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Anno 112 - N. 45
28 novembre 1975 - L. 150
Soedizione in abbonamento postale
I Gruppo /70
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(Mk valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
LA QUINTA ASSEMBLEA DEL C. E. C.
NAIROBI : un test ecumenico
La Riforma protestante è destinata a sparire nel grande
mondo ecumenico?
E’ stato molte volte detto che il Movimento Ecumenico dal 1948 al 1966 è stato retto da una teologia riformata ma da
allora è sempre più ispirato dalla linea
cattolica non romana e le linee culturali
liturgiche sembrano prevalere su quelle
biblico-profetiche.
La domanda, che non deve lasciarsi
soggiogare da valutazioni soggettive è la
seguente: là Riforma ha ancora qualcosa da dirci oppure l’era ecumenica sta
per liqudarla e con che cosa s’intende
sostituirla? Quale confronto esiste validamente fra riforma e ecumenismo?
La Riforma è stata definita con le formule esclusive: sola fede, sola Scrittura,
sola grazia, solo Cristo! Karl Barth ha
definito la Riforma una « decisione » e
questo vuole dire una diminuzione dell’orizzonte fino a trovarsi davanti ad
una strettoia, che non permette di avanzare se non attraverso quella strettoia
stessa. Si lasciano le vaste pianure
deH’umanesimo, dove si è colpiti dalle varietà delle culture, che l’uomo sa creare
per vivere e lasciarsi vivere e ci si avvia
verso l’impervia montagna dove le strade si fanno strette e le vie obbligate: le
le vie del Sinai e del Golgota: la via stretta, la porta angusta.
Se questa è l’opzione, che la Riforma
ci offre quale è la nota principale dell’ecumenismo? E’ questa nota completamente o in quale misura antitetica all’opzione « partigiana » della Riforma? Doveva pure venire la fine della scelta « eretica» che per definizione viene squalificata
dal buon senso comune come esagerata
ed eccezionale e all’ardua salita doveva
corrispondere una discesa, sempre meno
ardua e meno pericolosa verso i verdeggianti pascoli àell’altipiano o della pianura.
La via « ecumenica » sarebbe, si è detto, la via del grande ritorno. Se la Riforma può essere paragonata ad una strettoia o scelta l’immagine per designare
l’ecumenismo può essere quella di una
grande piazza, di un grande foro, di un
areopago, dove si arriva da tutte le parti,
dove si apprende quello che c’è di nuovo.
E su quella piazza ci si riconosce nonostante la diversità dei vestiti, si discute
animatamente amichevolniente, ci si avvia verso un centro di dialoghi o verso
una mensa comune, o verso un inercato,
dove ci si confronta, ci si scambia esperienze, ci si confonde, perdendo tutti un
po’ della propria identità. E’ il grande ritorno verso la « cattolicità, universalità », verso una forma « più estensiva »
meno « esclusiva » che tiene conto dei
Greci e dei Giudei, degl’ignoranti e dei
savi, del barbari e dei raffinati, del progressisti e dei conservatori.
NON E COSI’?
Questa presentazione deformata dei
due fronti. Riforma-Ecumenismo non ci
è permesso accettarla né in una contrapposizione né tanto meno in una supposta
composizione. La Riforrna non ha esaurito la sua scorta di armi spirituali, né il
Movimento Ecumenico va necessariamente verso una qualsiasi grande piazza dove
si contratti una qualsiasi unità in Cristo.
Questo non vuole dire che l’Bvangelo
non vada proclamato ed_ ascoltato nelle
piazze, dove gli uomini s’incontrano, convergono e divergono in uno scambio continuo di esperienze e di confronti. E la
piazza può essere anche un luogo di ricerca della unità in Cristo. Nairobi sarà
una di quelle ^andi piazze, dove converranno Africani, Asiatici, Sudamericani ed
Australiani, figli delle chiese della missione e dell’evangelizzazione, figli di vecchie tradizioni o di nuove esperienze,
desiderosi non tanto di confondere tutte
le bandiere quanto di percepire la voce
del Signore.
Non per nulla il grande tema « Cristo
libera ed unisce » risuona sulla piazza
movimenti giovanili e non lo si può convogliare verso un grande ospizio di vecchi da consolare.
Senza sincretismi, né ritorni Narobi sarà una delle tante piazze (dopo Amsterdam, Evanston, Nuova Dehli, Upsala)
nella quale i delegati delle molte chiese
si lasceranno interrogare dal Cristo, che
unisce e libera, compiendo quotidianamente la Sua promessa : « quando io sarò
innalzato, trarrò tutti a me » (Giov. 12 :
32). Nessuno pensa che il cammino della
cristianità sia un cammino facile, perché,
se è autentico, non può che essere una
via « sotto la croce ». Vi saranno timori
giustificati nei confronti di deviazioni
Il dialogo ed il
confronto tra cristiani e non-cristiani prosegue e
si allarga.
del mondo come messaggio liberatore,
ma anche come indice di una volontà ed
una speranza: quella di essere sensibile
al travaglio ed alle speranze di una umanità, che avverte come non mai che si
tratta della sua sorte come tutti e come
singoli, della quale oggi si giocano le
grandi ipotesi. Il Movimento Ecumenico
è nato nelle vaste zone missionarie, nel
confronto con i messaggi deUe religioni
mondiali, è nato nelle università e nei
dall’Evangelo, vi saranno seduzioni non
facili ad essere respinte, non mancheranno tentativi di strumentalizzazioni da
parte delle potenze politiche, economiche,
8 religiose ». Ma la promessa di Dio verso il Suo popolo non verrà meno. Per
questo anche Nairobi potrà essere un
momento di grazia per la chiesa e per il
mondo. E questa è la nostra preghiera.
Carlo Gay
ARIA DI ROMA
Il pontefice
più romano che mai
Chi eleggerà il prossimo papa? E in che
modo avverrà l’elezione? Lo stabilisce un
recente documento pontificio dal titolo
« Romano Pontifici eligendo » promulgato
da Paolo VI il 1” ottobre scorso e pubblicato su « L’Osservatore Romano » del 14
novembre. Si tratta di un documento ampio e minuzioso in cui vengono fissate le
norme generali, i dettagli procedurali e
per così dire l’intera liturgia deU’elezione
del pontefice.
C’era una certa attesa per questo documento: lo stesso Paolo VI, nel concistoro segreto del marzo 1973 aveva accennato a una possibilità di « riforma » del conclave (l’organo che elegge il papa), con
l’eventuale immissione dei patriarchi cattolici orientali e dei membri del consiglio
della segreteria generale del Sinodo dei
vescovi. Ci si aspettava, in sostanza, una
riforma che rendesse il conclave un po’
meno romano e un po’ più « cattolico »
( = universale), cioè più rappresentativo
della chiesa cattolica nel suo insieme:
non più soltanto i cardinali — si pensa
va — ma anche i patriarchi rappresentanscovi rappresentanti l’episcopato mondiale avrebbero fatto parte deirorgano elettivo del pontefice romano. Il papa sarebbe così stato eletto, sia pure simbolicamente, da tutta la chiesa cattolica.
Queste attese sono andate deluse. Il
conclave non è stato modificato e continua
ti del cattolicesimo orientale e alcuni vea essere il collegio dei soli cardinali. Il
suo carattere di organo ecclesiastico romano non è stato neppure lievemente attenuato, al contrario è stato riaffermato
con insistenza e per ragioni fondamentalmente dogmatiche. L’ipotesi di una sia
pure tenue « de-romanizzazione » del conclave è caduta. La sua « riforma » è stata
una Controriforma. L’unica modesta novità è che il numero dei membri del conclave è stato allargato a 120.
Perché s’è voluto consapevolmente
mantenere e quasi sottolineare il carat
(continua a pag. 3)
Paolo Ricca
chiamati
alla vita
ESODO 33: 12-16
Qui Mose è l’uomo di fronte alla sua vocazione.
La vera lotta dell'uomo non è
tanto quella per la vita quanto
quella della sua vocazione.
Spesso abbiamo l'immagine di
Mose come dell’uomo forte che
affronta il potente Faraone, le rivolte del popolo, i popoli nemici
con forza e fermezza, qui itivece
viene presentato come colui che
riconosce la sua incapacità e sa
che non può andare avanti e non
può nemmeno indietreggiare.
Il colloquio con Dio avviene in
una situazione drammatica: il popolo si è abbandonato all’idolatria
e Mose è stanco. Eppure, consapevole della missione che gli è stata
affidata, apre il suo cuore a Dio e
a Lui chiede aiuto:
« Deh, fammi conoscere le tue
vie ». E Dio parla a Mosé « come
un uomo paria con il proprio amico » e gli dice: « La mia presenza
andrà con te e ti darò riposo ».
Ed è con questa parola che Mose
continuerà il cammino superando ogni lotta interna ed esterna.
A noi oggi la presenza del Signore è assicurata in Cristo ch’è
con noi nei secoli dei secoli:
a) per poter compiere la nostra vocazione cristiana, per poter superare la nostra debolezza e
dinanzi agli ostacoli della vita non
indietreggiare anzi affrontarli e
superarli.
Certo non è facile vivere la nostra vocazione e solo chi ne è veramente cosciente sente tutta la
sua debolezza. Ma è la sua presenza che ci fortifica.
b) per ricevere « riposo », non
nel senso che ci saranno risparmiate pene e sofferenze trascorrendo una vita pacifica, serena
(tutti sappiamo che la realtà è
ben altra), ma nel senso che nell’Amore di Dio non c’è paura bensì perdono. Nel senso che Egli
prende in mano la nostra causa e
ci fa partecipi della sua vittoria.
Noi non saremo soli nella misura in cui ciascuno di noi prenderà coscienza della propria vocazione, delle possibilità di grazia
che la presenza di Dio il Padre ha
stabilito nella nostra vita il giorno in cui ci ha chiamati dicendoci
« Seguimi ». A. Bertolino
IN QUESTO NUMERO
■ In memoriam
di P. P. Pasolini 2
■ Intervista a Laura Ni
sbet 3
■ Nairobi: 3° sessione 4
■ Dalle nostre chiese 5
■ Cronaca delle Valli 6>7
2
2
28 novembre 1975
a ooUoquio
con / lettori
Dal lettore Elio Giacomelli riceviamo
MWdz lettera che per la sua ampiezza non
et è possibile pubblicare ma che solleva
un problema degno di menzione. Facendo
riferirnento ad una trasmissione mensile
della ben nota rubrica «Ascolta si fa sera» egli nota che con i fratelli separati si
agisce oggi molto democraticamente ma
pur sempre con l’incallito intento di prendere nella rete gli acattolici... ciò che lo
sorprende è che in questa rete sembra
impigliarsi il protestantesimo o parte di
esso... In quella trasmissione infatti il pastore Sbaffi non ebbe che pochi minuti
durante i quali poté appena chiarire che:
« per il protestantesimo il papato non è di istituzione divina », non apportando nessun confronto biblico tranne in un secondo tempo opporre al primato papale rammonimento paolinico
« nelle contese appellatevi aUe chiese ».
Perciò partecipare alle strondtazzate riunioni
« ecumeniche », collaborare in altri modi antiscritturali, altro non vuol dire che avvalorare in
pieno ciò che porterebbe il Cristianesimo sempre più lontano da Cristo, unico fondatore e capo delia chiesa autentica.
e sottolineando che le chiese sono le adunanze, il nostro lettore conclude:
Pure se anche il protestantesimo, dal quale del
resto scaturì la scintilla dell’ecumenismo, sente
d dovere di apportare la sua benefica testimonianza mandando i suoi rappresentanti alle manifestazioni... come quella in parola della radiodiffusione perché permettere che un solo esponente, come il citato caso del pastore Sbaffi, resti
cucoscritto o ‘hmitato, al più a dire quattro parole, talvolta messe in ridicolo, anche se troppo
chiaro nei suoi succinti argomenti, ma coartati
dalla limitatezza dèi tempo concessogli, perfino
sovente ignorato a quale chiesa appartenga? Perciò, concludendo, continuare su questa strada
mi sembra risulti del tutto controproducente e
nocivo alla causa di Cristo.
Impegnato nella difesa del "patois", il
nostro Gustavo Bouchard ha con il suo
ultimo scritto sollevato un grosso vespaio
decretando in quattro e quatr'otto che il
piemontese è un dialetto! Da Gustavo Burat de « Ij Brandé » ci giunge pronta la
rettifica, di cui diamo questo estratto significativo:
Mentre i modelli consumistici della società
borghese, radicata nell’humus clerico-fascista, ci
stanno travolgendo, mi pare quanto mai bizantino disquisire sulla distinzione ’’lingua-dialetto”,
del resto ormai superata in glottologia.
Ad un corso di aggiornamento per insegnanti
liceali a Lecce, dove ho avuto la fortuna d’averlo collaboratore, Pasolini aveva detto (e ciò è
ancora inedito^ ; « 'Fino a ieri, il problema del
dialetto ed il problema del rapporto con la cultura della classe dominante era di due tipi: o di
carattere archeologico, filologico, conservatore
(raccolta di canti eoe.) oppure era di carattere
progressista in senso retorico della parola, presupponendo la realtà immutabile delle classi popolari e del rapporto dialettico tra cultura popolare e cultura borghese. Oggi, siamo usciti da
questi due modi di pensare, proponendo qui un
hai rinnovato
i’abbonamento?
modo nuovo : non essere né archeologici, cioè
conservatori anche nel senso buono della parola,
né progressisti nel senso retorico del termine,
prendendo coscienza che il dialetto non è più
quello di dieci anni fa, ma può essere quello
del calabrese a Torino; prendendo coscienza che
i fenomeni dialettali sono del tutto diversi, e che
in tal senso sono rivoluzionari. I giovani che vogliono usare il diletto lo fanno perché anche a
loro è arrivato, non con estrema consapevolezza
ma esistenzialmente, la necessità di lottare contro un nuovo fascismo che è l’accentramento linguistico e culturale del consumismo ». Una « resistenza », dunque, nella quale « patois » e « dialetto » rivoluzionariamente ponendosi come « lingua occitana » e « lingua piemontese » sono alleati contro il comune nemico, e per la quale la
la sensibilità valdese può dare una testimonianza, generale, che è una volta di più, insegnamento.
Il sig. Luzzani di Milano è stato spiacevolmente colpito da una frase della settimana internazionale e ne chiede ragione
al direttore in quanto pastore valdese.
Franco vi era qualificato « ultimo infame
dittatore in Europa » e della sua morte
si diceva che era « attesa di giorno in
giorno da tutto il mondo ». Come credente non mi sono rallegrato della morte di
Franco perché ci si rallegra della conversione di un uomo non della sua fine, ci si
rallegra della libertà non della morte,
penso perciò che T. Viola intendesse solo
dire che la morte di questo personaggio
era una notizia attesa da un momento all’altro; sarebbe ingenuo chi stesse a vivere sulla agonia di un dittatore pensando che risolve tutto.
In memoria di P. P. Pasolini
Non riesco, a tre settimane dalla sua
scomparsa, a scrivere di Pier Paolo Pasolini senza sentirmi come colpito da una
sensazione di ^sagio morale. Quasi nel
timore di aggiungere « profanazione a
profanazione », « empietà a empietà », di
fronte alla morte di un uomo al quale,
dopo le umiliazioni subite durante la vita, non è stata risparmiata in occasione
della tragica fine, una sorta di grottesca
cornmedia apologetica inscenata da una
schiera di più o meno noti personaggi del
mondo culturale e politico italiano.
