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ECO
DELLE mnU mDESI
Past. TACCIA Alberto
10060 ANG.ROONA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 98 - N, 26
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TORRE PELLICE - 28 Giugno 1968
Ammin. Claudiana Torre Pellioe - C.CJP. 2-17557
Lb co!ttioi fioII protestantesimo francese sta vivendo
B ÌB Ib/^B gtBZÌBnZ.^ ' ' ' la crisi del redime gollista
Diamo per scontato che nè il
Concilio nè Giovanni XXIII hanno
nulla da insegnare sul capitolo della povertà e leggiamo dell'antologia di Griboudi (*) le altre pagine,
quelle che hanno dovuto farsi maschera del cattolicesimo ufficiale
per ottenere 1’« imprimatur » (che
però, ormai, l’editore torinese non
esige neppure più per tutte le sue
pubblicazioni), e lasciamoci accusare da queste ultime, a cui neppure noi abbiamo nulla da insegnare. Nessuna recensione può essere migliore della trascrizione di
alcuni dei passi più roventi tratti
da questa raccolta di pensieri dovuti in gran parte agli autori citati in copertina, ma anche ad altri
fra quelli che hanno sofferto maggiormente il problema della fame,
sul quale, proprio in queste settimane, r« Eco-Luce » attira la nostra attenzione (V. il n. del 14 giugno 1968).
« Siamo in cerca di una povertà
vera. Però non c’è un programma
già hell’e fatto, non c’è una regola
fìssa per prepararci a superare lo
esame della povertà » (pag. 18) « Il
povero è colui che accetta di non
vivere tranquillo, di esser criticato, molestato, buttato fuori dalla
parola di Dio... Abramo è il primo
povero... partì... senza-sapere dove
añdatna (^gnò’Wf'aitWilè che' andava nella direzione esatta)». « Saper accettare VinstabiUtà, mettersi nelle condizioni di dover ogni
tanto dire il ’’dacci oggi il nostro
pane quotidiano” con un po’ di
ansia perchè la dispensa è vuota... » (pag. 19).
Non basta una povertà economica: « Chi sceglie i beni della terra senza riuscire ad averli, sarà
povero per l’Ente Comunale di Assi,stenza, non per Cristo », ma
neanche basta una povertà spirituale: « In fatto di beni materiali
tutto ciò che abbiamo in più di
Lui, non fa che dimostrare quanto
siamo diversi da Lui » (pag. 22).
Se Abramo è il primo povero.
Cristo è il povero: « Cristo non ha
cambiato in pane le pietre, non è
il ¡sceso dalla croce. Non perchè
ii-.ììi potesse fare l’uno e l’altro miì acolo, ma perchè rimandendo affamalo e crocifisso nei secoli fa
vergogna agli affamatori e ai crocifissori di tutti i secoli ». Con ciò
« Non dobbiamo augurarci che
esistano dei poveri per permetterci di compiere le opere di misericordia. Tu dai il pane a chi ha fame, ma molto meglio sarebbe che
non vi fosse alcuno ad aver fame e
che tu non sapessi a chi dare il
pane » (pag. 48). « Solo i poveri
dioiiano spontaneamente, ai ricchi
si deve chiedere con insistenza »
(pag. 65). « Mettere da parte denaro è in fondo rubarlo a chi ne ha
bisogno subito e non può aspettare fino a domani » (pag. 66).
Gli ampi stralci da Raoul Follerau, il ricco cattolico che ha dato
le sue ricchezze per la cura della
lebbra e che ha scritto « La sola
\ i ità è amarsi » (Bologna, Nigri/.¡a 1966), sono qui al loro posto:
su un giornale: Ci sono 38 milioni
di profughi nel m.ondo e Eredita
20 mila dollari un pappagallo; Sono 15 milioni i mutilati di guerra
nel mondo e Duemila persone seguono il feretro di un cane; Nel
mondo 400 milioni di bimbi hanno fame e Un americano lascia tre
milioni di dollari per la manutenzione della tomba del suo cavallo
da corsa (pag. 70).
L’uomo « civile » non è poi cosi
malvagio: « Ditegli: ”la lebbra”.
Di scatto, gli viene naturale rispondervi: ”il dottore”. Perchè appena gli capita un raffreddore o
un’indigestione, il medico è alla
porta, ritto che aspetta. Non sa... »
(pag. 172). L’uomo civile non sa.
Ma ci sono alcune cose che sa bene, e il libro non trascura di ricordargliele: « Quando uno che si
sente evangelico fino in fondo si
fa difensore di un progetto di liberazione che coincide con un progetto marxista, viene accusato di
comuniSmo... » (pag. 137). « Chi ha
poca carità vede pochi poveri: chi
ha molta carità vede molti poveri:
chi non ha nessuna carità non vede nessuno » (pag. 182). « Non serve a niente soccorrere i poveri se
prima i poveri li si fabbrica »
(pag. 187). « È certo che Dio ha
fatto l’uomo proprietario: ma non
questo o quell’uomo: l’uomo »
(pag. 191).
E la chiesa, che fa? « Ho sentito
un pastore, che viveva il Vangelo,
predicare il Vangelo. I piccoli, i
poveri, son rimasti entusiasti. I
grandi, i ricchi, son rimasti scandalizzati. Ed ho pensato che non
bisognerebbe predicare a lungo il
Vangelo perchè molti di quelli che
frequentano le chiese se ne allontanassero e'quelii che nèh"'éì’vanno le riempissero » (pag. 161). « Si
arriva a dichiarare che il sacerdozio è incompatibile con la vita operaia. C’è da stupirsi, allora, se i lavoratori considerano la propria
vita come incompatibile con la
».r« ... si possedei Magi (per
chiesa? » (pag. 1:
no accettare i doné^.
chè no? Gesù li I (faccettati), ma
bisogna essere pi ¿mi a dirottare
immediatamente l'Egitto » pa
gina 108). « ...gli tii^ini sanno far
tutto con il denarh keon il potere,
Gesù ha vinto coé m’:sua assoluta
fedeltà alla poveM&e all’impotenza » (pag. 115). cuore cresce
spegnendosi, si kmechisce spogliandosi » (pag. ÌP).
Il libro pare fit|o apposta per
suscitare la collcfaldei ricchi, perchè, in fondo, inèl|rado il titolo,
i poveri che .ìppaiqtno dal quadro
tracciato son< inerii di un’infinita
pazienza: « N(/i> fa,paura il povero, non fa pam a la voce di giustizia che Dio fa suaf fa paura il numero dei po' ri. Ho non ho mai
contato i po'! >i, perchè i poveri
non si posso! ■ ontare: i poveri si
abbracciano, non si contano. Eppure c’è chi .u- ie ha statistica dei
poveri e ne he paurja: paura di una
pazienza che / può anche stancare, paura di un silenzio che potrebbe diventare un urlo, paura di un
lamento che potrebbe diventare
un canto, paura dei loro stracci
che potrebbero farsi bandiera,
paura dei loro ärmst che potrebbero farsi barruMta... la paura
non ha mai, sugÈ^to la strada
giusta » (^ag^7 f
La lettura di questo testo e una
delle poche che pongono il problema della strada che si imboccherà.
La strada deU'indifferenza, cpitne
quella della paura, infatti, è sbagliata. M. C. Tron
Le recenti lotte studentesche e operaie
contro il regime gollista, in Francia, hanno
avuto una larga eco nella vita delle Chiese.
La scorsa settimana abbiamo pubblicato una
breve notizia a proposito dell’intervento di
un gruppo dì cattolici e protestanti nel corso
della messa nella parrocchia parigina di
St.-Sévérin, nel Quartiere Latino. In molte
località, soprattutto nella capitale, a Belfort,
a Strasburgo, nel Montbéliard, gruppi di cristiani o anche personalità ’ufficiali’ hanno
preso posizione, riconoscendo la fondatezza
della protesta studentesca e operaia.
In piena crisi, il 21 maggio i membri parigini della Divisione dell’Informazione, del.
la Federazione protestante di Francia, hanno
fatto alla sede del CEC a Ginevra la seguente comunicazione telefonica :
1J AlVestero si è sbalorditi di quel che sta
succedendo in Francia, tanto si era convinti
che il regime politico del paese fosse stabile, accettato da tutti e prospero. Di fatto, la
ondata di fondo che ha sollevato la gioventù
francese e la maggioranza della popolazione
non è un fenomeno isolato. Ha stretti rappor.
ti con i movimenti che hanno agitato e agitano la gioventù ovunque nel mondo. Questa
crisi della società era prevedibile anche in
Francia; del resto, è stata prevista e annunciata da uomini avvertiti che non si è saputo o potuto ascoltare. Ed ecco lo sbalordimento. Eppure, malgrado i fatti, cioè la rivolta del mondo studentesco presto seguita da
A! LETTOR!
Avvertiamo i lettori che, fino al Sinodo, il giornale apparirà quindicinalmente. A parte il fatto che alcuni nusar^no a fdh pi^iìae, ne»'p*».siamo di « frodare » i nostri lettori,
che nel corso dell’anno hanno avuto...
più pagine di quelle che hanno pagate
con il loro abbonamento: infatti quest’anno il nostro bilancio si è chiuso
con un deficit; riparleremo della cosa.
I prossimi numeri usciranno il 12
e il 26 luglio e l’8 agosto.
uno sciopero generale del mondo operaio e
contadino, l’incomprensione di molta gente
continau a far dire un sacco di sciocchezze
e a far commettere un mucchio di errori, in
particolare da parte del governo, delle organizzazioni sindacali e dei partiti politici che,
in modo cosciente o inconscio, solidarizzano'
con il sistema politico-economico assoggettato al monopolio del denaro.
2) Gli studenti erano più sensibilizzati di
altri a questa crisi della civiltà industrializzata e tecnologica e più atti a tradurla che
gli operai e gli agricoltori. Rifiutando la tradizione (routine) di una formazione arcaica
e autoritaria, il consumo illimitato o il puro
profitto presentati come ideali del nostro tempo, vogliono che la vita riacquisti senso. Negando all’attuale governo il diritto di essere
un interlocutore qualificato, hanno lavoralo
appassionatamente in ogni Facoltà e secondo
le varie discipline a una riforma completa
dell’U niversità.
3) Questa contestazione radicale si e
espressa anche nella Chiesa, sia contro le
strutture che contro la sclerosi dei ministeri e dello scopo assegnato loro. Al Sinodo di
Royan della Chiesa riformata di Francia gli
studenti in teologia, allora in sciopero contro
corsi ed esami per motivi simili a quelli degli altri studenti di Francia, sono stati ascoltati e hanno influito profondamente sulle decisioni e sugli orientamenti. Sebbene l’istituzione ecclesiastica, tanto protestante quanto
cattolica, si trovi a disagio nella situazione
attuale, sembra tuttavia più pronta che in
altri tempi ad ascoltare la voce del profetismo. (...) Si ritroverà così, forse, la possibilità di una contestazione formativa come
quella di cui ci ha dato l’esempio Paolo,
apostrofando Pietro ad Antiochia.
4) Ci pare che questa situazione senza pre.
cedenti, il fondamento della rivolta studente
-«68 e.le incidente .che,q)g.esti fatti hanno m.1la Chiesa in Francia interpellano il Consiglio ecumenico, specie ora, alla vigilia di
Upsala. Gli avvertimenti lanciati dagli studenti protestanti italiani, poi da quelli francesi da una parte, e ora da quelli scandinavi
dall’altra, si toccano pur sempre su un pun
(continua a pag. 8)
liiliiiiiiiiiilllllillimiiili
iiuimiiliiliMMlllii
La "contestazione,, di Gesù
(*) Gauthier/Mazzalari/Paoli - La collera dei poveri, Gribaudi, Torino 1967, pagine 208, L. 800.
La parola « contestazione » è di moda ai nostri tempi. Tutti vogliono contestare e tutti contestano. Ma altra è
la contestazione di Gesù, altra è la
contestazione degli Zeloti, altra è la
contestazione della destra e della sinistra politica ed economica.
Dai giornali abbiamo appreso che
dei giovani cristiani arrivano al punto
d’interrompere il culto della Chiesa
Evangelica o di organizzare una contro-quaresima sul sagrato di una Chiesa Cattolica. Di recente, la protesta
giovanile si è espressa, anche violentemente, in Francia, in Germania, in
Polonia e in molte altre nazioni. I
giovani contestano quello che chiamano « il sistema ».
Non sta a noi giudicare i contenuti
e le forme di queste proteste. Eicordiamo soltanto che Gesù ha contesta. to Tordine costituito del suo tempo in
nome della libertà dei figliuoli di Dio.
CHIESA IN CRISI
La Chiesa, invece, esita a parlare di
contestazione. Dal tempo della conversione dell’Imperatore Costantino, nel
IV secolo, la maggior preoccupazione
dei cristiani sembra essere il mantenimento dell’ordine e la conservazione
degli schemi politico-socio-economici
esistenti, È difficile dimostrare che la
Chiesa, nel suo insieme, sia mai stata
all’avanguardia sul cammino del rinnovamento del mondo. Eppure, il documento preparatorio della 2“ sezione
dell’Assemblea Ecumenica di Upsala
(Svezia) si lascia sfuggire un’affermazione assai grave : « Quando la Chiesa
è condotta dallo Spirito, essa precede
il mondo sul cammino del rinnovamento » (par. 6). Cosa concludere? È
vero che ci si deve intendere sul significato della parola « rinnovamento ». Ma è anche vero che la Chiesa
non può limitarsi ad accettare le rivoluzioni solo dopo che sono avvenute.
È stato detto che la « Populorum progressio » è arrivata con cento anni di
ritardo sul progresso del mondo moderno. Questo significa che la Chiesa
non è condotta dallo Spirito Santo?
D’accordo che la « Populorum progressio » riguarda solo la Chiesa Romana.
Ma che hanno fatto, nel frattempo.
le Chiese Evangeliche? Possiamo dire
di essere all’avanguardia sul cammino del mondo moderno, mentre la
Chiesa Romana è in ritardo? E se non
possiamo dirlo, siamo pronti a riconoscere che anche le Chiese Evangeliche
non sono condotte dallo Spirito
Santo?
È forse alla luce di queste domande
che bisogna considerare l’agitazione
dei giovani cristiani. Essi non hanno
certo da proporre alternative chiare e
ricette per tutti i mali della Chiesa dei
nostri tempi. Esprimono tuttavia un
senso di disagio e costringono i fratelli maggiori a riflettere meglio su quella che è stata, innanzitutto, la contestazione di Gesù.
GESÙ’ CONTESTA
L’ORDINE RELIGIOSO
La riforma del XVI secolo ha riscoperto come Gesù contestava l’ordine
religioso esistente nel suo tempo. È
divenuto chiaro cosi, che l’uomo è salvato non a motivo delle sue preghiere
e delle sue elemosine, non a motivo
dei suoi digiuni e delle sue decime,
non a motivo della sua scrupolosa osservanza del sabato o dei suoi sacrifici nel tempio. L’uomo è salvato solo
per grazia, mediante la fede. Ora si
tratta di riscoprire gli altri aspetti della contestazione di Gesù.
GESÙ’ CONTESTA
L’ORDINE MORALE
Per quanto riguarda l’ordine morale
è chiaro, per esempio, che Gesù ha
contestato l’istituto della famiglia. A
chi gli diceva : « Ecco tua madre, i tuoi
fratelli e le tue sorelle là fuori che ti
cercano » Gesù rispondeva: « Chi è mia
madre? e chi sono i miei fratelli? »
(Me. 3: 32-33). A sua madre dice:
« Che v’è fra me e te, o donna? » ( Giovanni 2: 4). Il seguire Gesù, può comportare la rottura dei vincoli naturali
con fratelli, sorelle, madre, padre e figliuoli (Me. 10: 29). Questa rottura può arrivare fino alTodlo : « Se uno
viene a me e non odia suo padre, e
sua madre, e la moglie, e i fratelli, e
le sorelle... non può essere mio disce
fi
polo» (Luca 14: 26). In ogni caso è
chiaro che come nella Gerusalemme
celeste non ci sarà tempio (Ap. 21 ; 22)
così «quelli che saranno reputati degni d’aver parte al secolo avvenire e
alla risurrezione dai morti, non sposano e non sono sposati » (Le. 20 : 35).
Dunque, la famiglia è un istituto provvisorio, già messo in crisi e contestato
dalla presenza della comunità dei credenti e da Cristo stesso. Che cosa questo significhi non è stato ancora sufficientemente chiarito nella dottrina e
nella prassi della Chiesa.
GESÙ’ CONTESTA
L’ORDINE POLITICO
D’altra parte, Gesù ha contestato
anche Tordirie politico. Dice che Erode
è una « volpe » (Le. 13: 22), paga il tributo solo per non scandalizzare e dopo aver precisato che i « figliuoli » non
sono tenuti a pagare tributi come gli
stranieri (Mt. 17: 24-27). In base a
Me. 12: 13-17, si è attribuita a Gesù la
dottrina della separazione fra Chiesa
e Stato. Forse sarebbe più giusto riconoscere che quel problema non si poneva al tempo di Gesù. Non ci sono
infatti due poteri legittimi, quello della Chiesa e quello dello Stato. C’è il
potere dello Stato che i figli del regno,
entro certi limiti, possono riconoscere
e tollerare. Per Gesù è tuttavia molto
chiaro che i poteri dello Stato sono
provvisori e limitati. Così. Erode non
ha nè il potere di cacciare i demoni e
di compiere guarigioni, nè il potere
d’impedire a Gesù di camminare oggi
e domani, per giungere al suo termine
il terzo giorno, nè il potere di far morire Gesù fuori di Gerusalemme (Le.
13: 31-33). Anche il potere di Pilato è
chiaramente contestato : « Tu non avresti podestà alcuna contro di me, se
ciò non ti fosse dato da alto... » ( Giov.
19: 11).
GESÙ’ CONTESTA
L’ORDINE ECONOMICO
Per quanto riguarda Tordine economico, i termini della contestazione di
Gesù sono stati già riscoperti dagli antichi Valdesi. Oggi, la protesta giova
nile mette in questione la civiltà del
benessere e dei consumi e le Chiese sono portate a domandarsi se, per mettersi in condizione di predicare TEvangelo di Colui che da ricco si fece povero (2 (por. 8: 9), non devono, per caso, scegliere anch’esse la povertà. Ormai è chiaro che l’uomo è salvato non
per quello che ha, ma per quello che è
in Cristo. Diventano perciò sempre più
numerosi coloro che, alla sicurezza offerta dalle vecchie istituzioni ecclesiastiche, preferiscono la totale insicurezza dei primi dodici missionari mandati da Gesù (Mt. 10: 9). Dal momento che il regno viene, non serve farsi
dei tesori sulla terra, « ove la tignola
e la ruggine consumano, e dove i ladri
sconficcano e rubano» (Mt. 6: 19). Si
può dare a chi ci chiede e a chi vuol
toglierci il nostro si può anche non
ridomandare (Le. 6: 30). Ormai, vi è
più felicità nel dare che nel ricevere
(Atti 20: 35); il ricco stolto è veramente stolto (Le. 12: 13-21) e il moderno
giovane ricco si domanda se valga ancora la pena di continuare a voltare le
spalle a Gesù, per vivere una vita piena di benessere, ma vuota di senso
dell’esistenza (Me. 10: 22).
CONTESTAZIONIE GLOBALE
Per avere la misura dell’ampiezza
della contestazione di Gesù, basta ricordare le parole di Me. 2: 21-22 circa
l’impossibilità di cucire un pezzo di
stoffa nuova sopra un vestito vecchio
e di mettere vino nuovo in otri vecchi.
Agli occhi di Gesù, le strutture dell’ordine costituito sono incapaci di contenere la potenza del regno che viene,
mediante la predicazione deiravangelo. Purtroppo, circa duemila anni di
cristianesimo sembrano avere smentito questo convincimento di Gesù. Ma
ora i giovani si agitano.
Che accadrà? Non crediamo che ci
si debba far prendere dalla paura.
'Crediamo invece che una nuova ora
sia suonata nell’orologio di Dio. La
Chiesa potrà comprenderne il senso
ritornando, con rinnovato impegno,
allo studio della Parola di Dio e potrà
pirenderne atto con gioia.
Samuele Giatnharresi
08037313
2
pag. 2
N. 26 — 28 giugno 1968
Crisi deiia predicazione e della
testimonianza cristiana nel nostro tempo
Un libro di Billy Graham
L'ora della decisione
Il discttteo aperto dal Direttore
dell’« Eco-L uce » con il suo articolo
« Sfiducia nella predicazione? », merita di essere ripreso ed ampliato,
perchè sta alla base della crisi che
oggi attraversano le nostre Comunità ed è un discorso che non può essere differito.
Certo sono già i nostri uditori che,
con il loro assenteismo e le loro critiche manifestano la loro sfiducia
nella predicazione. Ma è sorprendente che ad un certo momento i
predicatori stessi dicano di non avere più niente da dire dall’alto dei
loro pulpiti che potrebbero benissimo, ad un certo momento, rimanere vuoti la domenica.
Indubbiamente giamo ben lontani
dal tempo in cui un apostolo del Signore, con l’animo esultante per i
risultati che la sua predicazione aveva ottenuto a Tessalonica, scriveva
che la sua predicazione non era consistita solo in parole, ma che l’Evangelo era stato da lui predicato « con
potenza, con lo Spirito Santo e
con gran pienezza di convinzione »
(1 Tess. 1: 5).
Per la conoscenza e la stima che
ne abbiamo e per l’impegno di servizio di cui essi danno prova nel loro
ministero, siamo più che certi che
i nostri giovani colleghi che hanno
suscitato questo discorso, hanno ben
altri pensieri e sentimenti che quelli che potrebbero apparire da qualche frase pubblicata sul fascicolo
dattiloscritto di Adelfia.
Non abbiamo bisogno di ricorrere
all’autorità dei testi sacri per ricordare a noi stessi e a loro che, insieme alla vocazione, Dio dona sempre
un messaggio da portare. Vorremmo
citare almeno Geremia 1: 10 ; « Ho
messo le mie parole nella tua bocca » e Matteo 10 ; 19: a Vi sarà dato
ciò che avrete da dire ».
Ma indubbiamente il problema
sollevato dai nostri colleghi è un altro. Si dovrebbe perciò citare piuttosto il severo ammonimento di Gesù: « Ora, se il sale diviene insipido,
con che lo si salerà? » (Matt. 5: 13).
In questo senso si comprende meglio che quando si dice; « Non abbiamo più nulla da dire » si vuole
fare una confessione di peccato,
compiere un atto di umiltà. Infatti
c’è in questa affermazione il riconoscimento che la nostra predicazione
è povera, è scialba, senza mordente,
più adatta ad assopire che a svegliare le anime.
In questo travaglio e in questa
sofferta ricerca c’è una profonda serietà da parte dei nostri giovani predicatori, che non possono più calcare vecchi schemi e cercanti nuove
vie per una più efficace testimonianza cristiana. E bisogna dire che noii
è solo questione di espressione, di
linguaggio, ma anche di sostanza,
di contenuto della predicazione nel
nostro tempo.
Ma ci sono vari pericoli contro i
quali dobbiamo stare bene in guardia: il pericolo di predicare un altro Evangelo, perchè quello che abbiamo sembra non dirci più nulla o
non avere sufficiente presa sulla nostra generazione; il pericolo di accettare gli schemi di pensiero che il
mondo della cultura e della politica
ci offre, insieme alla soluzione dei
suoi problemi che non sempre è
quella dell’Evangelo di Gesù Cristo;
il pericolo che Vuoino coi suoi problemi, con le sofferenze e le ingiustizie sociali di cui è vittima, sia
collocato al centro, che Vuomo e
non Dio sia ascoltato sui problemi
dell’uomo; il pericolo di voler dare
al Cristianesimo una sola dimensione, quella delle rivendicazioni sociali ed economiche. Il peccato non
ha solo l’aspetto sociale. Il capitalismo non è il solo nemico contro
cui bisogna combattere ad oltranza.
