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ECO
DELLE VALLI VALDESI
P«*t. TACCIA Albarto
10060 ABOROOHa
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Num. 46 Una copia Lire 60 ABBONAMENTI / 1 \ L. 3.500 per Testerò 1 Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 I ^ Cambio di indirizzo Lire 50 | TORFE PELLICE - 21 Novembre 1969 Amm. : Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
LA NOSTRA FEDE OGGI DOMENICA SCORSA, A VILLAR PEROSA
PrOSOnza evanOGlica sì è inaugurato un tempio discusso
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nella cina?
« Presenza evangelica nella città »: questa « presenza » può essere di tipo molto diverso: indifferenza al mondo, sofferenza con
il mondo, speranza con il mondo,
scetticismo dinanzi all'uomo nella
sua vita individuale e collettiva.
Noi siamo dunque confrontati
con l’Evangelo e può essere detto
di noi quello che Amos diceva
d’Israele: « Sarà di voi come
di uno che fugge davanti a un
leone e lo incontra un orso »
{Amos 5, 19). Siamo cioè in una
situazione che non possiamo evitare, per quanto la nostra arte di
leviti ci insegni a passare accanto
al ferito come il levita e il sacerdote della parabola del buon samaritano. Forse è giunto il tempo
nel quale non possiamo continuare a passare sempre oltre dal lato
opposto (Luca 10, 32).
Si impone quindi la domanda:
quali riflessi l'Evangelo ha sulla
nostra vita? Nella nostra comunità uomini di diversi fronti, linee,
idee, prospettive, mestieri, professioni, sono chiamati a vivere insieme la loro fede. Che dice l’Evangelo, oggi, ai commercianti, agli
operai, agli industriali, alle donne
di casa, alle madri di famiglia, alla gente isolata, in modo da determinare in ognuno una nuova
sensibilità cristiana e una nuova
etica, cioè un nuovo comportamento nella vita quotidiana? E
questa nostra vita quotidiana, che
oggi viviamo in questa città, non
è forse, in quest’autunno caldo,
interrogata da una situazione, nella quale barriere sempre più alte
À erigono fra gli uomini sul piano
della fatica e dell’organizzazione,
sul piano della ricerca di un modo di vivere nella scuola, fra riforme mancate e speranze utopistiche? Dobbiamo noi dire o pensale che tanto il mondo è sempre
andato così ed accettare che la
violenza o il potere siano i soli
criteri validi per una convivenza
umana? È forse indifferente alla
nostra fede la quotidiana visione
di un salone dell’automobile, e•spressione del lavoro e dell’ingegno umano, circondato da ogni
parte da carabinieri, dà far pensare più ad una caserma che ad
un incontro di uomini liberi dinanzi all’opera della loro fatica?
È forse indifferente la visione di
una gioventù che, delusa, potrebbe domani rifiutare ogni problematica umana, spirituale, sociale,
per darsi pienamente ad una corruzione morale, ispirata unicamente al godimento di piaceri materiali? Sono indifferenti per la
nostra fede i contrasti nelle fabbriche o dobbiamo vederli unicamente come l’espressione di una
contrattazione sindacale? È indifferente la nostra fede alla informazione, che viene ammannita dai
giornali delle varie tendenze?
È tempo che l’Evangelo ci riporti alla meditazione del senso
del lavoro umano, dono di Dio all’uomo per la collaborazione con
Lui, in questa creazione, onde non
abbandonarsi ad un perenne autolesionismo. È tempo che viviamo più intensamente il messaggio
della dignità della creatura umana, perché Cristo non si è fatto
carta né pietra, ma si è fatto uomo. È tempo che avvertiamo la
potenza purificatrice della verità.
perché solo la verità ci farà liberi.
È tempo che viviamo nella nostra
conmnità e fuori i fermenti di una
riconciliazione, che non sia soltanto una parvente sopportazione
reciproca, ma sia incontro autentico di uomini, per i quali Cristo
ha vissuto. È tempo che portiamo
il riflesso delle beatitudini dei
mansueti e degli affamati ed assetati della giustizia. È tempo di
avvertire che la nostra giornata
terrena può essere interrotta dalla domanda di Dio: « E quel che
hai preparato di chi sarà? » (Luca 12, 20).
Se questo potesse avvenire e
non restasse soltanto sermone, la
nostra comunità raggiungerebbe
ancora gli uomini di questa generazione travagliata ed aggravata,
col linguaggio di Colui, che solo
può portare la pace. Allora il nostro vivere in Cristo diverrebbe
luce per il nostro operare.
Per questo ci aiuti il Signore!
Carlo Gay
Ancora in clima di cantiere, il
tempio di Villar Porosa è stato inaugurato la domenica 16 novembre con
un messaggio del Moderatore Neri
Giampiccoli. Egli, richiamandosi all’immagine della «; lampada che non
è posta in luogo nascosto o sotto il
moggio, ma è collocata sul candeliere perché chi entra possa vedere la
luce rt (Luca 11: 33), rileva che la
luce può essere posta sotto il moggio quando è offuscata dalle tradizioni o dalle abitudini, oppure anche dalle ideologie, quando sono sovrapposte alla Parola di Dio, in modo da non consentire la testimonianza; inoltre, la Parola può essere nascosta quando la fede si riduce a un
fatto privato o familiare; anche un
tempio, pur essendo bene in vista
lungo la statale, come è il caso di
Villar, può essere "luogo nascosto”
se la gente se ne sta a casa con le
mille scuse che il Ibernico suggerisce. Così pure la Bibbia, aperta in
chiesa può essere chiusa se non è
aperta fuori, nella ^’piazza", nelle
situazioni cruciali odierne, dove gli
uomini sono calpestati, vilipesi.
Al culto del mattino, oltre al messaggio del Moderatore Giampiccoli,
il delegato del vescovo di Berlino
auspica maggiori contatti in campo
scolastico tra gli studenti di Berlino
ovest e le Valli e promette in par
tempo l’invio d’una seconda campana. Il Pastore Eiss, a nome delle comunità valdesi germaniche, esprime
la sua gioia per la circostanza in cui
si trova e reca un dono d’una comu
nità tedesca, consistente in un laba
ro con lo stemma valdese e una pian
ta di quercia da collocare nel terre
no retrostante il tempio. Al culto
sono presenti alcuni pastori valdesi
con il presidente della Commissione
Distrettuale Franco Davite e una de
cina di pastori tedeschi.
All’agape fraterna e nel pomerig
gio si alternano messaggi e canti del
le due corali di Villar Perosa e d
Pomaretto: ricordiamo i messagg
del Vice Moderatore Achille Deoda
to, del past. Ernesto Ayassot, de
pastori tedeschi Allinger (Badén),
Guggolz (Mannheim), Stollreiter
(Berlino), del rappresentante del
vescovo Scharf di Berlino, del past.
Schmidt di Rorbach, del parroco di
Pinasca, del prof. E. Griset, dei sindaci di Pinasca e di Villar Perosa e
di Pinache e di Perouse (tedesche).
Fra le persone impegnate nella
giornata inaugurale ricordiamo il pastore Geymet, la comunità villarese,
l’architetto Vay e la ditta Vinçon
che hanno lavorato per vie diverse
alla realizzazione dell’opera.
miiiiiimiiiiiiiiiniiiii'iiiiiimiiiiniiiiiiiiiiiimiiiiiimmiiiimiiimmmiiiiiiimiiimiMiiiiiiiimiiiiiiiimiiiiiiiiiniiuummiiiiiiiiiiimiiiiniiimiiiiiMimiitii
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' Di.[ronle ai - (ermenrL, cKe,/. abitano la Chiesa caUolica
MASSIMA A PERTURA
La Federazione Regionale Lombarda, primogenita di molte sorelle (che ci auguriamo siano in
procinto di nascere), si propone
di realizzare un ampio programma di lavoro, documentato in un
o.d.g. votato dall’assemblea costituente (Milano, 1 novembre 1969),
già diffuso dalla nostra stampa.
Desideriamo qui rilevarne un punto solo: quello relativo ai rapporti ecumenici.
La Federazione Lombarda intende « affrontare il problema
ecumenico con la massima apertura di fronte ai fermenti che agitano la Chiesa cattolica ». Come
è noto, in molti ambienti (anche
di casa nostra) il protestantesimo
italiano passa per essere inguaribile « antiecumenico »: in realtà
ha solo manifestato e saggiamente mantenuto alcune motivate riserve su un certo tipo di ecumenismo all’acqua di rose, che anteponeva la questione dell’unità a
quella della riforma della Chiesa.
Ma dal momento in cui la questione della riforma della Chiesa
torna in primo piano, come sta
accadendo in certi settori del cattolicesimo romano, ecco che gli
evangelici lombardi parlano di
« massima apertura »: non dunque una chiusura pregiudiziale, e
neppure soltanto un’apertura timida e circospetta, ma la massima apertura, la più grande possibile. Apertura — si noti — non di
fronte al papa, o al Vaticano o
anche al Concilio, ma « di fronte
ai fermenti che agitano la Chiesa
cattolica ».
Cosa pensare di questa presa di
posizione? Pensiamo che essa sia
non solo giustificata ma addirittura comandata dalla situazione
nuova creatasi nel cattolicesimo
romano in questi ultimi tempi. La
« novità » è costituita anzitutto
dall'emergere, ora silenzioso ora
tumultuoso, del cosiddetto « cat
tolicesimo del dissenso », che peraltro è un fenomeno molto complesso, la cui vera identità spirituale non è facilmente riconoscibile. Esso merita comunque la
massima considerazione, va seguito attentamente e, dove è possibile, è bene non solo aspettare ma
cercare l’incontro con i gruppi e
le comunità cattoliche dissidenti.
Sarebbe d’altra parte un grave errore ritenere che « cattolicesimo
del dissenso » e protestantesimo
siano più o meno la stessa cosa e
si possa indifferentemente optare
per l’uno o per l’altro, quasi che
fossero intercambiabili. In realtà
il dissenso cattolico si differenzia
assai sia dal cattolicesimo conciliare sia dal protestantesimo.
Ma la novità della situazione in
campo non è costituita solo dalla
nascita del « dissenso ». Ci sono
appunto dei « fermenti » (per riprendere il termine usato nell’o.d.g. milanese) che stanno lievitando molte coscienze anche nell’ambito del cattolicesimo non
dissidente. Ne indichiamo alcuni.
Il primo, e fondamentale, è il
richiamo sempre più netto e categorico all'autorità della Parola
di Dio, intesa nel senso proprio
di Sacra Scrittura. Si potrebbe citare centinaia di testi cattolici in
cui il riferimento alla Scrittura
non è formale (come lo è sovente
nei documenti conciliari), ma sostanziale. Molti cattolici si stanno
rendendo conto che nessuna parola è valida e orientatrice come
quella biblica e che nulla può sostituirla o surrogarla: non la parola del pontefice e neppure quella del Concilio.
Un secondo « fermento » è l'importanza crescente attribuita alla
Nelllnterno, leggete la pagina a
cura della Fed. Femm. Valdese:
L’orfanotrofio educa o reprime la
spontaneità?
chiesa locale. L’editoriale del numero 117 (settembre 1969) di « Testimonianze », la bella e coraggiosa rivista cattolica fiorentina,
insiste sul valore prioritario della
chiesa locale e afferma: « crediamo che la via del rinnovamento
della Chiesa passi attraverso la
ricostituzione effettiva delle chiese locali ». In questa visione, l'assemblea locale dei credenti acquista un peso teologico determinante, diventa la realtà primaria. Il
vescovo e in generale la gerarchia
diventano realtà secondarie.
Un terzo « fermento » è la viva
realtà della crisi che la cristianità
tutta sta attraversando e la conseguente ricerca di quel che è cristianamente autentico e di quel
che non lo è. Per rendersi conto
del valore e della qualità spirituale di questa consapevolezza critica e di questa ricerca, basta leggere le lettere di cattolici che Raniero La Valle sta pubblicando in
un foglio mensile uscito da poco,
intitolato appunto « Lettere '69 ».
Qui la fede in Dio o in Cristo non
è più semplicemente assimilata
nella cosiddetta « fede nella Chiesa » e si tenta un’opera di ricostruzione spirituale il cui punto
di riferimento essenziale non è più
la Chiesa ma Dio.
Questi, e molti altri, sono i fermenti che agitano la Chiesa cattolica. Di fronte ad essi non si
può che assumere un atteggiamento di massima apertura, come gli
evangelici lombardi suggeriscono.
Massima apertura non significa,
peraltro, apertura incondizionata,
priva di discernimento. Ancor meno significa abdicazione o dimissione protestante, come se il protestantesimo avesse esaurito il
suo compito spirituale e potesse
essere archiviato come un fenomeno supera to. Per parte nostra, siamo convinti del contrario.
Paolo Ricca
Personalmente ho espresso il mio
dissenso sull’impostazione generale
delle opere in Villar e non intendo
riaprire la polemica dello scorso anno per non ripetere le stesse cose.
Desidero, in questa sede, fare alcune riflessioni richiamandomi al
messaggio del Moderatore in riferimento al tempio « luogo nascosto »
ed alla Bibbia « aperta » in chiesa e
chiusa in piazza dove l’uomo soffre.
Penso ai templi delle Valli, in alta montagna dove Io spopolamento
ha vuotato i villaggi e dove la gente
torna di quando in quando ma non
al tempio, se non per i funerali, rendendo definitivamente « luogo nascosto » quelle case dove si è pregato e letto la Parola per tanto tempo. Sono « luoghi nascosti » i templi dove l’esodo è in cammino e ci
si rifugia d’inverno nelle sale, perché ormai il 10% (o meno ancora)
dei superstiti che va ancora al tempio, cioè venti o trenta persone, sono una stonatura nel gran tempio
vuoto. Sono « luoghi nascosti » i
templi del fondovalle dove, nonostante il maggiore numero dei membri di chiesa, la percentuale è minima e i vuoti sono sempre molti dovunque. I nostri templi sono ormai
« luoghi nascosti » perché non si ha
più fame della Parola di Dio, anche
se sono nuovi di zecca come quello
di Prali o di San Giovanni Lipioni e
ora di Villar Perosa e presto di
Ivrea. Tra le scelte di oggi, nel clima del.piacere più allettante che la
civiltà del consumo ci offre, la parola di Dio predicata in chiesa non
attira perché non piace, perché ci
impegna, ci sconvolge, ci mette davanti alle nostre responsabilità, ci
domanda di occuparci « dell’orfano,
e della vedova » anziché delle nostre case o del nostro modo comodo
di impiegare il tempo libero.
Difatti un giorno il profeta Geremia s’era messo davanti al tempio
ed aveva investito i parrocchiani dicendo: « Emendate le vostre vie e
le vostre opere, non ponete la vostra
fiducia in parole fallaci dicendo:
questo è il tempio dell’Eterno; se
emendate le vostre vie e le vostre
opere, se praticate sul serio la giustizia gli uni verso gli altri, se non
opprimete lo straniero, l’orfano e la
vedova io vi farò abitare il paese che
ho dato ai vostri padri ». Noi sappiamo che Cristo, il nostro tempio,
ha annunziato e realizzato il messaggio e ordina oggi di essere dovunque il suo tempio nei riguardi di
opere che languiscono, come asili,
convitti, scuole, doposcuola, ospedali, situazioni e problemi che urgono dentro e fuori le chiese, se non
vogliamo attirarci la collera dell’Eterno.
Per questo la Parola di Cristo,
aperta nei nostri templi, dev’essere
aperta fuori e pubblicata con ogni
mezzo per guarire l’uomo, tutto
l’uomo. Penso ad esempio ai Villaresi prima dell’esilio, che avevano
le botteghe dislocate lungo la strada; la loro testimonianza verso i
clienti era così viva e persuasiva che
l’Inquisizione ne ebbe notizia e
provvide a far chiudere qpiei « templi » di fede, perché la pura dottrina di Santa romana chiesa era infettata dall’eresia dell’Evangelo. Se le
case evangeliche in Villar e in ogni
comunità evangelica non sono abitate da Cristo, i nostri templi fra breve non avranno più senso e saranno,
come al tempo delle alluvioni, segnali indicatori di strade che non esistono più, perché travolte dalle acque del consumismo, dell’indifferenza totale, dell’egoismo spietato.
Gustavo Bouchard
2
pag
N. 46 — 21 novembre 1969
LE MONARCHIE COSTITUZIONALI SI DISSOLVONO:
ANCHE QUELLA DEL PASTORE NELLA COMUNITÀ
Truvare il nolid 'di viwre e seiìNH insiene
nelle diversiti dei carismi e dalle scelle
Lettera aperta ai fratelli di Villar Perosa
Come gli altri
Vi è oggigiorno un problema delle
comunità che deriva direttamente dal
problema del ministerio pastorale. La
storia protestante coi suoi sviluppi
ha prodotto un tipo eminente di ministerio unico, quello pastorale, che
riassume in sé tutti i ministeri dell’antico e del nuovo patto. Ministerio
. globale e sintetico che faceva del pastore, fino a poco tempo addietro, il
re di una specie di monarchia costituzionale, giacché egli viene eletto dalla comunità sulla quale egli regna.
Ora è noto a tutti che oggigiorno abbiamo tremendamente bisogno di profeti, per mostrarci la via della testimonianza evangelica nel mondo moderno. Beata la chiesa il cui pastore è
un profeta! Vi sono infatti alcune
chiese che hanno ricevuto questo dono. Ma le altre? Il pastore che conosco io è un uomo di retroguardia, nel
senso che egli ha ricevuto il dono di
nutrire la fede dei suoi membri di
chiesa, di consolare gli afflitti, di visitare gli isolati, di insegnare ai catecumeni... ma egli non è capace di indicare la via da percorrere domani, non
sa che cosa va fatto nel futuro, sebbene egli sappia molto bene in che modo
bisognerà agire — cioè con amore, carità e sacrificio. Quindi la sua comunità capirà come dovrà comportarsi,
ma non che cosa dovrà fare...
Lo Spirito che dona a tutti la ispirazione divina è dunque stato soffocato
(I Tess. 5: 20)? Sicuramente nessuna
comunità è priva dei doni dello Spirito; soltanto, abbiamo avuto il gran
torto di cercarne ogni espressione nella persona del pastore, ricadendo in
un clericalismo da condannare. Ma le
difficoltà di oggi, sul piano sociale, politico e religioso, connesse alla mancanza di pastori ci aiutano a riscoprire nelle comunità quello che in realtà
non è mai mancato: i doni dello Spirito a ciascuno dei fratelli. E quando
si rifa questa scoperta, vengono fuori
delle indicazioni utilissime per quanto riguarda il lavoro da intraprendere, le vie da aprire, le nuove possibilità di testimoniare. Qui si crea un
gruppo di servizio, là si ristudia l’evangelo, altrove si apre una libreria evangelica...
* * *
Subito però si manifesta un pericolo. Finché il pastore era l’unico attore e capo della sua chiesa, l’unità di
tale chiesa era ben protetta; la passività dei fedeli era garante della loro
obbedienza. Ora che si è permesso allo Spirito di suscitare in ciascuno il
suo dono particolare, ora che ciascun
fedele si sente responsabile della propria parte di azione e di testimonianza, nascono orientamenti diversi, si
operano scelte diverse e vengono alla
luce opinioni diverse sui piani politici,
sociali e anche religiosi, opinioni che
dapprima si tenevano prudentemente
nascoste. E tante diversità minacciano
l’unità delle nostre chiese.
Non è ironia. Gli ultimi Sinodi hanno manifestato apertamente le fratture che separano i giovani dai vecchi, la
sinistra dalla destra, i conservatori e
i tradizionalisti dai « rivoluzionari ».
Bisogna anche capire che quando un
cristiano ha scoperto che il Cristo lo
chiama ad agire in tale canipo, in tale
modo, egli si dà alla sua missione con
tutto il suo vigore, con tutto il suo
entusiasmo, con zelo e slancio. Per cui
egli sovente non si accorge che la sua
passione per il servizio del Signore ha
chiuso i suoi occhi nei confronti dei
fratelli, di coloro che hanno avuto una
chiamata diversa, di coloro che la pensano in un altro modo. Lo zelo e la
passione per una causa vanno di pari
passo con la intolleranza e il fanatismo, nell’uomo naturale. Ed è quello
che osserviamo tutti i giorni nella società che ci circonda.
In realtà, anche se posti in una maniera nuova, questi problemi non sono per niente moderni. Paolo conosceva gli stessi a Corinto, e per questa
ragione egli scrisse loro delle membra e del corpo, che è di Cristo. Egli
conclude il suo capitolo (v. 31) con
queste parole: « e ora vi mostrerò una
via, che è la via per eccellenza », e incomincia il suo famoso capitolo 13
sull’amore.
È vero che la chiesa non può evitare che i problemi della società producano delle tensioni nel suo seno. Sarebbe sbagliato credere che debba tenersi in disparte ed isolarsi dal mondo. La chiesa è costituita da uomini
che vivono quotidianamente in detto
mondo. Essa dunque deve assumere
queste tensioni e risolverle. La differenza tra la chiesa e il mondo sta nel
modo in cui vengono risolte. Per esempio davanti ad un dato problema, la
società umana può adottare due atteggiamenti: oppure la tolleranza passiva e l’indifferenza (vedi India) oppure il fanatismo e la soluzione unica
per tutti (vedi Islam, tanto per dare
due esempi classici e naturalmente discutibili); la chiesa invece deve poter
contare sulla partecipazione totale, volenterosa di tutti, congiunta ad una
profonda tolleranza e comprensione
per la scelta operata dal prossimo.
Questa differenza sarà già una gran
parte della testimonianza dei credenti.
« Vedete, dicevano i pagani, come si
amano ». Infatti lo Spirito che produce tante operazioni diverse è anche
colui che suscita nel nostro cuore l’amore per Cristo e per il suo corpo,
cioè i nostri fratelli.
