibbia letta al
centro del popolo, al centro
della sua attesa e della sua attenzione. Così avviene il ritorno di Dio: con la Scrittura
che diventa Parola. Il popolo
di Israele nel momento di ricostituirsi come popolo di
Dio non ha null’altro in mano
che questa Scrittura che diventa Parola. Anche nel XVI
secolo, quel grande rivolgimento e risorgimento cristiano che fu la Riforma fu tutta
ed esclusivamente opera della
Bibbia. «La Riforma ci ha
tolto tutto dalle mani - dice
Karl Barth - e, crudelmente,
non ci ha lasciato altro che la
Bibbia». Non però la Bibbia
come libro ma la Bibbia come Parola.
Forse oggi la Bibbia è di
ventata di nuovo libro, più libro che Parola. Ma quando la
Bibbia ridiventa libro, essa
diventa anche presto libro
chiuso: ho paura che sia chiuso anche nelle vostre case. La
Bibbia come libro è diffusissima ma la Bibbia come Parola è rara. E quando la Parola diventa rara, anche la fede
diventa rara, e la gioia ancora
di più, e il coraggio di testimoniare; sì, tutto il cristianesimo si rarefa, diventa evanescente, presto si dissolve nel
nulla. Fratelli e sorelle, Dio
ritorna nella comunità, Dio si
fa vivo, quando la Scrittura
diventa Parola. Non abbiamo
altro che la Parola. Abbiamo
tutto nella Parola. Il perdono
(la cosa più preziosa), ce
l’abbiamo come la Parola del
perdono.
La riconciliazione (la cosa
più necessaria in un mondo
dilaniato), l’abbiamo come
Parola della riconciliazione.
La croce stessa (centro del
cristianesimo), l’abbiamo come Parola della croce. Anche
lo Spirito Santo si manifesta
come Parola moltiplicata: il
miracolo di Pentecoste è un
miracolo della Parola. Tutto
con la Parola e come Parola.
Fratelli e sorelle, avete voi
questa Parola? Oppure avete
solo il Libro? Avete voi questa Parola, oppure avete solo
le opere? Se avete la Parola
siete ricchi anche se siete poveri, ma se non l’avete siete
poveri anche se siete ricchi,
anche se siete ricchi di opere!
2) ma com’è che la Scrittura diventa Parola? Attraverso
la spiegazione. Lo dice chiaramente il nostro testo: «Essi
leggevano distintamente e ne
davano il senso, per far capire al popolo quel che s’andava leggendo».
La spiegazione
della Scrittura
Riforma non è solo centralità della Scrittura e
non è solo Scrittura letta e
proclamata: è anche Scrittura
spiegata e capita. E qui cogliamo l’altro aspetto fondamentale della Riforma: la
spiegazione della Scrittura.
Lutero non ha fatto altro tutta
la vita. Calvino lo stesso.
Zwingli lo stesso. Spiegare,
spiegare, spiegare. Questo è
stata la Riforma, un immenso
sforzo corale per spiegare
l’Evangelo all’Europa. Spiegare in modo che tutti capiscano, non solo i dotti, gli
istruiti, ma la gente comune,
il popolo.
Ecco perché la Riforma ha
prodotto tanti catechismi.
Perché tutti dovevano capire:
«Ora anche un bambino di 7
anni sa che cos’è il cristianesimo meglio di tutti i teologi e
i dottori» scrive Lutero con
legittima soddisfazione. E qui
permettetemi di sottolineare
due aspetti di questo capire:
a) il primo, la necessità di capire: il cristianesimo non è
una religione magica fondata
sul mistero, è una Parola che
si può spiegare e capire. La
fede non è chiudere gli occhi
ma aprirli, non è rinunciare a
capire ma cominciare a capire, non è un salto nel buio ma
un salto nella luce. È importante dirlo e ripeterlo in questo tempo fortemente segnato
dall’irrazionalità, anche in
ambito religioso. E uscito un
libro, or non è molto, intitolato «La rivincita di Dio ». In
realtà potrebbe essere intitolato «La rivincita deU’irrazionale».
La Riforma fu anche questo: l’invito a superare una
visione magica, incantata, irrazionale del mondo, e in
questo senso fu un appello
all’intelligenza, s’intende
all’intelligenza critica, cioè
all’intelligenza della fede, ma
appunto a capire, perché soltanto se si capisce si ama;
non solo, ma soltanto se si
capisce si cresce, si diventa
adulti, si diventa autonomi;
b) la seconda osservazione è
questa: la felicità di capire.
Non c’è nulla di più bello che
capire perché, a dire il vero,
in questo mondo nulla è chiaro e c’è tutto da capire. La
verità è nascosta e anche Dio
10 è. Ma anche noi siamo nascosti a noi stessi, c’è come
un velo su tutto, anche sul
nostro cuore; la Parola spiegata toglie questo velo, la
spiegazione diventa rivelazione, nel senso di disvelamento.
11 velo viene tolto, la verità
nascosta viene alla luce, la
spiegazione è una luce che illumina le cose, tutto comin
cia a diventare chiaro: chi sono io, chi sei tu, chi è Dio,
cos’è la vita, il mondo, il
prossimo, lo straniero. Comincio a capire, miracolo dei
miracoli, beata esperienza,
forse la più bella che possiamo fare in questa vita.
3) e allora comprendiamo la
conclusione di questo racconto: «Il popolo se n’andò a fare gran festa, perché avevano
intese le parole che erano
state loro spiegate » (v. 12).
Gioia del capire,
gioia del fare
La parola di Dio letta e
spiegata produce una
gran luce e una grande luce
produce una grande gioia: la
gioia di capire, di sapere, di
conoscere. Se nei nostri culti
c’è poca gioia è perché la parola di Dio non è spiegata bene e quindi non è capita bene.
Ci sono, anche nei sermoni,
tante «spiegazioni» che anziché chiarire confondono. Dopo la «spiegazione», se ne sa
meno di prima. La Riforma è
stata, oltre tutto, anche una
grande festa perché la gente
capiva. Chiediamo a Dio lo
Spirito Santo che aiuti i pastori a spiegare in modo che
la gente capisca.
Ma c’è un’altra gioia con la
quale desidero concludere,
che non è nel nostro testo ma
è in molti altri testi della Bibbia e specialmente in una parola di Gesù, là dove dice,
dopo aver anche lui spiegato
e fatto capire il senso della lavanda dei piedi: «Se sapete
queste cose, siete beati se le
fate ». Non solo se le sapete.
Ecco la diaconia: beatitudine
del fare, la gioia non solo di
capire ma di fare.
Ecco allora la nostra conclusione, il nostro amen: come comunità evangeliche fiorentine, celebriamo la memoria della Riforma nel segno
della gioia per la parola di
Dio di nuovo al centro, letta,
spiegata e capita; la gioia del
comprendere. E inauguriamo
il Centro di formazione diaconale nel segno della gioia
dell’opera, frutto di quella
Parola, nel segno della gioia
del fare. Siete beati, se capite,
e siete doppiamente beati se,
avendo capito, fate.
7
Spedizione in abb. post. Gr 11 A/70
In caso di mancato recapito rispedire .a;
CASELLA POSTALE 10066
torre PELUCE
Fondato nel 1848
E Eco Delle Yaui moESi
venerdì 9 LUGUO 1993
ANNO 129 - N. 27
URE 1200
il
'intervista a Lucio Malan, funzionario politico della Lega Nord
La Lega vìncerà e arriverà presto a Roma
_______FEDERICA TOURN_______
Nelle ultime elezioni amministrative, la Lega ha
ottenuto un significativo successo in tutto il Nord Italia, se
si eccettua il particolare caso
di Torino e Belluno. È un traguardo, o piuttosto l’inizio
del cammino di frotte di leghisti che, a sentir loro, «arriveranno a Roma»? Lo chiediamo a Lucio Malan, funzionario a metà tempo della Lega a Torino.
«Sicuramente il successo
leghista durerà ancora nel
corso di tutta la prossima tornata elettorale per il rinnovamento dei Consigli comunali. A Varese e a Monza, dove già sono al potere dei sindaci leghisti, il consenso della popolazione è ancora cresciuto, a testimonianza
dell’ effettivo servizio che la
Lega svolge in queste città.
Dalla nostra parte abbiamo
in più il fatto che i partiti tradizionali sono ormai screditati e le altre formazioni nuove
non sembrano per ora in grado di contrastare la forza della Lega al Nord».
- Al Centro-Sud, invece, la
situazione è diversa: quali sono i programmi della Lega
per la parte bassa della penisola?
«Nel Meridione si è comunque verificato un rinnovamento con la vittoria di forze
nuove rispetto ai vecchi partiti: adesso si tratta di verificare se queste hanno davvero
una capacità innovativa Certamente il fatto che la Lega
sia così forte al Nord può intimorire gli elettori meridionali, che possono pensare che
la Lega difenda gli interessi
del Settentrione a scapito loro; si tratta invece di cambiare la politica assistenzialista
che per cinquant’ anni ha afflitto il Meridione».
- La Lega, al Nord, ha assemblato nelle sue file le forze più disparate, dall’operaio
all’imprenditore. Come sono
conciliabili queste diverse
tendenze al l’interno di un solo movimento?
«La Lega è riuscita a far
capire alle diverse categorie
sociali che i fini in fondo sono gli stessi: ciò che conta è
che le tasse non vadano più
perdute in tangenti. Certo,
c’ è il pericolo di democristianizzarsi, di tenere il piede in
molte scarpe: credo però che
le riforme elettorali consentano oggi un confronto diretto con i cittadini, cosa che
non permetterà alla Lega di
difendere un interesse privilegiato fìngendo di accontentare tutti come faceva la De.
Col tempo sarà inoltre normale che all'interno della Lega emergano delle differenze
tra chi è più orientato a sinistra e chi è più conservatore,
quindi è possibile che il movimento si scinda in due correnti, o che prenda una piega
marcatamente progressista o
piuttosto moderata, sullo stile
dei partiti americani».
- Quanto conta nella Lega
il pensiero di persone «carismatiche» come Bossi o Miglio? E quanto è importante
per voi la figura del capo?
«Se si vuole parlare di capo, è un ruolo che spetta
senz’altro a Bossi, in quanto
Giovani militanti della Lega Nord
è riconosciuto da tutti come il
più adatto a ricoprire la carica di segretario federale. Miglio è uno studioso, l’unico
caso di indipendente eletto
nelle liste della Lega e le sue
riflessioni, a volte peggio che
originali, non vanno prese alla lettera in un contesto di dibattito politico».
- L’entusiasmo nei confronti della Lega si coglie
facilmente anche a livello locale: a Pomaretto è sorta una
sede della Lega che ha una
settantina di iscritti. D’altro
canto è preoccupante il comportamento di prevaricazione
verbale che i leghisti spesso
tengono in pubblico, come
nel caso della vittoria di Formentini a Milano, dove giovani militanti non hanno lasciato parlare un ragazzo della Rete.
«Ho visto anch’io in televisione questo episodio fastidioso... ma è appunto solo un
episodio».
- Ma anche Bossi, in alcuni
contraddittori pubblici, ha fatto la sua parte...
«Perché lui ha questo suo
linguaggio forte... in realtà
credo che il leghista sia per
la libertà di espressione».
- Parlando della situazione
locale, a Luserna San Giovanni i due esponenti della
Lega non hanno fatto molta
opposizione. Si dice che, in
caso di elezioni, la Lega
avrebbe la maggioranza e lei
diventerebbe il nuovo sindaco...
«Luserna è lo specchio del
vecchio modo di governare:
litigi, rimpasti, poca chiarezza nei confronti dei cittadini.
A Luserna non si va alle elezioni perché le attuali forze di
maggioranza sanno che andrebbero sicuramente incontro a una sconfitta. A maggior ragione non posso dire
nulla sulla mia candidatura a
sindaco, visto che per almeno
due anni ancora non se ne
parla».
- Su che cosa occorrerebbe
puntare, secondo voi, per un
rilancio del Pinerolese?
«Sull’occupazione le amministrazioni comunali possono
fare ben poco. Si possono
sveltire le pratiche e ci si può
battere per una migliore viabilità, in modo da evitare in
futuro orrori come la circonvallazione di Bricherasio, di
ventata la via-negozio del Pinerolese. Si può inoltre incentivare il turismo diminuendo le imposte agli alberghi, e puntare sulle strutture
assistenziali e ospedaliere,
grande risorsa della nostra
valle».
- Qual è il suo parere sulla
nuova ripartizione della sanità in Piemonte e sulla proposta di grande Ussl?
«Le Ussl sono di fatto strumenti di lottizzazione e quindi
noi ne siamo per il ridimensionamento o addirittura
ieliminazione; fondamentale
è invece che i servizi rimangano. Poi, che a Torre Pellice non ci sia più un presidente dell’Ussl o un coordinatore
generale medico che per arretrato di indennità si è preso
in un anno 100 milioni, non
può che soddisfarmi [si tratta
però di una quota di stipendio
antecedente, riconosciuta con
sentenza del tribunale e quindi dovuta, ndr]. L’assistenza
deve essere data a chi ne ha
veramente bisogno».
- Molti leghisti alle Valli
sono valdesi; esiste un rapporto con la Chiesa valdese?
«La Lega è molto attenta a
evitare tentazioni confessionali. D’altra parte il federalismo ha molti punti in comune
con la struttura democratica
della Chiesa valdese: da più
parti ho sentito dire che il
protestantesimo è complementare al federalismo. Basta
pensare alla terminologia
“Federazione delle chiese
evangeliche"..».
Un incontro svoltosi in Regione
Quale Ussl in futuro
per Pìnerolo e valli?
Si è svolto mercoledì scorso
in Regione il previsto incontro
fra assessorato alla Sanità e
rappresentanti dei Comuni e
delle Ussl della provincia di
Torino; tema del confronto i
progetti di riassetto regionale
della sanità. Com’è noto la
proposta regionale prevederebbe per la nostra zona un’unica
Ussl comprendente le Valli, Pinerolo e Orbassano.
«Abbiamo ribadito la nostra
posizione - dice il presidente
della Comunità montana valli
Chisone e Germanasca, Erminio Ribet - e cioè l’opportunità di mantenere la coincidenza territoriale fra Ussl e Comunità montana. Del resto lo
stesso assessore regionale.
Bianca Vetrino, ci ha confermato la volontà di non mettere
in forse le cose che funzionano». Sostanzialmente analoga
la posizione espressa dagli amministratori della vai Pellice
presenti al gran completo, dal
presidente della Comunità
montana. Cotta Morandini, a
numerosi sindaci: Ussl coinci
dente territorialmente con la
Comunità montana con una
possibile variante però, quella
della Ussl «Alpina». Una Ussl
che comprenda aree «omogenee» quali le valli Pellice, Chisone e Germanasca e vai Susa,
senza un centro geografico definito ma con problematiche e
soluzioni comuni.
Fra i sindaci chiamati ad avere un ruolo dalla riforma sanitaria non era presente Storero
mentre Badariotti critica la disponibilità del suo collega di
partito Trombotto, che vede bene una Ussl unica a livello di
Pinerolese. Interessato a una
Ussl per le Valli il presidente
degli ospedali di Torre e Pomaretto, Giovanni Ghelli, intervenuto alla riunione in Regione e
forte di un parere dei nostri enti
ospedalieri espresso alcune
settimane fa e contrario all’allontanamento dei servizi dalle
Valli. L’assessore Vetrino ha
sentito e registrato i pareri; se
dall’Ussl con Orbassano si passerà ad una unica per il Pinerolese sarà un piccolo successo.
IL TORINO IN VAL PELLICE?
TURISMO E
GRANDE CALCIO
PIERVALDO ROSTAN
In vai Pellice sembra, in piccolo, di essere tornati ai tempi
che precedettero i «mondiali» di calcio in Italia; allora si
fece un gran parlare della possibilità che la nazionale brasiliana scegliesse Torre Pellice e l’hôtel Gilly come base per
il suo ritiro. A quell’epoca non se ne fece nulla, ma nel tentativo di accaparrarsi la titolata «seleçao» albergatori e operatori turistici si mobilitarono alla ricerca di contributi; si
trattava di pagare il soggiorno e forse qualcosa in più ad
una delle squadra più famose del mondo.
Ora sembra proprio che il Torino Calcio, del presidente
pinerolese Goveani, intenda trascorrere in vai Pellice una
settimana nella prima metà di agosto; i granata torneranno
in valle all’inizio di settembre per giocare un incontro amichevole e poi chissà, potrebbero anche scegliere la zona per
i ritiri prepartita in occasione degli incontri casalinghi del
prossimo campionato. Per il soggiorno di agosto esiste comunque un impegno scritto, per il resto si vedrà...
Certamente l’arrivo in valle di una titolata squadra di calcio potrebbe produrre un incremento di visitatori, per lo
meno nel periodo di presenza dei giocatori. E per una zona
che vorrebbe rilanciare una sua vocazione turistica, un’opportunità di questo genere è senz’altro da prendere sul serio; oltretutto si tratterebbe di «aprire» su un fronte relativamente nuovo, diverso da quello tradizionale storico-culturale o semplicemente dell’aria buona e della tranquillità.
L’accordo che porterà il Torino Calcio in vai Pellice prevede che i granata siano ospitati al Gilly, abbiano a disposizione il campo di calcio di Luserna e gli impianti sportivi di
quel Comune, oltre a docce e servizi. Tutto sarà curato dalla
società di calcio lusemese che dovrà anche accollarsi le
spese.
