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Anno 114 - N. 28-29
21 luglio 1978 - L. 200
Spedizione in abbonamento postale
1“ Gruppo bis/70
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TOERB PEIL ICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
CONCLUSA L’ASSEMBLEA STRAORDINARIA
ONU e disarmo;
tutto come prima
Uno Stanco rito di routine ignorato dalla grande stampa soffoca le voci che gridano nel deserto squallido della corsa alle armi
Amore e libertà
Come accennato nello scorso
numero — in occasione della
presentazione del discorso del
pastore Potter — ha avuto luogo a New York, dal 25 maggio
al 28 giugno scorsi, un’assemblea straordinaria dell’Organizzazione delle Nazioni Unite
sul disarmo. Queste assemblee
si ripetono con una certa regolarità (questa era la decima) e
parimenti si concludono con dei
risultati che definire modesti è
già assai « generoso ». Pare quasi che 1 governanti, nel rendersi conto delle spese pazzesche
destinate agli armamenti (cifra tonda, mille miliardi di lire al giorno!) cerchino di tanto in tanto di dimostrare all’opinione mondiale che fanno del
loro meglio per contenere al
massimo queste spese ma che
purtroppo — vuoi per un motivo o per un altro. — la cosa
non è possibile.
In particolare, questa sessione deirONU è stata voluta e promossa dai paesi « non allineati »
(ed in primo luogo dalla Jugoslavia), allarmati dalla sempre
più accentuata corsa mondiale
agli armamenti. Il dibattito si è
srotolato per cinque settimane
secondo uno stanco rito di routine. La stessa stampa (almeno
quella consultata da chi scrive
queste righe) che per i primi
giorni ha dato qualche notizia
più dettagliata sui vari interventi, ha finito per ignorare la cosa
e le ultime giornate che avrebbero dovuto riservare qualche
decisione risolutiva, non hanno
più « fatto notizia ».
Dati significativi
Alcuni dati significativi sono
comunque emersi. Ad esempio,
colla spesa necessaria ad armare ed istruire un soldato si potrebbe provvedere all’educazione di ottanta bambini; il costo
di un cacciabombardiere equivale a quello di un impegno
decennale contro malattie infettive in vaste aree; invece di un
sommergibile antimissili si potrebbero costruire 450 mila abitazioni di tipo popolare. In dieci anni — per contro — l’Organizzazione Mondiale della Sanità per battere il vaiolo ha avuto
a disposizione un importo inferiore ad un aereo da combattimento mentre, per affrontare
la malaria avrebbe bisogno di
una cifra equivalente ad un terzo del costo di un sommergibile
nucleare.
Si calcola che per ogni abitante di questo mondo — tenendo
conto della potenza esplosiva
delle armi nucleari — vi siano
all’incirca 10 mila kg. di tritolo.
Naturalmente, Stati Uniti e
Unione Sovietica fanno la parte del leone, disponendo insieme di una potenza pari ad un
milione e trecentocinquantamila bombe come quella di Hiroshima. E qufesto senza parlare
delle armi cosiddette convenzionali, sempre più potenti e sofisticate. le cui capacità distruttive si avvicinano a quelle delle
armi atomiche, incidendo per i
quattro quinti sulla spesa militare globale.
Purtroppo in questa corsa alle armi si affiancano alle grandi
potenze anche i paesi sottosviluppati: le più recenti statistiche documentano che essi spendono assai di più per le forze
armate che per l’istruzione e la
sanità: messi assieme essi contribuiscono almeno per un terzo alla spesa militare mondiale.
Assenze significative
Il dibattito che si è svolto alrONU non consente alcuna previsione ottimistica: è sintomatico che i due « grandi » Carter e
Breznev non si siano nemmeno
presentati alla tribuna dell’Assemblea, occupati come sono nei loro complessi negoziati
diretti od in quelli Nato/Patto
di Varsavia. Si sono limitati a
delegare i rispettivi ministri degli Esteri. Quello sovietico, Gromyko, ha proposto -r- oon un
intervento ad effetto — la completa distruzione di tutte le armi nucleari. Sarebbe interessante poter sapere quanto egli stesso creda in questa proposta.
La drammaticità di questi dibattiti sta nel fatto che ognuno
dei partecipanti non solo non
crede di essere dalla parte del
torto, ma ritiene suo inalienabile diritto provvedere con ogni
mezzo possibile alla « difesa »
del proprio Paese, mentre aspet
ta che sia « l’altro » a fare la
prima mossa verso il disarmo.
Vi sono poi le nazioni cosiddette « neutrali », come la Svizzera, che ha inviato al Palazzo
di vetro un messaggio in cui ricorda che il pericolo nucleare e
quello della relativa proliferazione non solo continua ad aumentare ma « potrebbe uscire
dal controllo della ragione e da
quello delle organizzazioni internazionali e politiche che sono
preposte a questo controllo ».
Saggie parole, peccato però che
questa nazione dia un « valido »
contributo colle sue fabbriche
alla diffusione delle armi nel
mondo.