Amarezza
La vita e la morte di un uomo sono cose
troppo serie per fame oggetto di esercitazioni retoriche. Eppure anche in questa, come in altre dolorose circostanze,
gli « intellettuali di pronto intervento »
non sono mancati alì’appuntamento. Di
questo ha scritto Valerio Riva sull’« Espresso » del 16 novembre; non è quindi
mia intenzione soffermarmicisi più di
quel tanto che basti per testimoniare una
profonda amarezza. Amarezza, non certamente stupore. L’irriverenza di fronte alla morte e alla tragedia è dato normale
in una società in cui anche la solennità
dell’ultimo momento della vita terrena
è ridotta a oggetto di morboso e interessato consumo.
È in questo contesto sociale e di costume che la stessa personalità di Pasolini va inquadrata per poter essere meglio compresa nella sua disperata e contradditoria ricerca di autenticità e di verità: una ricerca che, se da una parte non
poteva altro che fallire, e vedremo perché, dall’altra merita tutto il nostro rispetto di credenti e di militanti impegnati nel tentativo di costmire una società
qualitativamente diversa, che abbia a
reale fondamento la persona umana come valore.
Poeta ed intellettuale populista
Pasolini ha sviluppato la sua ricerca
poetica ed intellettuale secondo una rigorosa coerenza populista. È in questa
coerenza la sua originalità e il suo limite, soprattutto di intellettuale. Ma cosa
significa la definizione di « populista »?
Populista è chi ritiene di ravvisare nel
popolo e negli umili (è il caso di Pasolini) tradizioni e valori incontaminati e
positivi di contro alla corruzione e amoralità borghese. Storicamente la contrapposizione di « popolare » e « borghese »
ha assunto caratteristiche talora retrive,
talora rivoluzionarie, più spesso variamente mescolate. Ed è questo il caso di
Pasolini, appunto. Per vicende di tipo
personale, la pubblica denuncia della sua
« diversità », la passione populista di Pasolini si trasferì presto dal mondo idealizzato dei contadini friulani delle prime
poesie al sottoproletariato delle borgate
romane, in una generica simpatia per i
popoli contadini del terzo mondo; una
simpatia vastorica espressa in immagini
semifr« più irreali, ormai prive anche del
soffio della poesia, belle di una fredda intellettualistica bellezza, come nel *« Fiore
delle mille e una notte ».
La borgata romana
Il mondo delle borgate romane, che
Pasolini ha lungamente e meticolosamente esplorato cercando di viverlo dall’interno e stringendovi rapporti di amicizia
destinati in alcuni casi a esprimersi, per
talento artistico, anche in diretta comunanza di lavoro (valga per tutti l’esempio di Franco Cittì il protagonista indimenticabile di « Accattone »), ha rappresentato per lui l’oggetto della sua più
grande passione umana e morale e successivamente della sua più cocente delusione, espressa nella serie di articoli e
nello scritto postumo « Abiura dalla Trilogia della vita », pubblicati prevalentemente sul « Corriere della Sera » a partire dall ultima estate. È stato proprio,
peraltro, il rifugiarsi di Pasolini in questa realtà di emarginazione, vissuta come « innocente » fin nella sua violenza e
perversione, a impedirgli di comprendere per esempio il significato profondamente innovatore della ribellione degli
L<^iEvangelio» di Pomilio
« Il cattolicesimo è diventato, dopo il
Concilio vaticano II, meno cattolico e
più evangelico». «Nessun settore della
vita sociale ha segnato una revisione così
radicale e profonda come il cristianesimo in questi anni». Queste tra le più
significative affermazioni di Mario Pomilio venerdì sera a Torino, al Teatro Carignano colmo di gente. « Il quinto Evangelio » è il titolo dell’ultimo libro di Pomilio che ha voluto presentare nel quadro dei ’venerdì letterari’ torinesi. Dalla
presentazione del libro (in cui anche i
valdesi vengono menzionati), l’autore si
è mosso per fare un discorso di carattere generale. Il libro di ’fantateologia’ vuol
essere una metafora di quella tensione
che ogni generazione prova nei confronti
degli Evangeli canonici. Ogni generazione, quindi, scrive il suo ’evangelio’ oppure ne scopre un altro soggiacente ai
quattro conosciuti. Il libro, ha detto l’autore, comporta l’abolizione di ogni pessimismo. È la ricerca ansiosa di quella parola definitiva che possa risolvere tutti i
problemi posti dall’attesa del Regno. Questa ricerca si colloca, secondo l’autore,
nel grande filone di rinnovamento che
attraversa la chiesa cattolica iniziato con
il Concilio. Dice Pomilio: «L’Evangelo
non è un programma, un’ideologia, per
ché passa la storia per andare nel metastorico che ha per termine di riferimento l’Assoluto ».
C’è dunque incompatibilità tra fede e
azione politica? No, purché il cristiano
conservi la sua specificità. Oggi infatti,
e questo è il problema — dice Pomilio —
il cristiano più che convertire si lascia
convertire. Le masse italiane che si convertono al marxismo segnano le tappe di
una precisa politica del P.C.I. i comunisti sferrano l’attacco, più che alle strutture di questa società, alla cultura dominante. Per adeguarla a certi schemi affinché si raggiunga un sistema di pensiero conformista, che in parte è già instaurato. In questa situazione, diremo di plagio culturale, il cristiano deve ritrovare,
secondo Pomilio, la sua esigenza specifica e il senso missionario, pena la scomparsa definitiva della fede, almeno nella sua
dimensione pubblica. La fede va quindi
verificata sul banco della storia ma senza adeguamenti, né linguistici né culturali, alla cultura imperante. Questo è il senso della ricerca che Pomilio propone con
il suo ultimo libro. Quindi più che mai
difficile, oggi, per la nostra generazione
scrivere il nostro ’evangelio’. Ma è veramente necessario?
G. P.
TV: PROTESTANTESIMO
Chi per caso si trova ad accendere la televisione sul 2” programma alle ore 18.15 di un
qualsiasi giovedì può assistere alla trasmissione
meno seguita in Italia: «Protestantesimo». Noi
abbiamo provato a farlo e ne abbiamo tratto alcune impressioni.
Quel giorno si parlava della conferenza di Nairobi, con interviste e filmati, il tutto di buona
qualità tenendo conto dei mezzi tecnici a disposizione.
Però finita la trasmissione ci siamo detti :
« Tutto qui? ».
In effetti, per noi che di Nairobi ne abbiamo
già sentito parlare non abbiamo imparato nulla
di nuovo.
Poiché la trasmissione pensiamo debba essere
diretta soprattutto ai w lion-protestanti » questa
sarebbe una cosa ragionevole.
Abbiamo quindi provato a metterci nei panni
dell’ascoltatore casuale e la conclusione è stata
che senz’altro ne avremmo capito poco, non perché fosse mal presentato l’argomento ma perché
l’esposizione presupponeva delle conoscenze che
l’italiano’ medio non ha.
Si accennava senza altre specificazioni alla Riforma del XVI secolo: quanti italiani sanno cosa
sia veramente? Si intervistava il Direttore di
”Com-Nuovi Tempi”, ma che cos’è?
La nostra impressione è che si cerchi di fare
una trasmissione adatta sia agli « iniziati » che
ai « profani »; questo sforzo porta a risultati che
non soddisfano pienamente ne gli uni ne gli altri.
Pensiamo invece che questa possibilità che ci
è data dovrebbe essere utilizzata a far conoscere
agli altri le nostre idee, evitando di fare una
specie di telegiornale ad uso e consumo dei protestanti italiani; ad esempio la conferenza di
Nairobi poteva essere presa a spunto per un discorso più generale senza addentrarsi, com’è stato
fatto, in molti particolari.
Ci rendiamo conto che tutto questo sarebbe
molto più facile avendo più tempo a disposizione e in un orario più felice... ma questo è un
vecchio discorso...
D. Brusco
C. Operti
studenti e delle grandi lotte operaie e
proletarie della fine degli anni ’60. È rimasta famosa, per lo scandalo che suscitò, una sua poesia in cui agli odiati
studenti, figli degli odiati borghesi, (cosa
non più vera neppure da un punto di vista sociologico) contrapponeva i poliziotti « figli del popolo », con cui gli studenti si scontravano. È stato proprio l’immedesimarsi « diverso » tra « diversi » in
questa realtà mitizzata a impedirgli di
comprendere come essa non fosse altro
che residuo anziché soggetto o potenziale soggetto storico, realtà sociale e culturale destinata a una disgregazione ambigua, cioè a farsi in parte proletariato,
consapevole del proprio ruolo storico, in
parte piccola borghesia avida di danaro
facile e di adeguamento a modelli di vita sfrenatamente consumistici, cinici e
violenti (di una violènza fine a sé stessa,
o a una illusione tragica di autoaffermazione).
Sarà il crollo della speranza rivoluzionaria identificata in questa realtà marginale a fargli scrivere nell’« Abiura », testo di esemplare onestà e tragica disperazione, espressione in negativo della sua
coerenza populista: « se coloro che allora
erano così e così, hanno potuto diventare ora così e così, vuol dire che lo erano
già potenzialmente: quindi anche il loro
modo di essere di allora è dal presente
svalutato. I giovani ed i ragazzi del sottoproletariato romano che sono poi quelli che io ho proiettato nella vecchia e resistente Napoli, e poi nei paesi poveri
del terzo mondo, se ora sono immondizia
umana, vuol dire che anche allora potenzialmente lo erano: erano quindi degli
irnbecilli costretti ad essere adorabili, degli squallidi criminali costretti ad essere
dei simpatici malandrini, dei vili inetti
costretti ad essere santamente innocenti,
ecc. Il crollo del presente implica anche
il crollo del passato, la vita è un mucchio
di insignificanti e ironiche ro-vine ».
Ma devo ammettere che anche Tesserci accorti o Taver drammatizzato non
preserva affatto dall’adattamento o dalla
accettazione. Dunque io mi sto adattando alla degradazione e sto accettando lo
inaccettabile. Manovro per risistemare la
mia vita. Sto dimenticando come erano
prima le cose. Le amate facce di ieri corninciano ad ingiallire. Mi è davanti, pian
piano, senza più alternative il presente ».
Parole queste che potrebbero far pensare a qualcuno magari in modo tutt’altro che disinteressato, che quanto dichiarato da Armando Plebe, ex marxista, capofila degli « intellettuali » fascisti italiani, non sia lontano dal vero: « se non fosse stato (Pasolini) condizionato dal potere, TMSI avrebbe probabilmente visto,
alTaprirsi degli anni ’70 bussare alle sue
porte non soltanto lo scrivente (Plebe),
ma anche Pasolini ».
Io sono certo’Che questa provocazione
di Plebe va respinta col massimo sdegno.
Il populista Pasolini resta dalla parte giusta, non poteva che restare malgrado le
sue contraddizioni e la sua disperazione,
dalla parte giusta. Oso dire di più: invece di leggere le parole dell’« Abiura », come l’espressione di una sorta di solitaria
follia proviamo a leggerle come l’esortazione a vegliare, a non farci cogliere impreparati a raddoppiare il nostro impegno di testimonianza cristiana nel vivo
del tessuto sociale. La svolta del 15
giugno non è irreversibile, contiene indubbiamente elementi di ambiguità e certo non ci consente di adagiarci nella glorificazione del presente (un presente che
presenta effettivamente aspetti inquietanti e drammatici, quando non tragici),
né tanto meno nell’attesa del « futuro radioso ». AlTinterno stesso dello schieramento di sinistra molte cose restano da
chiarire e molti nodi da sciogliere. È questo il miglior Omàggio che noi possiamo
rendere alla memoria di Pier Paolo Pasolini.
L’altra vittima
« Se il giudice fosse veramente giusto,
il criminale non sarebbe colpevole » (Dostojewski). Si è parlato molto e a sproposito di Pier Paolo Pasolini. Troppo poco di Pino Pelosi, e quando se ne è parlato lo è stato per lo più in termini di
attendibilità o meno della sua versione
dei fatti. Non che la cosa sia irrilevante,
è importante, ma non al fine, come stato
scritto, di stabilire il « debito » che Pino
« la rana » deve pagare alla società. Il ragazzo è comunque l’altra vittima. Ed è la
società, questa società che ha un debito,
un grosso debito da pagare al, giovane
« borgataro » e ai ragazzi come lui. Di
più il caso Pelosi, non meno del caso Pasolini, anzi molto di più, deve concretamente costituire l’occasione di una severa autocritica per tutti coloro che si confessano cristiani e per tutti coloro che si
dicono marxisti.
Viator
3
28 novembre 1975
INTERVISTA CON LAURA NISBET
Una scuola nello Zambia
A Chipembi tra insegnamento, predicazione, istruzione
biblica - La realtà del giovane cristianesimo africano
— I lettori dell'Eco-Luce sanno che lei
lavora come missionaria in Africa, ma
l'Africa è grande : vuole innanzitutto situare geograficamente il paese e la zona in cui lavora?
Vuole dirci anche in che cosa consiste essenzialmente la sua attività?
— Lo Zambia ex Rhodesia del Nord, è
situato nell’Africa Centrale a sud dell’equatore, è circondato da 8 paesi: Zaire,
Tanzania, Malawi, Mozambico, Rhodesia,
Botswana, Namibia ed Angola.
Dal 1972 lavoro a Chipembi, una località rurale a 80 Km. a nord est di Lusaka,
dove esiste un complesso formato da un
convitto femminile di 400 ragazze e da
una scuola agricola di 70 alunni. Il liceo
risale al 1913 e la scuola agricola al 1941.
Entrambi, da Missione Metodista sono diventate opere della Chiesa Unita dello
Zambia in 1965.
In più del Collegio e delia Scuola Agricola c’è pure un dispensario. Il personale di queste istituzioni della Chiesa, ammonta a circa 50 persone. Intorno a Chipembi ci sono altre 8 comunità che formano la diaspora.
Ci sono anche delle Chiese di confessione cattolica, una Chiesa Apostolica, i Testimoni di Geova. Malgrado la presenza
di queste chiese Tinfluenza cristiana in
questa zona è limitata, penso particolarmente alla grande vallata del Luano ed
a tutti i villaggi lungo la strada principale che collega Lusaka a Kabwe. La chiesa Unita ha concentrato i suoi sforzi su
delle istituzioni come quella del Collegio
e della scuola agricola, forse queste istituzioni dovrebbero essere usate come centri e basi di partenza per un’opera di
evangelizzazione e di sviluppo nella zona circostante.
I nostri contatti con la popolazione locale sono scarsi, la difficoltà viene dal
fatto che molte tribù diverse popolano
questa zona. I Lenje che costituiscono la
maggioranza, si sono stabiliti qui nel
1600. Con l’arrivo degli agricoltori europei, molti contadini giunsero dal Malawi
e si stabilirono qui. A partire dal 1950 un
gruppo notevole di Rhodesiani venne pure
a stabilirsi nei pressi. Ci sono rappresentanti di ben 28 tribù diverse intorno a
Chipembi.
Al Liceo, mi occupo prevalentemente
delTinsegnamento del francese, però questo trimestre dò pure delle lezioni di religione, inglese ed istruzione civica in varie classi.
La direttrice M.lle Lucette Rochat è
una missionaria svizzera dipendente della
Cevaa che ha lavorato in Zambia per molti anni insieme alla sig.na Graziella Jalla.
Al Liceo siamo in 24 professori, di sette
nazionalità diverse: zambiani, americani,
oiandesi, inglesi, indiani, svizzeri ed italiani.
Oltre alTinsegnamento (ho 27 ore settimanali) ho delle responsabilità nel Convitto, sono impiegata dalla parrocchia locale come predicatrice laica e con cinque
altri professori sono responsabile delle
Scuole Domenicali del distretto.
