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ANNO LXXV
Tôrct\PclHce, t acttiiAio 1944
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Nulla sla più forte della vostra fede!
„• <j (Gianavello)
SeTTIMANALE DELLA
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Italia e Impero ■ '• Anno L. 20 —Semèstre L, 10
Estero . • ■ * » 80— » » 15
Ogni cambiamento d’indirizzo costa una lira— La copia Cetili 40
CHIESA V AL D E S B
Rlflruardatc. alla roccia onde foste tagliati
f s asaia U: 1>,
PiMlllor«i Prof. PINO COStABPL
AMMINISTRAZIONE e SEDAZIONE;
_ Via Carlo Alberto, l bis — TORRE PEIXICE
'ÌSJO*?
...GESÙ’ DORMI
••• 99
' (Matteo 8: 24).
Siamo saliti parlare unicamente ^1l’attività di Gesù; delle sue giornate laboriose consacrate a percorrere le contrade delia Giudea e della Gadlea, ad
ammaestrare i discepoli, a parlare alle
folle ed intrattenersi con gli infelici e
con gli infermi. .
Il tempo del suo riposo era molto limitato'.
Il Maestro diceva ai discepoli: if- Bisogna che io compia le opere di Colui
che mi ha mandato, mentre è giorno... »
(Giov. 9: 4), e spesso Gesù passava la
notte in preghiera. Pure una Volta, licenziata la moltitudine. Egli saliva su
una barca e « ...stava a poppa dormendo' sul guanciale » (Marco 4: 38).
Gesù dorme: ma ecco, sul mare calmo si leva improvvisamente la tempesta; soffia il vento e le ori'de minacciano
di coprire la fragile imbarcazione, i di'^
scapoli lottano disperatamente contro gli
elementi della natura, scateUiati, ma Egli
continua ra dormire.
Il sonno di Gesù è simile a quello di
un uomo che ha intensamente lavorato.
L'Evangelista Marco ci ricorda una parte deU’attività idi Gesù che, in quella
giornata, deve essere stata particolarmente intensa, dato che « Egli ed ì suoi
non potevano neppure prendere cibo »
(Marco 3: 20). In quel giorno i Farisei
lo avevano ocousoto di far lega con Satana ed EglL li aveva, seyer^ente am- _
moniti ricardando loro tutta là gravità
del peccato contro lo Spirito Santo. Poco
dopo si accorge di essere totalmente
incompreso da isua madre e (dai suoi
-fratelli che lo credono fuor di.senno e
cercano di impadronirsi di Lui. Il Maestro pronuncia ancora, in quello stesso
giorno, le parabole del seminatore, della lampada, del seme, del granel di senapa e, neH’intimità, parla a lungo ai
discepoli spiegando loro quelle parabole che non avevano comprese. Verso
sera. Egli ordina ai discepoli di passare
all'aìtra riva. Appena entrato nella barca, vinto dalla fatica. Egli si addormenta cosi profondamente da non udire
neppure il rumore della tempesta improvvisamente scatenatasi.
Il sonno di Gesù, in secondo luogo, è
simile a quello di un uomo che ha buona coscienza.
Molte volte i pensieri, le parole, le
azioni della giornata tornano a popolare il sonno degli uomini e lo turbano
con sinistre agitazioni.
Gesù, anche quel giorno, poteva dire
di aver compiuto la volontà di Colui che
lo aveva mandato: era pertanto in pace
con Dio ed in pace con gli uomini per il
bene dei quali aveva costantemente
operato.
Il sonno di Gesù ci parla ancora di
assoluta fiducia in Dio. Pyò sembrare
strano che Gesù dorma fra il fragore
della tempesta, quando già il vento caccia le onde nella barca ed i discepoli
si agitano e giudicano la situazione disperata. Egli sa che Dio è dovunque ed
è più forte della tempesta. Difatti quando i discepoli angosciati lo destano, dicendogli: « Maestro, non ti curi che noi
periamo? », Egh risponde: « Perchè sie^
tt cotì :p«uro5i? Come mai non avete
voi fede? ».
* * *
Chi non ha pensato, nel corso di questi ultimi anni, al brano 'dell’Evangelo
•che forma Foggetto della nostra meditaaione^
L'umanità intera si trova in balia,^di
una tempesta senza precedenti *e molti
gridano a Dio, come im giorno i discepoli a Gesù: « Maestro, non ti curi tu
che noi periamo? », ovvero ancora: « Signore, salvaci, siam perduti ».
