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Anno IX — N. 10. II SERIE 31 Mauoio IhUti.
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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
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Segucndo la verità nella carità. — £k£S. VI. U.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE i LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione]____£. 3 00 Ì In Torino all’UEBzio del Giornale, via del Princi^f
Por la Svizzera e Francia, id............. 4 25 < Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Per l’Inghilterra, id................... „ 6 60 i Nelle Pbovincie per mezzo di franco-bolli pi
Per la Oermania id................... „ 5 50 \ siaÀiy che dovranno essere inviati franco al I»i
Non si ricevono associazioni per meno di un anno, l rettore della Booxa. Novella.
All’estero, a’ seguenti indirizzi: Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, rue Rivoli;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Bnona Novella.
SOMMARIO
Attualità: Il Protestantesimo ed il Cattolicesimo nei loro rapporti colia civiltà. I. — (¿uUtioai «aifSinodo della Chiesa Valdese — Biografia: Vita del missionario americano Judson —
Libertà dei culti; Un’articolo del jVoniiore Toscano — Corrispondenza della B. Novella : Pii»» —
Nutitie rtligìQse: Torino — Valli Valdesi — Austria.
%TTIAI.1TA
IL PROTESTANTESIMO ED IL CATTOLICESIMO NEI LORO RAPPORTI
COLLA civiltà’.
Esiste in mezzo alle nazioni piiì famose per civiltà uu fatto assai
grave per la natura delle materie, che ne formano l’oggetto ; strai^r(linario per la moltitudine, varietà, ed importanza delle relazioni,
che abbraccia ; importante infine per essere unito coi precipui avvenimenti della storia moderna : un tal fatto è il Protestantesimo.
Clamoroso nella sua origine, destò in un subito l’attenzione dell’Europa intera, gettando in una parte l’allarme, ed eccitando nell’altra le più vive simpatie ; rapido ne’ suoi progressi, neppur diè
tempo ai suoi avversarj di poterlo soffocare nellii culla; e sorto ajipena, si dileguava in quelli già la speranza di attaccarlo uel suo
avvanzamento.
Or, meditando io le cagioni sì interne che esterne delle condizioni
politiche e sociali del mio bel paese, che “ Appenin parte, il mar cir-
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concia e l’Alpe, ” mi venne fatto a me stesso tal dimanda : Non po^ trebbe pei‘ avventura l’assenza di un fatto, il quale compievasi già
^ in seno a celebri popoli, al grado della cui coltura e civiltà oggi
tanto aspira ed arrabattasi di aggiungere l’Italia, essere cagione per
cui di fatto non vi giunga ? S’egli è dimostrato che libertà politica
• s'imperna sopra la libertà morale, e questa giammai possa s^nlup, pare i preziosi suoi germi, finche libertà di coscienza non presieda
alle convinzioni profonde del vero, ed alle persuasioni del Bene, qual
diritto di speranza di un grande avvenire ci potranno porgere le
istituzioni liberali gettate in un paese, nel quale, sì l’aristocrazia delle
menti come le masse o niegano le sante influenze della religione e
della morale, o sì quella che questa vogliono statuita sopra una ferrea unità di simbolo, che dal lato metafisico e sociale implica tma
manifesta contraddizione? Non c’insegna la Storia, quella gran maestra della vita umana, che indebolita la benefica influenza della religione, fu sempre uopo riempierne il vacuo con lo spionaggio e
con la forza; che se non esiste la coscienza pubblica, alla quale non
può imporsi da autorità esterna qualunque, poiché Lei è essenzialmente una forza morale, è mestieri supplire con l’azione fisica; che se
si toglie ai popoli il dólce freno deirindividua responsabilità (si permetta questa frase) nel Foro SS.““ della legge divina,unica e legittima
promulgatrice della quale è la coscienza umana, e non le forme teocratiche di una casta sedicente Chiesa, non rimangono altri mezzi di governo, che la vigilanza della polizia, e la forza delle bajonette?
Comunemente credesi in Italia che, venuta meno in Europa l’unità
della fede con il protestantesimo (in senso cattolico, giacche in senso
evangelico giammai venne meno, e giammai mancherà, giusta i divini
oi'acoli),venisse con questo introdotta la licenza del pensare,e la discordia religiosa; che per essersi in alcune parti distrutta ed in altre affievolita l’influenza del clero, con ciò si rompesse l’equilibrio delle
classi; snervato il potere de’ papi, si togliesse ai popoli ed ai governi
un freno soave, che li temperava senza rovesciarli, e li correggeva
senza umiliarli. Ma Dio immortale! Che sono mai i moderni avvenimenti, senza fare appello ai remoti ammaestramenti del passato,
di cui noi Italiani siamo e spettacolo e spettatori, se non formolo dimostratrici di tutt’altrimenti ? Se veramente il papato sia quella sedicente autorità pacifica e paterna, la quale in caso di conflitto fra
i re ed i popoli s’interponga mediatrice; sia quel giudice amico di
tutti, e disinteressato ne’ contratti, il quale voglia terminare senza
parzialità i rancori, il veggano gl’italiani di senno ne’grandi fatti
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contemporanei che alla giornata si succedono. Chi non iscorge che
il Clero cattolico sia anzi l’unico ostacolo, contro cui sono volte le
ire della pubblica opinione del Bel Paese; il quale impedisca che i
re ed i popoli rimangano faccia a faccia, e stretti in santa alleanza
da reciproca fede ispirata, porgansi amica la destra; e che ove le
barbe di tal genia sono più profonde, il governo ha mestieri cercare
un’appoggio nelle armate regolari, che incessantemente si distruggono, e si formano, ed il popolo lo cerca parimenti contro il governo
nelle insurrezioni ? Questo fenomeno debbe almeno mettere sospetto
nelle menti degl’ Italiani, che il Cattolicismo romano, e come dottrina, e come religione, e come istituzione abbia così insito nella sua
natura un genio avverso alle grandi istiti zioni popolari, che impedisca attichischino e germoglino nel suolo da esso Lui preoccupato. Il Cattolicismo romano è essenzialmente intolleranza religiosa,
e quella è diametralmente opposta a libertà politica. Per la qual
cosa prego la cortesia vostra, sig. Direttore, a prestarmi adito alle
colonne del vostro giornale Evangelico, onde, tolta di mezzo ogni
preoccupazione di principio, deposto ogni studio di parte, per me
venga esaminata la gran questione, che ne’ precisi termini prenuncio: “ Paragonati insieme il Cattolicismo ed il Protestantismo, stu“ diati entrambi nella loro rispettiva natura, indipendentemente dalle
" loro forme di tempo e di luogo, quale de’ due sia più confaciente
“ alla vera libertà,al vero progresso de’ popoli,alla causa della civiltà?”