C’è qualcosa che non convince? Non si tratta di fare falsi
moralismi. Il mondo del calcio è ben strano. Girano miliardi
come noccioline, interessi da far paura; ma il calcio è business e nessuno vuole tirarsi indietro. Altrove, ci dicono, per
avere una squadra di un certo livello vengono offerti sog
giorni per varie settimane.
Resta comunque, mi pare, la contraddizione fra un tentativo di «moralizzare» o ridimensionare determinate cifre
(discorso che lo stesso presidente del Torino porta avanti
coraggiosamente) e il «dover» offrire ad una società che ha
comunque bilanci con tanti zeri anche ristorante, camera da
letto e tre pulmini per gli spostamenti...
á
Palaghiaccio di Torre Pellice
Ancora 800 milioni
Altri 800 milioni per il Palaghiaccio di Torre Pellice:
questo Tatto più significativo
emerso dall’ultimo Consiglio
della Comunità montana vai
Pellice. Il Consiglio ha
alTunanimità deciso di chiedere al Credito sportivo un ulteriore mutuo per il rifacimento delle tribune e la chiusura laterale dell’impianto di
via Filatoio. Completata in
questi giorni la copertura e in
vista della riapertura Ting.
Martinelli, nella sua relazione, evidenzia come le vecchie
tribune non sarebbero agibili
per il pubblico e che pertanto
si debba andare a un rifacimento con i sottostanti spogliatoi.
È opportuno ricordare che,
al di là delle decisioni del
Consiglio, vi sono negli ambienti sportivi dubbi sulla necessità di questo intervento. 1
consiglieri, assicurati sul fatto
che nessun costo verrà a cadere sulla Comunità, hanno comunque deliberato; il sindaco
di Bobbio ha chiesto alla
giunta di fornire in futuro un
quadro dettagliato delle spese
sostenute e di quelle che si
prevede ancora di dover affrontare per la pista di patti
naggio, nonché delle possibili
spese di gestione ordinaria e
straordinaria. E stato questo
l’unico momento di dibattito
nel Consiglio, per il resto trascorso abbastanza tranquillamente con il conto consuntivo, l’eliminazione dei residui
attivi ed alcune modifiche al
regolamento per i concorsi.
Qualche polemica c’era stata in apertura quando il capogruppo De, Bonansea, aveva chiesto alla presidenza
chiarimenti circa il coinvolgimento del sindaco di Luserna,
Badariotti, nella decisione di
sostituire l’assessore Canale
decaduto, in quanto dimissionario dalla carica di consigliere di Luserna, con l’esponente
Pds Pron. «Comunicai al sindaco l’intenzione di sostituire
Canale con Pron - ha detto
Cotta Morandini - visto che
da Luserna, passati i termini
dei 45 giorni, non arrivava alcuna indicazione; Badariotti
disse che Cecilia Pron era una
persona valida e che prendeva
atto della scelta della maggioranza della Comunità montana»; forse con qualche rammarico per non aver potuto riprendere il discorso di una
giunta unitaria in vai Pellice.
8
PAG. Il
E Eco Delle \àlli Vai.orsi'
VENERDÌ 9 LUGLIO IQQ-^
INCONTRO SUGLI STAMBECCHI — Giovedì 15 luglio si
terrà a Bobbio Pellice un incontro per fare il punto sull’attuazione del progetto di immissione di stambecchi nell’oasi del
Barant. L’iniziativa è partita nel 1978 ed ha vissuto nella primavera scorsa un altro momento importante per garantire alla colonia presente in alta valle una sufficiente consistenza.
Hanno collaborato al progetto associazioni, volontari, assessorato alla Caccia e Pesca della Provincia di Torino e Parco
del Gran Paradiso, dove sono stati prelevati i capi. La giornata vedrà un primo momento di incontro nella sala consigliare
di Bobbio, al mattino alla presenza dell’assessore provinciale
Besso Corderò, a cui farà seguito una visita all’oasi e la presentazione di un filmato sulla presenza dello stambecco in
vai Pellice al rifugio Barbara, dove verrà anche offerto un
rinfresco.
CORSI DELLE 150 ORE — Presso la scuola media statale
«Edmondo De Amicis» di Lusema San Giovanni e il distretto scolastico n. 43 sono aperte le iscrizioni ai corsi sperimentali di 150 ore per lavoratori. Il corso, completamente gratuito, consente in un anno scolastico di conseguire il diploma di
licenza media. L’iscrizione è aperta a tutti coloro che non sono ancora in possesso del diploma di licenza media e che
compiano entro il 31 dicembre l’età minima di 16 anni. Vengono studiate quattro materie: italiano, storia e geografia, lingua straniera e matematica.
SCIOPERO EDICOLANTI — Ha avuto successo la giornata
di sciopero indetta dagli edicolanti la scorsa settimana.
L’adesione nel Pinerolese è stata massiccia; nei paesi è stato
presente per la mattinata un venditore ambulante con le principali testate. «Siamo particolarmente preoccupati - dicono
gli edicolanti - per la proposta di estendere la vendita di alcuni giornali anche presso i supermercati o altri centri di
vendita. In questo modo si mortifica la qualità del servizio;
noi abbiamo centinaia di testate con tutti gli oneri che ciò
comporta mentre i nuovi punti di vendita finirebbero per avere solo i giornali più diffusi, sottraendoci parti significative
di utili». Nelle aree periferiche come le nostre il ruolo
dell’edicolante ha comunque ancora una certa validità socializzante come punto di incontro e di circolazione di notizie.
I BAMBINI E L’AMBIENTE MONTANO — Per la quarta
volta la Comunità montana valli Chisone e Germanasca, la
Provincia di Torino e il gruppo delle guardie ecologiche volontarie della valle organizzano un corso di educazione ambientale per ragazzi dai 7 ai 14 anni articolato in quattro settimane in diverse località. Iscrizioni (la prima settimana si
svolge a Perrero dal 12 al 16 luglio) pres.so la Pro Loco.
CRISI A LUSERNA: SOLUZIONE IN VISTA? — Potrebbe
esserci giovedì sera la svolta, dopo mesi di crisi, al Comune
di Lusema; alle 21 è convocato il Consiglio e fra i punti in
esame c’è la nomina del nuovo assessore e la sostituzione di
un rappresentante in seno al Consiglio della Comunità montana. «Non sono disposto ad aspettare di più; - ha detto il
sindaco, Badariotti - come De abbiamo tentato varie vie senza arrivare, fin qui (lunedì 5, ndr) a una soluzione certa. Comunque a questo punto ognuno si assumerà le proprie re■sponsabilità pubblicamente». Il Consiglio dovrà anche affrontare il disavanzo di amministrazione del ’92 e rivedere il
bilancio dell’anno in corso.
^ibeìlle
Assicurazioni
Arnaldo Prochet
AGENTE GENERALE DI TORRE PELLICE
via Repubblica 14 - tei. 0121/91820
Intervista alla presidente deH'Anffas per il Pinerolese
Vita quotidiana con l'handicap:
che succede con la nuova legge?
______PIEBVALDO ROSTAN_______
Dall’inizio dell’anno le
competenze nei settori
dell’handicap e dei minori
sono passate dalla Provincia
ai Comuni; lo ha deciso una
legge che, si è temuto a lungo, avrebbe potuto comportare difficoltà e problemi a causa della carenza di risorse
economiche e umane degli
enti locali. Proviamo a fare il
punto della situazione con la
professoressa Mirella Antonione, presidente dell’Anffas
(Associazione nazionale famiglie fanciulli e adulti subnormali) Pinerolo e valli.
- Qual è la situazione oggi
con la nuova legge, e quali
contraddizioni ha portato?
«Innanzitutto il calo delle
prestazioni, che si è notato
soprattutto nella Ussl 44, anche se non nel modo grave
che temevamo. Una difficoltà
dovuta anche al ritardo con
cui i pagamenti arrivano dalla Provincia. La qualità del
servizio è leggermente inferiore rispetto a prima,
soprattutto nel Centro diurno
di Pinerolo, dove non ci sono
fondi sufficienti per l’acquisto di materiali o per alcune
attività qualificanti che prima venivano svolte. Tuttavia
il coordinatore socio-assistenziale ha ribadito la sua
volontà di mantenere o addirittura accrescere la qualità
dei servizi esistenti razionalizzando le spese».
- Quali sono i centri diurni
finora disponibili a Pinerolo e
nelle Valli?
«A Torre Pellice c’è il
Centro “Ciao”, che accoglie
una quindicina di ragazzi disabili dove, a differenza degli altri Centri, non esiste la
mensa e non c’è il tempo pieno per tutti gli utenti. Un altro Centro diurno, di cui i
genitori sono abbastanza
soddisfatti, si trova a Perosa
Argentina. A Pinerolo è
aperto il più ampio di questi
Centri, che ospita circa 35
ragazzi mentre molti sono
Un gruppo di ragazzi ospiti dell’Uiiveto
ancora in lista d’attesa. Inoltre c’è un Centro socio-formativo che doveva essere di
formazione professionale,
quindi rivolto a disabili in
grado di intraprendere
un’attività lavorativa: comprende una quindicina di ragazzi ed è gestito da una
cooperativa. Proprio su questo Centro parecchi genitori
hanno avuto da ridire e
quindi noi dell’Anffas avremo presto un chiarimento
con i gestori».
- A Lusema San Giovanni
abbiamo l’Uliveto, un centro
rivolto ai casi più gravi, di
persone che difficilmente riescono a socializzare; ma se
non tutti possono accedere ai
centri diurni oppure all’Uliveto, quali soluzioni si presentano?
«Purtroppo i casi che non
hanno trovato sistemazione
in strutture assistenziali sono
a carico della famiglia.
L’Uliveto comunque non è
adatto a tutte le esigenze, per
esempio per gli adulti orfani,
che non hanno né sul nostro
territorio né nell’ Ussl 42 una
Comunità alloggio per loro;
ne esiste solo una, già al
completo, a Pinerolo. Per
ora non abbiamo la possibilità di mantenere dei Centri
con dei volontari per la mancanza di fondi: non ci diamo
Consiglio comunale di Torre Pellice
Protesta contro l'And
Dal Consiglio comunale di
Torre Pellice viene un monito
e un invito ad organismi quali
Uncem e Anci (i cosiddetti
sindacati dei Comuni) per un
maggiore impegno a tutela
delle istanze dei piccoli enti
montani. Lo stato continua nel
taglio delle risorse, nel taglio
dei servizi sul territorio, e i
Comuni non si sentono abbastanza tutelati. Così è accaduto, che qualche mese fa, Prarostino non abbia rinnovato
l’adesione all’Anci, e ora il
Consiglio comunale «richiama
all’ordine» i propri organismi
rappresentanti. Nel tentativo
di lanciare un fronte comune
fra i piccoli Comuni montani
il Consiglio comunale ha inoltre deciso di inviare questo ordine del giorno anche agli altri
Comuni della valle affinché lo
facciano proprio.
A parte questo sussulto a
tutela della propria autonomia il Consiglio si è svolto
senza intoppi, con l’approvazione del conto consuntivo e
l’avanzo di amministrazione
(189 milioni, utilizzati per
rimpinguare alcuni settori co
me la viabilità, la cultura,
l’arredo urbano).
Col voto unanime di tutti i
consiglieri è stato poi deciso
di aggiornare l’indennità di
carica al sindaco che in pratica, secondo le indicazioni di
nuovi leggi al riguardo, raddoppierà; del resto, è stato
detto, ormai l’impegno richiesto al primo cittadino è a
livelli tali che si dovrebbe
quasi richiedere il «tempo
pieno».
Anche per i consiglieri ci
sarà un adeguamento, nella
misura del 50%, arrivando
così a una cifra di poco superiore alle 20 mila lire; lo
stesso gettone di presenza
verrà corrisposto agli assessori per ogni loro partecipazione alle sedute di giunta; su
questo punto i consiglieri della Lega Nord si sono astenuti.
Per la maggioranza Rivoira
ha ricordato che, almeno per
gli assessori, la frequenza
delle riunioni e degli impegni
ha assunto, rispetto a un passato nemmeno troppo lontano, una cadenza di notevole
frequenza.
comunque per vinti, perché
oltre alla possibilità di alleviare le famiglie c’è anche il
rischio che i ragazzi, non socializzando, regrediscano».
- Come avviene l’inserimento di questi ragazzi nella
scuola?
«Sia nella scuola materna
sia in quella dell’obbligo c’è
una presenza significativa di
disabili, soprattutto di quelli
cognitivi; nonostante i tagli
ai fondi disponibili effettuati
dal Provveditorati), l’assistenza a questi ragazzi è
abbastanza soddisfacente.
Qualche problema si ha nelle
superiori, dove non si può
ancora parlare di integrazione, se mai di inserimento, anche perché la scuola superiore non è ancora preparata,
né pedagogicamente né
psicologicamente, ad accettare i disabili dell’area cognitivo-relazionale».
Fin qui alcuni problemi
specifici, ma il mondo dell’handicap attende altre risposte: ad esempio sulla questione, solo parzialmente risolta, delle barriere architettoniche. Nei giorni scorsi,
una delegazione dell’Anffas
ha incontrato il presidente
Scalfaro per riproporre a livello nazionale le problematiche e i diritti dei portatori di
handicap.
Ferrerò
215 milioni
di avanzo
Il Consiglio comunale di
Perrero, nella seduta del 29
giugno, ha esaminato e approvato il conto consuntivo
dell’esercizio ’92 che, tra riscossioni e pagamenti, si avvicina al miliardo e mezzo.
L’amministrazione si è trovata
a disporre di un avanzo di 215
milioni circa, piuttosto rilevante per le casse del Comune, e ha deciso l’acquisto di
una pala gommata da 80 milioni utilizzabile per lavori
estivi e in inverno per lo
sgombero della neve, soprattutto all’intemo delle borgate.
Per migliorare la viabilità si
è fatto ricorso all’assunzione
di due mutui di 50 milioni ciascuno per l’asfaltatura di numerose strade. Per altri lavori
è previsto ancora l’utilizzo del
fondo di amministrazione.
In ultimo, il Consiglio si è
detto contrario alla legge che
aumenta il carico di cacciatori
sul territorio con la conseguenza non gradita di sterminare quel po’ di selvaggina
che ancora si trova nella zona.
Angrogna
Un alpeggio
all'alpe Sella
L’avanzo di amministrazione e il conto consuntivo per
l’esercizio 1992 erano fra i
punti in esame del Consiglio
comunale di Angrogna.
Non essendo chiara la situazione delle entrate dallo
stato, con la proposta di decurtare del 5% questo provento, il Consiglio non se l’è
sentita di destinare fin d’ora i
52 milioni dell’avanzo, in attesa di verificare se le proteste degli enti locali avranno
un riscontro.
«E un avanzo abbastanza
alto - ha detto il sindaco,
Franca Coìsson - tuttavia sapremo certamente come impiegarlo; i settori in cui necessitano interventi sono
molteplici».
Di un certo interesse la proposta di costruzione di un
fabbricato per il bestiame
all’alpeggio dell’alpe Sella.
Si tratta di una struttura comunale su cui negli ultimi anni sono stati effettuati importanti lavori di miglioramento;
è stata collocata una delle
centraline idroelettriche che
la Comunità montana ha posto in molti alpeggi in alta
quota; in questo modo è garantita la fornitura di energia
elettrica e di acqua potabile.
La pista costruita dal Comune
consente l’accesso alla zona
con mezzi agricoli.
Nella presente stagione saliranno all’alpeggio, che
comprende anche i pascoli
della Sella Vecchia, una cinquantina di bovini e oltre 600
ovini; uno degli alpigiani potrà ora costruire un nuovo ricovero per il bestiame con
l’impegno a che questa struttura venga riservata, anche in
futuro, ad uso agricolo.
Ma il Comune di Angrogna
aveva vissuto momenti di
particolare interesse anche
pochi giorni prima, in occasione dell’arrivo in valle del
treno turistico. Oltre 100 visitatori sono saliti a San Lorenzo e fra essi anche un ospite
d’eccezione, l’assessore regionale al Turismo, Daniele
Cantore, che era stato coinvolto nell’iniziativa finanziandola. Così l’assessore
ha potuto verificare la validità della giornata promettendo sostegno anche a future
analoghe iniziative. «Sarà opportuno - ha detto il sindaco
- attrezzarci ancora meglio
per accogliere gli ospiti e per
soddisfare le loro richieste
che sono state anzitutto volte
ad una conoscenza della storia valdese e delle Valli in genere. Fra i visitatori ve n’erano anche provenienti da assai
lontano, uno addirittura da
Roma. Per molti dei turisti,
guidati dall’infaticabile Ethel
Bonnet, si è trattato di una
vera e propria scoperta di un
piccolo mondo sconosciuto».
Torre Pellice
Edilizia
sovvenzionata
E stato pubblicato il bando
di gara per lavori di recupero
al patrimonio edilizio esistente in località Filatoio.
L’importo dei lavori supera i
due miliardi e mezzo e permetterà di mettere a nuovo
una delle strutture più fatiscenti fra il patrimonio irnmobiliare del Comune. Il finanziamento è stato concesso
dalla Regione nel quadro di
una legge sull’edilizia pubblica sovvenzionata.
9
v/FNERDÌ 9 LUGLIO 1993
E Eco Delle Yalu ¥\.ldiesi
PAG. Ili
La vita del comune viene alla luce tramite le sue carte
Torre Pellice: alla scoperta
delParchivIo storico
CABMELINA MAUBI2IO
E
giunto ormai a termine il
__lavoro di riordino dell’archivio storico del Comune di
Torre Pellice, inizialo circa un
anno fa dall’archivista Daniela Fantino, in seguito a un
progetto regionale di riassetto
degli archivi comunali di tutto
il Piemonte, che prevede tra
l’altro la creazione di una
banca dati contenente informazioni su tutti gli archivi comunali piemontesi. Per quanto riguarda la vai Pellice in
particolare, oltre al lavoro appena terminato a Torre Pellice, sono già stati completati il
censimento e il riordino degli
archivi di Luserna San Giovanni, di Bobbio Pellice e
Villar, di Rorà, mentre restano ancora scoperti Lusemetta
e Bricherasio; ad agosto partirà il riordino dell’archivio
comunale di Angrogna.