Questo lavoro va avanti da diversi
anni grazie ai sussidi provenienti dalTestero. Attualmente sono le offerte ricevute
da amici valdesi e svizzeri che ci
permettono di continuare il lavoro, in
ben 16 villaggi ad un raggio di 25 Km.
Quello dei profughi è un problema difficile per questo paese dove c’è un numero non indifferente di disoccupati. Ci
sono alcuni campi specialmente organizzati per i profughi della Rhodesia, della
Angola, della Namibia, particolarmente il
campo di Muyukwayukwa e quello di Meheba offrono possibilità d’impiego nel
settore agricolo.
Son soprattutto i dirigenti del governo
e la gente colta ad essere al corrente del
problema dello sfruttamento tutt’ora esistente, ma il governo sta prendendo seri
provvedimenti per porvi almeno in parte
rimedio.
— Esistono altre forme di reazione
contro lo sfruttamento coloniale che non
rientri nelle lotte di liberazione di cui
ha parlato?
— A parte i movimenti di liberazione
penso che le grandi conferenze come la
AACC tenutasi nel 1974 a . Lusaka e quella
futura di Nairobi, siano una jjossibilità
per i cristiani africani di far sentire la
propria voce.
Credo che sia pure una forma di reazione al colonialismo, l’attitudine che cer
te volte dei dirigenti nel governo o nelle
chiese africane assumono nei confronti
del loro personale europeo.
— Che cosa pensa di certe dichiarazioni del tipo : il futuro del cristianesimo
è in Africa? Oppure: domani saranno
gli africani ad evangelizzare l'Europa?
— Penso che quelle giovani chiese africane che han saputo conservare la loro
autenticità, che non si sono limitate a diventare una copia delle chiese europee,
possano essere una testimonianza anche
per noi, in Europa.
La formula adottata dalla Cevaa mi
pare ideale: delle équipes multirazziali di
cristiani impegnati che vogliono sperimentare insieme Tesperienza di annunciare Gesù Cristo ad altri, ovunque.
— Il fatto che la prossima assemblea
ecumenica abbia luogo a Nairobi ha destato interesse, partecipazione, dibattiti
sul tema? Che cosa si è fatto ad esempio nella sua zona?
— Non mi risulta che la Chiesa Unita
abbia organizzato dibattiti a proposito
della prossima assemblea di Nairobi.
Qui, a Chipembi, un gruppo di professori del Liceo e della &uola agricola si
riunisce settimanalmente per imo studio
biblico alternato con discussioni su argomenti d’attualità. Nel programma delle
discussioni sono pure inclusi alcuni dei
problemi che saran oggetto di dibattito
a Nairobi.
PARIGI: 8-1 1 NOVEMBRE
15' Assemblea dei protestanti francesi
« La pentola bollente » — così è stata
definita da qualcuno l’assemblea del protestantesimo francese — pare non aver
scottato le mani a nessuno. Forse perché
nessuno ha osato scoperchiarla?
Difficile dirlo. Dai primi documenti ed
ordini del giorno approvati nel corso dei
lavori che ci sono pervenuti, dai primi
commenti di Réforme e di Le christianisme au XX siècle, si ha l’impressione
che lo ’humor’ francese abbia saputo
sdrammatizzare molti problemi che parevano in un primo tempo oscurare il cielo di Parigi i giorni 8-11 novembre.
259 i membri dell’assemblea riuniti
presso la Tour Qlivier de Serres (di cui
174 con voce deliberativa, 41 donne, il
16%, età media generale 48 anni) in rappresentanza di 8 chiese (chiesa riformata
di Francia, chiesa riformata di Alsazia e
di Lorena, chiesa riformata evangelica
indipendente, chiesa della confessione di
Asburgo di Alsazia e di Lorena, chiesa
evangelica luterana, federazione delle
chiese evangeliche liattiste, chiesa apostolica, missione popolare evangelica), 40
movimenti, istituzioni ed opere.
Fra gli oratori invitati a parlare sul
tema: « Che cosa si aspetta dal protestantesimo? »: M. Aaron Tolen, noto economista camerounese attuale responsabile della commissione per la partecipazione delle chiese protestanti allo sviluppo
del Cameroun, il vescovo di Autun,
monsignor Le Bourgeois, presidente della
commissione episcopale per l’unità dei
cristiani (sostituiva mons. Etchegaray
arcivescovo di Marsiglia che, dopo aver
accettato l’invito vi ha rinunciato nonappena eletto presidente della conferenza
episcopale di Francia), René Rémond, dell’università parigina.
Nonostante l’assenza mons. Etchegaray
ha comunque voluto inviare un messaggio scritto all’assemblea, in cui tra l’altro
dice: « Non si tratta più di chiarire le
nostre divergenze o di sottolineare le nostre convergenze; costi quello che costi,
dobbiamo tendere ad una unità organica
in una chiesa rispettosa dei valori e delle
tradizioni particolari, preoccupata di
un’esortazione alla mutua e permanente
conversione... Il nostro grande impegno
— il più urgente e il più difficile — concerne l’ecclesiologia, il mistero della chiesa, istituzione e avvenimento allo stesso
tempo, al fine di evitare ai fedeli di stare
accampati in un « no man’s land » in cui
la fede perderebbe presto ogni consistenza ».
Occorre valutare attentamente queste
parole, in quanto esprimono chiaramente
il clima ecumenico attuale in Francia; e
si può forse aggiungere che parte del
protestantesimo francese si riconosce impegnato in questa prospettiva. Non è forse da leggersi in questa chiave l’invito
dell’assemblea al Consiglio della federazione a « provocare e incoraggiare la riflessione sull’ecclesiologia ed i ministeri,
in relazione con quanto già si fa, in modo
particolare i recenti lavori di « Fede e
Costituzione... »?
E SE RILEGGESSIMO
LA BIBBIA?
Il messaggio finale dell’assemblea (approvato con 116 voti favorevoli, 5 contrari) è comunque fortemente centrato sul
problema della lettura biblica. La riflessione su Isaia 52-53 (il servo sofferente),
alla luce di 4 diverse letture ha suscitato
notevole partecipazione e interesse; pur
senza nascondere le diversità di queste
letture, si afferma: « abbiamo provato intensamente la certezza che occorreva continuare insieme di ricercare nella Bibbia
il senso della nostra vita e la ragione del
nostro impegno. Dobbiamo ri-imparare a
leggere e a leggere nella Bibbia ciò che
Dio aspetta da noi oggi.
« Riconosciamo che ci capita spesso di
usare la verità che abbiamo ricevuto come una pedana per dominare la folla degli inquieti e degli ignoranti, un’arma
per condannare i nostri fratelli; rinchiudendo la verità in una formula definitiva,
corriamo il rischio di renderla sterile per
noi e per gli altri... La Scrittura non è
Gesù Cristo mummificato. È per noi un
vantaggio che egli se ne sia andato, perché potessimo ricevere il Consolatore, il
suo spirito, per essere guidati in tutta la
verità, procedervi insieme... ».
Non a caso, queste parole di forte autocritica, nascono dopo un lungo studio
della parola di Dio; come dire: le nostre
difficoltà nel presente sono una conseguenza inevitabile di un mancato confronto con l’Evangelo. Vogliamo ritrovare la
nostra identità protestante, vogliamo riscoprire la nostra vocazione protestante
in Francia? Non esistono alternative che
non siano nella riscoperta, nel nuovo
ascolto della Parola.
Forse, questo è il motivo di fondo che,
aldilà delle divergenze, ha permesso lo
inizio di un nuovo confronto aU’interno
delle chiese aderenti alla Federazione,
che non mancherà di rivelarsi fruttuoso
nei rapporti verso il cattolicesimo, chiarendo molti punti oscuri dell’attuale situazione ecumenica. Resta comunque
« significativo » il fatto che i protestanti
francesi non abbiamo sentito l’esigenza
di un chiarimento verso il cattolicesimo. J.P. Lumiere, scrive su Réforme:
« Trovo umile e pieno di speranza il fatto che l’assemblea generale del protestantesimo non abbia sentito il bisogno di situarsi in rapporto al cattolicesimo; che
non si sia sfiatata su una vocazione la
cui specificità non è forse più evidente ».
Ritorneremo su questo argomento nel
prossimo numero.
E. Genre
dalla prima
tere romano del conclave, escludendo, ad
esempio, la possibilità (che pure era stata ventilata) che il pontefice fosse eletto,
poniamo, da un conclave costituito dai
vescovi cattolici di tutto il mondo, o da
una loro rappresentanza qualificata? Perché, secondo il dogma cattolico, il papa
è papa perché è vescovo di Roma; se è
vescovo di Roma, lo deve eleggere la chiesa di Roma; ma per Paolo VI, anche dopo
il concilio « chiesa di Roma » non significa i fedeli, e neppure il clero, e neppure
i vescovi ma i cardinali che, teoricamente, sono tutti addetti al servizio delle
chiese di Roma o della « sede apostolica ». Il fatto che il papa, in quanto vescovo di Roma, dev’essere eletto dalla chiesa di Roma viene dunque inteso da Paolo VI (e dai papi che lo hanno preceduto)
nel senso di rendere il conclave organo
elettivo del pontefice — esclusivamente
romano, cioè formato dai soli cardinali.
L’argomento teologico decisivo è dunque quello tradizionale che è alla base del
dogma del Vaticano I: il papa è quello
che è perché è vescovo di Roma. Come
tale infatti — secondo il dogma cattolico
— è il successore di Pietro e come successore di Pietro è « Supremo pastore della
Chiesa universale ». Tutti i suoi poteri e
le sue prerogative gli derivano dal fatto
di essere vescovo di Roma. In un’intervista rilasciata nei giorni scorsi p. 'Tucci,
direttore generale della Radio vaticana,
spiegava che il documento pontificio, rivendicando alla chiesa particolare di Roma la competenza esclusiva di eleggere
il papa, attraverso il conclave (che però
è tutto di nomina pontificia! ), e quindi ribadendo il carattere rigorosamente romano di questo organismo, ha voluto evitare che si potesse pensare che « il Papa,
più che essere Vescovo di Roma e quindi
immediatamente, per diritto suo proprio,
pastore supremo della Chiesa universale
e Capo del Collegio episcopale, fosse una
specie di delegato della Chiesa universale, o almeno eletto come vescovo universale e non come vescovo di una chiesa
particolare, quella Romana, il cui legittimo titolare succede, per volontà divina, a
Pietro anche nella sua potestà di Pastore
Supremo della Chiesa universale ».
E’ ROMA GHE FA IL PAPA
Il papa dunque non vuole diventare
« una specie di delegato della Chiesa universale ». Vuole che sia chiaro che i suoi
poteri non gli vengono dal popolo di Dio
ma dalla sede che occupa. E Roma che
fa il papa, non il popolo. Insistendo tanto
sul fatto che il papa è « pastore supremo
della Chiesa universale » in quanto vescovo di Roma, Paolo VI ha riaffermato che
le sue prerogative non derivano dal consenso della chiesa universale ma dal privilegio della chiesa romana di essere sede episcopale di « Pietro e dei suoi successori ». I poteri del papa sono originari, non derivati; non provengono dalla
chiesa ma dalla successione a Pietro che
si attua e perpetua — come credono i cattolici — nei vescovi di Roma. Così, mentre
in certi ambienti cattolici ed anche ecumenici si continua a ventilare la possibilità (del tutto fantasiosa a nostro avviso)
che il papa possa diventare in qualche
modo una figura semplicemente rappresentativa e quasi simbolica dell’unità di
tutta la chiesa. Paolo VI con questo ultimo documento ha ripetuto molto energicamente il dogma cattolico secondo cui il
papa non è il rappresentante della chiesa
ma di Cristo e non è una specie di delegato della chiesa ma il suo capo supremo. Siamo, come si vede, in pieno nella
linea e nello spirito del Vaticano I, col
suo dogma del primato e dell’infallibilità
{xmtificia e con l’esaltazione estrema della funzione e della figura del pontefice romano.
PIU’ ROMANO DI PRIMA
Che diremo in conclusione? Diremo che
dopo il concilio Vaticano II si pensava
che il cattolicesimo romano sarebbe progressivamente diventato più cattolico e
meno romano. Invece è diventato più
cattolico e più romano. Tutti i pontefici
recenti a partire da Pio XII, già prima
del concilio, si sono dimostrati favorevoli a un cattolicesimo più cattolico, cioè
più universale, e meno latino. Ma meno
latino non significa meno romano: questo
è il punto di vista che Paolo VI in particolare sta facendo valere. D’accordo,
quindi, con la nuova cattolicità del cattolicesimo, purché resti integra la sua romanità, colonna portEinte del papato.
Quindi, come s’è detto, dopo il concilio il
cattolicesimo romano è diventato più cattolico (come vuole il Vaticano II) e più
romano (come voleva il Vaticano I).
Qual’è la forza che promuove e assicura
questo nuovo equilibrio? È il papato, custode e artefice nei secoli della continuità
del cattolicesimo romano e quindi, prop-rio per questo, sua componente essenziale, anzi sua funzione vitale.
4
28 novembre 1975
ô cura di Gino Conte
NAIROBI 1975
3 - Uomini di diverse tendenze, culture e ideologie
alla ricerca della comunità
Il complesso di problemi implicati dalla tematica di questa Sezione ne fa senza dubbio uno dei pimti nevralgici non
solo di Nairobi 1975 ma di tutto il movirnento ecumenico, che è di fronte a un
bivio decisivo. Nella sua volontà di dialogare, di sollecitare la chiesa cristiana
ad assumere le sue responsabilità universali nella nostra società planetaria, a ricorioscere i suoi condizionamenti sociologici e ad aprirsi al confronto con uomini di tutte le credenze, culture e ideologie, il movimento ecumenico mostra oggi, almeno nel suo gruppo dirigente, di
non aver chiaro un criterio per affrontare su basi cristianamente solide questo
po’ po’ di programma. Davvero, a leggere i documenti preparatori ai lavori di
questa Sezione nevralgica non si riconosce quel movimento ecumenico i cui teologi sono stati W. A. Visser ’t Hooft (La
fede cristiana dinanzi al sincretismo,
Claudiana, Torino 1966), H. Kraemer (La
foi chrétienne et les religions non chrétiennes), L. Newbigin (L’universalisme
de la foi chrétienne; un breve scritto del
Newbigin è apparso pure in italiano: La
Chiesa missionaria nel mondo moderno,
Roma 1968) : quella che allora era considerata «la tentation du mélange religieux », « la tentazione del fronte unico
di tutte le religioni », sembra vista oggi
da molti sotto una luce assai più positiva. Stranamente, in un mondo « diventato adulto » e in chiese nelle quali si parla volentieri di « cristianesimo non religioso», di fronte alla fede cristiana sembra affermarsi con forza la vitalità pagana della religione, anche nelle sue versioni più o meno profane costituite da
ideologie e utopie.
Nel mazzo disparato dei documenti pre
paratori alla 3^ Sezione, non tutti di origine cristiana, abbiamo scelto la nota introduttiva dei redattori del CEC, riportata in buona parte, e il documento più
cristianamente ’confessante’: il solo, a dire il vero, che abbiamo trovato e che,
pur esplicito nell’affermare la «diversità» irriducibile dell’Evangelo, si spinge
abbastanza avanti nel tentativo di capire le tesi di un « cristianesimo anonimo ».