* * *
Vi sono in qualche modo due livelli
di manifestazione dell’amore cristiano,
il primo essendo quello dell’impegno
e dell'azione al servizio di Dio nel mondo, il secondo essendo quello del modo di servire e di vivere, insieme agli
altri servitori di Dio nel mondo.
IL RISPETTO
Il primo livello: la scelta che faccio,
l’impegno che piglio, il dono dello Spirito che opera in me. Dal difuori la
validità di una scelta, la sua opportunità... si possono sempre contestare.
Se sbaglio, lo Spirito di Dio mi aiuterà e mi correggerà, perché quello che
Questa predicazione, sul testo 1 CO'
rinzi 12, 1.4-11.31, « il legame del
l’amore mantiene l’unità nella diver
sità dei doni particolari », è stata re
centemente tenuta a Milano dal past
Jean-François Rebeaud, nel corso di
una visita, insieme alla Corale della
sua attuale comunità di Bex (Vaud),
aUa comunità valdese nella quale ha
iniziato il suo ministero pastorale.
Questo testo ci è stato inviato da Milano, e lo pubblichiamo volentieri,
perché ha un valore indubbio e generale nella congiuntura attuale.
faccio lo faccio per servire Dio con
tutte le mie forze. Si può pensare che
sto sbagliando, ma non si ha diritto
di chiamare in causa la mia sincerità,
la mia buona fede; posso essere un
pessimo cristiano, non si ha diritto di
dire che non cerco di essere fedele al
Cristo. Bisogna rispettare la scelta del
fratello, rispettare il dono che egli ha;
non tutti i membri hanno la stessa
funzione, ma tutti sono utili al corpo.
L’AMORE
Il secondo livello: il modo di vivere
insieme nella diversità dei carismi e
delle scelte, la unità mediante il legame dell’amore. Questo è un segno indiscutibile, una testimonianza incontrovertibile. Una chiesa che sa vivere
le sue tensioni — senza tensioni essa
è morta — nel rispetto del prossimo
e nell’amore del minimo dei fratelli,
è una chiesa che rende una chiara testimonianza al Cristo che è morto per
amore per gli uomini. In comunità bisogna qualche volta sapere sacrificare
la propria scelta per riunire tutte le
forze a favore di un solo obbiettivo.
Lo si fa per amore. Anche Gesù, in un
certo senso, ha sacrificato la missione
di predicazione che appare evidente
nelle prime pagine del Vangelo e ha
dato la sua vita in testimonianza dell’amore e del perdono di Dio; ha accettato lo scacco della sua vita e del
lavoro che aveva intrapreso (primo livello) per manifestare la « agape » divina nel modo più assoluto (secondo
livello).
LA COMUNIONE NEL CULTO
« Là dove due o tre sono riuniti nel
mio nome, io sono in mezzo a loro ».
Non dice due o tre simili, senza contrasti né differenze; dice due o tre supponendo tutti i conflitti, tutte le divergenze e le opposizioni che possono nascere tra gli uomini che vivono assieme. Egli è presente. Per questo motivo rimane oggi ancora estremamente
importante che sappiamo tutti ritrovarci intorno alla Santa Cena, che sappiamo tutti cantare e pregare il Signore insieme, e ascoltare e meditare la
Sua parola in comunità. Poiché il culto, nella vita agitata di oggi, coi gruppi che vanno a lavorare qua e là, e gli
individui che si separano per eseguire
ciascuno la sua missione, il culto rimane il vero segno e forse l’unico della unità del corpo di Cristo in una
città. E la gioia di coloro che da tutte
le parti vi si ritrovano diventa il segno inconfondibile dell’amore che hanno ricevuto dal Cristo e che si ritrasmettono a vicenda.
« Ora vi mostrerò una via, che è la
via per eccellenza: la carità, che non
verrà mai meno » (vedi I Cor. 13).
Jean-Franqois Rebeaud
iiiiiimiiiiiimiiin
FACCIAMO CONOSCENZA COL
Nuovo Innario
Prendiamo ora in esame
UNA PAGINA DELL’INNARIO
per esempio, la pagina 79. In alto
c’è un versetto-guida, che rispecchia
l’idea più importante, o più significativa, del testo. I versetti biblici sono stati opposti ad un certo numero di inni
(più spesso ci sono semplici citazioni,
a piè di pagina) per due ragioni: a) per
far risaltare lo stretto rapporto esistente fra il testo di molti nostri inni
(specialmente testi nuovi, o rinnovati)
e la Bibbia; b) per servire da guida
nella meditazione della Parola di Dio
o nella pratica del culto di famiglia o
individuale.
Metronomo: questa indicazione posta in alto a sinistra, e consistente in
una notina seguita da 1 o 2 numeri,
servirà, naturalmente a organisti e direttori di còro; essa sostituisce le vecchie indicazioni, troppo generiche (moderato, andantino, ecc.) che ognuno interpretava a modo suo. Quasi sempre,
si consigliano due velocità, una massima e una minima, anche perché le
condizioni ambientali, acustiche e culturali influiscono sul modo di cantare;
perciò non si possono dettare prescrizioni rigorose, ma piuttosto dei suggerimenti che converrà seguire facendo
uso di libertà e buon senso in giusta
misura.
GLI AUTORI
sono indicati (in alto a destra) di
modo che, mentre cantiamo un inno,
possiamo da un lato avere un’idea dell’epoca e della nazione in cui furono
scritti la musica e il testo; d’altra
parte ci sentiremo anche idealmente
uniti a quei nostri fratelli che, anche in
tempi lontani dai nostri, lodarono Dio
ed effettuarono, con le loro capacità
musicali o poetiche, un servizio nella
comunità: pensiamo a Lutero, gagliardo animatore delle nuove assemblee
attraverso il canto d,ei suoi « corali », o
agli ugonotti col loro musico Bourgeois, forse ucciso nella tragica notte
di S. Bartolomeo, o a Sankey che collaborò con gli inni alTopera di rilevamento morale e di evangelizzazione nei
quartieri più sordidi delle città americane.
Il nome scritto in tondo riguarda la
musica e indica o l’autore o la raccolta
o la città da cui ci è stata tramandata;
il nome scritto in corsivo indica l’autore del testo; se questo nome manca.
il testo è frutto del lavoro collegiale
della commissione.
In basso a destra può esserci l’indicazione di un altro inno che ha la stessa musica, ma in altra tonalità; con
tale sistema, anche un organista non
tanto esperto può agevolare la comunità (o il coro) facendo cantare un
inno, se necessario, in una tonalità più
bassa (o più alta, a scelta).
(continua)
F. CORSANI
Prali, 9 novembre 1969
Ai membri della Chiesa valdese
di Villar Perosa
Cari Fratelli,
Ho ricevuto l’invito che la vostra
Comunità mi ha mandato tramite il
vostro Pastore a partecipare all’inaugurazione del tempio di Villar Perosa.
Vi ringrazio per questo invito, ma non
mi sento di accettarlo.
Con questo gesto, che desidero motivato con franchezza e —'credetemi —
con fraternità, vorrei esprimere il mio
dissenso nei confronti della linea che
avete scelta. Avevate la fortuna, unica
tra le parrocchie delle Valli, di avere
una modesta cappella di legno; potevate essere con quella vostra cappella un
segno per tutti noi di ciò che deve essere la Chiesa nel nostro tempo: mobile, provvisoria, non stabile, sobria,
povera; e invece avete voluto un tempio come gli altri, segno di stabilità,
di sicurezza, di immutabilità della
Chiesa. E se anche la vostra cappella
era del tutto insufficiente e inadatta,
avevate la possibilità di pensare un
edifìcio che servisse in primo luogo
agli altri e solo in via subordinata
servisse anche al culto della Comunità,
che non alzasse ancor più il muro di
separazione che esiste tra sacro e profano; e invece avete voluto in primo
luogo un tempio come gli altri, per
l’edificazione o l’elevazione spirituale
della vostra Comunità. Come gli altri.
È questa la radice della cosa, almeno
stando al dibattito di un anno fa sull’« Eco-Luce ». A che cosa si riferisce
il desiderio di un tempio decoroso e di
non essere derisi dai conterranei cattolici se non al desiderio di essere conte gli altri? E come gli altri stabili,
sicuri, decorosi, religiosi e rispettati.
Vi chiederete perché proprio voi dobbiate essere presi di mira. Quante altre Comunità hanno costruito templi
in questi ultimi anni, quanti li stanno
costruendo? Ma non siete voi ad essere
presi di mira: siamo noi tutti. Voi non
siete né peggiori né migliori di altri
membri di Chiese che costruiscono il
loro tempio o non lo costruiscono perché ce l’hanno già. Siete solo in questo
momento il segno più evidente (dato
che una cappella l’avevate pur sempre)
della realtà della nostra Chiesa tutta,
sorda e cieca alla vocazione del Signore, come diceva Giorgio Tourn nel suo
articolo La via del deserto che l’anno
scorso cadde nel silenzio più totale.
Per questo il mio rifiuto al vostro invito non è motivato da un giudizio sugli altri dall’alto di chissà quale giustizia, ma dalla triste constatazione dell’infedeltà della nostra Chiesa della
quale sono compartecipe e corresponsabile. Ma constatare non basta; è necessario protestare, dissentire, ribellarsi a questo stato di cose.
Forse penserete che dissentire è cosa più che lecita, dibattere un problema sull’« Eco-Luce » è legittimo, ma
che al momento buono — siamo pur
fratelli! — non si può rifiutare la solidarietà con chi ha sudato e sofferto.
Credetemi, ho pensato questo io stesso. Ma lo ritengo un pensiero sbagliato.
Una parola di dissenso che non sia accompagnata da gesti coerenti (in questo caso il limitato gesto di un rifiuto
motivato) non ha alcun senso ed anzi
è un derubare coloro da cui si dissente di ciò che si deve loro: il proprio
contributo, la propria testimonianza.
Ho cercato di spiegarvi che è con
spirito di fraternità e di franchezza che
vi ho scritto e spero che in questo spirito vogliate ricevere questa lettera e
chissà — se se ne presenterà l'occasione — discutere anche a voce di queste
cose.
Con fraterno saluto.
Franco Giampiccoli
P. S. - Spedisco questa lettera a
« L’Eco delle Valli-La Luce » pregando
il Direttore di sospenderne la pubblicazione fino a dopo il 16 novembre: la
mia intenzione non è quella di fare, letteralmente, il guastafeste, ma di riproporre un problema.
I lettori
ci scrivono
Roma, 12-11-1969
Caro direttore,
mentre La ringrazio per la simpatia
con cui l’(( Eco-Luce » segue e pubblica
le notizie diramate dall’Agenzia <c Relazioni Religiose », credo doveroso precisare che non è esatto quanto è stato
scritto nel n. 43 del 31 ottobre u. s.
del Vs. settimanale, dove si dice « Relazioni Religiose, l’agenzia di informazioni cattolica ». L’Agenzia « Relazioni Religiose » non è cattolica, ma una
libera agenzia laica, per quanto mi
risulta unica al mondo, che si occupa
delle cose religiose senza appartenere
a nessuna confessione. Per quanto ci
è possibile, noi cerchiamo di assolvere
al nostro — un po’ singolare — compito con onestà e con profondo rispetto
per le convinzioni religiose delle varie
comunità, ma anche con responsabile
libertà di esprimere i giudizi su quanto avviene nel mondo religioso in generale. Noi crediamo ancora nel valore
dell’uomo al di sopra di tutte le divisioni, comprese quelle « religiose ».
Questa precisazione mi sembra doverosa, anche nei confronti dei lettori di
« Eco-Luce » i quali, non di rado, leggono le nostre notizie riprese dal Suo
stimatissimo settimanale.
La saluto fraternamente
Il Direttore
(Antonio Jerkov)
Personalia
Da Torre Pellice il piccolo Sandro
Kovacs annuncia, con papà e mamma,
che è arrivato un fratellino, Luciano.
A tutta la famiglia i più cordiali auguri.
* * *
Apprendiamo da Torino che Luciana
Tourn Ribet si è laureata in giurisprudenza: ce ne rallegriamo vivamente
con lei, con i migliori auguri per la
sua attività avvenire.
iiiiimiiiiiiimm ii
Ancora sul "caso Girardi
ff
Torino (Relazioni Religiose) - In merito alTallontanamento da Roma del segretario del
Segretariato vaticano per i non credenti e
dell’altro salesiano, Don Lutte, negli ambienti della Curia Generalizia Salesiana si
conferma il loro « allontanamento » dall’Ateneo Salesiano di Roma e si precisa che è Un
provvedimento adottato dai superiori della
Congregazione Salesiana che « non è stato
chiesto dalle autorità vaticane ». Negli stessi ambienti della Curia Generalizia si apprende che il provvedimento non è motivato
« da ragioni di carattere dottrinale », né dalle posizioni critiche assunte dai due sacerdoti
nei confronti della Congregazione in materia di povertà. « L’unica ragione del provvedimento è da ricercare nella peculiare funzione dell’ateneo salesiano nell’ambito della
Congregazione. Esso deve essere un istituto
di cultura superiore e contemporaneamente
un centro internazionale di formazione per gli
alunni, ed impone al personale docente particolari inscindibili responsabilità non solo
scientifiche, ma anche formative ». In altre
parole, sembra che i superiori salesiani non
siano d’accordo sull’indirizzo educativo che i
due religiosi « puniti » volevano imprimere
alle nuove leve della Congregazione fondata
da Giovanni Bosco.
UNA LETTERA
DEL PROF. CASALIS
AL CARD. KOENIG IN MERITO
AL «CASO GIRARDI»
Parigi (hip) - Il professore di telogia Georges Casali.s ha inviato al card. König il seguente messaggio:
« Eminenza, ero in Cecoslovacchia — ove
ho trascorso un mese — quando ho appreso
la notizia dell’allontanamento da Roma imposto a padre Girardi.
Vorrei rispettosamente attrarre la sua attenzione sulla costernazione in cui questo fatto
ha piombato, là e qua. tutti coloro, fra i marxisti, che llianno conosciuto durante dialoghi
decisivi, che hanno imparato ad amarlo ed a
scoprire in lui un nuovo volto della Chiesa,
una dimensione delVEvangelo sinora sconosciuta. La maggior parte di questi uomini, risoluti artigiani della democratizzazione del socialismo e della straordinaria « primavera praghese », sono oggi, in Cecoslovacchia, in esilio
nel proprio paese, destituiti dai loro posti, alla
vigilia di essere pesantemente raggiunti dalla
repressione che fa entrare in agonia tutto un
popolo. Parlando del nostro comune amico,
uno di loro mi ha detto : « egli è più che mai
vicino a noi, subendo a suo modo il nostro
stesso destino, colpito dai ciechi colpi di un
conservatorismo, che attualmente sta risorgendo nel mondo intero. Un giorno — come del
resto a noi — la storia gli renderà giustizia ».
Non posso — ahimè — che associarmi totalmente a questo giudizio e aggiungo che,
dal punto di vista ecumenico, il provvedimento che ha colpito padre Girardi raggiunge tutti
coloro che avevano vissuto con gioiosa speranza il secondo Concilio vaticano. Vi scorgiamo
il segno di un regresso teologico e di una recessione spirituale che chiudono le porte che
si erano finalmente aperte dopo secoli di attesa... Si tratta di un indietreggiamento dello
Spirito, della messa sotto il moggio della fiaccola che faceva luce ben oltre i muri della
casa cristiana, di un ritorno offensivo della
notte oscurantista che credevamo essere rimasta per sempre alle nostre spalle.
...Le chiedo caldamente, a nome della causa delVEvangelo che ci unisce e. che è inseparabile da quella del rispetto dell uomo e del
la sua libertà d’’espressione, di fare ciò che è
in suo potere affinchè venga annullata una
misura iniqua, che è di scandalo a parecchi
atei e cristiani ».
DONI ECO-LUCE
Da Tor'.no: Elio Pellegrini 500; G ulio
Jon Scotta 500; Mar’uccia Jon Scolta 500;
Giorgio Giampiccoli 500; Maria Musso Monti 5.500; Alice Berutti 2.500; Norma Siboni
Maramotta 500; Angela Caviglione 500; Laura Troll 500.
Da Luserna S. Giovami : Enrico Gay 500;
Franco Bonnet 500; fam. Migliottì 200; Enrichetta Peyrot 500.
Da Perosa Argentina: Marcello Pons 500;
Silvio Peyronel 200; Emanuele Tron 500;
G ovanni Jahier 500,
Da Pinero’o: Maria Carletti 500: Nelly
Pogliani 200; Berla Gardiol 500; Gu'do
Vinçon 1.000; lima Gunettl Pasehetto 500.
Da Massello: Giulio Tron 500; Elisa Miool 300; Silvio Giraud 500; Ernesto Micol 200.
Angelo Actis, Nichelino 500; Guido .Àzzoni,
Aosta 500; Renato Breuza, Pinerolo 500; Valdo Giaiero, Rivoli 1.500: Angelo Bonino.
Ivrea 500; Ciro Di Gennaro, Piali 500; Adele
Polis, Ridareito 500; Mariiiccia Rivoira, Pinerolo 400; Giovanni ManlciU, Alessandria
50Ô; Dalilia Berla, Firenze 500: Guglielmo
Angiolillo, Roma 500: Giovanni Ghirardini.
Trissino 500; Maria Coisson, Milano 500: Celina Mussotti Ribel, Cuneo 4.000: Oreslc
Meylre, Salza 500: Giov. Giacomo Tron. Salza 500.
Grazie!
( continua)
3
21 novembre 1969 — N. 46
pag. 3
A MESSINA, IL 3 E 4 NOVEMBRE
INCONTRI A TORRE PELLICE
I credenli di fronte
airalluale sitnazione ecclesiastica
li tema, introdotto da una relazione di ìullio Vinay, è stato discusso da una Conferenza distrettuale straordinaria e da un Convegno giovanile riuniti contemporaneamente
Il dissenso callolico
Un dibslMlo con Gonzales-Ruiz sul rapporlo fra Regno di Dio e sloria
e un'altro con >a comunità del Vandalino sul dissenso nelle chiese
Il 3 e il 4 novembre si sono riuniti
insieme, a Messina, la Conferenza
straordinaria del VI Distretto e il Convegno giovanile distrettuale. L’inizio
dei lavori, svoltisi parte in comune e
parte separatamente, è stato costituito dallo studio introduttivo tenuto dal
past. Tullio Vinay sul seguente tema;
« I credenti, oggi, di fronte all’attuale
situazione ecclesiastica ».
Il relatore, esaminando il contesto
storico in cui, oggi, vivono le nostre
comunità ha fatto un accenno specifico all’attuale crisi che coinvolge le comunità medesime. Ha fatto notare
resistenza di un conformismo alle abitudini della città e di un individualismo tipico in ciascun membro di chiesa. La chiesa, oggi, ha dimenticato il
perché della sua esistenza divenendo
un’associazione cultuale o addirittura
un club. Tutto è rimesso nelle mani
del pastore, quindi clericalismo.
Bisogna, pertanto, chiedere alle comunità di confrontarsi continuamente
con l’Evangelo. Infatti, contestatori e
conservatori hanno il bisogno di fare
questo confronto per vedere se « le
chiese sono ancora quelle del Signore
j isorto ». Bisogna creare VAssemblea
dei credenti nella quale l’uno può scoprire e riconoscere i doni deH’altro. Si
tratta, quindi, non di copiare quanto
Tatto dalla chiesa primitiva (vedi Atti
degli Apostoli) ma saper cogliere lo
•spirito delia medesima e capire come,
nella situazione attuale, l’Assemblea
dei credenti possa esprimere il suo ministerio. Abbiamo bisogno di dimorare
insieme, decidere insieme, unirci nel
< Corpo di Cristo » per definire meglio
ia funzione di ciascun membro di detto
corpo.
In secondo luogo, è necessario uscire verso la città per esprimere la testimonianza a Cristo. In tal modo scopriremo le necessità del mondo e determineremo la nostra vocazione. Si tratta, in definitiva, di « fare i primi passi » senza avere la pretesa di cambiare tutto in un colpo, perché prima di
'. ambiare è necessario « mutare mentalità », capire la vecchia generazione
che, a suo tempo, ha espresso anch’essa una sua vocazione. « È il momento
di uscire dalla minorità e dal clericalismo ».
Una chiesa è tale (ecclesia) quando
il pastore le è tolto. La funzione del
pastore, allora, potrebbe essere quella
di preparare i ministeri al fine di un
servizio fuori. Abbiamo bisogno di una
« chiesa maggiorenne » capace di acquistarsi una certa autonomia e di eliminare le barriere confessionali. Forse,
dei professori di teologia con un ministerio itinerante, in collaborazione
con dei pastori, potrebbero formare i
£!Ìovani per la futura predicazione.
Nel pomeriggio ha avuto poi inizio il
O.rnvegno Giovanile, con presidente Gino l’Abbate e segretaria Rosanna FerlaiLiolo. Sono presenti le unioni di:
Messina, Catanzaro, Cosenza, Reggio
Calabria, Riesi, Palermo, Pachino, nelle persone dei rispettivi delegati.
11 presidente chiede all’assemblea
giovanile se preferisce lavorare unitamente alla conferenza o separatamente.
Ad unanimità si è concordato per la discussione separata.
Sempre prendendo in esame Tintro(.kizione del past. Tullio Vinay, si hanno
diversi interventi dai quali si deduce
clic le nostre comunità sono preda di
un male comune: l’individualismo e il
mancato confronto con la Parola che
vivifica o rinnova la vita dei credenti,
quindi della comunità.
Quasi tutti i giovani, senza bisogno
di fare dei nomi specifici, auspicano che
il confronto con la Parola non venga
fatto soltanto mediante la predicazione
domenicale ma attraverso una ricerca
comune che si concretizzi in una vita
comunitaria vera o propria. Si avverte
la necessità di saper vivere insieme
come « Corpo di Cristo » e successivamente uscire per conoscere i problemi
della città nella quale ognuno (per dirla col relatore) potrà poi determinare
il senso della propria vocazione.