' E non ostante questo grido angoscioso, Dio non risponde. Egli sembra impassibile alle nostre sventure^ non in
terviene per mcxhfìcare il corso degli
eventi; proprio come quando sul maire
di Galilea, mentre i discepoli lottavano
contro l’infuriare della tempesta e già
la barca si riempiva d’acqua, « Geisù
dormiva ».
Tremenda prova per Fuomo di fede
che si sente chiedere dal mondo: « DoV è il tuo Dio »? (Salmo 42: 3) e stenta
a trovare una risposta!
« Gesù dormiva », ma qua'tiido più
forte infuriava là tempesta, Egli « sgridò il vento e disse ah mare: taci, calmati! E il vento cessò e si fece gran
bonaccia ».
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Il Signore può dunque intervenire,
'da un momento all’altro, nella sto^
■degli uomini per capovolgere una' sdvtuazione che sembra disperata.
yi/f- Forse il tempo dell’intervento diretto
Dio non è lontano, perchè quando la ^
potte è più nera, aUora sappiamo che
‘«i#j^alba s’nwicina.
-, - « Perchè t’abbatti anima mm? Perchè ti
■ commuovi in me7
‘^S'pera in Dìo, perch’io lo celebrerò oncora;
Egli è la mia salvezza ed il mio Dio».
y.'*g. .Così esclamava il Salmista e le stesse
'«'parole noi ripetiamo con la ferma fldu. pia che, quando .a Lui piacerà, la tem
pesta' sarà sedata.
u. b.
Profili di Eifangelixgatori
K'mi
GIOVANNE RIBETTI
•m
In sullo scorcio del 1859 un giovane
venticinquenne' viaggià verso la Toscana. Viene da un villaggio delle Valli,
Pomaretto; ma la permanenza di alcuni
anni a Ginevra, poi a Courmayeur ed
in ultimo a Torino lo' ha liberato da
quell aria* timida che spesso caratterizza coloro i quali da un piccolo centro
viaggiano per la prjm.a volta verso una
lontana città.
Mentre il treno lo porta verso Genova e poi il piroscaio a Livorno, egli me-dita sul . grave compito che .gli incombe. E’ il pastore Giovanni Ribetti; dopo*
avere compiuto i suoi studi nella città
di Calvino e dopo avere lavorato per
qualche tempo nella Valle d’Aosta e
nella capitale del Piemonte, accanto a
G. P. Melile, ora è stato mandato per
dirig.ere Fincipiente movimento evangelico di Pisa dove parecchi simpatizzanti
si sono raccolti attorno all’avv. Chiesi e
di Livorno dove il pastore Stewart afferma esservi un buon nucleo di persone desiderose di udire la predicazione
delFEvangelo.
E’ molto giovane per quel posto, ma
tutti 0 quasi tutti gli evangelisti della
Chieda Valdese di quel tempo sono giovani, alcuni anche giovanissimi: l’opera
è così vasta e gli operai così pochi che
è necessario inviare anche in posti di
grande responsabilità pastori da poco
usciti dai banchi della Facoltà Teologica: colui che fu chiamato « il Presidente » per antonomasia e che diresse il
Comitato di Evangelizzazione per ben
37 anni fu nominato a quel posto appena d eci anni dopo la sua consacrazione!
L'opera che aspetta il Ribetti a Pisa'
non è facile; anzi dopo un tentativo infruttuoso di organizzarvi una Chiesa, il
giovane pastore passa a Livorno per
consacrare tutte le sue energie a quel
movimento che si presenta assai più
promettente. Ed a Livorno app-unto ha
le avventure più interessanti della suamovimentata vita.
Esuberante di giovinezza e di entusiasmo, il Ribetti ha assorbito dall’ambiente la tendenza alla controversia e
questa caratterizza tutta la sua attività,
che per tutta la sua vita si impernierà
sulla sua vita di conferenziere. Facile
parlatore, attira le folle al suo culto,,
soprattutto alle conferenze polemiche.