Al di là dei dati tecnici e
numerici, cosa può rivelare di
interessante ai cittadini un archivio comunale finalmente
in ordine e più facilmente
consultabile? «Le cose interessanti, le sorprese, oltre alle tantissime curiosità, sono
molteplici - spiega Daniela
Fantino - e le informazioni
che se ne ricavano possono
offrire diversi spunti per la
ricerca e V approfondimento
della conoscenza del proprio
paese e del territorio sotto
vari punti di vista».
Per quanto riguarda in maniera specifica il lavoro condotto sull’archivio comunale
di Torre Pellice, i documenti
più antichi risalgono al 1600
come quelli, per esempio, che
parlano delle gravi conseguenze scaturite dalle tante
inondazioni dovute allo straripamento del torrente Pellice e
delle misure anche fiscali che
furono adottate all’epoca. In
maggioranza, tuttavia, le tante
testimonianze riguardanti
l’anagrafe, l’amministrazione,
l’edilizia e Tagricoltura risalgono al secolo scorso e agli
inizi del ’900.
«La lettura dei dati - dice
Daniela Fantino - apre molte
finestre sul passato di Torre
Pellice. Così, oltre a cose as
Una veduta d’epoca del centro del paese
sai curiose e forse impensabili, ci sono informazioni importanti per capire qual era la
composizione sociale del paese, com’era in generale la
qualità della vita, la natalità e
la mortalità, la scolarità e così
via».
Tra i settori dell’archivio
torrese più ricchi di testimonianze ci sono quello della
sanità, con numerosi decreti riguardanti per esempio le vaccinazioni, la profilassi seguita
durante un’epidemia di colera
nel 1817 e si scopre tra l’altro
che nell’elenco dei medici e
dei chirurghi riconosciuti tali
agli inizi del 1800 c’erano anche i rivenditori di zucchero e
alcuni generi alimentari. È interessante poi, come ha rivelato l’archivista Fantino, scoprire come attraverso il censimento dei mulini ad acqua
emerge la lenta ma progressiva industrializzazione della vai
Pellice.Assai varia è la parte
dell’ urbanistica e l’espansione
del paese, e tra gli altri ci sono
documenti interessanti riguardanti la sistemazione del cimitero valdese, che si trovava
nell’odiema piazza Muston, e i
vari progetti di edilizia scolastica che sin dal 1914 prevedevano la costruzione di varie
scuole. Per offrire a tutti la
possibilità di dare concretamente uno sguardo all’archivio storico del Comune sarà
tra breve allestita una mostra
che illustrerà gli aspetti più significativi dell’intero lavoro di
riassetto. «I cittadini torresi dice ancora Daniela Fantino oltre a scoprire, per esempio,
che nel 1925 fu fatto un censimento dei pianoforti e ne risultarono presenti sul territorio comunale ben 90, avranno
l’occasione di sapere che Torre Pellice era già frequentata
da turisti più di cento anni fa,
apprendere come era regolata
la vita agricola dei loro antenati, o ancora cosa accadde
durante il terribile terremoto
del 1808».
Giornata di festa al Pra
L'antico mestiere
del gestore di rifugio
torre PELLICE: mercoledì 14 luglio, alle 20,30, nei locali della Comunità alloggio di
via Angrogna agli Appiotti si
terrà uno studio biblico sull’Epistola ai Romani a cura del pastore Marchetti.
ANGROGNA: venerdì 16 luglio alle 21, presso il monumento di Chanforan in vai d’Angrogna, il pastore Giorgio Tourn
terrà una conferenza sul tema II
sinodo di Chanforan, fine del
valdismo?
torre PELLICE: domenica 18 luglio, alle 17,30, nel tempio valdese il pastore Marchetti
guiderà un incontro sul tema I
protestanti e le apparizioni di
Maria.
bobbio PELLICE: «De
1 unità au temoignage» è il tema
del prossimo incontro al Colle
nella Croce di domenica 18 luglio. Alle 10,30 si terrà il culto
con l’animazione del gmppo giovani francesi e la celebrazione
della Cena del Signore. Durante
tl pomeriggio ci saranno messaggi e interventi dei pastori Masel e
Toum.
Ci sono nelle valli alpine
delle figure che gli amanti
della montagna imparano ad
apprezzare e conoscere di gita
in gita: sono i gestori dei Rifugi alpini, persone e talvolta
personaggi quasi «mitici»,
profondi conoscitori di una
zona e dei suoi segreti.
Vuoi sapere dove trovare i
camosci a una certa ora del
giorno oppure raggiungere facilmente alcune piantine di
genepì? La risposta più affidabile non può che arrivare
dal gestore del Rifugio; lo
stesso cha si rifiuterà sempre
di rivelarti il segreto della
produzione dello spumante
alpino, bevanda semplice
quanto «misteriosa», a base
di erbe di montagna.
Sabato 10 luglio, presso il
Rifugio Jervis nella conca del
Pra, il Comune di Bobbio e il
Cai Uget Valpellice consegneranno un piccolo riconoscimento ai gestori dei rifugi
negli anni a cavallo della seconda guerra mondiale. Tale
iniziativa è stata propugnata
da un gruppo di alpinisti ed
escursionisti che hanno avuto
modo in quegli anni di apprezzare l’umanità e la professionalità dei gestori.
In quegli anni, ormai lontani, l’attività dei Rifugi era per
molti versi diversa dall’attuale; essi avevano soprattutto il
compito di essere punto di ri
ferimento, in qualunque stagione, per gli alpinisti che vi
cercavano ricovero e ristoro,
ma anche di fornire una presenza umana che fosse di
conforto, di consiglio o anche
solo di compagnia.
Ieri il Jervis, il Granerò, il
Barbara avevano come primo
simbolo il gestore custode; figura tipica di appassionato
della montagna, abituato ai
lunghi momenti di solitudine
in attesa dell’arrivo dei singoli o delle comitive, e nei momenti di tranquillità avevano
ampiamente modo di osservare la natura, che diventa quasi
parte di loro stessi. Altrettanto importante era la sua compagna che divideva con lui
' quel piccolo mondo arcano.
«Oggi molti non sono più
fra noi - dice il sindaco di
Bobbio, Aldo Charbonnier gioia e dolore di generazioni
di alpinisti, ci hanno lasciato
per sempre ma tuttora, seppure con qualche anno in più e
qualche acciacco, sono con
noi le compagne di alcuni di
loro: per un giorno quindi ci
auguriamo di averle con noi
al Pra, fiduciosi che molti di
quelli che hanno apprezzato il
loro lavoro vorranno essere
presenti. L’appuntamento è
per la tarda mattinata di sabato 10 al Jervis; chi vorrà potrà, a sue spese, consumare
con noi il pranzo».
RTI
Venerdì 9 luglio — TORRE
PELLICE: alle 21, nel tempio
valdese, si tiene un concerto di
ottoni dei Trombettieri del Baden.
Sabato 10 luglio — MANIGLIA: alle 21, nel tempio della
Baissa, si tiene il concerto del
quartetto vocale Nugae.
Sabato 10 luglio — SAN SECONDO: dalle 17 alle 24, alla
Fontana ferrugginosa si tiene una
serata musicale con la partecipazione di gruppi giovanili tra
cui i Cracsi Acidi, Jazz Trio,
Pigs Killer e altri. Cucina tipica e
stima del maiale sono assicurate
dall’associazione organizzatrice,
il collettivo Zeroazero.
Sabato 10 luglio — SAN
GERMANO: in occasione della
serie di concerti di solidarietà per
l’istituto Uliveto di Lusema San
Giovanni, presso il tempio valdese, alle. 20,45 si tiene un concerto dell’organista lecchese
Luciano Zecca che presenta un
repertorio che spazia da Buxtehude a Reger.
Domenica 11 luglio — LUSERNA SAN GIOVANNI:
sempre in occasione dei concerti
di solidarietà per l’istituto Uliveto, presso il tempio valdese alle
20,45, l’organista lecchese Luciano Zecca tiene un concerto
con un repertorio che comprende
Buxtehude e Reger.
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma
per venerdì 9 luglio alle 20,30
Biancaneve e i sette nani; sabato e domenica alle 20 e 22,10 e
lunedì alle 21,15 Un giorno di
ordinaria follia con Michael
Douglas.
PINEROLO — Il cinema Italia ha in programma per la prossima settimana La moglie del
soldato; domenica e feriali alle
20.15 e alle 22,30; sabato alle
20.15 e alle 22,30.
Dal 9 airil luglio — LUSERNA SAN GIOVANNI:
nella piazza del Mercato coperto
si svolge la Festa dell’Unità. Fra
le varie iniziative ricordiamo sabato 10 luglio, alle 15, un dibattito su Pensioni: quale futuro?
a cui partecipa Ferdinando Sigismondi, segretario generale SpiCgil Piemonte. Domenica 11,
alle 17, dibattito sulla situazione politica con il senatore Renzo Gianotti.
Venerdì 9 luglio — TORRE
PELLICE: alle 21, presso la sede del Ciao in via Volta 8, l’associazione culturale Scienza
della parola di Torino organizza
un incontro-dibattito sul tema II
mestiere impossibile di Freud.
Alla serata partecipano Luciano
Faioni e Maria Grazia Salvagno.
L’ingresso è libero.
Sabato 10 luglio — PINEROLO: alle 21, nel cortile di palazzo Vinone a Pinerolo, il gruppo Costruire cantando di Pinasca
proporrà lo spettacolo musicale
«Forza venite gente». Si tratta di
una rivisitazione della vita di
Francesco d’Assisi con l’introduzione di musiche, con ritmi blues
e rock che sostengono in forma
moderna uno spettacolo particolarmente coinvolgente.
Sabato 10 luglio — POMARETTO: alle ore 15 comincia
la festa della Cisl di Pinerolo
presso gli impianti sportivi della
Pro Loco. Durante la giornata si
tiene un’estrazione a premi in
favore della casa per lo straniero
Il riparo.
Sabato 10 luglio — CANTALUPA: Alle ore 21, nella
chiesa parrocchiale, si svolge un
concerto di cori con la partecipazione della Schola cantorum
di Frossasco, i Polifonici di Saluzzo, l’Eco della valle di Caraglio.
Sabato 10 e domenica 11 luglio — MONTOSO: in ricordo
dei partigiani caduti della zona
si svolge la manifestazione unitaria della Resistenza. Alle
20,30 di sabato si tiene il raduno
presso il monumento ai Caduti
»!
Pomaretto: una ricca rassegna
Concerti per organo
_________PAOLA BEVEL_________
In questi mesi, tanti gruppi
si sono alternati nel tempio
di Pomaretto, portando il frutto del loro lavoro con l’obiettivo di contribuire a rimettere a nuovo l’organo a canne.
Uno strumento estremamente
complicato che, come ci ha
spiegato l’organista Walter
Gatti, ha bisogno di una revisione completa per poter continuare a sostenere e guidare il
canto.
Quest’anno il progetto per
l’organo ha portato tutti i coralisti a Pomaretto e la colletta è
stata devoluta per tale scopo.
La serata del XVII febbraio, in
mancanza di uno spettacolo
teatrale preparato appositamente, ha visto la partecipazione della corale di Pomaretto e della banda musicale diretta da Luciano Micol. La corale ha inoltre preparato una
serata per il sabato precedente
la Pasqua; ad essa si è aggiunto r«Ottetto della vai Germanasca,» un gruppo canoro appositamente costituito per
l’occasione. Al termine di una
faticosa giornata, il 25 aprile
l’Unione musicale di Inverso
Pinasca ha voluto offrire il suo
contributo con un concerto diretto da Alessandro Coucourde. Avviandoci verso l’estate,
l’ultimo concerto ci è stato offerto dagli amici della «Camerata corale La Grangia».
«Trovo molto interessante
l’introduzione che il maestro
Agazzani propone prima
dell’esecuzione di ogni canto
- ha detto Franco Calvetti a
proposito del concerto -; è capace di creare ogni volta
aspettativa e nello stesso tempo introduce l’uditore nel
mondo della canzone. Provo
sempre meraviglia nel seguire
la voce di ogni cantore che pare essere sempre autonomo e
creativo, ma che rientra comunque obbediente nell’insieme delle voci per seguire la
narrazione, seguendo un impercettibile gesto del maestro». Il tema della serata era
«La donna, regina dei canti
popolari», dove la figura femminile è messa in risalto per le
doti di coraggio che essa dimostra. Le doti interpretative
del coro permettono di delineare questi personaggi con
una delicatezza e una dolcezza
struggenti. Non è solo un coro
di voci maschili che canta ma
è il personaggio stesso, che
emerge e racconta la sua storia
attraverso un gioco musicale.
Alla serata offerta dalla
Grangia ha partecipato, a sorpresa, la corale di voci maschili della comunità di Perouse, in Germania. Viva emozione ha suscitato nel pubblico
l’esecuzione del salmo delle
battaglie «Que Dieu se montre
seulement» e de «La bataille
de Salbertrand».
In occasione di questi concerti abbiamo raccolto 6 milioni di lire: è già qualcosa,
anche se il traguardo dei 20
milioni previsti è ancora lontano.
di Bagnolo Piemonte, per ricordare il 48° anniversario della Liberazione. Alle 21,30, sul piazzale del Montoso, si svolge un
concerto della banda musicale
«La società di Bibiana»; alle
22,20 fiaccolata dal piazzale al
monumento ai Caduti. Domenica la manifestazione si apre alle
9,30 con la banda bagnolese e
prosegue alle 10 con la celebrazione dei riti ebraico, valdese e
cattolico; alle 11,20, dopo il saluto delle autorità, il comandante Antonio Giolitti tiene una
commemorazione ufficiale. Dopo il pranzo, alle 15, sul piazzale del Montoso il coro Valpellice tiene un concerto; alle 16,30
nuovo concerto del complesso
bandistico bagnolese che chiude
la giornata.
Dal 10 al 18 luglio — PINEROLO: nell’ex caserma Fenulli
si tiene la Festa della Rifondazione comunista. Tra le varie attività, martedì 13 alle 21 dibattito con i giovani sul tema Quale
futuro? Pace-lavoro-democrazia. Condizione e disagio giovanile. Giovedì 15, sempre alle
21, Alberto Bassani, consigliere
comunale di Rifondazione, ed
esperti della Commissione casa
di Torino parleranno di Abitare
e vivere a Pinerolo. Venerdì
16, alle 21, tavola rotonda sulla
condizione operaia con un dibattito su Democrazia e occupazione.
Domenica 11 luglio — PRAROSTINO: in occasione del
40° anniversario della fondazione della sezione Ana di Prarostino si svolge un raduno
intersezionale con la partecipazione della banda Ana di Pinerolo
Domenica 11 luglio — BOBBIO PELLICE: alle 8, in piazza a Bobbio, si aprono le iscrizioni per il II raduno in mountain bike Da Bobbio al Pra, arrampicata non competitiva di
circa 18 km attraverso la conca
del Pra. La partenza è prevista
per le 9 e la premiazione per
mezzogiorno. La quota d’iscrizione è di 15 mila lire tutto
compreso.
Domenica 11 iuglio — USSEAUX: alle 15, in località del
Laux si tiene la giornata conclusiva della manifestazione Arte
sopra tutto che si propone di
ospitare nella valle dal 5 all’l 1
luglio i migliori allievi segnalati
dalle accademie e scuole d’arte
d’Italia; i ragazzi potranno così
realizzare con i materiali tipici
del luogo opere a tema libero
che verranno poi donate ai Comuni.
Giovedì 15 luglio — FROSSASCO: in occasione deU’VIII
rassegna cinematografica
«Quattro porte su cinema e musica», nel giardino della scuola
materna si proietta alle 21,30
Batman-II ritorno. L’ingresso
costa 5 mila lire.
Sabato 17 luglio — LUSERNA SAN GIACOMO: nel cortile dell’asilo infantile, alle ore
17, verrà inaugurata la mostra
fotografica Immagini della vai
Pellice. La mostra sarà aperta
sabato 17 dalle 17 alle 23; domenica 18 e 25, sabato 24 dalle
16 alle 18 e dalle 20,30 alle
22,30; feriali dalle 20,30 alle
22,30; mercoledì sarà chiusa.
RADIO
BECKWITH ,,,
EVANGELICA
FM 9T.2 ■
102.350
21/91.507*
10
PAG. IV
E Eco Delle Yalu ¥^ldes:
venerdì 9 LUGUO I993
Alimentazione e mangiare sano
La ciotola
d'argilla
VALERIA FUSETTI
I legumi e i cereali sono tra
i prodotti della terra più
diffusi e conosciuti, per millenni sono stati le prime fonti
di sostentamento dell’umanità. Anche nella nostra cucina regionale se ne è fatto
gran uso sino agli anni ’50.
La moderna dietologia ci dice che fanno bene: i legumi
sono gli alimenti di origine
vegetale più ricchi di proteine, anche se rispetto alle carni hanno un valore biologico
inferiore, mancando in essi
alcuni aminoacidi essenziali.