NelTinsieme, il Convegno ha manifestato un vivo interesse nel discutere il
problema comune in vista di un impegno preciso.
L’assemblea dei giovani decide di formulare un O. d. G. come sintesi di
quanto discusso. Nella serata di lunedì
3, i lavori hanno fine alle ore 22.
Nel giorno di martedì 4, i lavori della
Conferenza e del Convegno riprendono
insieme con la relazione di quanto discus.so dai giovani e dalla Conferenza.
A questo punto, dopo qualche emendamento, TO. d. G. presentato dal Convegno giovanile viene accettato dalla
Conferenza e passato alla Commissione
Distrettuale p>er una possibile attuazione nelle comunità.
Il Convegno Giovanile del VI Distretto, riunito a Messina il 3 novembre 1969, riconoscendo:
I) che l’attuale grave crisi che
travaglia le nostre chiese, dipende
da un individualismo spinto fino alla
completa negazione della vita comunitaria;
2) che il culto, e in particolare la
predicazione, così come sono concepiti ed attuati oggi, non riescono più
a suscitare una risposta attiva alla
chiamata che il Signore ci rivolge ad
agire comunitariamente;
3) che, mancando la risposta, le
nostre chiese continueranno ad essere delle associazioni cultuali e non
assemblee di credenti guidati dallo
Spirito ed impegnati in una comune
ricerca;
chiede
che i credenti facciano un esame
della propria fede, in vista di un impegno preciso, mediante un continuo
confronto con la Parola;
auspica
che tale confronto non avvenga con
la predicazione domenicale del solo
pastore, ma che, scaturendo da una
ricerca comune incida nella vita di
ognuno per una testimonianza nel
momento e nel luogo in cui viviamo;
ritiene
che la ricerca comune debba essere
quella di affrontare i problemi reali
della città in cui viviamo alla luce
' della Parola di Dio, senza temere di
essere anche voce profetica di denuncia;
invita
la Commissione Distrettuale a favorire l’attuazione di quanto richiesto
in tale ordine del giorno e richiede
alle Comunità di riferire, alla prossima Conferenza Distrettuale, quanto in tale senso realizzato.
Successivamente Conferenza e Convegno si separano. Il Convegno inizia,
così, il suo proprio lavoro alle ore 10,
sui seguenti punti:
a) Direttore e Comitato di Adelfia.
b) Convegno F. G. E. I. del 7-8 dicembre p. V.
Considerata la proposta della Tavola,
del past. S. Giambarresi quale direttore di Adelfia, il Convegno accetta all’unanimità tale designazione e per votazione, viene eletto il past. Giambarresi come direttore di Adelfia.
Per quel che riguarda il Comitato di
Adelfia, il Convegno, considerando la
localizzazione siciliana di questo centro evangelico giovanile dedice di eleggere un Comitato, fermo restando che
Adelfia è stata, è e sarà sempre uno
strumento dell’ Evangelismo italiano.
Si passa alla votazione del Comitato
di Adelfia che risulta così eletto;
1) Direttore: past. S. Giambarresi.
2) Membri del Comitato: Sergio
Ribet, Gino L’Abbate e Piero Santoro.
Inoltre, di detto Comitato farà parte
(ex officio) il capo gruppo F.G.E.I. che
verrà eletto al prossimo convegno del
7-8 dicembre p. v.
All’atto della votazione, i giovani
presenti sono 54 dei quali 10 delegati
delle Unioni. Per dichiarazione di voto,
il past. O Lupi chiede che « almeno la
metà più uno delle unioni costituite
del nostro distretto siano presenti al
prossimo convegno al fine di decidere ». Ciò è da auspicare.
L’incarico a preparare il Convegno
del 7-8 dicembre p. v. (con sede in Catania, come deciso 'da questo convegno) rimane affidato a Sergio Ribet,
Mario Berutti e Franco Casanova.
Venerdì 7 novembre, a Torre Pellice, nella
Casa Unionista, ha avuto luogo un incontro
tra la comunità valdese e il padre José Maria
Gonzales-Ruiz, perseguitato politico spagnolo,
noto teologo, autore tra l’altro di : Il cristiano
e la rivoluzione. Credere e impegnarsi. Il cristianesimo non è un umanesimo. Questo incontro è stato uno dei tanti che hanno contrassegnato la presenza di Gonzalez-Ruìz nel Pinerolese, su invito del gruppo cattolico di 25 .a Ora,
nei giorni 6 e 7 novembre : dibattito con gli
studenti, con la popolazione, con gli operai.
Il tema dell’incontro di Torre Pellice era:
il rapporto tra il Regno di Dio e la storia.
Il rapporto tra Grazia di Dìo e impegno
dell’uomo nella storia è un rapporto dialettico
per cui la Grazia non esime l’uomo dall’operare nella direzione del Regno. In tal modo
1 attesa del Regno è un’attesa attiva che si
configura come responsabilità impegnata.
Uno spunto del dibattito ha dato occasione
a Gonzalez-Ruiz di dare una testimonianza
particolarmente significativa sull’opposizione
di una parte della chiesa spagnola al regime
franchista, opposizione che costa il pagare di
persona.
In questo la chiesa riacquista la sua dimensione autentica di denuncia profetica che
costa la croce.
*
Venerdì 14 novembre ha avuto luogo a Torre Pellice, per iniziativa del Centro Culturale S. Toja, un pubblico dibattito sul tema:
«Il dissenso nelle chiese ».
Hanno introdotto la discussione rappresentanti del gruppo cattolico di 25.a Ora di Pinerolo, della comunità del « Vandalino » di Torino e del Movimento Cristiano Studenti.
I rappresentanti della comunità del « Vandalino » hanno centrato il loro intervento sulla necessità della riforma della chiesa nella
doppia direzione delle strutture e deUa teologia sulla base di una riscoperta della Bibbia
che diviene motivo di scelta operante e di impegno pratico.
Cosi, ad esempio, l’Eucaristia diventa autentica comunione solo quando sia celebrata da
una comunità reale in cuì si sia abolita la
disuguaglianza sociale ed economica. Bisogna
lottare quindi affinchè queste relazioni di u
aHmiitiimiiiiimiiiimimiiiimmiiiiiimMiiiiiimiiiiimiiiiiiiinii
iiiiliiiilimiili ........................................................................................................................
CONVEGNO GIOVANILE EVANGELICO DEL TRIVENETO
-----------p
ì
Un manifestb giovanile
I giorni 1 e 2 novembre si è svolto
a Venezia, presso la foresteria Valdese
di palazzo Cavagnis, il convegno delle
unioni giovanili del Tri veneto, presenti i gruppi giovanili di Venezia, Mestre, Marghera, Padova, Vicenza, Pordenone, Udine, Trieste e Monfalcone,
presente anche il rappresentante della
FUV e della FGEI Andrea Spini.
Nel corso di un’ampia ed alterna discussione, si è giunti ad una chiarificazione riguardo agli intesoti della linea FGEI proposta da Ecumene, la
quale non deve dare direttive da seguire ciecamente: s’era rifiutata l’idea
della direttiva calata dall’alto per restituirla con un concetto di federazione, nato dalle esigenze e pertanto con
linee scaturite dalla base stessa. In
questo contesto, la linea FGEI è da
intendersi (come è stato puntualizzato
dallo stesso rappresentante FGEI)
piuttosto come una proposta di lavoro e non come conditio sine qua acceptatione non si può aderire alla federazione.
I giovani, pur rimanendo fermi nella loro linea d’azione, intendono condividere, in linea di massima, la linea
della FGEI.
L’adesione è stata votata con 26 voti favorevoli, 2 contrari, 2 astenuti su
30 votanti.
Si è proceduto, quindi, all’elezione
del comitato responsabile provvisorio.
Per facilitare i collegamenti si sono
voluti eleggere tre giovani di una stessa zona. Sono risultati eletti con 21
voti favorevoli, 1 contrario e 5 astensioni, Florentia Corsani, Giovanni Carrari e Raoul Matta (tutti e tre di Trieste).
Al termine del primo giorno di lavori, è stato approvato con 22 voti favorevoli, 2 contrari e 2 astensioni su
26 votanti quanto segue:
/ giovani evangelici del Trivene1o, riuniti per il Convegno interdenominazionale a Venezia delti e 2
novembre 1969, nello spirito del documento di studio presentato dal
gruppo di Trieste, propongono alla
riflessione dellp unioni giovanili
quanto segue:
Poiché l’Amore di Cristo ci costringe proprio in quanto cristiani
ad operare secondo un’etica situazionistica, dove per situazionistico
si intende testimoniare di Cristo
con linguaggio adeguato e agire
concreto nel particolare momento
storico in cui il Signore ci chiama
a vivere, noi crediamo che:
1) la Chiesa sia l’insieme dei credenti che operano nel nome di Cristo, riconoscendo di essere sottoposti unicamente alla Sua volontà e
che la nostra posizione nei confronti
della Chiesa ci porta a combatterne
le strutture qualora esse siano di
ostacolo alla sovranità di Cristo;
2) è nostro dovere operare una
scelta, è nostro compito quello di
impegnarci fino in fondo nella vita
sociale, nella lotta per l’uomo nuovo, libero cioè da ogni schiavitù,
dallo sfruttamento, dalla povertà,
dalla fame;
3) ci sentiamo chiamati a combattere ogni forma di terrore, di
crudeltà, di discriminazione (razziale, economica, culturale, religiosa);
4) non possiamo porre un limite
all’Amore di Cristo con ideologie
umane, siano esse ideologie che predicano la violenza, siano esse ideologie non violente. Infatti il nostro
unico comandamento è l’amore senza confini;
5) dobbiamo assistere tutti coloro che si trovano nel bisogno intendendo l’assistenza non più solo
solidaristica e benefica, ma politica. Per assistenza politica intendiamo un intervento nella vita sociale
non di ordine parternalistico, ma
di presenza costante e attiva;
6) noi dobbiamo combattere ogni
sistema, ogni propaganda, ogni persona che tratti un altro uomo come
un oggetto o una fonte di guadagno; combattere tutti coloro che
difendono l’ingiustizia in nome dell’ordine. È questo il rifiuto ad ogni
forma di autoritarismo;
7) la nostra posizione di cristiani
di fronte all’ingiustizia presente nel
mondo, non solo ci spinge ad intraprendere quell’opera di liberazione
dalla schiavitù anche materiale, che
può esser segno della liberazione
dello spirito, ma ci pone ad affiancarci a coloro che sperano, lottano,
soffrono per la causa dell’uomo, a
chiunque insomma anche senza saperlo, aspira a « nuovi cieli e nuova terra » ove abiti la giustizia. In
questa linea di testimonianza, il Cristiano sa che, pur trovandosi a fianco di chi combatte per le rivoluzioni, egli non ne realizza nessuna per
sé, ma « nel momento in cui tutti
banchettano per la vittoria della
rivoluzione e fanno festa grande, il
Cristiano esce non visto dalla porticina e si avvicina a quegli uomini
che la rivoluzione non ha liberati.
E ricomincia ».
I giovani suggeriscono per la più
chiara comprensione di questi punti di rifarsi al testo integrale del
documento di studio presentato dal
gruppo Trieste.
Essendo stati esauriti già nella prima giornata di lavori i punti posti in
discussione, si è ascoltata, nella mattina di domenica 2 novembre, una relazione letta da Andrea Spini, illu
strante l’attività e il lavoro che si sta
svolgendo in seno alla Federazione toscana. Inoltre, è stata presentata e approvata la proposta di un nuovo Convegno dei Giovani Evangelici del Trjveneto da tenersi a Trieste il giorno 8
dicembre. Tale convegno avrà lo scopo di definire lo statuto della Federazione regionale. La stesura di esso è
stata affidata al comitato eletto.
Alle 11, a chiusura del Convegno,
si è partecipato insieme alla comunità
valdese di Venezia alla celebrazione
del culto.
L’U.G.E.I. di Trieste
guaglianza siano estese a tutta la società, altrimenti si continuerà ad essere responsabili
del peccato collettivo che è l’appartenenza ad
una struttura sociale ingiusta.
Il gruppo che fa capo alla rivista 25 Ora,
su cui svolge la sua riflessione teologica, ha
analizzato la realtà sociologica dsUa chiesa come istituzione funzionale al sistema capitalìstico occidentale.
Pertanto la struttura della chiesa muterà
solo col mutare dell’assetto sociale: perciò il
cristiano deve impegnarsi accanto ai non credenti per quella lotta unitaria che, realizzando
rapporti sociali nuovi, renderà possibile una
chiesa nuova.
I rappresentanti del MCS, dopo una breve
analisi del lavoro svolto dai gruppi giovanili
evangelici, hanno sottolineato nel loro intervento soprattutto la critica all’impegno assistenziale della chiesa (asili, scuole, ospedali)
perchè frutto di un atteggiamento paternalistico di « elemosina » ai poveri, e non già un
impegno reale per la loro liberazione.
E’ poi seguita una riflessione sul problema
della predicazione. La predicazione è l’azione
della chiesa nel mondo e perciò il cristiano,
ad imitazione di Cristo, deve operare la scelta
dei minimi, degli oppressi ed impegnarsi in
vista della loro liberazione.
È poi seguito un vivace dibattito che ha
avuto come protagonisti soprattutto i cattolici
presenti. E. B.
PRO COUmO VALDESE
Offerte ricevute dal Oooiitato
Da Chiese Valdesi: Angrogna Serre (1°
versamento) L. 10.000; Bari 150.000; Chivasso 30.000; Cerignola 70.000; Corato 50.000;
Cosenza (1° versamento) 6.000; Pramollo (1°
versamento) 70.000; Rimini (1° versamento)
10.000; Torino (1“ versamento) 50.000; Torre Pellice (1° versamento) 250.000.
Da Amici: Dott. Franco Tourn, San Giovanni L. 50.000; E. P. C. <c ricordando i suoi
cari » 5.000; Una valdese da Roma « perché
il Collegio viva » 5.000; Giovanni Emanuele
Micol, Perrero 20.000; Maria Ribet Jahier
10.000; Gabriella Amalia Bounous La Montagna, Pinerolo 50.000; Botti Ermelinda ved.
Scaccioni, Villa Olanda, in memoria del marito Ing. Olivero Scaccioni 5.000; Alessandro
e Clara Vetta, Brescia 15.000; Prof.ssa Ada
D’Ari, Rimini 5.000; Myriam Bonnet 10.000;
Un Amico del CoUegio 10.000; Giulia e Carlo
Balmas, Luserna San Giovanni, « in memoria
della Sig.ra Olga Prochet ved. Mariani »
5.000; Ernesto Vola, per una borsa di studio
al Collegio, in memoria della Sig.ra Olga Mariani Prochet 50.000; Associazione Amici del
Collegio (1° versamento) 2.000.000; Mevrow
H. L. Oosting de Marez, Oyens (Olanda)
86.020; C.R.I. Sottocomitato di Torre Pellice
10.000; Una colletta a San Secondo 10.325.
Totale L. 3.051.345. •
Primo elenco L. 11.000.
Totale L. 3.062.345.
1 doni possono essere versati al Comitato
Collegio Valdese di Torre Pellice - Via Beckwith, 1 - 10066 Torre Pellice sul conto 'torrente postale 2/32709 o sul conto corrente
bancario n. 56760 presso Istituto Bancario
Italiano - Torre PeUice.
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SI CELEBRANO DOMENICA A LUGANO E NEL CANTONE
Onant'anni di
nel
predicazione evangeiica
Canton Ticinn
Il culto a Lugano, presieduto dal Moderatore Giampiccoli, sarà ritrasmesso dalla TV della Svizzera Italiana
La Chiesa Evangelica di lingua italiana e francese del Canton Ticino ricorda quest’anno una data ed un fatto
di indubbia importanza starica. Si
tratta di un avvenimento che quando
si verificò — ottanta anni or sono —
potè sembrare ai più di importanza
molto limitata e di interesse meramente « ecclesiastico ». Infatti nell’autunno
del 1889 si stabilì a Lugano il primo
pastore evangelico, cioè il Pastore valdese Paolo Calvino, che da alcuni anni
svolgeva la sua attività nel Ticino avendo come sede il paese di Biasca.
Tale trasferimento era stato deciso
dalla Tavola Valdese d’accordo con il
Comitato che diversi anni prima si era
costituito in Svizzera per l’evangelizzazione del Ticino: se ho detto che
potè sembrare, allora, un fatto di « ordinaria amministrazione » è perché lo
stesso Pastore Calvino, nel suo giornaletto, formato rivista, « La Scintilla »
ne dà conto, nel numero di novembre
del 1889, con queste .parole: « La Direzione de "La Scintilla’’ è stata trasferita a Lugano » ed aggiunge « i culti,
come per il passato, si continuano e
celebrare nella Cappella del Belvedere
du Pare, gentilmente e generosamente
concessa dalla egregia famiglia Beha ».
Nello stesso giornaletto è pubblicato
di tanto in tanto l’annuncio che i culti
a Lugano sono celebrati dallo stesso
Pastore Calvino nelle tre lingue nazionali — tedesco, francese e italiano —
in detta cappella, e si comunica altresì
che « l’istruzione religiosa viene impar
tita dal pastore a chi ne fa richiesta
tanto in settimana che le domeniche in
cui egli trovasi a Lugano per i culti ».
Ma qui non è nostro intento fare la
storia della comunità creatasi a Lugano — non si tratta ancora della costituzione giuridica, con statuti e regolamenti, il che in fondo ha una importanza secondaria dal punto di vista della Scrittura! — ma di qualche cosa di...
più semplice. Desideriamo, qui soltanto annunciare che
DOMENICA 23 NOVEMBRE
ALLE ORE 10
sarà celebrato a Lugano im culto di
ringraziamento che sarà ripreso e trasmesso dalla Televisione della Svizzera
italiana, tradotto in tedesco ed in francese.
La predicazione in tale occasione sarà fatta dal Moderatore della Chiesa
Valdese, Pastore Neri Giampiccoli,
mentre la parte liturgica sarà diretta
dai Pastori Willy Keller e Silvio Long.
Un’agape fraterna avrà luogo a mezzogiorno in un ristorante nei dintorni
di Lugano e si spera avere in data posteriore, ancora non precisata, una
conferenza pubblica su di un argomento storico-religioso.
Da queste colonne ci è grato invitare alle manifestazioni del 23 novembre
tutti coloro che si rallegrano con noi
per l’avvenimento che desideriamo ricordare e che ebbe ripercussioni notevoli e durature nell’opera della Chiesa Protestante nel Canton Ticino.
Silvio Long
4
pag
N. 46 — 21 novembre 1969
La felice irripetibile
delleducazione in
Sappiamo come una delle caratteristiche che hanno rivoluzionato l'economia e la stessa società israeliana di oggi sia stata l’istituzione di un’organizzazione comunitaria in kibbuz. Questo
sistema di vita, pur comportando una
rinuncia di beni individuali, di proprietà e, in una certa misura, di poteri d’iniziativa, è stato l’elemento di rottura
che ha consentito di rendere fertile il
terreno in gran parte desertico, di aumentare le esportazioni, di migliorare
le stesse condizioni di vita e, soprattutto, di cementare il senso di appartenenza ad uno stato da difendere. Attualmente, l’organizzazione comunitaria dei kibbuz sta attraversando un periodo di crisi, poiché molti si domandano se è utile continuare a mantenere
delle strutture che hanno dimostrato
storicamente la loro validità, ma che
oggi, raggiunti certi traguardi e cambiata la situazione socio-politica, avrebbero forse bisogno di essere riviste o
ri-formate. L’impressione che ne riportai personalmente, visitando circa due
anni fa, poco dopo la famosa « guerra
dei sei giorni », questi luoghi e queste
comunità fu in linea di massima favorevole, anche se ebbi occasione — parlando con parecchi membri del kibbuz
di Degania B — di notare una certa
nostalgia per le forme più personalizzate di vita. Non bisogna neppure sottovalutare gli sforzi che anche al giorno
d’oggi si compiono in seno ai kibbuz,
per adeguarsi alle esigenze del tempo;
se, per esempio, in passato si dava un
pettine a tutti i membri della comunità, sia che ne avessero bisogno o no,
compresi i calvi, oggi questo metodo
è stato decisamente abbandonato perché sarebbe in contraddizione col principio fondamentale del kibbuz che vuole che a ciascuno venga dato secondo
i suoi bisogni.
Mi ha fatto particolarmente piacere
leggere un saggio recentemente edito
in italiano, relativo ad uno degli aspetti forse meno appariscenti ma più vivi
e sentiti della vita dei kibbuz, e cioè al
problema dell’educazione dei giovani;
questo stesso problema e le soluzioni
adottate dai kibbuz (di cui avevo letto) erano stati lo stimolo che a suo
tempo mi avevano persuaso a compiere un viaggio di studio in Israele. Il
libro è scritto dal noto psicologo della
Università di Chicago, Bruno Bettelheim (che già conosciamo per alcuni
saggi sull’infanzia abbandonata) e porta il suggestivo titolo de I figli del sogno. I « figli del sogno » sono rappresentati nel libro dalla prima generazione di « nuovi ebrei », cioè da quelle
persone che per prime sono state educate e allevate secondo le regole del
kibbuz dai fondatori del movimento di
rinascita del paese; e il « sogno » che
ora è diventato realtà è proprio questa
rinascita.