Egli è un problema cotesto, che sebbene per molteplici fiate sia stato,
sotto varj rapporti, da varj scrittori proposto e disciolto, tuttavia io
penso che di non tenue utilità sia per tornare ai sinceri Italiani,
studiato in riguardo alle loro attuali condizioni, i quali veramente
amino ed ardentemente aspirino alla grandezza della Penisola. Pare
oggidì, che essere sincero amatore della propria nazionale indipendenza importi, in Italia, l’esclusione della verace professione del Vangelo ; quindi sarebbe a dedursi che fosse delitto enorme per gl’italiani anzi sacrilegio orribile ciò ch’è virtù somma, anzi punto culminante di perfezione in altre parti del mondo civile! Ond’è, che
dimostrato essersi veramente il Papa usurpato il luogo di Cristo, e
la legislazione cattolica del medio evo, essere sostituita a quella santissima ed imperitura del Vangelo, la mente ed il cuore dell’italiano
saprà perfettamente armonizzare i diritti della Religione, con gli
affetti della Patria, anzi questi santificare, afforzare, nobilitare, dilatare sino all’eroismo, con l’osservanza di quelli. Imperocché grande
en-ore è quello del secolo, che considera la Religione come cosa me-
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schina, debole, angusta, buona al piii pel volgo, per le donne, e pe'
ragazzi, o almeno come xina istituzione parziale, le cui appartenenze,
e gli eifetti non si estendono oltre un certo confine. Gli unì la sprezzano, e la ripudiano, come dannosa ed inutile; gli altri la reputano
come una faccenda necessaria per salvar l’anima, non per redimere
!a scienza e la patria. Ma questo concetto non è cristiano, nè debb’essere italiano. La Eeligione è tutto sopra la terra; perchè sebbene
Ella si distingua dalle altre istituzioni, e non si debba confondere
con esse, tuttavia non può segregarcene. La Religione è come l’anima rispetto al corpo, e Dio rispetto aU’universo. I dogmi, i statuti
di Lei informano le scienze, le società, le istituzioni, e tutte le parti
della civiltà umana; ed affinché tale sia, uopo é che sia una potenza
della mente, un bisogno del cuore, un’aspirazione dell’umana coscienza, e non un semplice formulario di tesi teologiche, o liturgiche nenie.
VUl^ìTlOKI ECCliESIASTlCHE
SINODO DELLA CHIESA VALDESE.
Il dì 15 di maggio, nel pittorico villaggio di Pomareto, situato nella parte infima della Valle di San Martino, aprivasi in
quest’anno, la generale Assemblea dei rappresentanti della Chiesa
Valdese, in numero di una sessantina all’incirca, ai quali, più numerosi ancora del solito, eran venuti ad aggiugnersi rappresentanti delle
varie Chiese evangeliche, che colla nostra sono in comunione speciale
di fede e di speranza, non che amici concorsi da’ luoghi più remoti,
a porgerci, in tal occasione, nuovo attestato della loro fraterna benivolenza. Fra i primi notammo : come rappresentanti la Chiesa
Ubera di Scozia: i Reverendi Stewart, Mac Dougal, Thomson, Sherif
■ Jameson d’Edimburgo e Ross-Young; di Livorno; come rappresentanti la Chiesa presbiteriana d’Inghilterra: ÌA rev. Duncan ed il signor Matheson;come rappresentante V Unione delle Chiese evangeliche
di Francia, il rev. F. Monod di Parigi; come rappresentante infine la
Chiesa libera Vodese il rev. Germond, fondatore delle Diaconesse,,
nella Svizzera francese. Fra i secondi vennero salutati con sommo piacere, perché da più tempo conosciuti ed amati: il rev, Pendleton, della
Chiesa anglicana, il generoso ed indefesso protettore dei Valdesi emigrati nelle vicinanze di Montevideo, e tre altri membri della stessa
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Chiesa: rammiraglio Pakenham, il sig. James Evans ed il signor
Duncan. Vi si trovavano pure: un tedesco, il sig. Witte, figlio del famoso pi’ofessore di giui'isprudenza nell’Università di Halle, ed mi
francese il rev: Schwalb, cappellano presso l’ai-mata d’Italia. La jS'ocietù evangelica di Ginevra, con lettera deH’illustre storico della
Riforma, il sig. Merle d’Aubigné ci avea anch’essa mandati i suoi
fraterni saluti, unitamente all’espressione della cristiana sua simpatia.
La sessione inaugurata con un culto religioso al quale presiedette, con somma distinzione e grande edificazione degli astanti,
il signor pastore' Appia, durò quattro giorni, e per la natura delle
deliberazioni che vi furono sancite, nonché per il carattere sempre
dignitoso e fraterno della discussione, riuscì una fra le piiì importanti e più meritevoli di considerazione, che si sieno avute, dal 1855
a questa parte.