Riteniamo poi utile presentare alla riflessione dei lettori una valutazione di
V. Subilia, tratta da uno studio critico
suH’insieme dei documenti di Nairobi ’75,
che sta per uscire nel n. 4/1975 di «Protestantesimo ». Su questa tematica, poi,
spero (fl avere presto elementi interessanti da riferire, dopo l’imminente convegno
di studio convocato a metà novembre a
Lomé, nel Togo, dalla CEvAA (Comunità
evangelica di azione apostolica). Le Chie
se non europee membri della CEvAA sono molto sensibili a tutta questa problematica dell’identità culturale e cristiana :
la vivono infatti quotidianamente in prima persona, e con molta passione, senza
però lasciare — per dirla con V. Subilia
— che la critica sociologica delle missioni si tramuti in critica teologica.
cristiani concepiscono la comunità
sulla base dell’azione di Dio nei confronti deU’umanità, in Gesù Cristo. Il Figlio
di Dio — crediamo — ha assunto l’umanità in nome di tutti gli uomini di tutti
i tempi e di tutte le culture; egli dà valore e risposta al bisogno fondamentale
che ^ gli uomini hanno di comunità. (...)
Gesù Cristo vuole che tutti gli esseri umani vivano insieme come fratelli, si dicano o no cristiani. Riconosciamo che possiamo essere chiamati a costituire una
comunità specifica, la chiesa; dobbiamo
mostrarci lieti e grati di questo privilepo, ma anche disciplinati e autocritici.
La storia ci obbliga a domandarci in che
modo la nostra comunità è in relazione
con altre comunità: nell’isolamento timoroso, nello sfruttamento trionfalista,
nella missione fondata sull’autogiustificaHone o sull’abnegazione? Crediamo che
Gesù Cristo ci unisce quando ci preoccu
Coesistenza: in vista di che cosa?
piamo di ricercare una comunità più larga e più profonda: la ricerca della comunità, di una comunità mondiale comincia
e si compie in lui.
La ricerca di definizioni e di tipi di comunità non è una prerogativa né un compito specifico dei cristiani. Affrontando
insieme le minacce e le promesse di una
civiltà tecnologica che si sviluppa rapidamente in una prospettiva d’interdipendenza, gli uomini di credenze, culture e
ideologie diverse sono di fronte alla sfida
di ricercare valori personali e tipi di comunità che non ostacolino la crescita della libertà e non impongano pressioni ingiuste tendenti a rorripere con il passato
o a conformarsi al presente.
Tutti gli uomini si sentono impegnati
in relazioni d’interdipendenza sempre più
stretta in campo sociale, politico ed economico, come pure per ciò che riguarda
l’ambiente. Dovunque uomini e donne
giungono a riconoscere aspirazioni e responsabilità umane comuni, nella misura
in cui subiscono le stesse pressioni nella
loro ricerca della giustizia, della pace e
di un avvenire pieno di speranza. Gli esseri umani, cristiani o no, devono vivere
insieme e di fatto vivono insieme.
In tutti i continenti gruppi religiosi e
ideologici si proclamano impegnati nella
lotta per la liberazione dell’umanità e proseguono la ricerca di risorse e di. criteri
atti a favorire una nuova qualità di vita
comunitaria a livello locale, regionale o
intemazionale. Dobbiamo essere aperti.
Questa teologia ecumenica
ha ancora fondamento biblico?
Una visuale ottimistica di concordia e armonia, estranea all’Antico e al Nuovo Testamento - Verso una perdita di identità evangelica
Comunità: parola affascinante per le
sue origini e le sue risonanze evangeliche,
ma che diventa ambigua se privata del riferimento che la rende autentica. Per essere al chiaro sul senso e sul valore cristiano dei documenti di questa sezione,
bisogna ricercare la teologia che li governa. Riteniamo che si tratti della cosidetta teologia del mondo. L’espressione non
significa che il mondo perda le sue caratteristiche mondane e si converta all’Evangelo, ma che la chiesa perde le sue
caratteristiche evangeliche e si converta
al mondo, nel diffuso anelito, successivo
alle due guerre mondiali e che si riscontra dal livello delle razze al livello della
inoda, di abolire le distinzioni e le divisioni di qualsiasi tipo e di cercare l'unità. Qu^to anelito è penetrato anche nella
comunità cristiana e vi ha inoculato l’imbarazzato complesso di costituire una comunità separata dalle altre comunità umane. Donde si spiega la dichiarazione
iniziale che attribuisce a Cristo una presunta assimilazione tra il prossimo e il
fratello: « Gesù Cristo vuole che tutti gli
esseri umani vivano insieme come fratelli, che si dichiarino cristiani o no ». La
ricerca « di una comunità mondiale di comunità comincia e si compie in lui» (p. 1).
Bisogna dunque avere in vista la formazione di una comunità mondiale, basata
su eseperienze di vita comunitaria, in cui
« le barriere religiose e nazionali non dovrebbero entrare in conto » (p. 8) e che
sia capace di « vivere nella giustizia e
nella pace » (p. 13).
Intanto tra adepti di credenze differenti: pur guardandosi dai pericoli del sincretismo ed evitando la tentazione di
creare una lega dei pii (p. 9), bisogna promuovere un incontro delle religioni, che
si traduca in esperienze di preghiera, di
meditazione, di intercessione e in altre
forme di solidarietà. Perché le religioni
non cristiane sono i frutti della ispirazione dello Spirito (p. 2\). Come dichiara
espressamente una voce di fonte ortodos
sa, costante nella tradizione del rifiuto del
Filioque L « L’avvenimento dello Spirito
Santo nel mondo non è subordinato al
Figlio, non è funzione del Verbo » (p. 20).
In altri termini Dio può essere conosciuto indipendentemente dalla parola dell’Eyangelo, al di fuori di Cristo, il suo
Spirito può agire in modo diretto, senza
passare attraverso la mediazione della
parola di Cristo. Questo viene a significare
che « è il Cristo a essere ricevuto come
luce quando la grazia visita un bramino,
un buddista o un musulmano che leggono le loro scritture. È in unione col Cristo che muore ogni martire per la verità,
ogni uomo perseguitato per quello che
crede essere la giustizia. È l’unica agape
giovannica che hanno vissuto quei grandi testimoni deH’amore crocifisso che furono i mistici in terra islamica » (p. 20).
Di fronte agli uomini che lottano per
la loro liberazione i capi religiosi che discutono di dottrine astruse in un linguaggio fuori moda, schiavi di usi inutili e di
niente per ciò che è veramente importante (...), cambiamenti sociali, riforma agraria, impiego », sono uomini « sorpassati
sprovvisti di senso » (p. 26). Contro l’individualismo occidentale ci si richiama
al « comunalismo » africano, « sentimento
di appartenenza alla collettività » e alla
forma africana del socialismo, chiamata
ujamaa (p. 29). In queste prospettive l’uomo fa sempre parte di una comunità, la
quale « può includere la società dei morti e dei viventi, le generazioni avvenire e
le stesse divinità » (p. 31). L’« etnocidio »
dei missionari cristiani verso le jjopolazioni dei primitivi, private delle loro caratteristiche tradizionali, deve cessare (p.
37 s.). I cristiani non possono che sostenere « tutte le rivoluzioni che si oppongono aH’oppressione dell’uomo sull’uomo » (p. 44).
E fra gli uomini che vivono in un contesto di crisi culturale si pensa che la fiducia nella Bibbia è duramente intaccata
e ci si domanda se non sia venuto il mo
mento di considerare seriamente le tradizioni mistiche e esoteriche. « Se si riuscisse a riscoprire, a rimettere in luce, a
restaurare e a riequipaggiare questa disciplina dimenticata che è la teologia ascetica, con le sue profonde prospettive
psicologicheh sulTego e sull’essenza, non
sarebbe possibile che essa ci rimetta sulla
buona strada? » (p. 52).
Il quadro è completato da due citazioni di Taizé.
Tutto il discorso della sezione è un discorso estraneo aH’Antico e al Nuovo Testamento. La distinzione profetica fra
Yahweh e gli dei che non sono dei è ignorata, la critica sociologica alle missioni
si tramuta in critica teologica, così da
dimenticare il comandamento missionario
di predicare TEvangelo a tutte le genti
la tensione irriducibile tra la comunità
dei discepoli di Gesù e il mondo che crocifigge fino alla fine il loro Maestro, è sostituita da una visuale ottimistica di concordia e di armonia, la conclusione apocalittica della storia non è presa in considerazione ed è rimpiazzata dall’attesa
di una umanità realizzatrice di una convivenza di uguaglianza, di libertà, di giustizia e di pace.
1 Nella versione occidentale. ’’latina” del Simbolo o Credo niceno-costantinopolitano (che è un
ampliamento del cosidetto Credo apostolico, in
polemica con le numerose eresie sorgenti nel corso dei primi secoli del cristianesimo) a proposito
delio Spirito Santo si confessa che esso « procede
dal Padre e dal Figlio, in latino, appunto, Filioque. Gli ortodossi delle Chiese d’Oriente non hanno mai accettato questo Filioque, accentuando il
carattere monarchico all’interno del mistero del
Dio vivente, che la chiesa ha cercato di esprimere parlando della Trinità. Come si vede dall’esempio di cui ci occupiamo, non si tratta di questione
da poco né tanto meno di bizantinismi dottrinali,
poiché è in gioco, in fondo, il rapporto nevralgico fra la Parola (fatta carne in Cristo) e Io Spirito, il modo in cui Dio si rivela.
con spirito critico, a un largo ventaglio
di esperienze che va, per es., da esperienze profonde vissute in ’comuni’ spirituali
di giovani alle strategie delle utopie ideologiche internazionali.
Riconosciamo che persiste talvolta il
desiderio di sicurezza e d’identità manifestato dai cristiani, sia nel quadro delle
strutture di potere esistenti sia in comunità chiuse in se stesse; che la chiesa si
presenta troppo spesso come un’istituzione occidentale; e che troppo raramente
riteniamo che valga la pena di aprirsi
pienamente a tutte le credenze, culture e
ideologie degli altri uomini. Cercando di
associarci a loro nella ricerca della comunità, siamo portati ad abbandonare tirnori e sospetti reciproci, ad ascoltarci a
vicenda con rispetto e a definire mezzi
per lavorare insieme.
Questa introduzione alla 3* sezione puntualizza poi cinque 'tipi di situazioni' nei
quali i cristiani vivono (per ogni 'tipo'
segue poi una piccola raccolta di documenti):
1) una situazione pluralista, un contesto multi-religioso, quale si riscontra
soprattutto in Asia;
2) una situazione in cui la ricerca
della comuriità avviene nel quadro di lotte per la liberazione e per nuove forme
comunitarie sulla base di certe ipotesi
ideologiche, come avviene soprattutto nell America latina;
3) una situazione in cui, accanto al
cristianesimo e all’islam, vivono e si riaffermano «visioni primarie del mondo»
(si rifiuta il termine 'primitive') nel determinare^ i rapporti fra religione e cultura: ed è il caso, in particolare, dell’Africa;
4) una situazione in cui il potere assoggetta gli uomini a un conformismo
ideologico, com'è in particolare, con gradazioni diverse, nei paesi socialisti;
_ 5) una situazione di crisi culturale, in
cul le strutture cristiane tradizionali sono in decomposizione mentre si sperimentano nuove forme di comunità e di spiritualità: così è soprattutto in Europa e in
Nordamerica'.
Naturalmente questi 'tipi' non sono rigorosamente distinti, ma spesso in parte
si ricoprono fra loro. Fra i problemi che
la Sezione dovrà affrontare, a Nairobi:
« le diverse reazioni degli uomini di fronte al mistero della vita e della morte, la
natura della fede, il fine ultimo della comunità, la formazione religiosa in ambiente pluralista, la partecipazione a riti
e culti di altre comunità religiose, a partiti politici e gruppi ideologici gli’stili di
spiritualità e di comunità... ».’
Con questa pagina abbiamo esaurito la presentazione delle 6 sessioni dell’assemblea ecumenica apertasi domenica 23 novembre a
Nairobi.
I lettori ci scusino se per la seconda volta
troveranno una 3“ sessione! l’errore era nel
n. 34 in cui abbiamo indicato come 3" la 4‘
sessione.
Dal prossimo numero speriamo di poter
dare le prime informazioni dell’incontro di
Nairobi. Ricordiamo che il Moderatore A.
Sbaffi rapresenta la nostra chiesa, il post. M.
Sbaffi la chiesa metodista, il post. Bertinat e
la sig.ra Elisabeth Delmonte le chiese sudamericane;A. e F. Comba, A. Visco Gilardi e
G. Girardet sono gli altri evangelici italiani
presenti a Nairobi.
5
28 novembre 1975
Chiese liguri a confronto
Pachino
DAVANTI ALLA PAROLA
Una settantina di delegati delle chiese
federate e ospiti delle altre chiese evangeliche della città hanno preso parte all’assemblea annuale della federazione ligure, tenutasi nei locali della chiesa valdese di via Assarotti il 4 novembre.
Il pensiero ispiratore dei lavori è stato
indicato dal pastore Ehos Mannelli nel
suo messaggio sul primo capitolo di Daniele: egli ha ricordato che al tempo di
Nebucadnezar il re muoveva tutte le forze culturali, religiose per formare la mentalità dei giovani ebrei perché lo servissero al posto di Dio; oggi si muovono
altri elementi persuasori per costringere
a pensare ed operare senza la Parola del
Signore ed al servizio degli dei moderni.
Urge perciò l’umile e perseverante riflessione sulla Parola di Dio perché sappiamo discernere con intelligenza la via
da seguire di fronte alle scelte nel campo culturale, politico e nel modo di annunziare Cristo nel nostro tempo.
La Parola ci libera dai compromessi e
dalle confusioni; l’oratore ha ricordato a
mo’ di esempio il documento ecumenico
di Accra sul Battesimo, Santa Cena e
Ministerio, frutto d’un compromesso teologico molto pericoloso.
I PROBLEMI D’OGGI
La relazione del Consiglio non si è limitata ad un semplice resoconto; ha affrontato tutti i problemi che si collegano
con l’annunzio dell’Evangelo, con un’analisi approfondita dell’ambiente dove si testimonia, deH’organizzazione dei servizi
quale strumento del Signore per il suo
piano di salvezza, analisi critica dell’azione evangelistica passata e le prospettive
future, con riferimento alla formazione
dei quadri, al rapporto con le altre chiese evangeliche, coi giovani ecc.
Il dibattito si è mosso sul tema: Evangelo e vita concreta. Dai vari interventi
si sono potuti cogliere due orientamenti:
per alcuni la salvezza è soprattutto un
fatto interiore e non riferibile ai problemi della vita politico-sociale, nel cui contesto si rischia di « emarginare » Cristo,
di escluderlo dal rapporto personale quale liberatore del cuore.
Per altri la liberazione di Cristo è totale e coglie perciò tutti gli aspetti della
vita; diversamente Cristo rischia di diventare un talismano, un portafortuna
che ci tutela singolarmente nella salute,
nel benessere, senza scalfire l’amara realtà con cui ci si scontra. D’altra parte anche per questa corrente si tende ad accentuare l’aspetto squisitamente politico,
con conseguente accantonamento dei valori della pietà come la preghiera e la
riflessione biblica.
Nel corso dei lavori sono stati presentati ed accettati alcuni ordini del giorno, riferiti i seguenti argomenti: Formazione dei quadri, decentramento, sostegno dell’attività evangelistica in collaborazione con le chiese federate, studio dei
rapporti con le chiese della Toscana,
presa di posizione sulla situazione spagnola in vista della liberazione dalla ti
Sestri
Sampierdarena
Le due scuole domenicali hanno preparato con incontri vari di riflessione
biblica il culto della domenica 19 tenutosi nelle due chiese; monitrici e bambini in un clima di spontaneità e di profondità ad un tempo hanno presieduto
i due culti, consentendoci di bene sperare per una linea sempre più comunitaria
della predicazione e dell’attività della
chiesa.
