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Anno 113 — M. 35
10 settembre 1976 — L. 150
Spedizione in abbonamento postale
I Gruppo /70
BlBi,iuT;::CA VALDESE
10066 TORRE PEIL ICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
PREDICAZIONE DEL MODERATORE
L’avventura di Giona: sottoporsi
aila Parola che libera e impegna
« Or dunque, o Eterno, ti prego, riprendi la mia vita, poiché
per me vai meglio tnorire che vivere.
E l’Eterno disse a Giona: “Fai tu bene ad irritarti cosi?” ».
^ (Giona 4: 3-4).
E’ UN SERVITORE DI DIO
Un uomo di Dio, un messaggero di Dio è deluso, irritato. La
sua angoscia è talmente grande
che egli grida a Dio il suo tormento con queste parole; « Riprendi la mia vita poiché per me
vai meglio morire che vivere».
Onesto predicatore aveva proclamato quello che Dio gli aveva
comandato di dire; « Predica contro Nini ve ».
Se in un primo momento — come noi ben ricordiamo — Giona
aveva rifiutato il mandato ricevuto; anziché prendere la via della
steppa, verso est, era sceso a
Giaffa e si era imbarcato su una
nave che faceva vela verso occidente; Tarsis, ora egli ha risposto alla vocazione rivoltagli dal
Signore; egli è andato a Ninive e
si è « inoltrato nella città per il
cammino di una giornata », ha recato il messaggio di Dio, esponendosi anche a gravi pericoli personali. Nella città del benessere e
delle violenze, Giona ha proclamato; « Ancora 40 giorni e Ninive sarà distrutta ».
Come mai Giona è ora nella disperazione, perché è egli irritato?
UN MOMENTO
DI CONFRONTO
La nostra predicazione vuole
essere per noi tutti un momento
di confronto dei nostri pensieri,
delle nostre linee di lavoro, come
chiesa, delle nostre prese di posizione, del nostro stesso modo di
concepire la missione della Chiesa, con la Parola di Dio, così come essa giunge a noi nella meravigliosa parabola di Giona.
I
ANCHE IL PROFETA
HA I SUOI LIMITI UMANI
Giona era sicuro di essere lui
nel giusto, di avere lui ragione e
questo lo dice chiaramente anche
a Dio. Giona si sente il difensore
dell’onore di Dio. esigendo la distruzione di Ninive.
Ma Giona è ancora soltanto un
uomo con i suoi limiti ed il peso
dell'« uomo vecchio », anche dopo
l'esperienza della miracolosa liberazione da parte del Signore.
Anche dopo la « nuova nasci
NELLE ALTRE
PAGINE
Le osservazioni sui
documenti ecume*
nici di Accra: il
testo definitivo 3
Temi del Sinodo e
delia Conferenza
Metodista 4-5
Cronaca delle Valli 6-7
ta » si manifesta nei credenti la
vecchia mentalità.
Bisogna prenderne atto.
Un ripensamento di quella che
abbiamo chiamato negli anni ’30
« il pessimismo antropologico »,
dovrebbe del continuo avvenire
nel susseguirsi delle generazioni.
È a causa di questa nostra condizione umana che non sempre
abbiamo « il senso delle cose di
Dio ». Anche i figli di Zebedeo —
ricordate? — invocarono un giorno il fuoco dal cielo. Ma Gesù
« li sgridò »; essi non sapevano
dal quale spirito fossero animati.
Quando noi esprimiamo con
tanta sicurezza duri giudizi definitivi sui nostri fratelli e ci lasciamo condizionare da continui sospetti e paure, da quale spirito
siamo noi animati?
Su noi tutti incombe la inquietante possibilità di sentirci dire
dal nostro vivente Signore quello
che egli disse a uno dei suoi discepoli — certamente tra i più
impegnati; Pietro; « Tu non hai
il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini ».
Noi tutti dunque, abbiamo del
continuo bisogno di essere « trasformati, mediante il rinnovamento della nostra mente ». Noi tutti,
proprio in questo tempo di tensione, abbiamo necessità di essere
« ripieni della profonda conoscenza della volontà di Dio in ogni sapienza e conoscenza spirituale »
affinché possiamo in ogni nuova
situazione storica « camminare in
modo degno del Signore » (Col.
1; 9-10).
GIUDIZIO DEFINITIVO
Quando siamo portati ad esprimere giudizi definitivi o ad assumere atteggiamenti di « crociata », dovremmo ricordare che, secondo l’Evangelo di Cristo, il giudizio definitivo spetta solo a Dio.
La parabola delle zizzanie è
esemplare al riguardo; « Vuoi tu
che andiamo ad estirparle? ».
Quale è stata la risposta del Signore? « Lasciate che ambedue
crescano assieme fino alla mietitura ».
Noi siamo ancora soltanto nel
tempo in cui « le messi biondeggiano ».
Al tempo della mietitura il Signore stesso interverrà. Gesù infatti afferma; « Io dirò ai mietitori... cogliete prima le zizzanie e
legatele in fasci per bruciarle ».
Il
IL RIFIUTQ DELLA
LIBERTA’ DI DIQ
Quanto sia arduo avere il senso delle cose di Dio, lo dimostra
chiaramente la parabola di Giona che stiamo meditando. In essa
è detto che « la Parola dell’Eterno
fu rivolta per la seconda volta a
Giona ». Per la seconda volta l’Eterno rivolge un appello al suo
servitore, riprende a parlargli, ne
fa di nuovo il suo interlocutore,
il suo strumento per .attuare il suo
piano.
Il nostro Dio è un Dio libero,
è un Signore vivente, fedele alla
sua decisione di salvezza per l’uomo e per l’umanità. Egli incontra
sempre di nuovo i suoi servitori,
il suo popolo e la sua Parola da
nuove indicazioni,, pone su nuove
vie i suoi messaggeri. Solo la sua
parola è sempre potenza creatriAldo Sbaffl
(continua a pag. 2)
A TORRE RELUCE
Conferenza Metodista, 1976
Delle tre o quattro «cartuccie»
che la Conferenza Metodista, come tale, aveva ancora da sparare lo scorso anno ne è stata sparata una. Ha colpito qualche bersaglio? Ha dato un ulteriore contributo al processo di integrazione con la Chiesa Valdese? Ha fatto qualche progresso nella determinazione dell’apporto originale
che il Metodismo può e deve dare
alla integrazione affinché essa
sia una sommatoria di elementi
positivi e concreti e non una giustapposizione di elementi astratti? E in questa ottica che vorrebbero essere brevemente riassunte le impressioni di chi scrive.
E la risposta è sostanzialmente positiva.
Nelle sessioni congiunte si è
fatto un buon lavoro, non limitato al completamento della regolamentazione ed alla attuazione
dei regolamenti già in vigore. Mi
riferisco non solo alle decisioni
Metodiste tendenti a realizzare
fin d’ora un modello di Conferenza e di Comitato Permanente, che
si avvicini in concreto a quella
che sarà la partecipazione Metodista agli Organi della Chiesa e
del Sinodo ad integrazione avvenuta. Ma anche alla avviata realizzazione dei nuovi Circuiti e
Distretti integrati, che stanno
svolgendo con passo abbastanza
bersaglieresco il loro periodo di
rodaggio. Certo la definizione
nella pratica dei loro compiti rispettivi e del loro inquadramento nell’opera delle due amministrazioni centrali richiede ancora chiarimenti e aggiustamenti.
Per i metodisti ad esempio pare
ancora da chiarire la definizione
dei poteri « amministrativi » dei
Distretti in rapporto a quelli delle Amministrazioni Centrali, peri
valdesi forse non è ancora chiara la funzione dei Circuiti che,
al loro livello, dovrebbero tendere non solo a meglio organizzare la vita delle Chiese, ma anche a ricercare linee di predicazione e di testimonianza non
troppo eterogenee, sia pure in un
corretto pluralismo.
Ma vorrei riferirmi anche alla
ampia discussione svoltasi in sessione congiunta sul tema « Fede
e Politica » (o perché non dire
meglio Fede e Testimonianza?).
La parte metodista deve fare
una onesta autocritica per la dimostrata sostanziale incapacità
a mantenere in sessione congiunta la discussione sul piano dei
principi e non delle persone. La
parte valdese (con tutte le possibili attenuanti) dovrebbe fare analoga autocritica per aver tenuto troppo a lungo su di un pia
no personalistico la discussione.
E ciò perché, in primo luogo, le
persone di Tullio Vinay e di
Gianna Sciclone non meritano
dìe si discuta in tal modo delle
loro decisioni; ed in secondo luogo perché il problema di fondo
trascende le persone ed è di importanza fondamentale per la vita della Chiesa, senza che si possa riferirsi alla persona « x » cui
tutto può essere concesso perché
è « buona » e le persone « y » o
« z » cui nulla dovrebbe essere
concesso perché sono meno
« buoni ».
Certo si è che per i metodisti
il problema appare in una ottica diversa. Fin da Giovanni Wesley il problema non è stato se
Niso De Michelis
(continua a pag. 5)
Lefebvre e Paolo VI:
verso un accordo?
« Sono pronto a andarmi a inginocchiare dinanzi al Papa, ma
non a dirgli; Santo Padre, ditemi di essere protestante e lo sarò. Questo mai ». Così, si è
espresso, nel palazzetto dello
sport di Besançon, nel corso di
una messa in latino, l’ex vescovo di Tulle, monsignor Lefèbvre.
Dopo la grande messa tridentina di Lilla, che ha raccolto
seimila persone, questa di Besançon è stata meno visitata, e
l’ex vescovo si è espresso in toni più moderati, facendo capire
eh« « è possibile che con il Vaticano le cose si aggiustino».
Sembra dunque che il movimento di Lefèbvre vada verso
un accordo con Paolo VI, probabilmente cercando di condi
zionare il più possibile la linea
futura della curia romana.
È da segnalare che il partito
socialista e il partito socialista
unificato francesi si sono pronunciati in modo molto critico
verso l’iniziativa tradizionalista
di Besançon, la città dove da
molti mesi si svolge la lotta degli operai della fabbrica Lip.
Anche il « Comitato di sostegno alla lotta del popolo argentino » ha violentemente protestato contro la messa in latino e
la presenza di mons. Lefèbvre,
definendola « una provocazione». Nel suo discorso, Lefèbvre
aveva infatti avuto parole di elogio per il regime militare argentino.
confronto
o lotta?
Quale valutazione dare del di.
battito sinodale su fede e politica? Possiamo dichiararci soddisfatti? La parola che è stata detta era veramente quella che ci si
attendeva?
Senza la pretesa di dare una
valutazione definitiva, vorrei dire le ntie impressioni, dopo essermi rigorosamente limitato al
mio compito di cronista nel numero scorso.
Indubbiamente il dibattito ha
in parte risposto alle attese. Non
vi sono stati momenti esageratamente polemici, chi ha parlato
ha cercato effettivamente di tener conto delle argomentazioni
della parte contraria, ci si è dati
insomma la pena non soltanto
di attaccare, ma anche di ascoltare.
Un dibattito costruttivo, tale è
stato, al di là delle tensioni e
delle cariche emotive, il dibattito sinodale di quest’anno. Sono
state fatte molte osservazioni
giuste, vi è stata talvolta (penso
agli interventi per molti aspetti
così diversi, di Santini e di Ricca) una diagnosi acuta dei mali
di cui soffre la Chiesa, o meglio
dei veri problemi che stanno aL
la base del disagio da più parti
denunciato.
Vi è stato insomma un tentativo serio di risalire dai sintomi
alla o alle cause, di andare al
fondo dei problemi che attualmente ci travagliano. Molte delle cose dette possono senz’altro
costituire il punto di partenza
per un’ulteriore riflessione nelle
Chiese.
Fatto questo doveroso riconoscimento, non posso tuttavia dire
di essere uscito soddisfatto dalla giornata di dibattito. Sarà il
“pessimismo dei valdesi", di cui
parlava Giorgio Bouchard nel
sermone del mattino? Non so,
ma il fatto che si sia potuto parlare in fondo così serenamente,
che si sia potuto fare appello allo spirito fraterno che nonostante tutto ci lega, non ha potuto
cancellare in me un senso di sospetto.
Il sospetto che, malgrado tutto
il bene che se ne può dire, il confronto sinodale non sia stato in
fondo nient’altro che una di
quelle tregue tipiche del conflitto mediorientale, quelle tregue
che non risolvono nessun problema, ma che servono soltanto
a riprendere fiato per tornare a
scontrarsi più accanitamente che
mai.
Nei “corridoi” del Sinodo, dopo la discussione, si è sentito
qualcuno dire: « Continueremo
la lotta ».
Perché? Si tratta dunque di
lotta, e non di quel « confronto
fraterno» di cui parla l’ordine del
giorno approvato dal Sinodo?
Forse non si crede più alla pos.
sibilità di un confronto fraterno
nelle Chiese? O non lo si ritiene
auspicabile? E allora perché non.
lo si è detto chiaramente in Sinodo?
A me sembra che, dietro questo atteggiamento, vi sia il problema della rappresentatività del
Sinodo: a ragione o a torto (ma
io credo a torto), si sta diffondendo la grave persuasione che
le decisioni del Sinodo non siano
più vincolanti, perché il Sinodo
sarebbe ormai dominato da una
maggioranza di sinistra, che non
rappresenterebbe la posizione
della grande maggioranza della
Chiesa. Questa è la reale convinzione di alcuni, che però in Sinodo non si è espressa chiaramente. Perché altrimenti si saBruno Rostagno
(continua a pag. 2)
2
zTxrrCTTTi^rc—lu
Lavventura di Giona: ii confronto
con ia pàroia che libera e impegna
(segue da pag. 1)
ce, non può essere vincolata alle
tradizioni ed agli schemi del passato.
LA LIBERTA’ DI DIO
È AMORE
La libertà di Dio, che sovente
ci sconcerta, in definitiva è una
delle espressioni più significative
dell’amore di Dio. Ce lo ricorda
Gesù stesso nella parabola dei lavoratori delle diverse ore. La parabola ci dice che i lavoratori delle prime ore « mormoravano contro il padrone di casa. Questi ultimi non han fatto che un’ora e
tu gli hai fatti pari a noi che abbiamo portato il peso della giornata e il caldo ». Cosa risponde il
Signore? « Non mi è lecito di far
del mio ciò che voglio? O vedi tu
di malocchio ch’io sia buono? ».
Quella dunque che a prima vista sembrava libertà, come arbitrio, si rivela invece come libertà
di fare misericordia.
La libertà di Dio è sempre motivata dall’amore.
ANCHE PER LA CHIESA
PRIMITIVA...
Il racconto contenuto nei capitoli 10 e 11 del libro degli Atti,
là dove si parla della conversione
del centurione romano Cornelio,
è esemplare al riguardo.
Pietro, per riconoscere ed accettare le nuove indicazioni del
Signore — cioè, prima di decidersi ad andare a Cesarea ed entrare
nella casa di un pagano — ha bisogno di una visione. E quando
in visione riceve l’ordine di mangiare animali puri ed impuri —
il che era una grave trasgressione
Secondo la legge del popolo di
Israele — scandalizzato esclama:
« in nessun modo. Signore! ».
La sua spontanea reazione è
più che comprensibile. Il Signóre
pronunciava in quel momento una parola nuova, e questa nuova
Confronto
o lotta?
(segue da pag. 1)
rehhe fatta la ormai famosa "petizione”?
Questo è un rilievo. L’altro rilievo che vorrei fare, è che la
parte che ha presentato la petizione mi è sembrata stranamente silenziosa. Non mi riferisco
tanto^ al numero degli interventi
(dieci, su un totale di cinquanta),^ quanto al tipo di argomentazione che è stato sviluppato.
Abbiamo ascoltato delle confessioni personali, abbiamo ascoltato delle critiche alla conduzione
della Chiesa, ma un discorso veramente alternativo, rispetto alla linea della maggioranza del
Sinodo, non lo si è udito.
Chi avesse voluto farsi un'idea
delle ragioni profonde che oggi
dividono in due la Chiesa, sarebbe stato deluso. È significativo
che la critica teologica più radicale ^a molta “predicazione politica" che si fa nelle nostre Chiese, sia venuta non già dai presentatori della petizione, ma da uno
dei più lucidi sostenitori dell’impegno "socio-politico", cioè dal
prof. Paolo Ricca.