Naturalmente incontrò in Livorno una
forte reazione da parte del partito clericale; reazione che»asstì.m,e alle volte
un carattere tutt’altro che elevato! Nel
1861 per esempio, un predicatore nel
duomo di Livorno tiene una serie di
conferenze contro i Protestanti: il Ribetti si reca a queste, che han luogo il
pomeriggio, e la sera stessa risponde
nel suo ‘locale gremito di pubblico. La
sua audacia è mal tollerata: piovono minaceie contro di lui, tanto che un grupp# di giovani sì schiera ogni domenica
, attorno al pulpito pronto a difendere il
..f predicatore, se quelle minacele fossero
^ mandate ad effetto. E qualche tafferuglio non si può evitare, il che diventa
h-iun pretesto perchè le autorità impon1 ga'no la chiusura del locale; chiusura
^ ehe l'immediato intervento delle autorità superiori revoca ed il Ribetti può'
' continuare la sua predicazione. Chi ne
ha la peggio è un povero giovane che,"^ ^
J^di notte, scambiato per il pastore vaidese, SI riceve ‘da un gruppo ’’di clèri,.xali_ pìnttosto ..violenti, im sacco, di
gnate !
E3d il Ribetti continua imperterrito la
sua opera! Prendendo pretesto da leggi
delFantico Granducato di Toscana che
il Ribetti non ha osservato, un pretore
lo condanna ad una breve reclusione:
aiutato da buoni membri di Chiesa egli
può sfuggire alla cattura finché il ricorso al tribunale fa dichiarare come
non reato quello di quanto lo si accusa.
E più tardi ancora egli deve comparire
davanti ai giudici. Nel 1867 un giovane
della Chiesa di Livorno, assieme ad altri concittadini ha lasciato ^la vita sui
campi di Mentana. Quando,*^ il 26 gennaio 1868, i caduti sono sepolti nel cimitero di Livorno, il Ribetti è pregato
di parlare, assieme ad altri, sulla fossa:
poiché egli, tra l’altro, ha fatto sue alcune parole di Garibaldi sul papato,
egli viene accusato, sempre in base a
leggi del passato regime; la Corte di
Appello di Lùcca poi lo assolve per inesistenza di reato.
A Livorno intanto il suo lavoro prosegue con buoni risultati: la Chiesa si
fortifica e le scuole evangeliche 'raccolgono circa trecento bambini. Per ampliare la sua opera il Ribetti ha anche
affittato p>er alcuni anni un teatro non
più in uso e quivi, ogni domenica sera
jiHatattie detranina
tiene delle conferenze che sono seguite
da alcune centinaia di uditori.
Dopo dieci anni di attività livornese,
nel dicembre del 1870, il Ribetti è incaricato di occuparsi della nascente
Chiesa di Roma. Subito dopo il 20 settembre vi si è recato il pastore di Genova, Matteo Prochet, che hà inirtato '
delle riunioni nelle case private: prima
di rientrare nella sua Chiesa è riuscito
ad affittare un locale nel quale per circa due mesi predica il pastore A. Medile,
al quale succede, per tredici anni il Giovanni Ribetti, che è così il primo pa•store della Chiesg di Roma, come Matteo Prochet è il prim.0’ pastore valdese
che predica nella città eterna.
L’opera è intraloiata in questo periodo dalla mancanza di locali adeguati:
continuamente il locale di culto si spo•sta da un capo all’altro della cittL Ma
l’opera prosegue e la chiesa si fortifica.
Nel 1872 il Ribetti, che a Livorno
aveva col Gavazzi già avuto una dìsputa pubblica c®i frati, prmde di nuovo
Se una seria malattia colpisce il nostro organismo, l’angoscia ci assale, la
luce della vita s’adombra, l’anima in
noi s’abbatte ma spera, tutto l’essere
nostro s’afferra violentemente alla vita,
pur bramando in certi istanti ch’essa si
spenga.
Ciò è comprensibile ed umano: la
buona salute è stato naturale per
Fuomo, che ha l’obbligo di custodirla
quale dono prezioso dell’AltLssimo.
Ma Fuomo non è formato di solo corpo, un’anima viva in lui, ragionevole ed
immortale, di cui fa ben poco conto,
al puntò, che pur sapendola intaccata
da germi letodi, non si turba, nè se
n’addolora.