Già altre volte abbiamo documentato come anche l’Italia abbia gravi responsabilità nella diffusione degli armamenti, essendo al quinto posto fra gli esportatori bellici. È proprio di questi giorni la notizia che una delegazione militare cinese è venuta nel nostro Paese « in visita
di amicizia e di conoscenza »,
secondo una dichiarazione del
ministero degli Esteri, ed ha
senza dubbio trattato per acquisti di armaménti, allo stesso
modo come altre analoghe delegazioni hanno fatto in Francia,
in Gran Bretagna, in Germania,
in Svezia, in Belgio, in Svizzera.
(Continua a pag. 8)
Roberto Peyrot
Nelle ultime settimane e in
particolare negli ultimi giorni
abbiamo avuto in Italia accese
polemiche e contrasti a motivo
di leggi: da una parte l’abrogazione o il mantenimento di leggi
già da tempo in vigore, dall’altra
V accettazione e V applicazione
della nuova legge sull’aborto.
Ancora una volta si è reso evidente il contrasto fra: legge dello Stato e legge della Chiesa; fra
la vita civile e la vita religiosa
degli italiani.
Perché diverse sono le leggi
dello Stato e quelle della fede,
ed applicare le leggi della fede
è ancora più difficile che applicare le leggi dello Stato.
« Vi do un nuovo comanda:
mento — una nuova legge —
ha detto Gesù: Amatevi gli uni
gli altri. Amatevi come io vi ho
amati. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se
vi amate gli uni gli altri ». ( Giovanni 13: 34-35).
Questa nuova legge Gesù ce
l’ha data duemila anni fa, ma è
stata applicata?
O è rimasta in vigore V« antica
legge »?
Talvolta si ha l’impressione
che il Cristianesimo non abbia
ancora abrogato il vecchio legalismo, che la legge di Dio sia ancora scritta — o stampata — sulla carta, ma non scritta nei nostri cuori e nelle nostre menti:
sembra che sia ancora in vigore
una legge esterna, imposta, piuttosto che una legge interiore, libera.
La libertà interiore è creata
dall’amore.
La legge esterna ci presenta
un codice morale. Nelle più svariate circostanze della vita il codice legalistico ci insegna che cosa dobbiamo fare, ci dà delle
norme, dei modelli da seguire.
L’amore invece non può essere
in nessun modo racchiuso in una
legge esterna che mi dia la rispo
____DOPO L’ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Pagelle a Montecitorio
Carlo Castellaneta, sulla Stampa Sera del 3 luglio, osservava
che si sono tolti i voti a scuola
ma poi, « ai calciatori gli facciamo la pagella, se vogliamo capire come hanno giocato ». E
soggiungeva : « Peccato, sem
mai, che non lo si possa fare
coi governanti, con gli uomini
politici». E perché no? E forse
proibito? L’idea ci è sembrata
degna di nota e cosìì abbiamo
proposto al nostro commentatore politico-sportivo di compilare le pagelle della «partita»
per l’elezione del Presidente della Repubblica. Eccone alcune.
CRAXI - Fin dal fischio d’inizio si è avventato a testa bassa
in un «forcing» non alieno dal
gioco pesante (ne sanno qualcosa gli stinchi di La Malfa). Senza « vedere » gli altri, ha continuato a passar palla solo ad alcuni dei suoi. Ma anche con
questi non ha azzeccato un lancio che fosse uno e li ha regolarmente fatti pescare in fuori gioco.
GALLONI - Forse emozionato per l’esordio, dovuto al fatto
che il titolare Zac era stato in
un primo tempo tenuto in panchina, ha cercato di mascherare i suoi limiti tecnici con un
testardo « catenaccio » difensivo, ricevendo solo fischi dal pubblico. Innnervosito, è giunto a
dare in escandescenze parlando
con i giornalisti.
■ ZANONE - Ha trotterellato
per tutto il campo un po’ spaesato e quando Craxi ha tentato
un paio di volte di coinvolgerlo
nel gioco si è impaurito del passaggio e ha evitato la palla con
un rapido saltello, tanto che alcuni l’hanno scambiato per l’arbitro.
BERLINGUER - Ha svolto
con diligenza ma senza fantasia
il suo ruolo di ala tornante. In
spazi sempre più ristretti ha
fatto spiovere in area i suoi
« cross » da fondo campo, regolari ma prevedibili, con la loro
traiettoria « a pendola », per cui
la difesa ha avuto buon gioco a
rinviare. Comunque alla lunga,
per la mole di lavoro svolto anche in copertura, ha portato il
suo contributo alla conclusione.
ROSSI - L’ombra del Paolo
Rossi che avevamo ammirato
in Argentina. Irriconoscibile.
Sempre immobile in mezzo all’area, ha finito la partita senza
aver toccato palla. A sua parziale discolpa bisogna dire che nessimo dei compagni lo ha cercato con un vero passaggio.
ZACCAGNINI - Subentrato a
Galloni nel secondo tempo ha
continuato nell’assurdo « catenaccio » molto meno comprensibile data la sua classe. Meri
terebbe un giudizio anche più
severo se non fosse per il guizzo finale con cui, pressato- da
La Malfa, ha operato il passaggio risolutivo che ha permesso a
Pertini di andare in gol.