Quali sono le ragioni della crisi attuale nella Chiesa? Qual’è il
discorso da fare ai membri di
Chiesa? Qual’è il discorso da fare al mondo? Se, come hanno
detto Giovanni Conte, Scuderi,
Ernesto Ayassot, non si tratta di
disinteressarsi dei problemi politici, in che modo dobbiamo vivere il nostro impegno politico?
Su questi e altri temi avremmo
voluto ascoltare un discorso più
sviluppato e positivo.
Ma, se è vero che il confronto
va continuato, i nostri fratelli
avranno tutta l’opportunità di
spiegarsi più compiutamente.
Auguriamo soltanto che tutto avvenga per l’edificazione delle
Chiese, e non per la loro disgregazione.
parola era in contrasto con l’antica tradizione religiosa che il popolo d’Israele faceva risalire a
Dio stesso.
Ma quando Pietro non pone
più ostacoli alla libertà di Dio,
ecco sorgere un nuovo tempo per
la chiesa: « Lo Spirito Santo cadde su tutti coloro che udivano la
Parola» e giudei e gentili. A Cesarea il primo pagano Cornelio viene battezzato. Ormai la comunità
cristiana sarà formata e di giudei
e di gentili. Si riconosce che il
Cristo vivente è il Signore di tutti e che la buona novella della
salvezza è per ogni creatura.
ANCHE LA CHIESA
DEL NOSTRO TEMPO...
Una parola nuova, una nuova
testimonianza, un modo diverso
di rispondere alla vocazione ricevuta sia nel campo dell’evangelizzazione come in quello del servizio, diventano causa di mormorii,
di insofferenza, di irritazione.
Si ripete così quanto avvenne
alle origini del cristianesimo. A
Gerusalemme, Pietro dopo essere
stato in casa di Cornelio a Cesarea viene attaccato, accusato: « Tu
sei entrato da uomini incirconcisi
ed hai mangiato con loro ».
Quando nella chiesa di Cristo
nel mondo ed anche nella chiesa
valdese e nel protestantesimo italiano sarà di nuovo vissuta l’esperienza della chiesa primitiva riferitaci al termine del racconto che
abbiamo ora ricordato: « Essi allora — coloro che più erano attaccati alla tradizione — ed avevano accusato Pietro — avendo
compreso la motivazione dell’operato di colui che in quel momento
si era comportato come il grande
innovatore, « glorificavano tutti
insieme Iddio ».
III
IL RIFIUTO
DELLA SOLIDARIETÀ’
In Giona oltre al rifiuto della
libertà di Dio, si manifesta in modo evidente un’altra forma di rifiuto, anch’essa quanto mai sconcertante: il rifiuto della solidarietà umana.
Giona è irritato perchè Dio ha
fatto misericordia a Ninive. Ci
colpisce la domanda di Dio a
Giona: « Fai tu bene ad irritarti
così? », poiché il nostro pensiero
spontaneamente va ad un’altra
situazione molto più antica, quando l’Eterno rivolse la medesima
domanda ad un altro uomo.
« Perché sei tu irritato? », così
si rivolgeva Dio a colui che per
primo — secondo il racconto della Genesi — stava per rompere il
naturale rapporto di solidarietà umana: Caino meditava infatti in
cuor suo, di eliminare il fratello
Abele.
« Sono io forse il guardiano di
mio fratello » rispondeva allora
Caino all’Eterno che lo interpellava. Questo motivo della solidarietà umana e della responsabilità di
ognuno verso l’altro che sempre è
«fratello», percorre tutta la Bibbia.
I niniviti, gli abitanti tutti dei
nostri villaggi o delle nostre grandi città, anche coloro per i quali
noi riteniamo che il giudizio di
Dio dovrebbe manifestarsi come
condanna, tutti sono, secondo la
rivelazione biblica, nostri fratelli.
Quando si comprende che anche gli abitanti di Ninive, dei popoli dell’occidente e dell’oriente
sono nostri fratelli, non si può
rompere la solidarietà.
GIONA ESCE DALLA CITTA’
Giona invece esce dalla città —
secondo il racconto biblico —
« per tre giornate di cammino »
ha attraversato la città per uscirne daH’altra parte.
In quei tre giorni non ha visto
anche lui — come aveva visto il
Signore — che nella grande città
«si trovano più di 120.000 perso
ne che non sapevano distinguere
la loro destra dalla loro sinistra?»
cioè una gran moltitudine di fanciulli in tenera età.
Non ha udito in Ninive coloro
che « gridavano con forza a
Dio »?
Non ha visto coloro che per
esprimere in qualche modo il loro
ravvedimento « si erano vestiti di
sacchi »?
Nella città corrotta e violenta
già si manifestavano i « segni di
un nuovo mondo che stava per
sorgere ». Questi segni l’antico
predicatore non li sa scorgere, non
ne sa valutare la portata.
Dunque Giona, dopo tre giorni
di cammino, avendo attraversato
la città ne esce e si pone a sedere
ad oriente della città. Ad Oriente! Secondo la tradizione biblica
del tempo, è appunto da oriente
che si attendeva il giudizio.
Giona esce dalla città.
L’uomo di Dio, il popolo di
Dio ed ancora più concretamente,
la chiesa valdese, il protestantesimo italiano, non può « uscire dalla città », separarsi dai niniviti
suoi fratelli. Il popolo di Dio, ovunque Dio lo ponga nella storia,
deve rimanere a Ninive per partecipare e condividere il giudizio
di Dio quando esso si manifesterà; deve rimanere nella città ed
insieme ai niniviti deve con forza gridare all’Eterno. Ed anziché
assumere il ruolo del giusto che
condanna, molto meglio si addice
a tutto il popolo dei credenti, il
vestirsi di sacchi con i niniviti,
nel riconoscimento delle proprie
responsabilità per la drammatica
situazione del mondo.
UNA CAPANNA
Giona — continua il racconto
biblico — dopo essere uscito dalla città e dopo essersi messo a sedere ad oriente della città « si fecé quivi una capanna, s vi sedette
sotto, all’ombra ».
Giona si crea un rifugio lontano dalle grida di dolore dei niniviti, dallo spettacolo di una popolazione che spaventata attende la
grande calamità. Giona si fece
una capanna per proteggere se
stesso.
La chiesa che diventa un cenacolo di « giusti » che attende il
giudizio di Dio sugli altri. È questo che noi intendiamo quando
andiamo dicendo che la chiesa
non deve essere partecipe delle
lotte del nostro tempo per attuare giustizia e dignità per ogni
creatura umana?
Come è possibile rimanere nella « capanna » mentre Ninive può
essere distrutta, mentre l’umanità
intera può in breve tempo non
avere più possibilità di vita?
Come rimanere nella « capan
Figli, lavoro, fornelli
Caro direttore,
anche se in questo periodo su « La
Luce » compariranno probabilmente
lettere molto più « importanti A essendosi appena concluso il ^nodo,:'ritengo giusto rispondere alla lettera della signora Margherita Nelli Maurin,
comparsa nel numero del 27 agosto,
sulla donna lavoratrice e madre : perché è giusto, e urgente, che le donne
stesse siano aiutale a comprendere le
ragioni della lotta che si sta conducendo per la loro liberazione, e a guardare che cosa c’è dietro certe affermazioni apparentemente ineccepibili.
lo sono d’accordo con lei, signora
(e chi non sarebbe d’accordo?), sul
fatto che i figli devono essere amati,
curati, resi felici, e non abbandonati,
né ridotti a robot; sul fatto che è difficilissimo sentirsi insieme una buona
madre e una buona lavoratrice; che il
mettere al mondo dei figli è una grande responsabilità. Ma proprio qui è il
punto : questa grande responsabilità
non è solo di chi lì mette al mondo,
ma di tutta la società nella quale la
donna lì mette al mondo; è questa società che, buttando sulla donna soltanto ogni peso e problema relativo al
concepimento, airallevamento e all’educazione dei figli, lasciandola completamente sola, e continuando a ripeterle che quella solitudine è il suo unico
modo di essere madre, il suo destino
naturale, le rende impossibile non solo essere insieme una buona madre e
una buona lavoratrice, ma anche soltanto una donna consapevole delle
proprie effettive responsabilità.
La carenza e rinefficienza dei servizi sociali che dovrebbero affiancarla in
tante mansioni, rimpossibilità di mettere in comune i propri problemi do
libri / recensioni
È in vendita presso la Claudiana la Guida della Val Germanasca di Franco Davite e Raimondo Genre ( Claudiana Editrice), pp. 145, L. 3.000.
Il volumetto, frutto di un pazientissimo lavoro non da tava
lino ma col sacco in spalla, è
corredato con una minuziosa
cartina della zona e con più di
cento foto in bianco e nero e a
colori. Suddiviso in brevi capitoletti sulla flora, la fauna, leggende, itinerari e «patois» (interessante il glossarietto in appendice) la guida si presenta come un agile strumento di conoscenza approfondita della Germanasca, la « Cenerentola delle
Valli ».
mestici, materni, coniugali e personali
con quelli delle altre donne, i sensi di
colpa che da secoli la costringono a ritenersi manchevole verso la famiglia
se sceglie di inserirsi in una professione, sono tutti modi di perpetuare una
subòrdinazioné che in superficie appare invece sotto le mentite spoglie di
una vocazione al focolare domestico.
Spero che i dubbi che queste mie
brevi considerazioni avranno certamente lasciato, nella destinataria o in
altre lettrici, vengano esposti, perché
è molto importante che il discorso non
sia lasciato cadere e che le donne si
capiscano fra loro e costruiscano la
propria solidarietà.
Rita Gay
Caro .Oirettore,
Desideriamo puntualizzare alcuni aspetti che riteniamo importanti riguardo alla lettera apparsa sul n. 33 de « La
Luce » su « La donna lavoratrice e
madre ».
Non condividiamo infatti il discorso
sulla donna che, esercitando un’attività fuori casa, diventa « madre snaturata » e « riduce la famiglia a dei robot messi alla catena di montaggio ».
Il concetto di naturalità del ruolo
impostole va messo in questione infatti alla donna è stata imposta una serie
di compiti (assistenza ai bambini, cura
all anziano, ai malati ecc.) di cui invece la società dovrebbe farsi carico
istituendo una serie di servizi e infrastrutture ad uso collettivo (asili-nido,
centri aperti per anziani ecc.).
Pensiamo che la donna cosi come
1 uomo debba poter scegliere il suo
ruolo aH’interno della società, cioè la
donna dovrebbe sempre decidere in
base alle sue attitudini, esigenze, inclinazioni se svolgere il lavoro di casalinga o altra attività fuori casa.
L’importante è concepire la famiglia come un nucleo aperto dove la
donna assume le medesime responsabilità che ha l’uomo anche e soprattutto
riguardo all’educazione dei figli. Infatti è giusto che i figli siano « educali,
curali e amali », ma questo compito
uon e esclusivo della madre in quanto
anche il padre è altrettanto coinvolto
in questo importante ruolo.
In quanto all’ultima frase, pur essendo vero che i difetti delle sìngole
persone contribuiscono a determinare
« i mali del mondo » è però altrettanto vero che, come in un circolo vizioso, un mondo basato su strutture ingiuste a sua volta contribuisce a corrompere i singoli individui.
Con cordialità
Gruppo donne Val Pellice
(seguono le firme)
na » quando ci è stato affidato un
messaggio di speranza, quando —
secondo tutta la rivelazione biblica ^ ^— Dio affida all’uomo una
chiara responsabilità e vuole che
l’uomo, che tutto il suo popolo,
sia nel mondo strumento suo di
liberazione?
« La Chiesa — afferma Bonhoeffer — è davvero se stessa, solo quando esiste per l’umanità...
Essa deve prendere il suo posto
nella vita sociale del mondo non
dominando, ma servendo gli uomini ».
STANDO A VEDERE
Giona cerca per se stesso un rifugio e dalla capanna che si è costruito « sta a vedere quello che
succederebbe alla città. Un uomo
di Dio, un servitore di Dio, da
strumento di Dio, diventa « spettatore » del dramma dell’umanità.
Per comprendere la gravità di
questo atteggiamento. Io possiamo
confrontare con quello dell’antico
patriarca Abramo nel momento
in cui Dio gli annunzia la distruzione di Sodoma e Gomorra.
Abramo — narra l’antico racconto biblico — « rimane ancora
davanti all’Eterno », lotta con il
suo Dio in favore delle due città
corrotte; per 4 volte riprende a
parlare all’Eterno.
E Mosè, in un momento tragico
per il popolo d’Israele, quando si
era manifestata l’infedeltà del popolo in modo davvero sconcertante, dopo tutte le manifestazioni
della fedeltà di Dio, Mosè di
fronte al giudizio di Dio era rimasto solidale con il suo popolo,
aveva così pregato l’Eterno:
« Ahimè, questo popolo ha commesso un gran peccato, e s’è fatto
un dio d’oro; nondimeno, perdona
ora il loro peccato! Se no, deh
cancellami dal tuo libro che hai
scritto! » (Esodo XXXII 31-32).
GESÙ’ DAVANTI
A GERUSALEMME
Racconta l’evangelo di Luca
che Gesù nel giorno delle Palme,
salendo a Gerusalemmi, mentre
si avvicinava alla città santa, « vedendo la città pianse su di lei ».
Gesù piange su Gerusalemme che
sarà distrutta, piange per gli abitanti di Gerusalemme, per tutte
le Ninive del mondo. Egli entra
in Gerusalemme, nella grande città, e proprio nella grande città
egli prenderà su di sé il peccato e
di Gerusalemme e dell’umanità
intera.
IL RIFIUTO
DELLA GIOIA DI DIO
Nel vangelo di Luca al capitolo
XV è detto, che la gente malfamata del tempo « i pubblicani ed
i peccatori », si accostavano a Gesù per udirlo, ma che sia i farisei
come gli scribi « mormoravano
dicendo: costui accoglie i peccatori e mangia con loro ».
Ed è di fronte all’incomprensione ed alla irritazione di questi
ben pensanti, che Gesù narra le
tre parabole: quella della pecora
smarrita; della dramma perduta e
del figliuol prodigo.
11 motivo dominante di queste
tre parabole è l’invito a partecipare alla gioia di Dio: « Rallegratevi meco ».
Giona è simile al fratello maggiore della parabola; il quale irritato, rifiuta di entrare nella casa
ove si fa festa per il ritorno del
figliuol prodigo, di partecipare alla grande allegrezza del padre.
Dopo il rifiuto della libertà di
Dio, della solidarietà umana, ecco
il rifiuto a partecipare alla gioia
di Dio.
Noi tutti, a qualunque tendenza apparteniamo, siamo invitati
a partecipare alla gioia di Dio per
la potenza di liberazione del suo
amore in Cristo: la pecora perduta è ritrovata, anche la dramma
perduta è ritrovata. In Cristo tutti
i figliuoli prodighi, e in occidente
e ad oriente, possono essere accolti da colui die non rifiuta il convito con i peccatori.
« Rallegratevi meco » ripete il
Signore al suo popolo. « Siate
sempre allegri nella speranza »
poiché il Signore del continuo
«fa ogni cosa nuova».
3
10 settembre 1976
Il Sinodo e la Conferenza approvano le osservazioni
sui documento interconfessionale di Accra, dopo
un anno di dibattito nelle comunità
La Chiesa Valdese e la Chiesa
Metodista d’Italia hanno accolto l’invito rivolto loro dal CEC
nel 1975 a studiare i Documenti
ecumenici su battesimo, eucarestia e ministeri, predisposti dalla Commissione Fede e Costituzione.
In conformità a quella che esse ritengono essere la corretta
prassi evangelica, esse hanno
trasmesso alle chiese locali i documenti, per un esame approfondito da parte delle comunità
dei credenti. Durante circa un
anno i Documenti di Accra sono
stati studiati, spesso capillarmente, e sono state raccolte le
varie prese di posizione espresse a livello di assemblee di chiese locali e di assemblee distrettuali, con ampio dibattito anche
sulla stampa. Tali prese di posizione sono state raccolte e sintetizzate dal Corpo Pastorale e
presentate alla Sessione congiunta 1976 del Sinodo Valdese e della Conferenza Metodista, che ha
approvato il seguente documento riassuntivo.