Questi però sono presenti nei
cereali; l’abbinamento legumi-cereali è perciò da considerarsi ottimale. Anche i
grassi dei legumi sono di ottima qualità essendo insaturi,
molto utili nella prevenzione
delle malattie cardiovascolari. Contengono alcune vitamine del gruppo B e un notevole numero di sali minerali, ma è soprattutto il ferro
che caratterizza questi alimenti. Vi sono alcuni aspetti
negativi, che però possono
venire eliminati con una corretta preparazione e cottura:
contengono sostanze tossiche
o antagoniste della digestione eliminabili da una lunga
permanenza in acqua fredda,
spesso riimovata. L’ammollo
ha l’effetto di intenerire le
bucce, rendere maggiormente assimilabili sostanze come
la vitamina C e il calcio, aumentare la concentrazione di
ferro. I medici ne consigliano un uso moderato ai malati
di fegato, ai colitici, ai reumatici, agli artritici e ai sedentari. Ma anche a costoro è
possibile mangiarne due-tre
volte (massimo) la settimana
con alcuni accorgimenti: aggiungere una carota, una costa di sedano e una cipolla;
non superare mai la dose di
50 grammi a pasto. Ad un
ricco e buon piatto di legumi
e cereali si consiglia di unire
verdure, meglio se crude, che
facilitano la digestione mentre l’associazione con i grassi
animali la allungano, complicandola.
Minestra di ceci e biete:
300 grammi di ceci, 200
grammi di biete, un porro, due
cucchiai di passato di pomodoro, uno spicchio d’aglio, pane
tostato, olio e saie q. b., formaggio grattugiato.
Affettare sottiimente il porro e
farlo appassire in un tegame
con poco oiio e lo spicchio
d’agiio schiacciato. Versare nel
tegame i ceci iessati e scoiati,
unire ia bieta tagiiata a pezzetti e
il pomodoro, far insaporire
quaiche minuto. Aggiungere 3/4
di un iitro d'acqua e aggiustare
di sale. Far cuocere una
mezz'ora. Cinque minuti prima
di spegnere aggiungete un piccolo battuto di prezzemolo e
borragine e un rametto e due di
timo serpilio che, in questo periodo, potete raccogliere sui nostri prati durante una passeggiata distensiva e... aperitiva!
Un libro di Andrea Salusso
Il sapere di Anna
■ •' nil
_______ALBERTO COREANI________
Sei conversazioni, sei situazioni. Ambienti, storie
diverse e lontane, anche lontanissime fra loro. Il sapere
di Anna* riproduce, in stretta
aderenza al linguaggio parlato, le esperienze di uomini,
donne, giovani che raccontano se stessi, il loro modo di
vivere a Torre Pellice e nella
valle.
Emerge più di altri il discorso sul disagio, specialmente giovanile, che provocherà sorpresa (a chi in questi anni a fatto finta di non
vedere); ma per qualcuno (e
spero che siano molti) la sorpresa sarà anche positiva:
sarà la scoperta che dietro le
storie, i racconti, le confessioni, i desideri (avere degli
animali, le sensazioni forti,
integrarsi in un gruppo di appartenenza, vedere i figli «sistemati», la serenità...), dietro
i fatti, ci sono delle riflessioni, c’è un lavoro (anzi: un lavorio) per macinare, interpretare, utilizzare le provocazioni che ogni giorno di questa
vita ti dà. Queste persone,
anche quelle che stanno peggio, non sono riducibili alle
loro etichette: le loro riflessioni scompaginano molti
preconcetti...
E necessario raccogliere
questo materiale, renderlo socializzabile. Andrea Salusso
ha il merito di averci portato
sulla soglia di un mondo che
ognuno di noi può sforzarsi
di conoscere. L’autore lo
chiama addirittura, giustamente, un «sapere».
In appendice al fascicolo,
che è stato pubblicato dall’as
sociazione culturale «F. Lo
Bue», ci sono le risposte delle forze politiche presenti a
Torre Pellice a due questioni
poste da Salusso: da dove
viene il disagio, la marginalità, e come rffrontarlo. Le risposte (da parte di rappresentanti di Pds, Lega Nord, Psi,
Partito radicale. Verdi) non
sono banali, sono tutte interessanti, non sono evasive. In
particolare una fa un pressante riferimento al problema
forse centrale, avvertito tanto
nelle nostre chiese quanto
nell’ambiente cattolico, della
famiglia (a volte della latitanza della famiglia).
Il sapere di Anna è in vendita nelle edicole e cartolerie
di Torre: farà discutere, provocherà arrabbiature, sdegno
(ma è anche, nonostante la
materia, un libro in cui circola molto senso dell’umorismo), difficilmente indifferenza. (Qualcuno cercherà di
usarlo per dimostrare che altri hanno sbagliato tutto, ma
sarebbe una visione riduttiva.
Il disagio mette in discussione tutti). Poi, dopo averlo letto e commentato, dopo aver
cercato di capire se in questa
cittadina ci crogioliamo tutti
nell’illusione di poter fermare il tempo (come dice la vignetta riprodotta in copertina), potremo cercare di proseguire, di varcare la soglia
del contatto con quel nostro
prossimo (giovane, adolescente, quarantenne, operaio)
che in genere ignoriamo.
(*) Andrea Salusso: Il sapere di Anna. Torre Pellice, Associazione «F. Lo Bue», 1993, pp
67, £ 10.000.
Pallavolo
Settimana intensa per i pallavolisti pinerolesi che sono
stati impegnati nelle tappe finali del torneo di green volley trofeo Cariplo.
Si è iniziato lunedì a Villafranca, poi gli atleti si sono
spostati a Luserna al complesso sportivo Alpi Cozie.
Nelle categorie maschile e
femminile successi scontati
per le coppie Fonifetto-Forchino e 'Tosello-Rainaudo,
mentre fra gli amatori l’accesa ed equilibrata finale è stata
vinta dai rappresentanti del
circolo Fabio Neruda Giordan e Tassone, davanti a Fabi
e Vignetta; da rilevare che i
vincitori sono saliti sul podio
anche nella categoria atleti
classificandosi al terzo posto.
Nella categoria amatoriale
femminile il successo finale è
andato a Caracciolo e Serra.
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Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENiCA 11 LUGLiO
Luserna San Giovanni: Farmacia Gribaudo - Via Roma
19 (Airali), tei. 909031
Ambuianze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio, tei.
598790
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Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
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11
^/fNERDÌ 9 LUGLIO 1993
Attualità
PAG. 7 RIFORMA
Sette anni dopo lo scoppio della centrale nucleare di CernobiI
Continua la lotta contro i danni
delle radiazioni: Timpegno di tutti noi
ADRIANA GAVINA
Sasha Danilkin ha 10 anni
e gioca con le sue sorelline rincorrendole intorno alla
casetta di campagna dove
abitano. Sasha ora si sente
forte e fa mostra di una grande energia. Non era così solo
alcuni mesi fa: Sasha ha da
poco subito un intervento
presso l’ospedale di Minsk in
Bielorussia, i dottori gli hanno tolto una formazione tumorale alla tiroide e la sua vita ha ripreso speranza.
Sasha è uno dei tanti bambini che a distanza di 7 anni
dal disastro di CernobiI soffrono per forme cancerose
dovute alla contaminazione
radioattiva. Di lui mi parla
Irina Gruscevaja, una giovane
donna che si batte con determinazione per rendere il
mondo attento alle conseguenze della catastrofe. Irina
è moglie di Ghennadij Gruscevoi, deputato al Parlamento bielorusso e presidente del
Fondo di beneficenza «Bambini di CernobiI».
Nell’aprile 1986 ben 50
tonnellate di materiale radioattivo volatile (10 volte
l’esplosione di Hiroshima) si
difftisero nell’aria e ricaddero
sul territorio vicino. Il mondo
intero conobbe la portata del
pericolo entro poche ore dal
disastro nonostante il silenzio
delle autorità sovietiche.
Non fu così nella stessa
Bielorussia e in Ucraina, i
territori direttamente colpiti.
Il governo perse due giorni
preziosi in indugi e smentite
ufficiali, finché la verità non
potè più essere celata. Per
due giorni la vita di uomini,
donne e bambini continuò come sempre nonostante la presenza del letale nemico
nell’aria, nei cibi, sul terreno.
Ghennadij Gruscevoi fu
uno dei primi a denunciare
con forza la pericolosità del
momento e la responsabilità
del silenzio delle autorità politiche e per questo venne a
suo tempo denunciato e imprigionato. La risonanza
mondiale e la solidarietà verso l’Ucraina e la Bielorussia
scattarono immediate e negli
anni hanno dato frutti concreti.
Oggi il mondo sa che il
70% della radiazione scese
sul territorio bielorusso e che
il 40% delle terre, quasi completamente agricole, ne fu
contaminato per un periodo
lunghissimo che conterà ge
AH'ospedale di CernobiI
nerazioni e generazioni. Ancora oggi però praticamente
un cittadino bielorusso su
quattro continua a abitare nelle zone contaminate, compresi 600.000 bambini. Una donna incinta ha ancor oggi una
probabilità del 20% di partorire un bambino che porti
qualche deformazione.
Dall’inizio del 1989 ha cominciato a operare, nel quadro di iniziative civili del movimento democratico del
Fronte popolare bielorusso
«Rinascimento» e con il sostegno economico di molti
paesi europei, tra cui in primo
luogo la Germania, il Fondo
di beneficenza «Bambini di
CernobiI».
Si tratta di un’organizzazione intemazionale con sede a
Minsk e gestita da un bielorusso, che promuove sia una
campagna di sensibilizzazione sulla pericolosità degli impianti nucleari, sia delle azioni concrete di aiuto verso tutti
quei bambini che hanno subito le conseguenze della catastrofe e le loro famiglie. Il
fondo raduna oggi, su base
volontaria, centinaia di persone di paesi, professioni, nazionalità, confessioni religiose diverse. Si raccolgono aiuti
che poi vengono distribuiti in
maniera equa da vari comitati
pubblici operanti nella zona
vicino a CernobiI. Gruppi di
sostegno dell’organizzazione
sono sorti in molti paesi europei, tra cui l’Italia, e in Australia, India, Stati Uniti,
Giappone.
Attualmente il Fondo sta
attuando programmi di riabilitazione dei bambini provenienti dalle zone contaminate
sia all’interno del paese che
con invii per soggiorni all’
estero. Un periodo di aria e di
cibo non contaminati sono un
sostegno prezioso per il loro
fisico debilitato. Inoltre vengono costruite case per le popolazioni evacuate, ospedali e
fabbriche di alimenti «puliti»
per bambini (il latte è uno degli alimenti maggiormente a
rischio), centri sociali e scuole-convitto per orfani.
Tonnellate di medicinali,
vitamine e cibo proveniente
dai paesi esteri sono state distribuite alle famiglie più povere delle zone colpite. Lo
stato economico molto precario e la svalutazione del mblo
impediscono che la maggior
parte dei bielorussi possa
comprare cibo e alimenti per
neonati provenienti dall’estero. Verdure, frutta e latticini
continuano a essere fortemen
^ centrale nucleare di CernobiI oggi. Produrrà nel 1993 energia per 515 milioni di dollari senza garanzia
41 Sicurezza
te contaminati. Con il denaro
raccolto si finanziano anche
ricerche mediche e periodi di
tirocinio all’estero di medici
bielorussi.
Attualmente vi è un’altissima incidenza di casi di leucemie e di forma cancerosa alla
tiroide, e il bisogno di specializzazione è forte. Il progetto
più ambizioso del Fondo è
proprio la costruzione, già da
tempo iniziata, di un centro
diagnostico a Minsk, dotato
di strumenti specifici per questo tipo di malattie dovute a
contaminazione radioattiva,
presso il quale saranno invitati a collaborare specialisti
esteri e medici bielorussi.
Nelle sale di attesa del centro, già in parte funzionante,
si affollano pazienti di tutte le
età ma soprattutto tanti bambini. Valéry Rzeutskij, il direttore, parla di disturbi gastroenterici e renali, di anormalità tiroidee, ma soprattutto dello spettro delle leucemie infantili. Gli esperti sanno che l’aumento delle malattie è previsto proprio per questi anni ’90.
In quanto alla portata della
diffusione cancerosa c’è una
grave divergenza da quello
che i medici di Minsk e i loro
colleghi esteri sostengono e
ciò che ufficialmente viene
ammesso a Mosca.
Qualunque sia il numero
delle vittime, però, CernobiI è
ormai un problema di tutti.
La solidarietà è un atto , concreto e dovuto per un disastro
che in qualche modo riguarda
tutti i paesi industrializzati da
molto vicino. Chemobil non è
soltanto uno dei tanti disastri
ambientali degli ultimi anni.
È un richiamo alla responsabilità verso il nucleare da parte di tutti i governi.
Nel frattempo le piccole
vittime di CernobiI aspettano
un aiuto che li metta in grado
di curarsi, aumentare le loro
difese organiche e sopravvivere alla presenza di un nemico silenzioso e invisibile che
ha preso un lungo tempo di
dimora nel loro paese.
Appello
Per l'ospitalità
dei bambini
di CernobiI
Il Dipartimento di evangelizzazione delle chiese battiste ha organizzato una raccolta di fondi tra le chiese evangeliche per ospitare un gruppo di bambini presso uno dei
nostri centri. Dopo lunghe e
alterne vicende riguardanti
visti e permessi vari, i primi
35 bambini sono finalmente
arrivati e sono stati ospitati
per due settimane a Santa Severa.
L’iniziativa comunque non
resterà isolata, ma si conta di
poter ripetere l’invito per il
prossimo autunno o la prossima primavera. La sottoscrizione perciò rimane aperta a
tutti coloro che vorranno aderirvi. I fondi vanno inviati
presso l’ente patrimoniale
dell’Ucebi - piazza S. Lorenzo in Lucina 35 - 00186 Roma. Conto corrente postale n.
23498009.
Finora sono stati raccolti
circa 37 milioni di lire.
La centrale nucleare di CernobiI II 26 aprile 1986, dopo lo scoppio
L'esperienza al «Villaggio» di Santa Severa
Quegli indimenticabili
quindici giorni
_________PAOLO LANDI_________
E'^ Stata una ventata di gioiosa e composta allegria
quella che ha investito il Centro con Farrivo del gruppo dei
bambini e bambine provenienti da Minsk e patrocinato dalla
Fondazione «pro bambini di
CernobiI».
Il gruppo era costituito da
fanciulli tra gli 8 e i 13 anni,
accompagnati da due assistenti; Lilia, medico, e Violetta,
professoressa di francese presso l’Università di Minsk, autodidatta per la conoscenza
molto approfondita della lingua italiana, entrambe volontarie presso la Fondazione.
La tragedia atomica che si è
abbattuta su CernobiI ha causato gravissimi danni, in particolare, a tutto il territorio della
nuova Repubblica di Bielorussia che è stato contaminato
con le gravi conseguenze che
possiamo facilmente intuire
sulle persone e i prodotti agricoli.
Lo scopo della Fondazione
è quello di offrire a questi giovani creature la possibilità di
far superare al fisico il tragico
evento facendo cambiare loro
clima e fornendo un’alimentazione più idonea alle loro condizioni. Per ottenere questi risultati i bambini e le bambine
di questa regione hanno bisogno della solidarietà di tutti
coloro che rifiutando la ineluttabilità atomica si adoperano
per ristabilire quella salvaguardia della natura che sola
può modificare la nostra vita
futura.
Le comunità battiste italiane, ma non solo loro, si sono
fatte carico dell’organizzare
l’ospitalità presso il Villaggio
della gioventù, a Santa Severa, mentre la Federazione europea battista ha provveduto
al viaggio da Minsk a Zurigo.
Spiace dover scrivere che di
fronte a situazioni di questo tipo, che dovrebbero aprire senza difficoltà tutte le frontiere,
la burocrazia russa, per il rilascio dei visti di uscita concessi con ritardo e la troppo attenta burocrazia elvetica per il
rilascio dei visti di transito,
hanno fatto perdere a questo
gruppo una settimana, riducendo da tre a due la loro permanenza in Italia. Il centro si
era attivato per organizzare il
viaggio di andata e ritorno da
Roma a Zurigo e viceversa.
Arrivati bianchissimi, di un
color canapa chiaro, li abbiamo rivisti partire abbronzati e
coloriti, e da ciò ci auguriamo
che l’effetto sole abbia prodotto benefici influssi.
Con la loro presenza e il loro comportamento gentile e
educato, hanno suscitato le
simpatie di tutti i presenti nel
Centro, che contemporaneamente stavano frequentando il
primo campo estivo; hanno familiarizzato spontaneamente
con i presenti più anziani e
con gli altri bambini, con i ragazzi esterni che hanno conosciuto sulla spiaggia, con il
nostro staff di lavoro; hanno
ricevuto piccoli doni che hanno ricambiato con grande generosità e spontaneità con piccoli souvenir del loro paese.
Questi giorni di permanenza
sono volati via in un baleno; i
bambini hanno potuto visitare
Roma per un giorno, tornando
stanchi ma soddisfatti, hanno
visitato le vecchie tombe etnische di Cerveteri, e hanno voluto ringraziare di tutto questo
con un grazie in italiano, detto
ad alta voce al momento della
partenza.
La sera della partenza, dopo
i saluti che ci siamo scambiati
con vero spirito di fratellanza
e dopo avere, noi, ringraziato
per la collaborazione le due
brave accompagnatrici, una
piccola folla di persone del
Centro e non, di anziani signori e di bambini, li ha accompagnati al pullman, abbracciandoli e agitando le mani finché questo non è scomparso.
Li potremo riavere con noi?
Loro o altri loro coetanei?