Non possiamo continuare a parlare
del cambiamento delle strutture sociali ed ecclesiastiche, senza riprendere il vecchio, ma sempre nuovo
discorso del cambiamento delle
strutture mentali e spirituali dell'uomo.
I problemi che travagliano l’umanità non hanno solo delle dimensioni sociali, universali, ma anche umane, personali. Certo nessuno oggi
può e deve vivere incurvato su sè
stesso. La predicazione della salvezza non ha solo il significato che aveva sulla bocca dell’Apostolo Pietro
quando esortava i suoi uditori dicendo: « Salvatevi da questa perversa generazione » (Atti 2: 40). Si
parli pure della « salvezza totale »
dell’uomo, cioè non solo dal peccato
e dalla morte, ma anche dalla fame:
ma non solo dalla fame! La sofferenza e il dolore dell’uomo hanno tanti
aspetti e non uno solo. C’è chi domani deve subire una grave operazione e non sa ancora se potrà sopravvivere. C’è chi, pur avendo
ogni cosa, è il più infelice degli
uomini.
Non possiamo davvero guardare
tutti i problemi della complessa vita
dell’uomo solo nella prospettiva sociale, politica, universale. Può accadere che, nell’illusione di volere
salvare il mondo, lasciamo che le
anime accanto a noi si perdano; che,
nell’illusione di volere risolvere i
problemi della pace fra le nazioni,
non riusciamo a risolvere i problemi della pacifica convivenza coi nostri fratelli. Gesù sfamò le moltitudini e nessuno più di lui fu sensibile
al travaglio delle folle che erano come pecore senza pastore e ne ebbe
compassione. Ma egli, come il buon
samaritano, si chinò sull’uomo ferito e si prese cura di lui come nessuno prima aveva saputo fare; cercò
la pecora smarrita; trascorse una
lunga notte insonne con Nicodemo;
passò delle ore, in un meriggio assolato, presso il pozzo di Giacobbe,
con la donna samaritana.
Ma c’è un altro problema che merita di essere preso brevemente in
esame. Partendo infatti dalla premessa: « non abbiamo nulla da dire », si giunge anche alla conclusio
iMiimiiinnimiiiiinimiiiii
imiiiiiiiiiiiMiiKiiiiiiiiiiKii
ne: « non abbiamo più nulla da
fare ». « Le attività sociali come missione della Chiesa sono destinate a
fallire », scrive infatti G. Sciclone.
Deve davvero la Chiesa rinunziare all’opera diaconale e ad un’azione che nella società abbia il carattere di una peculiare testimonianza
cristiana, e che sia anche di chiara,
genuina ispirazione cristiana?
Se è vero che non possiamo rinunziare a predicare l’Evangelo, è
altrettanto chiaro che non possiamo
rinunziare neppure ad un’azione
che sia anche concreta testimonianza resa a Cristo Signore.
Anche in Sicilia, nella situazione
in cui ci troviamo dopo il terremoto
che ha scosso la terra e anche gli
animi, si può piantare una tenda o
costruire, come stiamo facendo, delle case prefabbricate, per i terremotati, senza essere tacciati di fare una
cosa inutile che dovremmo lasciare
fare agli altri, o senza essere accusati di paternalismo o di fare un
proselitismo di bassa lega, se accogliamo un bimbo o tendiamo la mano, nello spirito e nell’amore di Gesù Cristo, per ilare un aiuto o portare una consolazione nella sventura.
Le nostre Cfonunità hanno certo
bisogno di una nuova carica di Spirito e di potenza. Ma non dobbiamo
neppure avvilirle, disprezzarle con
le nostre critiche che ricadono su di
noi stessi che ne facciamo parte; nè
pretendere di sensibilizzarle con
metodi che sono tutt’altro che producenti; nè riformarle o rinnovarle
con colpi di testa o colpi di mano,
ma in uno spirito di umiltà, di sottomissione al Signore della Chiesa e
di rinunzia agli idoli di questo mondo da cui cosi } icihnente ci lasciamo
affascinare.
F ETRO V. Panascia
« L ora delia decisione » è una raccolta
di predicazioni-appello di Billy Graham,
1 evangelizzatore americano, venuto anche a
parlare una sera nel tempio valdese di Torino 1 anno scorso^ davanti ad una imponente assemblea, ove si può dire erano rappresentati tutti gli evangelici del Piemonte. Non
si può negare alla predicazione dell’evangelista americano Timmediatezza, la chiarezza
e la capacità di lare presa sugli uditori.
Il suo dire è netto, privo di qualsiasi sovrastruttura dialettica: è estremamente semplice e, ci piaccia o no, estremamente evangelico : « prendi la decisione di seguire il
Cristo, oppure no? — la tua fede satura tutta la tua vita, oppure è qualche cosa di solamente appreso? — hai rinunciato alla tua
via per fare di Cristo la Via, e così portare
i frutti dello Spirito nella tua vita? — sei
ripieno d'amore, di gioia, di pace, di sopportaz'one o longanimità; sei benigno, gentile,
pieno di bontà di fede di mitezza di temperanza, in una parola: lo Spirito Santo è entrato nel tuo cuore, dopo che hai ricevuto
Cristo? — il tuo volere si è piegato, si è arreso, si è impegnato a ricevere Cristo? ».
Ecco alcuni interrogativi lanciati da Billy
Graham ai suoi ascoltatori, che ci mettono
con le spalle al muro : non possiamo eluder
li, non possiamo sfuggire a questi attacchi
se vogliamo essere sinceri. Egli stesso ci av
verte: « vi metto in guardia contro ogni prò
fessione di fede che non cambi le vostre ahi
tudini i vostri atteggiamenti i vostri deside
ri: contro una fede che non trasformi la vo
stra vita di ogni giorno, e tutto voi stesso »
11 modo di predicare di Billy Graham è
quello di tanti predicatori anglo-sassoni, che
furono realmente uomini di Dio, che operarono grandi cose al Suo servizio; è il modo
dell’Esereito della Salvezza, che sa portare la
Buona Novella in tanti cuori derelitti, e in
ambienti dove molti altri credenti non sono
riusciti a nulla; era il modo di predicare di
Martin Luther King, aderente all’Evangelo,
scottante — per cosi dire —; un modo che
ci mette a tu per tu con la Parola di Dio senza scappatoie, senza possibilità di equivocare.
Confessiamo umilmente che non siamo più
capaci di ascoltare la Parola di Dio cosi. Noi
siamo intelligenti savi pieni di conoscenza...;
ma non siamo come piccoli fanciulli, e forse
il vero linguaggio di Cristo, se Egli tornasse
tra di noi, ci sorprenderebbe moltissimo.
« Viviamo in un per. odo d: mietitura nella storia — dice ancora Billy Graham — e
la Bibbia insegna che il tempo della raccolta
e abitualmente breve. Guardando al mondo
che ci circonda diventa ogni giorno più si
curo che si avvicina la notte, in cui non sarà
facile proclamare il messaggio di Cristo e
Lui stesso crocifisso ».
Vale la pena di ritornare al puro Evangelo
di Gesù, a quello che trasforma i cuori uno
per uno, che rinnova la vita nelle sue radici
profonde. Vale la pena di adoperarci per
creare un risveglio in questo senso intorno a
noi. meditando anche gli appassionati appelli
di questi nostri fratelli in fede, da qualunque parte essi ci giungano. Edina Ribet
Billy Graham — L’ora della decisione —
Edizioni Centro Biblico — L. 350.
fieni
PESfl
«L'Osservatore Romìano » (6-7/5/68) nel.
Il pagina della cronaca di Roma ha dato notizia dell’inaugurazione di una nuova chiesa
parrocchiale, nel quartiere Prenestino. <c La
chiesa —- scrive il quotidiano vaticano — è
stata costruita anche con il contributo dello
Stato di L. 120.000.000 in base alla Legge
18.4.1962 n. 168 cap. II ».
^ Su « L’Osiservatore Romano » del 3-4
giugno, in una meditazione su « Beati i miti », Igino Giordani parla della ragionevolez.
za della nonviolenza e deiramore. « Il male
non è mai necessario: il male, anche dal
punto di vista economico, alla fine è una
perdita. L’amore — diceva quel capitano
d’industria — è un affare ». Che in questo
mondo l'amore sia un affare, può dirlo soltanto, e a modo suo, un capitano d’industria...
Sarebbe come dire che Gesù Cristo è venuto
a fare un affare fra noi.
^ Sempre su « L’Osservatore Romano »
(3-4/6) un’ampia notificazione del Cardinal
vicario DeH’Acqua annuncia la partecipazione di Paolo VI alla processione del Corpus
Domini ad O^tia, giornata memorabile dell’Anno della Fede. « Tributare a Gesù-Euca.
restia (sic!) l esaltazione e l’adorazione pub.
blica per le vie di Ostia significa rinnovare
la propria adesione alla realtà del mistero
eucaristico e compiere un atto di viva testimonianza ». Questo Gesù sacramentato
non è il Gesù in cui crediamo; come potremmo avere comunione con chi lo adora?
niiiiniiiiiiiiiniiMiiiiiHiiiiimMiiiliiMiumiimmi
iiiiMiKiiiiiiimmililiiiii»
Appunti sul problo^ÈH^ dGllB gbìggHosì
Fare sì che i discepoli diventino testimoni
1) La catechesi non può mai essere
tale se non vi risulta chiara la tensione fra il ministero deH’insegnamento
affidato da Gesù ai suoi discepoli ; «Andate e ammaestrate... insegnando... »,
realizzato soprattutto da quelli che sono dati dallo Spirito come « dottori »
e la realtà che il « solo h^estro » è
Cristo e che i discepoli restino discepoli anche quando insegnano e non
possono mai diventare a loro volta
maestri e guide.
2) Quando questa tensione vien meno, al posto del ministero deU’insegnamento si ha un’usurpazione da parte
del catechista di un posto che non gli
compete. L’insegnamento cessa di essere al tempo stesso apprendimento,
il ministero^ resta senza continuaziorie,
perchè si limita a chiedere uii’adesione al catecumeno e non gli chiede più
contemporaneamente di diventare a
sua volta catechista e testimone, perchè la dialettica interna di ogni credente discepolo di Cristo-testimone di
Cristo presso il fratello, viene rotta e
identificata invece col rapporto catechista =-- testimone: catecumeno = discepolo. Il catecumeno dev’essere fin
dall’inizio davanti all’esigenza di essere contemporaneamente discepolo e
testimone. Altrimenti anche il suo
discepolato, anziché essere un primo
frutto della decisione della fede, e
qualcosa di estraneo ad essa, non essendoci fede senza testimonianza.
3) Anche il contenuto dell’insegnamento al di fuori di questa dialettica
viene ad essere snaturato. C’è una
sorta di identificazione fra la stona,
sia pure di Israele quale è narrata
neH’A.T., e il tempo di Dio ; fra la geografia, sia pure dei luoghi della Palestina, e la vicinanza del Regno, che
non è mai assimilabile con una certa
affinità geografica o con una contemporaneità storica, ma va di pari passo
con la croce e la risurrezione. Il regno
non è vicino perchè Cristo entra in
un determinato periodo della storia e
in una determinata area geografica,
ma perchè è crocifisso e risuscita. Le
lezioni di religione tradizionali rischiano di essere solo un insegnamento storico e geografico.
4) Sul piano ecclesiastico la tensione suddetta si manifesta nella situazione sempre tesa fra il rischio ^ fondare autoritariamente il catechismo
su un diritto della chiesa che non si
discute e che impone ai catecumeni e
ai loro genitori la frequenza e l’accettazione della cosiddetta istruzione religiosa, e il rischio di lasciare invece da
A suo tsmpo, abbi litio ovulo tnorio roozioui dot prouislo oli orticolo in cui
Poolo Ricco peesoiiLovo io tosi di Horl Borth, noli Ultimo volumo dolio suo
Dogmatico por lo Chiosa », contro il battosimo dei fanciulli. Forse la
questione risulta già chiarita e la proposta di rivedere a fondo la nostra
concezione e prassi battesimale, accettata ? Il problema è studiato dalla
Commissione sinodale sulla confermazione e l'ammissione a membro di
chiesa; il prossimo Sinodo ne udirà il rapporto, dopo di che le comunità
saranno interpellate e dovranno pronunciarsi su questo problema e su
quelli connessi. Pubblichiamo qui alcuni « appunti di lavoro » preparati
da Claudio Tron, membro di questa Commissione ad referendum ; il nostro collaboratore scrive ; « Per noi è stato di gran lunga più ditticile impostare il problema della catechesi che non quello del battesimo-coritermazione su cui, ci sembra, i dubbi sono stati dissolti da Barth e da altri »
parte anche ogni semplice invito alla
decisione per Cristo nel timore di violare la libertà dei singoli e di favorire adesioni insincere e puramente formali alla fede in Cristo. La fede non
si può imporre: in caso contrario si
dimentica che l’appello ultimo viene
dal Cristo, unico maestro. Alla fede
non si può non invitare ; in caso contrario si dimentica la missione di insegnamento e di testimonianza della
chiesa. In ogni caso l’invito alla fede
deve essere rivolto come invito e non
come obbligo; e deve essere rivolto al
singolo, per giovane che sia, e non alla
famiglia, che rischia di trasformare in
imposizione quello che, invece, è soltanto invito; in impero, quello che e
la croce di Cristo.
5) Tale tensione non è che difficilmente presente in diversi aspetti dell’istruzione religiosa tradizionale:
la scuola confessionale ; a questa il
catecumeno non può sfuggire ed è anzi costretto da un’autorità che iion è
nemmeno ecclesiastica, ma di cui una
chiesa che non può non concepirsi come autorità si giova per i suoi scopi.
il catechismo per leve anagrafiche
c la conseguente confermazione, intesa come suo naturale coronamento,
senza il quale la vita del catecumeno
assume una dimensione di scandalo
sociale, non solo dal punto di vista della comunità dei credenti. Scandalo
che è spesso un facile alibi per vuoti
ben più paurosi perchè inconfessati
della comunità stessa.
Va peraitro detto che ogni soluzione
deve essere considerata come non assoluta perchè il problema è quello della confessione di Cristo e non quello
della libertà di tale confessione.
6) Quanto al contenuto del catechismo, non può limitarsi ad un det^minato complesso di nozioni storiche e
teologiche. Queste costituiscono il contenuto di conoscenza necessario alla
testimonianza, ma fin dall’inizio il catecumeno deve essere messo di fronte
anche alla dimensione della comunione nella chiesa nelle forme in cui di
volta in volta la chiesa stessa la vive
(parrocchia, gruppo comunitario, di
servizio, ecc.). A questa esperienza non
basta raggruppare insieme in una stessa sala i catecumeni. È necessario che
siano impegnati fin dalTinizio nella
chiesa com’è, anche se si lirnita a essere corale, società di culto, di cucito,
ecc. Pure entro questi limiti vivere la
vita comunitaria è diverso dall averne
soltanto notizie. Inoltre è necessario
che la testimonianza sia vissuta. Sara
molto modestamente solo vissuta nel
colportaggio, nella diffusione del sermone ciclostilato della domenica ai vicini di casa o in altre attività simili.
Ma non basta conoscerne il contenuto
teologico. Infine è necessaria la dimensione del servizio, che non si riduca
alla colletta alla Scuola Domenicale,
come la vita comunitaria non deve ridursi ai rapporti coi monitori. Anche
qui basta forse l’impegno nelle attività
che ci sono già. Quando al catecuineno si presenta la chiesa in questa luce, allora, s:., può decidere con cormsc^nza di causa se vuole seguire il Signore oppure no. Una decisione priva
di questa conoscenza di causa, e insignificante, tanto se è positiva quanto
se è negativa.
fy ^ qui deriva la mancanza di senso di attività parallele per una stessa
età Un adolescente che segua la scuola domenicale, le lezioni di religione a
scuola, il catechismo e l’unione cadetta, resta spossato in attività che si s(^
vrappongono senza coordinamento e è
normale che tenti di sfuggire a qualcuna di queste, tanto più che spesso anche i responsabili di tutte queste atti
vità coincidono nelle stesse persone.
Un’introduzione unitaria alla vita della chiesa ci sembra che potrebbe essere orientata verso le attuali attività
della Scuola domenicale, dai 6 ai 10
anni; delTUnione cadetta dai 10 ai 16
anni, magari in due cicli; dell’Unione
giovanile dai 16 ai 22 anni, età in cui
ci sembra normale assumere un impegno più concreto in determinate direzioni di servizio e di testimonianza.
Tutto il resto dovrebbe essere abolito :
la scuola confessionale in primo luogo, salvo a inserire determinate attività di studio della scuola domenicale
0 dell’unione cadetta nelle ore « buco »
della scuola adoperate dai cattolici per
le lezioni di religione. Naturalmente
solo per coloro che alla Scuola domenicale e all’unione cadetta partecipano. Anche il catechismo dovrebbe diventare l’insegnamento « attivo » della cadetta: un’attività di studio in un
più ampio contesto. In tale situazione la figura della «lezione di religione » scomparirebbe non solo dalla
scuola, ma anche dal catechismo. Sarebbe forse possibile anche, nella linea
della vita comunitaria, avere nel contesto della scuole domenicale e della
cadetti un’attività del tipo « oratorio ».
Dal momento in cui la frequenza è libera scompaiono alcuni dei pericoli
che tale attività comporta. D’altra
parte questo eviterebbe anche una
specie di rinchiudersi della chiesa entro i limiti della setta. La porterebbe
invece in una dimensione confessante,
che non obbliga nessuno a entrare,
che invita tutti, che chiede con franchezza a chi entra di seguire il Cristo
in ogni momento della vita.
8) In questa prospettiva forse l’attuale materiale di studio può anche
essere utilizzato integralmente e non è
nemmeno privo di pregio discreto. Il
programma della Scuola domenicale,
per la nuova Scuola Domenicale ; i testi di Tourn per la nuova Cadetti, con
sussidi vari (Opuscoli di attualità protestante, per esempio, o matonaie dei
cadetti svizzeri); il Nuovo Testamento
annotato per la preparazione dei culti
d0i sruppi, a cura dei gruppi stessi, i
Quaderni GEI per l’unione giovanile.
Tutti i miglioramenti didattici sono
naturalmente una cosa buona ma non
sono l’essenziale. L’essenziale è dare
al catechismo nei vari gradi elencati
le dimensioni della testimonianza, del
servizio e della vita comunitaria.
9) Una delle decisioni più solenni
{continua a pag. 3)
3
28 giugno 1968 — N. 26
pag. 3
fllTAssemblea annuale della Federazione protestante spizzcra
Lettera al Direttore
Preparati,
aperti a!
efficienti,
mende
Ancora su Israele e i paesi arabi
L’asf^^niibiea dei delegati si è riunita quest’anno nella città di St. Gallen - Le Chiese cantonali
si ..iniToqano, deliberano rapidamente, assumono nuovi impegni e stabiliscono nuove possibiAi lavoro in comune - Viva emozione per le ultime drammatiche notizie della guerra fra
i\iigeria e Biafra - L’EPER è stato chiamato a nuovi compiti - Magistrale esposto di Lukas
Uischer sui lavori preparatori di Upsala - Il presidente Mario^ SbalR parla a nome della
Federazione delle Chiese Evangeliche d Italia
Roma, 13 giugno 1968 nuare quello ch'essa chiama « il pesante
Caro direttore. seconda parte del libro del
Goilwitzer. Tanto più. vorrei aggiungere,
che nella prefazione tale giudizio non era
motivato. Un tentativo in questo senso abbiamo neH’intervento del 7 giugno, chiamato. non si sa bene perchè, « Pretesti »; ad
esso vorrei rivolgermi.
Per il protestantesimo svizzero,
St. Gallen non è un nome famoso come Ginevra, Losanna o Zurigo. Tuttavia la città che ha ospitato l’Assemblea dei delegati delle chiese, dal 16 al
18 Gi'igno, ha avuto una certa notoriftù ai tempi della Riforma. Infatti
su una delle piazze centrali della città
è stato eretto un monumento al riformatore Vadian e non ci si dimentica che in un piccolo villaggio non molto distante della città è nato Ulrico
Zuinglio.
Oggi il protestantesimo è, nel Cantone, in lieve minoranza rispetto al
cattolicesimo : l’industria ha favorito
l’immigrazione di molti cattolici. Tuttavia, a pochi passi dalla Cattedrale, si
eleva 11 tempio protestante di S. Lorenzo. Questo può essere un simbolo
e le due confessioni sono su un piede
di parità di fronte allo Stato senza
che siano concessi molti privilegi. 15
pastori sono all’opera in città; si è
sentita l’esigenza di costruire 3 nuove
'■hiese in questi ultimi anni e, siccome
non ci sono sovvenzioni da parte dello
Stato, questo particolare rivela che il
protestantesimo è vivente e come logica conseguenza i fedeli forniscono i
mezzi che sono ritenuti necessari.
I delegati (appena un centinaio) sono stati ospitati dalla parrocchia di
St. Mangen che ha offerto i suoi locali
semplici, moderni e funzionali. I lavori, che seguirono il culto di apertura
con S. Cena, si orientarono particolarmente sull’importanza di dare alla
testimonianza delle chiese una portata
di vasto respiro per mezzo della Federazione stessa.
« Siamo chiamati oggi, è stato affermato. a superare le strutture forzatamente limitate delle singole comunità ed a dare una dimensione più vasta alla nostra ecclesiologia, a comprendere ed a fare comprendere che
un organismo come la Federazione
ha soltanto più un significato periferico e marginale; bisogna avere il coraggio di intraprendere i compiti imposti dal tempo in cui viviamo ».
Numerosi i problemi derivanti da
questa realt,* .federativa; problemi di
ordine teologico ed ecumenico, ma
anche tecnico e pratico. Si è parlato a
lungo delle scuole confessionali di Friburgo, del potenziamento e della ristrutturazione del centro giovanile
Zwingliheim Wildhaus che ha sede nel
villaggio natale del riformatore e risente ormai il peso del tempo essendo
stato costruito nel 1932 in occasione
del IV centenario della morte di Zuingllo. Si spera di aggiornarlo per il 450
anniversario dell’inizio della predicazione del riformatore nella città di
Zurigo.
Si è parlato dell’opera delle chiese
all’estero, dell’assistenza dei lavoratori
stranieri che sono residenti in Svizzera, dei mezzi di informazione, delle relazioni con le autorità civili e di tanti
altri problemi sui quali sorvoliamo.
L’Assemblea ha rivolto una particola;? attenzione agli eventi drammatici
6 talora catastrofici dei nostri tempi
sui quali la chiesa ha la^ sua parola da
dire r, una responsabilità da assumere.
Viva emozione hanno prodotto le
ultime informazioni sulla guerra in
corso fra la Nigeria ed il Biafra. I documenti sui quali l’Assemblea lavorava puntualizzano alcuni dati. Il Biafra
conta già più di 100.000 morti, da 4 a 6
milioni di persone vivono nel terrore
e si nascondono nelle foreste e muoiono di fame o sono vittime di epidemie.
Un popolo intero sta per essere di' rutto, senza che gli altri popoli si alrinr.ino in modo speciale. I negoziati
p: T Lin armistizio sono falliti. È ancopossibile far giungere medicinali e
vitto; bisogna far presto! È stato deliberato di rivolgere un appello alle
chiese britanniche perchè invitino il
loro Governo a cessare il rifornimento
di armi.
L’Assemblea ha poi ascoltato una
relazione del Comitato che prepara la
terza campagna « pane per il jirossimo ». La responsabilità di tutte le
chiese nei riguardi del terzo mondo e
' i grave situazione in cui si trova,
r : .':no un nuovo impegno ed una più
;;i:j?de solidarietà. Dopo tutti gli sforzi Cile sono stati fatti in un recente
passato, c’è ora il pericolo della stanchezza e del disinteresse. C’è anche chi
preferisce fare la politica dello struzzo. La terza campagna del PPP potrà raggiungere i suoi obiettivi soltanto se l’opinione pubblica sarà informata e sensibilizzata; bisogna iniziare
quella che è stata definita « la politica
della responsabilità» nei riguardi del
terzo mondo. Non è escluso che giunga presto il teiripo in cui la coscienza
cristiana, fondata sulla riflessione e
sul senso di responsabilità, debba avere un compito di sentinella che consisterà in una trasformazione delle scelte teologiche da parte delle chiese; la
solidarietà deve essere su un plano
mondiale. Il lavoro non fatto in comune sarà sempre «una vittoria di Pirro»,
bisogna che i singoli sforzi siano
coordinati. Una mobilitazione generale
in vista di una disponibilità a servire il
prossimo porterà nuove visioni ed un
grande beneficio a tutto il popolo
svizzero che risolverà i suoi problemi
nella misura in cui aiuterà gli altri.