L’Autore, che trascorse nel 1964 alcuni mesi in una colonia agricola dal
nome fittizio di Atid, ha la possibilità
di studiare da vicino i metodi educativi e soprattutto le conseguenze che questi metodi hanno sui giovani israeliani,
capovolgendo spesso le tesi espresse
da molti studiosi circa l’evoluzione
psicologica nei primi anni di vita. Atid
è un « kibbuz di destra » che si differenzia da quelli « di sinistra » o « di
centro » per il fatto di avere adottato,
dopo un’attenta riflessione, sistemi di
vita meno radicali rispetto a quelli dei
confratelli. Questa scelta ci consente
di avere una visione più realistica della
situazione, anche se meno suggestiva;
di guardare prospetticamente la realtà
e di stabilire dei punti di paragone con
il nostro sistema di vita e di educazione, ricavandone utili suggerimenti.
Una delle più singolari innovazioni
del sistema educativo adottato dal
kibbuz israeliano è quello di togliere
il figlio dalla madre e dalla famiglia il
più presto possibile, consegnando il
piccolo alle metapelet, vigilatrici addette alla sorveglianza dei ragazzi nelle case appositamente costruite e arredate per loro. Le più correnti teorie
psicologiche e psicoanalitiche (Spitz,
Bowlby, Erikson e altri), riferendosi
ad esperienze compiute su soggetti di
ambiente individualistico occidentale,
sostengono che il piccolo, staccato dalla madre anche se in tenera età, regredisce nello sviluppo generale e risente per tutta la vita della carenza di
affetto materno e familiare. L’esperimento dei kibbuz non conferma questa
tesi, anzi è una dimostrazione della tesi opposta.
Ma non solo i fanciulli non soffrono,
nei kibbuz, di questo tipo di vita e del
distacco, ma neppure i genitori, e in
primo luogo la madre, la quale — a
differenza delle madri ebree vissute nei
ghetti e forse proprio per reazione all’amore possessivo e distruttivo che ha
dovuto subire — non desidera affatto
dedicarsi esclusivamente ai figli. Questa mentalità, che può anche stupirci,
fa parte di un più generale sistema di
vedere le cose e di rappresentarsi la
propria vita alla luce dei « valori comunitari ». L'educazione non può essere qualcosa di diverso o di separato
dal modo di concepire la società e,
quindi, poiché nella società dei kibbuz
prevalgono i valori della collettività,
anche l’educazione avviene nella collettività secondo le regole e i fini della
collettività. Chi accetta queste condizioni di partenza deve essere conseguente
con se stesso, per cui possiamo dire
che nei kibbuz « il sistema educativo
viene visto come parte di una società
che, nel suo insieme, è pienamente accettata ».
Quest’accettazione, a sua volta, coincide con un altro presupposto che governa l’organizzazione generale della
vita in Israele, e cioè la tendenza a
creare una « comunità chiusa », tale
da perpetuare se stessa ed i propri
ideali e propensa al conformismo.
Il Bettelheim, nei capitoli dedicati
ai vari stadi dell’evoluzione psichica
di un ragazzo (prima infanzia, età della
latenza, adolescenza), affronta nei particolari i vari problemi di ordine psicopedagogico relativi alle varie età;
non ci è possibile — benché le osservazioni siano veramente interessanti
esperienza
kibbuz
inancando la competizione nessuno
viene lasciato indietro e non si esercita sui ragazzi nessuna pressione ».
D’altra parte, la vita è organizzata
in maniera tale che il lavoro e lo studio si integrino a vicenda, con la sola
differenza che « man mano che il ragazzo cresce, dedica più ore ad un lavoro nei campi o in qualche negozio,
dopo la scuola, e gli vengono affidati
compiti sempre più assorbenti e di
responsabilità. Questo fa sì che trovi
meno pesante restare in classe per il
resto del tempo ».
Il panorama tracciato dal Bettelheim
DI FRONTE ALIA RECHDDESCENZA DEI
GIURAMENTI HIKUYU FORZATI
Patto di fedeltà dei presbiteriani nel Kenia
ed originali e meritino uno studio ap- non è sempre- positivo; - lo- psicologo
profondilo — riassumerle qui ed ora,
ma invitiamo il lettore a farlo direttamente nel testo. Ci limiteremo a fare alcune osservazioni che possono
avere una certa incidenza anche sui
nostri metodi educativi.
Il principio di un allevamento e di
uno svezzamento affidati a metapelet
facilita la nascita nel fanciullo, fin
dalla prima infanzia, del senso di appartenenza ad un gruppo, percepito
come vero nutritore. La fonte di nutrimento e di sicurezza non è la madre, ché vede il figlio al massimo due
ore al giorno e spesso neppure la notte; non è la metapelet, perché cambia
continuamente; ma è il kibbuz stesso:
« la sua casa (la casa di tutti i bambini), i suoi giocattoli (eccetto quelli
che si trovano nella stanza dei genitori, dove vanno soltanto per divertirsi), il suo letto, il materasso su cui
dorme, le coperte che lo coprono, i
vestiti che indossa, tutte queste cose
non sono sue. Ma non appartengono
nemmeno ai genitori, quindi non è in
loro potere dargliele o togliergliele.
Sono tutte proprietà del kibbuz e in
quanto egli è parte del kibbuz, anche che lo reggono.
non esita a denunciare degli abusi,
dei pericoli o l’estrema rigidezza di
certi provvedimenti. Ma in generale
egli simpatizza con quanti partecipano al movimento di rinnovamento
educativo e sociale, anche perché il
tipo di ebreo che viene fuori dalle
comunità agricole è diverso dalla figura dell’ebreo del passato e di quello del ghetto, che ancora è possente
in Israele fuori dai collettivi agricoli.
L’educazione dei kibbuz ha perciò raggiunto il suo scopo principale: creare
cioè un tipo di personalità non solo
diversa, ma più adatta di quella dei
suoi fondatori alla vita del kibbuz che
è la forma di lavoro e di esistenza più
indovinata per un paese quale Israele. Pedagogicamente, non possiamo
non condividere questo punto di vista, coscienti come siamo dell’importanza di creare un sistema educativo
rispondente alle necessità dell’ambiente e della persona. L’unico punto che
resta da dimostrare — ma che è anche quello che condiziona tutto il nostro dire — è l’attuale validità del sistema dei kibbuz e delle motivazioni
sue. Grazie ad esse, il kibbuz gli dà
la sicurezza, o almeno ciò che la simboleggia ». Il valore della comimità è
preminente e quindi qualsiasi sacrificio è accettabile e accettato in nome
del bene di tutti.
La seconda osservazione riguarda
l’eificienza dei servizi scolastici, che
limitano al massimo l’insuccesso e la
fuga dallo studio. Da noi, spesso, i
ragazzi arrivati ad una certa età —
com’è dimostrato da inchieste e statistiche — abbandonano gli studi per
motivi economici ed anche perché la
società gli offre la possibilità di guadagnare, talvolta anche prima dei limiti fissati dalla legge. « Nel kibbuz
Se poi guardiamo al rendimento,
dobbiamo ammettere che i kibbuz
hanno fornito ultimamente la maggior
parte dei nuovi quadri politici, e questo fatto può parere contraddittorio:
il kibbuz, infatti, ha come obiettivo
di « formare la nuova generazione, affinché continui la vita del kibbuz allo
stesso modo dei genitori e insieme
conquisti la leadership morale di
Israele (se non del mondo) fornendogli i suoi dirigenti politici ». Inoltre,
il kibbuz rappresenta e fornisce ai
suoi membri una nuova religione secolare e allo stato di Israele un centro
etico-sentimentale. Dicono gli israelia
Nairobi (spr) - In reazione contro
un’ondata di riti segreti d’iniziazione
tribale, la Chiesa presbiteriana dell’Africa orientale ha pubblicamente
denunciato questo tipo di giuramenti
come contrari alla costituzione del
paese e ai principi fondamentali della
fede cristiana.
Le Chiesa, tramite il suo Comitato
generale d’amministrazione, ha chiesto
ai suoi membri di dichiarare la loro
fedeltà al Signore della Chiesa e al governo dèi Kenfa, sottoscrivendo'“ un
« Patto di Unità e di Fedeltà ».
Il testo di tale Patto è il seguente:
1. Confessiamo la nostra sottomissione assoluta a Gesù Cristo, Figlio di
Dio, Re dei re e Signore dei signori,
quale ci è rivelato nelle Scritture.
2. Piegandoci all’ordine di Cristo
di rendere a Cesare quello che è di Cesare e seguendo l’insegnamento degli
apostoli, secondo il quale le autorità
sono state istituite da Dio e meritano
quindi di essere rispettate, servite e
ubbidite com’è compatibile con una
vita improntata al timore di Dio, proclamiamo la nostra fedeltà al Presidente dello Stato, s. e. Mzee forno Kenyatta
e al suo governo eletto in accordo con
la Costituzione della Repubblica del
Kenia.
3. Accettiamo, appoggiamo e difendiamo la costituzione del Kenia.
4. Ci impegnamo a servire lo Stato
del Kenia, a mettere i nostri beni e le
nostre forze a sua disposizione e a promuovere il progresso sociale per tutti
i suoi abitanti partecipando pienamente ai vari compiti dell'edificazione della
nazione.
5. Poiché il servizio di Dio implica
che amiamo il nostro prossimo come
noi stessi, tendiamo una mano fraterna e amichevole agli uomini di ogni
tribù e di ogni razza. Siamo risoluti a
lavorare all’unità e a combattere ogni
divisione, a evitare ogni discriminazione e ogni favoritismo nelle nostre vite
personali e nelle nostre attività professionali.
6. Credendo che la Parola di Dio,
la quale dice: « la rettitudine esalta
una nazione e il peccato svergogna il
popolo », è vera, affermiamo che asso
ni di oggi che questo fenomeno segna
(...) non esiste possibilità di guadagna- la nascita di un nuovo patto giudaico, meremo le nostre responsabilità quali
re danaro, quindi non c’è motivo di stretto non più tra un Dio severo e i buoni cittadini cristiani, dovunque ci
lasciare gli studi per esso, né ci si suoi figli, ma tra uguali. E di ciò ab- troveremo e risiederemo, senza allon
può sentire economicamente svantag- biamo una dimostrazione probante tanarci dalla verità e dall’integrità, ma
giati, dato che non si può parlare di nei fatti più recenti. nifestando a tutti la carità. Vogliamo
differenze economiche.' Per chi lasciasse la scuola, non ci sarebbe nient’altro da fare che restare seduto a girarsi i pollici (la televisione non esiste e
le distrazioni sono scarse), senza contare che, ed è la cosa più importante.
Roberto Eynajíd.
Bruno Bettelheim, I figli del sogno,
tr. it., Mondadori, Milano 1969, pp.
328, L. 2.500.
quindi astenerci da qualsiasi atto di
violenza, di menzogna^-di. furto, di assassinio, di istigazione, di nepotismo,
da qualsiasi forma d’intemperanza, da
qualsiasi giuramento segreto, da qualsiasi società segreta e da ogni specie
iiiMimmiiiiiiii
iiimiiiiniiiniiiiiiiimmiimiiiiitiiiiiiiimimiiiiii
iiiiiiimimiiiiiiiiimiinMiiiiiiiiMimmitiiiiimiimiiiiiiiiiimiiimmimiiimimiNiiuimiimiiimiiimiiiMiiiiiiiiitimimitin .n
iiiliiiliiijiiiiiiuimiiiiiiimiMitm'
Caccia ai preti sedizicsi
in Spagna
Madrid (Adista) - Continua il complice silenzio della gerarchia cattolica spagnola nei
confronti delle violazioni del regime franchista contro le popolazioni basche. Il 24 ottobre scorso sette persone, tra cui quattro
preti ed una donna, furono condannate dalla
corte marziale di Burgos a pene varianti dai
2 ai 12 anni di carcere per « attività separatiste clandestine ».
L’amministratore apostolico di Bilbao, mansignor Cirarda, ha fatto diffondere un comunicato nel quale si respinge con energia l’accusa rivolta ai suoi preti di essere immischiati con l’attività dell’ETA (organizzazione di
rivoluzionari baschi) e di partecipare ad atti
di terrorismo. Il documento del vescovo termina richiamando l’articolo 16 del Concordato tra la Santa Sede e la Spagna, secondo
il quale non possono essere processati ecclesiastici senza l’autorizzazione dell’ordinario.
Ora, pur considerando come coraggioso il comunicato di monsignor Cirarda, dato il clima
di persecuzione in atto nel Paese contro ciò
che i segugi governativi rifiutano come progressista, non può non stupire la debolezza,
anzi l’angustia della presa di posizione del
presule.
Anzitutto, il vescovo respinge l’accusa, ma
non condanna... la condanna. È chiaro che
non si vuole provocare la rottura con l’autorità civile costituita (dalla quale la gerarchia cattolica spagnola riceve ampi favori economici, di protezione e di prestigio). In secondo luogo .suona a grettezza il richiamo al
concordato: .si sottolinea infatti che i pastori del gregge devono avere un trattamento
di favore (cosi prevede il patto) rispetto al
gregge, il quale può essere perco.sso, ma non
importa se il pastore stà al sicuro.
Ed è proprio su questo punto del concordato che la gerarchia cattolica spagnola dovrebbe essere più evangelicamente accorta,
intatti, esso offre un*ottimo strumento ai persecutori delle minoranze basche. Basti pensare che la maggior parte dei processi svoltisi
negli ultimi sei mesi contro i nazionalisti baschi (nc sono stati condannati oltre 100 per
pene che ammontano complessivamente a 500
anni di reclusione) si è svolta a porte chiuse (il che favorisce l’ignoranza del popolo su
questi gravi fatti) perché in ogni gruppo di
processati gli abili segugi inserivano un prete
implicato nelle attività clandestine : ora, il
concordato sancisce che i preti siano processati a porte chiuse.
La prima denuncia della gerarchia cattoli
ca spagnola dovrebbe essere quindi nei confronti del concordato. I vescovi c i preti
avranno meno prebei^de, ma ne guadagneranno in credibilità e testimonianza cristiana. Tra
l’altro acquisterebbero più libertà di parola e
non lascerebbero isolati quei pochi loro colleghi che hanno l’ardire di protestare contro
l’inumano trattamento riservato ai prigionieri
politici in Spagna (è il caso dei cinque preti
baschi condannati dai 10 ai 12 anni di carcere il 12 giugno scòrso).
Sembra che il cardinale Tarancòn, primate
di Spagna, abbia detto alla vigilia del Sinodo :
« Collegialità, rapporti tra le conferenze episcopali... tutte buone cose. Ma qual’è il loro
obiettivo? Sono questioni masochistiche se
non le si riempie di cose reali. E i problemi
gravi e reali stanno altrove ».
Altrove, ma dove? Occorre denunciare le
ingiustizie di cui si è a conoscenza, se non si
vuole essere complici delle ingiustizie che si
finge di ignorare.
in America Latina
Rio de Janeiro (Adisla) - Nei giorni scorsi
ì giornali ci hanno informalo sulle dichiarazioni programmatiche del nuovo presidente
brasiliano, generale Garraslazu Medici. Giova
ricordare una delle dichiarazioni introduttive:
il Democrazia e libertà, ma nessuna debolezza
nei confronti dei gruppi di minoranza che
mirano alla corruzione e alla distruzione delle
istituzioni del Paese ». Ovviamente qui per
minoranza non va intesa l'oligarchia di capitalisti e militari che tengono le redini del
Brasile. Minoranza sono i guerriglieri, gli studenti, i sindacalisti e i cattolici progressisti
che si battono per la « distruzione » di un ordine sociale profondamente ingiusto. Dalle dichiarazioni ai fatti: qualche giorno dopo Pinsediamenlo del generale-presidente, il padre
Moterlc, della diocesi di Pelolas veniva condannato a dieci mesi di carcere da un tribunale militare. Reato: distribuzione di volantini « sovversivi » agli operai di una fabbrica
di Ijui. nei pressi di Pelolas. L'operaio José
Bertoldo, che aiutava il sacerdote nelPalto « .sedizioso » venne a sua volta condannato a sei
mesi di galera.
Rio de Janeiro (Adista) - L'Azione Cattolica Operaia del Nord-Est brasiliano ha protestato. in una lettera aperta ai cardinali Rossi,
De Barros Camara e Scherer, contro la tragica realtà dell'appoggio dato dai tre cardinali al decreto di pena di morte ricostituito
in Brasile soprattutto contro i guerriglieri e
gli agitatori politici. La lettera sottolinea « la
profonda delusione causata dalla totale mancanza di senso umanitario nelle parole dei tre
cardinali, dai quali ci si attendeva un atteggiamento di pastori » ed esprime (( la rivolta
di tutti coloro che sentono morire Vultima
speranza ».
Medellin (Adista) - Anche Lleras Restrepo,
il presidente colombiano che ha accolto il Papa
a Bogotá, non scherza con i sovversivi, anche
se sono preti. Nei giorni scorsi a Medellin sono
state arrestate 24 persone, tre delle quali sono
sacerdoti. Tutti gli arrestati sono colpevoli
di attentati contro le istituzioni dello Stato.
I tre preti — Manuel Alzate, René Garcia e
Vicente Mejia — sono colpevoli di occupazione « simbolica » delPuniversità di Medellin.
I tre fanno parte del gruppo di Golconda »,
impegnato a muovere la Chiesa verso un appoggio reale allo sviluppo delle masse del
Paese.
Buenos Aires (Adista) - Che la Chiesa cattolica debba impegnarsi maggiormente nella
lotta contro le ingustizie sociali è sostenuto in
un articolo che il padre Carbone — uno dei
preti latino-americani del movimento « terzo
mondo » — ha pubblicalo recentemente sul
quotidiano « Esquiù » di Buenos Aires. Egli
sostiene che il Vangelo, non essendo un formulario di verità astratte, va applicato nella
realtà concreta dell America Latina. L'applicazione migliore nella realtà sociale — sostiene
Carbone — deve dimostrare che il cristianesimo integralmente vissuto si configura come il
socialismo più desiderabile.
Santiago del Cile (Adista) - Su iniziativa
del MAPÜ (movimenl d'actiòn popular unitarie) si sta organizzando un « Seminario Latino Americano » per un dialogo politico aperto fra tutti i gruppi e i movimenti di sinistra
di ispirazione cristiana del continente latinoamericano. Saranno invitati anche rappresentanti di gruppo o movimenti europei. Il « seminario » si terrà fra febbraio e marzo del
prossimo anno.
Asunción (Adista) - La grave tensione esistente negli ultimi mesi Ira governo ed episcopato paraguayani è terminata in rottura:
i vescovi del Paese hanno scomunicato diversi
membri del governo Stroessner con l'accusa
di es.sere mandanti di attacchi fisici a .sacerdoti e suore. Nei giorni scorsi reparti di polizia e di vigili del fuoco di Asunción hanno
lanciato bombe lacrimogene e messo in fun
di corruzione incompatibile con il nostro dovere verso Dio e verso la nostra
patria.
7. Crediamo che in tutte le nostre
iizioni la Parola di Dio, così com'è stata rivelata in Gesù Cristo, dev'essere
la nostra norma suprema; riconosciamo che siamo incapaci da noi stessi di
condurre una vita retta che risponda
alle esigenze del Patto, ma sappiamo
che Dio ci accorderà la sua grazia per
permetterci di obbedire ai suoi comandamenti; abbiamo fede nella sua
potenza e assumiamo l'impegno, in sua
presenza, di conformare le nostre vite
alla sua volontà.
PRO O CONTRO
L’EBRAICO E IL GRECO
NELLE FACOLTA’ TEOLOGICHE?
(spr) - I responsabili del Comitato dei laici
della Chiesa presbiteriana unita negli USA
hanno chiesto ai loro membri di opporsi al
progetto di sopprimere il greco e l’ebraico fra
i programmi degli studi di teologia.
La decisione di sopprimere queste due lingue bibliche era stata presa nel corso dell'Assemblea di questa Chiesa, la scorsa estate, e
sottoposta al voto dei sinodi. Il Comitato dei
laici vede in questo progetto una tendenza ad
allontanarsi dallo studio della Bibbia nelle
Facoltà teologiche per far posto a materie
quali la sociologia e Torgaiiizzazione della
comunità.
La prossima
Assemblea luterana
si terrà in Brasile
Ginevra (soepi) - La Federazione Luterana
Mondiale (FLM) ha confermato la sua previsione di tenere la prossima Assemblea - la
quinta - in Brasile ed il motivo principale è
rarricchimento certo che ne avrà la Chiesa ospite di questo avvenimento.
« A dire il vero, i suoi dirigenti non comprendono le esitazioni che si sono palesate alVestero » ha dichiarato il pastore A. Appel, segretario generale della FLM.
Pur rilevando che una guerra civile o che
delle severe restrizioni riguardanti i visti d’entratta o la libertà di stampa potrebbero influenzare la cosa, egli ha sottolineato che
tutti i preparativi vengono fatti allo scopo di
discutere il tema principale, « Inviati nel
mondò» in Brasile.
«Noi chiediamo espressamente a tutti i delegati ed ai- partecipanti di compiere uno sforzo
reale per famigliarizzarsi colla situazione del
continente latino-americano e colle particolari
condizioni del Brasile...Parecchie cose dipenderanno da ciò che noi saremo pronti ad ascoltare gli uni dagli altri » viene fra l’altro detto in
una lettera inviata da Appel alle 78 Chiese
membri del FLM.
Benché lo scopo principale dell'Assemblea
non sia quello di trattare questioni politiche,
K pastore Appel ha fatto anche notare che
«non è possibile che la Chiesa ignori piu a
lungo la situazione nella quale essa si trova...
Una riunione mondiale di luterani deve prendere molto sul serio il ruolo della Chiesa nella
società attuale - non solo in Brasile - e considerare tutte le situazioni che si possono ad essa
presentare nei mondo».
Questa Assemblea sarà la prima della FLM
in un paese del Terzo Mondo dove la Chiesa
luterana è in minoranza.