Per incontrastata esperienza, sappiamo che i mali del corpo possono condurre a quella fatale morte a cui, un
giorno 0 l’altro, tutti dobbiamo sottostare, ma non pensiamo che i mali delFanima ci a’wiano ad una ben più terribile morte: la morte eterna.
La vita superficiale e opprimente che
si conduce oggigiorno, non sempre consente un calmo raccoglimento per esaminare la nostra coscienza e scoprirne
le tabe che la rodiono. Questa impossdbilLtè è una vittoria di Satana sull'umanità attuale. 'Tuttavia, se noi volessimo,
potremmo di tanto in tanto, concentrare lo sguardo in noi stessi per ccxnosceire
Fintimo nostro alla luce di quel sublime modello, ch’è Cristo il Signore, e
purtroppo dovremmo esclamare col De
Maistre: « Non conosco il cuore d'un
malfattore, conosco quello d’un galantuòmo, e posso dire ch’è una sentoa di
vizi ». Ed è vero, ogni peccato, sia pure
in embrione, esiste in noi. L’educazione, l’ambiente in cui viviamo modificano talvolta o coptono d’un ipocrite
manto la nostra perversa naitura. Ma il
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parte, assieme al Gavazzi ed allo Sciar'
relli, ad una nuova disputa di carattere
ufficiale: l’ultima che abbia potuto aver
luogo, poiché di allora la Chiesa
cattolica ha"'ufficialmente proibite simili discuissioni religiose. Ma di queste
dispute forse diremo a parte.
„ Dopo tredici armi di liMiività «òBaana
li '*Rìltótti è chiaihatb a dirigere ’
Chiesa di Pisa. Anché quivi ie conferenze religiose, a cui partecipano miidhe
esponenti del mondo della cultura pisana sono il forte dell’opera sua. E poiché il nostro tempietto si trova in località non di passaggio, per parecchi amù
si affitta un secondo locale sui hing’Arni, quindi in posizione assolutamente centrale. Quivi nel 1885 una serie di conferenze attira gr^de pubblico: il Ribetti risponde alle prediche del
famoso predicatore Agostino di Montefeltro,
Ed è ancora per svolgere soprattutto
l’opera di conferenziere che il Ribetti è
trasferito nel 1893 a Torino ove svolge
la sua attività per una decina di anni.
Da alcuni anni la sua salute, che a
varie riprese gli aveva imposto delle soste di attività, si è aggravata ed egli
deve nel 1903 chiedere l’emeritazionie.
Ne fruisce per poco tempo però perchè
Fanno seguente questa tipica figura di
pastofe valdese è commemorata al Sinodo fra coloro che Iddio ha irichUmaato
a Sé.
Fu definito «il battagliero», e taler
realmente egli fu: vi fu chi pretese che
forse vi eravin lui più amore di polemica che .intenso desiderio di vita spirituale; per chi esamma la sua opera un
po’, ' fia yic’jjo non. è però, cosil Come
egli stesso afferma, nelle sue prediche
e conferenze predomina Finsegnamoito
positivo, anche se la controversia ha im
posto importante. E ciò perchè egli reputa che, « se la controversia è magro
nutrimento per le anime mature, in
certi luoghi ed in certi momenti essa è
però necessaria ». A. Ribet
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VL’SCO'DELLS tALU YALDMI
continua, #d esistere. E come po
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k íí"
Sí
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• ' trebhe essere alti^imenti, quando i nostri rimedi contro di esso scino così
blandi e così‘misere le armi cdie adoperiamo per vìncerlo, che il più delle''«
volte, invece di sopraffare il male, si»mo da esso sopraffatti? '
Abbiamo inoltre le tendenza di considerare con tale benevolo compiacimento il nostro peccaito, chè scusiamo
e compatiamo'c^ni sua manifestazione,
come cosa naturale e di poco conto.
Non parliamo poi quando si tratta* dei
nostri figli, clè addirittura il malvezzo
di trovare spiritose le loro insolenti ri-«
sposte, di sorridere alle menzogne che
fioriscono il loro linguaio, di approvare certe prepotenze, certi atti violenti, come segni d’intelligenza e di forza
di carattere. ^ ^
Ah se considerassinio che il male è
un microbo terribile che s’attacca tenacemente all’anima e va combattuto con
tutte le nostre forze fin dall’inizio perchè non abbia inflluenze letali per la
vita dello spirito !