Una simile impostazione può generare
delle obiezioni di ordine teologico ed
ecclesiologico; tuttavia quello che succede nel mondo è di una tale gravità
che si impone un preciso dovere di un
vasto lavoro da compiere in modo
coordinato per non disperdere gli
sforzi.
L’EPER, che ha ormai una lunga
esperienza in merito, è stato chiamato
a nuovi compiti e funzionerà come organo di collegamento, adoperandosi
per la raccolta dei fondi che si renderanno necessari per un’azione immediata ovunque se ne presenti la
necessità.
Particolare rilevanza ha avuto l’esposto del pastore Lukas Vischer su Upsala. Verrà diffuso fra tutte le chiese
della Confederazione.
Il direttore del dipartimento Fede e
Costituzione del Consiglio Ecumenico,
ha informato le chiese sui lavori preparatori che sono stati compiuti, ha
esaminato criticamente e puntualizzato i timori e le speranze che molti
nutrono per la IV Assemblea del Consiglio Ecumenico che avrà luogo fra
poche settimane. È stato richiesto,
con insistenza, che tutte le chiese federate siano invitate a compiere
un’opera di intercessione perseverante
perchè i lavori di Upsala siano veramente guidati da Colui che può fare
« ogni cosa nuova ».
Il pastore Mario SbafR è stato invitato a recare un messaggio all’Assemblea a nome della Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia. Il nostro
presidente, dopo aver rapidamente
messo a fuoco i problemi che sono attualmente dibattuti nel protestantesimo italiano, ha espresso la riconoscenza delle nostre chiese per quello che
la Svizzera fa per i nostri lavoratori e
per il rilevante aiuto materiale inviato
per alleviare le sofferenze dei nostri
terremotati in Sicilia.
Il pastore della comunità elvetica di
Trieste ha espresso la riconoscenza
della sua chiesa per il contributo che
la Federazione delle Chiese Svizzere ha
dato per i restauri della Basilica di
S. Silvestro, che è stata riaperta e permette alla comunità elvetica e a quella valdese di riunirsi per il culto domenicale.
La Federazione delle Chiese Elvetiche celebrerà il suo cinquantenario
nel 1970. Abbiamo però notato che si
tratta di un orgfoiismo giovane ed agile composto da delegati che siedono in
assemblea dopo . : sersi accuratamente
preparati per il oro compito; le deliberazioni si sue: edono le une alle altre; ma sono prese con spirito di responsabilità.
Il merito del lo voro svolto con tanta
rapidità e senza improvvisazioni è dovuto in buona r . . rte ad un laico che
dirigeva TAssenibiea con cortesia, duttilità e fermezza Le discussioni non
sono mai state strozzate ed hanno permesso a tante ;.';,iese, cos'ri diverse le
une dalle altre, d. deliberare e di assumere nuove re.=T t isabilità in comune.
Un fatto che : <.a deve passare inosservato fra no e che l’Assemblea ha
chiuso i suoi vori con una mezza
giornata di anti; ' f o sul calendario stabilito.
Questo ci da a misura della preparazione dell’Asser iblea e della sua
competenza nei niscutere e nel decidere.
U. Bert
Prevedevo reazioni al mio articolo apparso in « La Luce » del 17 maggio, dedicato
sia alla crisi del Medio Oriente, sia a certe
prese di posizione da essa provocate in alcuni ambienti della nostra Chiesa. Scopo
dell’articolo era appunto quello di suscitare
una discussione. La prima reazione è stata
quella dell'autore della prefazione al libro
di H. Goilwitzer, rivelatosi cosi per Giorgio Bouchard (« La Luce » del 7 giugno).
G. Bouchard si sente insultato, sia pure
gentilmente (I), ma mi sembra necessario, a
costo di annoiare il lettore, ma anche a
scanso d'equivoci, di ridimensionare questa
sua affermazione. In generale, nella critica
di uno scritto, specialmente quando viene
fatta gentilmente, non si possono ravvisare
gli estremi di un insulto; nel nostro caso
particolare poi, mancava ogni attribuzione
di delitti, turpitudini, intenzioni non corrispondenti alla realtà, nè vi era un fraintendimento (naturalmente in nialam partem),
di pensieri o di azioni. Chi accusa ha, in
casi come questo, l'onere della prova. Forse Bouchard si sente insultato dal fatto
ch'io abbia ventilato la possibilità (con
tanto di punto interrogativo!) che i censori nostrani d’Israele siano informati in
maniera insufficiente e parziale sui fatti
medio-orientali che riferiscono e commentano; ciò per altro non è un insulto, è una
semplice deduzione da determinate premesse. Del resto, come ho già detto, il riferimento alle informazioni tratte da bollettini diramati da agenzie stampa come fonte
di molti scritti che circolano tra noi su
Israele e paesi circostanti, era limitato soltanto a quella regione e non si riferiva alla
situazione europea. Il mio testo è chiarissimo al riguardo, ma è stato frainteso, come
il lettore potrà facilmente notare. Bouchard
stesso, al quale il senso storico non manca,
potrà fare la smentita del caso, sempre che
creda anche lui che f problemi vadano discussi partendo da premesse reali e non da
fraintendimenti, e dibattuti, invece di essere risolti con un semplice assenso alle tesi
di un qualsiasi gruppo. Meno ancora ho
parlato di falsificazioni di testi : l’argomentazione segnalava resistenza di una duplice
(i recensione » d’uno stesso testo; quella di
« Gioventù Evangelica » si è frattanto rivelata « autentica », quella della prefazione al
libro del Goilwitzer « corretta ed emendata ». Era facile chiarire il tutto su G. E.:
è molto domandare a noi stessi ed agli altri la massima chiarezza, specie quando si
tratti di materia così delicata? Anche la
« Claudiana », come il Bouchard onestamente riferisce, ha creduto di dover atte
................
mimi •iiHliniimtKpliiii^lilmiittmumnimllHtmiiimiiiM
UNA TESnmONtANZA
Prigionieri della speranza
« Poi chiamò a sè i dodici e cominciò a
mandarli... (Marco 6: 7-13).
Se oggi noi volessimo obbedire a questo
ordine del Signore, molto probabilmente
non sapremmo dove andare e cosa dire!
Dobbiamo ben riconoscere che c'è molta
confusione nella chiesa...
Quando mi convertii all'evangelo, ero un
giovane con tanti problemi; essi erano di
natura culturale, poiché non avevo i mezzi
per studiare; di natura economica, poiché il
mio lavoro non mi fruttava che venti mila
lire al mese; di natura sociale, poiché, essendo disoccupato mio padre, sentivo quanta responsabilità mi veniva affidata in seno
alla famiglia. Un ultimo problema avevo,
ed era di natura religiosa, ma la scoperta
dell’Evangelo di Cristo lo risolse in modo
sorprendente.
Fu come una luce, una chiarezza che mi
veniva offerta, una gioia ed una consolazione 'ali. perchè avevo scoperto l’amore di
Dio. la serenità per le sue promesse, la fiducia del mio futuro che, nella certezza
della fede, avevo affidato nelle Sue mani.
Fu così che tutti gli altri problemi m'apparvero marginali, relativi e compresi che l’unica cosa che potevo fare nella mia vita era
quella di far sapere agli altri, perchè lo
scoprissero, quale sconvolgente pcienza era
l'Evangelo di Gesù.
Ma questi miei problemi materiali, che
non erano pseudo-problemi, non si risolsero
certo dalla sera alla mattina. Avevo dunque
bevuto una mistura d’oppio? Fui un illuso
perchè proiettai nelle promesse di Cristo,
mediante la fede, le mie ansie dell’oggi?
Qualcuno potrà pensare di sì, ma io so che
ho impara'io attraverso le difficoltà, la pazienza e la speranza. « Or la speranza non
rende confasi, perchè l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori per lo Spirito
Santo che ci è stato dato » (Rom. 5 ; 5).
Così, io mi domando se nella Chiesa oggi v’è confusione perchè manca la speranza, ovvero se la nostra speranza non è più
tanto in Cristo, ma nelle rivendicazioni, nella loKa. nei diritti dell’uomo.
Intorno a noi, popoli, razze, gruppi, aspirano a più libertà, più giustizia, più pace,
perchè un po' dovunque trionfa l’intolleranza, l’oppressione e la violenza. 11 mondo
ha bisogno di essere salvato. Chi lo salverà? Da dove gli verrà l’aiuto? Verrà dalle
ideologie? Verrà da nazioni più ricche e
più generose delle altre? Verrà quando le attuali strutture saranno sostituite da altre
che oggi pensiamo potranno essere migliori?
« Poi chiamò a sè i dodici e cominciò a
mandarli... ».
Gesù, il Signore del Regno, ha mandato
i suoi discepoli nella società sofferente, ammalata, sfruttata, prigioniera degli spiriti
immondi, perchè in essa annunciassero la
liberazione offerta da Dio. Sono andati ad
annunciare la Grazia, ir; riconciliazione, il
perdono e quindi la necessità di pentirsi
e di diventare discepoli, cioè uomini senza
confusione perchè, come dice il profeta
Zaccaria, prigionieri della speranza (9: 12).
E non andavano solo con la Parola, ma anche con atti potenti, avendo, per la fede in
Cristo, la potestà di cacciare i demoni e di
guarire gli ammalati. Questi atti potenti
erano il segno della realtà futura, erano il
segno che il Regno di Dio s’era avvicinato
a loro ed ecco era per venire ben presto
nella sua pienezza. I dodici dovevano imparare anche a camminare, come il loro
Maestro, verso tutti gli uomini e a farsi
loro schiavi; il primo tra loro doveva essere il servo di tutti (Me. 10-. 44).
Una obbedienza incondizionata, una fiducia totale e irragionala nel Signore della
fede emergono da questo racconto. Lo te
Culto radio
domenica 30 giugno
Past. INCELLI VEZIO
Vercelli
domenica 7 luglio
Past. SERGIO AQUILANTE
Villa S. Sebastiano
stimonia la mancanza di qualunque appoggio di sicurezza umana. Questa loro povertà e debolezza sono in antitesi all’enorme
loro potenza.
Infatti i missionari vanno con le stesse
armi del loro Signore. Di Gesù è detto;
« Si recò in Galilea, predicando l'Evangelo
del Regno e dicendo: il Tempo è compiuto
e il Regno di Dio è vicino, ravvedetevi e
ciedete all'Evangelo ^ (Me. 1; 14). «£ andò per tutta la Galilea predicando nelle
loro sinagoghe e cacciando i demoni » (Me.
I : 39). « E ...guarì molti che soffrivano di
molte malattie » (Me. 1: 34).
I dodici fecero altrettanto! Anzi la loro
situazione in missione anticipa in fondo
quella della Chiesa dopo la resurrezione,
poiché il Signore dirà : « Ogni potestà m è
data in cielo e sulla terra, andate dunque,
ammaestrate tutti i popoli battezzandoli nel
nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo, insegnando loro d'osservare tutte
quante le cose che vi ho comandate » (Me.
28 ; 20). « Ed ecco io mando su voi quello
che il Padre mio ha promesso; quant'è a
voi rimanete qua finché dall'alto siate rivestiti di potenza » (Le. 24 ; 49). E più tardi,
quando scese lo Spirito Santo, è detto : « Ed
erano perseveranti nell'attendere all'insegnamento degli apostoli... ogni anima era presa da timore e molti prodigi e segni erano
fatti dagli apostoli » (Atti 2 ; 42-43).
La missione dei discepoli, la missione della chiesa è quella di annunciare il perdono
in Cristo, di predicare l’amore di Dio, di
far conoscere agli individui e alla società
che « in nessun altro è la salvezza, poiché
non ci è stato dato alcun nome, per il
quale abbiamo ad essere salvati, se non
quello di Cristo Gesù ».
Riflette la nostra chiesa oggi l’ansia e
l’impegno dei primi cristiani nel portare
al mondo quest’annuncio?
Noi viviamo in un’epoca della storia in
cui si manifestano tanti fermenti, tante agitazioni.
La protesta razziale negli Stati Uniti ad
esempio. Là il movimento è diviso in due
tronconi; uno è pacifista e cristiano ed
aveva come guida Martin Luther King,
l’altro, denominato Black Power è rivoluzionario e violento.
Tutti e due però ci mostrano uno stato
d’ingiustizia che rende debole e disorientata la nazione più potente del mondo.
D’altra parte le ribellioni degli studenti
in molti Stati dell’Est e dell’Ovest, manifestano il giudizio delle nuove generazioni su
una società sviluppata, ma piena di contraddizioni. .
Ed infine limitiamoci soltanto ad enunciare l’agitazione dell’America del Sud e
dell’Africa, cioè il problema sempre più
grave del terzo mondo, dei poveri oppressi
dai ricchi, e il dramma assurdo della guerra
in Estremo Oriente...
L’Evangelo di Gesù Cristo può manifestare ancora la sua potenza dinamica di rinnovamento e d’amore? Può il semplice povero
annuncio della riconciliazione offerta da
Dio essere accolto dagli individui, dalla società come la sola salvezza possibile, oppure è necessario trovare altre soluzioni,
altre salvezze che non quella di Cristo?
Ahimè fratelli, siamo noi, è la Chiesa
che va perdendo in questo la fede e il mandato della sua missione.
Sono i nostri interessi quelli che occupano il primo posto. Noi non viviamo più
della gioia della nostra conversione, cioè
della nostra fede in Cristo.
É vero, oggi la solidarietà, l’amore, la
giustizia devono andare al dilà dei limiti
della nostra città o della nostra nazione o
del nostro continente; ma come possiamo
pretendere di annunciare efficacemente nel
Odoardo Lupi
(continua a pag. 6)
1. - Secondo Bouchard, il Goilwitzer
non avrebbe messo in sufficiente rilievo l’importanza del terrorismo israeliano nella
creazione di quella psicosi di panico che ha
condotto nel 1948 alla fuga di oltre due
terzi della popolazione araba della Palestina. Nuovamente il suo senso storico prende
il sopravven'lo. ed egli riconosce che non
si deve esagerare l’importanza del terrorismo; esso ha favorito, non causato l’esodo
arabo. Bouchard stesso dunque, non sembra
attribuire troppo rilievo a quest’elemento,
una delle tante cause, non la causa della
tragedia. A questo punto non saranno di
troppo alcune constatazioni :
a) Il terrorismo non è nato in seno
al Sionismo, è sorto tra gli Arabi alla fine
degli anni 20. Sul suo sfondo sta, onnipresente e pienamente responsabile, la sinistra
figura del Mufti di Gerusalemme, unica autorità araba, sia pure soltanto religiosa, in
Palestina durante il mandato britannico.
Egli passò, durante la seconda guerra mondiale. in Germania e si servì del proprio
prestigio per arruolare in legioni speciali
delle SS elementi di fede mussulmana della
Serbia prima e del Kuban poi. Fino a poco
tempo fa si trovava sulle liste dei criminali
di guerra della Russia e della Jugoslavia,
ora non so. Il terrorismo sionista è sorto
in forma organica ed effettiva soltanto dopo
la fine della seconda guerra mondiale, si reclutava spesso tra i superstiti dei campi di
concentramento, persone non sempre completamente sane di mente; perseguiva la discutibile massima di reagire al terrore col
terrore.
b) Il terrorismo sta al Sionismo, con
l’unica eccezione deH’integrità personale dei
suoi membri, come da noi alcune strane
formazioni partigiane (Moranino, « Valerio. ecc) stanno alla Resistenza ed ai suoi
ideali. Il Sionismo ufficiale ha sempre sconfessato il terrorismo, ma fino alla formazione dello Stato non aveva i mezzi per eliminarlo.
c) La strage di Dir Jassin, alla quale
viene fatto spesso riferimento, è stato un
atto ributtante, nel quale terroristi ebrei
hanno massacralo oltre 250 abitanti di un
pacifico villaggio arabo nei pressi di Gerusalemme l’8 aprile 1948; nella stessa categoria morale si pone l’assassinio del conte
Bernadotte, mediatore delle Nazioni Unite,
il 17 settembre dello stesso anno. Sono azioni che hanno trovato una dura condanna
anche negli ambienti sionisti, i quali, anzi,
non appena ne ebbero la possibilità, s’affrettarono a disarmare i terroristi, ad intercettarne i rifornimenti e, almeno una volta, addirittura ad affondare una delle navi che li
trasportava. Durante la lotta armata non è
sempre nè facile nè possibile scegliere i
propri alleati, e non stupisce che alla fine
della guerra la maggior parte di essi fosse
amnistiata e che alcuni oggi seggano addirittura nella Camera.
d) a In cambio » del massacro di
Dir Jassin gli Arabi attaccarono un convoglio sanitario diretto all’ospedale Hadassa, uccidento quasi 80 persone tra medici,
infermiere e personale, il 12 aprile del 1948.
Nella fase finale delle ostilità vi fu dunque
Alberto Soogin
(continua a pag. 6)
■iiiiiiiiiiMiiiMiiiiiiimiiimi' iKiiimiiiMmiiii'i iimiiiinuniiiiimiimiiiimiiiiiuiiiiiiiiiimiiiiiiiilliiimiiiiuimiiiiiiniiiiii
Fare si che i discepoli
diventino testimoni
(segue da pag. 2)
delle unioni cadette, ma soprattutto di
quelle giovanili, dando per scontato
che il battesimo dei fanciulli deve essere abolito, dovrebbe essere quella di
invitare di volta in volta i singoli
membri alla confessione della fede
nella grazia di Cristo ricevendo il battesimo, o nel riconoscere che chi lo ha
chiesto ha creduto con tutto il cuore
e che, perciò, il battesimo è possibile
(Atti 8: 37). In questo atto si riassumerebbe tutta la lunga via dell’entrata del giovane nella comunità e nell’alleanza di grazia di Cristo. Col battesimo si potrebbe tranquillamente far
coincidere anche l’ammissione a membro elettore. Non è tale ammissione
che deve essere libera, ma quella a
membro di chiesa.
10) In questa linea sarebbe anche
evitata una situazione grottesca in via
di scioglimento senza che nulla la sostituisca : si allude al fatto che nori di
rado nel passato l’aspetto maggiormente tenuto d’occhio nei catecumeni
è stata la purezza sessuale. Al di fuori
di una prospettiva legalistica per cui
c’è un elenco ben chiaro di cose che
si possono fare ed un elenco altrettanto chiaro di cose proibite, quest’esigenza era giusta. Ma è l’impurità che
elimina la testimonianza o è la mancanza di testimonianza che porta alla
dissolutezza anche sessuale? Se è la seconda ipotesi quella giusta, è necessario partire dall’esigenza della testimonianza, chiedere non delle rinuncie
particolari, ma la vita. Chi ha dato la
sua vita per Cristo saprà di volta in
volta quali sono le rinunzie necessarie.
C. Tron
4
pag. 4
N. 26 — 28 giugno 1968
Si Ist prosto a diro rivoiuziono
TRAMONTI DI SOPRA
(Pordenone)
La Chiesa tra capitalismo e socialismo
Un documento che chiarisce le posizioni del Movimento Cristiano Studenti
Di fronte ai problemi della nostra
epoca, un problema pregiudiziale è
rendersene conto, darne una interpretazione, fare una scelta operativa di
consenso o di dissenso.
1) Il problema principale è la lotta
di classe ; ci siamo dentro da una parte o dall’altra, consapevoli o no. Ad
esso sono collegati trftti gli altri problemi (la guerra, i, salari, la scuola,
1 problemi « spirituali »). La lotta di
classe nasce e si sviluppa nel luogo di
lavoro, soprattutto nella fabbrica. Qui
il padrone possiede non solo i mezzi di
produzione, ma anche la vita degli operai, nel senso che tutte le principali
decisioni sul loro lavoro (cosa produrre, come, in quanto tempo, per chi, in
quali condizioni, per quale salario) sono sua prerogativa, secondo il principio della proprietà privata che la legge italiana tutela e difende. Il fine in
vista del quale il padrone agisce è il
profitto, cioè l’accrescimento del suo
capitale e quindi del suo potere. Questo fine è perseguito sottraendo all’operaio una parte del prodotto del suo
lavoro, cioè sfruttandolo. Tutte le decisioni veramente fondamentali, vengono prese non in parlamento, ma a livello delle strutture produttive.
2) Perchè il sistema funzioni è necessario che il lavoratore dia il suo
consenso a questa condizione di sostanziale servitù. Per ottenere tale consenso il sistema capitalistico mette in
atto una serie di strumenti che sono,
di volta in volta, pagati, mimetizzati o
imposti dallo sfruttamento di classe.
Essi sono;
a) un certo livello di benessere:
salari tali da consentire uri certo numero di consumi; salari differenziati
per garantire possibilità di carriera;
alti livelli di occupazione e quindi illusione di sicurezza per il futuro. Tutte cose che, nei momenti di crisi possono essere sacrificate al dio profitto;
b) l’illusione della libertà, cioè
l’uso delle istituzioni e dei diritti « democratici»; votare ogni 5 anni, scioperare quando lo decide il sindacato,
leggere sul giornale preferito, ascoltare alla radio e alla TV, sentire nella propria chiesa, ciò che pensa, propone o stabilisce chi ha il potere e l’autorità, che derivano dal controllo dei
mezzi di informazione e formazione
deH’opinione pubblica. Questa libertà può essere sospesa se risulta pericolosa (es.; colpo di stato in CJrecia,
leggi di emergenza in Germania occidentale, limitazione del diritto di
sciopero in Gran Bretagna e in Italia) ;
c) l’imposizione dell’ordine: esso
è necessario quando le manifestazioni
di dissenso escono dai canali istituzionali (Parlamento, liberi dibattiti)
e contestano nei fatti il sistema.
Tale ordine viene imposto col manganello, gli arresti, le condanne: l’opinione pubblica, già manipolata dai
mezzi di informazione, generalmente
applaude.
3) La caratteristica attuale del sistema capitalistico è di presentarsi a
livello mondiale come imperialismo.
Questo significa la subordinazione
permanente di popoli e aree geografiche agli interessi del capitalismo
internazionale, attraverso strumenti
militari (alleanze tipo NATO, basi e
truppe di stanza), politici (regimi razzisti o autoritari, democrazie di tipo
occidentale rette da borghesie nazionali pagate con le briciole del capitale
internazionale), economici (saccheggio delle materie prime, dogane, rapporti commerciali, esportazione di
capitali).
4) La prima condizione per organizzare il dissenso dal sistema capitalistico è quella di criticare le organizzazioni tradizionali di opposizione
(partiti e sindacati), il cui limite consiste oggi nell’avere accettato il terreno istituzionale (Parlamento) come
principale terreno di lotta e nell’avere accantonato la possibilità di un rovesciamento del sistema per una prospettiva socialista.
Una seconda condizione è di saper
riconoscere quali sono oggi i veri movimenti di liberazione o rivoluzionari
(lotte nel terzo mondo, lotte operaie
progressivamente politicizzate, movimenti studenteschi, ecc.) per farne il
proprio fondamentale terreno d’impegno. Una terza condizione consiste
nello sperimentare nuove forme di
organizzazione e di azione, le quali,
proprio perchè si pongono al di fuori
del terreno di gioco fissato dall’avversario, si sottraggono al suo controllo.
Il tipo di lotta elaborato dai movimenti di liberazione si è dimostrata
l’unica strategia efficace contro l’imperialismo: occorre individuare il senso vero dell’internazionalismo, non
nelle dichiarazioni verbali di solidarietà, ma nella scelta di obiettivi di
lotta identici a quelli di tali movimenti, cioè i centri del potere capitalistico.