UN PRESBITERIANO MESSICANO
APPROVA LE RIVOLUZIONI
NELL’AMERICA LATINA
Austin, Texas (spr) - Jorge Lara Braud, direttore dellTstituto i.spano-americano di Austin, Texas, ed ex decano della facoltà del Seminario presbiteriano di Città del Messico, ha
dichiarato che le rivoluzioni politico-sociali
deH’America latina non sarebbero peggiori
della mortalità infantile che colpisce la metà
dei bambini al di sotto dei due anni, la tortura degli studenti contestatari, Fesecuzione
dei prigionieri politici, 1 analfabetismo del
50% dei ragazzi in età scolastica, le spese devolute agli armamenti che rappresentano un
terzo del bilancio nazionale e il fatto che 80%
della popolazione ha un reddito annuo di 80
dollari (poco più di 50.000 lire) per abitante.
zione idranti per disperdere ì fedeli che partecipavano ad un servizio religioso nella chiesa di Cristo Re.
Altri motivi di rottura sono la chiusura forzata del settimanale « Comunidad », organo
deirepiscopato paraguayano, e Fespulsione di
alcuni gesuiti spagnoli dediti ad attività sociali. Poiché i superiori della Compagnia di Gesù
hanno respinto le accuse governative contro i
religiosi incriminati. Stroessner avrebbe deciso la espulsione dal Paese di lutti i gesuiti
(circa 80). In seguilo airanacronislico provvedimento governativo l'episcopato del Paese
avrebbe comminalo la scomunica allo stesso
Stroessner. Ammettiamo che anche la scomunica è un'arma anacronistica, ma poiché
in Paraguay essa può risultare efficace e, .soprattutto, poiché la sanzione ecclesiastica
giunge al termine di una lotta che ha visto i
vescovi paraguayani schierali in difesa dei diritti umani più elementari, non po.ssiamo non
soltOvScrivere l'alto di questi presuli. Tanto più
che la politica governativa verso la Chiesa
Cattolica del Paraguay non era, fino a qualche giorno fa, diversa da quelle perseguite
negli altri Paesi Latinoamericani nei quali, in
generale, i vescovi si dimostrano più complici
che severi giudici del disordine costituito.
5
21 novembre 1969 — N. 46
pag
Federazione Femminile Valdese
Federazione Femminile Valdese
pagina periodica a cura di Oriana Bert
L’orfanotrofio nelta situazione italiana*
I) UNO SGUARDO RETROSPETTIVO
Il diritto civile ben poco si è occupato dei trovatelli e dei bambini soli;
per secoli la loro cura è compito della Chiesa che l’afRda a pie donne, monache o laiche, al fine di nutrire corpi da nutrire e soprattutto di salvare
le anime. La storia degli ospizi ordinati a questo scopo, pur nei limiti della ristretta documentazione, si snoda
in una successione paurosa di episodi
agghiaccianti che, proprio per la loro
frequenza, sono da attribuirsi più che
alla malvagità di singoli individui alla generale alienazione dell’infanzia,
tipica delle società arcaiche, chiuse,
autoritarie. Il rispetto, la protezione,
la difesa del bambino caratterizzano
le civiltà evolute e costituiscono una
importante conquista della pedagogia
moderna.
Nonostante il progresso economic.o
tecnologico culturale sociale, 1 bambini soli continuano ancora ad essere
.accolti in ospizi di carità tenuti da
congregazioni religiose e quasi sempre annessi ad altre opere pie, quali
ospedali, ricove.ri per vecchi e per
mendicanti, dove conducono una vita
per ogni verso tristissima. Molti di
'oro entrano nella comunità sociale
impreparati e deformati, non di rado
. Menti potenziali del carcere o del manicomio.
Molto simili agli orfanotrofi sono i
collegi o educandati: l’educazione collegiale è sempre stata preferita da
.'hi ha assegnato alla formazione deli'uomo mete politiche o religiose irraggiungibili nell’ambito familiare, e
le élites dirigenti se ne sono largamente servite per perpetuare se stesse e l’assetto sociale che ha permes:>o e giustificato la loro funzione.
lì) GLI ISTITUTI PER MINORI
Il nostro discorso intende limitarsi
agli istituti che accolgono ragazzi normali di età scolastica, lasciando da
])arte la problematica relativa ai brefotrofi ed alle istituzioni a carattere
terapeutico ed emendativo.
Quanti e quali sono oggi in Italia gli
¡istituti per minori soli? Non è facile
dare una risposta esatta.
Persone esperte affermano che è
qifasi impossibile determinare con esattezza il numero dei fanciulli affidati alla carità pubblica non solo in tutto il
lerritorio nazionale ma neppure in una
grande città e tanto meno farsi una
dea precisa- degli istituti che li accolgono e dei moltissimi enti, contrassegnati da sigle cabalistiche, che per qualche ragione si occupano o dovrebbero
occuparsi della loro sorte.
È però comprovato che il numero
degli istituti è andato negli ultimi anni
continuamente e disordinatamente crescendo con punte massime per quanto
'.'iguarda i piccoli o piccolissimi orfanoirofi dell’Italia meridionale ed insulaio; segno evidente non di una più mar^ ita sollecitudine, ma dei profitti non
ii.JilTerenti che si possono ricavare
(ì.iiH’industria del fanciullo abbandona1 .. attività imprenditoriale che non esigo particolari competenze né rischio di
capitali dato che sovente sono gli assistiti che mantengono l’istituto e non
viceversa.
Ili) LA SISTEMATICA
DISEDUCAZIONE
Il progresso psico pedagogico si è
finora arrestato od è diventato inoperante alle soglie dell’orfanotrofio ossia
proprio là dove gli educandi sono più
difficili o per l’abnorme esperienza di
vita (il brefotrofio, la strada-)-o per i
traumi subiti (la perdita o la rovina
materiale o morale della famiglia); in
quasi tutti la carenza d’affetto provoca
ritardi o addirittura regressioni nello
sviluppo psichico e persino in quello
fisico e la dolorosa frustrante sensazione più o meno oscura di essere diversi
e meno fortunati degli altri bambini
alimenta pericolosi complessi d inferiorità o torbidi sentimenti di ribellione.
A questi derelitti la pubblica e privata beneficenza offre anzitutto non un
ambiente gradevole capace di dare il
senso dell’intimità e della sicurezza ma
vetusti edifici, già carceri o conventi, o
vecchie abitazioni alla meno peggio riadattate, attrezzati stile caserma od
ospedale, non di rado privi degli apparali igienici indispensabili. Purtroppo
anche le costruzioni più recenti solo eccezionalmente rispondono alle esigenze
di una comunità infantile, in quanto
mentre difettano dello spazio per giocare, hanno immensi dormitori, grandi
refettori, corridoi interminabili privi
di ogni nota giocosa, e suscitano un
senso di gelo anche al visitatore piu
frettoloso e distratto. Comincia di qui
quella costante mortificazione della
personalità che costituisce ''
inevitabile di una vita priva di liberta
e di affetto, cioè di due condizioni essenziali al suo armonico sviluppo.
Gli « assistiti » non sono avviati al
*) Titolo originale: Tina Tomasi,
Umili pedagogia dell’orfanotrofio testo qui riprodotto è stato sintetizzato
per ragioni di spazio. L’autrice e insegnate di Pedagogia presso la racoita
di Magistero di Firenze.
UorfanotroFio non educa, diseducai Abitua al timore e al confoimismo. il problema coinvolge
l’intera società, crudele verso coloro che sono al di fuori del processo produttivo consumistico
libero uso delle loro facoltà, non possono agire in base a decisioni autonome, di cui siano responsabili, e neppure avere una propria vita intima, perché letture, corrispondenza e amicizie
sono strettamente sorvegliate. La giornata meccanica ed uniforme organizzata dall’esterno fin nei minimi particolari, la divisa, la mancanza di oggetti personali, la stessa manotonia dei cibi attuano un costante livellamento e favoriscono una mentalità claustrale ossia
quell’insieme di caratteristiche negative che aiutano i segregati a vivere ed
a sopravvivere. E se ciò nonostante
qualche individualità particolarmente
forte non si lascia sopraffare, si mette
in moto tutto un apparato repressivo;
i collegi, ed in particolare quelli caritativi, non tollerano i caratteri forti e
decisi, i ribelli alla regola fondamentale
che è l’obbedienza intesa come assoluta
sottomissione dell’inferiore al superiore gerarchico, secondo il modello gesuitico militare.
Ne risultano lesioni psichiche per lo
più irreparabili: lo sviluppo dell’intelligenza risente della mancanza di sollecitazioni, dell’insoddisfazione del bisogno di dialogo e del desiderio di sapere, della carenza di contatti con adulti
ricchi di diversa esperienza, della preclusione dalla vita reale; le disposizioni attitudinali non hanno modo di manifestarsi o di essere coltivate; il linguaggio è inevitabilmente povero, monotono, privo di originalità e di valori
relazionali; la sensibilità si ottunde e
può essere scossa solo da emozioni violente. Quanto al carattere, non sono
infrequenti manifestazioni patologiche,
quali apatia, aggressività, esibizionismo, manierismo, vulnerabilità abnorme, aridità affettiva o attaccamenti
morbosi.
Il principio continuamente inculcato
che massime doti sono la passività, la
docilità, il contegno umile e sottomesso, rende estremamente difficile la conquista della responsabilità personale,
ostacolata anche dalla mancanza del
valore probante dell’esempio. Là dove
ogni spontaneità è repressa, allignano
facilmente la dissimulazione e la menzogna. Meglio poi non parlare della diseducazione sessuale, particolarmente
grave nelle comunità femminili, dovuta
sia alla privazione di una normale convivenza con L’altro sesso sia alla mentalità anacronistica di chi dovrebbe impartirla. Ne risulta gravemente compromessa persino la formazione religiosa, seria solo se impartita nel rispetto pieno della libertà dell’alunno e nelle forme e nei modi adeguati alla sua
età. In pratica spesso decade a superstizione o consiste nella acquisizione
mnemonica di formule e nell’abitudine
meccanica ad atti di culto.
In sintesi la disciplina che regge l’istituto ottiene un comportamento dettato da timore o da conformismo, anziché
una volontaria consapevole adesione ed
il codice, scritto o no, che vi impera è
uno strumento antiquato e crudele che
non di rado considera reato l’indipendenza spirituale, il senso di dignità,
persino il natuarle bisogno di moto e
di chiasso, e che commina pene severissime che le personali simpatie od antipatie di chi le infligge rendono facilmente arbitrarie e quindi odiose.
I castighi corporali, proibiti dai regolamenti scolastici e quasi del tutto
banditi nella vita familiare, sono frequenti, protetti dalla mancanza di controllo, dalla paura, dall’omertà e purtroppo dalla legislazione che condanna
(art. 571 C. P.) non l’uso ma l’abuso
delle « correzioni manuali »; e non
mancano le vere e proprie torture spirituali, spaventose anche se non lasciano traccia visibile.
L’offesa alla personalità del fanciullo, profonda e quasi sempre irreparabile, si manifesta in molti modi, tra cui
assumono spesso un particolare rilievo le carenze del rendimento scolastico
e quelle più gravi e complesse relative
al processo di socializzazione.
IV) LE CARENZE DEL
PROFITTO SCOLASTICO
Le difficoltà dell’ inserimento nella
vita collettiva, unite a quelle relative
allo sviluppo intellettuale ed emotivo,
si riflettono talora in modo traumatizzanti sul profitto ed il comportamento
scolastico. Non mancano le eccezioni di
ragazzi particolarmente dotati che trovano nello studio un compenso almeno parziale alla mancanza di gioie e di
soddisfazioni e nei bei voti un modo
di affermare se stessi, ma per la grande maggioranza non è cosi. In via generale, il successo dipende in non lieve
misura dall’ambiente, dal diretto aiuto
domestico offerto non tanto nella forma di ripetizioni o soccorso immediato
quanto dalla costante protezione, cioè
in un incoraggiamento e conforto fonte di serenità ed equilibrio spirituale, e
dalla possibilità di Una larga ed aperta
esperienza di vita.
II fanciullo istituzionalizzato, profondamente frustrato nel bisogno di sostegno e di lode, è costantemente in
preda ad una paralizzante insicurezza
che spesso ne fa un disadattato scolastico, anche se non è un ritardato o un
minorato mentale; e tale può anche apparire per il suo vocabolario ristretto,
per le sue capacità espressive limitate
dalla mancanza di esercizio ad osservare e a ragionare, dalla carenza di sensibilità artistica, dall’assenza o inade
guatezza di letture, e per la sua goffaglne e timidezza.
I grandi istituti hanno scuole primarie interne (ed in questo caso manca il
confronto doloroso con coetanei più
fortunati ma anche l’apertura di un più
vasto orizzonte), il triennio medio obbligatorio è invece quasi sempre esterno. Fino a non molto tempo fa gli ospiti di molti istituti non giungevano neppure al termine del corso elementare;
ora le fonti ufficiali essicurano che il
numero è molto diminuito, ma anche
qui mancano dati precisi; resta il fatto che non pochi frequentano classi
differenziali per motivi che soltanto
un’ipocrita superficialità può attribuire
a presunte deficienze innate.
II profitto cade talvolta notevolmente nella scuola media; essa infatti anche se non è più ferocemente selettiva
a tutto danno dei meno fortunati, richiede pur sempre uno studio sistematico e prolungato, rapporti complessi con i compagni ed il mondo esterno,
spesso il diretto soccorso dell’adulto;
il ragazzo istituzionalizzato si trova in
una situazione estremamente sfavorevole che non sempre è capita e valutata dagli insegnanti, i quali anzi talvolta contribuiscono con un contegno
magari inconsciamente crudele ad aggravare le cose; né soccorre, come
dovrebbe, l’azione integratrice e riparatrice di un efficiente doposcuola affidato a persone competenti e volenterose in grado di attuare un insegnamento individualizzato. Nessuno poi è
così ottimista da credere che nei riguardi degli ospiti di istituti benefici
venga attuato quel diritto allo studio
fino ai più alti gradi che la costituzione
assicura ai capaci ed ai meritevoli.
V) LA DIFFICILE
SOCIALIZZAZIONE
La socializzazione, processo che normalmente s’inizia nella famiglia e continua nella scuola e nelle sempre più
complesse relazioni offerte dall’ambiente, è fortemente ostacolata dalla ristrettezza e dalla artificiosità del convito. I ragazzi convivono, ma la loro
vita non è comunitaria perché mancano i rapporti spontanei, la collaborazione, un minimo di autogoverno; ignorano o misconoscono la realtà umana
nei suoi aspetti sociali, economici;
spesso non hanno neppure una idea
giusta della funzione e del valore del
denaro e della proprietà in quanto
nessuno ha niente di veramente suo,
neppure il vestito od il letto che talvolta sono intercambiabili. Queste carenze sono particolarmente gravi negli istituti femminili, dove il personale
assistente ha spesso una concezione
antiquata o limitata o deformata della
Linee nuove al Gould di Firenze
Rispondono Marco e Miriam Imrdao
— Si è concordi ora nel dire che gli istituti per
bambini soli dovrebbero ridursi sempre più a costituire un momento transitorio nella vita dei ragazzi, ed essere il più possibile sostituiti o da adozioni, o da foyers di tipo familiare articolati in piccoli gruppi di ragazzi, dove questi possano trovare
un valido sostituto della figura materna e paterna.
Pensate che questa tesi possa trovare applicazione
pratica al Gould?
— L’Istituto Gould, sorto come orfanotrofio, ha
perso col tempo questa sua caratteristica divenendo, soprattutto nell’ultimo dopoguerra, un’opera
per ragazzi che si muove in più direzioni. Attualmente la provenienza degli alunni in linea di massima è la seguente: una minoranza di bambini soli
oppure orfani, ragazzi di zone dove ancora mancano scuole, figli di emigranti, di famiglie divise o in
grave disagio economico. Che i ragazzi ci vengano
per un corso di studio o per altre ragioni, per molti
all’atto pratico la prospettiva di un soggiorno transitorio nella nostra casa scompare: la loro permanenza al Gould costituisce perciò un’esperienza fondamentale per la loro formazione.
Partendo da questo presupposto, mancando cioè
la prospettiva di un. rapido rientro in famiglia ed
essendo estremamente ridotti i casi possibili di adozione, è logico che tutto il lavoro ne sia influenzato
ricevendone sia nell’impostazione che nell’indirizzo
delle caratteristiche ben precise.
Lavoro di équipe
Per valorizzare maggiormente la funzione .supplettiva di una casa come la nostra, abbiamo puntato all’interno su un lavoro di équipe, il successo
del lavoro deve molto al modo in cui le persone che
lo conducono riescono a capirsi ed a collaborare insieme; sulla sensibilizzazione degli studenti più maturi ai problemi dell’educazione e dell’ambiente e
soprattutto .sulla formazione di gruppi famiglia il
più possibile ristretti ed autonomi. I ragazzi, 43 attualmente presenti, sono suddivisi in 4 gruppi:
a) gruppo piccoli, dai sei ai dieci anni circa,
in cui si impartisce una educazione di base, si stimola l’affermazione della personalità e del carat
tere, si tenta di gettare una solida base scolastica...
b) gruppo medi, dagli undici ai quattordici
anni, dove, con un lavoro sempre più individualizzato, si tende alla responsabilizzazione dei singoli
che lo compongono, se ne colmano le lacuiie culturali e si forniscono quanti più elementi possibili atti
a provocare una cosciente scelta professionale ;
c) gruppo grandi, quindici-diciotto anni, che,
seppure con la nostra guida, si autogestisce quasi
totalmente programmando sia il proprio lavoro:
studio,attività culturali, corsi facoltativi etc. che il
■' proprio tempo libero ;
d) gruppo universitario (di recente formazione) che conduce una vita staccata dal contesto della casa ma che ne conserva le caratteristiche comunitarie ed è incoraggiato a dare al resto della comunità un proprio contributo di attività.
Rapporti con l’esterno
All’estemo della casa intanto ci avvaliamo della
collaborazione attiva di psicologi ed assistenti sociali; curiamo particolarmente l’inserimento dei
ragazzi nella comunità evangelica; comunità ed
opera sono vive ed operanti solo nella misura in
cui sono complementari Luna dell’altra; tentiamo
di sensibilizzare ed ottenere la collaborazione degli
insegnanti delle varie scuole ; ci muoviamo in sostanza in più direzioni per fare della casa un centro attivo di interessi non staccato dalla realtà eh?
la circonda. Ma soprattutto cerchiamo, quando ne
otteniamo la collaborazione, di curare particolarmente i rapporti con le famiglie degli alunni, stimolandone gli interessi per l’attività dei figli e quando ciò è possibile, cercando di conoscerle nel loro
ambiente e nelle loro abitudini perché ciò ci permette poi di capire ed aiutare meglio i ragazzi.
Naturalmente la realizzazione di questo piano di
lavoro richiede l’impegno di un maggiore numero
di persone di quanto non ne richieda un’impostazione diversa, per esempio di tipo tradizionale, e
qui, come nelle ricorrenti difficoltà finanziarie, sta
la nostra debolezza.
Attualmente il nostro gruppo, discretamente qua
lificato dalla presenza di insegnanti, vigilatrici ed
un pediatra, permette che si realizzi quanto sopra
esposto ed è aperto alla ricerca di nuove linee con
lo studio, i contatti e gli scambi con gli altri gruppi che agiscono nella città sia nel campo della psicologia che della pedagogia.
società e del costume contemporaneo.
In queste condizioni non solo non si
evolvono normalmente i naturali sentimenti sociali, ma si rafforzano al contrario le tendenze egocentriche ed egoistiche, l’istinto competitivo si immiserisce fino al dispetto, l’emulazione diventa invidia o superbia, la stessa amicizia assume toni morbosi, quando non
si arriva al disadattamento vero e proprio. Gli esperti sono concordi nell’indicare in queste deformazioni e frustrazioni precoci la causa lontana di
comportamenti patologici e delinquenziali, che esplodono nell’età adulta.
Date queste premesse, non è affatto
necessario elencare le molte ed ovvie
ragioni per le quali il definitivo abbandono dell’istituto costituisce un momento molto delicato, il minore ha bisogno di essere seguito ed aiutato assai
più e meglio di quanto non avvenga
normalmente; l’arduo inserimento nella vita è spesso complicato dalla mancanza di una qualifica professionale di
fatto valida nel mondo del lavoro, dove l’assistito entra predestinato ad un
ruolo del tutto subalterno.
Pochi istituti curano seriamente Taddestramento ad un mestiere e tra quelli che lo fanno, una buona parte si attardano in attività artigiane superate
dal progresso tecnologico, per ragioni
di costo o per mancanza di istruttori
specializzati o per misconoscenza del
La Sezione italiana della Ligue
internationale de Tenseigntment,
de Téducation et de la culture
populaire ha organizzato il suo
V Convegno di Studi all’Isola
d’Elba il 3-4-5 ottobre 1969 sul
tema; Fanciulli minorati e fanciulli soli. Ringraziamo la Sezione italiana che ci ha concesso di
pubblicare una parte del materiale, cioè la relazione della prof.
Tina Tomasi e l’intervista della
insegnante Elena Cecchini.
problema; quanto ai collegi femminili,
vi si insegna ancora il rammendo o il
ricamo.
L’adolescente solo, fatica ad inserirsi
in qualunque gruppo e non di rado
rimane uno spostato, oppure assume
verso la società da cui si sente tradito,
un atteggiamento polemico o ribelle.