Pietro Grua della comunità del Risveglio di Torino ha dato un forte messaggio alle due chiese recando una nota
sempre viva e apprezzata da tutti.
Domenica 9 novembre la comunità di
Sestri ha espresso la sua grande gioia e
riconoscenza alla signora Ammenti vedova del Pastore col quale per sei anni,
dal 1921 al 1927 ha condiviso esperienze
luminose di attività evangelistica nella
città, nonché di azione sociale a beneflcio dei più miseri, quale segno dell’amore del Signore. Quel periodo è ricordato
come uno dei più ricchi di vita spirituale
e di comunione fraterna. Con la signora
Ammenti erano anche presenti tre dei
quattro figli ed una nipote dislocati a
Verbania, Terni e Genova. Ringraziamo
la sorella Ammenti per la sua venuta e
le parole di incoraggiamento, di fede che
ha saputo dare a tutti nonostante l’età...
La nostra simpatia alle famiglie Avvenente e Bortolotti per la dipartita di Bice
Avvenente, deceduta dopo lunghi anni di
prova.
rannia; su questo ordine del giorno qualcuno ha ricordato come le forme tiranniche ed assolutiste allignano là dove il
Signore è solo copertura oppure la dove è rifiutato; sono seguiti ancora due
altri ordini del giorno: l’imo di richiamo
agli organi federativi nazionali per una
risposta al documento di Accra e il secondo di richiamo agli organi nostri responsabili per un maggiore spazio radiotelevisivo ed un’orario più decente per
gli Evangelici.
In tema di Finanze si è prospettata una
spesa di un milione da ripartirsi secondo
criteri emersi dalla discussione e precisati dal Consiglio.
GONGLUSIONI
Si è proposto ed accettato un altro incontro per discutere la relazione in riferimento alla parte dell’analisi sociopo
litica; si è dato il benvenuto alle chiese
del Basso Piemonte che hanno aderito
alla Federazione. Si è dato il benvenuto
alle chiese ospiti Fratelli, Chiesa cristiana di Imperia, Luterana, Apostolica, Battista di via Vernazza. Si è confermato il
Consiglio precedente nelle persone di
Massimo Romeo, Paolo Marauda, Valdo
Saccomani, Enos Mannelli, ing. Ghelli.
L’unica variante: il pastore Marauda
per motivi di salute ha lasciato l’incarico della presidenza ed al suo posto è
stato eletto Massimo Romeo.
Il seggio presieduto dal dr. Becchino
con la collaborazione di Romano Peretti
ed Elisa Ratto ha diretto i lavori con la
competenza e pazienza ben nota. Valdo
Saccomani oltre al contributo per la relazione ha svolto la missione di «travet » per la parte logistica.
Gustavo Bouchard
Un gruppo di fratelli della comunità si
è radunato durante la settimana dal 10
al 16 novembre, ogni sera, per leggere e
discutere insieme il documento diffuso in
vista della conferenza di Nairobi « Gesù
Cristo libera ed unisce ». Il risultato di
questi incontri è stato presentato nel corso del culto di domenica 16 sotto forma
di un documento. Vi si auspica che la
Conferenza indichi modi autentici di una
testimonianza cristiana, riaffermando la
necessità di una liberazione storica dell’uomo di oggi ed auspicando un affiancamento di tutte quelle forze che lottano
nel mondo per la liberazione dallo sfruttamento ed oppressione.
Il gruppo ha lamentato che il materiale preannunziato in vista della riflessione
comunitaria sul tema di Nairobi non sia
giunta in quantità sufficiente, il documento stampato è poco documentato, la stampa non ha fornito tutto quello che ci si
sarebbe aspettati.
Firenze
L’assemblea valdese del 30 novembre
sarà di particolare interesse. Non solo si
procederà alla elezione (o rielezione) di
alcuni membri del Consìglio, ma alla elezione dei delegati alla Conferenza distrettuale di Roma (14 dicembre) seguirà la
esposizione di un’altra parte dei lavori
sinodali e quindi una relazione sulle prime ’esplorazioni’ fatte in vista delle elezioni pastorali di marzo ’76.
• Una ventina di amici, che in estate
hanno partecipato al campo famiglie
presso l’Istituto Casa Cares, si sono ritrovati ancora a Reggello domenica scorsa. È stata una giornata bella e utile. Una
riprova in più di quanto può essere utile
un ’centro’ in piena campagna. Ma il tempo e l’abbandono stanno compromettendo ogni eventuale iniziativa. Il nostro augurio è di poter vedere risorgere questa
opera evangelica.
Abruzzo e Molise
XII Circuito
Domenica 16 novembre si è riunita in
Pescara, nei locali della chiesa evangelica
metodista, l’assemblea costituente il 12”
Circuito riguardante le chiese, metodiste
e valdesi, che sono presenti in Abruzzo
e nel Molise. Una trentina tra deputati,
pastori e rappresentanti le attività (FO
EI, attività femminile, scuola domenicale, capi gruppo ecc.). A presiedere i lavori è stato nominato il pastore Sergio
Aquillante incaricato dal Comitato Permanente e dalla Tavola Valdese di convocare tale assemblea costituente. All’ordine del giorno, oltre alle elezioni regolamentari, due i temi fondamentali: l’evangelizzazione oggi nel mezzogiorno italiano, il progetto di una redazione regionale del settimanale « La Luce ».
Partendo da un documento preparato
da Gianna Sciclone riguardante un’ipotesi d’inchiesta delle comunità del mezzogiorno (documento che dovrà servire
per il lavoro dei gruppi giovanili in Italia) jsi è potuto esaminare come è avvenuta l’evangelizzazione nel sud, chi è stato «evangelizzato» (artigiani in città e
contadini in campagna), i motivi dello
spostamento di alcune posizioni politiche
delle comunità (liberali nell’SOO ed oggi
conservatori e moderatori), e i risultati
della predicazione (importante è sottolineare che oggi i gruppi vivono soprattutto per un consumo del momento religigoso avendo perso il senso del loro esistere), le attività sociali e le scelte da fare (soprattutto un rilancio evangelistico
e superamento deU’anticlericalismo puro).
Il dibattito è stato serio e con molti
interventi. Quasi tutti hanno sottolineato
che vi è stato un particolare modo; nel
passato, di gestire l’evangelizzazione riproducendo nell’opera della chiesa la politica meridionalistica svolta dai dirigenti
politici del nostro paese: il sud inteso
come serbatoio di uomini e mezzi per un
lavoro al nord. L’opera d’evangelizzazione
si è svolta con uno spirito «colonialistico », per cui sono comprensibili le difficoltà attuali, ad esempio, di reperire materiale di stampa adatto. Altri hanno sottolineato che ormai specie nei piccoli centri, i confini sono ben precisi tra cattoli
ci e protestanti, e per noi è difficile avere la possibilità, di superare tali confini.
Necessità di ritrovare una «linea» di lavoro che sia il risultato di un lavoro comunitario. È stato detto che il Consiglio
di Circuito dovrà avere il ruolo di intermediario tra l’elaborazione a livello nazionale di tale « linea » la si è intesa come una lotta a quella cultura e a quel
tipo'di modello di vita che oggi può essere chiamata «cultura cattolica». Dunque un nuovo tipo di anticlericalismo che
ripropone al nostro paese la formazione
di un diverso modello di vita.
Al nuovo Consiglio sono stati dati dei
mandati molto precisi: proseguire il dibattito sull’evangelizzazione oggi e esaminare il lavoro della commissióne referente nominata dall’assemblea per la
preparazione di materiale adatto all’evangelizzazione, compiere un lavoro di intermediario nell’elaborazione della «linea»
dì lavoro, e avere una assemblea di circuito durante l’inverno.
L’assemblea ha poi accolto una decisione presa dall’ex Circuito metodista, cioè
organizzare una redazione regionale del
settimanale « La Luce » non solo per una
capillare campagna abbonamenti e per la
propaganda, ma per la formulazione di
materiale da pubblicare quali studi, inchieste, ricerche ecc.
Una nota a conclusione. Nel dibattito
sul tema dell’evangelizzazione si è molto
parlato di un nuovo anticlericalismo. Come risultato i componenti del Consiglio e
il Sovrintendente sono stati eletti tutti
laici! Cian Franco Santoleri (sovrintendente), Franco Monaco, Antonio Matacchione. Flora D’Angelo, Elio Piacente
(membri).
Un segno di maturità? Nuovo modo di
intendere il ruolo del pastore nella chiesa? (infatti nella commissione referente
che deve lavorare per produrre un materiale particolare sono stati nominati
due pastori). Noi lo speriamo.
Giovanni Anziani
Campania
XIII Circuito
In applicazione dell’O.d.G., votato dal
Sinodo congiunto 1975 sulla costituzione
dei Circuiti, con mandato del Comitato
Permanente e della Tavola, il pastore
Paolo Sbafa ha convocato l’Assemblea
costituente del 13” Circuito, che ha avuto
luogo il giorno 8 novembre u.s. a Napoli
nei locali della Chiesa Valdese di Via
dei Cimbri.
Hanno partecipato all’Assemblea, con
voce deliberativa, i pastori, i deputati nominati da parte dei rispettivi Consigli e
i membri ex-officio delle Comunità di Salerno, Caivanno, Portici, Al vignano, Napoli (Via dei Cimbri) e della Valdo-Metodista di Napoli (Vomero).
All’o.d.g.: l’illustrazione della nuova
struttura circuitale, indicazioni di massima per il lavoro del Consiglio di Circuito
e reiezione del Consiglio.
L’Assemblea, in attuazione dell’art. 5
che regola le norme della costituzione del
Consiglio, avendo facoltà di decidere di
eleggere, oltre il sovraintendente, due o
quattro membri, ha deliberato, perché
tutte le Comunità del 13” circuito potessero essere rappresentate in seno al consiglio, di eleggere quattro membri.
Le votazioni si sono svolte in due tempi. L’Assemblea ha eletto prima il sovraìntendente nella persona del pastore Paolo Sbafa e con successiva votazione i
membri: pastore Salvatore Carcò (Napoli, Via dei Cimbri), Rosanna Nitti (Napoli, Vomero), Geppino Siameli (Comunità di Portici), Mario Cartoni (Comunità di Salerno).
Il Consiglio eletto provvederà alla nomina al suo interno di un segretario ed
un responsabile alla diffusione ed ai contatti stampa con il settimanale «La Luce».
Maria Papale
Notiziario della Federazione
Giovanile Evangelica Italiana
Programma per il 1975. Entro la fine
dell’anno si prevede: l’avvio della campagna di adesione alla EGEI per il 1976,
l’avvio del lavoro delle commissioni (Bibbia - chiesa - polìtica - esteri), la preparazione dei campi invernali. Ricordiamo,
come già pubblicato, i temi dei due campi invernali. Il campo di Agape — 1(X)60
Frali (TO) — avrà per tema «Il Portogallo e la sinistra italiana », avrà luogo
dal 27 dicembre al 4 gennaio ’76, sarà diretto da Giorgio Gardiol ed Eugenio Rivoir. Costo L. 35.000 (10.000 di caparra).
Il campo di Ecumene — 00149 Velletri
(Roma) — avrà per tema « La questione
cattolica » si terrà dal 27 dicembre al 3
gennaio ’76. Costo L. 25.000. Per entrambi i campi sono a disposizione un limitato numero di borse (viaggio o campo).
Le richieste vanno indirizzate alla cassiera della FGEI, Erminia Granatelli, Via
Calabria 2/d, 20075 Lodi, e avranno la
precedenza le domande dei membri FGEI,
secondo l’ordine di arrivo delle richieste
stesse.
Il lavoro delle commissioni. La Commissione Biblica (coordinatore E. Rivoir,
Agape) intende fornire non tanto del materiale già elaborato, quanto delle schede
di lavoro per un approfondimento dello
studio biblico nelle varie situazioni. La
commissione Chiesa, coordinatore Aldo
Ferrerò (Via Vola 30, 10062 Lusema San
Giovanni) per il Nord, Rosanna Nitti
(Via San Giacomo dei Capri, 125, 80131
Na.) per il Centro, e Mario Berutti (Via
Damareta, 6, 92100 Agrigento) prevede
un’analisi generale su alcune comunità e
su alcune strutture assemblear! della
chiesa. Un’analisi delle principali opere
della chiesa. Un’analisi del rapporto
FGEI-Strutture della Chiesa. Per la costituzione di un archivio il più possibile
completo sulle attività dei gruppi FGEI
s’invitano tutti i gruppi ad inviare ad
Agape documenti, circolari ciclostilati. La
commissione politica (coordinatore Francesca Spano, casella postale 36 - Pinerolo) ha predisposto un documento, che
verrà quanto prima sottoposto ai gruppi, esso contiene una serie di chiarimenti anche in vista del rapporto con i « Cristiani per il Sociahsmo». È stata nominata anche una Commissione Esteri,
coordinatore Renato Maiocchi (via Firenze 38, 00184 Roma) con il compito di
curare i rapporti con organismi o movimenti giovanili evangelici stranieri.
6
6
a//e valli oggi
AL COMUNE DI PINEROLO
Nairobi e Non basta l’opposizione
L. CapoviUa
cronaca
Conferenza Distrettuale
Da sempre il vice direttore dell’Eco del
Chisone si è segnalato per la penna pungente, a volte acre, spesso dissacratoria,
e per lo stile paradossale; è un continuo
salto mortale, ira gli argomenti e le tesi
piu disparate, a volte sottile come un moscerino a volte autorevolmente caustico
come la migliore pubblicistica cattolica.
Da quando è di residenza a Pinerolo si è
fatto vieppiù dinamico ed il suo settimanale è diventato negli ultimi numeri ricco di suggerimenti e di interventi, di interrogativi e di proposte sue. Vorremmo
dirgli col vecchio adagio: « troppa grazia
sant’Antonio! Troppa grazia! » ma in fondo si tratta sempre dello stesso argomento: il problema dei valdesi e dei cattolici.
Senza entrare in polemica qualche precisazione ritengo vada fatta su quanto ha
scritto di recente.
Anzitutto sulla questione di Roma e di
Torre Pellice. Riprendendo il mio articolo sulle dichiarazioni del cardinale Poletti (molto onorato di vedere che le mie
osservazioni sono condivise anche a Pinerolo) egli dice: Tourn pretende che Roma sia una città come le altre, come tutte, «scherziamo... nemmeno Torre Pellice
è una città come le altre, nemmeno la
Balziglia... ».
Cosa vuol dire questo ragionamento?
Vuol dire « noi ci abbiamo Roma come
voi ci avete la Balziglia e Torre Pellice »,
cambia la proporzione ma la minestra è
la stessa, ci tenete alla vostra Torre Pellice? Si certo, e noi ci teniamo alla nostra
Roma. Musica già suonata altre volte...
« voi avete i pastori che comandano, noi
il vescovo che è unità, voi la prassi noi le
tradizioni, voi il collegio e noi i salesiani,
voi il matrimonio civile in chiesa e noi il
Concordato. Siamo pari, in quanto a difetti siamo uno a uno ».
E tutto questo con umorismo! Abbiamo una rubrica intitolata «Aria di Roma»
dove si valutano criticamente le posizioni
cattoliche? Eccoti il nostro giorncdista don
Trombetto che ti fa il verso ed intitola il
suo articolo « il cardinale e., l’aria di Torre... »; l’idea è carina: « macché aria di
Roma... andate a respirare l’aria di Torre... non è migliore in quanto a purezza ».