Vietandoci lo spazio di cui dis[)oniamo di addentrarci nei particolari, a due soltanto fra le risoluzioni adottate, limiteremo le nostre
os.servazioni :
Prima in ordine al tempo, come fors’anche avuto riguardo alle
conseguenze che saranno per derivarne, ci si affaccia: la Direzione
(lell’opera dell’Evangelizzazione tolta alla Tavola (1) ed affidata ad
una Commissione speciale. Da più tempo era opinione di molti, in seno
alla Chiesa, essere questo partito il migliore e più confacente al
prospero andamento di un’opera che ci è tanto cara; ma se addueevansi ragioni ed anche molte prò’, non poche e per soprappiiì
fortissime se ne producevano contro.
Dopo alcuni anni, durante i quali i due punti di vista gareggiarono d’influenza, senza che si sapesse al quale dei due sarebbe rimasta
la vittoria, alla fine quello della Commis.sione prevalse, e d’ora iu
poi la Tavola — circonscritta, nella sua attività, alle cose interne della
Chiesa, non che alla rappresentanza della medesima, così presso alle
Chiese sorelle, che presso al Gov'crno, — lascierà ad un altro Corpu,
risponsabile al pari di lei davanti al Sinodo, l’amministrazione di
un’opera la di cui necessità ed importanza, dagli odierni politici avvenimenti fu dimostrata sempre maggioro.
Un tal cambiamento hassi da stimare un bene od un male ?
Risposta pienamente soddisfacente a questa domanda, non la si
potrà avere che dai fatti. Quello che a noi pare evidente si è l'itn
(1) Chiamasi Tavola in seno alla ChiCBa Valdeae, un corpo di cinque membri, tre
ecclesiastici e due laici, i quali vengono eletti dal Sinodo, e costituiscono l’autorità
amministrativa e rappresentativa di essa Chiesa.
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possibilità ìq cui, costituita come è, la Tavola si sarebbe trovata,
<li far fronte, per molto tempo ancora, alle occupazioni ognor crescenti che le sovrastavano, e la necessità quindi di qualche provvidenza destinata a rimediare questo inconveniente. Quel rimedio
non si sarebbe rinvenuto più opportuno in una misura qualunque,
la quale avesse lasciato sussistere intatta l’unità dell’amministrazione? —• A noi pare di sì; e non esitiamo punto a manifestare la
nostra preferenza per un tal sistema. Ma poiché un sistema diverso
è prevalso, il quale saviamente e sinceramente applicato potrà dare
ancora ottimi risultati, facciamo i voti più sinceri perché in ciascun
membro della Chiesa e più segnatamente fra quelli di cui maggiore
è l’influenza, si abbia, d’ora in avanti, quel sistema uno schietto e leale
cooperatore.
Una seconda determinazione non meno della prima importante,
si è quella che ha per oggetto il trasferimento della scuola di Teologìa da Torre a Firenze. L’esistenza di una scuola di Teologìa
propria della Chiesa valdese, che fin dai primordj del nostro politico
risorgimento si era affacciata a tutti come necessità ineluttabile,
aveva indotto il Sinodo ad aprirla, quattr’anni or sono, in Torre.
Ma fin d’allora, era opinione di taluni non essere le V^alli il terreno più propizio all’educazione di giovani la maggior parte dei
quali, nella mente della Chiesa, sarebbe destinata ad operare in
Italia; per cui sforzaronsi, ma invano, di tirarla per Io meno a Torino.
Da quell’epoca in poi fatti grandiosi si sono compiuti, i quali potentemente modificando le circostanze, potentemente altresì concorsero a
modificare le opinioni. Per la qual cosa, quando da un membro del
Sinodo, per sgravio di coscienza, e niente affatto colla speranza che
fosse accolta, venne fatta, giorni sono, la proposta di cui ora discorriamo, questa, lungi dall’essere aspramente combattuta, si ebbe fin
dal principio accoglienza piuttosto favorevole, il quale favore andò
crescendo col dibattimento finché giunti al voto, essa venne, con
grande maraviglia e tripudio, accolta quasi all’unanimità ! Si era
capito alla fine, come a compiere un’opera in Italia, una fra le prime
condizioni che si richieggano sia quella di essere non solo, ma anche
di parere italiani ; come difficilmente avrebbero potuto presentarsi
ed essere accolti per tali giovani cresciuti unicamente in un cantuccio
appartato delle Alpi Cozie, lungi da ogni contatto coi loro connazionali; come sovratutto la lingua, a mezzo della quale si dovrà agire,
i costumi, le idee che si aspira a modificare, non avTcbbero potuto
diventarci famigliari, che per via di una dimora anche prolungata in
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Italia, ed in quella parte di essa in cui la lingua è più pura, più
diffusa e più genuina l’idea, e apiegansi con maggior ampiezza e
sincerità i costumi buoni o cattivi proprj del nostro popolo. Ed a
questa intelligenza quantunque tardiva, e che, avuto riguardo allo
stato delle menti, devesi considerare come effetto di un’illuminazione
proceduta dall’Alto, andiamo debitori di un voto il quale segnerà,
ne siamo sicuri, una fase aftatto nuova e speriamo gloriosa negli
iinnali della Chiesa valdese !
Delle altre decisioni del Sinodo non faremo parola, quantunque
parecchie ve ne sieno meritevoli di somma considerazione. Nemmeno faremo parola (comunque su tal proposito avessimo molto e
molto che dire), dell’intere.sse grandissimo che aggiunsero a questa
sessione, la presenza dei numerosi fratelli, già innanzi ricordati,
c le parole di affetto e d’incoraggiamento che da ciascuno di loro,
così a nome proprio che delle Chiese che rappresentavano, ci furono indirizzatè. Queste cose e più altre ancora, i lettori bramosi
di conoscerle, le troveranno nel Sunto storico delle operazioni dei
Sinodo, che per cura dell’uiRcio di presidenza, si sta stampando.