VI) L’EDUCAZIONE
DEGLI EDUCATORI
Una siffatta situazione, ormai da più
parti drammaticamente denunziata, esige pronte radicali ed appropriate misure, delle quali sul piano pedagogico
la più urgente è l’educazione degli educatori: e qualche cosa in questo senso
si è cominciato a fare. Purtroppo la legge, che richiede titoli e diplomi anche
quando non sono affatto necessari, non
esige alcun requisito di competenza
per il gestore ed il personale delle comunità educativo-assistenziali; né esiste alcun legale corso di studi, eccettuata la discutibile specializzazione per
direttrici di comunità infantili, istituita di recente per dare un po’ di ossigeno agli agonizzanti, decrepiti istituti
tecnici femminili. I diplomi di assistente sosciale, di maestro elementare,
di educatrice di scuola materna non
rispondono che in parte ed imperfettamente ai delicati compiti tipici di un
istituto minorile, i quali, almeno per i
dirigenti, richiedono una preparazione
a livello universitario. Anche le mansioni di vigilanza dovrebbero essere affidate a personale qualificato e non come oggi avviene a persone incolte convinte di dover svolgere un’opera essenzialmente repressiva e spionistica.
Nessun miglioramento può aver luogo senza la disponibilità di persone
spiritualmente e tecnicamente preparate, esperte nel vasto campo delle
scienze, dell’educazione, capaci di seguirne i progressi e di lavorare in équipe con vari specialisti, quali psicologi,
neuropsichiatri, assistenti sociali.
Solo un presuntuoso o un fanatico
può oggi affidarsi all’intuito personale,
come purtroppo la legge consente col
sostegno di una lunga tradizione, ritenendo sufficienti una generica disposizione ed uno spiccato spirito di carità,
tutte doti che si presumono appartenere ai membri delle comunità religiose, alle quali la maggior parte degli
orfanotrofi è affidata. E cosi il non incriminato rettore dei celestini ha potuto imporre come risulta dalla motivazione della sentenza che conclude
la triste vicenda... « un oppressivo cd
assurdo sistema di vita rispondente ad
una sua personale concezione ideologica, fondata sulla intransigente negazione di ogni formazione culturale, di
ogni istanza sociale e di ogni esperienza di vita proveniente dal mondo esterno, verso il quale si appuntava il suo
(continua a pag. 6}
6
pag
N. 46 — 21 novembre 1969
l'orlMinfii lidia dhaziiiiB iialHiia Accettare il subnormale
(segue da pag. 5)
ascetico disprezzo ». E tutto questo « al
fine di costringere, attraverso una serie di vessazioni, i bambini ad intraprendere la carriera ecclesiastica o comunque a darsi alla vita religiosa, sopprimendo con metodi oltremodo persuasivi la loro libertà e la loro autonomia spirituale ».
E ben poco convincente è la difesa
dei rozzi aguzzini di questi infelici fatta dal Vescovo di Prato: « Poiché essi
agivano non per lucro né per alcun
privato vantaòcrio, mi parve doveroso
presumere che essi, anche se impreparati ai loro compiti, soggettivamente
agissero in buona fede, per un fine caritativo ».
VII) L'ORFANOTROFIO,
ISTITUZIONE REPRESSIVA
Sarebbe tuttavia semplicistico pensare che gli istituti per minori funzionano male soltanto perché affidati senza alcun efficace controllo a persone
impreparate, ed ingiusto ritenere tutti costoro sadici, anche se indubbiamente sono in gran parte esseri deviati o frustrati,vittime delTambiente,
acciecati dalla ignoranza o dal fanatismo, logorati da un sistema di vita e
da un orario di lavoro intollerabili. Il
problema è più vasto e complesso e
coinvolgere l’intera società, crudele verso coloro che sono al di fuori del processo produttivo consumistico. Molti
degli argomenti addotti dalla polemica
contro il carattere repressivo delle istituzioni manicomiali o carcerarie valgono anche per quelle che accolgono
fanciulli soli o minorati, cioè per tutte
le isole di segregazione. Una radicale
riforma non può quindi avvenire con
interventi settoriali ma soltanto con
una vasta ed organica azione statale
che riconosca nell’assistenza un dovere
della collettività ed un diritto del cittadino e non ima paternalistica gratuita
elargizione che obbliga chi ne è oggetto all’obbedienza, alla sottomissione
o addirittura alla complessa mortificazione della personalità.
Vili) LA FINÈ DEL COLLEGIO
Sul piano propriamente educativo,
non c’è dubbio che il collegio tradizionale, sia quello di lusso per i figli
di papà sia quello assistenziale per i
ragazzi soli e poveri, non risponde più
ai criteri moderni. Soltanto motivi di
ordine economico od il timore di perdere uno strumento di dominio spirituale possono indurre a difenderlo. .Anche nel campo cattolico, gli educatori
più aperti ed al passo coi tempi ne riconoscono i pericoli, quali rinaridimento affettivo, la separazione dalla vita
sociale e via dicendo.
Psicologi e pedagogisti e sociologi
di diverso orientamento sono concordi
nello sconsigliare nel modo più assoluto la vita collegiale, almeno fino a
dieci, dodici anni e nelTammetterla
con molte riserve e per brevi periodi
nell’adolescenza, il che ovviamente vale
anche per i ragazzi soli, non essendo
ammissibile approfondire ulteriormente l’abisso tra chi ha una famiglia e chi
ne è privo.
Bisogna dunque programmare la sostituzione definitiva dell’istituto con
forme assistenziali nuove. La grande
istituzione, l’orfanotrofio caserma, non
risponde più ai bisogni del bambino e
deve essere condannato a sparire.
Nell’ultimo decennio molte voci in
Italia e fuori si sono pronunciate in
questo senso, facendo notare che l’istituto minorile è non soltanto diseducativo ma anche più costoso di altre forme più moderne ed efficienti di assistenza. Il problema di come possa essere sostituito è tuttora aperto ed esige un complesso discorso a parte: ci
si orienta verso l’affidamento adottivo
a famiglie, o verso l’istituzione di
« foyers », cioè di piccoli gruppi di ragazzi affidati ad educatori specializzati,
che vivono una vita normale in un normale appartamento.
La situazione italiana è però tale che
sarebbe tuttavia grave illusione sperare in una prossima radicale trasformazione del sistema assistenziale. Infatti
chi ne ha in mano le leve ammette
l’inadeguatezza e il ritardo degli istituti rispetto al progresso pedagogico e
psicologico, ma considera fuori del comune oltreché dei dati culturali della
società italiana, la rivoluzione radicale
ed eccessiva della famiglia affidataria.
In altre parole le innovazioni accettabili sono quelle che non sconvolgono il
sistema, ossia clima più familiare, assistenti preparati, ammodernamento
degli edifici e del vestiario, maggiori
contatti col mondo esterno, migliori
cure sanitarie e psicopedagogiche.
Entro questo ambito, non mancano
studi notevoli ed interessanti sperimentazioni le cui indicazioni si possono così riassumere: l’azione educativa
ha bisogno di svolgersi in un ambiente
intimo raccolto, tale da favorire la vita
di gruppo, lo studio, le attività libere,
lo sport; deve essere il più possibile
individualizzata, e quindi partire dalla
conoscenza esatta di ogni alunno; deve
sviluppare la socialità attraverso la collaborazione ed un sempre più largo
contatto con gli uomini, le cose e il
mondo esterno.
Particolarmente raccomandata e 1 articolazione delle collettività nunierose
in gruppi famiglia cioè in unità di 10-12
ragazzi di età diversa affidate a persone esperte dove sia possibile una vita
comunitaria ricca di valori affettivi in
cui sia possibile al minore trovare un
sostituto materno e paterno e godere il
massimo di protezione ed insieme di
libertà.
Il cammino contro certe istituzioni
che umiliano il beneficato anziché aiutarlo ad elevarsi è dunque ancora molto lungo da percorrere ed irto di ostacoli.
Ancora oggi incrociamo indifferenti
nella strada lunghe file di bimbi dal
viso non meno triste della loro imiforme o li vediamo questuare di porta
in porta o sulla soglia di edifici sacri;
permettiamo, come ancora avviene in
piccoli centri, che seguano feretri o
veglino cadaveri in segno di riconoscenza verso la pietà esibizionistica di
cosidetti benefattori o dei loro eredi;
guardiamo distratti gli squallidi edifici
che li ospitano, sappiamo di sevizie
loro inflitte, e ci adojieriamo soltanto
a scacciare al più presto il senso di pena e di colpa che ci invade. Possiamo
anche leggere e subito dimenticare le
parole con le quali in un ospizio per
trovatelli di Caltagirone dove le condizioni di vita erano subumane, fino a
poco più di due anni fa il frate rettore
saleva rispondere alle lamentele ed alle richieste: « Voi siete venuti dal fango e per questo dovete soffrire. Redimerete così i peccati dei vostri genitori ».
lib ri
P. Bertolini, Delinquenza e disadattamento minorile, Laterza, Bari, 1964.
R. CousiNET, Fa quel che ti dico, La
Nuova Italia, « Educatori antichi e
moderni » 238, traduz. di Valeria Silvi, pp. VI-82, L. 700.
Alle madri di famiglia. Il ragazzo che
cade. Guarda davanti a te. Non abbia
paura. L’autobus. Stai fermo. Fai qualcosa. Non toccare. Sbrigati. Metti in
ordine le tue cose. L’aiuto ai fanciulli.
La tenda. Il giardinetto e il fiume. Il
marciapiede. La strada. Il rimprovero
e il complimento. La buona educazione.
Le esperienze. Il caso del sandwich. Le
gobbe e le buche. Non bisogna giocare
con i fiammiferi. Ti tocca sempre cedere. Così è la vita. Le auree regole del
linguaggio. Tutte cose senza importanza. Una spiegazione. Supplemento a
« Le auree regole del linguaggio ». Fammi il piacere di ubbidire.
L’insegnante Elena Cecchini, assessore al Centro ’di Assistenza sociale della Provincia di Livorno, parla di una iniziativa provinciule a favore dei subnormali
Vorrei parlarvi di quel che succede
a Livorno, nel campo dei fanciulli
subnormali. Lavoro da sette anni in
una scuola speciale, che è stata voluta dall’Amministrazione provinciale.
È una scuola a pieno tempo, con 200
ragazzi dal quoziente intellettuale
molto basso. È ima scuola estremamente funzionale e permette ai ragazzi di inserirsi insieme ai ragazzi
normali. È in un plesso unico, con
équipe medica e assistenti sociali. Si
sono avuti ottimi risultati di ricupero. Ogni anno, dimettiamo venti-venticinque ragazzi che possiamo inserire nel mondo del lavoro.
Ma quanti di questi subnormali non
sarebbero stati tali, se alla nascita
avessero trovato delle cure e delle situazioni diverse da quelle che han
trovato? È un problema di prevenzione delle malattie, anche prima della
nascita, di ambienti idonei, di cure.
Parliamo di subnormali, ma si potrebbe parlare di bambini in generale. Il problema della prevenzione interessa tutti i bambini.
Le classi differenziali, nate come rimedio a vantaggio dei meno dotati, finiscono per sanzionare questa divisione.
Se ci fosse una scuola diversa, praticamente non ci sarebbe bisogno né
di classi differenziali né, al limite, di
scuole speciali per subnormali. Le
classi differenziali che ci sono ora,
dovrebbero comprendere solo bambini che subnormali non sono, ma che
per malattia o per shock ambientali
o per problemi contingenti hanno subito ritardi. Se il personale insegnante nelle classi normali fosse tale da
capire e aiutare questi bambini nel
periodo che stanno attraversando, essi potrebbero reinserirsi con l’aiuto di
persone qualificate e riprendere la
strada normale. I bambini delle classi differenziali non sono bambini malati, non hanno tare né lesioni a carico dei loro organi centrali: si tratta
quindi di periodi e di momenti di difficoltà, da superare con l’aiuto degli
adulti. Ma questo non avviene, perché le classi sono superaffollate, il
Iiersonale non è qualificato a capire
queste cose, perché non esiste una
équipe psico-medico-pedagogica che si
occupi di questi problemi; molti barn
Un’idea che si fa strada
Proprio nel maggio-giugno 1968,
alla Sorbona sbocciò una iniziativa
di tipo particolare: la signora Françoise Lenoble-Prédine, 27 anni, specializzata nell’insegnamento pre-scolastico, apriva in un minuscolo locale di 12 mq., al 5° piano, un « nido » per i bambini (3-6 anni) degli
studenti! Per occuparsi di essi furono chiamati giovani e meno giovani con compietenze tecniche e culturali. Il lavoro che vi si faceva era
simile a quello fatto in qualsiasi
scuola materna (giochi, disegni, lavori, artigianato ecc.) ma la originalità della nuova iniziativa consisteva nel fatto che i genitori potevano partecipare a questo lavoro
scolastico!
È interessante sentire le esperienze della signora Lenoble - Prédine
in una intervista richiestale dall’UNESCO.
« Ho avuto un grande choc quando mi sono resa conto di quali guai
produce la civiltà industriale con il
disgregamento delle famiglie e l’isolamento dei bambini in quelle grandi città che sono le scuole materne.
« Ho capito che bisognava se non
ricreare la cellula familiare, almeno
cercare di ricostruire una atmosfera affettuosa e rassicurante che
convenga ai piccoli.
« Nella nostra società industriale il padre lavora da una parte, la
madre dall’altra, i bambini spesso
per tutto il giorno non vedono i
loro genitori. Li ritrovano la sera
verso le 7 o le 8, se il padre non è
completamente assente da casa.
Quei bambini passana le loro giornate in un mondo unicamente femminile, perché generalmente sono
le donne a occuparsi dell’educazione pre-scolastica. Si è sempre pensato che i bambini debbano essere
allevati dalle donne, ma si comincia a riconoscere che hanno bisogno
anche di una presenza patema ».
Da queste indagini è sorta l’idea
di centri per l’infanzia in cui all’opera degli educatori si associerebbe
quella dei genitori. I centri dovrebbero sorgere sul posto di lavoro o
nell’immediata vicinanza di esso, in
modo che ai genitori sia possibile
vedere i loro bambini e mezzogiorno o in altri intervalli della giornata lavorativa.
« L’esperimento della Sorbona è
stato molto interessante — continua
la sua organizzatrice — vi erano
a cura di Berta Subilia
fra i 35-40 bambini di studenti, di
professori e anche di operai.
« Un’altra cosa interessante e importante che ci ha stupito è stata
questa: oltre i giovani che rappresentavano i fratelli e le sorelle maggiori e oltre i genitori, erano venute spontaneamente ad occuparsi dei
bambini alcune ¡tersone del quartiere, più anziane. Forse queste persone cercavano inconsciamente di
uscire daH’isolamento in cui sono
relegate dalla civiltà industriale o
forse sentivano la loro vocazione di
nonni. Il contatto fra i giovani educatori e le persone anziane è stato
estremamente positivo. I giovani si
trovavano in un periodo di rivolta
contro gli adulti, contro i loro genitori, ma non sentivano nessun
rancore con la generazione successiva. Anzi si stabilì subito un dialogo sereno. Bisogna fare il possibile
perché queste pensone possano continuare la loro attività. Trovo inumano esiliarli in villaggi o case appartate, tagliarli dalla vita della collettività, col pretèsto che non sono
"produttivi". In quei due mesi hanno portato nel centro la loro esperienza, la loro competenza, il loro
affetto. Dovunque ci sarà un centro
per l’infanzia vorrei potessero parteciparvi delle persone anziane che
vi sono preziosissime ».
Abbiamo riprodotto queste brevi
note e segnalato questo originale
esperimento nella convinzione che
possa interessare molte di noi e anche forse i nostri « centri » evangelici, asili, doposcuola, gruppi cadetti ecc. e portare ad essi qualche
nuova visuale.
Evidentemente non c’è educazione dei bambini dove non c’è educazione della famiglia e tutti gli sforzi verso i piccoli sono vani se non
c’è la comprensione dei genitori e
di chi sta loro intorno, se non c’è
dialogo fra educatore e famiglia.
Ora forse uno dei dialoghi più efficaci consiste proprio in un lavoro
fatto insieme (lavoro manuale e spirituale nello stesso tempo). In questo caso si tratta di un lavoro simpatico e gioioso, quindi di un dialogo veramente piacevole, quasi uno
svago nelle ore di sosta dalla fatica
della giornata.
(Le notizie sono tratte da Informazioni UNESCO).
bini normali che frequentano la scuola normale hanno difetti di linguaggio, e questi difetti causano in loro
dei ritardi scolastici, eppure sono
bambini normali. Se dentro la scuola
ci fosse possibilità di trovare soluzione per questi problemi, le classi differenziali non avrebbero motivo di esistere.
Superamento delle scuole speciali per subnormali.
Se effettivamente la scuola italiana
fosse articolata in modo tale da disporre di un insegnante per dieci o
dodici bambini, a pieno tempo, con
medici, specialisti, assistenti sociali
nella scuola, non ci sarebbe bisogno
nemmeno della scuola speciale per
subnormali. Questa rimarrebbe solo
per i casi particolari, gravi: ci sono
cervellopatici gravi che non vanno
considerati in questo discorso; ma i
bambini che frequentano la scuola
speciale pur avendo un quoziente intellettuale più alto, potrebbero avere
maggiori possibilità di ricupero, se
potessero stare a contatto con i bambini normali.
Insegnare in modo adatto ad
ogni persona.
Infatti l’insegnamento deve essere
individualizzato, la scuola non deve
livellare i ragazzi, ma fare in modo
che ciascuno possa prendere secondo
le proprie capacità. Perché non ci potrebbe essere convivenza fra bambini
normali, meno intelligenti e più intelligenti? Possiamo fare un esempio
considerando il tipo di convivenza
che si verifica nelle pluriclasse : quando in una stessa aula sono riunite la
prima, la seconda, la terza elementare ecc., per insegnare a tutte le classi
si differenzia la lezione, anche se l’argomento può essere unico. Lo stesso
spunto deve essere tenuto presente
con i bambini più capaci e meno capaci: si la loro un trattamento individualizzato, si presenta la lezione in
maniera adeguata, secondo le capacità. Non si mortifica nessuno: ciascuno va avanti secondo le proprie
possibilità, i migliori sono avvantaggiati perché non vengono livellati al
più bassi, e quelli che hanno difficoltà vengono avvantaggiati dal contatto e dalla vicinanza con i più «bravi».
Accettare il subnormale.
È un problema di strutture: si tratta di vedere con chiarezza queste cose
e di accettare il bambino subnormale.
Questa parola non dovrebbe esistere,
son tutti bambini, nascon tutti con
gli stessi diritti. Dobbiamo prima crederci, poi, quando ci crediamo veramente, sensibilizzare le persone che ci
stan vicine e lottare perché una situazione di questo genere si realizzi.
È doloroso vedere una madre con un
bambino mongoloide e la gente che
si gira a guardare ; le madri reagiscono in maniera violenta e si disperano, però la gente non fa per offendere, è colpita da questa cosa drammatica. Che cosa manca? La sensibilizzazione a questi problemi; che fare? lottare perché la scuola italiana
abbia le sue riforme. Lottare perché
ci siano professori e maestri all’altezza della situazione, e non che un insegnante che si trova un bambino in
classe dice : « Questo non conclude
niente » e lo lascia da parte senza curarlo. Certo, quell’insegnante ha cento giustificazioni, si trova con trenta
bambini e non ce la fa; però bisogna
insistere. In prima elementare i bambini son timidi e sbilanciati secondo
i ceti sociali da cui provengono: se si
curan quelli che han più bisogno, fin
dall’inizio, si vede che a poco a poco
ce la fanno. Non è tutta colpa degli
insegnanti, ma talvolta potrebbero
dedicarsi con più affetto e responsabilità.
Laboratori protetti.
La nostra non è solo scuola, comprende anche dei laboratori di addestramento professionale. Ci manca
però un’ultima tappa: istituire dei laboratori protetti, perché ci sono anche, fra i 200 ragazzi, mongoloidi e
frenastenici gravi; per loro è possibile solo un tipo di lavoro particolare,
quello manuale, molto semplice. Sono
« addestrabili », anche se la parola è
brutta, ma riescono a lare, a migliorare, ad essere autonomi. Non possiamo però inserirli così nel mondo del
lavoro: hanno bisogno di una guida
che gli dice : « Fa’ cosi; », perché non
hanno l’iniziativa personale. Siamo
impegnati nella realizzazione dei laboratori protetti. Con questo avremo
completato il ciclo dell’assistenza ai
bambini ritardati.
Lottare contro la prefettura.
Ci sono difficoltà in quanto questa
spesa è, per l’amministrazione provinciale, una spesa facoltativa: di conseguenza, la prefettura causa dei ritardi e tende a frenare queste iniziative. Ma le madri hanno lottato, sono
andate in prefettura coi figli dietro,
perché si potesse procedere.
*) Questo testo è l’adattamento di un
intervento di Elena Cecchini, registrato nel corso di quel convegno.
La scuola
dinanzi alHmmigrazione
Convegno di insegnanti elementari e
medi, promosso dall’AICE e da alcuni
amici di Agape e rivolto a tutti gli insegnanti della scuola dell’obbligo della
zona Torino-Valli.
Avrà luogo a Torre Pellice presso la
Foresteria Valdese, dal 3 gennaio sera
al 5 gennaio 1970. Le notizie pratiche e
logistiche seguiranno prossimamente.
L’immigrazione interna è uno dei
maggiori problemi della nostra Italia:
negli ultimi 15-20 anni milioni di italiani si sono trasferiti stabilmente dal
Mezzogiorno, dal Veneto, dalle vallate
alpine verso le zone industriali di Torino e Milano. Il fenomeno si ripercuote
anche sulle Valli valdesi: i giovani
scendono dalle parrocchie di alta montagna verso il fondovalle o la pianura
pinerolese, talvolta addirittura verso
Torino. Le conseguenze che ne derivano per la nostra società sono gravi ed
evidenti e noi vi siamo doppiamente
implicati come cittadini e come insegnanti.