OSSERVAZIONI
GENERALI
1. Condividiamo la preoccupazione degli estensori dei Documenti di smuovere le chiese —
o almeno certi centri di potere
all’interno di esse — daH'immobilismo nel quale sono cadute,
affrontando alcuni dei maggiori
ostacoli ideologici che tuttora
impediscono un incontro libero
e un vero confronto con l’Evangelo, e cioè le varie concezioni
gerarchiche dei ministeri e le
relative dottrine sui sacramenti.
Convinti che l’unità delle chiese non vada ricercata attraverso
una faticosa combinazione delle
diverse posizioni confessionali,
ma attraverso un costante e rinnovato confronto di tutti con
l’Evangelo, presentiamo le seguenti osservazioni e rilievi critici come contributo di fraterna
solidarietà al CEC, di cui ci sentiamo membri convinti e impegnati.
In linea generale le critiche e
le perplessità che sono emerse
nelle nostre chiese dallo studio
dei documenti riguardano due
ordini di problemi.
2. Rapporto contenuti-linguaggio. Come mai battesimo, cena
e ministeri ci sono presentati
nella elaborazione ecumenica di
Accra a prescindere da ogni inquadramento storico e quindi
dal riconoscimento dei condizionamenti storici che su di essi e
sul loro evolversi hanno pesato
nel corso dei secoli? Sembra
quasi che le divisioni delle chiese su battesimo, eucarestia e ministeri siano da attribuire a pure differenze concettuali e non
siano state conseguenti aH’inilusso che sulle chiese hanno esercitato particolari tradizioni culturali e determinate situazioni
di potere che hanno operato nel
passato e spesso pesano tuttora.
Ugualmente, come mai risulta
assente nei documenti di Accra
quella riflessione critica sugli
attuali rapporti tra istituzione e
potere che pure oggi è presente
a diversi livelli in molte chiese?
L’assenza di questa riflessione
critica ha fatto sorgere qua e là
l’impressione che la elaborazione teologica di Accra nel suo
« linguaggio tradizionale », anziché ricevere la sfida del messaggio evangelico, rifletta sul piano
teologico un certo bisogno di
« fronte comune » teso a conservare alle chiese, ciascuna nella
propria società, un posto, uno
status e un potere che la società secolarizzata tende sempre
più a disconoscere.
Ci sembra che queste lacune
di prospettiva siano dovute alla
enorme distanza che ancora divide le chiese nel dialogo ecumenico per cui il problema teologico dell’unità della chiesa viene spesso affrontato a prezzo di
forzate omissioni. C’è allora da
chiedersi se l’uso del « linguaggio tradizionale », che la preméssa dei documenti attribuisce
al fatto che « le differenze tra le
chiese furono formulate nel linguaggio del tempo in cui sorsero », non sia invece da mettere
in relazione con questa impostazione e queste forzate omissioni. È con preoccupazione che
guardiamo a questa eventualità
che rappresenterebbe per il futuro l’impossibilità oggettiva di
uscire non solo da un linguaggio
tradizionale, ma anche da una
impostazione che non offre prospettive di un sostanziale rinnovamento.
3. Rapporto istituzione-evento.
Nella necessaria tensione tra
istituzione ed evento, tra elemento oggettivo ed elemento soggettivo, tra organizzazione umana e
libertà dello Spirito, i documenti
di Accra ci sembrano privilegiare troppo il polo istituzionale in
una dipendenza e canalizzazione
dell’evento nelle forme dell’istituzione ecclesiastica. A questa
tendenza non vogliamo contrapporre una accentuazione inversa,
un privilegiare l’evento con un
disconoscimento più o meno illusorio del lato istituzionale del
vivere di ogni chiesa. Ci sembra
invece di dover riaffermare che
solo la tensione continua tra istituzione ed evento permette di
evitare tanto l’arroganza spiritualista quanto la sacralizzazione istituzionale.
Ci sembra invece che nei documenti non risulti quasi mai
chiara la distinzione tra Fazione di Dio e le cerimonie degli
uomini. Tutto ciò che di biblicamente valido è detto dell’opera dello Spirito Santo e della
sua libertà sembra poi attribuito all’efficacia dei segni, come se
essi non fossero l’annuncio dell’opera di Dio da parte della
chiesa, ma infallibili strumenti
di trasmissione dell’azione dello
Spirito, vincolanti la sua libertà.
BATTESIMO E CENA
4. La parola « sacramento »,
usata per il battesimo e la cena,
ma insinuata anche per l’ordinazione dei ministri, non ha, nelle
diverse confessioni, lo stesso signiflcato. Comprendiamo che i
documenti vi facciano ancora ricorso, dato che tradizionalmente le maggiori confessioni cristiane l’hanno ricevuta ed utilizzata. Riteniamo però che sarebbe meglio abbandonarla, dal
momento che essa non compare
nella Bibbia con riferimento a
battesimo e cena e non ne favorisce la comune comprensione.
5. L’affermazione « il battesimo e la Cena del Signore hanno
occupato una posizione centrale
nella vita della chiesa fin dai
primi tempi» (B. I, n. 1), può
essere accettata solo se la si subordina all’affermazione che battesimo e cena ricevono il loro
significato dalla predicazione
della parola di Dio.
I « doni maggiori » di Cristo
alla chiesa ci sembrano essere i
carismi e i ministeri più che i
sacramenti.
6. Bisognerebbe affermare che
il battesimo e la cena sono di
per sè atti ecumenici in quanto
appartengono al Signore della
chiesa e non possono essere considerati come espressioni confessionali. La loro validità non
dipende da un riconoscimento
reciproco tra le confessioni.
BATTESIMO
7. Approviamo tutto ciò che il
documento dice dell’opera di
Cristo e dello Spirito Santo in
rapporto al battesimo. Ma ci
sembra che vi sia nel documento una identificazione massiccia
tra opera di Dio e azione rituale, per cui la seconda sembra
garantire la prima. Riteniamo
che il valore oggettivo del rito
battesimale (come della cena del
Signore) non sta nel rito stesso,
né nella chiesa che lo celebra,
ma nella promessa del Signore.
La chiesa vive di questa promessa, ma non ne dispone.
8. Il discorso relativo al rapporto tra battesimo e conferma
zione lascia in ombra uno dei
nodi centrali del battesimo dei
bambini, cioè a separazione tra
la fede del battezzato e il segno
che questi riceve. Riteniamo che
il documento avrebbe dovuto indagare maggiormente le ragioni
di tale separazione, anziché limitarsi a una presentazione di
prassi battesimali diverse.
9. Affermazioni come questa ;
« il battesimo è nello stesso tempo dono del Signore e impegno
umano e mira ad una crescita
che sia a misura della statura
perfetta di Cristo (Ef. 4; 13).
Grazie a questa crescita i credenti battezzati sono in grado
di manifestare al mondo il nuovo volto di una umanità redenta » (B. III. C. n. 7), non dovrebbero mai essere disgiunte da una
sobria osservazione di quanto è
accaduto nella storia della Chiesa, nel corso della quale, ad
esempio, intere popolazioni sono
state costrette al battesimo e i
credenti battezzati sono stati
sottoposti ai poteri clericali che
se ne sono valsi persino come
giustificazione del diritto di opprimere i dissidenti.
10. Il problema del reciproco
riconoscimento del battesimo
potrebbe essere risolto più facilmente se tutte le chiese fossero concordi nel sottolineare che
il battesimo segna l’incorporazione del credente in Cristo e
nel suo corpo; essa non può essere semplicemente identificata
con l’appartenenza a un organismo ecclesiastico particolare.
LA CENA DEL SIGNORE
11. Il termine di « eucaristia »,
scelto per indicare quello che
gli autóri neo-testamentari chiamano « la cena del Signore », come sostantivo non è mai usato
in questo senso nel Nuovo Testamento, e comunque indica
soltanto un aspetto, neppure centrale, della cena stessa. Il fatto
che i testi biblici parlino di « cena del Signore » attesta che in
essa l’elemento primario è costituito dal dono che Gesù fa di
S3 stesso, e non dal rendimento
di grazie della comunità. Perché
dunque chiamare la cena « eucaristia » preferendo il linguaggio
tradizionale di alcune confessioni al linguaggio biblico, accetto
a tutte le confessioni?
12. Il documento attribuisce
sovente al segno ciò che va attribuito all’evento unico e definitivo di Cristo. Si verifica un
costante passaggio dall’opera di
Cristo e dello Spirito Santo alla
efficacia del rito, per cui il rischio di oggettivare la presenza
di Cristo negli « elementi » non
ci sembra realmente evitato. È
giusto dire, col documento, che
oggi si profila un accordo di
massima tra le chiese circa la
presenza reale di Cristo nella
cena, ma non si può ignorare
che questa espressione viene intesa dalle varie chiese in sensi
ancora diversi.
13. Il « rispetto » non va, a nostro avviso, al pane e al vino, ma
alle membra viventi del corpo di
Cristo, senza il quale realmente
il mangiare il pane e il bere il
vino è « mangiare e bere il proprio giudizio; perché non si sa
discernere il corpo del Signore »
(I Cor. 11: 29).
14. Il documento non avrebbe
dovuto ignorare il fatto che, nel
corso della storia della chiesa, è
avvenuta una indebita appropriazione della cena da parte
delle gerarchie ecclesiastiche,
che l’hanno sottratta alla libera
disponibilità del popolo dei credenti, facendo poi del riconoscimento della loro propria autorità una condizione per la partecipazione alla comunione eucaristica.
15. Abbiamo l’impressione che
il documento sopravvaluti l’importanza del rito della cena,
quasi che esso costituisse il centro della vita della comunità
credente, che invece ci sembra
essere l’annuncio e la pratica
dell’Evangelo. La celebrazione
della cena non può essere isolata
dal contesto della vita comunitaria dei credenti. A questo proposito il documento avrebbe potuto affrontare con maggior ampiezza il problema dell’unità
della comunità nella celebrazione della cena del Signore in rapporto alle divisioni di vario genere che esistono nella comunità stessa.
16. Il riconoscimento reciproco della cena del Signore non
può avvenire in base a combinazioni di diverse teologie ma scaturisce dalla comune sottomissione al Signore stesso nell’amore e nel servizio, e quindi nel
fatto che i credenti vivano, come membra del corpo di Cristo,
nella totalità della vita personale e sociale, quella comunione
che la cena esprime e annuncia.
Non ci sembra che il documento nel suo insieme ponga premesse adeguate per questo reciproco riconoscimento e che fornisca indicazioni chiare su come
esso potrebbe diventare reale ed
operante.
I MINISTERI
17. Il documento sui ministeri
contiene affermazioni di notevole interesse ed attualità. In particolare ci riferiamo alla chiara
affermazione della varietà dei
ministeri suscitati dallo Spirito
Santo nelle chiese, in ordine alla testimonianza nei vari tempi
della storia, e nell’affermazione
che i ministeri sono « funzioni
della comunità» (I, n. 2). Interessante quanto è detto circa la
ordinazione deile donne (III. D.
nn. 64-69), anche se avremmo
preferito che essa fosse proposta con minori esitazioni. Molto
interessante tutto il cap. IV su
II ministero nella prassi attuale,
in particolare il punto C Nuovi
e vecchi ministeri.
18. Dobbiamo tuttavia muovere al documento alcuni rilievi di
fondo :
a) il discorso sui ministeri
ordinati viene fondato sui presupposti dell’apostolicità della
chiesa e della successione apostolica dei ministeri ordinati
stessi, come se quelle due affermazioni, comuni alle chiese, trovassero anche univoca interpretazione, mentre esse stesse costituiscono un punto di profonda diversità, non risolvibile col
privilegiare l’episcopalismo, come fa il documento, soprattutto
nelle «proposte»;
b) il discorso, inoltre, difetta di adeguato riferimento storico. Benché il documento parli
di varietà dei ministeri (I. B.
nn. 11, 12) e affermi che il ministero ordinato ha acquistato
« varie forme e strutture » anche in relazione a « modelli sociologici » (I. P. nn. 23 , 24), insiste sui ministeri tradizionali ad
alcuni tipi di chiese (episcopato, presbiterato, diaconato, ma
soprattutto episcopato) come se
essi — nella loro forma attuale
— potessero essere semplicemente identificati con i ministeri che
nel Nuovo Testamento vengono
indicati con quei nomi.
19. Sensibili al problema dell’unità visibile delle chiese, per
la loro stessa liberazione dagli
« elementi » di questo mondo, riteniamo che il riconoscimento
reciproco dei ministeri esiga
condizioni diverse da quelle proposte nel documento, e cioè;
a) le chiese tutte accettino
veramente quanto è affermato
nel documento circa la molteplicità e la varietà dei ministeri
che lo Spirito Santo suscita nella sua piena libertà e secondo i
bisogni dell’evangelizzazione nei
vari tempi;
b) le chiese riconoscano che
i ministeri ordinati attualmente
esistenti nelle chiese sono di origine ecclesiastica; infatti le chiese — di loro iniziativa — hanno
concentrato in essi ministeri vari che nel Nuovo Testamento
appaiono distinti e non necessariamente collegati.
Se è vero che i ministeri vengono esercitati non per delega
della chiesa, ma per vocazione
dello Spirito, è anche vero che
in nessun luogo del Nuovo Testamento è garantito che lo Spirito dia i suoi doni in base alla
struttura che le chiese si danno;
e) conseguentemente l’ordinazione o consacrazione dei ministri va considerata come un
fatto ecclesiastico, col quale la
chiesa non soltanto riconosce
un ministero come concesso dallo Spirito Santo, ma lo struttura secondo proprie leggi. Perciò
l’ordinazione o consacrazione
non garantisce, di per sé, l’azione di Dio, ma soltanto esprime
il giudizio della chiesa e pertanto è sottoposta al confronto con
la Scrittura e non può essere
presentata alle chiese come fatto divino.
In questo senso i ministeri ordinati esistenti possono essere
riconosciuti come investitura
delle chiese, purché siano sottoposti a costante verifica e rinnovamento in conformità a ciò
che la Parola di Dio indica e lo
Spirito compie nelle chiese;
d) è necessario ancora che
i ministeri ordinati si spoglino
di tutte le sovrastrutture di potere che hanno ereditato nel corso della storia per investitura
del potere politico;
e) si dovrebbe chiaramente
precisare che l’autorità nella
chiesa è soltanto della Parola di
Dio, di cui il ministro è riconosciuto servitore. Mentre la Parola di Dio ha autorità, indipendentemente dal fatto che sia
predicata da un ministro ordinato o da un altro credente, il
ministro è sempre sotto il giudizio della Parola; non è maestro, ma discepolo;
f) al riconoscimento che il
Nuovo Testamento non parla
mai di « sacerdozio » o di « sacerdoti », riferendosi ai ministeri che lo Spirito Santo suscita
nella chiesa (I. E. n. 20), e che
in nessun luogo è stabilito come
ministero dato dallo Spirito la
presidenza della cena del Signore (II. n. 31), dovrebbe conseguire il riconoscimento che la celebrazione della cena del Signore
appartiene al popolo credente e
che la presidenza può essere attribuita ai ministri ordinati soltanto per decisione della chiesa,
non in esclusiva, né in modo irrevocabile ;
g) in conformità a quanto è
detto nel n. 2 del documento, e
cioè che « il ministero ordinato
deve essere inteso come funzione della comunità », si riconosca alla comunità il diritto di
critica e di rifiuto anche dei ministri ordinati e il diritto di richiedere e attuare una ristrutturazione dei ministeri stessi, in
conformità alla Scrittura. Infatti, se è vero che «la chiesa non
dispone in proprio della parola
e del sacramento, né è fonte della propria fede, speranza ed unità » (n. 16), tanto più è vero che
di queste cose non ne dispongono in proprio né le strutture, né
le persone dei ministri.
CONCLUSIONE
I documenti di Accra non possono essere considerati la Magna Cha.-ta dell’unità visibile
delle chiese e neppure una sintesi teologica. Così, come sono
non possono essere accettati
globalmente. Per molti aspetti
essi segnano il punto delle divisioni piuttosto che dell’unità;
rappresentano lo sforzo per raggiungere l’unità per vie vecchie
e su vecchi problemi. Tuttavia
essi riconoscono e propongono
alle chiese anche problemi nuovi e indicano vie nuove. Su questi nuovi problemi e per queste
nuove vie il confronto ecumenico va sviluppato. Il confronto
sarà tanto più operante quanto
meno sarà circoscritto al livello
delle chiese locali che, nell’obbedienza al Signore, restano il
vero soggetto del movimento
ecumenico.