Argomentare non serve, chi ha un’idea
non la lascia. Anche un bambino capisce
che per un valdese Torre. Pellice non è
come Roma per un cattolico, anche se le
è affezionato, ma don Trombetto non è un
bambino.
Gli manderò, ma già lo ha comprato, il
w. 3 della rivista « Tuttolibri » dove sta un
bell’intervento di monsignor Loris Capovilla su Roma, la « città amata da Dio »
come disse papa Giovanni. Interessante
pagina tutta pervasa dell’aria romana, c’è
perfino Gogol, e che contiene questa bella citazione del papa:
« Possa tu in ogni tempo corrispondere
alla tua preclara vocazione in faccia al
mondo e al cospetto della Chiesa universale. Con la voce, con le opere, con gli
esempi del popolo tuo saggio e generoso,
e di quanti dai vari punti d’Italia e del
mondo qui convengono, possa tu esprimere la sostanza viva del Vangelo: che è
annuncio di redenzione e di pace, presidio
di vera civiltà, ornamento ed arricchimento della persona umana, delle famiglie e
dei popoli » (1960).
Scherziarrio! Neppure nei suoi migliori
momenti di commozione e di partecipazione il moderatore Sbaffi avrebbe detto
questo di Torre Pellice!
E così siamo giunti senza volerlo a
monsignor Capovilla e qui una parolina
ci sta ancora. Ha tenuto venerdì scorso
una vivace e lucida conferenza in seminario dal titolo « Cristo libera ed unisce,
la testimonianza di papa Giovanni ». Della
conferenza non dirò (era la teologia giovannea in termini moderni) ma del titolo
dirò. Tutti sanno che il motto «Cristo libera ed unisce » è stato scelto dalle chiese membro del Consiglio ecumenico per
il loro incontro di Nairobi, iniziato domenica. Utilizzarlo con il sottotitolo «la testimonianza di papa Giovanni » è molto
bello perché vuol dire che anche la diocesi pinerolese si unisce alla ricerca ecumenica, fa suo e si appropria quella tematica
ed intende dare la sua risposta, il suo
contributo. E quali sono: papa Giovanni
e la teologia della chiesa povera.
Altro si era pensato e proposto di fare
in vista di Nairobi, di lavorare e studiare
a livelli di « base », come usa dire l’Eco
del Chisone, i documenti, costituire gruppi ecurnenici, non di preti e pastori, ma
di laici per riflettere insieme sul tema
La giunta che amministra il Comune
di Pinerolo dopo il 15 giugno è monocolore democristiana. Alla sua elezione —
luglio — si è arrivati dopo
il fallimento di ogni tentativo di costruire il centro sinistra. I socialisti infatti
ponevano la pregiudiziale che l’eventuale
amrmmstrazione di centro sinistra avesse 1 appoggio anche del PCI che è il partito c^ ha maggiormente beneficiato del
voto p altra parte il PCI rispondeva che
era disponibile solamente per una amministrazione che accettasse integralmente
Il pro^amma della sua campagna elettorale Cosi, m mancanza di un accordo
s^l onentamento politico, si è giunti alla
elezione della giunta appoggiata dall’inScrima e dal gruppo misto
del PRi e ex PSDI, con l’astensione significativa del PSI. ®
V, di amministrazio
ne, l attività della giunta è stata caratterizzata da una profonda incapacità a vedere 1 problemi della città in un quadro
di programrnazione degli interventi, sia
tenendo conto delle esigenze del costruendo comprensorio di Piinterventi proposti
ancora ad una vecchia logica del rafforzamento del potere democri
stiano nella città secondo le diverse
«clientele»: ciascun assessore infatti ha
presentato delibere che interessano il suo
campo di azione senza una visione d’insieme. Chi con più arroganza, come l’assessore Manduca, che ha imposto una delibera per l’esecuzione di tre opere liriche con una spesa di 17 milioni e mezzo
di cui tutti i consiglieri ne hanno rilevato
i limiti artistici.
L’opposizione del PCI, Democrazia Proletaria, e del PSI ha evidenziato i suoi
limiti che derivano da una assenza di lotte sul terreno sociale, limitandosi ad una
opposizione « tecnica » sulle varie proposte ^ delibera e ad una affermazione —
mediante ordini del giorno — della necessità per il comune di una politica di
programmazione a livello comprensoriale.
Nei prossimi mesi la giunta proporrà
all’approvazione del consiglio il bilancio
e qui si avrà un banco di prova per l’opposizione in vista della costruzione di un
programma amministrativo che affronti i
reali problemi della città e del comprensorio che sono in primo luogo l’occupazione e lo sviluppo industriale, la politica
dei trasporti, della pubblica istruzione,
dei servizi sociali e sanitari e della partecipazione dei cittadini alle scelte.
ALL’OSPEDALE DI TORRE PELLICE
Servizio di pronto soccorso ?
La recente campagna elettorale per il
Comune di Torre Pellice ha coinvolto anche il nostro Ospedale. Ciò pare logico in
quanto i servizi ospedalieri rappresentano attualmente un punto carente della
organizzazione sanitaria della Valle.
In un articolo comparso su « Il Pellice » e riprodotto in manifesti, era contenuto — tra gli altri — un punto programmatico concernente la richiesta delTapertura di un poliambulatorio Inam e
l’istituzione di un servizio di Pronto Soccorso presso l’Ospedale Valdese, testé
classificato. Rispondeva il Sindaco — tramite un ciclostilato — che, mentre pareva assurdo richiedere alTInam (proprio
quando questo ente sta per disciogliersi)
un poliambulatorio, pareva d’altra parte
poco chiedere alTOspedale un servizio di
Pronto Soccorso quando come Ospedale
classificato questi dovrà attuare anche i
servizi poliambulatoriali.
L’Ospedale, classificato zonale per Lungodegenti e Convalescenti, deve sottostare alle disposizioni che regolano l’organizzazione degli Ospedali di tale classifica:
esse sono contenute nella Legge n. 132
(Legge Mariotti) dal 1968 e nella Delibera
Regionale del 30 aprile 1975. Mentre la
Legge Mariotti era poco esplicita al riguardo, la Delibera Regionale affronta in
pieno il problema del Pronto Soccorso,
proponendo una completa riorganizzazione di questi delicati servizi. La delibera
parte dal presupposto che un servizio di
Pronto Soccorso debba essere in grado
di affrontare tutte le evenienze che possono capitare nella medicina d’urgenza:
e, poiché è impossibile che ogni ospedale
possa far fronte a tutte le complesse esigenze del caso (attrezzature, equipes specialistiche), vengono creati i « Dipartimenti d’emergenza ». Questi dipartimenti
saranno organizzati in modo da funzionare 24 ore su 24, e saranno dotati di attrezzature all’uopo e di un’organico medico
ed infermieristico, di autoambulanze e
saranno collegati da una centrale operativa Regionale — con eventuali sedi decentrate — alle quali verranno inoltrate
le richieste di urgenza.
Viene quindi programmato un ampio
piano di interventi, con assoluta priorità
dell’evangelizzazione che tanto sta a cuore a molti. Si era pensato... ed eccoti buono e paterno papa Giovanni, prima come
teologo e poi (nella seconda parte della
serata) vecchio contadino caro ed umorista.
La presenza di Capovilla alla vigilia di
Nairobi può significare tante cose per la
diocesi di Pinerolo, anche un invito a rinnovarsi, a crescere, ma a noi valdesi cosa
dice? « Andate pure a Nairobi, interrogatevi sul problema della unità della chiesa
e della liberazione dell’Evangelo, noi già
queste cose le sappiamo, già risolte dell
Concilio e papa Giovanni ». È questa l’aria
di Roma che non fa per noi, l’aria di una
città che sarà « amata da Dio » ma certo
fu detestata dagli uomini come poche, ed
a ragione.
Giorgio Tourn
verso gli altri settori ospedalieri, che partendo daH’analisi delle carenze attuali
getta le basi verso una assistenza qualificata. In verità molto di quanto programmato era già compiuto in molti ospedali, pur con enormi difficoltà (personale,
attrezzature e locali insufficienti L ma la
delibera Regionale unitamente ad una
riorganizzazione dei servizi già prestati,
introduce il concetto del dipartimento —
inteso come regolazione di un lavoro di
equipes —' e dà, finalmente, alle Amministrazioni ospedaliere le possibilità, legislative ed economiche per la realizzazione
di questi importanti servizi.
I Dipartimenti d’Emergenza saranno di
due livelli: a quelli di primo livello saranno indirizzati coloro che abbisognano di
prestazioni d’urgenza di base (chirurgica,
ostetricia, rianimazione) con eventuale
necessità di specialisti, mentre a quelle
di secondo livello saranno inviati — vuoi
direttamente, vuoi indirettamente dai dipartimenti di primo livello — quei casi
necessitanti anche di interventi di altissima specialità (cardiochirurgica, chirurgia
vascolare, unità coronarica, rene artificiale etc.).
La creazione dei Dipartimenti proposta
dalla vecchia Regione, è stata portata
avanti nella sua applicazione pratica
dalla nuova Regione e del tutto ultimamente sono stati riconosciuti nel Piemonte gli Ospedali che saranno sede dei Dipartimenti d’Emergenza: essi sono 24, di
cui 20 di primo livello ed i rimanenti di
secondo livello.
Per quanto concerne il Pinerolese,
l’Ospedale Civile di Pinerolo è stato riconosciuto quale sede di Dipartimento di
primo livello.
La Delibera Regionale prende anche in
considerazione il Servizio di Pronto Soccorso in quegli Ospedali, nei quali la mancanza di Divisioni di Chirurgia, OstetHcia
e dei Servizi di anestesia non rende possibile l’istituzione dei Dipartimenti, ed affferma che il Pronto Soccorso in detti
Ospedali deve essere espletato dai sanitari in presenza continuativa i quali svolgeranno anche il servizio di guardia interna e di accettazione: il presidio deve essere dotato di attrezzature minime
per la rianimazione e fornirà cure urgenti di Pronto Soccorso: il servizio mantiene il collegamento con i dipartimenti
di emergenza più vicini, per la completezza delle cure » (art. II).
A norma di questo articolo si intravvede quindi la certezza che il nostro Ospedale di Torre Pellice potrà possedere questo tipo di servizio, non appena i posti
d’organico dei Sanitari saranno coperti.
Presso l’Ospedale di Pomaretto funziona già da alcuni anni detto servizio fornito di attrezzature di rianimazione ben
superiori a quelle proposte dalla Delibera
Regionale, ed a Torre Pellice potrà essere fatto altrettanto.
Pur con la dovuta prudenza si può affermare che entro il 1976 l’Ospedale di
Torre Pellice potrà disporre di questo servizio e ci auguriamo che siano veramente
pochi coloro che dovranno averne bisogno.
Dario Varese
La conferenza ha luogo a Pomaretto
nel tempio valdese lunedì 8 dicembre.
9.30: culto di apertura.
9.45: inizio dei lavori sul tema dell’insegnamento del catechismo.
14.30 - 17: Attività di circuiti, elezioni,
varie.
L’orario definitivo dei lavori sarà fissato dalla Conferenza stessa.
L’Art. 8 del regolamento approvato dal
Sinodo riguardo alla Conferenza dice:
Art. 8 - Compongono le conferenze:
1° - Con voto deliberativo:
a) il presidente o in sua vece, in caso di impedimento, il vicepresidente del
consiglio o concistoro di ogni chiesa locale;
b) un deputato per ogni chiesa locale avente meno di 100 membri comunicanti; due per le chiese locali da lOO a
400 membri; tre per le chiese locali aventi più di 400 membri;
c) i ministri iscritti nei ruoli tenuti
dalla Tavola addetti alle chiese locali del
distretto ;
d) i membri in carica della commissione esecutiva distrettuale;
e) i presidenti dei'comitati che presiedono agli istituti od opere valdesi e
metodiste del distretto ed i loro rispettivi direttori; i componenti effettivi della
CIOV residenti nel distretto;
f) una rappresentanza delle organizzazioni femminili delle chiese del distretto ;
g) i segretari regionali della EGEI residenti nel distretto;
h) i membri della commissione d’esame.
2° - Con voce consultiva:
a) i candidati ai ministeri sotto prova iscritti nei ruoli tenuti dalla Tavola
che lavorano nel distretto;
b) i membri delle commissioni ad referendum nominate dalla conferenza;
c) i membri della Tavola; i membri
delle commissioni sinodali amministrative residenti nel distretto;
d) gli altri ministri iscritti nei ruoli
tenuti dalla Tavola residenti nel distretto.
Lettera aperta
ad un giudice
di Pinerolo
Signor Giudice,
Le vorrei parlare di quella sua sentenza che assolve « per insufficienza di
prove». Si tratta di questa formula.
Ella certamente amministra la giustizia nel nome del popolo italiano e qui
IO, come cittadino, mi dissocio da lei
e discuto la sua sentenza.
La giustizia avrebbe voluto che lei,
inquadrata la questione nelle sue vere
proporzioni, rinviasse il tutto al consiglio dei genitori interessati ed agli altri organi collegiali della scuola (sede
fiuturüle del dibattito) ed esortasse ad
un più utile impiego del tempo quei
cittadini che avevano pensato di scomodarla con delle accuse roboanti e
sproporzionate.
Invece lei assolve, ma «per insufficienza di prove ». Assolve, Signor Giudice, perché non può condannare, perche si rende conto che qui non può
esserci nulla di condannabile dal suo
punto di vista. Ma poi mette il veleno
rwlla coda. Il caso non era lampante?
Di quali altre « prove » voleva disporre se la discussione verteva su un libro stampato, pubblicato, diffuso e
letto da chi vuole? O allora perché non
incriminare il libro? Certo non sarebbe la prima volta che i libri diventano
imputati nella storia della nostra giustizia.
Ma no. Ella ha assolto per insufficienza di prove. Da semplice cittadino
cerco di capire le ragioni di questa
sua sentenza, a) Ella forse ha voluto
dimostrarsi indipendente, non dare ragione né agli uni né agli altri, assolvere una parte e nello stesso tempo dare
una strizzatina d’occhi dall’altra, come
dire: vedete, devo assolvere l’imputata, ma con qualche briciolo di « prova » in più potevo condannarla. Se è
COSI la sentenza non può essere indipendente, perché “ammicca” visibilmente. b) Oppure Ella ha voluto rivolgersi all accusata e farle intendere: baassolta, ma solo per insufficienza di prove, che sarebbe un
discorso intimidatorio.
Signor Giudice, Ella non ignora le
obiezioni dottrinali che vengono sollevate contro questa formula assolutoria, COSI palesemente ipocrita e che
molti vorrebbero veder scomparire dai
nostri codici. Usata in questo caso, in
questo contesto, quale significato può
finir per avere, fuori dei due che ho
elencato?
Sergio Rostagno
7
delle valli
CIRCOLO DIDATTICO DI TORRE RELUCE
Pomaretto
__ _ -m -m m. m -w ,GU abbonamenti al giornale possono
Il commento lo lasciamo ai lettori
__________________________________________________________—--- gno assunto.
Egregio Direttore,
Le inviamo una copia di bozza di regolamento
per « Assemblea dei Genitori » per il Circolo Didattico di Torre Pellice.
Come Le risulterà evidente tale regolamento
è in contrasto con lo spirito e con la lettera dei
decreti delegati.
Dalla lettura dello stesso appare chiaro l’intento di scuotere l’Assemblea di ogni possibilità di
discussione e quindi della sua stessa ragione di
essere, accentrando nella figura del Presidente
poteri dittatoriali.