Il fenomeno migratorio infatti coinvolge direttamente la scuola, a vari livelli. Chi insegna nelle zone industriali
conosce la difficoltà che i figli degli immigrati provano ad inserirsi in un ambiente nuovo e spesso ostile; difficoltà
di inserimento che si traducono quasi
sempre in voti bassi e bocciature. Chi
insegna nelle alte Valli vede troppi suoi
alunni prepararsi a lasciare il paese
con una maturità spirituale e culturale
inadeguata che ne farà facili vittime
del consumismo materialista, estranei
alla chiesa ed all’ambiente di origine,
alienati nel nuovo ambiente. Anche chi
insegna in zone non direttamente toccate dal fenomeno delle migrazioni interne vi è ugualmente coinvolto, proprio perché si tratta di uno dei problemi maggiori del mondo in cui viviamo:
come presentarlo ai ragazzi, come abituarli a superare i pregiudizi comuni,
come aiutarli a prendere coscienza degli aspetti più duri della nostra società senza cadere neH’arrivismo individualista e nella passiva rassegnazione?
Ci è sembrato che il problema dell’emigrazione interna fosse uno dei più
grossi ed urgenti che si pongono a noi
insegnanti e che potesse essere utile
riunirci per discuterlo, senza troppe
pretese né grosse ambizioni, ma fiduciosi che uno scambio di idee e di
esperienze può essere utile per ognuno
di noi. Organizzeremo perciò un convegno in cui vedere insieme cosa dice la
scuola ad alunni e insegnanti su questo che è uno dei problemi più brucianti del nostro tempo, come la scuola aiuta i ragazzi a superarne le conseguenze,
Ricordiamo le offerte per le borse
di studio, destinate quest’anno a tre
ragazze che seguono i corsi per maestre d’asilo. Questo è uno degli scopi
della FFV molto sentito dai membri
delle Unioni, perciò lo raccomandiamo caldamente. Le offerte si possono
raccogliere localmente, o inviare direttamente a
SIMONETTA PINARDI
Via Gran S. Bernardo, 11/A
2#154 Milano — c.c.p. 3/52357
Invito a Porosa
A cura del Centro culturale,
nella cappella valdese di Perosa, alle ore 20.45:
MARTEDÌ’ 25 NOVEMBRE
Giorgio Bouchard: Esperienze
di un gruppo comunitario in
ambiente operaio.
MARTEDÌ’ 2 DICEMBRE
Tavola rotonda sul tema Arabi ed Ebrei di fronte.
Cordiale invito a tutti.
7
21 novembre 1969 — N. 46
pag. 7
A PISA E NELLA DIASPORA
La vìa diffìcile di una presenza evangelica
originale e genuina nella città
Federazione delle Chiese evangeliche in Italia
Borse di studio
per giornalisti radioteievisivi
Nella assemblea di inìzio di anno, il 18 ottobre, siamo stati occupati dalla discussione di
un ordine del giorno presentato airìnìzio dei
lavori, e che, riveduto, è stato poi approvato
dalla maggioranza dei membri elettori presenti (16 favorevoli, nessun contrario, 8 astenuti) nella forma seguente:
L’Assemblea di Chiesa riunitasi il giorno 18 ottobre 1969 ha approvato a maggioranza, a titolo preventivo e dopo ampia
discussione il segueij,te
ordine del giorno
1) Bandire in modo completo ed assoluto la propaganda politica dalla vita
della Comunità in tutte le sue espressioni
e da parte di tutti i suoi organismi.
2) Vietare che in riunioni, discussioni, lezioni e studi si trasportino sistematicamente i principi cristiano-evangelici su
di un qualsiasi piano essenzialmente politico o sindacale a scopo di propaganda.
3) Non consentire ai singoli membri
di Chiesa e ai Catecumeni di prendere
parte a manifestazioni politiche di qualsiasi genere in nome e per conto della
Chiesa senza esserne preventivamente autorizzati dal Consiglio.
4) Non affiggere manifesti, circolari
e scritti della Chiesa di Pisa nei locali
della stessa, né scrivere articoli per giornali a nome della medesima senza la preventiva autorizzazione del Consiglio.
Fra le attività di questa ripresa segnaliamo
il Corso di approfondimento teologico e predicatori laici. Questo corso di studio è già
inizialo da alcune settimane, e prosegue con
incontri ogni mercoledì pomeriggio- alle
ore 18. Si approfondisce il messaggio bìblico.
seguendo quest’anno la lettura del volume di
D. Bonhoeffer: Le prix de la grâce. Poiché
non esiste ancora la traduzione italiana, i giovani che conoscono il francese fanno il lavoro di traduzione per chi non lo conosce. Vi
partecipano per ora i giovani di Pisa e le Signorine Ciafrei di Lucca. Raccomandiamo la
partecipazione aperta a franca, a tutti quelli
che intendono approfondire la loro preparazione in vista di un servizio sempre più preparato nella e della comunità.
Unione Giovanile. I giovani, che anche durante l'estate hanno comunque continuato ad
avere incontri fraterni, hanno già da tempo
ripreso le loro riunioni settimanali di studio,
il sabato sera alle ore 21; si continua il confronto col testo evangelico, seguendo la lettura delFevangelo di Marco; si è letta la
I Timoteo; chiarificazione dì sé stessi e testimonianza ai giovani non evangelici che frequentano. Impegno nella Federazione Giovanile della Toscana (stampa bollettino, corrispondenza convegni). Contatto di evangelizzazione con alcune famiglie avvicinate lo scorso
anno nei fatti della Marzotto. Collaborazione
con i fratelli dì Livorno, secondo richiesta e
gradimento, sia Valdesi (studi biblici, per es.)
che Battisti (Coteto). Vogliono inoltre prestare attenzione alle occasioni che nel tempo
sì presenteranno per una testimonianza evangelica anche fuori, alla comunità. Partecipazione attiva a tutte le attività della chiesa.
Stampa. Si è deciso di accogliere l’invito
fatto alle Chiese dalla nostra Casa Editrice
« Claudiana n, e così avremo fra breve anche
a Pisa un « Deposito della Libreria Claudiana ». Scopo è servirsi della nostra stampa
evangelica (indicata anche dal Sinodo come
CANTO SACRO
La Commissione del Canto Sacro propone allo studio delle Corali e delle Scuole
CORALI
Nuovo Innario Cristiano N. 162 (1, 2, 3, 4, 5) croma
Nuovo Innario Cristiano N. 211 (1, 2, 3) semiminima
Nuovo Innario Cristiano N. 223 (1, 2, 3) semiminima
Nuovo Innario Cristiano N. 230 semimìnima
Psaumes et Cantiques N. 8 (1, 2, 3) semiminima
Psaumes et Cantiques N. 34 (1, 2, 3) semiminima
SCUOLE DOMENICALI
Nuovo Innario Cristiano N. 139 (1, 2, 3) semiminima
Nuovo Innario Cristiano N. 143 (1, -2, 3) seroiminima
Nuovo Innario Cristiano N. 218 (1, 2, 3) semirainima
Psaumes et Cantiques N. 10 (1, 2, 3) minima
Psaumes et Cantiques N. 281 (1, 2, 3) semiminima
NOTE E OSSERVAZIONI
Le feste di Canto avranno luogo D. v., alle date e nelle località seguenti:
CORALI: Val Fellice: Domenica 10 maggio nel tempio di Villar Pellice; Val Chisone:
Domenica 17 maggio nel tempio di Pomaretto. Val Germanasca: località e data
saranno tempestivamente comunicate, previo accordo dei Pastori deUa zona.
SCUOLE DOMENICALI; Val Pellice: domenica 2^ maggio nel tempio di Torre Pellice; Val Chisone: domenica 24 maggio nel tempio di Villar Perosa.
* * *
nuovo Innario assegnato allo studio delle Scuole Domenicali deve
gli inni seguenti
112-120
= 76-96
= 63-72
= 100-116
92-100
— 84-92
96-108
104-126
= 80-96
50-60
= 80-92
L'Inno 143 del
essere cantato abbassato di un mezzo tono.
*
Inno 281 dello Psaumes et Cantiques assegnato allo studio delle Scuole Domenicali : alla seconda battuta della terza riga, dopo la terza nota il punto viene soppresso e sostituito con un segno di respiro; la quarta nota (re = Mon) da croma diventa semimininia come la prima nota dell’inno stesso.
* * *
Gli inni assegnati allo studio delle Scuole Domenicali saranno stampati a cura della Commissione in un apposito foglietto. I pastori potranno ritirarne o richiederne alla
Claudiana un congruo quantitativo di copie che verrà loro spedito gratituamente e franco di porto, a partire da lunedì 24 novembre.
* * *
Due metronomi sono a disposizione di Direttori delle Corali e delle Scuole Domenicali. Essi possono essere richiesti: per la Val Pellice: al pastore E. Aime, 4, Via Caduti
per la Libertà (tei. 91389); per la Val Chisone e per la Val Germanasca: alla sig.ra
Laura Rivoira, Presbiterio di Perrero (tei. 8816).
Ogni Corale sarà tenuta ad eseguire da sola alle prossime feste di canto un inno
od un coro, a sua scelta. Le Corali alle quali ciò sarà possibile, eseguiranno un inno ed
un coro, oppure anche due inni, ambedue di loro scelta.
4: * ^
Ogni Scuola Domenicale è tenuta ad eseguire alle prossime feste di canto, oltre agli
inni d’insieme,due inni di sua scelta; possibilmente della raccolta italana e francese.
* * *
Le Corali o le Scuole Domenicali che desiderano ricevere la visita di un membro
della Commissione sono pregati di rivolgersi al Pastore Aime.
* * *
Al fine di evitare incresciosi doppioni, ì Direttori delle Corali e delle Scuole Domenicali sono pregati dì segnalare tempestivamente al Presidente della Commissione gli
inni ed i cori scelti per le loro esecuzioni particolari alle feste di canto.
« H: ^
I Direttori delle Scuole Domenicali che intendono far cantare inni a due voci sono
pregati di rivolgersi al Pastore E. Aime onde disporre di un contralto adatto al canto a
due voci e non a quattro quale risulta invece sui nostri innari.
* * *
Le Corali desidero.se di avere un determinato numero di copie di un inno o coro
poligrafato con duplicatore ad alcool potranno ottenere quanto desiderano, e per modico
prezzo, rivolgendosi tempestivamente al Presidente della Commissione. Si raccomanda
soltanto che gli inni da copiare siano leggibili e non contengano errori di trascrizione!
” * ♦ ,
Per utilizzare il magnetofono a transistor con bobine registrate e con bobine vergini
per effettuarvi registrazioni di prova, i Direttori di Corali si rivolgano al Presidente della Commissione. Una facile e dettagliata spiegazione del funzionamento del magnetofono
è acclusa allo strumento che funziona a batterie.
♦ * *
Ulteriori preci.sazioni verranno fornite prossimamente alle Corali circa la preparazione di un coro facile loro offerto dalla Commissione e circa l’annunziato e sinora per
ragioni di forza maggiore rimandato corso di armonia.
La Commissione invita vivamente le Chiese che non lo hanno ancora fatto sinora,
a versarle al più presto le quote per il canto sacro fissate di comune accordo e sanzionate dalle Conferenze Distrettuali.
« Hs *
Alle Corali, alle Scuole Domenicali ed a tutti coloro che le dirigono, la Commissione invia il .suo saluto fraterno e Paugurio cordiale di un lavoro fecondo, benedetto, compluto con gioia al servizio ed alla gloria del nostro comune Signore.
La Commissione del Canto oacro
Torre Pellice, novembre 1969 A. D.
uno dei mezzi più efficaci di testimonianza
oggi) sia per Finterno della chiesa che per
l’esterno, cercando di diffondere la stampa e
di risvegliare il gusto della lettura evangelica.
Fin troppo spesso ci sì accorge di quanto
poco si legge! Incaricala di questo servizio è
Giuseppina Giorgi. Si sta studianto la sistemazione adeguata per esposizione.
— Il 26 settembre abbiamo ricevuto la
molto gradita visita del Pastore Delmo Rostan,
Moderatore della Tavola Valdese di quella
parte della Chiesa Valdese che è in Sud-America (Uruguay e Argentina); lo ringraziamo
per la vivezza e la completezza delle notizie
che ci ha portate della testimonianza che si
cerca di dare anche laggiù. Lo segue il nostro pensiero e il nostro augurio nel Signore.
— Il 2 settembre (anniversario della liberazione di Pisa) anche il pastore è stato invitato a portare il messaggio evangelico nel
corso della manifestazione organizzata dal Comune, nella quale la commemorazione storica era affidata al prof. Giorgio Spini.
Diaspora dell'Alto Tirreno
Verso l’integrazione
metodista-vaidese
All’Incontro Valdese - Metodista (a
Pisa, 4 novembre) si sono portate
avanti le linee programmatiche del Sinodo congiunto Valdese-Metodista di
maggio, per integrazione di lavoro nelle città e nelle diaspore. La nostra zona è particolarmente interessata per la
Diaspora, e se ne è parlato spesso nel
corso deirincontro.
Per il momento si è deciso di affidare a 8 persone di Livorno, Pisa, Carrara e La Spezia l’incarico di studiare che cosa in concreto si potrà fare
per stabilire suddivisioni di compiti e
di zone. Le proposte che saranno fatte, verranno poi sottoposte all’attenzione delle comunità e zone interessate
per eventuale attuazione.
Notiziario
Evangelico
Italiano
a cura di Renato Balma
DALLE CHIESE DEI FRATELLI
— Evangelizzazione ad Apricena e a
Monte S. Angelo. Dal 21 giugno al 6 luglio scorso la tenda della Buona Novella è stata al centro di una intensa
opera di evangelizzazione ad Apricena.
La tenda, eretta nel centro di questa
cittadina, di fronte al palazzo comunale, ha raccolto ogni sera numerose persone mentre durante il giorno un gruppo di giovani si è dedicato alle visite
distribuendo materiale vario. La tenda
è stata poi trasferita a Monte S. Angelo dove si è svolta un'altra campagna
di evangelizzazione dal 29 luglio al 1°
agosto.
—Convegno dei fratelli Anziani. Il 15
e 16 novembre scorsi si è tenuto a Genova un convegno dei fratelli Anziani
per esaminare la situazione dell’opera
della Chiesa dei'Fratelli in Italia e la
Costituzione della Missione Evangelica
Italiana con sede presso l’Istituto Comandi di Firenze. Nell’ordine del giorno dei lavori era compreso anche il
Notiziario radio evangelico.
L’ESERCITO DELLA SALVEZZA
— Arrivi e partenze. Nel 1“ numero
di novembre del "Grido di guerra” accanto ad un messaggio di saluto del
Colonnello Samuel Tivaz, si dà notizia
della riunione di addio dei Colonnelli
Bordas che hanno lasciato la direzione
dell’Esercito della Salvezza in Italia
dopo sette anni di lavoro. Assumeranno in Francia la responsabilità di segretari in capo. Durante la riunione
che ha raccolto un folto pubblico hanno parlato il Signor Gerard Kelton a
nome del comitato dei (Consiglieri, il
pastore Mario Sbaffi ed il Colonnello
Tzaut di passaggio a Roma.
— Messaggio del nuovo Generale.
« 1“ Io credo che l'Esercito della Salvezza non esista solo come fine a se
stesso. 2° Credo nella necessità dei cambiamenti. 3“ Non ho paura del piccolo
numero. 4° Rivolgo un appello a tutti i
giovani di venire ad aiutarci a proclamare la buona novella delTEvangelo e
a soccorrere i meno fortunati. 5° Credo
nell' Evangelizzazione con la lettera
maiuscola! 6“ Credo nella potenza della preghiera ». Questi in sintesi i « .sei
punti da considerare » contenuti nel
primo messaggio del nuovo Generale
Erik Wickberg.
Nella sua ultima seduta il servizio
stampa radio e televisione della Federazione delle chiese evangeliche italiane ha riconosciuto la necessità di individuare e preparare al più presto alcune persone che possano in un prossimo futuro prestare la loro opera nelle trasmissioni evangeliche nella radio
e nella televisione. A tale scopo il servizio ha istituito due prime borse di
studio per la formazione di due giornalisti per la radio e per la televisione mediante un soggiorno di studio
della durata di sei mesi all’estero: in
linea di massima in Germania, in Svizzera o in Gran Bretagna.
Chi desiderasse avviarsi per questa
forma di servizio resa nel campo radio televisivo, avendo le conoscenze
culturali di base e la capacità di lavoro in una delle lingue straniere (francese o inglese o tedesco) è pregato di
scrivere con urgenza e comunque non
oltre il 10 dicembre al Servizio Stampa radio televisione. Via Firenze, 38 Roma - accludendo un sommario « curriculum vitae ».
Notizie
metodiste
Il Comitato Permanente della Chiesa Metodista (Organo ufficiale ed esecutivo della Conferenza) viene convocato con frequenza per la trattazione
di particolari problemi inerenti la vita
della Chiesa. Nelle sedute tenute ad
Ecumene nei giorni 8 e 9 settembre, il
Comitato P. ha, fra l’altro, dovuto decidere lo spostamento della destinazione del pastore G. B. Nicolini da
Bassignana (dove era stato destinato
dalla Conferenza) a Vicenza a causa
della malattia del collega Angelo Inceli!. L’insediamento del pastore Nicolini alla cura pastorale della Comunità di Vincenza è avvenuto il 5 ottobre
a cura del Sovrintendente del 3° Circuito, pastore Massimo Tara. Domenica 21 settembre il Sovrintendente del
2" Circuito, pastore Alfredo Scorsonelli, ha insediato alla cura pastorale della Comunità di Savona e diaspora il
pastore locale Dr. Franco Becchino e
l’evangelista Enos Mannelli. Al Culto
ha partecipato pure il Presidente pastoi'e Mario Sbaffi, che ha espresso la
gratitudine della Chiesa al pastore
F. Cacciapuoti che lascia il ministerio
attivo ed al collega F. Becchino che
inizia una nuova forma di ministerio
nella nostra Chiesa.
Il Comitato Permanente ha avuto
nuove riunioni dal 3 al 5 novembre per
esaminare particolarmente problemi di
indole finanziaria. Delle maggiori deliberazioni daremo notizia nel prossimo
notiziario.
A Milano, dove risiedeva da diversi
anni, il 1” novembre ha cessato il corso della sua vita terrena la sorella
Nella Scotto, vedova del compianto
pastore Tito Signorelli che Tha preceduta nel cielo esattamente 10 anni fa.
Nella diaspora metodista del Sud
Piemonte viene diramato mensilmente
un bollettino d’informazione e di meditazioni: « Il Vincolo ». La pubblicazione è riservata, ma chi desidera averne una copia la può richiedere a: Giuseppe Anziani - Piazza Bini, 4 - 15100
Alessandria.
g
POMARETT
Prossime riunioni. Cerisieri : mercoledì 26
novembre; Maurini; giovedì 27 novembre.
Invito a Perosa. Martedì 25 novembre :
Giorgio Bouchard: esperienze di un gruppo
comunitario in ambiente operaio.
Martedì 2 dicembre: Tavola rotonda sul
tema: Arabi ed Ebrei di fronte.
— Recentemente abbiamo celebrato il servìzio funebre di Enrico Giraud; ai familiari
la nostra simpatia.
PRAMOLLO
sue benedizioni questo fanciullo e coloro che
l’hanno presentato al battesimo.
La Chiesa ha accolto con gioia in mezzo a
lei, domenica 16 novembre, la Corale della
Chiesa di Torre Pellice ed il suo direttore
Prof. Ferruccio Corsani. Questi fratelli e sorelle hanno partecipato al culto, eseguendo
per noi diversi inni e cori. Nel pomeriggio ci
siamo ancora ritrovati nella sala delle attività
dove ci è stata rinnovata l’opportunità di apprezzare la loro bravura. Nel ringraziarli
sentitamente per la loro visita e per il messaggio lasciatoci, diciamo loro arrivederci.
AVVISI ECONOMICI
CONIUGI soli cercano domestica referenziata. Telefonare 91277.
PENSIONE TORINO di Renata falla S. Margherita Ligure - telefono 86010 - Posizione centrale, vicinissima al mare, conforts, ascensore, riscaldamento centrale,
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Il 18 ottobre nel nostro tempio si sono uniti in matrimonio Long Alberto (Ruata) e Micol Erica (Massello). Rinnoviamo agli sposi
l'augurio della guida e di ogni benedizione
del Signore. Lo stes.so augurio formuliamo
per Long Marco (Pramollo) e Peyrot Franca
(Torino), sposatisi 1 11 ottobre nel tempio di
Frali.
Il 31 ottobre si è svolto il funerale della sorella Long Celina ved. Bosio, deceduta all’età
di 90 anni a Frali presso la figlia, signora
Alma Ferrerò. A tutti i familiari esprimiamo
la nostra fraterna solidarietà e simpatia.
Nel corso deU’Assemblea di Chiesa di domenica 9 novembre sono stati eletti deputati
alla Conferenza Distrettuale straordinaria del18 dicembre p. v. a Torre Pelliee i fratelli:
Long Livio (Pellencbi) e Peyronel Guido
(Tournim).
Durante il culto di domenica 16 novembre
abbiamo battezzato Bruno Rivoira di Guido
e di Sappé Ida (San Germano Chisone). Il
Signore accompagni con la sua grazia e le
RINGRAZIAMENTO
« Perché io stimo che le sofferanze del tempo presente non siano
punto da paragonare con la gloria che ha da essere manifestata
a nostro riguardo »
(Rom. 8: 18).
Il 29 ottobre a Luserna San Giovanni, nella residenza di Villa Olanda,
dove viveva da vari anni, ha ultimata
la sua esistenza terrena all’età di 85
anni
Beatrice Filippini
ved. Peyrot
Uniti con lei nella fede in Gesù Cristo, i flgU : Arturo, con la moglie Carmela Marcos; e Giorgio, con la moglie Elisa Decker, a funerale avvenuto, nel partecipare la notizia a parenti ed amici, desiderano ringraziare
in modo particolare il pastore Giovanni Rogo, il dottor Gian Carlo Debettini, la signora Elvira Colucci, i signori Luigi ed Ida Peyronel, le signore Laurina e Chiara Gaydou e Carmelina Buffa e tutto il personale di
Villa Olanda per la affettuosa assistenza prestata in questi anni alla
loro cara mamma.