4
10 settembre 1976
Sinodo Valdese e Coii
CLAUDIANA
FACOLTA’ DI TEOLOGIA: DUE
PROFESSORI LASCIANO L’INSEGNAMENTO
La diffusione è in crescita Protagonisti
necessario il sostegno delle chiese di una feconda stagione
È uscito da poco, alla Claudiana, un libro sul cristianesimo
primitivo, di Conzelmann, che
demolisce l'interpretazione tradizionale su cui la chiesa cattolica ha costruito la sua dottrina
del papato e della successione
apostolica. Proprio perché giudicato troppo « radicale » questo
libro era stato rifiutato da una
nota casa editrice di Brescia che
pure, disponendo di capitali ben
più consistenti dei nostri, ha
pubblicato una serie di opere di
teologia protestante. Così la scelta del cattolicesimo del dissenso
significa dare possibilità di esprimersi a coloro che il Vaticano
vuol far tacere, e la cosa non è
indifferente, di fronte alle ultime vicende di Dom Franzoni. Il
« tredicesimo apostolo » di C. De
Michelis è un libro che ci è invidiato, giudicato « prezioso e
raro » da un Diego Fabbri, avrebbe meritato una diffusione ben
maggiore di quella che ha avuto.
La Claudiana ha acquistato il
credito di ima casa seria, che dà
la sua testimonianza pubblicando libri che altri rifiutano.
Forse si potrebbe accennare
qui invece al libro del Belo ristampato 4 volte (12.000 copie
di tiratura).
Il credito di casa seria è testimoniato dai numerosi banchi di
vendita spontanei al di fuori dei
nostri ambienti, che espongono
e vendono libri Claudiana in luoghi in cui la chiesa valdese non
ha mai avuto occasione di essere presente, ma dove oggi avvengono convegni e incontri, come a Gioiosa Ionica, ad Altamura e altrove.
E più ancora dagli inviti che
riceviamo del continuo ad esse
presenti a mostre, a festivals
politici, manifestazioni varie,
là delle nostre possibilità.
Questo certo costa, come costano le nostre chiese. Misurassimo 1 costi delle chiese potremmo fare il confronto.
Ma come le chiese stanno aperte per continuare la predicazione, così il libro Claudiana
giunge la dove non giunge il cuito, dove non c'è la chiesa evanphea, dove nessuno bada che alle 7.35 della domenica mattina
si trasmette il culto radio.
I libri funzionano là dove sono un centro d’incontro.
La diffusione all’esterno non
significa trascurare le esigenze
ai tormazione biblica delle comunità.
La pubblicazione dei due volumi di Introduzione al Nuovo
Testamento, di Bruno Corsani
la ristampa dela Chiave Biblica'
Il completamento del Nuovo Testarnento annotato, il nuovo corso biblico Iniziato con l’Amos
di Giorgio Tourn e altre numerose opere di studio biblico in
varie collane lo testimoniano.
Questo settore fondamentale
della nostra produzione potrebbe
essere arricchito se avessimo
maggior collaborazione.
1 è. evidentemente possibile pubblicare grandi opere esegetiche o di teologia biblica per
il gravoso lavoro di traduzione
e gh elevati costi dei diritti e
uui-potremmo
pubWicare di più in questo settore. D altra parte dobbiamo ancora una volta constatare che le
opere di studio biblico trovano
ben modesta accoglienza, in generale, nel pubblico evangelico
e sono spesso più facilmente assorbite in ambienti cattolici.
Nessuna casa editrice stampa
pei tenere i libri in magazzino.
Vanno venduti, è il compito primario dei tre negozi (Milano,
Tonno, Torre Pellice) e della Libreria di cultura consociata di
Roma, dei depositi nelle comuni
tà evangeliche.
Se ogni comunità vendesse 10
copie, sarebbe già mezza tiratura e un incoraggiamento all’editrice.
Ma per smerciarle è necessaria
una presentazione, per esempio
al termine del culto.
Non basta dire che sono in
vendita alla porta, bisogna illustrare il loro contenuto e presentarlo.
Un libro che pare superfluo a
un pastore può essere utile e
essenziale per cinque o sei o dieci membri di chiesa.
Qppure un altro esempio;
non sempre i pastori sono a contatto con il dissenso cattolico,
può irivece darsi che alcuni
membri della comunità lo siano, e che a loro interessi venire
a conoscenza dei libri che la nostra editrice pubblica sull’argomento.
Un suggerimento per una maggior diffusione nelle parrocchie
delle Valli andrebbe ripreso in
considerazione: far arrivare regolarmente il pacco-libri da vendere nei quartieri, dove c’è la
popolazione che può assorbirlo;
nella diaspora, invece, è meno attuabile e vanno cercate altre
forme.
Non va dimenticato neppure
che l’Italia è uno dei paesi in cui
si legge di meno, che la gente
ha poco tempo e che sarebbe da
prendere in esame anche l’opportunità di pubblicazioni semplici
e snelle, non in alternativa, ma a
complemento di quelle più impegnative.
Il Sinodo riconosciuta l'efficacia
delle pubblicazioni Claudiana ai fini
della formazione culturale e teologica delle Chiese e della testimonianza evangelica in Italia,
constatata l'utilità delle librerie
di Torino, Torre Pellice e Milano per
la diffusione di tali pubblicazioni,
invita la Tavola a nominare un comitato ristretto con il seguente mandato ;
—garantire per almeno un anno
l'unità della gestione pur nella divisione amministrativa e organizzativa tra librerie ed editrice;
— verificare e ristrutturare gli
organici e le mansioni del personale,
prendendo iniziative per la sua qualificazione ;
— sperimentare forme di gestione
in cui i dipendendi siano chiamati
ad una attiva partecipazione ciascuno nel proprio settore ;
— stabilire forme di collaborazione, pur nella distinzione delle rispettive zone di influenza della editrice e delle librerie con chiese, cii^
cuiti e distretti ;
— predisporre eventuali proposte
di diverse soluzione organizzativa e
di gestione ;
— formulare un piano per il superamento progressivo dei deficit
delle librerie e per il finanziamento
dell'editrice.
teologica
FEDERAZIONE E COM-NUOVI TEMPI
A quando un vero dibattito?
Poco tefnpo è stato purtroppo
dedicato all’attività della Federazione evangelica e al settimanale
Com-Nuovi Tempi. Il dibattito
si è limitato agli aspetti amministrativi.
iPer Com-Nuovi Tempi vi è stato un piccolo scambio di battute
tra chi accusava gli organi della
Chiesa Valdese di scarso appoggio al settimanale, e il Moderatore, il quale ha sdrammatizzato
la questione della sospensione
del contributo finanziario da parte del Consiglio Ecumenico.
Per quanto riguarda la Chiesa
Valdese ecco la decisione:
le alle chiese per il fraterno dibattito con comunità cattoliche e per una
valida ricerca di testimonianza cristiana, raccomanda alle chiese una
più attiva collaborazione al giornale; impegna la Tavola ad assicurare
per il prossimo anno un adeguato
numero di abbonamenti al periodico.
Due temi essenzialmente hanno caratterizzato il dibattito sull’operato della Facoltà di Teologia. Il primo è stato una valutazione ed un omaggio reso all’opera svolta dai proff. Valdo
Vinay e Vittorio Subilia che, come si sa, da quest’anno lasciano
l’insegnamento.
« Insieme al prof. Giovanni
Miegge, i professori Vinay e Subilia hanno fatto di una piccola
scuola per la preparazione locale di pastori valdesi una Facoltà di Teologia a buon livello
accademico europeo.
La loro vocazione allo studio
teologico, maturata attraverso
l’esperienza della resistenza al
fascismo e la scoperta della teologia di K. Barth con il suo ancoramento alla Scrittura e alla
Riforma, ha dato nuovo impulso
e ha indicato i contenuti fondamentali della fede e della testimonianza fino ai giorni nostri.
Una valutazione qui si imporporrebbe, che per la sua difficoltà noi non ci permettiamo di
fare, ma lasciamo alla riflessione del Sinodo: in che misura la
chiesa li ha seguiti in questa vocazione o ne è stata coinvolta
nei risultati della sua struttura
interna e della sua capacità di
evangelizzazione? ».
Qltre a questa della commissione d’esame altre voci, altri interventi ed altre testimonianze
si sono aggiunte da parte di vari
membri del Sinodo, per cui
To.d.g. di ringraziamento ai due
Il Sinodo ricorda con stima e gratitudine Topera d'insegnamento e
testimonianza dei professori Valdo
Vinay e Vittorio Subilia; ringrazia
il Signore per questo ministero teologico e augura loro un lungo tempo di riflessione evangelica.
l
Il Sinodo riconoscendo nel settimanale Com/NT uno strumento uti
Quanto alla Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia, ci
si è limitati a deliberare nuovamente l'invio in missione del pastore Aldo Comba, responsabile
del Servizio radio-televisione,
« per un numero di anni che cumulati ai precedenti non superi
i 15 anni ».
professori emeriti non era una
semplice forma di cortesia, bensì l’espressione di un sentimento di autentica riconoscenza largamente diffuso e l’augurio di
poter ancora usufmire della loro riflessione teologica è determinato dal fatto che essa « ha
ed avrà — come ha detto il Moderatore — un ruolo prioritario
M E R I D I O NE
Distribuire meglio le forze
La controrelazione ha richiamato l’attenzione del Sinodo sul
problema della Sicilia ed in particolare di Catania, in riferimento alla poco razionale distribuzione di forze pastorali, al tema
dell’emigrazione: vedi ad esempio il reinserimento degli emigranti rientrati in patria, la funzione ed i compiti delle opere
sociali. In questo quadro s’inserisce la iniziativa della chiesa di
Catania con un progetto che
prevede un centro sociale con locali per consultazioni a carattere socio-medico-psicologico, uffici, sala per conferenze, libreria,
sala di ristoro, sala per spettacoli e con una spesa prevista in
alcune centinaia di milioni.
risponde a verità. La Tavola —
ha ricordato poi il Moderatore
— ha fatto dei tentativi per la
ricerca d’un teologo itinerante
ma la disponibilità è venuta meno.
Pietro Valdo Panasela, pastore
di Palermo, è intervenuto elencando alcune ragioni — riprese
anche da altri — di indebolimento delle nostre chiese nel Sud:
lo spopolamento delle chiese che
si ricollega all’emigrazione, la
attuale stasi evangelistica e la
strategia delle dislocazioni pastorali («eccessiva concentrazione in Sicilia Occidentale »).
ciò e l’inadeguata assistenza teologica ai campi.
Il dibattito sul Sud e sui problemi del IV Distretto ha occupato parte del pomeriggio e della serata di lunedì 23. Al termine, il Sinodo votava due ordini
del giorno che riportiamo di seguito:
In sede sinodale il pastore
Giambarresi si è fatto portavoce dei complessi problemi della
chiese siciliane e di Catania in
particolare, muovendo critiche
alla Tavola, soprattutto del passato, ricordando i vari lasciti
non utilizzati per gli scopi previsti e .sottolineando la irrazio"
naie distribuzione delle forze pastorali nell’isola.
Nel corso del dibattito il cassiere ha ricordato che impegni
di uomini e di grosse cifre sono
stati effettuati in questi ultimi
anni per Palermo e per Riesi e
che quindi la critica d’una politica antimeridionalista non cor
Un problema, quest’ultimo, —
ha suggerito — che andrebbe risolto con i metodisti. Panasela
ha concluso riconoscendo alla
comunità di Catania la necessità di nuove e più agili strutture
per la testimonianza nella città
pur senza necessariamente giungere al grosso « centro polivalente » prospettato da Giambarresi.
Secondo Benitti, pastore ad Agrigento, la « questione meridionale » è fondamentale per tutta
la chiesa, essa va seguita ed incoraggiata da vicino. Sintomo
delle nuove possibilità è la forte partecipazione ai campi estivi del centro giovanile di Adelfia
nonostante le carenze dell’edifi
nell’ambito delle chiese evangeliche in Italia ». In questa riflessione tanto Vinay che Subilia
hanno avuto una grande importanza negli anni passati, e potranno ancora dare importanti
contributi negli anni futuri.
Il secondo tema trattato, di
ordine ben diverso, è stato quello relativo alle borse di studio.
In questi ultimi anni infatti il
numero di persone interessate
allo studio della teologia, anche
in vista del pastorato, è in aumento. « Sembra che i tempi più
critici siano passati, e che ci sia
nuovamente una certa abbondanza di vocazioni, per la quale
ringraziamo il Signore », nota la
controrelazione. Tuttavia questo
pone un problema delicato: la
chiesa nel suo insieme desidera
incoraggiare, venire incontro,
anche sotto l’aspetto economico,
a cM manifesta l’intenzione di
studiare teologia in vista del pastorato. Finora la comunità di
origine o il distretto hanno molte volte cercato di aiutare tale
categoria di studenti, ma — come nota la controrelazione —
« questo sembra essersi risolto
in un aggravio sempre maggiore
per alcuni distretti; non vorremmo finire per trovarci nella situazione di chi non riesce più a
rallegrarsi per le vocazioni, ma
vi vede una nuova tegola che cade su un bilancio, già per molti
versi traballante ». Un timore
questo forse in parte un po’ esagerato; tuttavia è giusto regolamentare in modo preciso tutta
quanta la materia e ripartire in
modo equo il « peso » finanziario tra tutti i distretti, anche tenendo conto del fatto che un pastore consacrato è a disposizione di tutte le chiese e non solo
di quelle del proprio distretto.
Perciò il Sinodo ha chiesto che
il Consiglio di Facoltà presenti
ogni anno le necessità degli studenti e che la Tavola chieda, in
base ai preventivi, l’aiuto delle
famiglie e dei distretti.
Tra i temi minori affrontati
dal Sinodo sono state accettate
alcune piccole modifiche al Regolamento della Facoltà (votato
l’anno scorso). In particolare è
stata leggermente cambiata la
composizione del Consiglio di
Facoltà, introducendo uno studente al posto di un professore,
Il Sinodo informato dello stato di
di disagio in cui viene a svolgersi il
lavoro delle chiese del IV distretto a
causa del progressivo impoverimento di forze, riafFermata l'importanza di questo campo di predicazione
in cui le trasformazioni sociali in
atto aprono nuovi spazi alla evangelizzazione, invita la TV d'intesa
con il CPM a programmare in via
prioritaria un piano organico di presenze pastorali e di valorizzazione
delle strutture nel contesto dei circuiti.
Il Sinodo respingendo qualunque
ipotesi di discriminazione tra le
chiese operanti nelle diverse zone,
conferma la sua piena solidarietà
con la chiesa di Catania e la incoraggia a sviluppare la sua opera sulla base del propri doni e delle proprie forze; riconosciute le difficoltà
in cui tale chiesa sì trova ad operare, invita la Tavola a riprendere il
dialogo con essa per ricercare, compatibilmente con le possibilità della
chiesa, strumenti adeguati alla testimonianza evangelica nella città.
Il Sinodo al fine di rendere più
equilibrata la ripartizione e l'assegnazione delle borse di studio fra
gli studenti in teologia, neH'ambito
dell'art. 36 RF, demanda al CF lo
studio delle possibilità di una regolamentazione delle borse che tenga
conto dei seguenti criteri :
a ) il CF sulla base di motivate
richieste da parte degli studenti assegni delle borse intere o parziali,
che assicurino una certa parità fra gli
studenti.
b) La TV, in seguito ad un preventivo di spesa predisposto per
tempo dai CF chieda ogni anno il
contributo delle famiglie degli interessati e di tutti i distretti ( non
solo di quelli di provenienza degli
studenti ) in maniera proporzionale
alla loro capacità contributiva.
c) Il CF concordi con la TV la
possibilità di altri finanziamenti che
servano ad incrementare il fondo
borse di studio.
Il Sinodo, In attesa che la prossima sessione congiunta deliberi in
materia delle borse di studio secondo i criteri indicati dal CF, chiede
alla TV di concordare col CPM l'applicazione del comma b ) del presente atto per l'anno '76-77.