Da notare che il proponente ha assunto la carica di Presidente in modo discutibile
Gradiremmo che sul suo giornale apparisse,
nel prossimo numero, un suo adeguato commento.
Distinti saluti.
Un gruppo di genitori (seguono le firme)
Art. 1 - L’Assemblea è l’organo di base che
esprime la volontà dei genitori.
Art. 2 - L’Assemblea, nella prima seduta di
formazione, elegge a scrutinio segreto il Presidente cbe dura in carica per anni....... fatta sal
va la premessa di decadimento automatico quando venga a cessare la prerogativa essenziale di
genitore/trice avente figlio/a ottemperante alla
Scuola Elementare.
Il Presidente può nominarsi o far nominare in
Assemblea un Vice-presidente.
Art. 3 - Data la particolare dislocazione geografica dei vari Plessi Scolastici del Circolo di
Torre Pellice, il Presidente può nominare un Comitato Presidenziale nel quale sia inserito almeno un esponente di ogni Comune che compone il
suddetto « Circolo Didattico ».
Art. 4 - Il presidente nomina il Segretario e
può sostituirlo solo per assenza o per decadimento.
Art. 5 - L’Assemblea può chiedere la revoca di
nomina del presidente quando i due terzi degli
Perrero
Le prime nevicate stagionali hanno riproposto ai Comuni della Val Germanasca il problema dello sgombero della neve e il possibile acquisto di mezzi idonei.
Sabato 22 novembre, il presidente della Comunità Montana Maccari ha convocato gli amministratori locali per esaminare le loro richieste in proposito. La
Com. Montana ha messo in bilancio 50
milioni per l’acquisto di mezzi sgombraneve e, per quanto non siano ancora state fissate le modalità d’intervento, si potrebbe contare su di lih contributo del
50%. Questo non risolve ancora il problema, perché il più modesto dei mezzi
sgombraneve costa più di 20 milioni e i
Comuni non li hanno. La Comunità
Montana quindi contrarrebbe un mutuo
e la spesa residua si risolverebbe per i
bilanci comunali nel pagamento di tante rate annue.
La proposta ha incontrato molte perplessità soprattutto nei rappresentanti
dei Comuni di Perrero, Salza e Massello, che hanno presentato le diverse situazioni delle strade comunali. Meno interessati Frali, che ha già un suo mezzo, e
Pomaretto, dove le nevicate sono meno
abbondanti.
Dopo aver chiesto al presidente Maccari di aumentare il contributo, si è ritenuto di doversi orientare sull’acquisto
di un mezzo che non serva soltanto nei
mesi invernali, ma per tutto l’anno, inviando poi alla Comunità Montana ima
relazione sullo stato delle strade comunali e sull’utilizzazione pratica del mezzo
prescelto, in modo che per il prossimo
inverno si possa prendere una decisione.
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aventi diritto presentando motivazione sottoscritta
sottopongono all’Assemblea stessa la richiesta
che verrà messa ai voti con scrutinio segreto.
In caso di conferma di decadimento, nella seduta stessa si procederà alla nomina del nuovo
presidente con votazione a scrutinio segreto.
Art. 6-11 Presidente convoca l’Assemblea, ne
fissa Tordine del giorno e ne dirige i lavori; esercita i poteri disciplinari; rappresenta l’Assemblea nei rapporti con la Scuola.
Il Presidente, su invito del rappresentante d’interclasse, del docente o del Consiglio di Circolo
può partecipare o delegare un membro del Comitato presidenziale alle Riunioni senza diritto
di parola.
Il Presidente, con l’aiuto del Segretario, all’inizio di ogni Riunione, verifica la regolarità
deUa convocazione; provvede a comunicazioni
preliminari e dispone su eventuali questioni di
procedura.
Art. 7 - Tutti i partecipanti hanno diritto di
parola. Esso si esercita per alzata di mano ed indicazione del proprio cognome ed appartenenza
di plesso scolastico.
Il Presidente annota su una lista d’attesa e
concede la parola secondo il turno; può inoltre
stabilire la durata massima degh interventi tenendo conto del numero dei presenti e degli
iscritti a parlare.
Il Presidente può interrompere per evitare divagazioni o correggere termini non consoni; precisare che l’argomento è già stato svolto o lo
sarà successivamente.
Art. 8 - Chiunque dei partecipanti può proporre modifiche di procedura o accorgimenti atti a migliorare l’andamento dei lavori.
Per la mozione d’ordine il Presidente accorderà la precedenza al termine dell’intervento in
corso.
Art. 9 - Chi sì ritiene chiamato in causa personalmente può chiedere al Presidente il diritto
di parala o di replica.
Il Presidente decide, insindacabilmente, se ne
sussistono le condizioni ed eventualmente dirigerà in veste di moderatore il contraddittorio.
Art. 10 - Chiunque può proporre il rinvio o
l’anticipazione di un determinato argomento. Il
Presidente rimette la decisione aR’Assemblea per
alzata di mano dopo aver concesso, se necessario,
brevi interventi — uno a favore e uno contro la
mozione.
Art. 11 - La discussione può essere — per decisione del Presidente — suddivisa in più parti
separando la trattazione generale da queHe particolari o queste ultime tra loro.
Nel corso della discussione possono essere presentate mozioni o ordini del giorno scrìtti e sottoscritti per essere posti in votazione.
Il Presidente — per quanto al paragrafo precedente — può continuare il dibattito o leggere
i documenti presentati quando ritenga maturo il
momento per il loro esame e parimenti consentirà al presentatore di illustrare il testo da porre
ai voti.
Art. 12 - La votazione è stabilita dal Presidente quando ritenga che il dibattito sia stato esauriente sia in ordine agli elementi di conoscenza
sia in ordine aU’esposizìone delle tesi a confronto.
Il Presidente può accordare una breve sospensione dei lavori per dare modo alle parti di con
Luserna S. Giovanni
• Dopo molti anni di fraterna e solidale partecipazione alle responsabilità
del Concistoro, le sig.ne Emma Gonin e
Regina Albarin hanno dato le loro dimissioni per motivi di età e di salute. Ad esse va la viva riconoscenza di tutta la comunità per il lavoro svolto specialmente
nei quartieri loro affidati.
L’Assemblea di chiesa del 21 novembre
riconfermava per il nuovo quinquennio
gli anziani Aldo Richard e Beniamino
Pons e i éiiaconi Livio Gobello e Dino
Bellion ed eleggeva, quale nuovo diacono per il quartiere dei dalla Lantaret la
sig.ra Nini Boer. Ci rallegriamo vivamente con questi fratelli a cui esprimiamo
la nostra solidarietà e la nostra intercessione per il loro lavoro.
La stessa Assemblea ha nominato quali deputati alla prossima Conferenza Distrettuale le sorelle ; Luciana Chauvie,
Franca Plavan e Patrizia Peyrot.
• Lo studio di aggiornamento biblico
programmato per venerd’’; 28 c.m. alle
ore 20.45 presso il salone dell’Asilo Valdese avrà come tema; «Chi è l’interprete della Bibbia?». Insistiamo perché il
maggior numero di fratelli e sorelle partecipino a questa ricerca comunitaria.
• L’interessante opuscolo illustrato dal
titolo «’Luserna San Giovanni nella storia valdese» dovuto alla penna del dott.
Enrico Peyrot, è reperibile a lire 500 presso il banco libri all’uscita del Tempio.
Chi lo desidera si affretti ad acquistarlo
perché non verrà eseguita una ristampa.
• Il culto in lingua francese di domenica prossima 30 c.m. sarà presieduto
dal pastore Giorgio Tourn che ringraziamo fin d^ora per il suo messaggio.
cordare eventualmente emendamento da inserire
nel testo da porre in votazione.
La votazione si esercita per idzata di mano
chiamando prima i favorevoli, poi i contrari ed
infine gli astenuti.
La votazione riguardante « persona » sì svolge
a scrutinio segreto.
Per le operazioni di scrutinio il Presidente ed
il Segretario possono farsi assistere da due componenti assembleari in veste di scrutatori.
Art. 13 - La «mozione» e/o «l’ordine del
giorno » s’intendono approvati quando abbiano
ottenuto la maggioranza assoluta (...) dei presenti
al momento deRa votazione.
Il Presidente dichiara formalmente TaccogUmento o il ritiro della proposta.
In caso d’esito favorevole la proposta diventa
deliberazione deR’assemblea e conseguentemente
comunicata alla Direzione didattica.
Il Segretario è tenuto a verbalizzare le decisioni deU’Assemblea.
Gli interventi dei singoU partecipanti sono
riassunti a verbale soltanto su richiesta formale
degli interessati o su invito del Presidente.
Art. 15 - Gli atti dell’Assemblea sono vàlidi
fino a prova contraria accettata dall’autorità
competente. Copia degU atti dovrà essere trasmessa alla Direzione Didattica p.c.
Art. 16 - Il presente regolamento può essere
modificato dietro richiesta scrìtta già apposta
aU’ordine del giorno dell’Assemblea ed approvati
in queUa sede dalla maggioranza assoluta dei
componenti.
(Note da discutere ed — a mio avviso — da
inserire :
A cura del Presidente PAssemblea verrà convocata con il mezzo più idoneo e possibile con
gg. 7 d’anticipo secondo la seguente procedura:
— ricbiesta aUa Direzione Didattica d’informare tutti i docenti aflSnché facciano apporre
sul Diario scolastico il testo di convocazione con
relativo ordine del giorno;
— richiesta deUa sède di riunione aU’autorità scolastica non fissa ma variante secondo dislocazione dei vari Plessi;
—facoltà al Presidente ed al Comitato Presidenziale di poter far partecipare alle assemblee
esperti con parere consultivo.
Istituti Ospitalieri Valdesi - Torre Pellice
Questi gli articoli della bozza che, con eventuali emendamenti, sarà presentata all’assemblea
dei genitori del Circolo didattico di Torre Pellice. La bozza e firmata dal presidente dell’Assemblea dei genitori, Sig. Gianfranco Bovone, democristiano di Luserna San Giovanni.
I lettori giudichino lo spirito e la lettera di
questa bozza che si commenta da sé. Possiamo
solo augurarci che i genitori non si lascino irreggimentare in questo tipo di disciplina in cui il
rischio di vedersi continuamente tolta la parola
non e certamente segno di democrazia. Red.
Ricordando
Tini Jahier
Ospedale di zona per lungodegenti e convalescenti
Concorso pubblico
E’ indetto il Concorso pubblico per soli titoli
a n. 3 posti di tirocinio pratico nella qualifica di
Assistente di Medicina, presso l’Ospedale Valdese
di Pomaretto.
Termine di presentazione delle domande di
partecipazione: ore 12 del giorno 15.12.1975.
Presentazione delle domande e informazioni
presso Amministrazione degli Istituti C^italieri
Valdesi, Via Caduti per la Libertà,6 - 10066 Torre Pellice - Tel. 0121-91536.
Il Direttore Ammwistrativo: A.
Kovacs - Il Presidente: E. Aime Il Direttore Sanitario: V. Gai
Venerdì 14 novembre... incontro il caro
amico e compagno di scuola davanti al negozio ’^Loremdno^\ Fin dalVestate mi aveva
chiesto una fotografia del prof. Falchi da inserire in una « Storia del Rifugio Carlo Alberto », che stava appunto scrivendo e ciò
perché un giornale locale di parecchi anni fa,
10 aveva informato che il prof. Falchi si era
fatto promotore di una raccolta di fondi in favore del ^Rifugio”. Aveva avuto la fotografia e quel giorno volle assicurarsi che mi
fosse stata restituita; ringraziando ancora aggiunse: « Ora non ne ho più bisogno !»
Così mi è rimasto davanti agli occhi, con
11 suo viso dolce e buono, divenuto minuto,
ma intenso e sorridente e negli occhi azzurri,
tanta luce! La « Luce » che lo ha accolto!
L.F.M.
S. Germano
• Un numeroso gruppo di amici ha
circondato la famiglia di Giovanni Gallian, di anni 62, deceduto in seguito ad
incidente. La salma è stata tumulata nel
cimitero della Turina. Che il Signore ci
dia la preziosa speranza che Egli non ci
abbandona alle soglie della morte.
• Nel corso del culto di domenica 23
novembre abbiamo battezzato la piccola
Nicoletta Frasctala di Aldo e di Alina
Long. Nella stessa occasione, dopo un
culto abbreviato, abbiamo ascoltato i due
relatori Gustavo Ribet e Giancarlo Bounous che hanno fatto un esauriente rapporto sui lavori del Sinodo 1975. Li ringraziamo vivamente per questo accurato lavoro. Sono anche stati eletti i nostri
tre delegati alla Conferenza Distrettuale
di Pomaretto, lassata per l’8 dicembre,
nele persone delle sorelle, Nelly Rostan,
Annamaria Bertalmio, SUvana Tron.
• I lavori per i restauri dello stabile
delle ex scuole continuano in modo rallegrante e speriamo di poterli proseguire grazie all’impegno di tutti.
Prarostino e San Secondo
Pagamento pensioni
dicembre 1975
Per le zone di Prarostino e San Secondo comunichiamo i giorni in cm si effettuano i pagamenti pensionistici;
Giorno 4 dicembre ; categoria PS
5-6 dicembre; categoria VR
9-10 dicembre; categoria IR
11 dicembre; categoria IO
15 dicembre; categoria SO
17-18 dicembre; categoria VÒ.
Tutte le altre categorie tipo lO-COM,
VO-COM, VO-ART, ET, lO-S, SR saranno pagate il giorno 4 dicembre, i ritardatari nei giorni 19-20 dello stesso mese.
Ospedale di Pomaretto
Doni per rinnovo impianti all’Ospedale Valdese
di Pomaretto.
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RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Irma Bouchard n. Long
neirimpossìbìlità dì farlo singolarmente, esprimono il più vivo ringraziamento a quanti sono
stati loro vicini nella triste circostanza.
San Germano Chìsone, 14.11.1975.
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Levi Jahier
nell’impossibilità di farlo personalmente ringraziano tutti coloro che con scritti, fiori e presenza hanno voluto dimostrare la loro simpatia al
Caro Estinto.
Un ringraziamento particolare al Dott. Bertolino ed ai Sigg. Pastori Pons e Genre, ai vicini
di casa, alla Associazione Combattenti e Partigiani ed ai compagni di lavoro del figlio Renato.
Pramollo, 13.11.1975.
RINGRAZIAMENTO
La sorella e i nipoti della compianta
Margherita Pascal
di anni 90
nell’impossibilità di farlo singolarmente esprimono sincera gratitudine a tutti coloro che in qualsiasi modo sono stati di aiuto nella triste circostanza.
San Germano Chìsone, 17.11.1975.
8
8
uomo e società
L'Italia
e l'industria beilica
DAL RIO DELLA PLATA
Donne d'Uruguay
e d'Argentina
Parecchi lettori avranno preso conoscenza della recente dichiarazione del ministro della ricrea scientifica Mario Pedini secondo cui, accantonando « falsi pudori » è hene ed auspicabile che l’Italia
esporti più armi.
La « trovata » dell'on. Pedini lascia veramente perplessi: noi non vogliamo pen6gli sia un « bellicista » ma è indubbio che il pensare di risolvere, sia pure molto parzialmente, i guasti deH’economia nazionale e il deficit della bilancia
internazionale dei pagamenti esportando
armi è per lo meno una questione molto
opinabile.
® Pedini afferma che
ytaha si renderebbe in tal modo autrice
di « un”azione benefica » a favore degli
Stati acquirenti, specie del Terzo Mondo,
che potrebbero così acquistare la loro indipendenza.