RINGRAZIAMENTO
Dopo lunga malattia il Signore ha
richiamato a sé
Pietro Tron Palmari
La famiglia profondamente commossa e nell’impossibilità di farlo personalmente, ringrazia tutti quelli che
hanno preso parte al suo dolore. In
modo particolare il Dott. L. Vivalda,
i pastori L. Deodato e G. Tourn.
« E fattosi sera Gesù disse : Passiamo all’altra riva».
Massello, 30 settembre 1969
RINGRAZIAMENTO
Ita. famiglia del compianto
Enrico Martinat
ringrazia sentitamente tutti coloro
che con'fiori, scritti o presenza hanno partecipato al suo dolore.
Un ringraziamento particolare al
dott. Bertolino, al pastore Bertinat,
ai vicini di casa e a tutti coloro che
si sono prestati nella dolorosa circostanza.
« Io ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa,
ho serbata la fede »
(II Timoteo 3: 7).
Porte, 6 novembre 1969
RINGRAZIAMENTO
La famiglia del compianto
Pietro Augusto Pascal
riconoscente per la prova d’affetto dimostrata al suo Caro, ringrazia sentitamente tutti coloro che le sono
stati vicini in questa dolorosa circostanza.
Un ringraziamento particolare al
Past. sig. Lorenzo Rivoira, al medico
Dott. Vivalda e alle famiglie Bert e
Pascal.
« Chiunque vive e crede in Me,
non morrà mai ».
(Giov. 11: 26)
Perrero, 10-11-1969
8
pag. 8
N. 46 — 21 novembre IQó'í
La Chiesa nel mondo
a cura di Roberto Peyrot
CONTRO L4 FAME DEGÙ ALTRI
Cristiani sonietici
ed americani
chiedane ii cnntmiin
degii armamenti
Saint Louis, Missouri (soepi) - Rappresentanti delle Chiese dell'U.R.S.S. e
degli U.S.A. hanno dichiarato essere
una follia il pensare che la corsa agli
armamenti sia il mezzo per stabilire
la pace nel mondo o anche solo per
mantenere la sicurezza nazionale;
questo, durante una Conferenza su « I
cristiani e la limitazione delle armi »
tenutasi nell’ottobre scorso a S. Louis.
La Conferenza era organizzata dai
competenti organi delle Chiese protestanti e -della Chiesa cattolica d’America.
La delegazione russa comprendeva
ortodossi russi, battisti e luterani.
Nel prendere atto dei contatti fra i
loro due paesi sulla limitazione delle
armi strategiche, i delegati hanno
espresso la speranza che si concretizzino delle intese al più presto per la
de-escalation della corsa agli armamenti.
Essi hanno anche affrontato il problema della limitazione di sistemi quali i missili balistici intercontinentali o
i missili antimissili. Hanno anche lanciato un appello affinché si cessino gli
esperimenti nucleari sotterranei; che
si sopprimano i depositi di armi nucleari in riva ai mari; che tutti i paesi ratifichino e mettano in pratica il
trattato di non proliferazione; che vengano messe al bando le armi chimiche
e biologiche {che si stanno accumulando in modo impressionante in ogni
parte del mondo).
Sono anche state proposte alcune
modalità di azione che le Chiese potrebbero seguire allo scopo di sensibi• lizzare l’opinione pubblica sulla necessità di rendere più efficaci le decisioni
delle Naziorn Unite e di promuovere
la causa della pace fra i cristiani.
I DELEGATI RIFORMATI
PER IL DIALOGO
CON LA CHIESA ROMANA
Ginevra (spr) - Ecco coloro che rappresenteranno r Alleanza Riformata
Mondiale (ARM) nella prima serie di
conversazioni con la Chiesa cattolica
romana che inizierà la prossima primavera: il prof. Jacques de Senarclens,
di Ginevra; il prof. Amedeo Molnàr di
Praga, il prof. W. C. van Unnik, di
Utrecht; il prof. David Willis, di San
Anseimo (USA), il prof. George B.
Caird, di Oxford, che rappresenterà il
Consiglio Congregazionalista Intemazionale (CCI).
La decisione ufficiale di avviare conversazioni bilaterali è stata presa rispettivamente dal Vaticano e nel corso
della riunione comrme dei Comitati
esecutivi dell’ARM e del CCI, la scorsa
estate a Beimt: dalle due parti si pensa che le due tradizioni saranno reciprocamente arricchite da questi incontri.
Il dialogo riformato-cattolico romano, secondo i suoi promotori, non costituirà una semplice ripetizione dei
dialoghi attuali; i dialoghi bilaterali
sono complementari gli uni degli altri
e non costituiscono dei doppioni. Il dialogo riformato-cattolico romano ha un
suo compito specifico, non soltanto nel
riflettere le tensioni esistenti fra le due
Chiese, ma anche la loro comune preoccupazione di rendere manifesto il posto che Cristo occupa nel mondo attuale.
Il primo colloquio — le conversazioni si svolgeranno neU’arco di quattro
anni — avrà luogo a Roma, dal 6 al 10
aprile 1970.
NIXON HA AVVISATO PAOLO VI
PRIMA DI varare
IL SUO PROGRAMMA
PER LIMITARE LA NATALITÀ’
NEGLI USA
Washington (Relazioni Religiose) - Il senatore della Pennsylvania, Hugh Scott, ha
reso noto che il Presidente Nixon, prima di
rendere pubblica la sua decisione di varare
un programma per il controllo delle nascite
su scala nazionale, ha informato di ciò Paolo VI. Il senatore ha precisato che Pamministrazione Nixon con tale gesto non ha voluto
chiedere l’approvazione del Papa, ma solo
compiere un atto di cortesia informandolo
della nuova politica demografica, secondo la
quale si farà in modo di offrire un maggior
numero di sistemi anticoncezionali ad un
sempre maggiore numero di donne americane.
Il Presidente Nixon, in merito al programma
di limitazione delle nascite, ha precisato che
esso sarà condotto in modo da non sostituirsi alle convinzioni religiose o ai desideri
personali e alla libertà di ogni individuo.
L’ARRESTO DI DUE ORTODOSSI
IN U.R.S.S.
Ginevra (soepi) - L'ortodosso russo Krasnov
Litvinov c stato recentemente arrestato dalle
autorità sovietiche, come si apprende dall’/nternational llerald Tribune di Parigi. Il Litvinov è conosciuto per i suoi numerosi articoli
e lettere aperte criticanti li governo sovietico
di non accordare una totale libertà religiosa.
Viene anche detto che ha pure criticato la gerarchia ortodossa russa di non difendere con
sufficiente efficacia i diritti dei credenti.
Si apprende anche dell’arresto di Boris Talantov, un altro ortodosso, che è stato il proemotore di una petizione in favore di una chiesa di Kirov.
IN UN ANNO
4.000 SEMINARISTI SPAGNOLI
ABBANDONANO GLI STUDI
Zamora (Relazioni Religiose) - Il rettore del
seminario di Zamora, Padre Ramor Cermene,
ha reso noto, nell’organo ufficiale diocesano,
che i seminaristi spagnoli che hanno lasciato
gli studi nel corso dell’anno scolastico 1968-69
sono circa 4.000. Padre Cermeño afferma anche che nel corso di quest’anno nella diocesi
di Zamora sono stati ordinati sacerdoti solo
tre seminaristi.
CHIESTI NEGLI U.S.A.
DEI «SERVIZI ECUMENICI
DI BATTESIMO»
Graymoor, New York (soepi) - I « Fratelli
francescani della Redenzione», più noti sotto il
nome di «Fratelli di Graymoor» hanno reso di
pubblico dominio un appello rivolto ai dirigenti della Chiesa cattolica e di queUé protestanti che chiede particolarmente vengano organizzati dei « servizi ecumenici di battesimo »
per i bimbi nati da matrimoni misti.
Il documento tratta di altri argomenti, quali la intercomunione ed il matrimonio misto,
nonché del battesimo.
Il padre C. Angeli redattore capo della rivista mensile ecumenica di Graymoor, ha dichiarato che la comunità si augurava che la chiesa
cattolica ponesse fine al battesimo condizionato dei protestanti che vengono ad essa, « pratica che è in contraddizione colla stessa teologia della Chiesa cattolica ».
I bimbi nati da matrimoni misti dovrebbero
ricevere il battesimo nel corso di un servizio
ecumenico, perché « non vi è un battesimo
cattolico o luterano, ma un solo battesimo in
Cristo ».
La sola promessa che si deve chiedere ad
una coppia in occasione di un matrimonio misto, è quella di fondare e di mantenere un focolare cristiano. Se si tratta di un (o di Una)
cattolico « tiepido » e di una (o di un) luterana fervente, sarebbe nello stesso interesse dei
figli allervarli nella religione luterana, ha
concluso.
Una nuova offerta
per il Centre
familial del Gabon
L’iniziativa continua e chiediamo il consenso ed il parere dei lettori: appoggeremo due progetti di aiuto agricolo, in India e nel Congo?
L’iniziativa continua e chiediamo il
consenso ed il parere dei lettori; appoggeremo due progetti di aiuto agricolo, in India e nel Congo?
Anzitutto ci scusiamo se, per un
errore, è stato parzialmente replicato
sul numero del 14 novembre il testo e
l’elenco delle offerte già comparso
sul numero del 24 ottobre: precisiamo ad ogni buon conto che il totale
della cifra raccolta sino ad allora è
esatto.
Siamo lieti di comunicare che in
questi ultimi giorni le successive offerte pervenuteci ci hanno, consentito
di raggiungere e superare la cifra di
L. 1 milione. Abbiamo subito provveduto a fare invio di detta somma al
« Centre familial évangélique » del
Gabon, ove speriamo possa giungere
al più presto.
Ci sia concesso, con l’occasione, fare un breve consuntivo di quanto
questa iniziativa « contro la fame degli altri» ha finora fatto. Nel settembre e nell’ottobre 1968 abbiamo fatto
tre versamenti all’EPER (l’Ente assistenziale delle chiese svizzere) per il
Biafra per ca L. 1 milione. Successivamente, siccome questa iniziativa
venne seguita dalla Federazione evangelica, per non fare dei doppioni, abbiamo effettuato un versamento di
un milione di lire circa, sempre tramite rEPER, per la scuola agricola
di Linea Cuchilla, in Argentina, che
combatte contro la lame mediante
l’insegnamento, ai giovani del luogo,
delle tecniche più aggiornate che li
rendono coscienti della loro diretta e
Echi defla settimana
a cura di Tullio Viola
GUERNICA RESTERA’ IN ESILIO
Uno dei capolavori della pittura moderna, il celebre quadro « Guernica »
di Picasso, resterà in esilio come il
suo celebre autore. I giornali italiani
ne hanno dato sommaria notizia, ma
noi siamo in grado di fornire ai nostri
lettori precisi particolari sul fatto, che
è di non lieve interesse come indice
d’un costume e espressione d’una vigorosa protesta in difesa della libertà.
« Per porre -fine alle voci che si sono
diffuse dopo il tentativo del governo
spagnolo di ricuperare “Guernica”, Picasso ha dato incarico al proprio avvocato, il sig. Roland Dumas, di esprimere ancora una volta e chiaramente
le sue intenzioni sulla destinazione del
quadro, alla direzione del "Muséum of
Modem Art" di New York, depositario del quadro stesso.
" Pablo Picasso ha chiaramente e
pubblicamente detto, a suo tempo
(scrive il sig. Dumas in una lettera),
che quell’opera dovrebbe essere consegnata al governo della Repubblica
Spagnola, il giorno in cui la Repubblica venisse restaurata in Spagna.
Picasso non ha cambiato opinione
sulla^destinazione di quest’opera d’arte. Egli mi ha pregato di confermarvelo e m’ha affidato il compito d’assicurarmi presso di voi, che questa è
certo la vostra interpretazione dei
fatti...”.
Recentemente alcuni mandatari, portavoce del governo spagnolo, hanno
tentato di prender contatto con Picasso, per chiedergli se accetterebbe che
"Guernica” fosse consegnato alle autorità di Madrid, per essere esposto o al
museo d’arte contemporanea, oppure
al Prado. Secondo l’avvocato del pittore, "questi tentativi sono basati su un
equivoco promosso dal governo spagnolo. Questo fa fìnta di credere che
Pablo Picasso avrebbe, in passato, fatto dono dell’opera alla gioventù spagnola, e che questa gioventù desidererebbe poter contemplare l’opera nella
Spagna stessa.
Questa versione dei fatti è inesatta...".
Ecco eliminato l’equivoco. Ciò era
tanto più necessario, in quanto Picasso, a seguito di queste dicerie, aveva
già ricevuto numerose lettere nelle
quali lo si è accusato d’essere un rinnegato ».
CHIEDONO LA LIBERAZIONE
DI RÉGIS DEBRAY
Per la grande celebrità dei firmatari,
gli scrittori André Malraux, François
Mauriac e Jean-Paul Sartre, esjx)nenti
di correnti culturali e ideologiche diversissime, riportiamo integralmente il
testo d’una lettera inviata il 3 c. al
generale Alfredo Ovando Candía, presidente della Repubblica di Bolivia. La
lettera chiede di estendere al sig. Régis
Debray il beneficio d’un’amnistia che il
generale si propone di proclamare in
occasione delle prossime feste di Natale. « É noto che Régis Debray, catturato poco prima del comandante Ernesto " Che ” Guevara, è da qualche
tempo sottoposto a più dure condizioni di prigionia. La lettera dei tre scrittori francesi dice:
"Signor presidente,
da quando voi siete a capo dello Stato boliviano, voi avete preso, in numerose circostanze, dei provvedimenti
che sono ispirati dalla preoccupazione
evidente della giustizia e della democrazia. Questo c’incoraggia a pregarvi
di riconsiderare il caso del nostro compatriota Régis Debray, condannato da
un tribunale boliviano a trent’anni di
prigione, e detenuto ormai quasi da
tre anni a Camiri.
Qualunque sia il giudizio formulabile sulla politica e sull’agitazione di Régis Debray (i tre firmatari di questa
lettera non hanno necessariamente opinioni identica su argomento), non è
possibile negare la sincerità delle sue
motivazioni, nè la rigorosa onestà intellettuale che l’ha condotto a metter
la vita in accordo con le proprie idee,
a tener fede al proprio impegno fino
in fondo, ad assumerne tutte le conseguenze.
In quanto intellettuali come Régis
Debray, siamo particolarmente sensibili a quest’aspetto della sua tragedia
personale. Per questo, anzitutto, noi
ci rivolgiamo a voi, signor presidente,
certi che questo nostro intervento non
sarà considerato un tentativo d’intromettersi negli affari interni della Bolivia sovrana.
D'altra parte voi sapete che il Debray è uno scrittore e un pensatore di
grande valore, uno dei più dotati della
sua generazione: noi non ci rassegnarne a immaginare che egli debba passare in prigione gli anni più fecondi
della sua vita, privando così il nostro
paese, e più generalmente i suoi contemporanei, dei frutti che il suo libero
lavoro potrebbe loro procurare.
Se noi abbiamo la speranza d'esser
ascoltati da voi, signor presidente, ciò
è dovuto alla nostra consapevolezza
che voi siete già intervenuto per rimettere in libertà alcuni prigionieri politici boliviani, e che voi vi preparate
a valervi, ancora una volta, del vostro
diritto di grazia, per proclamare una
larghissima amnistia. Estendere il beneficio di tale amnistia a Régis Debray,
permettergli di ritrovare la famiglia, il
lavoro, la sua patria, sarebbe, a nostro
parere, un gesto inestimabile. Noi ve
ne saremmo personalmente e profondamente riconoscenti, e i francesi ne
apprezzerebbero unanimemente la generosità.
Noi vi preghiamo, signor presidente
di credere alla dichiarazione della nostra altissima considerazio-ne" ».
personale responsabilità nei confronti di questo gravissimo problema. Infine, dietro segnalazione della crisi finanziaria che sta attraversando il
« Centre » del Gabon, abbiamo destinato a quest’opera (ampiamente illustrata in vari numeri anche da lettere inviateci dalla missionaria signorina Anita Gay) due milioni, di cui
uno inviato nel giugno-luglio del 1969
ed un altro ora.
Pensiamo sia quasi superfluo dira
che intendiamo proseguire regolarmente con questa iniziativa ed attendiamo da tutti i lettori quegli appoggi e quei consensi che ci devono trovare uniti e disposti anche a fare dei
sacrifici (indipendentemente dai nostri impegni verso la Chiesa e le sue
opere e da quanto ognuno di noi la
singolarmente) nei riguardi del « prossimo lontano » nella cristiana coscienza che siamo tutti compartecipi — e
corresponsabili — di quanto succede
nel mondo.
Mentre quindi pensiamo sia senz’altro il caso di dare anche in futuro
il nostro sia pur piccolo appoggio al
« Centre » del Gabon con successivi
versamenti, proponiamo di alternare
a quest’opera .un’altra attività.
Proprio in questi giorni abbiamo
ricevuto dall’EPER la relazione annua del pastore H. Schaffert, segretario centrale. Egli, nel far rilevare come uno dei compiti principali dell’EPER sia quello di trovare dei giusti rapporti coi popoli del Terzo Mondo ( che qui da noi, con un « gentile »
eufemismo, vengono chiamati «in via
di sviluppo » mentre invece, nella
maggioranza dei casi, sono «sottosviluppati », affamati e per di più, sfruttati), sottolinea il fatto che essi vogliono e debbono affermare e sviluppare la loro personalità e che quindi
hanno bisogno, per questo, di libertà,
di indipendenza e di tempo. Ma per
zione, sempre nello spirito col quale
questo non hanno bisogno di noi: ne
hanno già avuto a sufficienza di pa
INDIA - Sacre, ma al lavoro! vacche adibite al pompaggio di acqua per irrigazione.
Nella foto in alto:
CONGO - KINSHASA Giungono i profughi dalVAngola.
(foto EPER)
ternalismo o di colonialismo, vecchio
e nuovo. Non hanno bisogno del nostro aiuto contro la fame, che sia nel
contempo un attivismo di ricchi. Hanno bisogno della nostra solidarietà e
fraternità, del nostro servizio. Questo
cerca appunto di fare l’EPER attraverso ai vari progetti di cui assume la
resp>onsabilità e che lo legano per
anni.
Accenniamo qui a due di questi
progetti e gradiremmo avere l’opinione dei lettori per sapere verso quale
la maggioranza dei sottoscrittori desidera orientarsi: è poi ovvio che qualunque altro suggerimento o proposta
saranno senz’altro presi in considera
questa nostra, anzi, questa vostra iniziativa è stata assunta.
1) Il progetto in India: si tratta
del progetto agricolo di Deenabandupuram. Diretto dal pastore indiano
Joseph John, sta ridando la vita a
tutta una regione, dove le famiglie
per vivere erano costrette a dare l’assalto alle riserve di riso conservate
per le semine successive. La siccità
sta sparendo: alle tecniche tradizionali del pompaggio a mezzo dei bovini (sono sacri ma lavorano!) si stanno sostituendo pornps elettriche. Uno
dei figli del pastore è agronomo e l’altro è medico e si cerca di costruire
anche un ospedale. L’aiuto è di carattere molto pratico ; la minima somma che giunge è subito sfruttata nei
migliore dei modi.
2) Il progetto in Congo-Kinshasa:
si tratta del Centro di sviluppo comunitario. Sul corso inferiore del fiume
Congo vivono circa 400 mila profughi
dell’Angola. A rischio della vita, hanno « scelto la libertà » passando dall’Angola (sotto la dominazione portoghese) al Congo, con il consenso e
l’appoggio dei Congolesi. Il Comitato
dell’EPER segue questi profughi me
diante centri di distribuzione di alimenti, di scuole e dispensari.
Siccome, poi, secondo una (quanto
civile!) abitudine africana viene data,
della terra in proprio a colui che si
riceve, vengono distribuite grandi
quantità di semenze. Si sono iniziati
dei corsi, semplici ma razionali, a carattere agricolo ed artigianale, e la
collaborazione fra tecnici, missionari
e gli indigeni è assai fruttuosa. Inoltre, le nuove tecniche portate a questi profughi si propagano e lentamente portano i loro frutti.
Da S. Germano Chisone: N. N., I“’
vers. con simpatia L. 5.000; N. N., 2“'
vers. con simpatia 5.000; N. N. 5.000.
Da Borrello (Ch.): I. Palmieri in memoria del marito 1.000.
NOVITÀ CLAUDIANA
HELMUT GOLLWITZER
I ricchi cristiani
e ii povero Lazzaro
Le conseguenze di Uppsala
pp. 144, L. 1.300
— Noi cristiani siamo il ricco
epulone della parabola dinanzi ai popoli affamati del Terzo Mondo.
EDITRICE CLAUDIANA
Via S. Pio Quinto 18 bis
10125 TORINO
Da Bergamo: Un lettore 50.000.
Da Roma: B. Subilia 60.000.
Da Torino: L. e G. C. 10.000; A. Peyronel 1.000; A. De Agostini 500; M. Sacco 500; N. N. 2.000.
Da Genova: G. Gererci 5.000.
Da Venezia: fam. Viti 1.000; fam.
Zecchin 3.000; C. Bocus 500.
Da Pomaretto: M. Mathieu 5.000.
Totale L. 154.500; tot. prec. 878.386;
tot. generale L. 1.032.886. Inviato per il
«Centre» del Gabon L. 1.000.000; iu
cassa L. 32.886.
Preghiamo inviare le sottoscrizioni
al conto corrente n. 2/39878 intestatoa: Roberto Peyrot, corso Moncalieri
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Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
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