Quello che non vogliamo nè possiamo trattenerci dall’esternare
si è, in pari tempo che la viva nostra soddisfazione per le prese determinazioni, la nostra profonda gratitudine al Signore, alla di cui
misericordiosa assistenza ne andiamo debitori. Poiché, diciamolo
francamente, le cose, qualora Egli non avesse potentemente operato
col suo Spirito, avrebbero potuto volgere assai diversamente da
quello che abbiam narrato. Ma grazie a Lui, che iier amore dei
padri, fa provare ancora ai figli gli effetti della sua benivolenza,
tutto andò sì che, nell’intiera Assemblea, giunto il termine della
sessione, quando, al pallido chiarore di alcuni lumi, s’intuonò spontaneo da uno dei membri il Te Deum, non si sarebbe trovato uno
il quale non fosse in grado d’associarsi, con tutto il cuore, a quest’ inno di ringraziamento innalzato a Colui che, cou tanta misericordia, ci avea sorretti e guidati.
BIOORAVIA
IL MISSIONARIO AMERICANO JUDSON
Era il momento iu cui l’incredulità francese si diffondeva sopra
l’uno e l’altro emisfero, a modo di vasto disarginato torrente, e la licenza illimitata di esame in fatto di religione era riguardata comc
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parto necessaria di una ben intesa educazione, II giovane Judson non
potè schivare a sì potente malefica influenza. Nella classe superiore
alla sua era un giovane di nome E...... amabile, dotato di talento,
lì penetrazione non comune, per maniere insinuanti, ma quanto ai
})riiicipj deista.
Uniformi tendenze e simpatìe congiunsero ben tosto i due giovani
alunni in una intimissima amicizia, e Judson addivenne, in breve
tempo, un miscredente di professione, non meno del suo amico. So\'ente discutevano insieme intorno la elezione di uno stato. Ora pro¡)onevan dedicarsi alla giurisprudenza, siccome il mezzo piiì acconcio
il. sodisfare la loro ambizione politica; ora facevano esperimento del
genio drammatico, ed a coltivare quel nobilissimo genere di lettere,
diliberavansi.
Compiuto il tirocinio de’ studj preparatorj, J. si partì per fare un
j;iro ne’ stati del Nord. Dopo aver visitate varie parti della Nuova
Inghilterra, lasciò il cavallo, che il padre aveagli fornito, presso uno
zio, e se ne andò ad Albany, per vedere la gran maraviglia del mondo,
il primo vascello a vapore di Roberto Fulton. Questo legno faceva
la terza corsa verso Nuova-York, e J. volle prendervi parte. La magnifica scena del fiume Hudson era ancora per lui una novità, la quale
non poteva mancare di fare profonda impressione sull’animo ardente
e cupido di avventure del giovane. Il suo nome era spesso pronunciato
con alterazione, come se fosse Johnson. In tal guisa, senza mai sottoscriversi, potè penetrare incognito {mù avanti nella società di NuovaYork. Alquanto tempo di poi ebbe animo di porsi in rapporto con una
compagnia teatrale, non per iscopo di salire le scene, ma in parte per
brama di contrarre famigliarità con tal ceto di persone, in vista al
progetto letterario cui forse in avvenire avrebbe amato abbracciare,
ed in parte per appagare la sua curiosità, bramosissimo com’era di
avventure.
Innanzi di partire, egli avea rivelato al genitore i sensi di sua incredulità. Il quale trattòllo con quella severità propria di un carattere di uomo che giammai conobbe dubbio veruno, e che vede il figlio
del suo orgoglio e del suo amore correre all’avventata a certa ruina.
La madre era ancor piiì rammaricata. Si pose a piangere, a pregare
ed a supplicarlo. Egli avvisava la sua superiorità sopra suo padre iu
ìnateria di argomentazione; ma che cosa avrebbe opposto alle lagrime
ed esortazioni della madre ? queste lo seguirebbero ovunque.
Apprendeva bene ch’egli mettevasi per una via, che avea fino
allora riguardato siccome ruinosa, ed egualmente dispregevole; non
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avrebbe voluto per tutto il mondo vedere il suo fi’atello cadetto entrare neiristessa via, ma “ quanto a me, ” diceva egli, “ lio troppo
rispetto a me stesso, per giammai macchiarmi del vizio; io voglio
unicamente studiare il mondo, sì nelle sue parti oscure, come nelle
luminose. ”
Dopo aver veduto tutto ciò che bramava nella città di Nuova-York,
fece ritorno a S...... per togliere il suo cavallo, con l’intenzione di
continuare il suo viaggio verso l’ovest.
Nel mentre della sua assenza, lo zio Ephraim era mancato, ed in
suo luogo trovò un giovane, la conversazione del quale era alla sua
volta sincera, insinuante e grave. Le sue parole giunsero al cuore
del giovane Judson, il quale si mosse di là con una profonda impressione. La nott« succedente si fermò in un albergo campestre, e nel
condurlo alla sua camera, il padrone dell’albergo si scusa di essere
astretto a collocarlo nella camera contigua a quella d’un giovane
malato, e quasi morente: “ Ma io spero, ” soggiunse quegli, “ che ciò
non sia per arrecarle fastidio alcuno.” Judsou assicurò il padrone, che
altro sentimento non avrebbe esperimentato che simpatìa per l’infelice, e che la sua compassione sarebbesi aumentata per la prossimità del malato. Tuttavia passò la notte in grande agitazione, ed
ora udiva calpestìo de’ passi di coloro, i quali vegliavano, ed ora
sentiva i gemiti dell’agonizzante. Ma ciò che il preoccupava erano
tiuelle parole dell’albergatore: ‘‘ egli è quasi morente. ” Sarebbe egli
disposto? diceva fra sè il giovane viaggiatore; e benché divenisse rosso
al fronte, ed avesse vergogna di riv'elare a sè stesso, tutto ad un colpo,
la poca solidità de’ suoi principj iìlosoflci, non bastava a cessare il
quesito. Che cosa direbbero i suoi colleghi di una tale debolezza ?