Il Sinodo richiama le chiese a mostrare tangibilmente il loro interesse alla Facoltà di Teologia non solo
aderendo a collette e offerte speciali, ma segnalando il Sodalizio Amici della Facoltà a quei membri di
chiesa che possano concretamente
contribuire al sostegno di quest'opera necessaria alla predicazione dell'Evangelo.
5
10 settembre 1976
Fenza Metodista 1976
Proposti al Nobel
Il Sinodo riconoscente per l’opera svolta dal Comitato per la pace in Cile e
preoccupato per i recenti sviluppi appoggia la proposta di conferire il premio Nobel per la pace ai vescovi Ariztia e Frenz
Di Helmut Frenz, vescovo luterano espulso dal Cile, abbiamo lungamente parlato su queste colonne. Attualmente vive in
Germania Occ. e continua ad
occuparsi della questione cilena;
Ariztia, vescovo cattolico, è stato spostato d’autorità in una re
gione cilena lontana dalla sua
diocesi dopo le prese di posizione contro la dittatura di Pinochet a cui del resto non manca un relativo appoggio delle alte sfere gerarchiche della chiesa
romana.
C.I.O.V. ; continuare nella
collaborazione con gli enti locali
La discussione sulla CIOV è
stata breve, priva di particolari
difBcoltà. Il Moderatore ha rivolto un ringraziamento a nome
della Chiesa ai membri CIOV e
l’avv. M. Gay ha rievocato la figura e l’opera di Suor Susanna
Coisson, recentemente scomparsa. È intervenuto nella discus
Valdesi del Rio
de la Piata
Un pensiero di solidarietà ha
attraversato il dibattito sinodale quando si è parlato della situazione dei valdesi del Rio della Piata. Alcuni interventi hanno chiarito la reale situazione
della nostra chiesa rioplatense
informando cos'i il Sinodo, con
notizie di prima mano, sullo
svolgersi delle vicende dei fratelli sudamericani.
Ecco i due o.d.g. votati dall’assemblea ;
Il Sinodo dà mandato alla Tavola
di intervenire in tutti i modi che le
saranno possibili a favore dei fratelli del Rio de la Piata.
Il Sinodo incarica la Tavola di trasmettere alle Chiese del Rio de la
Piata l'espressione della fraterna solidarietà delle nostre Chiese.
sione, su richiesta del Seggio,
anche l’arch. Pier Carlo Longo,
presidente della Comunità Montana chiarendo i confini entro
cui si muove l’azione della Comunità Montana nel quadro regionale, per la eventuale costituzione di un poliambulatorio in
Valle e ribadendo la proficua
collaborazione (non ingerenza,
come qualcuno ha detto) tra
Chiesa Valdese e Comunità Montana. In sostanza il dibattito ha
avuto un orizzonte locale che,
forse, non ha permesso una completa partecipazione dell’assemblea. Infine venivano approvati
i seguenti o.d.g.:
Il Sinodo, informato dei contatti
tra la CIOV e la Comunità Montana Val Pellice e il Comune di Torre Pellice, impegna la CIOV a connuare in tale linea, concordando incontri regolari con gli Enti locali e
promuovendo « incontri pubblici a
livello di popolazione» (50/SI/7S).
Il Sinodo invita la CIOV a presentare entro il mese di febbraio 1977
una relazione scritta da discutere
nelle comunità in vista della Conferenza Distrettuale ordinaria in cui
vengano prospettate delle proposte
alternative circa ia ristrutturazione
dei compiti della Commissione lOV
e in particolare la figura e il ruolo
del suo presidente, che per regolamento scade al Sinodo 1977.
Conferenza Metodista
(segue da pag. 1 )
la testimonianza della Fede deve
o no assumere aspetti socio-politici, ma come tale testimonianza
deve essere svolta per conservare alla testimonianza la base e le
motivazioni dettate dalla Fede.
Non per nulla nella Storia la predicazione iniziata da Wesley (ed
in buona parte anche il suo modello di Chiesa basato su pastori
itineranti e su Gruppi laici) ha
lasciato traccie valide ancor oggi: da un lato l’Esercito della
Salvezza la cui predicazione è intrisa di spirito sociale, sia pure
nel quadro della assistenza alle
vittime della Società; d di altio
il torte contributo dato alla costituzione del Partito Laburista,
ancora operante sul piano della
rimozione delle cause che creano
tali vittime.
Abbiamo saputo in Conferenza
che ancora recentemente il Governo Laborista ha chiamato a
far parte della Camera dei Lords
(il senato inglese) un metodista
tanto impegnato da essere stato
a lungo Vice Presidente della
Chiesa.
Certo, alcune delle Chiese che
hanno il nome di metodiste farebbero bene a rivivere meglio
questa tradizione ancor oggi valida, ma ad esempio Philipp Potter, pastore metodista, nella sua
opera di Segretario Generale della C.E.C. ha dato piena dimostrazione di come la Fede quando
cristianamente testimoniata nel
mondo e nella Storia si traduce
in azione concretamente politica.
Se ci fosse possibile trasmettere a tutti i fratelli valdesi
La posizione
amministrativa
di tre operai
È stata esaminata anche la posizione amministrativa di tre
operai della chiesa: il past. Tullio Vinay, il past. Aldo Comba e
il dott. Franco Girardet. Per Vinay, eletto senatore della Repubblica, la posizione amministrativa è stata demandata alla
Tavola dopo che è stata chiarita
la compatibilità del mandato politico con la funzione pastorale
attraverso il lungo e appassionato dibattito di mercoledì 25.
Per Aldo Comba, presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI), è stato
votato l’ordine del giorno che
’spersonalizzando’ il caso sottolinea la sua funzione, che abbiamo riportato nella pagina accanto. Nei confronti poi di
Franco Girardet (ex-direttore
del Convitto Valdese di Torre
Pellice), responsabile del Servizio Istruzione ed Educazione della FCEI, l’assemblea ha votato
un ordine del giorno che vuole
essere un segno di solidarietà
con il nuovo lavoro di Girardet
così ben avviato : « Il Sinodo riconosciuta l’importanza del servizio educazione e istnizione della FCEI ai fini della predicazione evangelica alle nuove generazioni, delibera l’invio in missione del dott. Franco Girardet
affinché lavori in questo campo ».
CHIESA VALDESE
Le finanze vanno discretamente,
ma ie comunità
devono essere più informate
Giovedì 26 pomeriggio si è aperto il dibattito sulle finanze.
L’accento è stato posto sulla
puntualità dei versamenti delle
chiese che hanno permesso di
chiudere, per la quinta volta consecutiva, il rendiconto della Tavola senza saldo passivo. Col
gennaio del ’77, come ha spiegato il segretario amministrativo
Roberto Comba, inizia la gestione « solare » che ricoprirà l’intero anno e non più, conte ora,
l’arco dell’anno ecclesiastico. In
questo « interim » di sette mesi,
da giugno al dicembre ’76, le
chiese son chiamate a provvedere alle contribuzioni secondo gli
ultimi aumenti (non ancora aggiornati).
Sul problema della sensibilizzazione delle chiese e della informazione è stato votato dal Sinodo un ordine del giorno, particolarmente significativo, che riportiamo di seguito:
« Il Sinodo,, constatato che i
membri di chiesa non sono sufficientemente informati riguardo ai problemi finanziari, invita
le comunità a dibattere al loro
interno tutti gli aspetti della politica finanziaria della Chiesa
(contribuzioni per la Cassa Culto, spese complessive della Chiesa, situazioni e probleini del patrimonio immobiliare, incidenza
dei doni dall’estero, rapporto
tra entità delle diverse spese e
priorità vocazionali, etc.) invita
la Tavola a predisporre ed a fornire alle Chiese, tramite le Contmissioni Esecutive Distrettuali,
tutta l’informazione occorrente
ad avviare una riflessione nelle
comunità ».
Le chiese evidentemente hanno
risposto positivamente alle esigenze dell’opera nonostante i disagi della crisi economica che
investe il paese a tutti i livelli.
L’assemblea isinodale ha votato
alla unanimità un ordine del
giorno che, a nostro parere, vuol
essere un riconoscimento dell’aumentata coscienza contributiva,
segno di corresponsabilità e impegno:
« Il Sinodo, rallegrandosi della
soddisfacente regolarità con cui
son stati fatti i versamenti nell’anno 1975-76, invita le chiese a
rinnovare lo sforzo contributivo
sostenuto e a progredire su questa linea ».
DIBATTITO POST-SINODALE
Una decisione storica
(compresi i 3.300 che hanno firmato la famosa petizione) la iponvinzione che la vita della Chiesa
non può limitarsi alla « cura di
anime » intesa in senso parrocchiale (utile ed indispensabile
del resto), ma deve anche realizzarsi in una concreta testimonianza nel mondo in cui viviamo
ed al quale siamo chiamati a
predicare, se ciò fosse possibile
allora potremmo ritenere in
qualche misura concreto rapporto dato alla integrazione.
E su questa linea la Conferenza ha proseguito, sulla base dell’o.d.g. della sessione ’75 e su
quella del documento di Ecumene, il suo studio sul come sviluppare la lotta alla « cultura cattolica ». Studio che dovrebbe
consentire di definire meglio sia
il concetto di « cultura cattolica »
che ci si propone di combattere
(sarebbe certo meglio e più esatto definirlo « cultura della Controriforma »), sia il modo con
cui, per usare un linguaggio marxista, una « sovrastruttura » come sono le nostre Chiese deve
concentrare la sua azione nel
campo che le è proprio, lasciando
la lotta alle « strutture » a chi in
questo campo è più preparato ed
efficace. Salve ovviamente, sempre nel linguaggio marxista, la
inter-azione di strutture e sovrastrutture che dà così al tutto
una concretezza maggiore.
Le « cartuccie » da sparare sono ormai solo due: se la Confe-renza Metodista, con l’aiuto del
Signore, saprà spararle bene, la
integrazione potrà allora essere
una cosa seria e benedetta da
Dio, come « est in votis ».
Rendo omaggio al caro collega Bruno Rostagiao per l’ogget-,
tività con la quale ha cercato di
fare per l’Eco-Luce il difficile
resoconto dei lavori del Sinodo
sullo scottante problema: Chiesa e Politica. Il suo spirito irenico lo ha però portato : 1° a minimizzare la profondità del contrasto e il significato dei risultati delle decisioni finali; 2° a citare solo in parte gli O.d.g. che
hanno provocato il dibattito. Come può un lettore del giornale
che non è stato presente in Sinodo, farsi un suo giudizio personale, oggettivo, se non ha sott’occhio gli O.d.g. integrali? Per
quanto mi riguarda, dò qui il testo dell’O.d.g. su « i pastori e la
politica», meditato nel suo contenuto per mesi e anni, redatto
all’ultimo momento e presentato come iniziativa mia personale, appoggiata in pochi minuti
dalle 10 firme regolamentari:
« Il ministero pastorale è incompatibile con un’attività politica, in qualsivoglia partito,
a qualunque livello.
Il pastore deve essere la guida, il consigliere, l’amieo di
tutti i membri della comunità.
Egli deve poter annunciare l’Evangelo, tutto l’Evangeio, a
tutti gli uomini di tutti i partiti, in tutte le situazioni.
li predicatore deU’Evangelo
deve essere libero da tutti per
poter annunciare a tutti — anche alle autorità e ai partiti
di questo secolo — le esigenze dell’Evangelo, qui e ora ».
Il Sinodo congiunto ha rigettato questo O.d.g. a schiacciante maggioranza: Valdesi: 88 no,
8 si, 18 astenuti - Metodisti: 44
no, 2 astenuti.
Con questa votazione la Chiesa Valdese e la Chiesa Metodista nel loro Parlamento hanno
dunque stabilito che il ministero pastorale « è compatibile con
un’attività politica, in qualsivoglia partito, a qualunque livèllo ».
Così l’intenderanno tutti i protestanti in Italia e all’estero, cosi l’ha intesa la stampa. Cito solo « Il Corriere della Sera » del
27 agosto : « ...SI trattava in sostanza di stabilire se era compatibile la missione di pastore della chiesa con quella di rappresentante di un partito politico.
La risposta è stata positiva ».
Praticamente ciò significa che
le competizioni politiche, la
lotta fra i partiti potranno entrare a vele spiegate nelle chiese, nei locali delle chiese, e perché no, sui pulpiti, approfondendo sempre più il solco che divide il corpo pastorale, le comunità fra di loro, e le comunità
stesse all’interno di ognuna di
esse. Oggi la corsa all’impegno
politico è in un’unica direzione,
domani potrebbe essere in direzioni diverse e opposte, come
d’altronde è logico ipotizzare. A
meno che non si voglia istituire
subito nella chiesa una rigida
dittatura i cui prodromi sono
già manifesti, al posto della tanto sbandierata pluralità, che la
corrente dominante dice di voler difendere.
Con la pluralità potremo pere pastori senatori e deputati in
tutti i partiti com’è logico (che
bel divertimento!), con la dittatura in un solo partito. E cosi, la
libertà della Chiesa è bell’e sepolta !
Il pastore non può evidentemente ignorare i problemi sociali e politici del suo tempo e
non farsene una sua idea personale che influenzerà il po ministero : predicazione, insegnamento, cura d’anime, impostazione delle opere sociali della comunità, rapporti con le autorità. Ma egli dovrà sempre, nel
suo spirito e nel suo lavoro, lottare contro un impegno unilaterale perché: 1) è il pastore di
tutti i membri della sua comunità a qualunque partito essi appartengano; 2) non deve distogliere del tempo al suo ministero pastorale; 3) non deve trascinare la chiesa nelle sue vedute personali. Il pastore che si
sentisse chiamato dal Signore ad
un’azione sociale e politica deve
poter farlo liberamente, e la
Chiesa non ha alcun diritto di
opporsi. Questo pastore dovrà
possedere tanta sensibilità e tanta delicatezza dettate dall’agape
di Cristo da uscire dai ranghi
chiusi del servizio ecclesiastico,
a tutti gli effetti, per entrare al
servizio di Cristo nel mondo.
Egli non renderà più conto del
suo operato alla Chiesa ma al
Signore che l’ha chiamato a questa missione straordinaria.
L’opera di questo profeta dovrà essere seguita da tutti (anche dagli oppositori in politica)
con simpatia, con affetto parti
colare, con partecipazione attiva
alle sue iniziative secondo la libertà di ciascuno e quando l’occasione si presenta, perché si
tratta di un compito estremamente difficile, estremamente pericoloso, in strade nuove, in ambienti nuovi, nel gioco degli interessi e della ricerca di dominio, quale che sia il partito e
quale che sia l’importanza dell’impegno.
A questo punto credo non sia
inutile citare le ultime righe dell’articolo di fondo del direttore
dell’Eco-Luce del 21 magpo,
scritto subito dopo la notizia
traumatica della candidatura Vinay ; « Pensiamo che il cammino seguito da Vinay sia un cammino missionario, rischioso, avventuroso, una via evangelistica
più che pastorale. Ai pastori si
chiede di « edificare » una comunità di uomini, di formare delle
coscienze e mettere in piedi delle esistenze, quando riescano a
farlo fanno il loro dovere, quando scelgono una forma diversa
di testimonianza e di impegno
fanno una scelta diversa, nuova.
Ma non vorremmo con questo
che si finisse col dire « i pastori
facciano i pastori e basta», clero consacrato non sono, hanno
anch’essi il diritto di correre i
rischi che tutti i credenti corrono di dare la loro testimonianza nel mondo. Tullio Vinay ha
fatto la sua scelta in quanto credente (e non ci sarebbero obiezioni se l’avesse fatta un laico) ;
non guadagna né perde nulla,
semplicemente farà l’uomo politico e non il pastore» (Siamo
noi a sottolineare).
Il buon senso pastorale, la coscienza ecclesiologica riformata
di Giorgio Tourn hanno visto
giusto sin dal primo momento.
Diversamente, la libertà, l’indipendenza della Chiesa e dei suoi
servitori sono in pericolo, con
sviluppi e conseguenze imprevedibili.
Perciò l’Ordine del Giorno sonoramente bocciato è l’O.d.G.
della libertà della Chiesa. È la
libertà della Chiesa che è stata
respinta con schiacciante maggioranza dei votanti al Sinodo
Valdese-Metodista del 1976.
È un avvenimento storico nel
mondo protestante italiano, una
data storica alla quale dovremo
riferirci per tutto questo resto
di secolo.