PfiRTINI - « Giocatore anziano di sicuro rendimento », ha
giocato da par suo, pulito, lineare, incisivo. Il vecchio leone di
tante batt... — oh pardon, mi
correggo: il vecchio combattente di tante battaglie ha segnato
un punto decisivo per l’antifascismo e la dirittura morale.
Scherzi a parte, se ci siamo
permessi questa divagazione in
chiave sportiva è per il sollievo
e la gioia che abbiamo provato
alla repentina conclusione dell’elezione presidenziale, quando
tutto lasciava temere non solo
una logorante battaglia, con
chissà quale mortificante esito
finale, ma anche un’inevitabile
rottura del quadro politico. Tutto questo non è avvenuto, ma
ciò nonostante non possiamo
fingere di non aver visto la precarietà del quadro politico che
dovrebbe sorreggere il Paese in
un momento tanto difficile. Se
malgrado questa estrema fragilità abbiamo ora alla presidenza
della Repubblica una figura solida e sicura come Sandro Pertini, possiamo dire — con riconoscenza — di avere ben più di
quanto ci meritiamo.
sta al mio interrogativo: che cosa devo fare? come devo comportarmi?
L’amore mi darà di volta in
volta risposte diverse perché è
legato da una parte al mio rapporto con il prossimo e dall’altra è legato alla situazione, al
momento storico in cui vivo.
Per cui non c’è una risposta alla domanda « che cosa devo fare? » ma ci sono molte risposte.
La risposta particolare è data
dal mio rapporto con quel determinato prossimo che incontro,
verso il quale devo esplicare la
mia azione d’amore, un « tu »
che incontro nella mia vita, che
di volta in volta ha nei miei
confronti un rapporto diverso,
una diversa esigenza d’amore.
Ed ancora una risposta di volta in volta diversa mi sarà richiesta dalla situazione, sempre
nuova, dalla particolare esigenza
legata a fattori esterni, dal preciso e sempre diverso momento
storico nel quale mi vengo a trovare.
Un codice esterno, un elenco
di precetti morali non mi possono aiutare ad applicare il mio
amore per il prossimo nella dinamica della vita, nell’ infinita
« particolarità » di situazioni umane e storiche.
Per questo l’amore non si basa
su modelli precostituiti, su norme stabilite, non offre criteri per
misurare la moralità di un’azione. Nemmeno contiene un valore o un ideale astratto ma è legato sempre alla decisione del
momento, legato all’ incontro
concreto nella vita con il prossimo.
L’amore è sempre una realtà.
Non può restare un’astrazione,
una casistica astratta, lontana
dalla vita.
Per questo l’amore è il superamento della legge, è libertà.
Il grande poeta tedesco Goethe
ha detto: « soltanto la legge ci
dona la libertà ».
Per Goethe l’uomo è libero
quando segue una norma che
conferisca un orientamento preciso alle sue decisioni: la legge
dà senso ed unità alla vita. È la
decisione di crescita dell’uomo,
in opposizione all’ubbidienza ai
suoi bassi desideri, alle sue passioni; è la libertà che nell’ubbidienza alla legge, crea il carattere nobile dell’uomo; i suoi « alti
sentimenti ». E l’uomo che obbedendo alla legge, tende a dominare se stesso, a diventare migliore.
Invece l’Evangelo ci parla di
una libertà diversa, non più legata alla legge, ma opera della
Grazia di Dio.
Perché è per la Grazia di Dio
che posso conoscere l’amore. Se
amata da Dio posso amare il
prossimo.
La libertà dell’amore non è
una conquista umana, o una qualità dell’uomo, raggiungibile con
ascesi e rinunce, ma è dono della
Grazia, dell’amore di Dio.
« Cristo ci ha liberati per farci
vivere effettivamente nella libertà » — dice l'apostolo Paolo (Galati 5: 1).
Liberato da Cristo l’uomo non
è più sottoposto ad alcuna legge: « è libero signore sopra ogni
cosa » — come dice Lutero. Ma
è anche, nello stesso tempo
« servo in ogni cosa » (Libertà
del Cristiano, I, 1).
Infatti dice l’apostolo , Paolo:
« Dio vi ha chiamati alla libertà!
Ma non servitevi della libertà
per i vostri comodi. Anzi, lasciatevi guidare dall’amore di Dio e
fatevi servi gli uni degli altri.
Perché chi obbedisce a quest’unico comandamento: "Ama il tuo
prossimo come te stesso” mette
in pratica tutta la legge » (Calati 5: 13-14).
Lietta Pascal
(continua a pag. 8)
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21 luglio 1978
INTERVISTA AL MODERATORE
Sinodo è alle porte;
su cosa si discuterà?