Ma siamo ciechi, insensati e a tutto
. qu^to non pensiamo. Eppure, se i nostri figli, o noi stessi, cadessimo animalati, quante ansie, quante veglie, quante
spese, per vincere il morbo che toglie
pace alla nostra esistenza! Ma non basta, perfino se i nostri animali, o la vi. gna o il campo minacciassero d’essere
(»Ipiti da -una delle loro tante malattie, non guarderemmo a fatiche, a tempo, ma dall’alba al. tramonto sarebbe un
affaccendarsi incessante per immunizzare i nostri beni terreni e passeggeri.
Non ricordiamo abbastanza che vita
e^beni sono cose periture che dovremo
lasciare un giorno, forse non lontano. Ma l’anima no. L’anima a cui pensiamo così jxico, venne creata per essere immortale, mentre la nostra incuria, la nostra indifferenza, la menano a
sicura morte.
Non basta nella vita essere galantuoimni, membri di Chiesa, vuoi anche Ministri del Signore, occorre reprimere le
nostre passioni, scavare fino al vivo le
piaghe purulenti dell’egoismo, dell’ipocrisia, diell’orgogliò, della nostra avarizia e impudicizia, poiché nessuna di
queste cose può entrare nel Begno del
Cieli, e se esse sono radicate neU’anima
nostra, come potrà l’anima nostra essere salvata?
Vano sarà invocare i meriti di-Cristo.
Una passiva credenza in essi, doirante la
nostra vita, è dimostrazione di nessur
na credenza. Chi sa d’aver ricevuto un
dono prezioso, inestimabile, quale il
dono della Redenzione, lo apprezza al
suo giusto valore e s’attaccherà con tutto il cuore al Donatore. Possiamo noi
dire di amara il Salvatore in rapporto
al dono fattoci? Se cosi fòsse, come ci
sforzeremo d’essere simili a Lui! Delle
persone amate non si studiano e si imitano gli atti, le parole, il pensiero stesso? Alla luce del Cristo vedremmo allora disseccare a poco a poco, la putredine del male che è in noi, come certe
malattie sotto la benefica influenza del
radio.
Confessiamolo, il nostro amore è debole, insignificante, a Lui non diamo il
nostro cuore, a Lui non pensiamo durante le nostre giornaliere occupazioni,
non è Gesù il centro della nostra vita,
non è, 'in una parola, l’anima nostra.
Eppure, Egli, il gran Medico, non domanda che di vivere in noi, con noi e
per noi, non domanda che d’aiutarci per
vincere il male in lotta costante con
l'anima nostra, e non domanda che di
guarire tutte le nostre infermità.
Oh, se in uno slancio del cuore consacrassimo a Lui la vita intiera. -Se in
un abbandono assoluto portassimo a
Lui tutto l’essere nostro, sollecitando il
suo aiuto e le sue grazie divine. Egli,
che non spezza la canna rotta, nè spegna il lucignolo fumante, rinvigorirebbe la forza languente della nostra fede,
ravviverebbe la vacillante fiamma del
brancolanti nel buio, che conduce alla
nostro amore, e di noi, povere creature
morte, farebbe creature di luce che seguono fiduciose i luminosi sentieri della
vita. J. Carlon.
OieilNcio Comunale di Villar PeiHce
• SI avvisano tutti i- detentori di semi dì noci
di prenotarsi sollecitamente, comunque entro
il 15 gennaio c. a., presso il messo comunale
di Villar Pelliee, qualunque sia la provenienza d«l seme.
L’esito della prenotazione verrà tosto trasmesso all’Ufficio Tecnico Erariale per la
faM>ricazione olii di Torino, onde ottenere la
■concessione per la fabbricazione dell’olio.
Scrivono .or//'
Un amico del canto ci scriue;
- La Circolare della Presidenza della
Commissione del Canto' S'acro, pubblicata nel numero 50, ci ha sensibilmente
amareggiati, inquanto, alla Commissione che s’era prefissa con buone intenzioni un chiaro programma di lavoro, viene a mancare il campo di attività.
/E’ inspiegabile .ed òscuro l’asserto
y che non sia questo tempo da canta’fe », quando si rifletta che il canto sacro va considerato « preghiera ed invocazione », cibo spirituale per noi negli
•attuali momenti.