L’augurio non può essere che
positivo; dipende solamente
da noi e dalla nostra volontà
di essere d’aiuto. Essere chiesa insieme vuol dire anche incontrare questa realtà di giovani vite alle quali tutto dobbiamo con la solidarietà
dell’amore che il Signore Gesù ci ha dato.
12
PAG. 8
RIFORMA
VENERDÌ 9 LUGLIO IQqq
Una veduta di Ginevra come si presentava nei 1641
Le osservazioni di due critici sui romanzi di Federigo Tozzi
L'Italia senza Riforma, incapace
di capire il senso del tragico
_______ALBERTO COBSANI______
Più volte, negli ultimi mesi, da parte del mondo
della cultura, del mondo politico e da parte di esponenti
cattolici, si sono udite considerazioni che invocavano la
necessità di uno spirito «calvinista», di un atteggiamento di
responsabilità improntato a
quello che informa le democrazie anglosassoni o scandinave, comunque legato al protestantesimo. Uscite a volte
interessanti, a volte molto meno, a volte infelici. È un fatto,
comunque, che da più parti, al
di fuori dell’ambito delle nostre chiese, e al di fuori
dell’ambito storico-accademico, si senta sempre più lamentare l’assenza di una riforma
religiosa in Italia, e si denunci
quanto ne è seguito.
Ora tocca aWIndice dei libri
del mese riportare nel numero
di maggio una riflessione del
genere, peraltro ripresa pochi
giorni dopo sul Corriere della
sera. Andiamo con ordine: Il
critico letterario Luigi Baldacci ha pubblicato presso Einaudi un lavoro sull’opera dello
scrittore senese misconosciuto
Federigo Tozzi (l’autore di
Tre croci. Il podere. Con gli
occhi chiusi, morì nel 1920 a
soli 37 anni). Il libro è stato
recensito suWIndice da Pier
Vincenzo Mengaldo, altro notevolissimo critico, e il dibattito è stato proseguito da Paolo Di Stefano sul quotidiano
milanese.
La tesi di Baldacci, nel respingere le vecchie interpretazioni «naturalistiche» dell’
opera di Tozzi (che fu scoperto da un altro grande criticoscrittore come Giacomo Debenedetti*, ammirato da Cassola e Moravia, dimenticato
da quasi tutti gli altri), rifiuta
anche una visione di Tozzi
cristiano. Anzi, e qui siamo al
punto che ci interessa, Baldacci spiega la scarsa fortuna dello scrittore proprio con la sua
scarsa propensione a accettare
un carattere tipico del nostro
popolo: un «semi-cristianesimo - scrive Mengaldo nella
sua recensione - che non accetta né la religiosità tragica
né l’assenza di Dio; scetticismo se non cinismo, incapacità di reggere un mondo senza riso né sorriso».
Un cristianesimo, insomma,
di compromesso, un carattere
pronto all’autoassoluzione.
Uno scrittore dimenticato
Federigo Tozzi nacq^ue a Siena nel 1883 e morì a Roma
nel 1920. Dopo studi irregolari, una vita familiare segnata
dal dolore, iniziò l’attività letteraria collaborando con alcune
riviste. Ebbe in un primo momento simpatie per il movimento socialista, che abbandonò successivamente per seguire la
«reazione spirituale italiana» e lo scrittore cattolico D. Giuliotti, suo amico.
A Roma, dove si trasferì nel 1914, fu redattore presso il
«Messaggero della domenica», e fu a contatto con Pirandello
e Borgese. II primo romanzo. Con gli occhi chiusi, (1919,
benché scritto nel ’13), storia di un amore infelice e di una
rovina economica, affiancherà toni veristici e introspezione
psicologica.
L’ambiente contadino della Toscana affiora anche con
Bestie (scritto anch’esso nel ’13, e pubblicato nel ’17), mentre Il podere, uscito a cavallo tra il 1920 e il ’21, ma scritto
nel ’18 come Tre croci, segnerà una presa di distanza più
netta dai modi verghiani e dal naturalismo epigono di Zola,
in favore dell’approfondimento analitico dei personaggi e
dei sentimenti. La vicenda narra della tensione «autodist^uttiva» del giovane Remigio, fatta esplodere dalle difficoltà di
condurre il podere ereditato dal padre insieme ai debiti.
Mengaldo è ancora più esplicito nell’intervista a Di Stefano: «Sono d’accordo con
Gramsci: una delle tragedie
dell’Italia è nel non avere
avuto una riforma religiosa.
Ma aggiungerei che la borghesia italiana, a differenza di
quelle europee e di quella
americana, è cresciuta in ritardo proprio perché è mancata una fede forte». Il tutto
porterebbe gli italiani a non
«apprezzare il .senso del tragico».
Sono riflessioni per noi non
nuove: è interessante che provengano a partire dall’opera
letteraria di uno scrittore che
fu certamente amaro nei suoi
toni, segnato da una visione
più che cupa dell’esistenza;
ma che sapeva sfoderare bordate di umorismo tagliente e
grottesco, con toni che, secondo Mengaldo, arriverebbero
all’espressionismo. Tale è
Tarla che circola per esempio
in Tre croci, storia della rovina di tre fratelli e della loro libreria, dei loro rapporti familiari, delle ripicche, degli asti
e degli slanci di affetto (in tragico, Tatmosfera, peraltro
agra benché più lieve delle
Sorelle Materassi di Palazzeschi).
Un autore da riscoprire,
dunque, da scoprire per molti,
sotto un punto di vista a cui
probabilmente non si è pensato per anni; e una sollecitazione, per noi, a non discutere
del nostro ruolo nella società a
partire dalla sola storia e teologia, ma anche da espressioni
della cultura che parrebbero in
sé lontane dal nostro ambito.
(*) I suoi saggi su Tozzi si trovano nella raccolta II romanzo
del Novecento. Milano, Garzanti,
1971, pp 55-107 e 125-256).
Una rivista tedesca fa il punto su un tema ormai classico
Protestantesimo e capitalismo:
al di là dei luoghi comuni
FRANCO CAMPANELLI
Una concisa riflessione su
prptestantesimo e capitalismo è apparsa, a firma di
J. Marius Cange van Ravenswaay ’da Neermoorpolder,
sul n. 2/9 di Reformiert, rivista bimestrale della Chiesa
evangelica della Baviera e
del Nordovest della Germania. È un testo interessante
perché in modo breve ma
chiaro affronta quella che da
noi pare essere una «querelle» annosa e talvolta inestricabile.
Ci si interroga, così, su
quale e quanta parte di responsabilità abbia avuto il
protestantesimo nelTaffermarsi del capitalismo, e ci si
chiede se addirittura la scaturigine del capitalismo non sia
da ascriversi inconfondibilmente al calvinismo e/o più
in generale al movimento
riformato.
C’è ancora una volta bisogno di ribadire che le cose
non stanno così; soprattutto
nei riguardi della «cultura»
ufficiale italiana che, da sempre, da quest’orecchio non ci
vuole sentire.
Van Ravenswaay pone la
questione in questi termini:
Cristiani e comunità vivono
come custodi dei provvidi doni di Dio (Calvino). Questo è
un portqto della Riforma. Chi
vive della pienezza dei doni
di Dio dà volentieri al suo
prossimo di più e, proprio
per questo, non solo l’eccedenza delle proprie rendite.
Il protocapitalismo, al contrario, parte dalla teoria che
il capitale dovrebbe (sempre)
rivalutarsi. Calvinismo e capitalismo non avrebbero
quindi niente da spartire
l’uno con l’altro?»
Addentrandosi così nel vivo del problema, l’autore
passa a esporre la posizione e
rapporto critico di Max Weber e Ernst Troeltsch. «"Weber
è quello che nei suoi studi
(...) ha dato sistema alla convinzione che nei paesi protestanti, particolarmente in
quelli improntati al calvinismo, r espansione economica
era chiaramente stata più rilevante che nei paesi di tradizione cattolica. Egli individua la ragione di questo sviluppo nella cosiddetta “secolarizzazione della ascesi’’ [o
ascesi intramondana] principio già fatto proprio da Calvino, secondo cui il lavoro
quotidiano veniva assimilato
a un esercizio religioso.
A conforto del suo assunto
Weber tira in ballo (...) John
Bunyan e Richard Baxter, puritani inglesi del XVII secolo.
Ernst Troeltsch riprende la
tesi di Weber, modificandola
sostanzialmente. Cosi che
(...) il capitalismo non fu affatto un prodotto del calvinismo nia, per il tramite di questo, mise radici nei paesi protestanti.
La specificità del capitalismo moderno, tutto permeato
di radicale individualismo,
muove Troeltsch a considerarlo in senso decisamente
anticalvinistico, proprio perché è qui che il capitalismo
abbandona i principi dell’etica cristiana».
Una buona conferma per
quanti tra noi si sono in pre
cedenza confrontati con quelle letture, traendone innumerevoli spunti di riflessione.
Autori, del resto, ben noti anche negli ambienti laici e 11beral-progressisti, il cui pensiero è di indubbio stimolo
per quanti in maniera critica
vogliano approfondire il «fatto religioso», le sue implicazioni pratiche e ideali nel sistema sociale dell’epoca della
Riforma.
Successivamente l’autore
afferma: «Secondo Calvino
nessuno avrebbe dovuto eleggere a propria, primaria occupazione quella del cambiavalute. Dai poveri e dai meno
abbienti, soprattutto, non si
sarebbe dovuto pretendere
alcun interesse (...). Fondamentalmente ci si doveva attenere, nella imposizione degli interessi, alla “regola
d’oro" di Gesù (Matteo 7
12).
Scrive, infatti, Calvino:
«Tutti i beni che abbiamo ricevuto riccamente sono proprietà affidate a noi da Dio, a
noi date in pegno di buona
fede, affinché siano distribuite, come meglio possibile, al
prossimo» {Institutio... Ili, 7,
5).
L’articolo termina con questa spassionata considerazione: «Nondimeno sarebbe rivoluzionario se, anche oggi,
soltanto alcuni dei principi di
Calvino potessero essere ripresi negli statuti dei mercati
finanziari, valutari e economici. Allora sì che, a ragion
veduta, alcuni istituti bancari
potrebbero fregiarsi del nome: Banco di Santo Spirito
[in italiano nel testo, ndrj».
Un volume del Consiglio ecumenico a metà del «Decennio»
Le donne^ la Bibbia^ la preghiera
________FLORENCE VINTI________
Il «Decennio ecumenico
delle chiese in solidarietà
con le donne» ha ora raggiunto la metà del suo percorso (e
ha tuttavia uno strano titolo:
sembra suggerire che vi siano
da un lato le chiese e dall’altro le donne, e che tra loro
non vi sia ancora una completa integrazione).
Nel settembre 1992 un
gruppo di donne si è incontrato a Ginevra per alcuni
giorni allo scopo di condividere «ricordi, sogni e aspettative» dei dieci anni di solidarietà e del movimento ecumenico in generale. Non è stato
preparato alcun documento,
né è stata tracciata alcuna risoluzione, è stata conservata
solo una registrazione delle
conversazioni.
She Flies Beyond, scritto
dalla dr. Pauline Webb, una
regolare collaboratrice della
Bbc che è anche prédicatrice
locale della Chiesa metodista
inglese e ex vicepresidente
del Comitato centrale del
Consiglio ecumenico delle
chiese, è un libro basato su
quella registrazione*.
Nel volume l’autrice, che
ora è presidente del Comitato
consultivo per le comunicazioni, alTintemo dello stesso
Consiglio ecumenico, scrive
le sue riflessioni personali
sulle esperienze scambiate e
sui momenti di preghiera, lettura biblica e Santa Cena,
condivisi da queste sorelle in
Due delegate delle chiese indiane all’Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese a Canberra (1991)
Cristo riunitesi da luoghi lontani tra loro per cultura e di' stanza, come il Giappone e la
Germania, l’Egitto e la Svizzera, la Corea e le Bahamas.
Il libro è fatto di storie di
donne ma la sua visione va
ben oltre le questioni femminili, invitando i suoi lettori a
«seguire la guida dello Spirito (...) che ci invita a partecipare alla costruzione della
unica casa di Dio per tutto il
mondo».
È un peccato che, come
molti altri importanti docu
menti ecumenici, sia pubblicato in inglese e i mezzi limitati delle nostre chiese italiane non ci permettano di tradurne e pubblicarne molti. In
questi tempi in cui è così urgente ricercare l’unione in un
mondo così dolorosamente
diviso, condividere gli stessi
pensieri e le esperienze dei
nostri fratelli e sorelle della
chiesa mondiale può essere
un mezzo di avvicinamento.
(*) Pauline Webb: She Flies
Beyond, Ginevra, WCC Publications, 1993.
13
\/F.NERDÌ 9 LUGLIO 1993
Ss
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
Un articolo della rivista «Concilium» dà lo spunto per riflettere sulla situazione italiana
Religioni cosmiche e metacosmiche:
la coesistenza di modelli culturali diversi
ELIZABETH E. GREEN
11 penultimo numero (21993) della rivista teologica Concilium, sorta nella scia
del Vaticano II, è dedicato alla teologia del Terzo Mondo
e come accade spesso da
qualche anno a questa parte,
tale teologia sembra rivelare
un’urgenza e una vitalità talvolta assenti dall’elaborazione teologica euroamericana.
Aloysius Pieris, gesuita nato
in Sri Lanka, risponde in un
articolo che mi ha colpito in
modo speciale all’interrogativo «C’è un posto in Asia per
Cristo?».
In primo luogo Pieris distingue tra due tipi di religiosità: la cosmica, che consiste
nel «venerare la natura e le
sue forze sotto forma di un
essere numinoso» che fa parte del cosmo, e la metacosmica, che postula «resistenza di
un orizzonte immanentemente trascendentale» (pp 55ss.).
Mentre il culto degli spiriti e
delle forze cosmiche appartiene alla prima, le grandi religioni come il buddismo o il
cristianesimo fanno parte della seconda.
Esistono, pare, casi in cui
una stessa religione, come
per esempio l’induismo, mostri caratteristiche sia cosmiche sia metacosmiche. Infatti
secondo questa tesi le due
forme sono complementari:
una religione metacosmica
dunque può convivere insieme a una religione cosmica.
Peraltro «sono improbabili
conversioni di massa da una
religione metacosmica a
un’altra» (p. 57).
In secondo luogo l’autore
descrive le due strategie
adottate dai cristiani arrivati
secondi nella maggior parte
del continente asiatico. La
prima ha cercato in modi diversi di leggere il cristianesimo metacosmico con dei termini cosmici presi in prestito
dalle altre religioni, dando
luogo a formulazioni come il
«Cristo buddista» delle comunità cinesi del primo millennio o al «Cristo gnostico»
del Rinascimento indù del
XIX secolo.
Questi e altri tentativi del
genere non riuscirono che a
convincere una minima parte
dell’élite intellettuale alla
quale furono indirizzati, e
non trovarono un posto fra le
masse.
La seconda strategia, più
che «procurare un posto per
Cristo in Asia» ha cercato, in
linea con altre teologie della
liberazione, di «riconoscere e
annunciare Cristo come colui
che non ha posto in Asia» (p.
70). Tre sono le espressioni
teologiche di questa seconda
via: il Cristo dalit (spezzato), intoccabile tra gli intoccabili dell’India; il Cristo del
minjung (il popolo oppresso
ma coscientizzato) coreano;
la «Cristo che allatta dell’essere donna in Asia» riscontrata nelle varie forme di religiosità popolare delle donne
che si oppongono al patriarcalismo delle grandi religioni.
Alla base di queste elaborazioni cristologiche vi è la
lettura in chiave positiva del
termine «Terzo Mondo» che
viene a significare «gli umili
della terra che Dio ha eletto
come partner dell’alleanza
nel suo progetto di liberazione umana» (p. 68).
Se è vero, come opina Pieris, che il Terzo Mondo «è
ora divenuto una sfida teologica», vorrei cercare di tradurre, certamente in modo
molto embrionico, queste due
percezioni nel contesto del
nostro paese. Come i cristiani
dell’Asia, anche noi - come
protestanti - siamo arrivati
secondi in un paese in cui si
era già insediata una religione
metacosmica (il cattolicesimo
romano). Quest’ultimo non
ha soppiantato completamente la religiosità cosmica di alcuni strati del popolo italiano
ma, dopo averla battezzata,
convive con essa pacificamente.
Sono più probabili delle
conversioni (non dico di massa) al cristianesimo metacosmico rappresentato dal protestantesimo là dove abbondano gli aspetti cosmici del
cattolicesimo? E in quali zone, o fra quali strati della popolazione andrebbe concentrato l’annuncio della Parola?
In secondo luogo, quale
strategia adottare per la predicazione di Cristo a cui siamo
chiamati? Pieris scrive: «A
motivo del suo complesso di
minoranza, la chiesa ufficiale
ha spesso compromesso la
propria missione evangelica
alleandosi con la classe dominante e gestendo istituzioni
volte a produrre l’élite» (p.
73).
In quanto minoranza in Italia, il desiderio di essere rispettabili (e rispettati) non
costituisce forse anche la no
stra tentazione? Che cosa significherebbe invece per noi
(e qui mi rivolgo ai battisti)
individuare il Cristo (e eventualmente anche la Crista) nel
dalit 0 nel minjung del nostro
paese, nelle persone oppresse
dallo han, cioè dalla «rassegnazione all’ oppressione inevitabile, [dall’] indignazione
di fronte alla disumanità
dell’oppressore, [dalla] rabbia con se stesse per essere
imprigionate in tale situazione disperata» (p. 64), uomini
e donne di tutti i colori che
popolano le nostre città o si
nascondono spesso muti nel
nostro Sud?