Quali temi affronterà il Sinodo
quest’anno? Sul tappeto, come i
lettori avranno avvertito attraverso alcuni articoli apparsi negli ultimi mesi, ci sono tematiche che sono andate via via maturando nella coscienza delle comunità e delle Conferenze Distrettuali e che aspettano una
risposta o un approfondimento
nel corso del Sinodo. Per mettere a fuoco il calendario dei lavori sinodali (quello definitivo
lo stabilirà comunque la Comrnissione d'esame insieme al seggio del Sinodo) abbiamo cercato di parlarne cpn il pastore Aldo Sbaffi, da sei anni moderatore della 'Tavola Valdese. Sbaffi
è arrivato in questi giorni a Torre PeUice; ha già sul tavolo una
agenda fitta d’impegni e appuntamenti. Siamo comunque riusciti a « rubargli » una serie di
impressioni, nel corso di una
breve conversazione, sui lavori
della prossima assemblea, ormai
alle porte.
Un sinodo a Luglio?
Innanzitutto, il problema della data. Sembra, almeno ad alcuni, che quest’anticipo crei più
problemi che non vantaggi. « La
motivazione della data — mi dice Sbaffi — la considero valida.
Dovremo vedere ora se risponde
veramente a quello che noi abbiamo immaginato, vale a dire
che gli operai possano più facilmente partecipare al Sinodo;
questo è il nostro augurio. Va
da sé che quest’anticipo ci ha
creato una serie di problemi;
per esempio quello del ritardo
con cui ci sono arrivati i verbali
di alcune Conferenze Distrettuali e così non abbiamo potuto
tener conto nella stesura del
rapporto al Sinodo di alcune tematiche importanti per la comune riflessione. Non solo ma ancora oggi ho sul tavolo le bozze
della relazione della Tavola al
Sinodo che purtroppo questa
volta non potrà essere spedita
ai delegati, ma solo consegnata
al loro arrivo.
Questo ritardo potrebbe danneggiare la preparazione dei
partecipanti. Probabilmente, per
il futuro, bisognerà anticipare
la convocazione delle Conferenze
Distrettuali ».
Nuova riflessione
sui ministeri
Veniamo ora ai temi del Sinodo. La prima questione che sollevo è quella concernente i ministeri e chiedo se questo problema verrà affrontato solo a livello di regolamenti. « Non bisogna dimenticare — osserva il
rnoderatore — che il mandato
sinodale alla commissione dei
regolamenti concerneva il predisporre un testo riveduto dei regolamenti organici, per renderlo
conforme alle norme e alla terminologia della disciplina valdese del 1974. Si tratta quindi di
approvare in questo Sinodo un
testo maggiormente armonizzato con la nostra disciplina ». Ma
il problema di fondo... « Quello
■ osserva Sbaffi — e già stato
discusso dalle chiese prima del
1974, Il nuovo testo proposto —
si tratta per ora solo di 19 articoli — è stato formulato sulla
base delle osservazioni pervenute dalle diverse comunità e dalla
Tavola. Que.sto non significa ohe
il Sinodo dovrà pronunciarsi
solo sui regolamenti. Esso può
esprimere indicazioni nuove e
quindi rilanciare la discussione
generale in quanto il problema
dei ministeri è particolarmente
vivo oggi nella chiesa ».
Intesa:
a quando la firma?
Passiamo alla questione che
lo scorso anno fu lungamente
discussa: Je intese tra lo stato
e le nostre chiese. Anche que
st’anno se ne riparlerà. Ma su che
cosa dovranno decidere i delegati? « Sinodo e Conferenza Metodista nella loro seduta congiunta dovranno deliberare sul
protocollo dell’Intesa ». Sbaffi tira fuori una cartellina zeppa di
documenti e me li fa vedere.
« Innanzitutto — mi precisa —
verrà consegnato ai membri del
Sinodo il protocollo ufficiale dell’intesa che, per un impegno
preso col governo, non abbiamo
ancora divulgato nella sua formulazione ufficiale. Ma quest’impegno, con una lettera indirizzata alTon. Andreotti, lo abbiarno sciolto poiché di fronte al
Sinodo noi dobbiamo far conoscere alle nostre comunità il testo siglato il 4 febbraio dalla
commissione di governo e la nostra. La sostanza del protocollo
è già stata resa nota, dalla Claudiana, nel corso dell’anno. Abbiamo però speranza che il docurnento sull’intesa del 4 febbraio venga, ancora in questi
giorni che precedono il Sinodo,
firmato da Andreotti e da noi affinché, al più presto, inizi il suo
« iter » parlamentare prima di
diventare legge dello stato ».
Quindi c’è la possibilità che
questo possa avvenire entro la
fine di questo mese? « Mah, noi
abbiamo fatto tutto il nostro
possibile. Stiamo aspettando^ direi impazientemente, la convocazione per la firma. Comunque
— aggiunge il moderatore — ai
delegati presenti al Sinodo oltre
al protocollo verrà consegnato
un documento storico sulle intese in cui si riassume il cammino sin qui percorso dal 1948, insieme ad un commento approfondito del testo ufficiale siglato a febbraio. A questo materiale s’aggiunge un’altra relazione
che esamina le implicazioni future dell’intesa una volta che diverrà legge operante. Siamo
quindi di fronte ad una tappa
nel cammino dell’intesa. Tappa
importante, ma non certo la
mèta ».
rito. Ho notato che la commissione che è stata nominata a riferire su questa tematica ha lavorato molto bene, applicando
un metodo d’indagine che ha
avvicinato molti giovani lontani, spesso da anni, dalla chiesa
e raccogliendo così preziose informazioni. Le Comunità, direi
non a caso, hanno sentito e approfondito il problema dell’educazione alla fede. La mia personale speranza è che il Sinodo decida di continuare questa riflessione. Certamente bisognerà uscire, per il futuro, dal momento di pura analisi per iniziare
un nuovo periodo ricco di proposte concrete ».