« Non è tempo da cantare », si dice;
ma è una cosa impensabile! Ed eccone
la spiegazione.
Durante il lungo periodo in cui epistolarmente eravamo in contatto con i
nostri fratelli (per lo più membri della
Corale) dislocati in armi sui duri fronti
di battaglia, nei loro messaggi vibrava
indefettibile interesse alle svariate manifestazioni del canto.
Essi precipuamente, avrebbero dovuto sentire ch’era trascorso « il tempo »
per salmodiare, gravati dall’oppressione della lontananza, del disagio, dei
pericoli!
E tuttavia dimostravano di essere fiduciosi, e cantavano in ogni adunanza
militare, con nost" jica serenità. Esempio ed incitamento dunque; e noi?
Sentenziamo assurdamente che si deve
rinunciare al canto; ma con ciò non riusciamo nemmeno a salvare le apparenze!
Ammettiamo e teniamo conto delle
eccezioni; che taluno, cioè non si senta
di cantare; m,a gli altri sinceramente,
provano di aver bene ponderato la loro
astensione?
Non è quella «/rase» un. semplice
paravento?
Si pensa che sia follia librare cuore
e anima al canto o che, suoni offesa a
chi è nel disagio della trincea? Noi dubitiarho...
...Non ci appaia un gesto grandioso
mostrare un cuore chiuso, aU’espressione del canto. Se siamo realmente provati dal flagello che ininterrottamente
partorisce atrocità, non poniamo tanta
cura nello sfruttarlo per averne benesseri trovando ciò naturale e legittimo.
Eliminando ciò che offusca o pregiudica la classificazione esatta dei sentimenti nostri più intimi, troverenio perfettamente intonato e coerente il salineggiare, i’invocare col canto le benedizioni di Dio.
Infine, giustamente dovremmo asserire
che è sempre tempo da cantare, chè —
notate bene — nei nostri inni si compendia il pane spirituale per ogni stato
d’animo; persino davanti ad una bara,
il canto ha la misteriosa possanza di
sollevare, di trasportare irresistibilmente in alto i cuori provati dall’afflizione.
Non cadrà allora il puerile ricorso
« al tempo »? Rinunceremo ancora al
canto ed agli esercizi di canto?
Goip
Nota: Ricordiamo che siamo sempre
lieti di dare ospitalità m questa rubrica
alla voce dei nostri lettori; ma è indispensabile che Se anche essi desidera-''
no firmare con uno pseudonimo, il laro
nome sia noto al Direttore.
La Scuola Domenicale
Terza lezione - 16 gennaio
PARABOLA DEI CATTIVI VIGNAIUOLI
Lettura; Matteo 21: 33-46. Imparare vers. 33
Cronaca Valdese
LUSCRNA SAN OlOVANNI
41. Versetto centrale vers. 43. i
Gesù annuncia il giudizio al popolo di Ge- |
rusalemme con alcune parabole. |
La vigna e i vignaiuoli. La prima parabola
della vigna è stata raccontata da Isaia (5: 1-7).
La vigna piantata daU’Eterno, e che risponde alle sue cure producendo spine e triboli
è una immagine del popolo d’Israele. Nella
parabola di Gesù, non è la vigna che è sterile, ma sono i vignaiuoli che si conducono
male. Gesù mira ai capi del popolo a cui
parla. Dio ha affidato loro il suo popolo perchè lo governino e aspetto dalla loro opera
dei frutti spirituali. Ma essi non pensano
che ai loro vantaggio. Quando Dio manda
dei servitori straordinari, come i profeti, per
reclamare i frutti spirituali a cui il Signore
ha diritto, quelli li maltrattano o li uccidono. Geremia, Giovanni Battista ne sono
esempi.
Il Figliuolo. Invece di far sentire a quel
malvagi il peso del suo castigo, il padrone
della vigna mnda loro il suo figliuolo. Gesù
si distingue da tutti i profeti per una dignità uniM e senza pari: egli è il Figliuolo
di Dio. L’invio di Gesù è la prova della suprema bontà di Dio. Ma questa bontà spinge i malvagi al supremo induriitiento: essi
pensano a sopprimere il loro Signore per essere finalmente padroni dell* sua terra. E
Il 12 dicembre è stato celebrato il funerale'
del sìg. Giovanni Pons, deceduto ai Ricoun,
in età di 83 anni.