A queste condizioni è possibile ricuperare gli strumenti democratici-borghesi (parlamento, partiti di sinistra e
sindacati) per usarli in modo rivoluzionario e porre il problema stesso della rivoluzione.
5) Un problema importante è quel
lo dei metodi. Sappiamo che la legalità, la violenza, la non violenza, in assoluto non esistono e sono falsi problemi. Illegale o violenta è un’azione
che si svolge al di fuori della legalità
e della violenza della società e viene
considerata tale da chi accetta tale legalità e tale violenza della società.
L’uso di strumenti legali o illegali non
dipende da ragioni di principio, ma da
considerazioni di efficacia politica. La
unica scelta fondamentale è quella di
accettare o meno il sistema capitalistico.
6) Le tesi che precedono sono politiche. Non pretendono di fondarsi su
di una incontrovertibile interpretazione .corretta della Scrittura. Ma la scelta che ad esse sottende cade fra le
coordinate del « giudizio di Dio », del
« ravvedimento », della « nuova nascita ». Il fatto che da queste coordinate
vengano fatte discendere scelte diverse e contrarie dimostra che la scelta
del socialismo è solo una delle scelte
possibili, da parte di coloro che pretendono di ascoltare la volontà di Dio. La
cosa importante è che tale scelta va
fatta perchè l’unico modo di ascoltare
la volontà di Dio è quella di farla, essendo sotto il Suo giudizio.
I. - Quanto abbiamo affermato intendiamo dire nelle chiese ufficiali perchè ad esse ci legano vari motivi. Infatti ;
a) da esse proveniamo;
b) in esse abbiamo ricevuto un particolare tipo di educazione cristiana
evangelica che ci ha fatto affrontare
problemi e situazioni in un determinato modo ( anche se ci è difficile valutare se questo fatto sia oggi negativo o
positivo ) ;
c) questa stessa educazione ci ha
portato sempre a ritenere le chiese
corresponsabili di quanto succede nel
mondo ;
d) le chiese ufficiali, nonostante
in esse vi siano molti settari, per i
quali non è da Dio quello che non è
ecclesiastico, non ci hanno finora scon
fessato ed anzi continuano ad utilizzarci in vari modi.
II. - Data la situazione che abbiamo
descritta ci pare che la nostra società
deleghi anche alle nostre chiese una
funzione di organizzazione del consenso, e che le nostre chiese non si sottraggano affatto a questa politica. Que
-sto avviene in vari modi:
a) Con il rifiuto della politica (come se Cristo non fosse il padrone di
tutta la vita del credente e quindi anche della sua vita politica);
b) Con l’assuefazione a credere che
scelte, non solo diverse ma divergenti,
scaturiscano tutte indifferentemente
dalla predicazione di Cristo (senza che
questo sia motivo di discussione, di
scandalo, di divisione), purché avvengano in ambito ecclesiastico;
c) E quindi con la predicazione
dell’individualismo quale correttivo
dell’affermazione della realtà dell’unità dei credenti in Cristo, che non si
osa eliminare del tutto ma si cerca di
spiritualizzare e ci si rifiuta di verificare nella vita reale, concreta di tutti
i giorni.
III. - Queste aflermaàioni che facciamo sulle chiese potrebberro indurci,
spinte fino in fondo, ad uscire dalle
chiese per motivo di coscienza. Al momento attuale ci pare tuttavia una soluzione non corretta:
a) perchè n;)n manca chi si pone
nelle chiese la domanda: se le nostre
chiese siano di Cristo o del consenso;
b) perchè non possiamo giudicare
della natura attuale delle nostre chiese a cuor leggero, e ricadere nell’errore
in cui cadono larghi settori di credenti; credere di avere il monopolio di
Dio ;
c) perchè la chiesa è possibile
quanto credere ;a remissione dei peccati, la resurrezione dei morti, la vita
eterna; cioè soitanto quando si crede
nello Spirito Sa to; Questo esclude che
si possa parlare li chiesa soltanto pensando alle eh • se quali attualmente
sono ; come è impossibile parlare di
remissione dei peccati pensando soltanto ai morti, alla vita eterna pensando soltanto a questa vita.
IV. - Dobbiamo tuttavia rifiutare
vari « discorsi su Dio » tipici nelle nostre comunità.
a) Presupporre che fare le cose
« in quanto credenti » sia sufficiente
per avere l’avallo di Dio a qualunque
nostra azione, significa non volersi
prendere le proprie responsabilità « sola fide », cioè senza garanzie, e credere
facile per l’uomo riconoscere la parola
di Dio per il nostro tempo e obbedirla.
Non è facile invece dato che la Scrittura, proprio perchè in essa abbiamo
la testimonianza alla parola del Dio vivente, non è un codice che dia regole
chiare e non ambigue. Infatti la lettura della stessa Scrittura suscita comportamenti etici opposti.
Pensiamo al sacrificio di Isacco : per
Abramo credere poteva significare in
quella precisa situazione storica e a
viste umane, andare contro il comandamento di Dio (non uccidere) e contro la promessa di Dio (avrai una
grande progenie);
b) Presupporre che si debbano accettare gli avvenimenti come rivelazione di una presunta volontà divina, significa rifiutare di essere testimoni di
come questi avvenimenti vengono giudicati dalla parola di Dio;
c) Presupporre in Cristo il criterio
ultimo per giudicare ogni cosa umana
può non essere altro che l’estremo tentativo di servirsi di Cristo (anziché
servirlo) per i propri fini, finché questo criterio non è applicato a noi stessi, alla chiesa e al nostro modo di
« conoscere Cristo » ;
d) Affermare che l’unica divisione
che può legittimamente dividere la
chiesa è il Cristo, è corretto soltanto
se questo permette di vedere le divisioni che già sono presenti nelle chiese come nel mondo, anche se nè chiesa nè mondo se ne accorgono.
feiitni '
di i'Siivti
(iLuciaDO Menr^di) ))
Tramonti di Sopra è un piccolo e quieto
comune dell’Alto Friuli che vi offre col suo
Centro Evangelico la possibilità di trascorrere vacanze estive in un ambiente veramente fraterno.
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* *
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pure Marxismo 0 Cr stianes ino? ».
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coile.ghi e fratelli, mandi subito la sua adesione al Pastore Massimo Tara, Via Rismondo 5, 34170 Gorizia.
Prezzo: per tutto il periodo, L. .6.000 a
persona, tutto compreso.
DONI RICEUTI
PER ECO -LUCE
Alcune Chiese ci hanno inviato un loro
versamento speciale, e ne siamo particolarmente grati: Pomaretto L. 10.000; Susa
L. 3.000; Campobasso L. 30.000.
Albertine e Jean Bertin. Torino 1.000;
Alma Rivoir, Milano 500; Franco Serafino,
Torino 1.000: Giulia Gullino, Pianezza 500;
Grazie! (continua)
La società socialista deï’essere oggetto della predicazione cristiana?
Abbiamo avuto tra k mani, in questi
giorni, e abbiamo kito. con l’interesse che
suscita e l'attenzione che merita, un documento elaborato nelle scorse settimane dal
gruppo romano del Movimento Cristiano
Studenti (MCS). Esso è servito come base
per un libero dibattito fra membri di chiesa. avvenuto a Roma, il 15 giugno scorso,
nei locali della Chiesa valdese di Piazza Cavour. Esso è occasione e invito a un dialogo che è ormai tempo sia avviato.
Pubblichiamo integralmente questo documento. sperando di far cosa gradita ai lettori, che hanno certamente già sentito parlare del Movimento Cristiano Studenti (ancora recentemente in occasione degli interventi compiuti durante o subito dopo il
culto domenicale in alcune nostre comunità). ma che forse non hanno ancora avuto
Topportunità di rendersi esattamente conto
di ciò che questi fratelli pensano, dicono e
vogliono. Nel documento qui pubblicato, ì
lettori potranno trovare, in sintesi, le tesi
di fondo propugnate (forse con sfumature
diverse, ma con accordo sostanziale) dai
vari gruppi del Movimento e condivise da
una parte — forse rilevante — della gioventù delle nostre chiese.
Il valore del documento non risiede solo
nel fatto che vi si trovano riassunti e presentati in modo chiaro, organico e abbastanza completo i principali contenuti politici e teologici del discorso che il Movimento Cristiano Studenti sta facendo alle nostre
chiese e a ciascuno di noi; risiede anche nel
fatto che i temi qui proposti alla nostra
riflessione sono comunque di indubbia importanza e andranno prima o poi affrontati. e nel fatto che le critiche mosse alle
« chiese ufficiali » (come le chiama, stranamente. il documento) non possono essere
lasciate cadere nel vuoto, proprio per il loro carattere radicale.
1 lettori sono quindi invitati a meditare
questo scritto, a farsi un'opinione propria
sui problemi da esso sollevati, ad esprirnere
— se lo desiderano — i loro pensieri in
merito scrivendo al nostro giornale.
Per parte nostra, dopo aver letto il documento. ci permettiamo di fare qualche
osservazione e formulare qualche domanda,
tralasciando, ovviamente, questo o quel rilievo di dettaglio, che potrebbe essere fatto
ma che ci obbligherebbe a dilungarci
troppo.
1) In primo luogo è chiaro che tutta
l’argomentazione del documento si regge
sull'analisi e sull'interpretazione della nostra
società, svolta nella prima parte e articolata in 6 punti (nn. 1-6). La seconda parte
(nn. I-IV). in cui la chiesa viene direttamente chiamata in causa, ha senso e valore
solo se ne ha la prima, che riveste quindi
una importanza decisiva: è da essa che
tutto il resto dipende. Il Movimento Cristiano Studenti fa un certo discorso alla Chiesa
perchè parte da una certa analisi della società. Diremo di più, sperando di non travisare (come può facilmente accadere) l’altrui pensiero : il MCS fa un certo discorso
teologico alla Chiesa prendendo le mosse
da una certa analisi politica della società
occidentale. Se questo è vero, ci troviamo
di fronte a un prinfe problema; dato che ed ispirare? Qual’è? In terzo luogo, occor
l'analisi poltica qui-condotta è di così capitale importanza da co^intuire la matrice —
se non andiamo errati di tutto il discorso,
dobbiamo chiederci, molto semplicemente:
Questa analisi, è giusiu o no? È tutta giusta. o lo è solo in parte.’ Che essa contenga
del vero, ci pare fuor di dubbio; ma non
le si può imputare, se non altro, una eccessiva semplificazione della realtà, anche tenendo conto del carattere forzatamente sommario di un documenio del genere? Ancora ; non è forse lecito ¡avvisare in questa
analisi una certa uniUaeralità, che rischia
di compromettere l'originalità e l’auiorità
di tutto il discorso? Questa unilateralità è
voluta, oppure è inconsapevole? Oppure
gli estensori del documcr.'.o ritengono di non
essere unilaterali? Oppure considerano questa eventuale unilateralità come irrilevante
e tale da non indeboli ¡ e la sostanza dell’argomentazione? Ad esempio : la ferrea logica del capitalismo, qui descritta (nn. 1 e 2),
si applica solo al capitalismo privato di
marca occidentale o non piuttosto a ogni
tipo di capitalismo, co ai preso quello di Stato. di marca orientalo ' Se così dovesse essere. perchè non dirlo: Ancora; il documento parla della NATO come strumento
dell'imperialismq americano (n. 3); forse
che il Patto di Varsavia non è servito anche come copertura di un certo saccheggio
economico dei paesi dell'Est, da parte dell'Unione Sovietica? Se così dovesse essere,
perchè non dirlo? Irisomma, già l'analisi
della situazione politico-sociale svolta dal
documento lascia qua e là dubbiosi, forse
non tanto per quei che dice quanto per
quel che non dice. E siccome è dalla validità deil'analisi che dipende, a nostro avviso,
la validità del discorso che segue, è naturale che se vi sono dubbi sulla prima ve
ne saranno altrettanti sulla seconda.
Ma andiamo avanti. 11 succo di tutta la
prima parte del documento lo troviamo
condensato in questa frase; «l'unica scelta
fondamentale è quella di accettare o meno
il sistema capitalistico » (n. 5). È bene fermarsi un istante su questa sentenza. Essa suscita diversi interrogativi. In primo luogo,
la sce'Aa a favore o contro il sistema capitalistico è dichiarata « unica fondamentale ». Ma cos'è che la rende tale? E a partire da che cosa è detta «fondamentale»?
Trattandosi di un discorso di credenti, si
suppone che sia a partire dall’Evangelo.
Ma qui il documento — se lo abbiamo
letto bene — non è esplicito e lascia a desiderare. In secondo luogo, posto che, come
cristiani, si debba rifiutare il sistema capitalisitico — per parte nostra propendiamo
in questo senso —, occorre anche dire con
che cosa lo si vuole sostituire, sempre come cristiani. 11 documento parla di « rovesciamento del sistema per una prospettiva
socialista » (n. 4) e di « scelta del socialismo » (n. 6); ma si tratta di affermazioni
generiche, alle quali non si sa che contenuto dare. In particolare chiediamo : il socialismo di cui qui si parla è quello dei
testi marxisti o quello della realtà socialista nelle sue diverse realizzazioni storiche?
Come ognuno sa, non è la stessa cosa. E
ancora chiediamo: esiste un modello di
società socialista a cui ci possiamo riferire
re dire chiaramente se « l’unica scelta fondamentale » che. secondo il documento, è
quella tra capitalismo e socialismo, è intesa e presentata come una scelta di fede:
una scelta cioè che coinvolge in profondità
la confessione cristiana della fede, per cui
qualora accada che membri di una stessa
chiesa, posti di fronte alla scelta tra capitalismo e socialismo, scelgano in modo diverso e non uniforme, bisognerà dire che
fra loro non c'è la stessa fede, e quindi appartendono. malgrado le apparenze contrarie, a chiese diverse.
2) Un secondo problema sollevato dal
documento e da esso riconosciuto come «importante » (n. 5) è quello dei metodi. Il documento afferma ; « L’uso di strumenti legali o illegali non dipende da ragioni di
principio, ma da considerazioni di efficacia politica » (n. 5). Ora, è chiaro che legalità non equivale a giustizia, anzi sovente
equivale al contrario. È anche chiaro che
un'azione o un comportamento illegali possono essere giusti, anzi doverosi da parte di
un cristiano. Ma non ci pare legittimo, alla
luce dell'Evangelo. declassare la questione dei metodi dal piano dei princìpi a quello della efficacia politica, che diventa così
l'unico criterio riconosciuto valido per la
scelta dei metodi di lotta. Invece, il criterio,
anche per questa scelta, non può essere altro che l’Evangelo, quali che siano le conseguenze pratiche che ne deriveranno. Se
vedinamo bene, il documento del M.C.S.
avalla il principio assolutamente antievangelico. teorizzato dai gesuiti e applicato su
larga scala in Oriente come in Òccidente,
ieri come oggi : « il fine giustifica i mezzi ».
A nostro avviso, questo principio è semplicemente diabolico. E comunque, il documento tratta in maniera davvero troppo
sbrigativa una questione estremamente complessa e di vitale importanza, sulla quale.
da un punto dì vista cristiano, tutto si giuoca. Leggendo la frase secondo cui l'efiìcacia politica è il criterio della scelta dei metodi. torna alla memoria, per contrasto,
l'illuminante osservazione di Kierkegaard;
« Gesù non ha flirtato con i risultati ».
3) Passiamo infine a quel che il documento dice sulle « chiese ufficiali », cioè
sulle nostre e loro comunità (n. I-IV). Ad
esse gli estensori del documento si sentono
legati per « vari motivi » (n. 1). piuttosto
labili per la verità, dato che nessuno di
essi è di natura propriamente spirituale e
teologica (n. I. a-d); parrebbe, ad esempio,
che questi fratelli non si sentano legati alle
loro rispettive comunità nè per il battesimo,
nè per lo Spirito Santo, nè per la vocazione
comune ricevuta, nè per il comune perdono
dei peccati, nè per la predicazione dell’Evangelo, e via dicendo. È d’altra parte
presumibile che queste realtà siano in effetti così evanescenti nella coscienza delle nostre chiese, in tutti i loro membri, che difficilmente possono imporsi come le realtà
centrali intorno alle quali la Chiesa si costituisce e che « legano » fra loro i diversi
membri di Chiesa facendone un sol corpo.
Ma veniamo al giudizio che viene pronunciato sulle chiese. È senz’altro pesante,
e proprio per questo va preso sul serio. Secondo il documento, le nostre sono « chiese del consenso » e adempiono a « una funzione di organizzazione del consenso »
(n. II) Consenso a che cosa? Consenso alla
società neo-capitalistica nella quale esse vivono. Questo giudizio, per quanto tagliente,
è a nostro avviso abbastanza fondato. Le
nostre sono, in generale, « chiese del consenso ». nel senso ora indicato: forse non lo
sono intenzionalmente ma. tranne qualche
eccezione, lo sono nei fatti. Lo sono, se
non altro, nel senso del noto adagio ; Chi
tace acconsente. Le nostre chiese, sostanzialmente. acconsentono. Per accertarsene,
basta capovolgere i termini della questione
e chiedersi : Quale manifestazione o aspetto della vita delle nostre chiese, sul terreno sociale e politico, permetterebbe di qualificarle come « chiese del dissenso »? A nostra conoscenza, nessuna. Occorre, a questo
punto, rendersi conto della serietà della critica mossa dal Movimento Cristiano Studenti alle nostre chiese; dire che esse sono
volutamente o no. coscientemente o no,
« organizzazioni del consenso » alla società
neocapitalista significa dire — se non interpretiamo male il documento — che oggi,
piaccia o dispiaccia a chi ne porta la maggiore responsabilità (professori della FacoE
tà. pastori e predicatori), l’accettazione della società neocapitalista è uno dei contenuti
impliciti (e forse inconsapevoli) della predicazione che avviene nelle nostre chiese. Se
le chiese sono « chiese del consenso » è perchè la predicazione è una « predicazione
del consenso » ; da qui non si scappa.
Ed ecco, allora, sorge la domanda ; posto
che le nostre chiese siano quel che il documento afferma — « chiese del consenso »
alla società neocapitalista, e posto che. per
questo motivo, esse non siano « di Cristo »
(n. Ili), a), non siano cioè fedeli alla loro
vocazione e alla loro naiura. cosa bisogna
fare per trasformarle in « chiese del dissenso »? Che cosa significa, in riferimento
alla società in cui viviamo, diventare « chiese del dissenso »? Che cosa implica una
operazione del genere nel campo della predicazione. del culto, della vita cristiana e
della atrganizzazione ecclesiastica? Il documento non lo dice, ed è peccato. Chi soK'opone la chiesa e la predicazione a un giudizio così severo, non può esimersi dall’obbligo morale di proporre delle alternative. Diciamo questo non per eludere la serietà
della critica, ma per darle uno sbocco positivo. La Riforma del XVI secolo non si
limitò a criticare il sistema ecclesiastico romano; seppe anche suscitare, organizzare e
far vivere una chiesa diversa, alternativa a
quella cattolica. La Riforma sapeva quel
che non voleva, ma sapeva anche quel che
voleva. « Che dobbiam fare? » è la domanda che il documento del Movimento Cristiano Studenti, letto e interpretato in bonam partem. suscita e che attende ancora
una risposta. Possiamo essere più precisi e
formulare la domanda seguente che, ci pare,
ne riassume molte altre : secondo il Movimento Cristiano Studenti, la società socialista deve diventare oggetto, esplicito o implicito, della predicazione cristiana?
Paolo Ricca
0201170132013101
5
28 giugno 1968 — N. 26
pag. 5
ESAMINANDO I DOCUMENTI PREPARATORI DELL’ASSEMBLEA DI UPSALA
Sezione II - Il rinnovamento nella missione
Il documento preparatorio della seconda sezione : sulla « missione » è costituito da tre parti di ineguale misura e di altrettanto ineguale valore.
: ' V Evangelo come buona novella
’ làberi per la missione
I Rinnovamento nella speranza
* * *
La prima parte segue idealmente
questo itinerario : Poiché Dio ha realizzato la sua missione verso gli uomini in Gesù Cristo, è in Cristo che ci
viene manifestato il disegno divino di
Tina « nuova creazione ». Accettare
questo disegno in vista della creazione
di una umanità nuova significa interpretare la nostra vita di credenti
in funzione di essa, ossia sentirla e
viverla nella missione che è, ad un
ten\p(), proclamazione della buona novel'K e accettazione del dialogo con
quanti l’ascoltano.
Itinerario valido, ci sembra, particolarmente nella seconda parte, ma
carente nella premessa, per una ragione che ci sembra essenziale: manca la « croce », ossia una riflessione e
valutazione del significato della croce
<ii Cristo, senza la quale non ci pare
possa affermarsi appieno il senso della « buona novella », nè se ne può
comprendere la dinamica.
L’ Hi/angelu
iioiiii: bituna iiiii/eila
di una iiiiianilà rinnovata
Dice testualmente la premessa:
■t Dio ha realizzato la sua missione divina verso gli uomini in Gesù, l’uomo
di Nazaret. La sua vera umanità spezza le categorie nelle quali gli uomini
sono divisi. Egli era santo eppure si
è avvieinaii) ai peccatori più di ogni
peccatore, era Dio e non si è curato
delle tradizioisi religiose. Ha trasgredito i pii comandamenti del suo tempo eppure non era un anarchico, è
morto eppure vive tra noi, ha portato
tutte le cose a compimento, eppure ha
mandato i suoi discepoli in tutto il
mondo a completare l’opera sua. Attraverso di lui la nuova umanità è
venuta alia vita, eppure egli ci comanda di attuare la sua missione per
il rinnovamento deH’umanità ».
Ora tutto ciò è vero, potremmo anche dire che c’è un lodevole sforzo
anche in parte riuscito, di presentare
il « fatto » di Cristo in linguaggio moderno. Facilmente accettabile l’aspetto umano di Cristo che contesta le tradizioni reiigiose dei suo tempo, senza
però essere un anarchico, ma è tutto
qui? Si accenna ai fatto che Cristo « è
morto, eppure vive tra noi » ma questo
accenno i ago, alla morte ed
alla c sembra passare
accanro a la croce, quasi premendo
l'acceierarore per non essere troppo
turbati dal triste spettacolo, mentre
quel « vive tra noi » è anch’esso alquanto vago, se veramente vuole accennare, come potrebbe anche non es
sere, al grande « fatto nuovo » caparra
e prome.ssa di una universale palingenesi: la risurrezione del giorno di Pasqua.
Un iìnsii pi'utRstatarin,
più pasoiinìanu che paiilino
Comprendiamo benissimo che, nella
premessa ad un documento, non era
possibile trasferire un’intera e completa trattazione cristologica, ma trattandosi proprio di presentare come
Dio ha realizzato la sua missione
^ rso gli uomini» per precisare quale
la « buona novella » che il cristiano
t-cì da portare al mondo, dobbiamo dijf- che la presentazione ci sembra careni e. Se paragoniamo questa presentazione con quella che ne facevano,
nei loro discorsi e nei loro scritti, gli
Apostoli, rileviamo, nel paragone, che
questa presentazione è povera. Questo
Gesù protestatario, più Pasoliniano
che Paolino, ci lascia perplessi perchè
rion ci appare sufficientemente « realizzare» proprio quella «missione di Dio
verso gli uomini » che non si è attuata
mediante una, sia pure drammatica,
■nipstazione dei valori umani, ma
■cnc l’irrompere nella storia dell’uma■ ià deil’amore salvifico di Dio, di un
Dio, che accetta di essere crocifisso
perchè l’umanità possa avere nuova
vita e quindi perchè gli possiamo annunciare una « nuova speranza ».
Dalle riserve di cui sopra risulta che
tutto quello che segue, e che riteniamo
senz’altro assai più valido, rimane pur
sempre un poco sotto il segno di questo vizio di origine.