Due problemi
da affrontare
Le comunità
e i giovani
Interrompo il discorso su questo tema e chiedo informazioni
suH’argomento teologico dell’anno: l'educazione in vista della
fede. Questa riflessione può dirsi conclusa? « Direi di no. Il tema, per me tutt’ora centrale,
nella sua ampiezza investe anche il problema del battesimo,
della confermazione e dei giovani. Ma più che di problema dei
giovani bisognerebbe parlare del
problema delle comunità. Spesso le crisi dei giovani di fronte
alla chiesa dipendono dalla
scarsa coerenza delle chiese. Un
tema quindi vastissimo, che
non può certo considerarsi esau
II fuoco di domande continua.
Questa volta due questioni attualissime: energia nucleare e
aborto. Sul tema nucleare chiedo se i « sinodali » saranno posti di fronte ad un orientamento
preciso su cui decidere o dibattere. Riflette un attimo. Il commento che se^e è abbastanza
amaro: « Ho l’impressione — mi
confida — che il documento che
verrà presentato al Sinodo tenti di equilibrare due posizioni
contrastanti. Avrei preferito vedere un approfondimento delle
due posizioni, prò e contro l’energia nucleare, anziché una posizione conciliante. Tuttavia su
questa strada non bisognerà fermarsi ma continuare nella denuncia dei pericoli per le future
generazioni e per il creato stesso. Gli scienziati spieghino le
conseguenze, spesso sottaciute,
della ricerca scientifica ».
L’altra questione riguarda l'aborto. Con l’entrata in vigore
della legge e con il recente dibattito che si è sviluppato nei
nostri ambienti in quest’ultimo
periodo, ci sarà un momento in
cui il Sinodo affronterà questo
tema? « Credo bene — mi risponde il moderatore — innanzitutto il corpo pastorale affronterà il problema sia teologicamente sia nei suoi risvolti etici.
E il Sinodo è chiamato a rispondere anche a livello pratico. In
altre parole: i nostri ospedali —
quelli che hanno un reparto di
ginecologia — sono disposti ad
attuare la legge sull’aborto? L’interrogativo non può essere eluso. Certamente, non è neanche
il caso di ricordarlo, il mondo
protestante è contrario all’aborto. Ma nello stesso tempo non
vogliamo chiudere gli occhi di
fronte alla realtà sociale del nostro Paese, ove le classi più umili continuano ad essere esposte
ai pericoli degli aborti clandestini. In questo senso abbiamo
denunciato la lentezza nelTallestimento dei consultori e di tut
ti quei mezzi che possano prevenire le drammatiche situazioni che culminano nell’aborto ».
Verso l’integrazione
globale
valdo-metodista
I temi sui quali abbiamo condotto quest’intervista riguardano, evidentemente, non solo i
valdesi. I metodisti s’interessano alle stesse tematiche. E allora ci si chiede come mai, data
la comunanza d’interessi, son
state previste solo due giorni di
seduta congiunta tra valdesi e
metodisti? Non è troppo poco?
« I problemi — puntualizza
Sbaffi — sono senz’altro comuni. Infatti, in parte, li abbiamo
già affrontati insieme durante
Tanno nelle svariate sedute tra
Tavola Valdese e Comitato Permanente Metodista. Non bisogna
però dimenticare — prosegue il
moderatore — che quest’anno si
terrà per l’ultima volta la Conferenza metodista. Un termine
importante che non può essere
sbrigato in fretta e solo burocraticamente. I metodisti hanno bisogno di lavorare, alcuni
giorni, per conto loro e d’altra
parte anche noi dobbiamo compiere non pochi adempimenti,
perciò abbiamo suggerito solo
due giorni di seduta congiunta.
Ma questo suggerimento è ampiamente modificabile. È il seggio che decide il calendario dei
lavori, non certo noi ».
Abbiamo parlato dei metodisti. L’integrazione totale delle
due chiese è ormai solo una questione di mesi. Siamo arrivati
alla vigilia delle prove generali
prima del Sinodo unico del prossimo anno. Chiedo a Sbaffi di
dirmi la sua impressione sul
cammino percorso sino ad oggi.