Che penserebbe il suo amico E., con il suo spirito arguto, con la
sua intelligenza penetrante ? Che direbbe egli di una sì grande fanciullaggine ? Invano; i suoi pensieri tornavano intorno al morente.
Era egli cristiano? tranquillo, e fermo nella speranza di una felicità
immortale ? Trema egli sulla soglia di una misteriosa eternità, e di
un’avvenire tenebroso? od è Egli un libero pensatore educato da genitori cristiani, e circondato dalle preghiere di una madre cristiana?
Il padrone dell’albergo avealo chiamato “ un giovane;” questo
giovane potresti essere tu stesso, dicevagli una voce, ch’egli ripudiava
invano. Il giorno comincia finalmente a spuntare; un’onda di luce
penetrante nella sua camera ebbe tosto dissipato tutte le illusioni
della superstizione. Appena che fu egli vestito, si recò a cercare l’albergatore, e gli domandò delle notizie del suo vi(;i[io.“Egli è morto,”
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rispose laconicamente quegli. —“ Morto? ”—“ Si, non è più il povero
giovane; il medico ebbelo ben detto, che probabilmente egli non
varcherebbe la notte.”—“ Sapete voi chi egli fosse?”—Sì, fu uu’ahmno del collegio della Provvidenza, un gentile giovane, il suo nome
era E.” — Judson fu atterrito, e quasi schiacciato. Dopo alcune ore
scorse senza avvertire, si pose a continuare il suo cammino. Ma un
solo pensiero occupava il suo spirito, e nelle sue orecchie incessantemente risuonavano queste parole — morto — perduto — perduto —
Egli sapeva, che la religione della Bibbia era vera; ne sentiva tutta
la verità e la potenza; era nella disperazione; non poteva seguire il
piano del suo viaggio, e volge il cammino verso Plymouth, profondamente persuaso, che di qui innanzi, avrebbe avuto mestieri di una
religione personale, la quale nelle grandi varietà della vita, nelle
incessanti apprensioni dell’avvenire, nelle moleste agitazioni dell’animo, unica basti a condurre un conforto; per la cui mercè l’uomo,
in questo mortale pellegrinaggio, pregusti un saggio di quella voluttà
interminata cui è destinato, giusta la sentenza di S. Agostino;
“ Domine, inquietum est cor nostrum, donec non requiescat in te.
Solili 3.
Nel novero delle missioni evangeliche, ove l’Evangelo oggidì
si annunzia e propaga con il più felice successo, ewi non ultima
certamente quella che da zelantissimi operaj si compie presso i
Kareni, razza dispersa nelle montuose regioni del Birmano, e differente dalla popolazione Birmanica per linguaggio, religione e lineamenti di volto, i quali offrono tutti i caratteri delle razze malesi,
raa invece è noto come appartengano al tipo caucaseo. Questa missione ebbe a fondatore quel gran servo di G. C., il dottor Judson.
Questi fu veramente un portento della grazia del Signore; quindi ad
oggetto di edificare i fedeli, precipuamente quei i quali, o dal sentimento delle proprie miserie sono soverchiamente prostrati d’animo,
o per virtù del loro ministero si sono dedicati alla grand’opera delle
missioni, si è giudicato espediente il narrare come questo celebre
missionario addivenisse un sì grande stromento della grazia di G. C.;
onde sì li uni ohe gli altri prendano lena di spirito, e mettano tutta
la loro confidenza nella medesima. Apprendano altresì coloro, cui
Dio commise la grand’opera dell’apostolato a non rimanersi dai continuarla per quanto molteplici, gravissimi sorgano gli ostacoli. Non
vi è suolo silvestre che Dio non valga, con la virtù vivificatrice del
suo sangue disboscare, coltivare, ed ingentilire; oggi le missioni
presso i Kareni sono floridissime; fra essi vi sono eminenti cristiani,
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mentre pria che il dottor Judson vi penetrasse erano tiih, che appena
la umana effigie conservassero, e più del brutale istinto, che dell’umano intendimento facessero uso. Tanto può la grazia di GesùCristo!
lilBERTÀ DEI CCliTI
UN’ARTICOLO DEL MONITORE TOSCANO
n Monitore Toscano di mercoledì 23 maggio contiene il seguente articolo :
« NeirO/iiniOii Nationaìe del 5 maggio, vi è una lettera di Torino la
quale ha delle notizie inesatte sul contegno del Governo Toscano riguardo
ai Valdesi. Avanti l’annessione, dal Governo che resse la Toscana, dal dì 11
maggio 1859 a tutto il marzo 1860, fu mantenuta la perfetta libertà di coscienza e de’ culti, secondo le particolari leggi del paese. Basta citare il
decreto del dì 27 gennajo 1860 che pone, con unico esempio in Italia, i
culto Israelitico nel mantenimento del budget dello Stato. Riguardo ai Valdesi, fu detto loro ripetutamente che esercitassero il loro culto, purché non
dessero luogo a pubblici disordini. B quando essi volevano chiedere ufficialmente al Governo di edificare un Tempio in Livorno, il Ministero stesso
degli Affari Ecclesiastici fece saper loro ; primo, che essi non avevano bisogno di licenza governativa per edificare un Tempio, come non ne avevano
bisogno i cattolici per edificare una Chiesa ; secondo, che per regola d’ordine pubblico si dovevano guardare daU'edificarlo in faccia o prossimità di
chiese cattoliche o tempj di altre confessioni cristiane, o di tempi israelitici; terzo, che per le stesse regole dovevano edificare il tempio nuovo fuori
di quei quartieri che erano abitati da quella parte di popolo, la quale nella
sua inesperienza in queste materie, avrebbe potuto essere fanatizzata contro
quelli che professassero diversa religione.