Gustavo Bertin
6
10 settembre 1976
cronaca delle valli
Si è parlato anche del passato
prossimo nel XVI Convegno
storico di Torre
Chi ha consuetudine con gli
studi storici avverte il significato
politico anche nella trattazione
di un medievista sulle decretali
di Innocenzo Ut, ma certamente
i discorsi di storia contemporanea consentono una più larga
partecipazione e un più diretto
impatto sulla realtà. E infatti
direi che recenti dibattiti, come
quello che, a proposito dell7ntervista sul fascismo di De Felice a Ledeen, hanno avviato Valiani, Tranfaglia e altri, e quello
che analogamente è seguito alVlntervista sull’antifascismo di
Amendola, e così anche le analisi, nutrite di storia, di Norberto
Bobbio, abbiano suscitato l’attenzione di un largo pubblico e
notevoli riflessi negli atteggiamenti della classe politica italiana.
Non stupisce dunque l’interesse che nella seconda gioimata del
XVI Convegno di studi sulla Riforma ed i movimenti religiosi
in Italia ha destato la Tavola rotonda sul tema Motivazioni cristiane deU’opposizione al fascismo. Giorgio Spini ha introdotto
il dibattito, precisando anzitutto il tema dell’« opposizione al
fascismo » con riferimento al periodo 1926-1941, il periodo cioè
del fascismo-regime. I dibattiti
e la produzione storiografica, dagli anni 50 in poi, proiettano retrospettivamente su questo recente passato i nomi di Croce e
Gramsci, ma se è vero che essi
hanno elaborato in quegli anni,
in opposizione’ al fascismo, pensieri e scritti di. cui oggi si nutrono storia e politica, non è
meno vero che all’epoca gli scritti di Gramsci erano ignoti e quelli di Croce non menzionavano esplicilamente il fascismo. Quanto di oposizione intellettuale al
regime si ebbe nel paese e ne
permeò l’atteggiamento in modo
assai più diffuso che non l’azione eroica, ma necessariamente limitata a ambiti assai ristretti,
dei gruppi cospirativi, venne
quindi elaborato da ambienti e
personalità, lasciati oggi relativamente in ombra dalla ricerca
e dalla pubblicistica. Circolarono
i libri di Corrado Barbagallo,
Guglielmo Ferrerò, Gino Luzzatto, Rodolfo Mondolfo e Rodolfo
Morandi, antifascisti che scrissero di storia con ispirazione socialista; fra gli storici di spiriti
repubblicani furono attivi Salvatorelli e Spellanzon, fra gli economisti liberali Einaudi e Cabiati; temi religiosi trattarono Banfi, Buonaiuti, Martinetti, Rensi,
Tilgher. Per converso, l’oppressione fascista, inducendo molti
alla riflessione sul problema del
male, stimolò gli studi religiosi
e mise in luce le « motivazioni
cristiane » che poteva avere l’opposizione al regime. Trattarono
di storia del cristianesimo Salvatorelli, Omodeo e altri; E. Codignola studiò il giansenismo; prese avvio un’attenzione alla questione della Riforma o non Riforma in Italia, che da uno spunto gobettiano si sviluppò in studi, di cui i nostri convegni rappresentano il proseguimento. Fu
significativa l’attività di editori
come Guanda, come Gilardi e
Noto, come la Doxa di cui fu
animatore Gangale, che già lo
era stato per « Conscientia »; al
ricordo di questa rivista si affianca quello di « Gioventù Cristiana », seguita dall’« Appello ».
Sul piano politico, una considerazione è indubitabile: l’Italia
qual’è oggi nasce in gran parte,
anche per il tramite della Costituente, da intellettuali di questo
ambito.
Su questi spunti, e sulle testimonianze e interventi di Camaiani (sull'opposizione e sul consenso fra i cattolici), di Claudio
Tron (su Giovanni Miegge), di
Maselli (sulla chiesa dei Fratelli;
a quanto ha già scritto Scoppola,
l’ulteriore studio dei documenti
di polizia dell’Archivio di Stato
aggiunge elementi di grande interesse), di iPia Luzzatto (sugli
ebrei), di Gönnet (su Buonaiuti),
di De Meo (sugli avventisti), di
Domenico Abate (sull’ACDG), di
Giorgio Peyrot (su G. Corradini,
G. Turin e B. Revel, e i loro
gruppi), si è avviata una discussione, in cui Giorgio Rochat ha
introdotto un vivace spunto polemico, sostenendo che il rapporto fra cultura liberale e fascismo
fu di « alleanza piena »; per questo, per tutta una parte dei professori universitari che, a differenza dei famosi undici, non giurarono fedeltà al regime, non si
pose alcun problema; così anche
parlando di opposizione cristiana
al fascismo occorre riesaminare
con occhio critico la posizione
delle chiese e dei loro dirigenti.
Nel corso del dibattito, Giorgio
Peyronel ha rievocato la vicenda
di « Gioventù Cristiana » e deli’« Appello » e, quale premessa
della sua partecipazione al gruppo che portò avanti queste riviste, il coerente insegnamento antifascista e liberale di suo padre,
il pastore Francesco Peyronel.
Altro tema di grande interesse
ha presentato il pomeriggio della stessa giornata. Si è chiesto a
Franco Venturi, come in precedenti convegni si era chiesto ad
altri storici, di dichiarare i motivi e le linee ispiratrici del 2°
volume da lui dedicato al Settecento riformatore, col titolo La
chiesa e la repubblica dentro i
loro limiti; ed egli ha ripercorso
la via che dagli studi sul Pilati
lo ha condotto alTindagine sull’epoca, a metà del 700, in cui
l’Italia còmincia a « declericaliz
zarsi », e nasce la speranza di
una riforma anche religiosa; finché il pontificato di Clemente
XIV pone fine a quella speranza,
mentre suona i primi rintocchi la
campana della Santa fede. Un
po’ daH’esterno, un po’ dalTinterno del disegno di Venturi, ne
hanno dispiegato altri aspetti
Diaz e Ricuperati.
lì convegno si era iniziato il
pomeriggio del 30 agosto con la
commemorazione di uno degli
ispiratori di questi convegni, Eugenio Dupré Theseider, tenuta
da Raoul Manselli, il quale ha
anche presentato una comunicazione su Miracoli e non miracoli
nei catari, mentre Gönnet ha esaminato il problema, su cui si
è uiscusso in anni recenti, posto
dalla Condanna (riguardante o
meno i valdesi) di Verona nel
1184.
L’ultima parte del convegno,
la mattina del 1° settembre, è
tornata alla medievistica con lo
importante contributo di Capitani sulla Legislazione antiereticale di Innocenzo HI. Quindi si
è centrato sugli eretici del 500
il discorso dei « modernisti »:
Ferlin Malavasi (7 processi per
eresia a Rovigo), Firpo (Kuple.
nie, riforniate croato condannato a morte a Roma), Rozzo {Incontri di Giulio da Milano: Ortensio Landò), Del Col (Lucio
Paolo Rossello).
Augusto Comba
INTERVISTE
Poca nostalgia per il
passato molto interesse
per il presente
Wulf BoUer, pastore a ’Walldorf (16.000 abitanti, 70% protestanti) nella regione delTEssen,
in questi giorni è in visita alle
Valli con un gruppo d’un centinaio di suoi parrocchiani, interessati alla storia della chiesa
valdese.
In un breve incontro che abbiamo avuto con lui ci ha ricordato che il nucleo originario della sua comunità è costituito da
valdesi (circa 2.000) che sono interessati alle vicende dei confratelli italiani. Il pastore Boiler,
con infaticabile zelo, dal 1971 accompagna regolarmente diversi
gruppi della sua comunità in
Italia per visitare località vaidesi.
L’interesse, evidentemente, non
è solo turistico, basti pensare
che nel corso dell’ultimo anno
ecclesiastico la comunità di
Walldorf ha appoggiato finanziariamente l’iniziativa diaconale
del « Centro Noce » di Palermo
e negli anni precedenti procurò
la somma necessaria per unà
borsa di studio destinata ad uno
studente valdese in teologia. Anche quest’anno la comunità di
Walldorf invierà al I Distretto
il provento per una borsa di studio. Abbiamo rivolto al past.
Boiler alcune domande:
— Perché è interessato alla
chiesa valdese?
— Personalmente sono interes
ANGROGNA
MATRIMONIO
Sabato 28 agosto, presso il
tempio del Ciabas, i giovani Raffaella Barotto e Guido Genre
hanno chiesto la benedizione del
Signore sul loro matrimonio già
svolto, nella stessa mattinata, in
sede civile presso il Comune di
Angrogna. Alla nuova coppia un
fraterno augurio di una vita illuminata dalla Parola di Dio.
sato alla storia valdese perché
ritengo che dalle vicende dei vaidesi del passato ci sia molto da
imparare anche oggi. Naturalmente c’è un altro motivo cioè
che la nostra comunità di Walldorf è stata in parte fondata dai
valdesi...
^ — Quali sono gli aspetti che
l’hanno maggiormente interessato delle Valli?
— Non certo il paesaggio, anche se bellissimo, piuttosto la
realtà di questo legame tra voi
e noi; m’interessa specialmente
corne vivono le comunità valdesi in queste Valli e come viviamo noi, come affrontiamo —
questo m’incuriosisce — gli stessi problemi in due contesti completamente diversi.
— Il numeroso gruppo che lei
accompagna è interessato a questa realtà?
— Certamente. Tutti avvertono una relazione con il passato ;
per molti di loro riflettere sulla
storia valdese, percorrendone i
luoghi più significativi (la "Scuola dei Barbi", Chanforan, Prali,
Roreto Chisone etc.), è un po’
risalire alle origini della propria
storia e cogliere una serie di significati che hanno un’indubbia
carica d’attualità.
— Pensate di ritornare presto
in visita alle Valli Valdesi?
— Si, questo contatto, anche
se breve e per certi versi superficiale, per noi è molto prezioso.
Nel corso delle visite abbiamo
sempre avuto un veloce scambio
di opinioni, anche con la vostra
redazione, sulle nostre rispettive
realtà. È proprio da questo confronto che emerge la diversità
delle situazioni ma la stessa finalità nella testimonianza. Gli
incontri con i pastori e specialmente con membri delle comunità valdesi sono i momenti più
preziosi di questo nostro viaggio che speriamo di ripetere al
più presto.
COMUNITÀ’ MONTANA
____VAL CHISONE E GERMANASCA
Il consultorio;
chi io pago?
La Commissione servizi sociali della Comunità Montana ha
iniziato la sua attività il 3 settembre, esaminando insieme con
gli amministratori dei Comuni
la legge regionale che istituisce
i servizi consultoriali familiari
nell’ambito delle future unità
locali.
Per quanto riguarda la nostra
zona, l’unità locale dei servizi
n. 42, definita dalla Legge regionale del 9 luglio 1976, coincide
con il territorio della Comunità
Montana e, in questa prospettiva, si può ritenere che le soluzioni immediate avranno un seguito anche in futuro.
Il consultorio, che dovrebbe
anche sostituire in parte gli ambulatori dell’ex-ONMI, avrebbe
la sua sede appunto nei locali
di Perosa Argentina, con possibilità di decentramento in altri
Comuni della zona, che già possiedono le strutture adatte. Entro il 21 settembre è necessario
inviare alla Regione la richiesta
di contributo per una spesa pre
vista in oltre 70 milioni. Il progetto di questa nuova attività
ha suscitato tra gli amministratori presenti una vivace discussione, soprattutto sull’aspetto finanziario, che la circolare regionale non definisce chiaramente.
Si è osservato che, qualora il
contributo della Regione non
riesca a coprire tutta la spesa,
saranno i Comuni a portarne il
peso con i loro magri bilanci. Altri interventi, invece, hanno messo in luce la necessità di decidere piuttosto se questo tipo di
servizi deve essere attuato e se
si vuole procedere di comune accordo : la dimensione dell’iniziativa dipenderà molto anche dalla risposta che darà la popolazione quando verrà consultata.
Le forme di partecipazione dovranno essere ricercate insieme,
se si avrà lo scopo di creare un
clima di fiducia, indispensabile
soprattutto in un settore così,
delicato ; in caso contrario i consultori rimarranno vuoti e il denaro, da qualsiasi parte provenga, sarà sempre sprecato.
SCHEDA
Finalità del servizio consultoriale
L’attività consultoriale si configura come un servizio rivolto al singolo, alla coppia, alla famiglia nei suoi vari componenti, alle comunità, alle organizzazioni sociali ed è organizzato in modo da essere parte integrante delle prestazioni
fornite dal gruppo di lavoro socio-sanitario del territorio.
Il servizio è gratuito per tutti i cittadini ed anche per
gli stranieri, residenti o dimoranti nel territorio della Regione ed ha la finalità di:
1 ) fornire l’assistenza sociale e psicologica per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile e per
la soluzione dei problemi del singolo, della coppia, e della
famiglia naturale, adottiva o affidataria, anche in riferimento alla problematica minorile;
2) fornire alla donna l’assistenza nei casi di interruzione
spontanea della gravidanza e nei casi di interruzione ammessa dairordinamento giuridico avvalendosi delle strutture abilitate a tale scopo;
3) promuovere il conseguimento di una equilibrata vita
sessuale, sia dal punto di vista sanitario, che psicologico;
4) divulgare le informazioni idonee a promuovere la gravidanza, anche in casi di presunta sterilità, e quelle idonee
a prevenirla;
5) fornire gli strumenti culturali, di informazione e di
assistenza per la tutela psicofisica della donna e del prodotto del concepimento, anche in rapporto ai fattori genetici
ed alle cause di mutagenesi ed alla patologia infettiva;
6) individuare e somministrare i mezzi necessari per
conseguire i fini liberamente scelti dal singolo e dalla coppia in ordine alla procreazione libera e responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell’integrità fisica degli
utenti;
7) promuovere l’informazione -sessuale individuale e la
organizzazione e la gestione di corsi scolastici, da convenire
con gli organi collegiali della scuola e le autorità competenti e di corsi pubblici;
8) promuovere opportuni rapporti con TUfficio del Giudice tutelare, con il Tribunale per i minorenni e con le strutture giudiziarie operanti nel settore del diritto di famiglia.
(dalla legge regionale 9 luglio 1976).
ECHI DAL SINODO
Approvazioni e ringraziamenti
Naturalmente non tutte le deliberazioni sinodali guardavano
al futuro della vita ecclesiastica
o più semplicemente al presente.
Gli o.d.g. che seguono concernono il passato, sia quello breve
dell’operato della Tavola o della CIOV sia quello ben più lungo dei pastori che entrano, con
l’inizio dell'anno ecclesiastico, in
emeritazione. Non è nel nostro
stile sottolineare i ringraziamenti («non ha un senso riformato », direbbe qualcuno) ma neppure tacerli ci sembrerebbe giusto.
Il Sinodo è riconoscente al Signore per il tervixio dei pastori Lamy
Coisson, Guido Mathieu, Edoardo
Mlcol e della professoressa Elsa Bal
ma che con fedeltà hanno testimoniato dell'Evangelo.
Il Sinodo ringrazia le Chiese e i
fratelli e gli amici italiani ed esteri che hanno contribuito al buon
funzionamento delle Chiese e delle
opere valdesi.
Il Sinodo approva l'operato della
Tavola e la ringrazia per l'impegno
col quale ha colto lo spirito delle
deliberazioni sinodali, senza perdere
di vista la direzione verso cui tendono le scelte che da alcuni anni il
Sinodo ha indicato alle Chiese.
Il Sinodo approva l'operato della
CIOV, ringrazia i membri della Commissione, i medici e tutto il personale dogli Istituti per l'impegno e
la consacrazione con cui hanno svolto il loro lavoro.