Ma lasciamo da parte le idee del ministro che ognuno potrà valutare secondo
la propria ottica e fermiamoci invece un
momento sugli interrogativi che la proposta suddetta ha sollevato fra gli italiani.
QuaTè il ruolo italiano nel mercato delle armi? Quanto lavoro dà Tindustria bellica? Questi interrogativi sono più che legittimi, dato che da noi, al contrario che
in Germania, in Francia, negli Stati Uniti, 1 attività di questo settore dell’indu'stria
viene tenuta il più possibile segreta.
L Italia risulta essere al quinto posto
nella produzione bellica: la precedono solo gli USA, TURSS, la Francia e la Gran
Bretagna. La stessa Germania, assai più
potente (industrialmente parlando) dell’Italia, viene dopo, dato che, almeno ufficialmente, non può vendere armi fuori
dell'area NATO.
In questo momento l’industria bellica,
qui in Italia, è Tunica al riparo della crisi. Se ci si ferma un momento a riflettere
su questo fatto, c’è da essere veramente
amareggiati e pessimisti: ma è possibile
che con tutte le nostre carenze in ogni
settore della nostra società si debba pensare a dover ancora potenziare fabbriche
di morte e si continuino ad eludere i problemi per un puro e semplice vivere civile, problemi che diventano di giorno in
giorno più drammatici ed urgenti?
L’industria bellica italiana, senza tener
conto dei 51 mila addetti agli opifici militari e ai 30 mila civili al ministero della
difesa, occupa 100 mila persone. Nel 1974
il suo fatturato è stato — ufficialmente —
di oltre mille miliardi. Le esportazioni
dichiarate sono sui 250 miliardi, ma da
un’indagine svolta da un settimanale a
La Spezia — capitale delTindustria bellica — viene fatta una cifra di 750 miliardi.
Non è questa la sede per dare un elenco dettagliato delle varie attività belliche
dele singole industrie: ci limiteremo a ricordare che la fetta più grossa dei mille
miliardi ufficiali va alle fabbriche di aerei, quali TAeritalia (50 per cento FIAT e
50 IRI, una delle prime d’Europa), la
Macchi, la Siai Marchetti, la Piaggio,
l’Alfa Romeo. Il più « prestigioso » velivolo bellico prodotto dalla FIAT è il G.
91, tutto italiano, è stato impiegato dal
Portogallo fascista nella guerra coloniale,
dal Sud Africa, da Israele ed è stato adottato dalla NATO.
ni. Ci sono poi i settori dei missili, dei
cantieri navali, delle munizioni delle armi leggere, di quelle pesanti, dei cannoni
dei carri armati. Il suo fulcro è La Spezia, con lo Oto Melara, l’Arsenale, la Patrone, la Usea, TAlinavi, la Termomeccamea, ecc. ecc.
LOto Melara, ad esempio si è recentemente affermata con un obice vincitore
del (^ncorso NATO e venduto in tutto il
mondo. Lo stesso dicasi per un cannone
antiaereo per marina adottato anche dagli Stati Uniti. Ora questo cannone dopo
nuinerosi perfezionamenti non vien più
venduto isolato ma assieme a tutto il sistema composto da radar, centrale di tiro, ecc. al prezzo-base di mezzo miliardo
ma variabile a seconda delTentità della
commessa.
Non ci dilungheremo oltre su questi
macabri elenchi, che ci portano drammaticarnente agli interrogativi iniziali: ma è
possibile che l*Italia non possa affermarSI con delle industrie più « pulite »? E
veramente amaro il dover riconoscere che
un cannone desta assai più interesse di
un complesso sanitario per le malattie infettive.
In questo campo purtroppo sia le forze
politiche governative che quelle di opposizione non ci paiono molto propense a
vedere la questione anche sotto il suo
aspetto morale, umano. Non ci resta che
auspicare che siano le organizzazioni sindacali ad esaminare a fondo questo gra- '
ve problema e dicano un fermo « basta »
al mercato della morte.
La Federazione Femminile Valdese, che
raggruppa tutte le unioni femminili che
lavorano nelle varie comunità d’Uruguay
e dell’Argentina, sta realizzando una serie di incontri in cui si studiano diversi
temi collegati con la partecipazione femminile nella chiesa e nella società attuale.
Uno di questi incontri è avvenuto, con
carattere ecumenico, al Centro Emmanuel
di Colonia Vaidense. Desideriamo far parte sorelle delle comunità italiane di alcuni aspetti della nostra ricerca, che ci
paiono abbastanza interessanti.
« Come sono? Come vorrei essere? ».
Un gruppo di donne di denominazioni
differenti, o senza legami diretti con nessuna chiesa, lavoratrici, maestre, madri
di bambini piccoli o di adolescenti, studentesse, si sono riunite per alcuni giorni di riflessione.
Sotto la direzione della signora Beatrice Melano Couch, che insegna alla facoltà di teologia di Buenos Aires, si formò
un gruppo di lavoro con lo scopo di arrivare a conoscere meglio noi stesse. Anche il modo di lavorare era un po’ diverso da quello tradizionale: di solito si
espone un tema, poi lo si discute e infine si cerca di arrivare a una conclusione.
Stavolta invece, per scoprire come siamo
realmente, ognuna di noi ha scritto su
un foglietto (senza firma, come per ùna
votazione) alcuni aggettivi che ci caratterizzano, rispondendo successivamente a
queste tre domande: come mi vedo? come vedo le altre donne? come vorrei essere?
Come ci vediamo?
Certamente lo specchio in cui ci guardavamo non dava un’immagine molto
la settimana internazionale
a cu ra di tul lio viol
CHI ERA IL « CAUDILLO »
Altro settore decisamente in progresso
è quello elettronico, consistente in equipaggiamenti radar e per telecomunicazio
Comìtato di Redazione: Bruno Bellton, Valdo Benecchì, Gustavo Bouchard, Niso De
Michells, Ermanno Genre, Roberto Peyrot,
Paolo Ricca, Giampaolo Ricco, Bruno Rostagno, Giorgio Tourn, Tullio Viola.
Direttore: GIORGIO TOURN
Direttore responsabile: GINO CONTE
Amministrazione: Casa Valdese, 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094 intestato a L'Eco
delle Valli - La Luce - Torre Pellice
Abbonamenti: Italia annuo L. 5.000
semestrale L, 2.500
estero annuo L. 7.500
Una copia L. 150, arretrata L. 200
Cambio di indirizzo L. 100
Inserzioni: Prezzi per mm. di altezza, larghezza una col.; commerciali L. 100 - mortuari L. 150 - doni 50; economici L. 100
per parola.
Reg al Tribunale di Pinerolo N. 175
8 luglio 1960
Coop. Tipografica Subalpina - Torre Pellice
-A Guai a voler spingere uno sguardo
indagatore nelle profondità abissali delI animo d un tiranno, tenebroso e perverso, quale fu Francisco Franco, Caudillo di
Spagna! Vi si trovano inspiegabili, vertiginosi contrasti.
Da un lato il maniaco della repressione,
incapace di perdonare ai propri nemici,
o persino di venire a patti con loro; d'altro lato il padre e nonno esemplare, modello di dolcezza e di tenerezza. Da un
lato il dittatore che copre, con la propria
autorità, la corruzione e l'affarismo fino
ai più alti livelli dello Stato; d'altro lato
l'individuo d'austeri costumi, esempio di
puritanismo (mentre invece i capi militari della sua generazione, soprattutto Miguel Primo de Rivera, Queipo de Diano e
Sanjurjo, non si privavano né delle avventure né dei piaceri). Da un lato il carattere poco brillante, timido, introverso; dall'altro l'essere geniale, a forza di calcoli,
di pazienza e di furbizia. Da un lato il politico raffinato, capace di tener testa a
Hitler e di mantenersi al difuori della seconda guerra mondiale (e questo è senza
dubbio il suo più gran merito); dall'altro
il generale che, per ambizione, si mette alla testa d'una guerra fratricida da cui la
penisola non è mai più riuscita a rimettersi cornpletamente. Da un lato l'autocrate odiato o ammirato da milioni d'uornini; dall'altro il personaggio solitario
rinchiuso nel fondo del proprio palazzo ».
(Dal libro, già citato, di Edouard de
Blaye, « Franco o la Monarchia senza re »,
ediz. Stock; riportato da « Le Monde » del
25.10.’75).
PERDONACI, ANNA FRANCK!
★ Ritornando ancora sulla condanna
del Sionismo, pronunciata recentemente
dalTassemblea generale delTONU (Cfr. lo
art. « Una decisione nefasta », sul n. preced. di questo settimanale), vogliamo riportare un bel documento pubblicato dal
« Centro Giovanile Ebraico » di Torino su
«La Stampa» («Specchio dei Tempi»)
del 18 c.
«Il Centro, nel condannare la risoluzione dell'ONU, precisa che il Sionismo ha
rappresentato il movimento di emancipazione nazionale del popolo ebraico. Come
tale, parallelamente a tutti gli altri movimenti di emancipazione nazionale, o razziale, presenta nella sua storia e nelle sue
articolazioni delle profonde contraddizio
ni dovute alla presenza di componenti
borghesi e proletarie. È doveroso ricordare che una delle correnti caratterizzanti
il Sionismo originario si rifaceva, per la
propria ideologia e la propria base sociale, al movimento operaio e contadino dell'Europa orientale. Dopo tale periodo (in
particolare dopo la fondazione dello Stato d'Israele e in conseguenza dei preponderanti interessi economici occidentali)
la componente borghese ha assunto un
ruolo maggioritario, sottolineando quindi
gli aspetti più chiaramente involutivi del
movimento sionista, in special modo nei
confronti della politica del governo israeliano.
Detto ciò, è doveroso ricordare che una
cosa è condurre un'analisi corretta e articolata del movimento sionista, che sia
in grado di storicizzare i fatti e d'individuare quali siano le forze in causa, qualunque sia il giudizio politico che ne deriva; altra cosa è invece sovrapporre con
un'operazione ideologica, in gran parte
falsa e gratuita, alla definizione “sionista" la definizione che si vorrebbe equivalente: "razzista”.
Ancora una volta sottolineiamo che, se
è lecito e doveroso denunciare certi atteggiamenti politici del governo israeliano
e di certi settori della sua società, non è
lecito coinvolgere in tale condanna tutta
la popolazione d'Israele o addirittura la
popolazione ebraica mondiale.
Esiste tutta una serie di affermazioni
categoriche, che nessuno si preoccupa di
dimostrare, perché indimostrabili, che
servono a suscitare un atteggiamento visceralmente negativo nei confronti di certe ideologie politiche o sociali, strumentalizzando alcuni episodi di esasperazione ed atteggiamenti, e a desumere da questi delle conclusioni infamanti sul movimento nella sua globalità. Così avviene
quando si afferma che antisionismo è uguale ad antisemitismo. O, d'altra parte,
quando si risponde, con lo stesso meccanismo, che Sionismo è uguale a Razzismo ».
Riflettendo ancora, con profondo dolore e vergogna, alla condanna pronunciata dalTONU, ci salgono alle labbra le parole scritte da François Mitterrand (segretario del partito socialista francese) a
conclusione d’una sua vibrata protesta:
« Franck, Anna Franck, meravigliosa,
straziante, indesiderabile creatura, fiore
di vita, povera morta! A te io penso nel
momento di scrivere la parola: PERDONO! » (Da «Le Monde» del 15.11.’75).
chiara e coerente. Alla domanda « come
rni vedo? » le risposte sono state diversissime: attiva, autentica, inibita, sottomessa, sovraccarica, indecisa, malridotta, stanca...
Però, sommando il numero delle varie
risposte, scoprimmo che la grande maggioranza si era definita « frustrata » o
con un altro termine di significato analogo.
Continuando a studiare il nostro mo. ci è anche parso di capire il perche di questo senso di frustrazione. Del
resto anche molte definizioni positive
erano limitate da un « però... » denotante che quasi tutte ci sentivamo capaci di
dare di più di quel che stavamo dando.
Come vediamo le altre?
La seconda «votazione» diede un esito
più positivo: «l’altra» donna appariva
ai nostri occhi generosa, comprensiva,
leale, anche se non sono mancati giudizi
molto duri, come: chiusa nel suo guscio,
gelosa, vegeta senza vivere...
Confrontando i due ritratti, abbiamo
visto come, almeno nel nostro gruppo,
noi vediamo in « un’altra » una persona
che si è più pienamente realizzata, mentre sottovalutiamo noi stesse.
Come vorremmo essere?
Infine venne fuori l’immagine della nostra « donna ideale »: giusta, realizzata,
integrata, serva fedele, autentica, pienamente umana, coraggiosa, e così via.
Con questa autoanalisi così semplice,
il nostro materiale ci condusse a cercare
le conclusioni a cui ci portavano questi
tre ritratti, perché a questo punto la domanda logica era: Come può la « donna
frustrata » avvicinarsi alla « donna ideale » che vorremmo essere?
Se sappiamo come vogliamo essere, che
cosa ci impedisce di esserlo?
Non abbiamo tempo, non abbiamo la
capacità, sono le risposte più comuni, ma
non si possono accettare come la risposta ultima e più vera, perché il tempo per
quel che ci pare importante lo troviamo
e la capacità cresce con la volontà di formarsi, di educarsi.
Non abbiamo la libertà di farlo, sarebbe la risposta più sincera. Ma parlando
di libertà non intendiamo in primo luogo la libertà che ci dà per esempio la legge, o il padre, o il marito, ma la libertà
che ci prendiamo per essere persone e
non soltanto un individuo che recita una
parte che gli è stata assegnata. Nella
maggior parte dei casi siamo come siamo perché tentiamo di corrispondere alle esigenze della parte e del luogo a cui
siarno legate, come madre, moglie, professionista, operaia. Cercando di essere
« come piace alla maggioranza » conformandoci soprattutto alTimmagine di « individuo felice» che ci è presentata dalla
martellante propaganda che usa determinati stereotipi per vendere un prodotto o
un Idea, violiamo molte volte la nostra
più intima personalità, quel che dobbiamo essere.
Così abbiamo cominciato le nostre riflessioni sull’argomento, e terminiamo
con una domanda rivolta alle donne della F.F.V. in Italia: E voi, vi sentite realizzate?
Protestanti in Spagna
Com’é noto a partire dal 1967, in Spagna, è stata concessa la libertà religiosa
alle minoranze acattoliche. Tuttavia lo
Stato non è obbligato a riconoscere le
comunità acattoliche, mentre protegge,
almeno giuridicamente, il diritto del sim
golo credente in materia di fede. I circa
60.000 evangelici spagnoli, non appartenendo alle classi superiori, non hanno
vita facile (tra di loro non si conta nessun militare di carriera o persone appartenenti all’aristocrazia). Nel 1939 si
sapeva dell’esistenza di poche centinaia
di evangelici, nel 1967 erano già in 30
mila. Usciti dalla semi-clandestinità, nel
1975 salgono come già detto, a circa 60
mila credenti, senza contare i bambini
e i simpatizzanti. Piccole frazioni cattoliche, cercano il dialogo con la chiesa evangelica, nelle linee espresse dal Concilio
Vaticano II. Naturalmente il dialogo stenta a partire, almeno da parte evangelica,
in un Paese dove la Chiesa cattolica ha in
mano il 60% delle scuole pubbliche, è
sovvenzionata direttamente dallo Stato, e
rappresenta il cardine della cultura ufficiale. Non a caso il « Caudillo » Franco ha
ricevuto, dopo l’estrema unzione, la benedizione privata di Paolo VI. (epd).