« Accaduta poi l’annessione, i Valdesi si son dirotti al Governatore generale per alcune occorrenze del loro culto ; ed il Governatore generale,
seguendo i medesimi inalterabili principii che aveva seguito nel Governo
precedente dove teneva il Ministero dell’ Interno, ha dato tutte le disposizioni opportune per poter risolvere l'affare coerentemente ai principii della
libertà religiosa, la quale è pienissima nelle Provincie Toscane, nò verrà
mai diminuita, perchè è uno dei principii che più è necessario alla moderna
civiltà ed al benessere del nuovo Regno. ”
Non avendo letto VOpinion Nationaìe del 5 maggio, non siamo in grado
di dire se sieno esatte o no le notizie date dal corrispondente Torinese di
questo accreditato giornale ; ma sappiamo che, dal 17 marzo, al 16 maggio,
il Governatore di Livorno cd i suoi Delegati proibivano ai Valdesi di eser-
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citare pubblicamente il loro culto, e che, più tardi, onde impediili di radunarsi in case private, fecero arrestare uno di essi, ed esigliarono per otto
giorni il Pastore dalla città. Per buona sorte, il Governatore generale, che è
sinceramente amico della libertà religiosa, diede al Governo di Livorno
l’ordine di lasciare i Valdesi esercitare tranquillamente il loro culto.—S. E.
il Barone Ricasoli sa che glie ne siamo riconoscenti.
Non ci rammentiamo d’aver sentito parlare d’una domanda ufficiale che
sarebbe stata indirizzata dai Valdesi al Governo onde ottenere di poter
edificare un Tempio Valdese in Livorno; ma siamo lieti di leggere nel
Monitore Toscano che i Valdesi, anche prima dell’annessione « non avevano
« bisogno di licenza governativa per edificare un Tempio, come non ne
« avevano bisogno i cattolici per edificare una Chiesa » — Se esisteva una
simile libertà sotto il Governo dell’ 11 maggio, a fortiari dovrà essa esistere, ora che l’annessione è accaduta.
Finalmente, applaudiamo di cuore all’ultima frase dell’articolo del Mo
nitore, che dice ; « la libertà religiosa essere primissima nelle Provincie To« scane, e ch’essa non verrà mai diminuita, perchè è uno dei principii che
« più è necessario alla moderna civiltà ed al benessere del mioi’o regno. ”
Il principio è proclamato, quanto mai francamente dal Governo ; e noi
speriamo che, d’or’innanzi, i signori Governatori, Prefetti, Delegati ecc. ecc.
veglieranno acciocché egli sia applicato in tutta la sua estensione.
CORRISPONDENZA DELLA B. NOVELLA
Un’udienza dal Barone Ricasoli — Un Governatore generale veramente liberale —
Mal secondato in certi casi dai suoi subalterni — L'Abbate Pierino ed il suo libro — Poche ragioni ma molte pagine.
Pisa, li 23 Maggio 1860.
Caro signore e fratello,
Come venne annunziato nell’ultimo numero della Buona Novella, il Barone Ricasoli degnòssi dare al Governo di Livorno gli ordini necessari,
affinchè, in avvenire, sia rispettata, in questa città, la libertà dei culti.
Nell’udienza concessami graziosamente, il giorno 10 corrente, da questo
coscienzioso statista, egli esternò, sin dal principio, il desiderio d’intrattenersi lungamente meco sull’affare di Livorno, di cui egli riconobbe 1’ importanza, e s’informò, accuratamente e con molta gentilezza, di tutte le
circostanze ad esso relative. Il sig. Nelli, dii'ettore del dicastero dei culti,
presente aU’udienza, credette doyermi rammentare che esistono dei mozzi
di proselitismo illegittimi, che cadono sotto la penalità conmiinata dalle
leggi. Esposi allora, in poche parole, che l’unico mezzo di proselitisiuo da
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noi adoperato, si è la predicazione della S. Scrittimi. Ebbi il sommo piaceri;
di sentire S. 15. il Barone Ricasoli dire, ch’egli si picca di essere un sincero
amico della libertà di coscienza e dei culti. Egli mi lasciò quindi sperare
che, in breve, avrei ricevuto un avviso officiale, annunziandomi che potevo
riaprire la Cappella evangelica di Livorno.
Credo far cosa grata ai vostri lettori, pubblicando questo documento, che
S. E. ebbe la gentilezza d’inviarmi, Sabato, 19 di questo mese.
“ Firenze 19 Maggio 1860
“ Preg.™“ Signore
“ Fino dal giorno 16, furono da me trasmesse le istruzioni al Governo
“ di Livorno intorno all’applicazione del principio di Libertà in matcri:»
religiosa, ed Ella potrà tranquillamente esercitare il suo culto,
'• Ossequiosissimo
“ RICASOLI
“ Sig. G. Ribetti
“ Pisa....... ’’
Ornai tutti sanno che le idee del Barone Ricasoli sono largamente liberali : questa lettera, ch’egli si degnò inviarmi, ne è una nuova prova ; ma
il male si è, che l'Amministrazione alla testa della quale egli trovasi, è in
gran parte composta d’impiegati del passato Governo (ferri vecchi, dice il
popolo), che non sanno o non vogliono entrare nello spìrito del nuovo.