Nulla che sia umano sfugge all’in; eresse di Cristo, nulla potrà pertanto
e.ssere ritenuto estraneo all’interesse
del cristiano. « Solo se noi crediamo
che il Padre nostro fa ogni cosa nuova, avremo il coraggio di prenderci le
nostre responsabilità nei riguardi dei
problemi che sono all’ordine del giorno nel mondo ».
Ovviamente questa responsabilità comincia da noi stessi, nè si potrebbe
accampare la pretesa di rinnovare il
mondo inviandogli messaggeri nei quali lo Spirito di Dio non abbia, innanzi
tutto, operato un evidente rinnovamento « La speranza non è vera speranza se non cambia già ora la vita
della gente ».
Nè si consideri questo rinnovamento
soltanto da un punto di vista perso
nalistico. Esso va inteso come una
apertura verso un orientamento nuovo che deve condurre a relazioni nuove tra uomo e uomo. «La nuova vita
libera gli uomini per la comunità, rendendoli capaci di spezzare le barriere
di razza, di popolo, di religione, di casta, ed ogni altra barriera che distrugge l’unità del popolo di Dio ».
Se questa è la missione del cristiano
nel mondo, ne consegue che la sua
vita sarà consacrata ad annunciare la
buona novella: «Che in Cristo Gesù
è stata fondata una nuova umanità ».
Ma poiché non si può avere una buona
comunicazione del messaggio, laddove
non ci sia anche un buon ascolto, sarà
necessario che il credente sia sempre
aperto al dialogo con il mondo.
Liberi per la missione
Più interessante è la seconda parte
del documento « Liberi per la missione » che contiene alcuni punti di attuale validità:
« Quando la Chiesa è condotta dallo
Spirito, essa precede il mondo sul cammino del rinnovamento. Quando la
Chiesa si oppone al rinnovamento, anche se ne parla, spegne lo Spirito e
ostacola il cammino al suo Signore ».
Evidentemente non è detto, nè tanto meno provato, che ogni rinnovamento sia nella direzione dello Spirito
di Dio. Sarebbe pericoloso fare la
equazione : tutto ciò che è nuovo è
vero e buono. Per cui sarà necessario
che il criterio del rinnovamento sia la
Scrittura : « senza questa freccia indicatrice, il nostro cammino sarà sbagliato ».
Tale « freccia » dirige l’attenzione
della Chiesa verso i punti di tensione
della esistenza contemporanea. Il documento ne indica alcuni:
1) I movimenti rivoluzionari con i
quali « Gli uomini cercano di realizzare le loro a.spirazioni ad una società
giusta. I Cristiani profondamente radicati nei vecchio ordine tendono ad
affermare che la testimonianza cristiana deve soprattutto mantenere la legge e l’ordine... », ma se queste ostacolassero l’avvento di una società più
giusta, implicito nel concetto di un
rinnovamento dell’umanità, fino a che
punto può e deve una società cristiana
riconoscere la validità dei motivi rivoluzionari non ostante le forze alienanti che ne possono essere scatenate?
2) In una società sempre più pluralista il secondo problema che si presenta è quello del dialogo con i non
cristiani. Questo dialogo implica, senza
« venir meno alla fedeltà a Cristo »,
un atteggiamento nuovo verso le possibilità di nuova comprensione degli
altrui valori umani.
3) Nell’ambito del cristianesimo
storico il dialogo con le « sette », nar
te spesso per la «delusione del fallimento della chiesa» offre al credente
un ulteriore problema.
Gli ultimi paragrafi di questa seconda parte del documento sono in fondo
un appello alla immaginazione della
chiesa perchè sappia trovare nuove
vie e nuovi strumenti di missione, senza che questi implichino necessariamente una dir ; nazione del rispetto
per i « monumenti della fedeltà del
passato », ma enza dimenticare anche che « tutte le istituzioni ecclesiastiche, sono prò V . isorie ».
Situazioni nuove in un mondo sempre più secolarizzato richiedono nuove concezioni e nuovi strumenti di
missione, che non possono più essere
contenuti negli schemi della «comunità locale », ma richiedono uno sforzo di immaginazione che postula una
unità di intenti e di attuazione da parte di tutti i cristiani. « Possono tutte le
chiese accordarsi, come alcune hanno
già fatto, affinchè tutte le nuove iniziative non siano avviate senza che si
sia tentato di farle su un piano ecumenico »?
Il documento non risponde al quesito, l’Assemblea di Upsala dovrebbe
dare delle indicazioni che almeno incoraggino le realizzazioni che possono
essere studiate ed attuate sul piano
locale e contingente.
Rinnovamento nella speranza
L’ultima parte del documento è molto breve. Afferma che tutti i nuovi
metodi e strumenti di missione, tutte
le forme provvisorie di vita cristiana,
non vanno ricercati che allo scopo di
trasmettere il messaggio della « Nuova
umanità in Cristo ». Lo stesso scopo
hanno avuto per secoli le antiche istituzioni ecclesiastiche, valide fin dove
è valida la loro strumentalità, ai fini
dell’annuncio di quel rinnovamento
che sontanto « la vittoria di Dio porterà ».
Ogni rinnovamento nasce già sotto
il segno della provvisorietà e dell’equivoco: «Non possiamo sfuggire, più di
quanto abbia fatto Gesù stesso, agli
equivoci della storia. Dobbiamo partecipare ai conflitti ed alla agonia de
gli uomini e portare sulle nostre spalle anche il peso della debolezza e della
malvagità umana. Solo attraverso questa partecipazione la nuova umanità
può essere resa visibile. Soltanto cosi
l’umanità può ricevere la promessa
che ogni cosa sarà fatta nuova e potrà cominciare a partecipare già a
quel rinnovamento che la vittoria di
Dio porterà ».
Se lo spazio lo consentisse potremmo qui fare qualche riserva, o almeno
porre qualche quesito. Ci limitiamo a
fare una domanda: Pino a che punto
si tiene qui sempre conto del carattere
di provvisorietà, di relatività e di equivocità di ogni rinnovamento umano?
Fino a che punto un rinnovamento
umano può considerarsi un «partecipare già» al rinnovamento del Regno
di Dio, piuttosto che soltanto un segno, una profezia, una parabola, promessa e speranza ad un tempo, di quel
rinnovamento che non avverrà nè per
evoluzione nè per rivoluzione, ma solo
per l’avvento del Regno di Dio? Dice
giustamente il documento che « annunziarlo (il buon annunzio) significa
partecipare alla speranza ed alla disperazione degli uomini» ma proprio
per questo, laddove si dice che l’umanità può « partecipare già a quel rinnovamento » ci sembra che andrebbero aggiunte le parole « per fede » poiché è soltanto « per fede » che aspettiamo non dagli uomini, ma da Dio
« nuovi cieli e nuova terra, dove abiti
la giustizia» (2 Pietro 3: 13).
E. Ayassot
Sezione III - Lo sviluppo economico e sociale del mondo
L’introduzione a questa terza sezione pone in rilievo cUe « Dovunque, gli
uomini stanno operando mutamenti
radicali e lavorano per uno sviluppo
della società verso nuove forme di comunità, fondate su valori spirituali e
morali nuovi. Tuttavia, le grandi speranze che centinaia di milioni di persone hanno riposto, durante gli ultimi vent’anni, in questi nuovi sviluppi
e nell’avvento di una radicale giustizia e libertà come diretta conseguenza
dell’indipendenza politica, sono andate deluse. Questa delusione ha fatto
insorgere risentimenti, conflitti sociali
e rivoluzionari; il disiivello fra ricchi
e poveri all’interno delle nazioni e tra
le nazioni aumenta... I piani per l’attuazione di una maggiore giustizia sociale — riforma terriera, pianificazione
economica, controllo sociale sull’interesse pubblico, sviluppo della comunità — tranne qualche eccezione, non sono stati attuati o sono stati a tal punto neutralizzati dagli sprechi, da risultare praticamente inutili. Nel frattempo, la corsa agli armamenti assorbe
ricchezze immense che sarebbero estremamente necessarie per i programmi
di sviluppo... I grandi problemi umani
non vengono risolti, cresce la minaccia della fame, aumentano le tensioni
internazionali. Malgrado sia evidente
l’esigenza di una solidarietà mondiale
e malgrado che la cooperazione sia
una necessità vitale per tutti, il divario fra le condizioni di vita degli uomini nei paesi sottosviluppati ed in
quelli in via di sviluppo diviene ancora più grande ».
Una sfida
per le Chiese cristiane
Nel passare poi ai vari punti di questa sezione, al paragrafo « Prospettiva
teologica » la scottante questione dello
sviluppo ci viene presentata come «una
sfida per le chiese cristiane e per la
loro teologia » : « la cura ’’della vedova
e dell’orfano” deve trasformarsi nella
preoccupazione umana per milioni di
uomini che oggi lottano per migliorare
le loro condizioni di vita. La nostra
fedeltà e la nostra obbedienza al messaggio dell’amore di Dio per l’uomo in
Gesù Cristo... si misurano oggi nella
risposta che diamo a questa sfida ».
Nell’esaminare l’essenza dell’uomo
« creato ad immagine ed in comunione con Dio perchè sviluppi le sue capacità per il bene » viene precisato che,
sulla base dell’Evangelo, (Luca 10: 29)
« il suo prossimo si trova ora in tutto
il mondo (non dimentichiamo però
’’quello dietro l’angolo”!), divenuto oggi così ’’piccolo” » e che il rapporto
fra il ricco ed il povero è stato indicato da (3esù Cristo che chiama il suo
popolo a lottare per più giustizia.
Avremmo qui desiderato una maggiore incisività e decisione nei riguardi
dei doveri del ricco verso il diseredato
e ricordiamo (indegnamente e con
profonda umiltà colpevole) un pensiero di M. L. King: Il Vangelo riguarda
l’uomo intero; non solo il suo benessere spirituale, ma anche quello materiale. Qualsiasi religione che professa
interesse per l’anima dell’uomo e non
si preoccupa ugualmente dei tuguri
che darinano l’uomo, delle condizioni
economiche che lo paralizzano, di
quelle sociali che lo storpiano, è una
religione spiritualmente moribonda
che aspetta le sue esequie...
Ne deriva una «Esigenza di nuove
visioni » (III punto), rallentate dal fat
to che da mouf- parti ci si rifiuta di
prendere atto at :;a nuova realtà: « Dal
punto di vista .s k paesi poveri sembra
talvolta che i 'cuisi industrializzati abbiano sostituii ut sfruttamento colonialistico classi -«i con nuove forme di
dominazione et oysoimca... D’altra parte, in molti pai ',1 accidentali il crescente disinteresse ,fi*r gh aiuti ai paesi in
via di svJuppy Viene spiegato spesso
con l’incapacità di questi di utilizzare
in modo efficace i capitali e le risorse
tecniche messi a loro disposizione ».
Ma qual’è il il problema morale posto da questi confitti di interessi?:
« Come un tempo le nazioni hanno scoperto che non potevano tollerare che
gli uomini fossero metà schiavi e metà liberi, oggi il mom!o scopre che non
può più tollerare che un terzo degli
uomini siano ricchi e due terzi poveri
e miserabili. È interesse (ma qui vedremmo molto meglio l’accento posto
sul dovere e sulla necessità) di tutti
scoprire una nuova visione della cooperazione economica e della solidarietà umana ».
Al paragrafo dal Utolo « Le condizioni dello sviluppo >1 viene fra l’altro
detto : « Le nazioni povere vedono gli
aiuti come l’adempimento di un obbligo morale da pai-te delle nazioni
ricche, che restituiscono così i profitti
della dominazione coloniale...; le nazioni ricche intendono invece gli aiuti
come un’assistenza economica misurata... alla luce dei propri interessi. Le
nazioni povere sono molto sensibili al
pericolo di aiuti legati a particolari
condizioni politiche od ideologiche...;
le nazioni ricche considerano invece
queste condizioni... come necessarie al
successo del loro piano di auiti ».
Come conciliare queste divergenze?:
« Nessuna nazione è libera da responsabilità nei riguardi dello sviluppo economico mondiale e ciascuna deve parteciparvi; si dovrebbero aumentare le
forme di aiuto multilaterale, infatti
l’aiuto bilaterale tende a trasformarsi
in una imposizione di condizioni politiche od ideologiche...
« L’applicazione di questi principi
implica la collaborazione fra sistemi
sociali ed economici diversi fra loro.
Fortunatamente tali sistemi stanno diventando meno rigidi: essi si modificano ed imparano gii uni dagli altri ».
Ci pare qui che venga giustamente
messa in rilievo la necessità della sincera e costante collaborazione fra i
vari sistemi sociali tenendo sempre
più presente — come è stato fatto in
occasione della Conferenza sulla cooperazione mondiale tenutasi in aprile
a Beirut — che i cristiani inseriti nei
suddetti sistemi non sono responsabili solamente degli altri uomini, ma
anche delle strutture politiche ed economiche che portano la povertà, l’ingiustizia e la violenza.
Fame, sovrapopolazione
e tecnologia
Il paragrafo su « Fame, sovrapopolazione e tecnologia » afferma che la fame nel mondo deve costituire una
preoccupazione fondamentale delle
chiese (e quindi dei singoli individui
che le compongonoI) : « La chiesa dovrebbe fare ogni sforzo per richiamare
l’attenzione sulle conseguenze dell’indifferenza per questo problema ed incoraggiare invece le nazioni a lavorare insieme per mobilitare tutte le risorse necessarie».
Ci pare troppo generico e troppo al
condizionale questo richiamo alle chiese e auguriamoci che in sede di eissemblea questo argomento venga affrontato con tutto l’impegno che esso merita. Le chiese debbono battersi con
tutte le loro forze per risolvere o quanto meno per mitigare questo atroce
problema della fame. Occorre una loro
azione costante e sofferta per offrire
ai popoli affamati tutte quelle risorse
(e quindi non solo sacchi di farina, di
riso o di latte in polvere) che consentano loro di trasformare immensi territori in fertili colture; occorre che le
chiese si battano coraggiosamente
presso i governi dei loro paesi onde
convincerli della necessità di ridurre
sempre di più le spese destinate agli
armamenti (spese che invece, nella generalità dei casi, vengono costantemente aumentate) e di stanziare questo denaro appunto in spese ben più
produttive e, soprattutto, ben più cristiane ed umanitarie, atte a far arretrare la fame nel mondo.
Accenniamo solo agli altri due punti di questo paragrafo : circa il problema della sovrapopolazione « è diffìcile
prevedere in alcuni paesi del mondo
un progresso economico senza ridurre
sensibilmente il previsto aumento di
popolazione (controllo delle nascite) »;
circa quello tecnologico, il documento
si chiede « in qual modo l’uomo intenderà ed userà il nuovo potere sull’ambiente circostante che gli viene offerto dalla moderna tecnologìa? Quali
saranno le nuove strutture e istituzioni della famiglia, della comunità e della società? Chiediamo con urgenza al
CEC ed alle chiese membro di adoprarsi per azioni nuove e creative che provvedano alle modificazioni necessarie a
soddisfare queste necessità dell’uomo».
Al paragrafo dedicato a « I mutar
menti della società» di fronte a coloro che « sostengono che nella situazione presente l’ingiustìzia di cui alcuni soffrono (molti, diremmo) è tale che l’intero ordine stabilito deve
essere rovesciato » e di fronte agli
altri che dicono esservi « problemi dì
ricostruzione sociale ai quali, per la
loro stessa natura, non è possibile
dare una soluzione rapida » nè « lo
spargimento di sangue potrebbe affrettarla », il documento « pur non
potendo conciliare queste posizioni
estreme » riconosce che vi sono delle
situazioni in cui « lo sviluppo è impedito dalle esistenti strutture di potere ed in cui l’azione rivoluzionaria...
sembra l’unica via per arrivare ad un
ordine sociale fondato su una maggior giustìzia», ed eliminare una situazione oppressiva.
Il documento pare qui giustificare
la lotta violenta; alla luce del Vangelo non si può ovviamente accettare
l’idea di una rivoluzione armata anche se si è schierati con quei popoli
o con quegli individui che quotidia.namente vivono nell’ingiustizla e nell'oppressione. Siamo senz’altro schierati, personalmente, con le idee di
M. L. King e del movimento nonviolento: è evidente che una struttura
sociale che produca l’ingiustizia e la
povertà ha bisogno di essere riorganizzata da cima a fondo, ma essa va
cambiata coll’azione costante e tenace della « rivoluzione permanente
nonviolenta », da persone che sappia^
no mescolare l’amore alla giustizia.
Certo, la lotta sarà più lunga e difficile, ma eliminerà una dura reazione
che a sua volta ricreerebbe le condizioni e i presupposti per un nuovo
susseguirsi di violenze.
Quali dunque i « Compiti degli individui e delle chiese cristiane?» (ultimo paragrafo). Vengono poste quattro domande :
I) Gli organismi responsabili delle nostre chiese devono domandarsi
se l’uso delle loro risorse è corretto
nei confronti della pienezza di vita
che Dio vuole per gli uomini. L’uso
che viene fatto, non solo dei mezzi
materiali, ma anche dei membri, clero e laici, è un uso responsabile?
II) La predicazione e l’insegna^
mento delle nostre chiese aiutano
davvero i membri a comprendere le
nuove realtà e dimensioni dei mutamenti rivoluzionari, economici e sociali?
Ili) Osano le nostre chiese anda^
re contro l’opinione pubblica, incoraggiando i governi a intraprendere programmi di sviluppo?
IV) Fanno le nostre chiese ogni
sforzo per prendere contatto con altri gruppi ed organizzazioni per coordinare i piani di sviluppo?
Il documento si conclude con un
appello al singolo credente, appello
che facciamo nostro e che invitiamo
a meditare profondamente e coscienziosamente :
« Tutti questi interrogativi si rivolgono non solo alle nostre chiese come istituzioni, ma ad ogni uomo e
donna, ad ogni cristiano responsabile. Il movimento verso una società
responsabile non è un meccanismo
anonimo regolato dal destino, ma dipende da ciascuno di noi, per quanto modesto sia il posto che occupiamo nella società. Dire: io non ho influenza e non posso fare nulla pèr i
problemi mondiali significa negare
la possibilità per noi di essere partecipi della vittoria di Gesù su potestà
e principati, cioè sulle strutture della nostra società. Tutti noi, come
cristiani uniti in Cristo neU’unica famiglia di Dio, siamo chiamati ad imparare, a riflettere e ad agire come
membri responsabili di quella comunità mondiale di tutti i popoli^ e di
tutte le nazioni che in mezzo ai conflitti del nostro tempo sta lottando
per venire alla luce ».
Roberto Peyrot
LA CHIESA GRECA
SARA' PRESENTE AD UPSALA
Ginevra (soepi) — Dopo la visita fatta al
patriarca Atenagora I ad Istambul ed all’arcivescovo di Atene, mons. Hieronymos, il
pastore Blake. segretario generale del CEC
ha telefonato a Ginevra : « Sono lieto di annunciarvi che la chiesa greca ha modificato
il suo atteggiamento e pertanto sarà rappresentata a Upsala da una delegazione di teologi laici ».
Come si ricorderà, nel marzo scorso mons.
Hieronymos aveva annunciato, durante una
conferenza stampa, che la chiesa di Grecia
non avrebbe inviato dei delegati alla quarta
assemblea del CEC ad Upsala per due motivi : l’ingerenza del. Consiglio negli affari interni deUa Grecia; l'atteggiamento ostile del.
la Svezia verso la Grecia.
Poco tempo dopo, il pastore Blake appoggiava la dichiarazione fatta dall’arcivescòvo
lacovos, co-presidente del Consiglio, in cui
veniva affermato che la decisione del « Santo Sinodo » della chiesa greca era dolorosa
sia per la chiesa stessa che per il CEC. Il
pastore Blake aveva allora comunicato la sua
intenzione di andare in Grecia per tentare
di far tornare la chiesa ortodossa greca sullo
sue decisioni.
6
T)ag. 6
N. 26 — 28 giugno 196S
Prigionieri della speranza AM'OliA Sii ISRAELE E1 PAESI ARABI
(segue da pag. 3)
nome di Cristo solidarietà e giustizia per
coloro che sono lontani, quando non sappiamo più annunciare all’uomo che incontriamo qui a Milano che la sua pace, la
sua speranza gli sono offerte nel nome del
Signore Gesù!
Oggi molti vedono l’annuncio della salvezza in Cristo non nel ravvedimento personale dinanzi all’amore del Signore, ma
piuttosto in un impegno sociale politico.
Così mentre l’uomo ha sete di verità, gli
si offrono altre verità parziali che lo lasceranno sempre nell’arsura.
« Chi beve di quest'acqua avrà sete di
nuovo, ma chi beve l’acqua che Cristo darà non avrà mai più sete, anzi l’acqua che
Cristo dà, diventa in chi crede una fonte
d’acqua che scaturisce in vita eterna » (Giovanni 4; 14).
Mentre dunque da un lato non possiamo
sottovalutare i problemi che agitano il nostro mondo; e nel nome di Cristo, per quanto sta in noi e nelle nostre possibilità, dobbiamo agire affinchè ci sia maggiore giustizia, d’altra parte non dobbiamo dimenticare che il dovere della tesitimonianza e
dell’ evangelizzazione comincia dal luogo
dove Cristo ha posto la comunità dei discepoli, affinchè essi, per la potenza dello
Spirito Santo, diventino i missionari che
Cristo manda a predicare che la gente si
ravveda e creda all’evangelo.
Purtroppo, numerosi sono quei cristiani
che giovani e non più tanto giovani, studenti e non più studenti da parecchio
tempo, sentono con sincerità la gravità dei
problemi del nostro mondo, ma pensano,
sempre più, che la possibilità della loro soluzione sia offerta dalla lotta armata mediante la rivoluzione.
Si parla sempre più sulla nostra stampa,
nei campi giovanili, ed anche nelle chiese di
rivoluzione, di guerriglia... Questa strada
non mi pare quella tracciata da Cristo, quella dell’evangelo della riconciliazione.
Gli apostoli che Gesù ha mandato ad annunciare il Regno, hanno vissuto in un
contesto storico pieno di fermenti e di rivendicazioni. Anche allora la contestazione
globale di quel sistema di potere poteva
portare ad una soluzione dei problemi della
società.
Nella Palestina dei tempi di Cristo, dissanguata dalle tasse, dalle gabelle, dai tributi dell’autorità imperiale e del clero giudaico, nella Palestina dei poveri, degli sfruttati ove s’agitavano non pochi gruppi politici in lotta rivale tra loro, nella Palestina
rosa da problemi sociali, morali e religiosi,
gruppi di Zeloti e di Esseni non vedevano
altra soluzione che la guerriglia, la rivolta,
il sangue... altro che riconciliazione, altro
che amore!
Eppure Gesù, il Signore del Nuovo Mondo di giustizia, chiamò a sé i dodici e cominciò a mandarli a predicare che la gente
si ravvedesse, che credesse alla bella notizia
del Regno; e guarivano gli ammalati e cacciavano i demoni... Era forse un oppio per
il popolo palestinese? Non era meglio la rivoluzione, non era più opportuno per i discepoli impegnarsi politicamente nella società e sguainare le spade affinchè si arrivasse ad un cambiamento dei gruppi di potere?
Quanti hanno rimproverato a Gesù di
non averlo fatto! Finanche sulla croce il
famoso ladrone, che forse altro non era che
un partigiano condannato per sedizione, gli
disse : « Se sei tu il Cristo, salva te stesso
e noi ».
Ma era proprio su quella croce, che per
gl\ uomini che non credono sarà sempre
scandalo e follia che l’amore di Dio trionfò su tutto il male, su tutta l’ingiustizia, su
tutto il peccato del mondo.
Non intendiamo affermare che il credente debba avallare l’ingiustizia di coloro che
opprimono; I credenti per comandamento
del Signore devono essere sale, lievito e luce nel mondo, ma questa presenza nella società, questa loro lotta per la giustizia, crediamo non possa e non debba affermare la
necessità della violenza, né fomentarla.
Nè ci ergiamo a giudici, ognuno può
pensarla come vuole e crede, a Dio solo
appartiene il giudizio e la retribuzione; ma
è con spirito d’amore, è con passione che
sosteniamo questo dissenso.