Ci pensa un momento, poi mi
dice: « Tutto il processo d’integrazione è stato portato avanti
con grande serietà. Fin dall’inizio abbiamo eliminato ogni tatticismo. E — aggiunge il moderatore — abbiamo trovato nei
fratelli metodisti grande comprensione e sensibilità in molti
momenti difficili. Anche i metodisti hanno trovato, a volte, difficoltà nei loro ambienti. Ma
tutto è proceduto nella convinzione che quest’integrazione fosse importante per il protestantesimo italiano. Non certo per
creare una chiesa più forte ma
per essere più responsabilmente
insieme nella testimonianza e
nel servizio. Dal prossimo anno
siederemo insieme in un Sinodo
unico. Ebbene io nutro la viva
speranza che in quest’ultimo
anno, cerne per il futuro, sapremo affrontare insieme problemi
anche complessi con lo stesso
spirito di grande chiarezza e reciproca fiducia che ci ha assistito sino ad oggi ». E quasi mezzanotte. Vicino al suo studio
due collaboratrici stanno ancora correggendo le bozze della
relazione al Sinodo. Per oggi
può bastare. Andiamo tutti e
quattro a prendere il gelato nel
primo bar di Torre che troviamo aperto.
Giuseppe Platone
FELONICA PO
PALERMO
È Stata assai gradita e piacevole la visita fattaci dalla Corale di Lusérna S. Giovanni, sabato 3 e domenica 4 giugno.
Guidata dal solerte direttore
sig. Charbonnier, ci ha regalato
un concerto il sabato sera e ha
partecipato al culto, presieduto
dal pastore Alberto Taccia, la
domenica mattina.
Momenti di comunione fraterna nella solidarietà, che creano il dolore e la speranza, sono
stati vissuti dalla comunità con
i parenti e gli amici di Giuseppe Costante Mantovani, deceduto all’età di 63 anni all’ospedale
di Sermide il 25 maggio e sepolto a Polonica il 27, e di Giuseppe Fiozzi, deceduto all’età di
70 anni, il 28 maggio all’ospedale di Gallarate (Va) e sepolto
a Pelonica il 30.
Risurrezione, culto e intervento di Dio nella storia dell’uomo,
sono stati i principali temi dell’anno che l’Unione Femminile
ha affrontato nel corso delle sue
riunioni settimanali. Da notare
che la riflessione sulla risurre
zione è stata condotta parallela
mente con i bambini delle scuo
le domenicali. Il tema del rap
porto tra Dio e Tumanità, con
siderato in una prospettiva bi
blica, è nato dall’esigenza d
trovare una risposta ai gravi
avvenimenti, che sovente ci han
no sconvolto e a cui abbiamo
assistito negli ultimi mesi nel
nostro Paese.
Raffaella Brignani, Gaspare Di
Natale, Antonia Pinzello e Antonietta Roccamatisi per confessione di fede e Giovanni
Bommarito per certificato.
• Durante il culto di domenica 18 giugno sono stati insediati i diaconi: Giuliana Martorella in Pailla e Rosa leva
in Cardile elette per la prima
volta e accolte con gioia da tutta la comunità.
• A Pentecoste la comunità è
stata rallegrata dalla ammissione di cinque nuovi membri :
Una ottantina di persone, in
un’atmosfera fraterna e gioiosa, si sono raccolte intorno al
pastore per festeggiare il suo
50° compleanno. Rallegrandoci
della buona partecipazione di
gran parte dei membri alla vita
della comunità, segnaliamo il significato della lettura della Bibbia e delle preghiere spontanee
durante i culti fatte dai membri della comunità.
a colloquio
con I lettori
LE CORALI IN TV
Occasione colta o mancata? È indubbiamente utile che, come prospet
tato nel n. 23 de L’EcoLuce, si porti
un contributo all’iniziato dibattito del
« Dritto... e rovescio ».
Mi sembra che Marco Ayassot con
molta sensibilità abbia ben centrato
l’essenza della trasmissione che ha
voluto essere ed è stata una chiara
testimonianza evangelica della rubrica televisiva Protestantesimo per « quei
di fuori » e per « quei di dentro ».
È stato questo il commento del tutto
favorevole che ho sentito nelle Valli
Valdesi, a Torino, in Umbria ed a
Roma da numerosi cattolici e da moltissimi evangelici di più denominazio
II commento poteva sintetizzarsi in
due parole « Era ora »! Era ora che
il tempo che la RAI mette a nostra
disposizione venisse utilizzato per un
serio, chiaro ed efficace messaggio
evangelico del nostro « essere protestanti ».
È forse questo il punto di contrasto con il Signor Angelo Grillo. La rubrica Protestantesimo non è e certo
non vuole essere una ricercata trasmissione per appassionati di musica,
né una palestra ove vengono a cimentarsi in singoiar tenzone raffinati registi per i quali ben poco conta Fannunzio dell’evangelo; poiché anche là
ove si insinua che il canto di un popolo-chiesa è stato strumentalizzato
dall’agit-prop di turno, si deve tener
presente che anche un canto di sofferenza recente rammenta, nella passata sofferenza di un popolo, che il
Signore ha tanto amato il mondo che
per quell’amore ha permesso che il
Suo Unigenito Figliolo morisse sulla
D’accordo con il signor Grillo : nulla di culturale o a Bachiano » (se è
permesso dire così), però « finalmente » vi è stata una trasmissione che richiama noi protestanti a cantare di più
e meglio, alla gloria di Dio, dentro e
fuori le mura delle nostre Chiese per
annunziare a questo mondo in travaglio, l’agape della croce.