Tali sono, non di rado, i Delegati, i Procuratori generali, gli ufficiali dei
RR. carabinieri, ecc. ecc. che spesso operano in un senso diametralmente
opposto ai principj proclamati dal Governo.
Potrei citarvi molti fatti, oltre quelli di già conosciuti, che provano chiaramente la mia asserzione. Nel corso di pochi giorni, un colportore di Savona, munito di passaporto, patente ecc., fu arrestato dalla Polizia in tre
città differenti, a Lucca, a Peseia ed a Pisa ; ed in queste tre località gli
furono sequestrati o Nuovi-Testamenti, o Bibbie, o Trattati religiosi, come,
a'cagion d’esempio. La vera croce. Perchè il vostro parroco vi proibisce di
leggere la Bibbia, La Confessione del Desanetis, ecc. — Mi fu detto che il
Delegato di Pisa, conoscendo i sentimenti liberali del Prefetto, prima di
far sequestrare i libri del colpoltore, si sia fatto dare, in proposito, dal Pro
curator generale, un’ordine per iscritto. Quando poi il Prefetto, informato
dal colportore dell’accaduto, fece chiamare il Delegato per domandargli una
spiegazione, costui gli presentò l’ordine del Procuratore, e tutto fu detto;
se non che, se è vero ciò che mi fu narrato, il l^refetto riferì immantinente
questo fatto al Governatore generale, il quale, ne son certo, anco questa
volta farà buona giustizia.
Questa guerra fatta ai colportori dagl'impiegati gesuitici, è un’indizio
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non dubbio della paura che desta nel partito intiero, la propagazione della
Parola di Dio in lingua volgare. Essi vorrebbero nasconderla, incatenarla,
distruggerla, ma, grazie a Dio, sono vani i loro conati.
Non potendo impedire che sia sparsa la Bibbia, il Clero ed i suoi amici
fanno di tutto per screditarla presso le popolazioni. Onde darvi un’idea
delle viete e basse calunnie spacciate da costoro, sia contro gli Evangelici,
sia contro le Sacre Scritture, permettetemi di citarvi un frammento del
Prospectus d’un libro, che sta per veder la luce in Firenze, ed intitolato
amenamente: Errori ed imposfMre del lihro moderno che Aa per tào?o Lucilla,
stampato la seconda volta dalle missioni protestanti in Italia.
“ Italiani ! (esclama l’autore, sig. Abbate Pierino) Le sètte protestanti
“ cospirano contro la nostra unità religiosa, suscitando nella nostra patria
“ nuove discordie e divisioni, col solo effetto, da essi certamente non vo“ luto, di corrompere i buoni costumi, indebolirci e ribadirne le antiche
“ catene. Vogliono operar fra noi una riforma morale, religiosa, civile c
“ politica, con Bibbie mutilate e falsificate, e con certi libri che sono capo“ lavori di sofistica, furberìa e menzogna. Insegnano dottrine orribili
“ intorno a Dio, grazia, sacramenti, culto e redenzione; e predicano un
“ Vangelo da essi ridotto a codice mostruoso d’immoralità, schiavitù, con“ traddizione e scandalo. Dimostrano colle loro Bibbie, che le buone opero
“ a prò degl’individui, famiglie o nazioni, sono peccati; e negano il libero
“ arbitrio dell’uomo, sostituendo, in sua vece, il concetto assurdo d’una
“ grazia divina, indegna della sapienza increata : nè vogliono capire cho
“ impugnando l’indipendenza morale, ed il merito della costumatezza e
“ della probità, ripudiano Bibbia e Vangelo, ed oltraggiano i principi sa“ crosanti su cui riposa la Eeligione, la vera politica e la civiltà cristiana. ”
Dopo spiattellati tutti questi spropositi, con tutta l’ingenuità che in simili
casi è propria dell’ignoranza la più profonda o deU’inverecondia la più
sfacciata, il Rev. Abbate Pierino aggiunge gravemente : “ Per impedire
“ conseguenze tanto luttuose, credei servire alla Religione ed alla Patria,
“ dettando un Libro in-16°, di pagine circa 400, col titolo sopra descritto.
“ Questo Libro si stende a quasi tutte le dottrine cattoliche, ed alle eresie
“ moderne, eziandio civili e politiche, ad esse corrispondenti ; ..........
“ L’Episcopato, il Clero ed il Laicato italiano e cattolico, sono invitati a
“ concorrere a quest’Opera, veramente nazionale e cristiana. ”
Auguriamo al libro dell’ingenuo Abbate uno stile ed argomenti del tutto
simili a quelli del Prospectus. Se il nostro voto è esaudito, si potrà dire dell’opera del sig. Pierino ciò che diceva il sig. Puaux d’un voi. di 645 pagine
deU’Abbate Gaudelet, ch’egli rifiutò in 16 pagine! “ Ciò che mi sbigottisce
“ in questo controversista, si è, non il numero delle sue ragioni, ma quello
“ delle sue pagine, " e, relativamente al libro del sig. Pierino farà d’uopo
.aggiungere : il numero dei suoi madornali spropositi ! G. R.
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NOTIZIE RELIGIOSE
Torino. — 11 caì-dinale Corsi a Torino. — In seguito al rifiuto, clic,
dietro ordine giunto da Roma, fu fatto da parecchi membri del clero superiore deir Italia centrale, d’intervenire alla funzione religiosa solita a celebrarsi nel giorno commemorativo dello Sfaiuto, fu chiamato a Torino dal
Governo, S. E. il cardinale Corsi, arcivescovo di Pisa, ed al medesimo fatto
assoluto divieto di tornare nella sua Diocesi fino a nuovo ordine. S. E., a
quanto pare, si ostina a non voler scegliere la località della sua dimora ;
cosicché il Governo sarà costretto di scegliere a vece sua, e si opina chc
sceglierà Roma stessa.