La nostra speranza in Cristo ci fa fremere
-nel desiderio di un’intesa, d’una comprensione, d’una unità per il nostro compito
missionario che oggi, come al tempo in cui
i dodici apostoli furono inviati in missione, ci appare ugualmente urgente, ugualmente necessario, ugualmente scopo e compito primo della chiesa. Ma questa intesa,
questa comprensione, questa unità, non potrà mai essere raggiunta se nostri fratelli
protenderanno l’adesione incondizionata a
determinate soluzioni violente o a particolari confessioni politiche. Cristo ci ha fatti
liberi, non possiamo sottoporci a nessuna
legge, se non a quella dell’Evangelo! « Cerchiamo noi di conciliarci il favore degli uomini, ovvero quello di Dio? Cerchiamo noi
di piacere agli uomini? Se cercassimo ancora di piacere agli uomini, non saremmo più
servitori di Cristo >i (Gal. 1: 10).
A questo punto, però forse, è necessario
approfondire questo tema del compito missionario, un po’ più di quanto non l’abbiamo fatto fìn’ora. Dal nos>tro testo e dal suo
contesto appare il fatto che la missione dei
dodici è resa possibile, non solo perchè gli
uomini in questione sono mandati, ma soprattutto perchè queste persone .hanno subito uno chok nella loro vita: il loro ravvedimento. la loro conversione. Il loro incontro col Maestro ha sconvolto la loro
esistenza e l’ha orientata in modo del tutto
diverso da quello che essi stessi avevano
pensato.
Cristo, per loro, è siate la calamita di
Dio. Egli li ha attirati a Sé, ha comunicato
loro perdono, energia, forza; Cristo, per la
dinamica della sua Grazia, li ha colmati di
speranza per la sua persona e per il suo
liberatore messaggio del Regno.
Solo dopo questo radicale cambiamento
della loro esistenza essi possono obbedire
all’ordine di andare a predicare; solo dopo
la conversione possono andare ed essere con
l’annuncio dell’Evangelo, delle caiamite per
Cristo. La predicazione per essere vera e
potente non può verificarsi che dopo questo
chok!
Quanti di noi sono stati calamitati dal Signore Gesù al punto da poter affermare con
l’apostolo Paolo « Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me? ». Quanti
di noi dopo questa esperienza possono dire
« Guai a me se non evangelizzo? ».
Forse molti di noi, poiché da molto tempo non si parla più di queste cose, non sanno neanche o hanno dimenticato la necessità di questo ravvedimento e la necessità di
questa intima e personale comunione col
Collegio Valdese
SCUOLA MEDIA
Sono aperte le iscrizioni a tutte le
classi della Scuola Media. Per l’iscrizione alla prima sono richiesti i seguenti documenti:
1) domanda in carta semplice;
2) diploma di Licenza Elementare;
3) certificato di nascita;
4) certificato di vaccinazione.
Il Preside
Doni in memoria del gen. Davide Jalla:
Longo Pietro e famiglia, Ivrea L. 4.000;
Biglione Eunice, Ivrea, L. 5.000.
Signore Risorto. Forse moki di noi non sanno neanche o hanno dimenticato che la
chiesa di Gerusalemme per poter predicare dovette attendere la potenza dall’alto che
venne a Pentecoste. Forse molti di noi hannoi dimeniicato che quella chiesa pregò e
che ognuno fu battezzato con lo Spirito
Santo.
Noi dormiamo sugli allori di una religione che, nel caso dei più, abbiamo ereditato.
Ma è a noi che la Parola di Dio è diretta e
questa ci dice ; « Risvegliati o tu che dormi
e Cristo t’inonderà di luce ». Risvegliati
chiesa di Milano, risvegliati o popolo evangelico italiano e sarete dei testimoni, dei
predicatori, dei missionari. Allora molti segni e prodigi si verificheranno e « il Signore aggiungerà ogni giorno alla chiesa
quelli che sono sulla via della salvezza »
(Atti 2 ; 43-47).
Ma a quelli che ridono di tali cose e le
ritengono un vecchio parlare, a quelli che
stimano l’annuncio dell’ Evangelo agli
individui un bieco proselitismo che offende
le coscienze e le viola, a questi diciamo che
la Parola di Dio è posta tra noi e loro come solo canone e giudice di verità.
È dunque solo dopo questa nostra adesione personale e comunitaria alla Persona
di Cristo, è solo dopo un’accurata richiesta
dello Spirito Suo. che noi possiamo essere
testimoni, predicatori e veri missionari.
Vogliamo con serietà muoverci secondo
questa linea oppure vogliamo continuare a
vivere nella miseria della nostra fede, che
ci suggerisce come indecoroso, sorpassato
e pietista inginocchiarci in preghiera supplichevole dinanzi a Cristo? Vogliamo rimanere dei buoni protestanti, colti e bene
educaci, ma popolo dalle ginocchia dure?
Oppure una chiesa missionaria e non un
nulla? (Gen. Becku ith ai valdesi).
Oggi dinanzi a noi son poste molte vie,
molte di esse appaiono interessanti, convenienti ed anche ragionevoli, ma tra le vie
larghe, allettanti ed intelligenti che il mondo
offre, ai credenti, ai convertiti, a quelli che
sono stati calamilati da Cristo, non resta
che il sentiero angusto e difficile, il sentiero di Cristo, non resta che Cristo stesso,
perchè Lui soltanto è la verità e la vita!
* * *
Il mondo nei suoi gravi problemi, nelle
sue angosce, nei suoi dolori ha veramente bisogno di essere salvato. Chi lo salverà,
da dove gli verrà l'aiuto? Verrà dalle ideologie? Verrà quando le attuali strutture saranno sostituite da altre che oggi pensiamo
potranno essere migliori?
Gesù il Signore del Regno, ha mandato
: suoi discepoli nella società sofferente, ammalata, prigioniera degli spiriti immondi,
perchè in essa annunciassero la liberazione
offerta da Dio con la Parola e con atti
potenti.
Anche oggi la saivejtza del mondo non è
frutto dell’opera dell’iiomo, ma è il dono
alla perseveranza di coloro che avranno creduto ed invocato il? nome del Signore e
non si saranno tenuti il talento per sè, non
si saranno dimenticati, ì;er difetto o per superficialità, di annunciare ovunque e a
chiunque che la salvezza è il dono di Dio e
non la conquista dell’uomo.
Possiamo noi andare e dire queste cose?
Possiamo ancora evangelizzare come gli
apostoli e la chiesa primitiva facevano,
con umiltà di mezzi e di strumenti, ma nel
nome e con la potenza di Gesù Cristo e
del Suo Spirito Santo? Nel nome del Signore noi crediamo di sì. se ci saremo veramente convertiti e se vivremo nella comunione dello Spirito Santo.
« Poi chiamò a sé i dodici e cominciò a
mandarli... ».
O Signore, abbi pietà e fa con noi tutti la
medesima cosa!
Amen.
Odoardo Lupi
(segue da pag. 3)
del terrorismo da ambo le parti; nel periodo
anteriore gli Ebrei si limitarono alla difesa
contro eventuali attacchi. Si noti in ogni
caso che l’esodo di quelli che dovevano poi
diventale i profughi palestinesi aveva cominciato già da molto prima di questi atti.
e) Vi sono però anche profughi non
arabi: in seguito alle misure repressive instaurate da parte dei paesi arabi contro gli
Ebrei che da secoli vivevano nell’Africa settenirionale, in Siria e nell’Iraq, oltre 400.000
di essi dovettero fuggire abbandonando ogni
cosa e convertendosi così in rifugiati prima,
in Sionisti per forza poi. I pochi rimasti conducono notoriamente una vita molto precaria, sottoposta a continui controlli polizieschi.
2. - La guerra del 1956 presenta una
situazione molto più complessa: il retroscena ci è in massima parte ancora sconosciuto e così sono i motivi fondamentali. Là
dove poco si sa, naturalmente, le congetture si moltiplicano e l’interpretazione di
Bouchard è una di quelle che rientrano nell’ambito del possibile. Un giudizio più o
meno valido in sede storica è per altro impossibile, finché i fatti che condussero alle
ostiiità non siano stati chiariti. La tesi
d'Israele è sempre stata che l’azione si rivolgeva contro le basi di terroristi arabi situate nel deserto del Sinai. Personalmente
ho sentito più volte personalità israelí lamentare l’intervento anglo-francese nella
lotta : sarebbe stato inutile sul piano militare, dannoso alla causa d’Israele sul piano
internazionale (appunto per associazioni sul
tipo di quelle fatte da Bouchard), in ogni
caso avvenuto senza il volere d’Israele. Sono
tesi che cito a puro titolo di cronaca, non
essendo possibile, allo stato attuale delle
fonti disponibili, provarle o smentirle. Certo è che furono gli U.S.A. ad obbligare
Israele alla ritirata ed a mediare l’armistizio
attraverso le Nazioni Unite, le quali stazionarono nel Sinai le proprie truppe con il
consenso egiziano, e scanso di ulteriori inconvenienti. Il sistema funzionò egregiamente fino al maggio ’67. Negare il valore delle
condizioni di quest’armistizio sul piano del
diritto internazionale non è possibile. Strana
cosa, i veri « imperialisti » dell’episodio,
l’Inghilterra e la Francia, uscirono indenni
dall’avventura. e l’Egitto non ha mai tentato d’imporre limiti alla loro navigazione
o ai loro commerci. Per quello che riguarda
l’Algeria, non vi sono neanche indizi che
c’entrasse in qualche maniera.
3. - Che cos’è la rivoluzione araba?
Un’altra domanda alla quale non è semplice rispondere. Essa si professa, almeno in
Egitto, Siria ed Algeria, come genericamente «socialista». Ma che cosa vuol dire in
questo contesto? Fatto sta che gli ufficiali
di Nasser saudiano tra l’altro La mia battaglia di A. Hitler, una cosa ormai bene accertata nella bolgia di notizie e di dati in
genere contraddittori. Si tratta però di un
elemento fondamentale per la valutazione
del « socialismo » egiziano ; dato che nessuno vorrà affermare che tale studio persegue semplici fini di cultura generale, data
anche 1’accertata presenza di ex ufficiali e
funzionari delle SS nella veste d’istruttori
neH’esercito e nella polizia politica egiziani,
possiamo ancora seriamente parlare di un
movimento socialista? Anche Hitler e persino Mussolini nella repubblica di Salò
si proclamavano tali. E in che relazione sta
il movimento di Nasser con quello siriano di el-Atassi e che rapporti ideologici
hanno ambedue col processo involutivo in
atto nell’Algeria dalla dittatura di ben-Bélla? Probabilmente gli stessi promotori di
questi movimenti sarebbero imbarazzati nel
trovare delle risposte : l’elemento primario
di questi movimenti è l'azione, l’ideologia
è presa in prestito di volta in volta da
slogans esteri. L’unico elemento unitario èdato dalla posizione anti-israeliana (oltre,
naturalmente, la cultura e la religione). Ma
se un giorno Israele venisse sorpreso e distrutto, cosa accadrebbe? Allo stato attuale
delle cose non è possibile vedere nei vari
movimenti « rivoluzionari » arabi altro che
una serie di elementi romantico-populisti
con una nota fortemente nazionalistica.
4. - La questione del petrolio viene spesso tirata in ballo quando si parla del Medio
Oriente. Si dà però il caso che, a parte la
lontana Algeria, i paesi maggiormente coinvolti, Siria ed Egitto, non ne producono
che in quantità minima. In ogni caso non
solo gli U.S.A. sono interessati al petrolio,
ma anche altri paesi, specialmente quelli
del blocco orientale, ed anche qui sembrerebbe ragionevole immaginare che i motivi
siano quelli dello sfruttamento del medesimo, non quello d’un aiuto disinteressato
agli Arabi,
5. - Sono contento che Bouchard abbia
spiegato l’espressione « coscienza infelice » ;
è di Hegel e ben s'adatta alla situazione tedesca nel senso da lui voluto. Anche la
« Claudiana » deve però avere avuto i suoi
dubbi sulla sua interpretazione, se ha creduto bene modificarla. Quale sarà la posizione dei lettori? Spiegare, come dicevo,
non è mai di troppo.
6. - Il termine «altrettanto», da me
usato per confrontare i sentimenti di altri
popoli noti per il loro antisemitismo con
quelli dei Tedeschi, non ha mai avuto in
italiano un senso strettamente contabile.
Non è quantitativamente rilevante, ma qualitativamente, « quanti » Ebrei un popolo
abbia uccisi. Se Russi e Polacchi ne avessero uccisi « solo » 100.000 dal secolo scorso
in avanti il conto sarebbe diverso, il principio no, specialmente visto che dagli ultimi anni di Stalin in avanti stanno rendendo
la vita impossibile a milioni di essi, trattandoli come cittadini di seconda classe. Il
quadro dell’occupazione tedesca presentato al riguardo dal Bouchard non manca di
toni unilaterali : c’erano all’arrivo dei Tedeschi villaggi, nei quali comunisti ed Ebrei
venivano passati per le armi dall’invasore,
ce n’erano altri, specialmente nella Russia
Bianca e nell’Ucraina, nella quale i Tedeschi
venivano accolti a braccia aperte e gli
Ebrei denunciati. Per questa ragione nell’est europeo la percentuale degli ebrei scampati è infinitamente inferiore che nell’Europa occidentale, forse persino della stessa
Germania, per quanto paradossale possa
sembrare. Ma quello che molti non sanno
ancora, è che negli anni 1946-48 contro i
pochi Ebrei polacchi superstiti venne scatenata una vera e propria persecuzione, che
in alcuni casi culminò nel classico pogrom.
Questa è la ragione della condanna di
Jevtuschenko per la sua poesia Babij Jar:
è uno scritto che accusa, e non solo i Tedeschi; e non è solo una pia commemorazione.
Sono diventato un po’ lungo e me ne dispiace. Ma è necessario chiarire che determinate posizioni ideologiche, che possono
essere pienamente valide in certi contesti,
non lo sono necessariamente in altri per la
semplice ragione che emanano dalla stessa
fonte. E con questo ti saluto cordialmente
sperando che la discussione si svolga, se è
che deve svolgersi, lungo linee di comprensione delle varie posizioni, non credendosi offesi là dove si ha solo frainteso.
Diverso materiale fra cui cronache delle chiese, ha dovuto essere
rimandato al prossimo numero ce
ne scusiamo con collaboratori e
lettori.
I LETTORI CI SCRIVONO
Prime risposte al nostro appello
per la fame nel mondo
Parecchi lettori cominciano ad
esprimerci il loro appoggio all’iniziativa per la fame nel mondo. Pubblichiamo qui alcune di queste risposte
e proposte. Speriamo di poter dare,
nel prossimo numero, più. precise indicazioni di azione: rapporti con
VEPER, eventuale costituzione di una
associazione, modo di versamento, ecc.
In una comunità, il culto domenicale è stato centrato su questo problema e al termine sono state raccolte
numerose adesioni: anche questa è
un’indicazione preziosa, che vi segnaliamo e raccomandiamo. Le vostre risposte sono per noi una grande allegrezza. red.
Un collaboratore, da Ivrea:
Caro direttore,
avendo conosciuto da vicino il pròblema della fame in India e avendo
visto molta gente in attesa della mor.
te per mancanza di cibo, appoggio
con tutto il cuore l’iniziativa della
redazione del nostro settimanale di
sensibilizzare le nostre comunità in
vista di interventi concreti, indipendentemente dalla problematica politica ed economica in cui quel problema potrebbe essere situato; e ciò tanto
più che non si tratta unicamente di
fame nell’India ma di fame nel
mondo.
Verranno indubbiamente le proposte e sorgeranno iniziative a breve
scadenza. Per conto mio faccio una
proposta a più lunga scadenza, ma
forse meritevole di attenzione sotto il
profilo umano e cristiano. Penso, cioè,
al nostro Natale, al Natale delle nostre comunità. Impegnamoci e prepariamoci a celebrare un Natale da poveri e da umili per arricchire altri
i quali soffrono a causa della fame nel
mondo. Saremo nella linea del vero
Natale: tanto nelle nostre famiglie
che nelle nostre comunità. E tutto ciò
indipendentemente dai nostri obblighi verso la nostra Chiesa.
La proposta può essere discussa,
strutturata o accantonata. Potrebbe,
tuttavia, essere attuata con risultati
notevoli. Essa non esclude, naturalmente, altre iniziative o la formazione di un organismo adatto allo scopo.
Ermanno Rostan
pegnarci finanziariamente nei modi
che saranno stabiliti in una prossima
eventuale riunione di tutte le persone interessate.
Ive Pons - Stella Ricca Oriana Bert . Mariuccia Barbiani - Mariuccia Grill .
Louise Rochat - Anita Eynard - Elena Pascal.
A qualcuno cominceranno
a fischiare le orecchie
Un gruppo della Lega femminile di
Torino:
Caro direttore,
desideriamo esprimerLe il nostro
più vivo consenso alla proposta « Dopo tante parole, un piccolo gesto »,
formulata sul n. 24 dell’Eco-Luce.
Ci proponiamo anzitutto di studiare questo problema, ricercando in particolare i rapporti che intercorrono
fra il nostro benessere e la fame del
terzo mondo, al fine di individuare le
nostre responsabilità, e le possibilità
di intervento politico per la trasformazione radicale di questo rapporto.
In secondo luogo accettiamo di im.
Una lettrice, da Genova:
Caro direttore,
leggendo l’articolo « Dopo tante pa.
role, un piccolo gesto » ho tirato un
sospiro di sollievo! Dio sia ringraziato. finalmente!
Certo non potremo fare cose molto
grandi ma questa iniziativa andava
presa e certamente il Signore ci aiuterà.
Non sono ricca, ma ogni qual volta
rinuncerò a qualche cosa che non mi
sarà necessaria, per esempio come dice
Lei saltare uno dei miei pasti settima,
nali, a dei giornali, a sigarette, lo farò
con gioia pensando a quanto per noi
ha fatto Cristo e sentendomi responsabile di fronte all'ingiustizia mondiale, airinsensibilità insita nei nostri cuori di fronte a tanti strazi.
Attendo con ansia di sapere ebe il
numero di persone che come me risponderanno alla Sua esortazione han.
no permesso di costituirci in associazione con l’E.P.E.R. o come Lei ci
indicherà.
Frattanto io inizierò immediatamente quanto ho deciso sopra e attendo di sapere a chi dovrò versare
quanto potrò mettere nel salvadanaio
riempito.
Grazie, direttore, e che il Signore
ei aiuti. Maria Alfieri e famiglia
Un lettore, da Torino:
Sig. direttore,
scusi se intervengo una volta anco,
ra per deplorare come la Direzione di
un giornale serio come « Eco-Luce »
non si preoccupi di cestinare una lettera come quella pervenutale da Palermo apparsa sul n. 24 dal titolo
« Il pensionato e i mamàma ».
E’ tale la pena che suscita lo scritto che non si riesce ad afferrarne il
succo. Per il suo estensore la proliferazione atomica per l’umanità sarebbe un bene, la ragione per cui ¡n Russia non vi sarebbero suicidi e non si
sciopererebbe l’abbiamo sentita dire e
ridire anche in Italia per un ventennio con le stesse identiche argomentazioni, ora basta! Che il mondo vada
a sinistra lo sappiamo tutti ma che
vada in modo da consentire ai pastori
delle nuove leve di essere, in armonia
con i tempi, anche atei, questa non
l’avevo mai sentita. Sorvoliamo poi
per carità cristiana sul riferimento
fatto molto a sproposito su Dio e Ce
sare e sul discorso fatto sempre a van
vera sui responsabili dello sfasciamen
to delle vetrine di Torino: ì respon
sabili non sarebbero i giovani in fer
mento, bensì i commercianti torinesi
in genere che con il loro comporta
mento li avrebbero — il nostro paler
mitano non spiega in che modo —
provocati.
Libertà dì stampa sì, ma libertà di
stampare e dare in pasto ai lettori tut
te le balordaggini ebe arrivano in Direzione, questo proprio no. Se andiamo avanti di questo passo non si stu.
pisca, signor direttore, se più presto
di quanto non si pensi, più di un let.
tore in coerenza con la propria coscienza sarà costretto, sia pure con
grande rincrescimento, a rinunciare
alla lettura di quello che un giorno
tu il più caro e bel giornale evangelico d’Italia.
Mi firmo per esteso e confido nella
pubblicazione integrale della presente.
Con i migliori saluti.
Riccardo Ricca
Una lettrice, da Torre Pellice:
Caro direttore,
mi permetta di dirle la mia meraviglia nel leggere nell’« Eco-Luce »
N. 24, la lettera del sig. Carlo Di
Blasi, vera apologia del comunismo.
Vorrei che detto signore — se potesse ottenere il visto d’ingresso in Russia — vi facesse un breve soggiorno.
Sono certa ebe al suo ritorno nella
nostra povera Italia, le sue idee sarebbero totalmente diverse.
Per me è inconcepibile che un cristiano — di fatto e non a parole —
possa esaltare il comunismo, sinonimo di ateismo. Credo che ogni Chiesa
cristiana ed ogni singolo cristiano abbia il compito di far conoscere l’Evangelo predicato dal Cristo nostro
Signore, affinchè il suo Regno si av
veri, astenendosi dal predicare idee
scristianizzanti.
Mi sembra lecito poi, di domandare se il giornale « Eco-Luce » — organo della Chiesa Valdese — è un
esponente di una data politica o se è,
come non mi sembra, un giornale religioso. Posso assicurarla, sig. Conte,
che come me la pensano molte altre
persone. La prego di gradire i miei
cristiani saluti.
Adele Rossi Marauda
Le ho già risposto, rispondendo la
scorsa settimana al fratello Loris Bein.
Sarebbe tempo che si distinguesse fra
impostazione socialista della società,
che non è certo di per sè più anticristiana di quella liberale, e ateismo
militante; e questo sia qui da noi,
sia, beninteso, nei paesi orientali. Circa l’indirizzo complessivo del giornale,
mi permetto di ricordare a Lei, come
ai vari scontenti che so esserci, che
il Sinodo Valdese l'ha sinora appoggiato nella sua maggioranza e che, in
coscienza, concepiamo il nostro lavoro redazionale come discepoli del Signore Gesù Cristo e non come quinte
colonne di alcuna ideologia. Nè si
può riprendere sempre daccapo il discorso sulla ’’politica nella Chiesa.
Fraternamente, Gino Conte
Erraia-corrige
Nel n. 21, nella « lettera al direttore » di Giorgio Bouchard, è sfuggito un errore tipografico : anziché
« quando si attacca uno scrittore » andava letto « quando si attacca uno
scritto ». Tanto perchè la modestia
dell’amico Bouchard non sia offesa.
7
28 giugno 1968 — N. 26
pag. 7
A Napolh Conferenza de! V Distreito
Una diaspora vasta e frammentata
che si sforza di operare comunitariamente
Chiesto alla Tavola di non ridui re le forze pastorali - Interesse concentrato sulla
diaspora abruzzo=molisana - Attività evangelistiche più vive che in altre zone d'Italia - Rivendicata l’importanza delle opere sociali della chiesa: investirne mag- ’
gicrmente le comunità locali e coordinarne l’attività
Si è svolta nei giorni 12 e 13 giugno
a Napoli in via dei Cimbri la Conferenza delle Chiese Valdesi del 5° Distretto per discutere ed approvare la
relazione della Commissione Distrettuale e per eleggere i 5 delegati laici al
prossimo Sinodo. Per votazione segreta ed all’unanimità è stata riconfermata, anche per il prossimo anno ecclesiastico, la carica di Presidente, Vice presidente e Segretario della Commissione Distrettuale del 5° Distretto
rispettivamente al Pastore Enrico Corsani, al Sig. Armando Russo, ed al Pastore Ernesto Naso. Quest’ultimo, predicatore d’ufficio, aveva preso lo spunto per una meditazione dall’Evangelo
di S. Marco 3 : vv. 14-14.