Ugo Zeni, Roma
CHI PUÒ’ AIUTARE?
Signor Direttore,
A chi ce ne andremo noi?
Sono un credente, forse come è piaciuto al Signore, ci troviamo qui in
Piemonte. Ho detto forse, può darsi che siamo stati noi sciocchi a restarci, dopo esser venuti solo per una
visita qui ad un nostro figlio. Mia moglie ha presentato le sue ragioni nel
non voler più tornare giù a Barletta
(Bari). Lavorava in albergo, ma qui
dopo inganni restò senza lavoro, e così
si deve accontentare di solo 150.000
lire mensili. E io perché non lavoro?
Sono invalido civile ho diritto al lavoro obbligatorio secondo la legge per
il collocamento obbligatorio pro invalidi civili, credo il 6% o forse più
del 6%. Ormai è trascorso più di un
anno che siamo qui.
Presentai la domanda d’assunzione
a Vinadio (Cn) Ospedale Civile, il 30
maggio 1978. La presentai anche a
Demonte ma nessuno si vuol impegnare ad aiutarmi. Ho parlato col pretore stamattina, niente.
Ho circa 50 anni; non ho mai appartenuto ad alcun partito politico,
perciò a chi rivolgermi?
A chi ce ne andremo noi?
Io non ho pensione, avevo l’assegno
vitalizio per invalidi civili. Bontà loro,
alla Prefettura, l’hanno revocato : sembra che le 150.000 lire mensili di mia
moglie siano molte, perciò saremmo
ricchi.
So che ci sono ospedali valdesi, spero mi si conceda di essere assunto, se
non sono diplomato so fare parecchio
come generico, e poi un credente è già
molto dove occorre comprensione e
amore. Mi scuso per la lunga lettera:
dovevo spiegare tutto.
Le ripeto a chi ce ne andremo noi
quali credenti? A chi ci ricatta di
abiurare e testimoniare contro la verità con la sola promessa di avere
un’occupazione?
Vogliate gradire un sincero cristiano saluto, vostro in Cristo il Signore.
'A
Delicio Antonio
Via Martiri Lib., 17
12014 Demonte (Cn)
3
21 luglio 1978
í NOTIZIE
*■
DALL’ITALIA EVANGELICA
a cura di Alberto Ribet
L’Esercito della Salvezza ha 100 anni
Una delegazione italiana dell'Esercito della Salvezza ha partecipato al « Congresso Internazionale 1978 » che ha avuto luogo a
Londra nei primi dieci giorni di
luglio. Congresso che ha raccolto circa duemila delegati ufficiali degli Eserciti della Salvezza del mondo intero e migliaia di delegati non ufficiali.
Per dieci giorni si sono svolte riunioni e manifestazioni
di varia natura in varie iSale londinesi, soprattutto nel complesso di Wemtbley, col suo stadio,
colle sue piscine, col suo centro
di conferenze e col suo magnifico auditorio, tutto messo a disposizione del Congresso.
La ragione di questa grande
manifestazione sta nel fatto che
quest’ anno cade il centenario
della fondazione dell’ Esercito
della Salvezza.
Il fondatore William Booth nacque a Nottingham nel 1829, in
una famiglia anglicana, ma all’età di 15 anni aderì al metodismo, diventando, a 17 anni, predicatore locale in quella Chiesa.
Nella sua giovane esperienza
capì che nella predicazione è più
importante la parola semplice
di un convertito che parla col
cuore che non la parola dotta di
un predicatore che fa un forbito
discorso. E il giovane predicatore sentì come sua vocazione il
predicare fra i poveri, i diseredati. Anche per questo si trasferì nel 1865 a Londra dove fondò
la « East London Mission » che
in pochi anni vide la sua opera estendersi in ben 13 centri, assumendo il nome più generico,
ma anche più consono di « Cristian mission ». È stata in questa « Missione Cristiana » che
nel 1876 fu ufficialmente riconosciuto alle donne il compito di
« predicatrici cristiane ».
L’opera continuò ad estendersi
e nel 1878 W. Booth si rese conto
che per il proseguimento dell’opera era necessario dare una
strutturazione più organica al
movimento e, partendo dal concetto che i cristiani sono chiamati a lottare contro il peccato
per la salvezza degli uomini, decise di chiamare la sua missione
« Esercito della Salvezza » e, con
logica coerenza, volle dargli la
struttura di un esercito scegliendo naturalmente la terminologia
e la struttura deH’esercito britannico che, specialmente in
quel tempo, era considerato un
modello del genere. Furono così
creati gli ’’ufficiali”, coi gradi
classici dell’esercito inglese, si
crearono i « posti » e gli « avamposti ,si munirono i « corpi » di
bandiere, e il periodico deH’Esercito della Salvezza prese il nome
di « Grido di Guerra » — periodico che, oggi, è pubblicato in
oltre cento lingue — e, naturalmente, fu dato ai membri dell’esercito della Salvezza una speciale uniforme ohe è per loro come una presentazione del loro essere e della loro vocazione. Un
noto predicatore del secolo scorso affermava che non gli piacevano i credenti che giocano a fare i soldati però ammirava l’Esercito della Salvezza per la sua
opera sociale e per la 'Sua testimonianza cristiana. Soprattutto
nei paesi latini non è sempre
compresa 1’ opera dell’ « Esercito » colla sua divisa, colle sue
fanfare, colla sua predicazione
nelle strade, coi suoi gradi militari: non 'Si può però disconcKScere l’immensa opera sociale e di
testimonianza cristiana che caratterizza questo movimento.