Il 24 dicembre ha avuto luogo il funerale
della s’g.na Anna Margherita Favoni, deceduta al Bric in età di '79 anni, dopo breve
malattia, ■ •
II 28 dicembre ha avuto luogo, ai Bellonatti, il funerale del sig. Luigi Rivoira, deceduto all’età di 75 anni. Egli era stato per
lunghi anni cantoniere della strada privilegiata di Mugniva.
A tutti coloro che sono stati visitati dal
lutto,' rinnoviamo le nostre sentite condoglianze.
I nòstri culti di Natale e di fine d’anno
sono stati celebrati con austera solennità.
Ringraziamo la Corale per il suo apprezzato
concorso.
Ben riuscita pure" la festa per 'i nostri
bamb ni, domenica 26 dicèmbre.
A tutti i nostri generasi e cordiali collaboratori, i nostri sentiti affettuosi ringraziamenti.
5AN GERMANO CHISONE
Con giornata splendida e senza allarmi abbiamo celebrato il Santo Natale. Il tempio
era così gremito che parecchi non hanno
trovato posto a sedere. La Corale, molto numerosa, ha eseguito un coro dei Cento Canti.
Abbiamo avuto la gioia di ammettere
nella Chiesa Valdese, per pubblica professione, il rag. Vittorio Pisani, che già frequentava la chiesa di Taranto quando il nostro Pastore dirigeva quell’opera.
Abbiamo fatto volentieri uno strappo alla
nostra regola di non celebrare atti liturgici
nei culti delle solennità perchè l’ammissione
di un giovane del campo dell’evangelizzazione in una parrocchia delle Valli nell’attuale
momento in cui l’Italia è divisa dalla guerra,
e nessuna comunicazione è possibile con le
nostre chiese del mezzogiorno, è un simbolo
di quell unità della Chiesa Valdese che neppure gli eventi più tragici può spezzare.
L’esempio di questo giovane che solo della
sua farniglia, per profonda e sincera convinzior^, è entrato nella milizia di Cristo, sia
anche un incitamento a tutta la gioventù
valdese a custodire con fedeltà il sacro deposito che i Padri ci hanno tramandato a
prezzo del loro sangue.
Dopo questa ammissione è stata celebrata
la Santa Cena, alla quale molti si sono avv.cinati.
Siamo grati a Dio per averci concesso un
culto di Natale cosi visibilmente benedetto!
^ Non sarà stata una vana cerimonia se tutti i
partecipanti a questo culto e alla Mensa del
Signore sentiranno che non vi è per noi altra possibilità che rifugiarci nell’amore ■ di
Lio manifestato in Cristo e altra felicità che
di darne la dimostrazione in tutta la nostra
Vita.
Il giorno seguente il tempio era nuovamente affollato per il culto di Natale'dei Fanciulli. Più consona alla gravità dei tempi,
questa festa ha lasciato nei grandi e nei piccoli sante impressioni.
. Come è stato annunciato dal pulpito,
circostanze di forza maggiore impediscono la
riunione regolare dei Catecumeni di 4° anno.
Essi saranno, a Dio piacendo, convocati regolarmente nelle quattro domeniche prima
della loro Confermazione. E’ intanto loro dovere e loro privilegio di frequenteire i culti
mensili della gioventù ed i culti domenicali,
occupando sempre i primi posti, per dare a
tutti un buon esempio e prendere buone consuetudini.
— Domenica 9 gennaio, alle ore 16, avrà
luogo, a Dio piacendo, un culto ai Martinat.
Ricordiamo che i culti quartierali sono riservati agli adulti. I fanciulli hanno la loro
Scuola domenicale.
— Date le attuali circostanze, è sorta la
necéssità di una Scuola domenicale e un
Corso di Catechismo per le Chianaviere, nella
cappella di quel quartiere. Due signorine del
posto hanno assunto volonterosamente questo bel compito.
— Il 26 dicMnbre un lungo corteo scendeva dai Gianassoni per accompagnare al cimitero le spoglie mortali della nostra sorella
Paimira Comba nata Badino, di anni 81. Da
Gesù invita 1 cattivi vignaiuoli ^stessi a pronunciare il loro giudizio. Senza • comprendere
la tremenda grav la delia loro risposta, essi
danno effettivamente la risposta g usta. E
v.e.;3-a :a conferma precisandola.