— Arresto di gesuiti. — Leggiamo quanto .segue nel Cittculino d'Asti :
“ I giornali di Torino ne portarono la notizia che in questi ultimi dì
vennero quivi arrestati alcuni Gesuiti, i quali, sebbene la loro corporazione
fosse stata formalmente espulsa dai Regii Stati, pur vi convivevano sotto
mentite spoglie, organizzati secondo la loro antica gerarchia, nel pio intento
di cospirare contro le istituzioni del paese.
“ Secondo le informazioni particolari, che riceviamo per mezzo delle
nostre corrispondenze, quattro sarebbero i reverendri Padri arrestati, fra cui
uno che nel tafferuglio del 1848 se l’era svignata dal Convento dei Ss. Martiri travestito da bracciante. Appo loro sarebbe stata trovata la ragguardevole somma di L. 80|m. in contanti ed oltre a L. 1.50|m. in pubblici effetti;
sarebbero pure state rinvenute carte le quali accusano disegni settarii e
trame preparate a far iacoppiare un tumulto popolare.
“ Tralasciamo di notare altri particolari, perchè, essendo quegl’imputati
consegnati a quest’ora all’Autorità giudiziaria, non tarderà il pubblico procedimento a mettere in luce le loro gesta. Non dobbiamo però ommettere
che essi servivano di nucleo ad un pugno di cospiratori in abito corto ed in
sottana nera, e che le file delle loro trame andava a metter capo a Roma.”
Stando ad un carteggio della Perseveranza più altri arresti, si di ecclesiastici che di laici, nazionali e stranieri, furono eseguiti in questi giorni, in
relazione coi primi. Si citano fra gli arrestati il padre Gianoglio priore degli
f)blati, i preti Rostagno ed Albera, il sacerdote D. Bosco, e due personaggi
misteriosi, uomo e donna giunti di fresco in Torino.
Valli Valdesi. — Incitamenti dati dal Sinodo al risveglio della vita
religiosa. — Nel novero delle proposte che, all’unanimità, vennero votate
in seno aU'ultima generale Assemblea della Chiesa Valdese, notiamo con
piacere le due che seguono ;
“ Il Sinodo raccomanda istantemente ai Pastori ed Evangelisti lo sta“ bilimento o la continuazione di adunanze speciali di preghiera, allo scopo
“ di ottenere da Dio un risveglio in seno alla Chiesa.
“ Il Sinodo stabilisce che predicazioni speciali vengano fatte, nel decorso
“ della state, in tutte le parrocchie della Chiesa Valdese, al fine spc
“ ciale di ravvivare la pietà, e più specialmente d’interessare alla missione
“ italiana.
— Componenti la Tavola Valdese e la Commissione di ErangeUzznzione.
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A componenti della prima di queste Amministrazioni, vennero eletti i signori: Malan, pastore a Torre, Moderatore — Rivoir, pastore a Maniglia,
vice-Moderatore — Durand-Canton, pastore ad Angrogna, Segretario —
Peirot Enrico e Tron G, G., membri laici; ed a componenti della seconda,
i signori Revel, professore di Teologia presidente — Geymonat, idem —
Bonjour pastore a S. Giovanni — Jorand Enrico, di Genova e Mai.an
Stefano, professore di filosofia a Torre.
— Deputazioni. — Vennero, dal Sinodo incaricati di rappresentare la
Chiesa Valdese, i signori :
Meille G. P., presso l’Unione delle Chiese evangeliche dì Francia;
Appia G., presso la Chiesa presbiteriana inglese.
Malan B., presso la Chiesa libera Vodese; e Charbonnier G. D. o a
difetto di lai Geymonat P., presso le varie Società religiose che hanno il
loro centro in Ginevra.
Austria — Le Chiese Evangeliche dell' Ungheria ed il Governo. — Troviamo nel Lien del 26 maggio la seguente lettera dell’imperatore Francesco Giuseppe al generale Benedek, coUa quale egli dichiara desistere dalla
famosa patente del 1° 7bre 1859, oggetto di tanto così e energico ripulso per
parte degli Evangelici Ungheresi :
“ La patente del 1° settembre, colla quale mi sono sforzato di regolare
nel miglior modo possibile gli affari ecclesiastici dei miei sudditi evangelici,
concedendo loro nuovi diritti e nuovi favori, venne da alcuni fra loro accolta con gratitudine ; ma altri, facendo appello alla coscienza, hanno esitato
ad accettarla.
“ Egli è cosa che ripugna al mio intento, tutto propizio ad un assestamento soddisfacente degli affari dello Chiese evangeliche, il rimandare, in
seguito a divergenze di vedute, ad un lontano avvenire, lo scopo che si
vorrebbe raggiungere. Ad acquetare i timori anche infondati e dar prova
che violenza alcuna non sarà fatta alle coscienze, io degno concedere che
si prendano le volute disposizioni all’effetto di mandare d^eputati alle generali conferenze; che proposte che mirino alla riunione dei Sinodi siano
fatte dal mio ministro, sulla base dell’anno 1791. Io porgerò benevole
ascolto a voti fondati relativi alla composizione dei Sinodi. Le comunità
che già si organizzarono rimarranno nell’attuale stato loro ; ad altre sarà
fattibile l'adottare i limiti dell’antiehe soprintendenze. Le comunità della
confessione elvetica si conformeranno all'antiea divisione.
“ Questa mia determinazione dovi'à venire a notizia dei miei sudditi
evangelici, quale nuova prova della paterna mia benivolenza, come supremo
protettore della loro Chiesa. In pari tempo è mia degnazione di concedere
intiero perdono.
Francesco Giuseppe. P. M.
Domenico OroBso gerente.
TORINO — Tiiiografia CLAUDIANA, .lii-etta da R, Trombetta