Se è vero, come opina lo
storico Kenneth Scott Latourette, che la vocazione peculiare dei battisti è di proclamare il Vangelo ai poveri,
quali conseguenze ne potremmo trarre per la nostra Unione?
Non è possibile che, in
quelle chiese che in qualche
modo hanno saputo dare spazio a fratelli e sorelle di altri
paesi, che cercano nelle zone
più degradate di testimoniare
il Cristo, che in mille altri
modi «privilegiano il meno
privilegiato», esistano già i
semi di una svolta che unisce
una risposta alla sfida che ci
giunge dal Terzo Mondo al
meglio dellatradizione?
Mi piacerebbe cominciare a
annaffiare insieme quei semi.
In questa congiuntura ciò significa forse trascurare il nostro giardinetto per poterci
dedicare d’un sol cuore e
d’un’anima sola, a annunziare il Cristo come colui che
non ha posto.
Dibattito in studio per la trasnnissione di «Protestantesimo» del 27 giugno scorso
Il protestantesimo e il senso dello stato
MIRELLA ARGENTIERI BEIN
Un quesito quanto mai di
attualità (se cioè nelle
tradizioni cattolica e protestante sia presente il senso
dello stato) è stato l’argomento della trasmissione di
domenica 27 giugno. Erano
presenti in studio, sollecitati
dalle domande di Paolo Naso,
Filippo Gentiioni, Giancarlo
Bosetti e Giorgio Toum.
Il cattolico Gentiioni riconosce senza difficoltà la riluttanza della sua chiesa ad accettare lo stato moderno e ricorda come, fino all’inizio
del ’900, il modello da lei
preferito fosse lo stato asburgico, di concezione medievale, in contrapposizione alle
recenti democrazie.
Per il pastore Toum la so
18-20 novembre: seminario a Modena
Studiare l'Ecclesiaste
Si svolgerà a Modena, dal
18 al 20 novembre presso la
Fondazione «Collegio S. Carlo», il corso di aggiornamento
sul tema Un classico da insegnare, il Qohelet. Origine e
fortuna di un testo biblico, org^izzato da vari enti e associazioni, fra cui Biblia, l’Amicizia ebraico-cristiana di Firenze, le riviste Qol e Confronti.
Saranno affrontati l’ambiente culturale ellenistico e giudaico in cui è collocabile la
nascita del libro del Qohelet
(Ecclesiaste), l’identità dell’
autore (unità o pluralità, datazione, collocazione etnicoSeografica, status sociale, for
mazione ideologica), gli influssi letterari sul libro, della
sua canonizzazione e del suo
utilizzo liturgico, le più rilevanti interpretazioni ebraiche e
cristiane, nonché gli influssi
che il libro ha avuto sul pensiero filosofico e sulla produzione letteraria (Villon, Schopenauer. Leopardi, ecc.). Fra i
relatori Benedetto Carucci,
Paolo De Benedetti, Gianfranco Ravasi, Paolo Sacchi, Piero
Stefani.
L’iscrizione al corso è di £
1(X).0(X). Per iscrizioni e informazioni: Biblia - via A. Da
Settimello 129 - 50040 Settimello (Fi). Tel. 055-8825055;
fax 055-8824704.
cietà tratteggiata nei Promessi sposi corrisponde a questa
visione in chiave italiana: il
potere risiede nel palazzo
dell’Innominato, i maneggioni intrallazzano e il popolo,
tagliato fuori dalle decisioni,
è tutelato dal cardinale.
Anche la tradizione marxista non ha propugnato l’idea
di un’organizzazione statale
che si regga su cittadini responsabili. Bosetti, vicedirettore de L’unità, non vede colpe attribuibili alla cultura laica e constata come il principale partito di impronta cattolica sia riuscito a mettere in
crisi, in Italia, addirittura lo
stato di diritto, cioè la legalità, alimentando di conseguenza le spinte disgregatrici
antistatali. Egli scorge tuttavia nel mondo cattolico
odierno, anche a livello internazionale, una situazione variegata e fermenti di rinnovamento.
È però convinzione di
Gentiioni che il pensiero cattolico oggi, lacerato, debba
rivedere le sue tradizionali
posizioni che portano stato e
chiesa a contendersi il terreno.
Il conduttore rileva come la
visione protestante dello stato
venga oggi riscoperta e ce la
illustra in una scheda che mostra come per Lutero l’ambito
spirituale e quello temporale
non possano coincidere né intrecciarsi a vicenda. Ne deriva la netta distinzione tra sta
to e chiesa, ripresa da Calvino e dagli anabattisti.
Compito specifico dello
stato, spiega Toum, è unicamente creare le condizioni
perché l’uomo possa seguire
la sua vocazione, che per il
cristiano consiste nel vivere
la propria vita in funzione e
in collegamento con quella
degli altri. Il contrasto tra le
due culture nasce, secondo
Gentiioni, dal fatto che per il
protestante la coscienza è il
valore assoluto, mentre per il
cattolico tale valore viene
sminuito dalla mediazione
dell’autorità ecclesiastica.
Gentiioni rileva però un
processo in atto di «protestantizzazione» del cattolicesimo (più a livello di base
che di gerarchie). Questo processo, a parere di Tourn, è
più apparente che reale perché dalle premesse non si
traggono le logiche conseguenze. Naso conclude esprimendo la convinzione che
l’influenza del pensiero protestante può essere positiva
nel travagliato ripensamento
in corso.
Dovendo valutare la «resa»
televisiva della trasmissione,
cosa sempre problematica,
viene spontaneo pensare ancora una volta che una contrapposizione netta di pareri,
in luogo del consueto dialogo
amichevole dalle divergenze
sfumate, catturerebbe maggiormente l’attenzione del
notturno telespettatore.
Chet Baker, trombettista bianco, uno dei protagonisti del libro di
Geoff Dyer
Libri
Vite di musicisti jazz
Sette ritratti, sette musicisti, in prevalenza neri, per sette storie
di jazz, intervallate da un percorso che Duke Ellington compie in
auto insieme al suo bariton-sassofonista che gli fa anche da autista.
Così Geoff Dyer, giovane romanziere inglese, ed evidentemente grande appassionato e conoscitore della musica neroamericana, interpreta aspetti e fatti plausibili, anche se non necessariamente veri, di alcuni celebri musicisti: Tester Young, Thelonious Monk, Bud Powell, Ben Webster, Charles Mingus, Chet
Baker, Art Pepper.
Il libro che ne scaturisce* è poetico e malinconico, impietoso
nell’affrontare la disperazione di vite cariche di talento e creatività ma anche di ossessioni, fobie, usi e abusi di alcol e droghe,
tenerissimo nel far ritrovare ai suoi personaggi spiragli di luce
all’intemo di percorsi che spesso li portano in ospedali psichiatrici e carceri. Prezioso, soprattutto, nel tradurre le vite dei protagonisti nello sviluppo di un singolo stile, di una specifica maniera di organizzare il materiale sonoro.
Non mancano efficacissime immagini. Per descrivere l’impeto
della band del compositore e contrabbassista Mingus (un gigante
in tutti i sensi), Dyer scrive: «Quando girava a pieno ritmo, il
complesso si sentiva come un gruppo di ghepardi lanciati nella
corsa, inseguiti da un elefante [lo stesso Mingus, capo e trascinatore della formazione, ndr] che da un momento all’altro
avrebbe potuto travolgerli e calpestarli».
Ea da appendice una serie di note estetiche sul jazz e le sue interpretazioni, seguita da un accurato repertorio bibliografico.
(*) Geoff Dyer: Natura morta con custodia di sax. Storie di
jazz. Torino, Instar libri, 1993, pp 263-XLII, £ 20.000.
La coscienza allo scoperto
Nessuno, se non gli specialisti, conoscono oggi il nome di
Edouard Dujardin; nessuno sa che questo scrittore, amico e frequentatore dei simbolisti Huysmans, Verlaine, e tanti altri ancora, nel 1887 aveva scritto un romanzo pubblicato anche in Italia,
dal titolo / lauri senza fronde. Questo romanzo non ebbe grande
fortuna, ma fu letto e apprezzato nientemeno che da James Joyce, che sosterrà pubblicamente e privatamente (all’autore stesso)
di avere un grandissimo debito nei suoi confronti.
Di che si trattava? Sostanzialmente dell’invenzione (o meglio
della completa attuazione) della tecnica del monologo interiore;
di quella tecnica narrativa che permette di esprimere in maniera
diretta i sentimenti, le riflessioni, gli stati d’animo, in qualche
misura inconsci, non sistematicamente organizzati, dei personaggi di un romanzo.
Tale tecnica approderà appunto agli esiti rivoluzionari
deH’í//iííe di Joyce nel 1920, segnerà una svolta incalcolabile
nel modo di scrivere e di raccontare. Si rinuncia cioè a un ruolo
(quello dell’autore) di «onniscienza»; si lascia cadere quella posizione di assoluta superiorità dello scrittore nei confronti della
propria materia, che era stata tipica delle più classiche narrazioni
del romanzo ottocentesco. Questo perché la sensibilità, l’inquietudine, la consapevolezza della difficoltà di dare un senso al
mondo, sentimenti tutti che esplodono a inizio secolo (l’Intepretazione dei sogni di Freud è datata proprio 1900) obbligano a vedere in modo nuovo il mondo e la materia.
L’umile Dujardin, che fu anche critico, animatore di riviste
letterarie e teorico, riconobbe l’influsso del suo romanzo su Joyce e ammise che quest’ultimo fece molto meglio di lui. Le sue
considerazioni sono raccolte in un piccolo trattato*, che illustra
la genesi della tecnica del monologo interiore («espressione del
pensiero più intimo, più vicino all’inconscio»', «anteriore a ogni
organizzazione logica»', che si realizza «in frasi dirette, ridotte
al minimo sintattico»), utilissimo per investigare dal di dentro la
macchina che presiede all’organizzazione di un testo letterario.
(*) Edouard Dujardin: Il monologo interiore. Parma, Pratiche,
1991, pp 91, £ 15.000.
PROTESTANTESIMO IN W . i
Domenica 11 luglio ore 23,30 circo r Raidue
Replica: lunedì 19 luglio ore 9-, 30 dica--* Raidue
Nella valigiit |i!le&èya^9,3|i2;6.,,
Libri per l'estate
14
PAG. 1 O
RIFORMA
VENERDÌ 9 LUGLIO 19Q':ì
Roma, dal 23 al 26 giugno: convegno nazionale promosso dal ministero
Beni culturali di interesse religioso:
chi deve tutelarli e conservarti?
Zigani in Europa: vecchi e nuovi problemi
Il silenzio
sui figli del vento
FRANCO SCARAMUCCIA
Si è svolto a Roma, ospite
del ministero dei Beni
culturali, dal 23 al 26 giugno, un convegno nazionale
sul tema «Beni culturali di
interesse religioso», che ha
visto presenti i più bei nomi
del diritto ecclesiastico italiano. Il discorso verteva sullo sviluppo della cultura e la
tutela del patrimonio storicoartistico della nazione, la cui
promozione è prerogativa
della Repubblica secondo
l’art. 9 della Costituzione.
Su tale principio non può
che esservi pacifico accordo;
i problemi nascono nell’applicazione pratica, alla luce
dei patti intervenuti fra lo
stato e le confessioni religiose, per quanto riguarda i beni
culturali che sono di interesse per le stesse. Non dovrebbe essere d’ostacolo il fatto
della proprietà: il dovere di
tutela da parte dello stato va
esercitato indipendentemente
dalla proprietà o dal possesso, perché il fondamento
del dovere stesso sta nel fatto
che un bene sia considerato
«patrimonio della nazione»,
come recita il dettato costituzionale. Il regime di proprietà cede allora davanti al
«regime di appartenenza» alla nazione e la materia rientrerebbe, secondo alcuni,
nell’ambito esclusivo dell’
ordinamento statale.
Secondo altri, invece, l’art.
12 del Concordato del 1985
(legge 25/3/85 n. 121) andrebbe in altra direzione,
quando afferma che «la Santa Sede e la Repubblica italiana, nel rispettivo ordine,
collaborano per la tutela del
patrimonio storico ed artistico»: la collaborazione, cioè,
vieterebbe la competenza
esclusiva dello stato. Si risponde che l’inciso «nel loro
ordine» sta appunto a significare autonomia e distinzione
degli ordinamenti, per cui
non si può parlare di parità di
essi nella disciplina dei beni
culturali, che rientra nell’ambito esclusivo dell’ordinamento statale (Casuscelli).
Non si può leggere l’art. 12
della legge 121, se non alla
luce dell’art. 9 della Costituzione, che ne chiarisce i limiti e la portata (Bellini).
Anche il lettore più sprovveduto comprenderà che qui
non si tratta semplicemente
di sterile dibattito accademico ma di una vertenza che
ha una portata pratica non indifferente. Infatti la Chiesa
cattolica da un lato esige che
lo stato si faccia carico degli
oneri della tutela ma dall’altro non accetta alcuna contropartita, che in qualche
modo possa regolare o restringere il pieno godimento
del bene tutelato. E c’è stato
chi (Lariccia) ha denunciato
un certo atteggiamento passivo dello stato, che addirittura
preferirebbe trasferire alle
parrocchie i beni culturali
appartenenti al patrimonio
dello stato.
E una discussione di non
poco conto, perché coinvolge
grandi interessi che talora
sfuggono all’attenzione degli
osservatori, magari più attenti ad altri aspetti negativi della società italiana. C’è stato,
infatti, chi ha accusato «apertis verbis» la direzione generale del ministero di non sapere difendere la proprietà
dei beni di interesse religioso, preferendo dismetterli a
favore di enti religiosi cattolici.
D’altra parte, non è certo
facile stabilire il confine tra
dovere dello stato e diritto
della confessione. Si sono
fatti alcuni esempi: da parte
ebraica c’è la netta contrarietà a trasferire gli arredi sacri in un museo (anche di una
sinagoga che sia stata chiusa), perché essendo oggetti
GUSTAVO BOUCHARD
Il palazzo Salviati di Firenze, sede del Centro giovanile protestante
dedicati al culto essi, una
volta terminato l’uso in una
comunità, devono essere trasferiti ad altra perché continuino la destinazione iniziale; da parte cattolica si è parlato del danno che producono
ai dipinti i ceri con il fumo o
le lampadine votive con il calore, a fronte dell’impossibilità della Chiesa di sottrarre
quegli arredi alla venerazione
dei fedeli. Deve prevalere
l’interesse liturgico della
confessione o quello conservativo dello stato?
È un terreno di difficile
percorso, che ovviamente riguarda anche le confessioni
evangeliche. Infatti tutte le
Intese (anche le ultime due
con battisti e luterani, non
ancora trasformate in legge)
parlano di collaborazione con
lo stato per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali
afferenti al patrimonio ideale
della confessione. Sinora
però è mancata l’applicazione pratica della previsione
normativa, per cui non si
possono ancora delineare le
reali difficoltà che si potranno incontrare. Si può per ora
fare già una considerazione,
che il «nostro» Gianni Long
ha bene evidenziato: riguarda
la commissione mista prevista dall’Intesa con la Tavola
valdese (e ora anche dall’Intesa con la Chiesa evangelica
luterana in Italia), che trova il
suo parallelo nell’Intesa con
l’Unione delle comunità
israelitiche italiane (legge
8/3/89 n. 101).
Orbene, a tutt’oggi, nonostante ripetute richieste della
Tavola valdese e dell’Unione
delle comunità israelitiche, la
commissione non è stata ancora costituita. Il ritardo, si
domandava ironicamente
Long, non dipenderà forse
dal fatto che l’articolo che riguarda la commissione paritetica porta in ambedue le Intese il numero 17, numero
considerato infausto dalla
credenza popolare?
La rivista bacio Drom
(buon cammino) ha pubblicato recentemente un intervento del prof. Soraia in
occasione di un dibattito
sull’India tenutosi all’Università di Bologna; l’occasione del tema ha offerto la possibilità di ricordare il millennio di migrazione degli zingari dell’India verso l’Europa, gli anni bui delle persecuzioni, i provvedimenti di
espulsioni, le restrizioni di libertà a partire dalla fine del
XV secolo.
Nell’intervento è stato rilevato il silenzio sull’espulsione degli zigani dalla Spagna
(insieme a mori ed ebrei) ad
opera dei re cattolici, il silenzio sulle deportazioni nelle
Americhe e in Australia; significativo è stato il silenzio
sulla tragedia dei Rom nella
ex Jugoslavia, dove in gran
numero essi sono stati fucilati per aver rifiutato di sparare
in un conflitto che non li riguardava.
Nella stessa rivista si menziona la rassegna stampa e la
situazione italiana; si accenna alle difficoltà di inserimento dei bambini zigani a
scuola, la disumana collocazione dei campi, la scomparsa dei lavori tradizionali con
conseguente tentazione del
furto, particolarmente da parte dei bambini.
Nella rivista si dà la notizia
sensazionale che lo scrittore
rom Trifun Dimic avrebbe
accettato di tradurre tutta la
Bibbia in romanès su proposta di Paul Ellingvort, presidente della Società biblica di
Londra; in attesa di una conferma, nell’articolo si ricorda
che nel passato, sin dal 1776,
si tradusse il Padre Nostro e
successivamente porzioni
della Scrittura; nel 1837
George Borrow, oltre a tradurre TEvangelo di Luca e a
Un convegno del Centro culturale valdese di Torre Pellice ripropone il tema della politica
Le chiese, i protestanti italiani e il mondo moderno
____________MARCO ROSTAN ___________
Forse stiamo davvero voltando pagina. Dico in Italia, nella politica,
nei partiti, nel governo delle città e
domani del paese. Non sono soltanto
più impressioni, episodi distinti: si
tratta di fatti sotto gli occhi di tutti. Ci
siamo avviati in un processo di cambiamento assai diverso da quelli che
sono stati immaginati nel passato, e
per i quali anche ci siamo impegnati,
ma che presenta tratti di novità, di
grande interesse e soprattutto, anche
per i protestanti, spazi e possibilità di
contribuirvi positivamente. Sarebbe
miope in questo momento ribadire il
solito pessimismo verso «la politica».