I y.i diz'io 'Esso comprende duo dichiarazioni: lo II Regno sarà loro tolto, L espressione: Il Regno di Dio, qui non s.gniflea tanto Il Regno futuro, celeste, quanto l’amministrazione dei beni spirituali di Dio, il culto, la legge, la profezia, insomma la funzione diietfivo che Israele esercitava nell’An,.ica Alleanza. Quel governo spirituale sarà
trasferito ad altra gente, cioè ad un pòpolo
spiiiluale nuovo, cornposto di credenti di
tutte le razze e nazioni, compresa quella di '
Israele: la Chiesa universale. Questa sorgerà dal sangue sparso del Figliuolo di Dio, o
con altra immagine sarà fondata sopra ’ di
lui. Infatti: 2° Cristo, che è stato rifiutato
0 ucciso, diventerà la «pietra angolare», la
grande pietra da taglio che congiunge i muri
maestri dell’edificio della Chiesa (Sai. 118:
22). Ma coloro che non sapranno riconoscerlo
- « inciamperanno ». nella pietra, cioè saranno
rovinati dall’incontro stesso che dovrebbe
salvarli.
Gesù Cristo è il supremo appello della
bontà di Dio per noi: Quale pòsizione prendiamo in sua presenza? Per Cristo o contro
di Lui?... Deciderci contro di Lui sarebbe
correre alla nostra rovina. Ma se lo riconosciamo come il nostro Signore, noi non cesseremo mai di ammirare questa « cosa meravigliosa agli occhi nostri»: Cristo è il fondamento sul quale riposa ogni speranza, ogni
con'’ortò, ogni forza morale.
’■sette ann' ia sua ' vita era diventata un
martirio quasi continuo Sul letto del dolore
ri-a ha cantato, negli ultimi giorni, gli inni
diUa fede Alla famiglia, che tanto aveva
ancora bisogno della mamma, rinnoviamo
1 espressione della nostra porofonda simpat’?. e 1 meoraggiarpento a cercare consiglio,
forza e pace in Colui che non abbandona
quanti confidano nella Sua misericordia.
La famiglia di
Paimira Comba Codino
profondamente commossa dalle testirnonianze di simpatia e di affetto, ringrazia sentitamente i vicini di casa, in special modo la famiglia Beux, e tutte le persone intervenute
alle esequie.
S. Germano Chisone, 26 dicembre 1941.
La famiglia del compianto
Luigi Rivoira
ringrazia di cuore quanti hanno voluto darle
prova dì simpatia nel suo doloroso lutto ed in
particolare Suor Italia Rostan, il dott S. Jean
ed il pastore L. Rivoire.
Luserna San Giovanni, 28 dicembre 1943.
Doti Rocchi, Stanislao, « in memoria ing. Augusto Trevisani.», prò Collegio L. 100.
Un pensiero per ogni giorno
8 gennaio.
Ogni volta che tu comjnetti un fallo,
più grave esso è stato, e più devi tendere alia perfezione, ponendo la fede e
la fiducia in Dio al posto che la natura
avrebbe assegnato allo scoraggiamento.
S.ra Swetschine
.9 gennaio.
Aver una gran fede non significa sa
pere e rappresentarsi molte cose; significa amare molto e molto coiniìdare.
B. NaVillev
10 gennaio.
Quanto è bene per noi che .solo ci conosca veramente nel nostro intimo Colui che solo può perdonare. X.
11 gennaio.
Il Signore viene, anche se dobbiamo
a-'pettarlp; Egli viene anche se diventiamo vecchi come Anna, canuti come Simeone; ma bisogna aspettarlo nella Sua
casa. Kierkegaard
12 gennaio.
Se la tua opinione è buona, e pur la
lasci per amor di Dio, e ne segui un’altra, niù ne caverai profitto.
« Imitazione di Cristo »
13 gennaio.
Forse sarebbe meglio non avere alcuna religione che averne una esteriore
e per la forma, la quale, senza toccare il
cuore, rassicura la coscienza.
, Anordmo
14 gennaio.
La mediocrità è il salario della rispettabilità. Hilty
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