7
10 settembre 1976
CRONACA DELLE VALLI
______ASSEMBLEA DI CHIESA
Deciderà la Tavola per
la cura pastorale di Torre
Incontro Dalle Valli Valdesi
pastorale alle Cevenne
Domenica 29 agosto si è riunita l'Assemblea di chiesa, sotto la
presidenza del pastore Giorgio
Tourn, presidente della Commissione Esecutiva del I. Distretto,
per la designazione del pastore
titolare. Il vice presidente del
Concistoro, sig.ra Erica Cavazzani, illustrò ai presenti l’azione
svolta dal Concistoro per la ricerca delle possibili candidature. La designazione del pastore
di Torre Pellice viene a concludere tutta una serie di cambiamenti pastorali accaduta in questi
ultimi anni per la coincidenza di
numerose emeritazioni e di scadenze del quattordicennio. Questa circostanza ha fatto sì che
la ricerca di candidature diventasse estremamente difficile perché i pastori ai quali era stato
diretto l’invito o si trovavano
già impegnati per attività specihche che non avrebbero potuto
lasciare, oppure non potevano
accettare là candidatura per i
limiti posti dai Regolamenti Organici. Il Concistoro si è rivolto
alla Tavola e .alla Commissione
Esecutiva distrettuale per esaminare il caso, giungendo alla
conclusione che soltanto la Tavola Valdese poteva risolvere il
problema della nomina del pastore titolare, perché soltanto essa può procedere allo spostamento dei pastori durante il loro quattordicennio, d’intesa con
i Concistori, se si tratta di chiese autonome. Pertanto il Concistoro proponeva di rimettere la
nomina del pastore titolare alla
Tavola Valdese, la quale avrebbe provveduto, tenendo presenti
le risultanze del colloquio di cui
si è parlato prima e gli « interessi generali dell’opera », secondo le indicazioni dell’art. 11 degli Atti sinodali 1975.
L’Assemblea, dopo aver chiesto delucidazioni e aver approfondita la questione, ha approvato la proposta del Concistoro
con 221 voti favorevoli su 233
votanti.
L’intervento della Tavola darà
per ora una soluzione provvisoria. Mentre si attende una soluzione definitiva, non si può non
esprimere un senso di disagio,
perché tanti discorsi portati avanti negli ultimi anni sul tema
di una distribuzione delle forze
pastorali con un ampia visione
degli interessi generali dell’insieme delle chiese valdesi (ed ora
anche metodiste) non abbiano
trovato concreta applicazione in
un momento nel quale proprio la
molteplicità dei mutamenti pastorali da anni prevista suggeriva almeno un tentativo di programmazione, in fraterno accordo fra la Tavola Valdese, le Com
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missioni Distrettuali e i vari
Concistori o Consigli di chiesa
interessati. NeH’ambito del Corpo Pastorale si è raggiunta una
notevole disponibilità allo scambio fraterno dei pareri e già la
nomina dei professori della Eacoltà è avvenuta in questo clima, per cui i nominati hanno
potuto sentire la « vocazione » a
loro rivolta attraverso la testimonianza dei loro colleghi. La
medesima cosa potrebbe accadere per la nomina dei pastori delle varie chiese, salvo rimanendo
il loro diritto di designazione.
Anche i pastori designati o ri-.
chiesti avrebbero una più chiara
sensazione di seguire la « vocazione » e di non fare solo una
scelta di proprio gusto.
VARIE
• Sabato 28 agosto è stata invocata la benedizione del Signore
sugli sposi Ruggero Arnoulet e
Bertea Bianca, i quali, dopo aver
celebrato il loro matrimonio al
Comune, si sono recati nel tempio per esprimere la loro decisione di vivere il loro matrimonio nella fede in Cristo.
• Sabato 4 settembre si è svolto il funerale di Morel Giovanni
Enrico. La promessa della resurrezione consoli i familiari.
• Siamo grati al past. Giorgio
Bouchard che ha presieduto il
Culto al Centro domenica 5 settembre.
• II past. A. Sonelli sarà assente dal 7 al 21 settembre; lo sostituirà il past. Roberto Nisbet.
Il congedo del past. A Sonelli alla Comunità sarà domenica 26
settembre.
BOBBIO PELLICE
Il pastore Boiler di Walldor|
(Germania Occidentale) ha presieduto, insieme al past. Platone, il culto di domenica 5 settembre. Boiler accompagnava
un numeroso gruppo di amici
della Chiesa Valdese che in questi giorni stanno visitando alcune località storiche delle Valli.
Al termine del culto (bilingue)
il past. Boiler annunciava l’offerta di una borsa di studio per
uno studente in teologia come
segno di solidarietà con i valdesi italiani. La borsa verrà devoluta al primo Distretto che la
’girerà’ ad uno studente delle
Valli. L’incontro con la comunità di Bobbio si concludeva con
una passeggiata al cippo del Sibaud dove se ne rievocava l’episodio storico.
PRAMOLLO
Il primo incontro dei pastori
del I Distretto dopo la pausa
estiva è fissato per
Lunedì 20 settembre
alla Foresterìa di Torre Pellice
con inizio alle ore 9,30.
Sono invitate anche le famiglie. Nella discussione del mattino si tratterà di decidere un
programma per gli incontri di
quest’anno, tenendo conto delle
principali deliberazioni sinodali.
Nel pomeriggio, comunicazioni della Tavola e problemi del
distretto.
La Commissione distrettuale
Sono rientrati i cinquanta partecipanti al viaggio-studio in Francia
• Venerdì 3 settembre il Signore ha richiamato a sé la sorella
Luigia Bertalot ved. Costabel, di
anni 90, che da anni ormai dipendeva completamente dalle
amorevoli cure dei familiari
presso cui viveva, ai quali porgiamo le nostre fraterne condoglianze.
• Avremo fra di noi il prof. Giovanni Gönnet, che predicherà la
domenica 12 settembre, mentre
il culto della domenica successiva sarà presieduto ancora dal
pastore Silvio Long.
PERRERO
Si sono uniti in matrimonio
domenica 5 settembre. Laura
Poet (Perrero) e Dario Stefanello (Perosa Argentina). Agli
sposi, che si stabiliranno a Perrero, i nostri migliori auguri.
II figlio e famiglia della compianta
Tron Clementina ved. Reynaud
commossi e riconoscenti per la dimostrazione di stima alla loro cara estinta, nell’impossibilità di farlo personalmente ringraziano tutti coloro che in
qualsiasi modo hanno preso parte al
loro dolore.
Un grazie particolare al dott. Bertolino, al past. Deodato, ai vicini di
Gasa.
Porte, 2 settembre 1976;
Il monumento ad Enrico Arnaud compie cinquant’anni. Il 5
settembre del 1926, mentre la
corale intonava il ’giuro di Sibaud’, veniva scoperto il bronzo
al principale protagonista del
glorioso rimpatrio. La statua,
scolpita da Davide Calandra,
rappresenta Arnaud con la spada in mallo e la Bibbia nella
cintola. Questo curioso accostam^to, pur affondo'fina sua ,mo<
tiiìazìoné storica, ha sempre destato l’interesse e talvolta le perplessità degli osservatori.
VILLAR PEROSA
« Si sono uniti in matrimonio
Griset Flavio e Bounous Mirella. Il pastore Enrico Geymet ha
svolto la parte liturgica mentre
il pastore Teofilo Pons ha rivolto ai giovani sposi un messaggio biblico.
Rinnoviamo ancora, da queste colonne, alla giovane coppia,
che si stabilirà a Piano Maurino (Inverso Pinasca) il fraterno augurio di ogni benedizione
nel Signore.
• Diamo il benvenuto alla piccola Barbara di Angela ed Ulisse Genre esprimendo l’augurio
della comunità per una crescita
illuminata dalla Parola del Signore.
• Domenica 5 c. m., un gran
numero di persone ha preso parte ai funerali del fratello Gardiol Renato, deceduto all’età di
45 anni, dopo lunghe sofferenze.
Alla vedova, alle figlie, agli anziani genitori ed a tutti i familiari provati dal dolore di questa triste separazione esprimiamo ancora la nostra fraterna
solidarietà ricordando la parola
di Gesù : « Io sono la risurrezione e la vita ».
• La Pro-Loco di Villar e l’Ente Provinciale del turismo di Torino hanno organizzato. In collaborazione con TU.D.A.V.O., la
prima « semana occitana », apertasi domenica 5 pomeriggio nei
locali delle scuole elementari e
nelle sale dell’Oratorio di Villar
Perosa. La « semana » espone
prodotti tipici delTartigianato
insieme a vini e gastronomia locale. Le serate della « semana »
saranno dedicate a conferenze e
dibattiti sulla lingua e la cultura
occitana, ci saranno incontri con
amministratori comunali sui problemi socio-economici, urbanistici e architettonici delle Valli
Occitane. Non mancheranno cori. di canzoni occitane e rappresentazioni teatrali, la « semana »
terminerà domenica 12 c. m. con
uno spettacolo folkloristico.
DalTArdèche alla Tour de
Constance, con molte altre tappe storiche e turistiche, cinquanta valdesi hanno percorso in
quattro giorni parecchie centinaia di chilometri in Francia. Il
pastore della comunità d’Angrogna ha organizzato un viaggio
aperto a tutti, nei luoghi storici
del protestantesimo francese, in
occasione dell’Assemblée au Musée du Désert, che ogni anno ha
luogo la prima domenica di settembre.
I partecipanti al viaggio provenivano da: Angrogna, Torre
Pellice, Luserna San Giovanni,
Pinerolo, Inverso Pinasca, Pomaretto, Perosa, Torino e Genova.
Ricordando brevemente l’itinerario, dopo aver valicato le Alpi
a Sestrière - Briançon si è scesi,
il venerdì 3 settembre, a Grenoble, Valence, Privas. Qui, nel
département de TArdèche, è iniziata la parte storica con la visita ad una località che per alcuni aspetti ricorda le Valli, per
quanto il territorio sia molto
esteso e il panorama più vasto:
castagni, querce, immensi boschi, altipiani, prati e torrenti,
stradicciole quasi deserte e totalmente fuori dalle grandi arterie del turismo intemazionale.
Eravamo diretti alla casa natale di Pierre e di sua sorella Marie Durand: la località è il Bouschet de Pranles, vicino a Privas.
È un insieme di due o tre case
in un prato sotto i castagni, trasformate in museo.
Qui nacquero Pierre Durand,
predicatore del Désert, morto
martire a Montpellier nel 1732 a
32 anni e Marie Durand, imprigionata nella Tour de Constance, a Aigues-Mortes, nel 1730 a
quindici anni e liberata dopo
trentotto anni.
Interessante, fra le altre cose,
ii nascondiglio che i predicatori
ricavavano per sé e per i ricercati, in un- vano che si apriva
Sotto, ■ sollevando’- una delle lastre di base del camino nella
cucina contadina.
Gli studenti delle Facoltà di
Teologia vanno in estate ad abitare a turni di quindici giorni
in una delle case del villaggiomuseo opportunamente attrezzata e fanno da custode-guida alla
visita.
La sera siamo arrivati a Mialet nel Département del Card.
Un villaggio che si riempie al
tempo delle ferie ma che durante l’anno conta poche famiglie
di abitanti fissi. Non è molto alto, si trova in una vasta valle boscosa lungo il corso del Gardon
de Mialet, che confluisce nel Gardon de Saint Jean per poi formare il Gard, affluente del Rodano vicino ad Avignone. Un po’
come da noi Taigo de Pral e
l’aïgo de Massel che confluiscono a Ferrerò a formare la Germanasca. Qui a Mialet c’è il famoso Musée du Desert, nella località Mas-Soubeyran. È il centro della resistenza dei Camisardi che nei due anni, dal 1702 al
1704, organizzarono le bande armate di Roland e di Cavalier,
che operavano in quella zona
delle Cevenne: circa tremila Cévenols sostenuti dalla loro fede,
riuscirono per due anni a tener
testa a venticinquemila soldati
delle tmppe del re.
Qgni anno il Mas-Soubeyran
vede la partecipazione di migliaia di protestanti alTAssemblée du Désert: 12 mila quest’anno, secondo il resoconto del Midi-Libre, edizione provenzale del
Quotidien d'information du Midi. È una festa popolare simile
al nostro 15 agosto: giornata al
l’aperto sotto i querceti del Mas,
la fattoria-villaggio tipica della
Provenza. AI mattino il culto
inizia con i battesimi: vengono
da tutta la Francia a far battezzare i bambini al Désert, secondo una vecchia tradizione.
Quest’anno ce n’erano 27: ho
parlato con una famiglia proveniente da Parigi che qualche anno fa aveva visto alla televisione la grande festa popolare e ha
voluto venire a far battezzare i
due bambini, prendendosi il lunedì di ferie.
Il pomeriggio è una festa
commemorativa, quest’anno dedicata a Pietro Valdo precursore
della Riforma e ai Valdesi.
Ci siamo incontrati con l’altro
pullman proveniente dalle Valli,
organizzato dalla Società di Studi Valdesi e abbiamo cantato il
Giuro di Sibaud in apertura della riunione. Ë seg<uita una rievocazione storica a cura di Augusto Armand-Hugon che ha
presentato una valida e interessante sintesi della storia valdese
passata e presente, fino ai problemi e alla testimonianza attuale della chiesa valdese in Italia.
Il past. Roland Revet di Marsillargues ha ricordato il suo
predecessore past. Renato Bertin, originario di Angrogna e
morto tragicamente qualche anno fa. Si è poi soffermato!,sulla
presenza dei credenti nel mondo
di oggi e sul loro rapporto con
la realtà e la politica. La riunione è terminata con il canto della Cévenole.
Gli altri due giorni di viaggio
sono stati occupati da una visita alla Camargue, zona del delta del Rodano, con le sue estese pianure soleggiate coltivate a
riso e popolate da allevamenti di
cavalli e tori.
In tutta la Provenza è parlato il dialetto provenzale, abbastanza simile al patois delle Valli. Ad Aigues-Mortes (àigo morto), città del delta, abbiamo visitato la Tour de Constance, torre di guardia delle vecchie mura
di cinta usata come prigione, in
cui fu rinchiusa per 38 anni Marie Durand con le sue compagne. La tradizione attribuisce a
Marie Durand la scritta Resister,
incisa forse con un ferro da calza sulla pietra del freddo stanzone centrale sotto la terrazza
battuta dal Mistral che soffia
anche a 140 km. l’ora.
L’ultimo giorno di viaggio è
stato dedicato ai paesi ai piedi
delle montagne del Luberon, Mérindol e Lourmarin, che videro
nel corso del 1500, lo sterminio
dei Valdesi emigrati qui dal département delle Hautes-Alpes,
uccisi per ordine del barone Meynier d’Qppède, servo del re di
Francia.
Dopo la visita a Mérindol, accolti da un gruppo della comunità e dal suono della campana
del tempio, e il pranzo a Lourmarin con il past. L. Mordant e
altri fratelli, abbiamo risalito la
lunga valle della Durance, molto
sfruttata per le sue risorse idroelettriche, abbiamo lasciato la
Provenza a Sisteron e ci siamo
inoltrati nelle Hautes-Alpes, Embrun, visto a distanza l’imbocco
della Vallouise, Briançon, Sestrière, Angrogna.
Tutto il gruppo è molto grato
ai fratelli Renato e Mario Coïsson che ci hanno guidati, a Marie-France e ai genitori Maurin
di Mialet che hanno organizzato
l’ospitalità nelle camerate del
Foyer Roland e del Musée du
Désert e all’autista Enrico Jourdan. È stato possibile in questo
modo visitare molte località con
poca spesa. Oriana Bert
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8
8
10 settembre 1976
UOMO E SOCIETÀ’
C E C/D O C U MENTI
C*è Antilope e Antilope
Alcune settimane fa abbiamo
già avuto occasione di scrivere
sullo scandalo Lockheed relativo al primo ministro giapponese
Tanaka, arrestato ed ora — libero su cauzione — in attesa di
processo. Lo scandalo delle bustarelle per l'acquisto di aerei
militari è ora tornato di piena
attualità con la denuncia del
principe Bernardo d’Olanda e
per via dei documenti (veri o
falsi che siano) su presunte collusioni dell’on. Andreotti con
funzionari della sunnominata società aerea.
Per quanto riguarda Bernardo,
marito della regina d’Olanda, la
procedura è stata esemplarmente rapida: non appena, nel febbraio scorso, in un’aula del Senato americano venne fatto intendere da un teste che il principe (pur senza far nomi) aveva
ricevuto delle « provvigioni » dalla Lockheed per un milione e
passa di dollari, il Consiglio dei
ministri nominò una « commissione dei tre » che dopo un lavoro di sei mesi ha consegnato ai
150 deputati un volume di 240
pagine dalle quali risultavano le
colpe deH’inquisito. Lo stesso
principe, nel dare le dimissioni
da tutte le sue cariche militari
e d’affari riconosceva in una lettera le proprie « leggpezze ».