Da un Iato, infatti, nei prossimi anni
ci sarà l’importante verifiea, per un
movimento nuovo come la Lega, di
passare dalla facile gestione della protesta all’assai più difficile mestiere del
governo locale e della proposta politica; dall’altro i terremoti die hanno attraversato i partiti storici (il Pei, il Psi
e la De), insieme con Timpossibilità
di riproporre la vecchia gestione del
potere di fronte alla gente, non possono che produrre rinnovamenti positivi.
Non è un caso che le recenti elezioni abbiano premiato questo rinnovamento del Pds che per primo, in modo
impopolare e certamente difficile per i
suoi militanti, ma con lucidità, ha sa
puto affrontare questo rinnovamento
già subito dopo il 1989 e non solo dopo Di Pietro.
Ma forse stiamo voltando pagina
anche nelle nostre chiese. Sembra che
in molti ci sia ormai stanchezza per le
infinite diatribe interne su argomenti a
volte non fondamentali, desiderio di
uscire dal solito tran tran ecclesiastico, per guardare più avanti e più in
profondità, per riprendere con convinzione e con entusiasmo la predicazione evangelica nel nostro paese, per
esprimere nei fatti il nostro contributo
a una società in cui la giustizia, la solidarietà, la libertà, i diritti e i doveri
siano tenuti in grande considerazione.
Questa impressione positiva mi viene fra l’altro dal bel resoconto che
Riforma ha fornito sulle recenti Conferenze distrettuali. Nel leggerlo, oltre
a convincermi dell’insostituibile funzione di questi cosiddetti «organismi
intermedi» (fra chiesa locale e Sinodo), ho sentito prorompere qua e là,
insieme ai problemi e alle lamentazioni consuete, anche uno spirito nuovo;
dal Sinodo regionale del Sud ci viene
un forte messaggio che prosegue nella
direzione degli appelli su «chiese e
democrazia»; dalle chiese delle Valli
vengono posti all’ordine del giorno
questioni quali l’occupazione e il rilancio economico e sociale delle valli
valdesi, la nostra stampa, i giovani, la
difesa della salute come momento di
democrazia e non come opportunità
del privato cittadino.
Certo, sia in Italia che nel nostro
piccolo mondo, tra il dire e il fare, tra
i propositi e le realizzazioni c’è di
mezzo tanto mare: però è anche vero
che ci stiamo lasciando alle spalle due
decenni tremendi, l’uno per gli anni di
piombo, l’altro per gli anni delle tangenti e dell’arroganza del potere.
Se questi accenni non sono del tutto
illusori l’estate che ci attende, in particolare a Torre Pellice, con le varie
scadenze sinodali e di altri incontri,
può essere momento di confronto, di
approfondimento, di reciproco incoraggiamento per la testimonianza di
ciascuno e di tutti. In particolare mi
pennetto qui di segnalare l’importanza del convegno organizzato dal Centro culturale valdese a Torre Pellice,
nell’Aula sinodale, giovedì 19 agosto.
Ho notato, negli ultimi anni, il rischio per convegni simili di essere
«snobbati» (qualche volta a ragione,
per la pesantezza e la difficoltà degli
interventi) o seguiti dai «soliti intellettuali». Quest’anno, fra i partecipanti
al convegno primaverile di Mezzano,
che negli ultimi anni si è concentrato
sul rapporto tra protestantesimo e socialismo, si è rilevata la necessità di
collegare nuovamente, e in termini
adeguati all’attualità politica, la rifles
sione su fede e politica, chiese e società, con i temi e le decisioni che nel
corso dell’anno sono all’ordine del
giorno delle assemblee, dei comitati,
con le scelte con cui si confronta la
diaconia, con la mentalità aH’intemo
della quale siamo chiamati a predicare
l’Evangelo.
Se non si realizza questo collegamento si viaggia a compartimenti separati: da un lato i convegni per gli
storici, dall’altro i dibattiti per i politici, dall’altro ancora i culti per la comunità. Non è certo con un convegno
che si risolvono i problemi; ma, se i
relatori a Torre Pellice non saranno ripetitivi, se non si parlerà solo di etica
protestante quasi fosse il toccasana di
tutti i mali, se non ci saranno solo gli
addetti ai lavori ma anche un po’ di
gente «normale», di popolo protestante, c’è la speranza che il titolo del pomeriggio, Impegno e testimonianza,
non rimanga evocativo ma costruisca
qualche fondamento per i frutti che la
fede nel Signore, se non è morta, ci
concede di portare, come singoli e come chiese.
La giornata del 19 agosto prevede,
nella mattinata, una parte più storica
su Protestanti e mondo moderno (fra i
relatori Giorgio Peyrot), e nel pomeriggio una tavola rotonda con Giorgio
Bouchard, Sergio Aquilante e Biagio
De Giovanni.
diffonderlo, per incarico della Società biblica di Londra
vendette Bibbie per cinque
anni in Spagna.
Poco prima della barbarie
nazista Jaja Sattler, un rotti
tedesco, tradusse in romanès
l’Evangelo di Giovanni e fu
il primo a ricevere una preparazione in vista del ministero
presso i Sinti e Rom. Purtroppo fu assassinato ad Auschwitz.
Tra le personalità note per
gli scritti ispirati alla vita e
alla cultura degli zigani ricordiamo Mateo Maximoff per
la traduzione di vari testi biblici tra cui il libro di Ruth, e
per il suo libro Condannato a
sopravvivere, in cui si scopre
tutto il dramma dei nomadi
zigani.
Centro zigano
di formazione biblica
Recentemente a Novay
(Francia) è stato inaugurato
in una proprietà di 131 ettari
un edificio con tutte le stmtture per i corsi biblici della
durata di due anni e per una
media di 200 studenti scapoli
0 con famiglia, in vista della
predicazione in tutto il mondo, ove si trovino le varie
tribù.
La giornata degli alunni
inizia alle 7,30 con canti e
preghiere, seguite da cinque
ore di lezione tranne il sabato, riservato alle pulizie.
Alunni e docenti appartengono alle varie tribù in modo da
formare una famiglia in cui
le differenze scompaiano di
fronte alla grande missione
che li attende.
Sotto la tenda
A Pianezza (presso Torino)
hanno avuto luogo recentemente una decina di serate indimenticabili con messaggi,
testimonianze, molto canto
alternato alle preghiere e animato dal gruppo corale delle
comunità pentecostali di Venaria e Pianezza e con un
simpatico gruppo di cantori
zigani.
La tenda degli incontri distava poche centinaia di metri
dalla chiesa di S. Pancrazio,
dove fu sepolto il marchese
di Pianezza, tristemente noto
per il massacro dei valdesi; a
distanza di tre secoli proprio
a Pianezza nasce una comunità pentecostale. L’elevata
predicazione del caro amico
«frère Jacob», animato dalla
potenza dello Spirito Santo in
misura tale da rendere desta
l’attenzione sino alla mezzanotte. L’appello a ricevere il
Cristo vivente nel quadro di
sofferenze, prove, morte di
cui è tessuta la vita umana, ha
lasciato un segno nel profondo del cuore dei presenti,
compreso il folto gruppo dei
Sinti.
Il fratello Jacob è responsabile dell’opera di risveglio tra
1 Sinti italiani e ha avuto la
gioia di battezzare in questi
ultimi tempi una quarantina
di zingari. Dopo Pianezza il
gruppo di Jacob proseguirà
per Rimini, dove sotto la stessa tenda continuerà la missione di risveglio per la sola gloria di Dio. Termino questa
cronaca con un pensiero scritto per gli studenti della Scuola biblica di Nevay: «Prima
che il maestro riempia il vostro cervello, egli vuole colmare i vostri cuori; il maestro ha messo nelle vostre
mani la sua spada, la spada
dello Spirito che è la Parola
di Dio» (Efesini 6, 17).
15
\/F.NERDÌ 9 LUGLIO 1993
W>^mm
Dei Lettori
Si:
PAG. 1 1 RIFORMA
8 per mille
«vox popoli»
Comprendo benissimo i
sentimenti del fratello in fede
Ugo Zeni e li rispetto ma,
poiché gli sarebbe pervenuta
una «vox populi» che non è
certamente «vox Dei», mi sia
concesso ripetere che il problema non è come destinare il
denaro che verrà alla nostra
chiesa. La questione è tutt’altra: quel denaro, che ovviamente è nostro (di noi cittadini) ci viene però concesso benignamente dallo stato che,
come si sa, ha voluto in primo luogo favorire la Chiesa
cattolica neH’ambito di un
Concordato che tutti i separatisti hanno apertamente combattuto sulla base di Marco
12, 17. Ma sono venute fuori
le Intese...
In parole povere, almeno
per me, sarebbe preferibile
impegnarsi concretamente a
finanziare la propria chiesa
anziché farlo anche a mezzo
dell’8%c, e ciò per non avallare quella posizione concordataria non neutralizzata dalle
Intese. Ma Io dico senza amarezza, anche se le cose non si
sono svolte al Sinodo nel senso da me auspicato. Ma quel
che fa il Sinodo corrisponde
sempre alla terza richiesta del
Padre Nostro? Fraternamente.
Giovanni Gönnet - Roma
La zecca
e la medaglia
di Almirante
Quattro notizie prese da
giornali italiani: due pongono
il problema economico e due
lo risolvono. La prima tratta
così la questione economica:
agli alpini mandati in Somalia in missione di pace era
stato promesso un compenso,
ma il governo non ha i soldi
necessari, tanto che è costret
to a privatizzare molte sue
imprese; Berlusconi è un imprenditore privato che ha già
avanzato pretese sui canali
radiotelevisivi di stato, e può
compensare con 800 milioni
a cranio i giocatori del Milán
per una partita. Ecco quindi
la soluzione, storicamente più
grezza, proposta: privatizziamo gli alpini, cediamoli a
Berlusconi in cambio di canali radio tv, e lui li pagherà.
L’altra notizia recita: gli
ascari somali, alleati dell’Italia fascista nelle guerre del
1935-36 e del 1940-41, chiedono la pensione che non arriva più dal 1990; la zecca
della Repubblica italiana antifascista ha coniato per conto
del Msi una medaglia ricordo
in occasione del 5° anniversario della morte di Giorgio Almirante, firmatario del bando
Oraziani per la fucilazione
dei giovani che non si presentavano alla leva fascista.
Questa la soluzione, più
«raffinata»: l’attuale governo
disponga che le pensioni degli ascari siano pagati dal Msi
con le medaglie coniate dalla
zecca. Ovvero: lasciate che i
morti seppelliscano i loro
morti.
Lionello Gaydou
Moncalieri (To)
A favore
della storia
delle religioni
Raccolgo il sasso lanciato
da Marco Rostan nelle acque
ormai stagnanti dell’insegnamento religioso nella scuola.
Non credo si possa essere
completamente d’accordo
quando dice che di fatto l’insegnamento, partito come religioso cattolico, si sia trasformato in insegnamento di
etica varia fatta, pur sempre,
da cattolici. Non vorrei generalizzare, ma penso che bisognerebbe analizzare caso per
caso e sarebbe troppo lungo
farlo e, in ogni caso, poco indicativo.
Sono invece molto d’accordo sulla proposta che la
Federazione delle chiese
Kiidkma
Via PioV, 15- 10125Torino-tel.011/655278-fax 011/657542
Via Feria, 93 - 80137 Napoii - tei. 081/291185 - fax 081/291175
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DIRETTORE; Giorgio GardioI
VICEDIRETTORI: Luciano Deodato, Emmanueie Paschetto
REDATTORI: Steiio Armand-Hugon, Claudio Bo, Luciano Cirica, Alberto Corsani, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo, Maurizio Girolami, Anna Maffei, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto
Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Pienraldo Rostan, Marco Schellenbaum, Florence Vinti, Raffaele Volpe
GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco,
Bruno Rostagno
AMMINISTRAZIONE; Mitzi Menusan
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pineralo ran il n. 176 del 1“ gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le
’’lodifiche sono state registrate con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Nella foto di prima pagina: Tank americano in Somalia
evangeliche in Italia prenda i
necessari contatti e verifichi
la possibilità di presentare un
curriculum di formazione
universitaria che prepari futuri docenti di «storia delle
religioni». A questo scopo
dovrà naturalmente essere
elaborato un disegno di legge
di modifica degli attuali programmi in collegamento con
le forze politiche disponibili.
Sono ancora più d’accordo
con l’idea di produrre un manuale di storia delle religioni
destinato agli insegnanti e
eventualmente agli allievi
delle superiori. È giusto pensare che i protestanti italiani
possano fare bene questo libro.
Non sono d’accordo invece
sul fatto che l’insegnamento
di «storia delle religioni»
debba essere materia ordinaria, obbligatoria per tutti,
mentre resterebbe facoltativo
l’attuale insegnamento cattolico. Storia delle religioni dovrebbe essere una materia facoltativa inserita in un elenco
di possibili materie facoltative in orario aggiuntivo, mentre l’attuale insegnamento
della religione cattolica dovrebbe uscire dai programmi
della scuola pubblica italiana.
Su questo ultimo punto dovremmo essere veramente irremovibili, soprattutto se
pensiamo alla società multietnica e plurireligiosa a cui
tendiamo, spero noi tutti.
Mario Tommasi
Forano Sabino
La foto
e la carta
Vorrei porre due domande
a proposito del giornale. La
prima riguarda la grande foto
che compare al centro della
prima pagina in ogni numero. Non sarebbe possibile
fornirla di una breve didascalia, dato che nove volte su
dieci è un’immagine che
sfugge a qualsiasi capacità
interpretativa, almeno del
sottoscritto, essendo priva di
un pur minimo aggancio con
gli articoli presenti sulla stessa pagina? Penso che molte
altre persone si saranno sentite titubanti di fronte a immagini quali donne che attraversano la strada in bicicletta
o stendono i panni lavati.
La seconda questione,
molto minore, riguarda la
carta utilizzata. Sono molto
contento che venga usata
carta riciclata e sbiancata
senza acidi, ma non si potrebbe averla di spessore un
poco minore? Bastano pochi
numeri «impilati» su un tavolino per fare una discreta
colonna...
Grazie per l’attenzione e
auguri di buon lavoro.
Davide Csermely - Parma
Una carta di spessore inferiore (ma questa è già molto
trasparente!) ci costringerebbe a cambiare tipo di stampa
e addirittura tipografia.
Per quanto riguarda la
questione delle foto: il progetto grafico del giornale
prevedeva un immagine in
prima pagina, non necessariamente legata agli articoli
(ma a volte lo è); un’immagine da cogliere, quindi, nella
sua autonomia espressiva,
un’immagine che possiamo
chiamare «evocativa»: di un
problema, di un fatto d’attualità (ahimè, spesso si tratta di fatti tragici). Per rispettare questa autonomia linguistica della foto non inseriamo una didascalia in prima pagina, perché essa rischierebbe di banalizzare
V immagine o di darne una
lettura preconfezionata; rischierebbe di togliere quel
po’ di fascino espressivo che
le foto (a volte più, a volte
meno) possono avere. La didascalia c’è comunque quasi
sempre (tranne i casi in cui
la foto parla proprio da sé) a
pag. 11, all’ interno del «tamburino» contenente l’organico della redazione e le indicazioni a norma di legge su
stampa, sede, amministrazione e tariffe di abbonamento.
(a.c.)
Basta!
Ai lettori e alle lettrici di
Riforma,
Alle chiese evangeliche.
Alle comunità ebraiche.
Agli organi di stampa, alle
radio e alle televisioni
«Basta combattere!».
Popoli dell’Islam, soldati
islamici e gruppi palestinesi,
civili e soldati di Israele.
Adesso basta! Basta combattere! Basta uccidere! Autobombe, attacchi ai civili, rappresaglie in luoghi dove non
si trovano più i responsabili
delle azioni da reprimere. Basta con le azioni violente in
cui muoiono innocenti!
È ora di smettere di sparare
e lasciare la parola alle trattative di pace.
Michele Schiavino - Torino
UNA DOMANDA
LA FORMULA
DEL BATTESIMO
Sul n. del 4 giugno ho
letto l’articolo di Luciano
Deodato sui battesimi praticati nella chiesa battista
di Napoli, che inizia citando l’interrogazione di fede
che si rivolge al catecumeno, seguita dalla formula
battesimale: «Sulla base di
questa tua confessione di
fede, io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo».
Benché tale formula presa da Matteo 28, 19 sia attualmente praticata da
quasi tutte le chiese e le
confessioni cristiane, io mi
interrogo intorno al fatto
se questa sia stata la formula praticata dalla chiesa
primitiva. È da dire che la
questione del battesimo è
stata e continua a essere
una questione dibattuta
all’interno del mondo cristiano e dalle chiese stesse.
Da una parte ci sono
chiese (cattolica, luterana,
valdese, ecc.) che battezzano gli infanti e per aspersione, dall’altra chiese
(battisti, pentecostali, ecc.)
che battezzano gli adulti e
per immersione. Questi diversi modi di praticare il
battesimo a volte ha causato tensione tra le chiese che
hanno intrapreso un cammino ecumenico a volte
lento a compiersi.