Prima di procedere all’elezione del
seggio di direzione della Conferenza —
che ha visto succedersi al tavolo della
presidenza il past. Salvatore Carco e
ring. Paolo Olivieri e, in qualità di segretario e vice il Past. Bruno Bellion
e l’Ins. Leonardo Casorio — il Pastore
Davide Cielo della Chiesa di Napoli C.
ha dato il benvenuto ai presenti dicendosi lieto di averli potuti ospitare, accennando solo di sfuggita alle difficoltà di carattere organizzativo. Ha tenuto particolarmente a voler presentare
alla Conferenza, le « personalità » di
altre denominazioni evangeliche di Napoli, i cui gruppi hanno tra loro, e con
la locale Chiesa Valdese, frequenti contatti di stud.io e meditazione, in un
tentativo sempre più intenso di meglio capirsi ed amarsi con spirito cristiano.
La presenza ufficiale della Tavola
Valdese nella persona del Past. Carlo
Gay, ha ancora una volta rassicurato
i presentì di quanto al « vertice » si sia
sensibili ai problemi delle comunità
del Sud che, per la loro dislocazione
ed esigenze particolari, hanno spesso
l’impressione di essere un po’ abbandonate a se stesse. « La presenza del
Pastore Gay in mezzo a noi — ha così,
presentato il Past. Cielo — è un apporto sicuro di garanzia di serietà dei
lavori che culmineranno in conclusioni
concrete ; garanzia che è dovuta ad un
perfetto impegno e ad una piena conoscenza dei problemi del nostro sud
per aver egli voluto prendere contatti
diretti con ngrii nostra comunità ».
Dopo la lettura della relazione della
•Commissione Distrettuale effettuata
dal suo presidente, Past. Corsani, il
Past. Gay si è detto meravigliato del
lavoro « molto bello » svolto e che solo
apparentemente può essere considerata una comune relazione, esprimendo un elogio ai relatori per lo spirito
comunitario con cui hanno impostata
l’attività di quest’anno e incitando a
proseguire su quella strada, non nascondendo i pericoli di inefficacia che
un lavoro isolato potrebbe provocare.
Purtroppo, si sa, i problemi materiali generali della Chiesa sono tanti e
nel desiderio di poterli risolvere nel
migliore dei modi, il più delle volte,
non per mancanza di volontà, ma forse per non sufficiente chiarezza di
e.sposizione, alcuni di essi passano in
secondo ordine e se ne rimanda la risoluzione, nelle « alte sfere », a « tempi migliori ». Perchè dunque non concretizzare le richieste alla Tavola
«bombardandola» di ordini del giorno?
In merito ad una viva apprensione
suscitata dalla notizia del trasferimento da San Giovanni Lipioni a Bobbio
Penice del Past. Bellion, apprensione
manifestata con vivo rincrescimento
dal delegato della Chiesa interessata,
Ins. Franco Monaco («i frequenti
cambiamenti danneggiano l’attività
della Chiesa; il Past. Vicentini s’era
ben inserito nell’ambiente sviluppan1. • con la sua attività evangelica la conuuiità locale; il Past. Bellion, degno
essere ne aveva potenziata l’attivita, ora, dopo un anno lui se ne va;
daremo l’impressione agli « avversari »
che anche con lui non andavamo d’accordo... ») è stato votato — con solo 5
voti contrari su 21 — il seguente ordine del giorno:
« La conferenza distrettuale, consapevole dei disagi che si creano
nelle Chiese con repentini trasferimenti che non consentono una continuità di lavoro, richiama l’attendella Tavola su questo probleni;!, raccomandandole di evitare di
operare trasferimenti che interrompano un lavoro felicemente iniziato ».
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La discussione sulla coordinazione
del lavoro nella regione Abruzzo-MoUse e sulle attività evangelistiche è stata una delle più accorate della Conferenza. Indubbiamente le difficoltà
presentate da un ambiente particolare,
dalla forte emigrazione, dalla configurazione naturale delle località stesse,
dalla mancanza di condizioni basilari
per un’attività efficace (quali ad es. telefono, strade asfaltate e, per fortuna
non più — da poco tempo però — dell’acqua corrente in casa), ostacolano,
se non pregiudicano il lavoro intensivo dei responsabili. « Con una formula
di ’’rotazione” i tre pastori dell’Abruzzo Molise hanno attuato un piano di
lavoro che ha veduto il Pastore di
Campobasso effettuare visite mensili
domenicali con attività varie (culti,
corsi di istruzione religiosa, lezioni per
i bambini della Scuola Domenicale, visite) a S. Giacomo e Guglionesi; ed il
Pastore di S. Giovanni Lipioni effettuare la stessa cosa a Vasto di settimana (anche se più particolarmente
per quanto riguarda l’istruzione religiosa ad un gruppo di studenti). Il Pastore Attilio Del Priore, con residenza
a Termoli, è restato tuttavia responsabile di quella zona ( S. Giacomo degli
Schiavoni, Guglionesi, San Salvo, Vasto) per quanto riguarda i culti, tutte
le attività normali, la cura d’anime ».
Data l’impressione determinatasi
che la Tavola voglia ridimensionare il
numero dei propri operai in questa zona, alTunanimità, la Conferenza ha votato il seguente secondo ordine del
giorno :
« La Conferenza Distrettuale, preso atto degli sviluppi della zona
d’Abruzzo Molise, richiede alla Tavola di non voler effettuare — almeno ancora per un certo numero
di anni — riduzione di operai che
può essere pregiudiziale per il progresso del Vangelo nella zona».
L’importanza del potenziamento delle attività evangelistiche, soprattutto
in un periodo di crisi di coscienza e di
impoverimento numerico dovuto ad
emigrazione è anche stata rilevata dalla Conferenza che — nella persona del
Past. Gay — suggeriva oltre che di
continuare secondo l’impostazione iniziata (conferenze, studi su possibilità
di sviluppi economici) di sfruttare la
competenza di elementi qualificati su
problemi di sociologia cristiana e di
emigrazione, al fine di offrire convinzione che tutti i problemi che investono le preoccupazioni delTuomo sono
preoccupazioni dell’intera Chiesa.
Sintomi dell’importanza che vanno
sempre più assumendo le opere sociali nella Chiesa è stato l’appassionato e
caloroso dibattito su questo argomento. La Conferenza non è d’accordo se
non in minima parte con quanto è
stato recentemente scritto sui nostri
giornali : « Le attività sociali come missione della Chiesa sono destinate a
fallire, perchè la gente non le sentirà
mai come opera propria, ma sempre
come opera di estranei nei suoi confronti ». « Questo però può essere vero
solo nella misura in cui saranno considerate ’’opere di estranei” da parte
della nostra Comunità, che in genere
le hanno ’’ricevute”, le credono alimentate solo da doni di gente lontana, se
ne servono, rifiutano una partecipazione nel servizio. Esse devono quindi
anzitutto essere sentite dalle nostre
comunità con loro opere; e se non è
possibile contribuire ad esse col denaro, è possibile farlo con una diretta,
personale partecipazione. È stato per
favorire questa partecipazione che a
suo tempo la Commissione Distrettuale ha chiesto ed ottenuto dalla Tavola
l’abolizione del comitato dell’Asilo di
Orsara, mettendolo sotto la diretta
responsabilità del Consiglio. Questo è
certo solò il primo passo, ma può costituire l’avvio ad una maggiore sensibilizzazione delle nostre comunità al
problema del servizio ».
Per ciò che concerne l’Asilo di Orsara, a giudizio del Pastore Teodoro Magri, esso non risponde alle esigenze del
paese, esigenza che verrà superata con
l’istituzione presso l’attuale Asilo della
« concorrenza » di un Asilo di stato.
Egli vedrebbe molto più volentieri
un’opera sociale quale l’esperimento
della maglieria di Cerignola, ideata
dal Past. Castiglione e realizzato con
l’amorevole cura della moglie; d’accordo con la signorina Fiorio — assistente sociale — un simile esperimento
contribuirebbe appieno all’evoluzione
sociale soprattutto delle giovani donne
le quali continuerebbero a vivere nel
ricordo di avere appreso un mestiere
in un ambiente evangelico.
« Non si deve giudicare l’opera sociale dall’inizio — risponde il Past. Castiglione — bisogna persistere, perchè
se l’Asilo di Orsara c’è, è perchè se ne
è sentita 1 esigenza. Ciò che si dovrebbe operare è piuttosto, la creazione di
una coscienza consapevole ed impegnata del consiglio di Chiesa e della
Comunità. Coscienza che si forma con
l’informazione, con il far partecipare
la comunità tutta dei problemi dell’Asilo, in modo che essa la senta
come ’’cosa” propria ».
Dopo aver fatto notare gli effetti positivi degli sviluppi delle opere sociali
nel meridione e l’inutilità di una decisione che abolisca quelle già esistenti,
il past. Naso dice tutta l’urgenza della
necessità che sia costituito un Comitato per le Opere Sociali, proposta
questa che trova l’unanimità nella
Conferenza per approvare il seguente
terzo ed ultimo ordine del giorno:
« La Conferenza Distrettuale, convinta della necessità di uno studio
e valutazione della Validità delle
opere sociali come servizio e testimonianza cristiani, invita la Commissione Distrettuale a stabilire
alla ripresa autunnale un incontro
di studio sull’argomento in vista
dell’istituzione di un Comitato di
coordinamento delle opere sociali
nel distretto ».
Dopo aver esaminato altri problemi
dì carattere particolare nelle singole
Chiese quali: uruoni giovanili, culti
domenicali e settiiiianali, scuole domenicali, unioni femminili, classi bibliche
e corsi di catechismo; la Conferenza
ha concluso cor: un esame delle finanze.
È con gioia che la Conferenza Distrettuale può comunicare che il 5“ distretto ha raggiunto l’obiettivo che gli
era stato indicato. «Lo sforzo di alcune Comunità è i.taio veramente notevole, e citiamo a questo proposito la
zona Abruzzo Molise particolarmente
deficitaria negli anni passati. Molte
Comunità hanno su;;jerato la cifra loro
richiesta (vedi It: sforzo ammirevole
della Comunità di Campobasso, che
ha superato di L. 84.750 la cifra fissa^
tale, realizzando un aumento di quasi
100.000 lire rispetto all’anno passato).
L’impegno delle Comunità è stato
notevole, se si tiene anche conto del
fatto che già entro il settembre 1967
ciascuna aveva contribuito alla suddivisione del deficit tìlsùf'èttuale relativo
all’anno 1966-67 (L. 230.000 che sono
anche state superate), e che nel corso
di questo anno si è stati invitati a
partecipare ad alcune sottoscrizioni
straordinarie (terremotati siciliani,
Vietnam, opere in memoria di M. L.
King) oltre ai normali impegni verso
le nostre istituzioni. Se non vi fosse
stato il forte calo della comunità di
Orsara e lievi diminuzioni in altre due
si sarebbe potuto mandare addirittura
L. 177.940 in più. Tuttavia siamo ugualmente di circa L. 70.000 al di sopra
della cifra stabilita.
Si rivolge un elogio a tutti i fratelli
che hanno preso a cuore la grave situazione della nostra Chiesa Valdese,
ma ricordiamo anche che siamo ancora lontani dal completo risanamento
del bilancio generale, e quindi sono
prevedibili altre richieste di aumento
per i prossimi anni.
Si è poi proceduto alla votazione
dei 5 delegati al prossimo Sinodo e sono stati designati i Sigg. Armando
Russo, Leonardo Casorio, Leonardo
Gattullo, Franco Monaco, Eliseo Loreto.
Dopo aver espresso il saluto ed il
ringraziamento al Past. Carlo Gay che
sarà prossimamente trasferito, la conferenza approva all’unanimità la relazione presentata dalla Commissione
distrettuale. Ci si permetta di concludere questa breve informazione con le
parole con cui si termina la relazione
stessa: Dobbiamo dunque ringraziare
innanzi tutto il Signore per quello che
ci ha dato, per quello che abbiamo
compiuto, ma dobbiamo anche ravvederci ascoltando la Sua esortazione:
« Ricordati dunque donde sei caduto e
ravvediti e fa le opere di prima; se no
verrò a te e rimoverò il tuo candelabro dal suo posto, se tu non ti ravvedi... Chi ha orecchio ascolti ciò che
lo Spirito dice alle Chiese. A chi vince
io darò a mangiare dell’albero della
Vita... » ( Apoc. 2: 5, 7).
Leonardo Casorio
Campo G.E.I. 1968
Il cristiano nella società di oggi
Direzione : Luca Zarotti (direttore); Giorgio Gardiol, Giovanni Papa (condirettori).
PROGRAMMA:
a) Prima Parte: VILLA SAN SEBASTIANO 4-9 agosto
— Escursioni turistiche : Parco Nazionale d‘Abruzzo, Camoscìara, lago di Scanno,
TAquila.
— Incontri colle comunità e visite all’opera evangelica della zona.
— Incontro col movimento operaio marsicano.
— Incontro sulla figura di Ignazio Silone.
b) Seconda Parte: ECUMENE 9-16 agosto
Sabato 10: «L’etica del Regno di Dio».
Domenica 11: « Rendete dunque a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio
(Luca 20 : 25) » (Esame del testo).
Lunedì 12 : « Presentazione e valutazione dell’atnbiente sociale ».
Martedì 13: «Presentazione e valutazione delle soluzioni contestative».
Mercoledì 14: «La testimonianza del Protestantesimo italiano nel XIX secolo».
Giovedì 15: «Prospettive di azione: adeguamento o rottura?».
E* prevista inoltre una escursione al « mare ».
Quote: Tutto il campo L. 21.000 più 2.000 di iscrizione — Solo Prima parte L. 10.500 più
1.000 di iscrizione — Solo Seconda parte L. 10.500 più 1.000 di iscrizione — Giornaliera per forme di partecipazione diverse da sopra: Prima parte L. 2.600; Seconda
parte L. 1.800.
Iscrizioni: Unicamente a Luca Zarotti ■ Via Montenero, 5 . 43100 Parma.
Importante: Per la « prima parte » il numero è limitato a 32. La direzione si riserva di sospendere le domande in eccesso, limitandone la validità alla sola seconda parte. Nella
eventualità di una tale decisione, ne verrà data tempestiva comunicazione.
Il Campo GEI di quest’anno si propone
di affrontare un problema che è stato ed è
ancora al centro di discussioni e talvolta di
polemiche : la presenza del cristiano nella
società di oggi.
Lo scopo di questa presentazione è quello
di indicare più chiaramente di quanto non
faccia un programma piuttosto succinto, le
lìnee che ci siamo prefissi di seguire in questa ricerca.
Ci riferiamo innanzitutto alla seconda par.
te del campo.
I temi iniziali (l’etica del Regno e l’esame
del testo di Luca) indicano la prospettiva se.
condo cui dovranno essere affrontati tutti gli
argomenti successivi e servono a definire gli
strumenti di valutazione. E questo perchè
non si abbia un confronto di opinioni, ma
il confronto delle opinioni con la Parola.
Seguirà la « Presentazione e analisi dell’ambiente sociale », in forma dì « testimonianze », col contributo cioè di espérienze e
documentazioni provenienti da diverse situa*
zioni ed orìgini.
Cogliamo anzi l’occasione per esortare tut.
ti quelli che intendono o intenderanno partecipare a prepararsi in particolare su questo
punto, in modo che si possa arrivare al risultato limite che ci prefiggiamo, che cioè
tutti portino il loro contributo, in ogni caso
prezioso.
Di fronte poi alla situazione sociale come
si presenta in particolare nel nostro paese,
assistiamo a prese di posizione contestative,
diversificate per prospettive e metodo, e che
formeranno l’oggetto dello studio successivo.
Dovremo infatti cercare di chiarire la nostra posizione di credenti nei loro confronti,
sempre guardando alle premesse teologiche.
Una volta esaminato il presente, e prima di
affrontare il futuro, ci rivolgiamo al passato
con uno studio storico sulla azione dì testimonianza del protestantesimo italiano nel
XIX secolo, in molta parte oggi dimenticata.
Esamineremo infine due vie che si prospettano oggi; da una parte radeguamento
(l’azione protestante vista come stimolo al
paese per adeguarlo al livello civile dei paesi
protestanti), dall’altra la rottura (la rottura
religiosa configurata come un momento della rottura sociale e realizzata attraverso una
nuova riforma, che non sia l’applicazione
della Riforma del ’500 ai giorni nostri).
Procedendo a ritroso, veniamo alla prima
parte. Si tratterà di approfittare in questo
periodo da un lato delle rilevanti attrattive
turistiche offerte da quella zona, e dall’altro
di prendere contatto con problemi e situa
FIRENZE
Il dentro Evangelico
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e stranieri che vengono a Firenze
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Desiderando informazioni sulle
Chiese e Opere Evangeliche, venite a trovarci o telefonateci
Risposte in italiano: tutti i giorni
feriali
Risposte m tedesco e francese: martedì e venerdì dalle 16 alle 18.
iiiiiiliiiiiMmiiiiiiMillimi
#1 22 giugno a Bobbio PeNloe
(lonvegiio leniminile delUsei'cito dülla Salvezza
E' sempre un grande privilegio partecipare ad un convegno deirE-sercito della Salvezza per ((nell'atmosfera di fede gioiosa e di
amor fraterno che fa veramente del bene.
Dove ei sono Salutisti, non vi sono barriere
sociali, vi sono dei fratelli, degli amici veri,
si canta con gioia, si prega con gioia, si
aiuta il prossimo con gioia qualunque esso
sia, cd in qualunque circostanza. Il 22 giugno a Bobbio Pellice, nella loro sede abbiamo sentito quell’atmosfera nelle preghiere,
nel canto, nelle testimonianze e nell'agape
fraterna offerta a tutti con grande semplicità. Il convegno è stato organizzato dai Ca
pitani Longo di Torre Pellice a cui esprimiamo la nostra riconoscenza.
Fra pochi giorni i locali di Bobbio Pellice si riempiranno di grida festose e di can.
ti: arriveranno dei bimbi da varie città
<1 Italia a cui ogni anno l’E.d.S. offre un soggiorno estivo ideale sotto ogni aspetto. Vi
sarà anche una ventina di bimbi di Torre
Pellice in parte mandati dalla Croce Rossa
ed in parte a richiesta dei genitori. Seguiamo quest'opera benefica colle nostre preghiere e col nostro aiuto.
Lina Varese
zioni concrete, che potranno contribuire a
non adagiarci in uno stato di levitazione intellettuale. Osserviamo ancora che verrà
quest’anno ripetuto Tesperimento della scorsa edizione del campo per (pianto riguarda la
preparazione dei culti, che verranno affidati
ad un gruppo di campisti assistiti da un pastore come esperto.
Concludiamo esprimendo Paugurio che
questo campo sia intero e si realizzi come
Un momento di vita comunitaria nella meditazione e nella ricerca.
Vedremo alla fine se queste saranno rimaste belle intenzioni.
Luca Zarotti
P. S. • Pubblicheremo quanto prima informazioni dettagliate sugli itinerari e sui
mezzi per raggiungere Ecumene e Villa
S. Sebastiano. A titolo indicativo diremo che
Ecumene dista da Roma 40 chìlmnetri e
Villa circa 130. Ci scusiamo per il limite*
imposto alla partecipazione aUa prima parte,
ma è stato dettato da necessità logistiche.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia del compianto
Emilio Jourdan
nell’impossibilità di farlo personalmente, riconoscente ringrazia tutte le
persone che le furono vicino colla loro
simpatia.
Un grazie particolare ai vicini di casa, al Personale dell’Ospedale Valdese,
al Pastore Sig. Sonelli, all’Unione Cristiana dei Coppieri e a quanti accompagnarono la salma all’estrema dimora.
Torre Pellice, 16 giugno 1968
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î>ag. 8
N. 26 — 28 giugno 196»
Notiziario Il proteslanlesímo francese e la crisi geliista
ecumen ico
a cura di Roberto Peyrot
LA SCOiVlPAftSA
DI DUE PERSONALITÀ'
Ginevra (soepi) — E’ mancato Z. K. Mat.
thews, già segretario per l’Africa della Divisione Aiuti e deU’assistenza ai rifugiati, del
CEC. Il decesso è avvenuto a Washington,
ove era ambasciatore del Botswana e rappresentante permanente del suo paese presso
le Nazioni Unite. Aveva 66 anni ed e stato
stroncato da una malattia cardiaca.
Anglicano, giurista, si trovava in hud
Africa, quando nel 1962 fu chiamato da
CEC e coUa sua nomina nacque il programma ecumenico di soccorsi urgenti in Africa.
In occasione della Conferenza mondiale
«Chiesa e società» del 1966 aveva redatto
a volume dal titolo: «La responsabilità dei
governi in un’epoca rivoluzionaria ». AU’assemblea di Upsala del prossimo luglio avreb.
be dovuto presentare il tema : « Le chiese di
fronte ai bisogni degli uomini ».
L’altra scomparsa è quella del pastore
F C Fiy presidente dei comitati esecutivo
e centrale del CEC. Nato nel 1900 in Permsylvania U.S.A., è stato presidente della
chiesa luterana unita dal 1945 al 1962. Diventava poi presidente della chiesa luterana
d’America, che riuniva quattro chiese luterane. Aveva dato le dimissioni dalla canea
a fine maggio, pochi giorni prima di morire, perchè « gravemente ammalato ». Avrebbe dovuto presiedere numerose sedute alla
assemblea di Upsala.
CHIESA E STATO
IN CECOSLOVACCHIA
Praga (soepi) — Nel discorso pronunciato
lo scorso mese davanti al consi^io ecumenico delle chiese cecoslovacche, M. Prokupek,
membro del segretariato per gli affari ecoksiastici del ministero della cultura e dell’mformazione, ha condannato apertamente la
discriminazione e le restrizioni amministrative imposte alle chiese durante gli ultimi
vent’anni. .
Egli ha affermato che le relazioni tra
chiesa e stato dovevano essere fondate sul
dialogo, la reciproca confidenza e sulla libertà democratica.
D’altro canto, in una dichiarazione pubblicata dal consìglio generale della chiesa
slovacca, l’ufficio centrale dei pastori e dei
professori della facoltà di teologìa chiedo^
una modifica della costituzione del pa^ m
vista di garantire la libertà di coscienza,
quella di religione e il diritto aU’inMgi^ento religioso nei riguardi dei bimbi delle famiglie cristiane.
La dichiarazione inoltre auspica 1 equiparazione degli stipendi pastorali a queUi dei
professori delle scuole secondarie e la completa riabilitazione dei pastori condannati in.
giustamente. ^ 7 rt '
Inoltre, la chiesa cèca chi^e « w uberta
di eleggere i nostri funzionari, la libertà di
stampa e di tutte le pubblicazioni che fayo-^
riscano un dialogo fruttuoso fra i cristìani
ed i marxisti, presupposto necessario alla
collaborazione nella comune opera a favore
delVuomo ». La chiesa, infine, desidera « il
diritto all’autodeterminazione ».
(segue da pag. 1)
to essenziale: quello di vedere il CEC rispondere oggi al medesimo Spirito che lo ha
fatto nascere, decenni or sono; non proseguendo la sua via come per Vaddietro, ma
dando pienamente la parola alle voci discordanti affinchè si facciano udire liberamente
all’interno stesso delle strutture del CEC.
Ut nf *
Poco prima di Pentecoste, il 25 maggio,
veniva diffusa una dichiarazione firmata dal
past. Jacques Maury, presidente del Consiglio nazionale della Chiesa riformata dì
Francia (ERF) e dal past. Charles Westphal,
presidente del Consiglio della Federazione
protestante di Francia :
« All’indomani di una tragica notte, l’ufficio del ConsigUo della Federazione Protestante francese ed il Consiglio Nazionale
della chiesa Riformata di Francia^
Affermano con forza che, donde vengano
e quali fte siano le giustificazioni appareu'
ti, le violenze non realizzano mai la giustizia. Ma, a sua volta, la pace si può stabilire solo attraverso la giustizia e la libertà.