Ciònonostante, egli continuerà a
far parte del Consiglio di Stato,
e soprattutto non finirà in tribunale. Non può non colpire la forte contraddizione fra la serietà
e la celerità dell’indagine e le sue
conseguenze.
Come mai il principe non verrà incriminato e regolarmente
processato? Incolparlo avrebbe
indotto la moglie-regina a dimettersi e si sarebbe così aperta una crisi istituzionale; pare che
l’amore per la casa reale superi
quello per la giustizia. È stata
invocata la « ragion di Stato »,
prevista dalla legge olandese, per
cui si possono bloccare procedimenti lesivi delle istituzioni.
Tuttavia, qualcosa comincerà a
cambiare: fra qualche mese pare che la regina abdicherà a favore della figlia Beatrice, dopo le
elezioni della prossima primavera. Ma il trono avrà assai meno
potere: l’Olanda si avvia verso
una monarchia rappresentativa,
di tipo scandinavo, tra il folclore e l’attrattiva turistica.
Venendo invece alle Antilopi
nostrane, come già abbiamo avuto di accennare in altra occasione, le cose fin’ora hanno dormito
sonni tranquilli ed i vari sospettati (ricordiamo Tanassi, Cui,
Rumor, ecc. ecc.) hanno potuto
starsene indisturbati. Anzi, vi
era addirittura la forte possibilità (adombrata ad esempio dal
giornalista Gorresio su La Stampa) che ormai non se ne sarebbe
fatto più nulla dato che con lo
spirare dell’anno in corso questi
reati sarebbero stati prescritti
per decorrenza dei termini. Ora,
questi recenti avvenimenti esteri (cui si aggiungono le indagini
in Germania Federale a carico
del leader democristiano F. J.
Strauss) ed ancor più la recentissima chiamata in causa del
l’on. Andreotti per via di documenti rilasciati a due giornali
italiani e ritenuti falsi dalla
Lockheed potranno forse dare un
energico « scrollone » alla nuova
Commissione inquirente e indur
la a mettersi all’opera velocemente e seriamente. Troppe persone vi sono ormai coinvolte,
come pure vi è coinvolta la credibilità di tutto un sistema politico.
Il Libano e la
questione palestinese
Il «caso Margherito»
DA ACCUSATO AD ACCUSATORE
OVVERO SOLO CONTRO TUTTI
li capitano di p.s. Salvatore
Margherito, che comandava un
reparto del « II Celere » di Padova è detenuto in cella di isolamento nelle carceri militari di
Peschiera del Garda sotto varie
accuse, fra cui quella di « sedizione ». Il giudice militare gli ha
negato la libertà provvisoria ed
ora la pratica passerà alla procura militare. Nel frattempo le
indagini della magistratura si sono allargate e pare che siano addirittura una trentina le « comunicazioni giudiziarie » che hanno
raggiunto altri appartenenti al
gruppo padovano di polizia.
L’episodio dell’arresto del cap.
Margherito si rivela "grave e
sconcertante: la sua « sedizione » è infatti consistita nel denunciare ancora una volta alla
pubblica opinione certi sistemi
inammissibili all’interno della
polizia, (nettamente in contrasto
con la Costituzione repubblicana)
e nel sollecitare la promulgazione di nuovi regolamenti e codici
militari, di cui si parla da anni. Non si può peraltro passare
sotto silenzio il fatto che la protesta del capitano « sindacalista » così gravemente repressa
sia avvenuta a Padova, la città
dove le complicità interne della
p.s. — come ha ricordato il deputato Flamigni — hanno consentito in passato l’azione di una
centrale eversiva fra le più pericolose per il paese.
Tuttavia, l’arresto del cap.
Margherito e la sua detenzione
hanno in sé qualcosa di positivo: durante le contestazioni mossegli dagli inquirenti, l’ufficiale a
Comilato di Redazione ; Bruno
Bellion Valdo Benecchi, Gustavo
Bouchard, Niso De Michelis, Ermanno Genre, Roberto Peyrot,
Paolo Ricca, Giampaolo Ricco, Bruno Rostagno, Giorgio Tourn, Tullio Viola.
Direttore; GIORGIO TOURN
Dir. responzabiie : GINO CONTE
Amminiairaiione : Casa Valdese,
10066 Torre Pellice (To) - c.c.p.
2/33094 intestato a « L'Eco delle
Valli - La Luce » - Torre Pellice.
Abbonamenti : Italia annuo 5.000
- semestrale 2.500 - estero annuo
7.500.
Una copia L. 150, arretrata L. 200
Cambio di indirizzo L. 100.
Inserzioni: prezzi per mm. di altezza, larghezza 1 col.: commerciali L. 100 - mortuari ISO - doni
50 - economici 100 per parola.
Fendo di soiidarieU : c.c.p. n.
2/39878 intestate a Roberto
Peyrot, corso Moncaiieri 70,
10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175
8 luglio 1960
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice
sua volta da accusato è diventato accusatore. Egli infatti ha denunciato ai magistrati fatti estremamente gravi rilevati durante
il servizio del « II Celere » riportando nomi e fatti. Egli ha infatti parlato di « agenti provocatori » infiltrati nelle dimostrazioni
per farle degenerare, anche con
lanci di bombe molotov, di armi
truccate, di candelotti lacrimogeni resi più pericolosi, di manganelli « rinforzati », ecc. Questo
clima illegale avrebbe successivamente convinto molti agenti, mal
pagati, ad approfittarne favorendo la prostituzione, il traffico di
droga e forse anche quello di armi leggere.
In poche parole, davanti al tribunale militare di Padova vi saranno due processi — come c’è
da augurarsi —: uno contro il
Margherito ed un altro contro
la polizia. Come ha fatto notare
il deputato socialista Testa,
membro della commissione Giustizia della Camera, non è pensabile che il ministero degli Interni non fosse a conoscenza, in
tutti questi anni, dei particolari
metodi di questo reparto, alle
sue dirette dipendenze: le responsabilità politiche vanno cercate molto in alto e appaiono assai gravi.
Intanto, l’avv. Meliini, difensore del capitano, e che è anche
deputato, ha rivolto un’interrogazione al ministero deH’Interno.
L’azione pare più che mai opportuna: su questo nuovo scandalo deve essere assicurato l’intervento del Parlamento.
Roberto Peyrot
Nel proseguire l’esposizione
dei documenti stilati in occasione della recente riunione del comitato centrale del CEC (il Consiglio Ecumenico delle Chiese
con sede a Ginevra), vediamo in questo numero la risoluzione sul Libano.
Il c.c. ha prima di tutto approvato la dichiarazione del marzo 1976 del comitato esecutivo
del CEC secondo cui « il conflitto libanese è di natura anzitutto
politica e non religiosa » e che
«impegna tutte le parti implicate in questo conflitto a rinunciare all’uso della violenza ed a
risparmiare vite umane raddoppiando i loro sforzi allo scopo
di trovare delle soluzioni negoziate ». (N.d.r.; Ci pare che il
fattore religioso sia invece ben
presente. Basta pensare all’atteggiamento dei falangisti e delle
« tigri » libanesi, che massacrano i palestinesi coprendosi col
nome di cristiani. Se poi questo
fosse un pretesto, allora la cosa
sarebbe ancora più grave).
Il c.c. ha accolto con soddisfazione la lettera pastorale che i
responsabili del Consiglio delle
Chiese del Medio Oriente hanno
mandato in giugno alle Chiesemembro del Libano, ed in cui
essi affermano che « la nostra
fede cristiana ci obbliga a far
regnare uno spirito di unità, di
comprensione e di cooperazione
in vista del benessere di tutti
gli abitanti del Libano, a prescindere dalle loro convinzioni
religiose e politiche ». Inoltre, il
c. c. lancia un appello ai mass
media affinché si astengano dal
qualificare la crisi libanese come una guerra di religione.
Il c. c. riconosce che i soccorsi
immediati e le misure a lunga
scadenza in vista della riconciliazione — così necessarie e facenti l’oggetto degli sforzi e delle preghiere del Consiglio delle
Chiese del Medio Oriente, delle
Chiese-membro e di altre ancora — continuano ad essere ostacolate dalle uccisioni e dalle cieche distruzioni, alle volte deliberatamente volute. Le popolazioni civili sono le prime a soflrir
ne ed hanno un bisogno immediato di soccorsi umanitari. Ma
non si potrà in avvenire evitare
il ripetersi di tali atti di violenza se non facendo rivivere lo
spirito di riconciliazione nel perdono, nella comprensione e nella ricostruzione. Gli abitanti e i
responsabili del Libano, in collaborazione coi loro vicini, devono ripristinare l’unità del paese, unico simbolo di tolleranza
e di pace fra rappresentanti di
fedi e ideologie diverse.
Il c. c. esprime la propria gratitudine alle Chiese che sono venute in aiuto alle vittime del conflitto, malgrado le quasi insormontabili difficoltà. Esso le prega vivamente di continuare e di
intensificare la loro partecipazione agli aiuti, dato che la tragedia prosegue e dato che si renderanno necessarie nuove possibilità di assistenza.
Il c. c. è convinto che tutti gli
sforzi in vista di ristabilire nel
Libano una società giusta e unificata sono strettamente collegati al rispetto dei diritti nazionali dei Palestinesi all’autodeterminazione. Tutte le soluzioni ai
problemi più generali del Medio
Oriente sono reciprocamente legate alla soluzione della crisi libanese. Il c. c. riafferma la convinzione espressa dalla quinta
Assemblea del CEC che « dal
benessere di tutte le parti interessate dipende quello di ognuna di esse ».
Obiezione
di coscienza:
2000 domande
inevase
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
«Lui ha il salvacondotto»...
La situazione nel Libano è
entrata in un periodo (non sappiamo quanto lungo) di sosta.
La cosiddetta « Lega araba », che
aveva mandato a suo tempo nel
Libano alcuni repferti militari (a
dire il vero molto inadeguati al
proprio compito) per cercar di
impedire la strage, ha fatto nei
giorni scorsi delle proposte concrete dirette a chiudere definitivamente ogni operazione di guerra. Queste proposte sono attualmente allo studio presso i comandi delle fazioni in lotta.
Nell’attesa, il Libano continua
ad esser suddiviso in tre zone;
quella sud-occidentale con Tiro,
Sidone e Beirut-Qvest, in mano
alle forze musulmano-progressiste e alla resistenza palestinese;
quella nord-occidentale, da Beirut-Est a Tripoli (esclusa), in
mano alle forze cristiano-maronite; infine la più vasta zona
orientale, con Balbek, Zahle ed
altre cittadine, zona prevalentemente montuosa, più un rettangolo all’estremo nord, sono in
mani siriane. Tale rettangolo e
le due zone occidenali predette,
sono bagnate dal Mediterraneo.
Tripoli costituisce una enclave
musulmano-palestinese, così pure una piccola zona montuosa
centrale (montagna del Metn):
entrambe, strette nella morsa
fra cristiano-maroniti e siriani,
corrono il pericolo, Dio non voglia, di far la fine del campo palestinese di Teli Al Zaatar.
Questo campo era una minuscola enclave nella Beirut-Est,
finita neH’orrenda strage che tutti sanno. Fra le due Beirut corre, da Nord a Sud, molto netto,
il confine. Nei giorni scorsi, a
Sabra, il quartiere arabo di Beirut-Qvest, capitava spesso « d‘in
contrare una donna^ una palestinese di mezza età, bassa di
statura e vestita di nero, che
camminava sui marciapiedi mostrando ai passanti un foglio
stropicciato. "Lo vedi", diceva
quando riusciva a fermare qualcuno, “LUI CE L’AVEVA IL SALVACONDOTTO; guarda, leggi...”.
La donna viveva a Teli Al Zaatar coi suoi cinque figli, 6 anni
il più piccolo, 14 il grande. Quella mattina di giovedì 12 agosto
in cui il campo palestinese cadde sotto l'ultimo assalto delle
falangi cristiane, la donna e i
cinque bambini s'incamminarono con l'altra gente verso l uscita del ghetto. Furono fermati al
primo posto di blocco. "I u hai
cinque figli (disse un falangista
alla donna) e noi te ne ammazziamo quattro. Scegli tu quale
vuoi .salvare".
La donna si rifiutò. Allora i
cinque bambini dissero che
avrebbero fatto essi stessi la
scelta. Discussero qualche istante e decisero che doveva vivere
il più piccolo. I falangisti scrissero su un pezzo di carta il salvacondotto per lui e uccisero gli
altri quattro. La donna, col piccolo in braccio, continuò la fuga.
Fu fermata al secondo barrage.
Altri falangisti con la croce sul
petto (la croce!) le strapparono
il bambino e glielo uccisero,
mentre lei gridava: "Non potete,
lui ha il salvacondotto, guardate...”, e mostrava invano quel
pezzo di carta che, nei giorni seguenti, faceva vedere ai passanti di Sabra ». (Da « L’Espresso »
del 5.9.’76, art. di G. Invernizzi).
L’opinione pubblica intemazionale, nella sua grande maggioranza, segue purtroppo in modo distratto questi avvenimenti.
non sappiamo dire se urnanamente più strazianti, o politicamente più pericolosi. In Italia,
il giornale « L’Unità » ha lanciato un appello « per “impedire
una più grande" nel Libano, ritenendo, nel suo editoriale, che
“gli avvenimenti del Libano riguardano tutti i paesi del bacino mediterraneo”. Il quotidiano
comunista chiede al governo italiano d’intervenire presso le organizzazioni internazionali (ONU
e Comunità Economica Europea). "L’Italia, scrive il giornale, può prender parte alle pressioni da esercitare sulla Siria,
affinché questa ritiri le sue truppe dal territorio libanese" ».
In Francia, il giornale « L’Umanità » ha riprodotto (martedì
31.8) il testo d’un « appello alla
solidarietà coi popoli libanese e
palestinese, firmato da una ventina d'inteìlettuali, per lo più artisti, francesi e italiani. L’appello invita “tutti gli uomini e le
donne di buona volontà ad esprimere la propria solidarietà morale e materiale, ad esigere la fine dei combattimenti, il ritiro
di ogni intervento straniero, e
ad. opporsi ai tentativi di spartizione del Libano”. Fra i firmatari italiani: Marco Bellocchio,
Marco Ferreri, Francesco Maselli, Marcello Mastrofanni, Alberto Moravia, Gillo Pontecorvo,
Franco Solinas, Ernesto Treccani, Gian-Maria Volonté, Cesare
Zavattini. Fra i firmatari francecesi: Louis Aragon, Jacques Serque, Jean Ferrât, Max-Poi Fouchet, Jean-Pierre Kahane, Hélène
Langevin, Edouard Pignon, Bertrand Tavernier, Vercors, Antoine Vitez- Ha firmato anche il greco Costa Gavras ». (Da « Le Monde » del 2.9.’76).
Nei giorni scorsi si è avuta
una manifestazione di obiettori
di coscienza aderenti alla LOC
davanti agli uffici di leva del
quartiere EUR di Roma.
Motivo della protesta : la mancata applicazione della cosiddetta « legge Marcora » del 15 dicembre 1972 che riconosce il diritto (sia pure in modo del tutto discriminatorio) all’obiezione
di coscienza permettendo il servizio civile in sostituzione di
quello militare.
Attualmente sono stati solamente 700 gli o.d.c. che hanno
prestato o stanno prestando il
servizio civile sostitutivo. Circa
duemila domande giacciono, da
alcuni anni, nei cassetti dei distretti militari, benché la legge
fissi un termine di sei mesi per
il loro accoglimento.
Queste cifre sono state fornite dalla LOC in una conferenza
stampa nel corso della quale è
anche stata annunciata dal partito radicale la presentazione,
entro il mese di ottobre, di una
proposta di legge che prevede la
smilitarizzazione del servizio civile e l’affidamento della sua gestione alle Regioni.
Fondo
di solidarietà
Come già pubblicato nel
numero precedente il nostro Fondo ha aperto una
sottoscrizione a favore
della drammatica situazione delle vittime della guerra in Libano.
Altre offerte si raccolgono per i terremotati del
Friuli, per quelli del Guatemala e per il Programma di lotta al razzismo del
Consiglio ecumenico delle
Chiese.
Ricordiamo che le sottoscrizioni vanno inviate
come di consueto al conto
corr. postale n. 2/39878 intestato a Roberto Peyrot,
corso Moncaiieri 70, Torino.