La mia domanda sorvola
tali questioni, e si sofferma
invece sulla formula usata
dalla chiesa primitiva. Naturalmente il libro in cui si
parla della prima chiesa
apostolica è quello degli
Atti, ove emerge però che
la formula usata dalla chie
sa primitiva è «Nel nome di
Gesù Cristo» (Atti 2, 38 e
paralleli) e non quella di
Matteo. Tale formula è ripetuta più volte e in occasioni diverse. Il battesimo
non è una pratica istituita
da una chiesa, né tantomeno un rito. Esso ha a che
fare con l’opera che Dio
compie nel credente. Raffigura la morte e la sepoltura
del vecchio uomo, la resurrezione in novità di vita del
credente, e la sua identificazione con Cristo.
Di fronte al comandamento di battezzare ci si è
chiesti finora come sia
pensabile che solo in Matteo venga tramandata la
formula «nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo», mentre altrove
si battezza sempre «nel nome di Gesù Cristo».
Ora non si deve intendere il battesimo come qualcosa di formulare: tali non
erano nemmeno le beatitudini, il Padre Nostro e le
parole dell’ultima cena. La
volontà di Dio proclamata
nell’Antico Testamento è
compiuta nel nome di Gesù
e nel suo nome si predica a
tutti i popoli la conversione
per la remissione dei peccati. La professione di fede
nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo non è forse
riassunta nel nome di Gesù? Come mai le chiese
hanno seguito la formula
matteana che ci è tramandata a partire dalla Didachè
e non quella lucana degli
Atti, che è quella praticata
dagli apostoli?
past. Giacomo Tumbarello
Garbagnate Milanese
Convengo che la formula battesimale di Matteo 28, per
quel poco che ci è dato di sapere, è tardiva e non risale a
Gesù stesso. Ma non è detto che quella di Atti 2 sia più
«autentica» in quanto «primitiva».
La risposta al problema sollevato dal fratello Tumbarello è contenuta nella sua stessa domanda: il «nome» di Gesù Cristo racchiude tutta l’azione di Dio Padre, Figlio e
Spirito Santo. E allora, perché non esplicitare ciò che è
implicito?
Le chiese nate dalla Riforma non sono antitrinitarie e
perciò non hanno alcun timore di parlare della Trinità.
(l.d.).
DONNE E LAVORO - L’ amministrazione comunale di Novara e l’Agenzia per l’impiego del Piemonte, con il contributo della
Banca popolare di Novara, hanno istituito la
borsa di studio «Donna e lavoro» da assegnare a una ricerca inedita sulle condizioni economiche, sociali e culturali che hanno influito
sull’evoluzione del rapporto donna-lavoro. Il
premio è articolato su tre borse (5, 3, 1 milione di lire).
La ricerca verterà su un aspetto storico, culturale, sociale o economico, dall’antichità ai
giorni nostri, purché riferito alla realtà del
Piemonte.
Gli elaborati dovranno essere consegnati entro il 31 dicembre 1993 alla segreteria del premio, c/o l’Agenzia per l’impiego del Piemonte, via Arcivescovado 9 (scala C, IV piano)
10121 Torino (tei. 011-5613222).
È NATO! — Il 25 giugno è nato Andrea
Comba di Pietro e Daniela. Lo annunciano,
con riconoscenza al Signore, i genitori e i nonni, Roberto e Elena Comba.
NUOVO INDIRIZZO — Il pastore battista
Mauro Del Nista comunica il suo nuovo indirizzo: via Baldwig 7, 57100 Livorno.Telefo
no 0586/863352.
LAUREE — Marco Fraschia si è brillantemente laureato (110 e lode) in lettere classiche
discutendo una tesi su «La Bibbia nelle lettere
dell’esilio di Giovanni Crisostomo».
Monica Natali si è laureata (110) in pedagogia presso l’Università di Torino discutendo
una tesi su «Rappresentazioni sociali e relazioni intergruppo: valdesi e cattolici a Torre Pellice». Ai neolaureati congratulazioni e auguri.
RINGRAZIAMENTO
«lo alzo gli occhi ai monti...
Donde mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto vien dall'Eterno».
La moglie, la sorella e i figli di
Aldo Pellenco
neH’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro
che con la loro presenza e i loro
scritti li hanno circondati con affetto nel doloroso momento del
distacco. Un grazie particolare al
pastore Claudio Pasquet.
Torre Pellice, 30 giugno 1993
I necrologi si accettano
entro le ore 9 del lunedi.
Telefonare al numero
011-655278 - fax 011657542.
ONORANZE E TRASPORTI FUNEBRI
Torre Pellice - Via Matteotti, 8 - tei. 0121/932052
Luserna S. Giovanni - Via Gianavello, 31 - tei. 0121/909565
Servizio Notturno e festivo: Luserna S. Giovanni C.so Matteotti, 13 tei. 0121/909745
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■■ mi ■! I e.n.e.
Sede: Luserna S, Giovanni - Via L. Tegas, 43/4 - « 0121/909008
Torre Peiiice - Viale Mazzini, 3-« 0121/932400
Servizio Notturno e festivo: •o’ 909537 - 909723 - 901201
16
PAG. 12 RIFORMA
VILLAGGIO CjLOIBAILE
VENERDÌ 9 LUGLIO 1993
m
Somalia: uno dei paesi del «villaggio globale» in cui i diritti umani più elementari non vengono rispettati
Vienna: 5.000 delegati alla Conferenza mondiale dell'Onu
Il vertice delle occasioni mancate
per il rispetto dei diritti umani
ROBERTO PEYROT
In un mondo che continua a
fare dell’arbitrio e della
violenza una normale regola
di comportamento si è svolta
la Conferenza mondiale delle
Nazioni Unite sui diritti umani. La città di Vienna ha ospitato nella seconda metà di
giugno 5.000 delegati di 181
paesi nonché un migliaio di
giornalisti.
Tuttavia i mass media in
genere e i quotidiani in specie
hanno dedicato un modesto
spazio aH’avvenimento. La
cosa è d’altronde giustificata
dato che, se non sono mancate le dichiarazioni di principio sull’universalità dei diritti
umani, ben poche sono state
le decisioni concrete. Forse la
definizione più centrata su
questo incontro è quella fornita dal segretario generale di
Amnesty International, Pierre
Sané, presente fra i rappresentanti delle organizzazioni
non governative: «È stato il
vertice delle occasioni mancate».
Il documento finale fa specifico riferimento ai diritti
delle persone, con particolare
riguardo alle donne, ai bambini, alle minoranze, alle popolazioni indigene e raccomanda nel frattempo alla
prossima Assemblea generale
dell’Onu di esaminare la possibilità della creazione di un
Alto commissariato per tali
diritti.
Per contro, a questo proposito, vi è stata una notevole
opposizione da parte dei rappresentanti di quei paesi che
ritengono tale salvaguardia
un’indebita ingerenza negli
affati interni di uno stato sovrano. Quante volte si sono
già sentite simili affermazioni
a copertura di repressioni di
ogni genere!
Maggiore ancora è stata
l’opposizione alla costituzione di una Corte intemazionale di giustizia incaricata di
giudicare i crimini contro
l’umanità, che potrebbe costituire una valida alternativa alla soluzione dei conflitti e
della violazione dei diritti
mediante gli attuali interventi
armati dell’Onu, a loro volta
fatalmente forieri di nuove
violenze.
Proprio alla fine dell’Assemblea, e subito dopo, si sono verificati ulteriori drammatici fatti fra i quali ricordiamo la serie di attacchi curdi a ambasciate e istituzioni
turche in Europa, intese a de
nunciare la repressione di
quel popolo (ma anche Iraq,
Iran e Siria hanno le loro gravi responsabilità), mentre gli
Stati Uniti, ormai unico gendarme planetario, hanno lanciato un improvviso attacco
missilistico su Baghdad come
risposta all’attentato terroristico contro Bush durante la
sua visita in Kuwait (che fu
scoperto e sventato il giorno
prima dell’arrivo dell’ex presidente); ma non è forse terrorismo anche questo? ,
In un clima in cui i focolai
di tensione e i conflitti locali
aumentano in numero e in
violenza, il compito e la funzione delle Nazioni Unite
vanno profondamente riformati, di pari passo con le trasformazioni in atto a livello
mondiale. Fra quelle più evidenti vi è la sempre maggiore
interdipendenza planetaria (il
«villaggio globale»). È appunto in nome di questa complessa interdipendenza che le
Nazioni Unite si devono trasformare dall’attuale organizzazione di stati sovrani armati
in assemblea mondiale di po
poli, che possano equamente
condividere le risorse ma anche le responsabilità di questa
grande convivenza. La stessa
Carta dell’Onu (art. 28) solennemente proclama che
«ogni individuo ha diritto a
un ordine sociale e internazionale nel quale tutti i diritti
e le libertà possano essere
pienamente realizzati».
Certo per realizzare questo
«ordine internazionale» il
cammino sarà lungo e difficile. Il punto di partenza c’è e è
dato dalla Dichiarazione universale dei diritti umani del
1948, dalle successive convenzioni intemazionali sui diritti civili, politici e economici, sociali e culturali del
1966, da quella sui diritti
dell’infanzia del 1990.
Tutto sta nel vedere e soprattutto nell’operare (le
chiese devono avere in questo
processo un ruolo certamente
non secondario) affinché tali
diritti popolari vengano anteposti all’ormai troppo vecchio diritto internazionale,
basato sulla sovranità dei singoli stati.
Durante ¡I «forum» organizzato dalle Ong
Fischiato J. Carter
Alla Conferenza di Vienna
hanno partecipato 13 membri
della delegazione del Consiglio ecumenico delle chiese,
nonché rappresentanti della
Federazione luterana mondiale, dell’Alleanza riformata
mondiale, della Conferenza
delle chiese europee, dei
Consigli nazionali di chiese
delle Filippine e degli Stati
Uniti, e della Chiesa evangelica del Rio de la Piata.
Essi hanno preso parte al
«fomm» delle organizzazioni
non governative (Ong) che si
è svolto dal 10 al 12 giugno,
prima della Conferenza stessa. 1.000 «Ong» locali, regionali e internazionali erano
rappresentate.
Tre problemi in particolare
sono stati affrontati: i diritti
dei popoli autoctoni, i diritti
delle donne, il rapporto tra diritti umani, sviluppo e democrazia.
Le oltre 2.000 persone presenti hanno dibattuto della situazione attuale delle violazioni dei diritti umani e del
l’efficacia delle norme e dei
meccanismi dell’Onu in questo campo.
Il «forum» si è soffermato
in particolare sui diritti dei
bambini e dei giovani, espulsioni, diritto alla casa, sistema delle caste, diritti degli
handicappati.
Numerose raccomandazioni
sono state raccolte in un documento finale inviato alle
delegazioni governative alla
Conferenza.
Al termine del «forum» si è
svolta una manifestazione
guidata dai rappresentanti
delle «Ong» latinoamericane:
l’ex presidente americano
Jimmy Carter è stato fischiato
durante il suo discorso di
chiusura.
Le «Ong» latinoamericane
avevano infatti mandato una
petizione al comitato di preparazione, chiedendo di non
invitare Jimmy Carter «perché è stato il presidente di un
paese principalmente responsabile delle violazioni dei diritti umani nel mondo».
Due lettere di ringraziamento dalle chiese battiste della Croazia
«Abbiamo ancora bisogno
della vostra solidarietà cristiana»
RENATO COi'SSON
Nel dicembre del 1991,
davanti alla crescente
tragedia che colpiva la Jugoslavia, il primo canale attraverso il quale abbiamo potuto
portare un segno di solidarietà alle vittime più indifese
della guerra è stato il centro
di diffusione di letteratura
evangelica Duhovna Stvamost, di Zagabria.
Dopo i primi interventi, resi possibili in particolare grazie all’aiuto di alcune comunità valdesi della vai Germanasca e quella di Sanremo, la
nostra collaborazione si è meglio organizzata nel quadro
degli aiuti coordinati dal Servizio rifugiati e migranti della
Fcei.
Abbiamo così assicurato il
finanziamento regolare di due
invii mensili di viveri e materiale igienico-sanitario per un
valore di circa due milioni
ogni viaggio.
Abbiamo ricevuto dal responsabile del centro Duhovna Stvarnost, dori. Branko
Lovrec, presidente della Federazione battista croata, una
lettera nella quale fa il punto
della situazione. «Duhovna
Stvarnost vuole ringraziare la
Federazione delle chiese
evangeliche in Italia per
l’aiuto dato al nostro pro
gramma di assistenza alle vittime della guerra in Croazia e
Bosnia — scrive Lovrec -. La
situazione politica attuale ci
fa prevedere che non ci sarà
una soluzione vicina ai problemi delle persone che cerchiamo di aiutare. Abbiamo
quindi bisogno di poter contare ancora sulla solidarietà
dei fratelli e delle sorelle sensibili all’appello della solidarietà cristiana.
Duhovna Stvarnost provvede aiuto umanitario a tre categorie di persone. Abbiamo
incominciato a lavorare con il
primo gruppo fin dal 4 dicembre 1990. Sono quanti
gravitano intorno ai nostri uffici di Zagabria e segnalatici
dalla municipalità. Attualmente seguiamo 334 rifugiati,
330 poveri (disoccupati e anziani) e 43 donne il cui marito è militare. A questi abbiamo aggiunto un secondo
gruppo di persone in difficoltà con le quali siamo venuti in contatto in diverse circostanze che comprendono
510 rifugiati, 80 poveri e 25
rifugiati senza alcun appoggio.
Nel novembre 1992 abbiamo ancora allargato il nostro
campo d’azione includendo
rifugiati dalla Bosnia e dall’
Erzegovina, e gente dalla
Croazia senza più mezzi di
sussistenza. Fra questi abbiamo 870 rifugiati da Gradacac,
del Nordest della Bosnia. A
questo gruppo forniamo
quanto necessario per vivere.
Abbiamo inoltre identificato
382 rifugiati oltre i 60 anni,
in situazioni estremamente
precarie. Un altro gruppo che
ci chiede aiuto comprende
243 madri con due o più figli
sotto i 15 anni (per un totale
di 716 bambini). Queste madri non ce la fanno a trovare
cibo per la famiglia.
Dagli uffici del Duhovna
Stvarnost assistiamo dunque
un totale di 3.259 persone
con un costo di 41.000 dollari
al mese. Purtroppo in maggio
non siamo stati in grado di
coprire tutto il fabbisogno e
abbiamo dovuto lasciare senza aiuto gli 870 rifugiati di
Gradacac e i 382 anziani.
Fraternamente in Cristo:
Branko Lovrec».
L’aiuto che come Federazione diamo a questo programma è minimo. Sono molti gruppi evangelici di tutta
Europa a portarne il maggior
peso. Quanto inviamo da
Trieste viene però a colmare
delle lacune importanti. È
quindi estremamente necessario continuare e in questo
sappiamo di poter contare
suil’aiuto di tante comunità
italiane.
«Abbiamo molti vecchi e orfani
»
Nel giugno di quest’anno, il gruppo femminile della Chiesa battista di Milano-Pinamonte ha inviato una lettera di solidarietà alle chiese battiste di Zagabria e Belgrado. Riportiamo qui di seguito la risposta che ci è pervenuta da Zagabria dal pastore battista Mikuliz. In altra parte dell’allegato si evince che il lavoro svolto in questa parte della Croazia è fatto su base ecumenica
«Care sorelle, vi ringraziamo della vostra
lettera del 7 giugno, che ci è stata d’incoraggiamento per la nostra azione umanitaria. Attualmente ci occupiamo di ventimila famiglie
di rifugiati e senzatetto oltre che di famiglie
disastrate.
Oltre a provvedere cibo, vestiti e medicine,
chiediamo ai nostri donatori di aiutarci con
l’invio di denaro per riattivare una scuola elementare a Moszeninza, dove abbiamo soltanto
quattro aule per duecentottanta alunni, perché
oltre ottocento profughi sono ospitati nei locali scolastici. Vorremmo anche concorrere alla
costruzione di un ospedale a Moszeninza, perché quello di Petrinja è stato occupato.
In primavera quest’anno abbiamo ricevuto
trecento tonnellate di patate da seme, duecento
tonnellate di semi di mais e quindici tonnellate
-di semi di altre verdure in modo che i rifugiati
potessero produrre il loro necessario. Ora abbiamo bisogno di attrezzatura agricola. Vi saremmo grati se poteste trovare in Italia donatori disposti a fornirci attrezzature scolastiche,
sanitarie e sedie per chiese evangeliche. Una
richiesta specifica riguarda le attrezzature da
cucina adatte alla combustione di carburanti
solidi. Noi possiamo disporre già di un donatore che finanzierebbe il trasporto di stufe per
famiglie che hanno perso tutto.
Non è necessario elencare tutto ciò di cui
abbiamo bisogno dopo due anni di distruzioni.
Abbiamo molti vecchi e orfani consegnati alle
cure di organizzazioni umanitarie. Ecco perché facciamo appello anche a voi. Voi avete
detto che siete un piccolo gruppo, ma se avete
una fede viva e prontezza nel fare, siamo convinti che la ricca e grande Italia si unirà a voi
per aiutare il nostro popolo.
Crediamo che la risposta di Dio alle nostre
e alle vostre preghiere farà sì che i bisognosi
creati da questa guerra satanica ricevano assistenza e glorifichino il Signore per l’aiuto ricevuto da e attraverso voi.
Ricevete i nostri ringraziamenti e che Dio
vi benedica abbondantemente».
dott. Josip Mikuliz
presidente dell'Unione battista di Croazia
Un’immagine della guerra nella ex Jugoslavia: dopo un lancio di aiuti americani paracadutati a Gorazde