Sta quindi a tutti coloro che hanno delle responsabilità nel nostro paese di rendere
noto, con atti adeguati, H rispetto di ognuno e la dignità di coloro che vengono privati di una responsabile partecipazione dalle strutture della società.
Le trattative ora in corso fra sindacati,
padronato e governo potranno avere un valore esemplare nella stessa misura con cui
si rivolgeranno verso le cause profonde della crisi in tutti i settori della vita nazionale, ivi compresa l’Università.
L’ufficio del Consiglio della Federazione
Protestante ed il Consiglio Nazionale della
chiesa Riformata di FFrancia:
— Scongiurano il Governo di rompere
l’ingranaggio delle violenze;
— Chiedono a tutti i manifestanti di
non distruggere, con gesti eccessivi, la speranza della loro rivolta in vista di una trasformazione radicale della società.
In questa prospettiva, i cristiani non
possono che prendere coscienza della loro
responsabilità e della solidarietà che li lega
a tutti ».
Un gruppo di pastori e di laici ha espresso il « rincrescimento » che tale messaggio
« sìa svalutato dal rifiuto di fare le indispen.
sabili distinzioni fra le violenze dell’oppressione e della repressione e la violenza liberatrice ».
Il 27 maggio si è riunito un colloquio pastorale della regione parigina; esso ha chiesto la costituzione di un gruppo di membri
delle comunità il quale riflettesse, il più pos.
sibile, i vari elementi della popolazione. Il
gruppo si è effettivamente riunito dal 29 al
31 maggio e ha preparato e diffuso, il 5 giu.
gno, il documento che pubblichiamo qui
sotto. E’ intere^ante notare la svariatissima
composizione del gruppo dei firmatari :
P. Bruneton, industriale - H. Capìeu, pastore - H. Cartan, professore . F. Castel, studente - D. Colomhani, studentessa - A. Dumas, professore di teologia . G. Eldin, economista - J. Granier, professore - C. Gruson,
economista - X. Michel-Jaffard, pastore
D. Ostre, operaio - C, Rothe, studentessa
L. Saint-Girons, caporeparto - R- Sautter, pa.
store. Ecco il documento:
I. La crisi è partita dalla gioventù e dal
mondo studentesco. Se questa crisi esiste oggi nel nostro paese, se vi si è diffusa con tale
rapidità, è dovuto al fatto che, qualunque ne
sia il punto di partenza nelle minoranze, essa
manifesta Vosistenza di una profonda rivolta.
In primo luogo la spontaneità di questo
movimento rivela una sete di esprimersi, di
condividere nella ricerca e nella responsabilità, un desiderio di aprirsi, di parlare agli
altri rompendo l’isolamento dell'Università.
Per molti di noi è stata ed è una liberazione
dai nostri silenzi e dalle nostre sordità. Questo movimento rivela pure il bisogno di spezzare le barriere fra intellettuali e manuali,
fra studenti e operai, di non accettare di essere oppressi da una società le cui gerarchie,
quando non lo sono per capacità ma per autorità imposta, separano gli uomini.
Infine, nella generosità e anche nella violenza di questo movimento scopriamo la ricerca di una società nuova in cui la giustizia
sociale e la libertà individuale possano seriamente coesistere. Perciò, secondo noi, questo
movimento non ha trovato il proprio modello nè in Occidente nè in Oriente. Cerca un
superamento, effettivamente non ancora inventato dagli uomini, nè studiato nelle sue
condizioni di esistenza economiche e politiche.
II. Su questa (-risi ^udehtesca si è innesta,
ta una crisi socude dovuta a parecchie cause
diverse: salari troppo bassi, determinate condizioni di lavoro, precarietà dell’impiego, insufficienza delle relazioni umane e delle garanzie accordate ai rappresentanti operai nei
rapporti fra coloro che comandano e coloro
che eseguono.
E’ stato l’incontro di queste due crisi, le
cui motivazioni sono in parte diverse, che ha
fatto straripare le contestazioni dei giovani
sull’insieme della società e trascinato la
Francia in una crisi, generale che il silenzio
e le gaffes del potere non hanno fatto che
accentuare.
Vi è nel mondo operaio come in quello
studentesco un bisogno di spezzare le barrie
re, un desiderio di partecipare alla responso
bilità della condona delle imprese. Conoscia
mo le considerevoli difficoltà evocate da que
sii termini: autogestire, cogestione, difficol
tà nell’organizzazione ¿el lavoro e di un’eco
■iiiimiinimiimiii
.iimiiHixmiMHH n
Echi della settimana
1
come
IL PERICOLO DEL FASCISMO
IN FRANCIA
•J. La parola « fascismo » è oggi corrente,
mente usata per indicare un regime d’autoritarismo e di violenza, che non sia soltanto
imposto dall’alto ma che derivi anche, e soprattutto, da una progressiva corruzione, e
meglio diremmo « perversione » della coscienza politica di larghi strati e categorie
sociali (non necessariamente «classi» nel
senso marxista) di una popolazione. Se questa
interpretazione dèlia parola « fascismo » e
corretta, allora ci senffira indubbio che il iaseismo tenda nuovamente a diffondersi in ta.
lune grandi nazioni cosiddette civili per es.
nella Germania Federale, negli USA ed i
Francia. Soprattutto in Francia, nazione che,
dopo i gravissimi avvenimenti del maggio
scorso, appare evidentemente «spaccata m
due ».
Un gruppo d’intellettuali francesi, fra
quali scienziati di fama mondale
L. Schwartz, C. Chevalley (Matematici),
A Kastler (premio Nobel della fisica), J. JVlo.
nod (premio Nobel della biologia), scrittori
come J. P. Sartre e Simone de Beauvoir ed
altri, consci del terribile pericolo, hanno firmato la seguente dichiarazione:
« Una repressione che assume le forme piu
diverse cerca oggi di spezzare il vasto movrmento che ha sollevato il mondo studentesco
ed il mondo operaio. Undici organizzazioni
associazioni d’estrema sinistra sono state
sciolte per decreto, in applicazione d uim legge del 1936. Dei militanti e dei semplici cifladini vengono arrestati, affidati alla polizia
politica, e rischiano punizioni per opera deiin Corte di sicurezza dello Stato. Numerosissimi rifugiati stranieri sono espulsi dalla
Francia, senza che venga loro riconosciuta alcuna possibilità di ricorso, alcun mezzo di
difesa. Già i lavoratori vengono colpiti da
sanzioni esclusivamente motivate dagli scioperi. Violenze fisiche vengono esercitate contro degli attivisti, rei di diffondere i loro volantini e le loro pubblicazioni. Una tale repressione deve, fin d’ora, incontrare la decisa opposizione del maggior numero di cittadini: in caso contrario, essa non potrebbe
che svilupparsi ancor più. Per questo i firmatari hanno preso l’iniziativa di costituire
un comitato per la libertà e contro la repressione, i cui obiettivi saranno i seguenti:
abrogazione del decreto di sciogUmento (s’ìn.
a cura di Tullio Viola
di
nomia redditizia. Ma crediamo che sindacati
e proprietari, soffocando questo problema,
mancherebbero la possibilità positiva racchiu.
sa nella crisi sociale attuale.
Gli operai presenti nel nostro gruppo ci
hanno soprattutto resi attenti alla loro volontà di trasformare il mondo chiuso e autoritario costituito dalla fabbrica, un mondo
in cui spesso regna la paura reciproca, e il
loro desiderio d’incontrare gli studenti. Essi
ci hanno trasmesso il testo che l’Equipe Ouvrière Protestante aveva redatto per questa
riunione, e che riproduciamo:
« Pensiamo che le rivendicazioni salariali
come quelle tradizionali sono sempre necessarie, ma oggi insufficienti. Come gli studen.
ti — ed è in questo che ci sentiamo solidali
— pensiamo che in causa è proprio il sistema politico ed economico.
« Le dimensioni date alla produzione nei
paesi industrializzati r'.metto::o in questione
non solo le strutture di distribuzione e di
scambio, ma anche le condizioni di lavoro e
le relazioni umane che ne derivano. Nelle
fabbriche e negli uffici, in tutte le imprese,
dev’essere cercato e istituito un nuovo ordine
di rapporti.
« Contestiamo quindi la onnipotenza della
sovranità padronale che, finora, deteneva in
modo esclusivo i poteH di decisione, di amministrazione e di sanzione nell’impresa. Rimettiamo pure in causa tutti i valori gerarchici fra superiori e inferiori, dai quadri ai
manovali; tutti sono indispensabili secondo le
loro capacità, e i più dotati devono essere al
servizio dei meno favoriti.
« Come gli studenti che vogliono costruire
''’un’università nuova”, vogliamo costruire
’’un’azienda nuova”, per preparare una società in cui la partecipazione e la responsabll’tà di tutti sostituiranno l’egemonia del
solo capitale ».
Gli economisti presenti fra noi hanno atti,
rato la nostra attenzione sul fatto che la nostra economia, malgrado i difetti delle sue
strutture e le frequenti insufficienze delle
sue tecniche di gestione, comprende un apparato di produzione che è al tempo stesso
relativamente efficace e molto fragile, a causa della concorrenza esterna assai intensa alla
quale è esposto. Quest’apparato di produzione
rischia di disorganizzarsi e di diventare incapace di garantire l’impiego, se subisce^
troppo rapidamente una pressione dei redditi
nominali sproporzionata alle possibilità della
sviluppo economico.
La società industriale e quella dei consumi sono state messe in causa, nelle ultime
settimane, la prima con le sue pressioni concorrenziali e i suoi ritmi di produzione, la
seconda con la sua produzione di oggetti spesso inutili, imposti dalla pubblicità. In pròposilo la gioventù vede più lontano del realismo a breve termine della nostra società
produttivistica. Ascoltiamo questa aspirazione che un manifestino esprimeva così: « La
rivoluzione borghese è stata giuridica, la rivoluzione proletaria è stata economica, la no.
stra sarà sociale e culturale ». E’ una questione di fondo. Varrebbe la pena, ci pare,
pagare la risposta anche con una certa diminuzione del livello della vita, in particolare
fra i privilegiati, se potessimo giungere a una
società meno opprimente e meno noiosa.
III. La crisi sociale innestata sulla crisi
studentesca ha scatenato una crisi politica.
Qui, secondo noi, le prospettive sono attualmente più chiuse. Stanno per tenersi delle
elezioni: auspichiamo che esse permettano a
tutti di esprimersi, sulla base di un’informazione diversificata. Ma temiamo tutto quello
che potrebbe accrescere e irrigidire una frattura del nostro paese in due campi, entrambi autoritari, rimasti non toccati dalla profondità dei problemi che abbiamo posto sopra; una frattura che esprima quindi uno
sterile affrontarsi di categorie sociali massic-ciamente inquadrate o massicciamente rifugiate.
Lo slancio di queste ultime settimane ci
pare abbastanza sincero e profondo da non
permetterci di accettare che sia dimenticato
o soffocato 0 anche solo annullato dalla forza
delle cose. Non vogliamo che la paura e forse la vendetta degli uni, Visolamento e forse
Vamarezza degli altri prendano il posto della
speranza scaturita in tanti giovani di tutte
le categorie sociali del nostro paese.
Questo documento è stato pubblicalo da
vari giornali protestanti francesi: potrà influire sul voto delFelettorato protestante francese? Ce lo auguriamo di cuore
“Concelebrazione eucaristica,, cattolico-protestante
Nella confusione parigina c’è scappato il pasticcio Liturgico
tende: delle organizzazioni o assooiazioni di
estrema sinistra, di cui sopra); cessazione^ di
ogni persecuzione conseguente alle manifestazioni operaie e studentesche di maggio e
giugno 1968; ritiro degli ordini d’espulsione
già impartiti contro i rifugiati stranieri; lotta contro ogni sanzione motivata dagli scioperi; solidarietà attiva con tutte le vittime
della repressione ».
{Da «Le Monde» del 21.6.’68).
TRA SALAZAR E PETAIN
Salve le (sila pur tenui) speranze che
lo scrutinio del 23-30 c. riserva, ecco un giudizio formulalo da Claude Krief suUa situazione politica francese (in un articolo dal titolo significativo : « Sotto l’occhio di Massu »,
pubblicato su «L’Astrolabio» del 23.6.’68):
« L’instaurazione di una specie di ’’salazarismo” alla francese è possibile; polizia,
esercito, borghesia ed una parte delle classi
medie si ritroveranno unite attorno all’apparato statale per la difesa del regime. La
cornice anticomunista imposta dalla maggioranza all’opinione pubblica, prepara psicologicamente un’evoluzione del genere. Il
ritorno in Francia di Georges Bidault e domani certamente di Jacques Soustelle (difensori dell’« Algeria francese»), la liberazione degli ufficiali anticomunisti compromessi nel ’’putsch”, l’ingresso in scena di
tutte queste forze politiche, spingono il cor■ so degli eventi nella medesima direzione.
Ecco che cosa si profila al dilà delle elezioni. Indubbiamente in De Gaulle non c’è
nulla del dittatore classico. Ma adesso che
si avvicina ai settantotto anni, si sta mettendo in moto un meccanismo pericoloso. Presto 0 tardi la lotta contro la ’’sovversione”
darà aU’esercito le leve del comando. I precedenti storici non mancano.
E' fatale che tutto ciò accada? Evidentemente no: grazie alle sue solide radici, la
democrazia francese ha ancora delle risorse.
Tuttavia non si può fare a meno di constatare quali siano i risultati paradossali della
mancata rivoluzione di maggio. Il partito comunista è isolato. Ed è in regresso la unità
della sinistra”,, cioè l’alternativa democratica al governo di Georges Pompidou. Tali
conseguenze si fanno già sentire al livello
dell’apparato statale. Gli elettori le conferme
Nella confusi -ae ‘delle scorse settimane
francesi, c’è scarnato anche il pasticcio liturgico. Forse i rettori ricorderanno la critica che avevami^ mossa, alcuni mesi or sono, a una singolare messa-culto concelebrata da, cattolici e ^roiestanti in un villaggio olandese. Dobbiamo fiprenderla, quella
critica, con rinnovata ■.iecisione.
Dopo essere stati insieme, accanto agli
studenti e agli operai, nelle stade di Parigi protestando contro il regime gollista,
un gruppo di cattolici e protestanti il gior,no del.a Pentecoste ha tenuto, in un appartamento privato, una « concelebrazione
eucaristica ». 11 breic culto si componeva
del canto di un salmo (il 62), della lettura
di un passo degli Atn degli apostoli, di una
preghiera d’intercessmne centrata sugli avvenimenti politici francesi, e di una « concelebrazione eucarisrea » nel corso della
quale i partecipanti si sono passati a vicenda
il pane e il vino; è seguito un pasto in
comune. La caratteristica di questo servizio
d’intercomunione è stata data da un lato
dalla qualità di molti partecipanti — fra i
protestanti segnaliamo un teologo e un filosofo ben noti come il prof. Georges Casalis
e il prof. Paul Ricoeur, dall’altro dalla
« pubblicità » dell’avvenimento ; infatti era
stata inviata aH’arcivescovo di Parigi, Marty,
e al past. Westphal. presidente della Federazione protestante di Francia, questa dichiarazione:
« Fratelli,
in questa festa di Pentecoste 1968, sessantun cristiani, cattolici e protestanti, laici,
preti e pastori, si sono riuniti per ascoltare
insieme la Parola e dividere il pane e il
vino eucaristico.
Da anni, e specialmente in queste ultime
settimane abbiamo partecipato insieme alle lotte politiche verificando in esse la portata rivoluzionaria dell’Evangelo. Coscienti
della nostra profonda comunione di fede,
siamo stati spinti a celebrare con un segno
comune i nostri numerosi incontri tra gli
operai e gli studenti in lotta per la libertà:
era necessario vivere questa festa della comunione universale in azioni di grazia e di
speranza e di farlo insieme, non separatamente. Si tratta di un inizio: la battaglia
per la giustizia continua. Solidali con tutti
coloro che la conducono, annunziamo la
morte e la resurrezione del Signore che è e
che viene.
Non intendiamo con questo gesto separarci dalle rispettive comunità. Sappiam che
la vera unità dei cristiani supera oggi !e
barriere confessionali: essere stati insieme
nelle lotte passate e recentemente nelle strade di Parigi ci ha fatto procedere verso
l’unità molto più che gli incontri ecumenici
intorno al tavolo delle discussioni teologiche.
Non sappiamo se saremo chiamati a ripetere questo atto del quale vi informiamo
immediatamente non desiderando nè il clamore pubblicitario, nè la clandestinità.
Nella gioia delia Pentecoste i vostri fratelli vi salutano ».
di
Mentre non abbiamo ancora notizia
prese di posizione protestanti, l'arcivescovo
Marty ha risposto con un'ampia lettera,
pubblicata su « Le Monde », con commenti agrodolci del noto corrispondente conciliare Henri Fesquet e ripresa pure dalla
stampa italiana ; una lettera ferma e pacata
che riconosceva la purezza delle intenzioni
ma giudicava il gesto inaccettabile. Su « Réforme » il prof. Paul Ricoeur ha cercato di
spiegare ;
Ho partecipato alla concelebrazione eucaristica che ha riunito una sessantina di
cristiani, cattolici e protestanti, chierici e
laici, la sera della Pentecoste 1968, ed ecco
la mia interpretazione dell’avvenimento.
Non c’è dubbio, quest’atto costituisce una
« trasgressione » nei confronti di un interdetto che ha ragioni molto forti e perfettamente note a tutti i partecipanti. La questione è di sapere se, infrangendo quest’interdetto, la comunità raccolta ha fatto avanzare la riunione del popolo di Dio che si
cerca con sofferenza fra le membra sparse della cristianità in rovina. Vi sono « trasgressioni » che semplicemente distruggono
e altre che distruggendo, edificano. Ho creduto che questa fosse costruttiva. Ecco su
quali segni baso la mia convinzione.
Anzitutto, questa celebrazione non era
stata, a rigor di termini, deliberata e voluta
da un volere che fa violenze. Era stata data dall’evento, cioè da un’azione scaturita
dal medesimo Evangelo e che ne verificava
la portata rivoluzionaria per il nostro tempo. Anzi, non era soltanto l’evento — la
« rivoluzione di maggio » — ma il mondo
che ci permetteva di essere riuniti: il mondo, nelle persone di quegli studenti e di
quegli operai a fianco dei quali ci eravamo trovati, per ragioni diverse, durante
questo mese straordinario; ponendosi come
terzo termine fra le nostre confessioni, essi
gettavano il ponte che le nostre teologie e
le nostre ecclesiologie non avevano ancora
costruito. Così ¡’Eucaristia poteva coronare una comunità autentica che aveva preceduto la celebrazione. A sua volta si metteva ad esistere, come un gesto gettato davanti a noi, prima che le nostre teologie fossero in grado di tracciarne i contorni teorici.
Ma non vanno forse così, le cose? Una comunità nasceva; avanza, a colpi di gesti arrischiati; essa sfonda, poi il teologo riflette
e interpreta...
Secondo segno: la liturgia di questa concelehrazione non innovava affatto; radicata
nel suolo più antico, nutrita dal tronco comune della patristica, rifletteva davvero le
nostre tradizioni, quella della Chiesa cattolica romana e quella delle Chiese della Riforma. Nulla poteva quindi accreditare la
idea che stesse nascendo una ’’setta” aggrappata a qualche nuova teologia o ecclesiologia. Al contrario, tutto in questa celebra^¡one — e in primo luogo la consacrazione pronunciata in comune da questo frammento del popolo di Dio, sacerdoti, pastori
e laici, tutti insieme — tendeva a ricollegare ogni celebrante alla sua comunità d origine.
Altro segno: i partecipanti non hanno voluto che la loro riunione rimanesse clandestina; avvertendo le rispettive^ autorità, hanno creato una situazione più .sana di certe
cerimonie d’intercomunione piaticaie qua e
là. in Europa e in America, nel silenzio
prudente e complice al tempo stesso delle
autorità ecclesiastiche. Questa volta le autorità sono informate, il problema è posto
apertamente; si può sperare che attraverso
la lotta del prò e dei contro si farà strada
una risposta suscettibile di essere fatta propria da tutti.
Si obietterà che il prezzo da pagare e caro: era lecito scandalizzare dal di dentro,
non soltanto le anime abituate alla divisione, ma più ancora quelle che ne soffrono
nell’ubbidienza? Questa è l’obiezione più
grave, per me. Eppure meno grave della
preoccupazione che abbiamo avuto di fare
un atto leggibile da parte di quelli di fuori.
Intendo tutti quelli che non sono fedeli del
le nostre assemblee e soprattutto quelli checi hanno abbandonato in silenzio, perchè le
nostre lentezze li esasperavano e la nostra
stessa obbedienza li scandalizzava. Alloro
abbiamo pensato che il segno offerto così
a questi, che sono anch'essì il popolo di
Dio, valeva il dispiacere procurato a quelli
di dentro e anche la tristezza inflitta alleanime non ’’habituées” ma pazienti. Già,
dopo questa Pentecoste, ci è giunta un’eco
favorevole dalla periferia della Chiesa. Non
è il segno più prezioso? Quello che ci dice
che bisogna talvolta rattristare i fratelli rimasti a casa perchè ¡’Evangelo sia ascoltatcr
dai fratelli che s’immaginano di averla lasciata? Paul Ricoeuk
Permettete, fratelli, che vi diciamo quel
che pensiamo; non è TEvangelo, non è il
sacrificio di Cristo che vi ha uniti, è la letta studentesca e operaia; non è Pentecoste
che vi ha uniti, è stato « questo mese straordinario ». Ce lo dice ben chiaro il prof.
Ricoeur; è siate il mondo, il mondo degli
studenti e degli operai a gettare fra le confessioni il ponte che le teologie non hannosaputo costruire. Quando ci dite ; « in questi giorni, stando insieme con gli operai e
con gli studenti, abbiamo progredito verso
l’unità molto di più che con gli incontri
ecumenici e le discussioni teologiche ». vi
chiediamo; verso quale unità? Poiché ci
dite di essere « coscienti della nostra profonda comunione di fede », vi chiediamoconto della vostra fede: Che coslè stato più
importante per voi, in questa Pentecoste;
la comunione con il Signore o con i compagni di lotta? Anche se sembrate identificarle, ci sembra che dalla vositra dichiarazione traspaia la seconda più che la prima
alternativa; il pasticcio liturgia in questocaso ha acquistato una dimensione politicosociale, ma è rimasto un pasticcio. Ripetere, sia pure tutti insieme, le parole della
« consacrazione » (? come può un riformato
usare questo termine?) non significa null’altro che fare una gran confusione. Così come
fa confusione « Nuovi Tempi » intitolando« Cattolici e protestanti celebrano la Santa
Cena dopo aver manifestato insieme a studenti e operai » ; cattolici e protestanti, ne la misura in cui sono tali gh uni e gli altri, non hanno celebrato e non possono celebrare insieme la Santa Cena non perchè
papà moderatore non vuole e mainma ortodossia nemmeno, ma perche quello che e
Santa Cena per gli uni è Eucaristia per gh
altri; e mentre gli uni mangiano con Cristo, 'gli altri mangiano Cristo (preghiamo
tutti di considerare come anche quest’anno,
pontefice in testa, è stato celebrato il Corpus Domini). Ed è sconcertante che quello
che tanti semplici credenti delle nostre ch'ese vedono chiaro come il sole (ah, certo,
non sono quelli della periferia...), sta un
po’ obnubilato nella coscienza persino dt
docenti universitari. Qualora poi ci si venga
a dire che quei cattolici concelebranti non
credono a Gesù sacramentalo e celebrano
proprio la Santa Cena, allora la si finisca
di parlare di concelebrazioni e di intercomunione, e sia permesso di chiedere a quei
„ cattolici » un po’ di chiarezza e di coerenza dicendo — è proprio il caso di dirlo
__ pane al pane e vino al vino; restare,
dopo aver celebrato questa Cena di
coste, in un cattolicesimo che celebra il Corpus Domini significa, volutamente o involontariamente, tenere il piede in due staffe,,
come avvertiva rudemente Elia. E 1 avvertimento vale anche per molti protestanti.
Gino Conte