Bastano alcuni dati statistici
per mettere in luce l’opera immensa compiuta oggi dai suoi
27.000 ufficiali in oltre 90 nazioni
in cui si predica l’evangelo in
120 lingue. I « corpi » e gli « avamposti » in cui opera sono più
di 17.000; oltre 270 sono le case
per accogliere i senza tetto; 150
sono i suoi ospedali che accolgono ogni anno 170.000 malati mentre nei suoi ambulatori passano
circa 800.000 pazienti ogni anno.
Appartengono poi all’« Esercito »
8 lebbrosari con 2.200 malati, 6
case per i ciechi con 450 ricoverati. Le case per ex detenuti sono 4 con 250 persone accolte, ma
i carcerati visitati e seguiti dagli « ufficiali » deirEsercito della Salvezza sono stati oltre 220
mila. Non va dimenticato per
esempio che il centro di deportati di Caienna è stato chiuso
soprattutto per l’opera di un ufficiale deH’Esercito della Salvezza, l’allora capitano Pean, che
avendo vissuto per alcuni anni
in quel reclusorio per compiervi
un’opera sociale, colle sue relazioni ufficiali fece conoscere alle
autorità di Parigi e coi suoi libri
al mondo intero quanto fosse
inumano e controproducente il
sistema del « bagno penale ».
l’ufficiale Fntz Malan originario
delle Valli Valdesi iniziò quivi
una attività e nel 1893 l’Italia divenne ufficialmente un « campo »
dell’Esercito della Salvezza.
Nel 1915 il maggiore Mario
Pesatori fu richiamato alle armi: si presentò nella sua divisa
al Distretto, rifiutando di portare le armi; fu condannato; ma
poi su sua domanda divenne
portaferiti in prima linea. Tre
volte fu sommerso da valanghe
nel compiere la sua opera, e compì il suo dovere con tanta passione da ricevere ben nove medaglie ed encomi speciali.
Durante il fascismo l’Esercito
della Salvezza ebbe vita difficile
in Italia, anzi nel periodo di
guerra fu soppresso perché ente
proveniente da nazione nemica.
Ma l’ostilità più marcata fu quella della Chiesa Romana. Il gesuita Crivelli scriveva infatti: « I
Salutisti hanno costume di mandare signorine vestite con l’uniforme a visitare casa per casa
distribuendo opuscoli ed invitando alle adunanze salutiste. Orbene in molte parti le giovani cattoliche bene ammaestrate, le pedinano, entrano nelle stesse ca
se dopo di esse avvisano gli
abitanti che quelle che li hanno
visitati sono protestanti, li mettono in guardia ed impediscono
che siano ingannati. Se questa
propaganda la fanno senza il
competente permesso delle autorità le denunziano e ne impediscono l’azione per contravvenzione alle leggi ». Oggi Fatteggiamento del cattolicesimo è mutato anche in questo campo:
«Mondo e Missione», (la rivista
del Pontificio Istituto Missioni
Estere), in un articolo celebra il
centenario dell’ Esercito della
Salvezza e tra l’altro scrive:
Questa organizzazione, non ostante il ridicolo 'di cui è stato spesso ricoperta, ha molti aspetti
positivi e merita una giusta rivalutazione... Noi abbiamo molto
da imparare e particolarmente
il coraggio della loro fede in
Cristo per spingere ogni uomo a
operare per la salvezza dell'altro ». Dal canto suo alcuni anni
fa il teologo cattolico Algermissen parlando di William Booth
diceva: « di quest’uomo si può
ben dire che se fosse appartenuto alla Chiesa Cattolica, sfortunatamente da lui a mala pena co
nosciuta, sarebbe stato un secondo San Francesco ». Mentre
rileviamo questo giudizio elogiativo ci rallegriamo che il fondatore dell’Esercito della Salvezza
sia stato profondamente protestante e non sia stato canonizzato.
Oggi in Italia l’Esercito della
Salvezza amministra in Roma
un dormitorio per uomini con
cento posti, una casa per donne
sole con 25 posti, un centro giovanile con 180 posti. Vi è poi un
centro montano a Bobbio Pellice, un centro marino a Forio
d’Isohia ed è aperta a Firenze
una foresteria per persone di
passaggio. « Posti » di predicazione operano in Ariano Irpino,
Atena Lucana, Brienza, Campobello di Mazzara, Catania, Faeto,
Firenze, Lentini; Mazzara del
Vallo, Milano, Napoli, Pietragalla, Roma, Torino, Torre Pellice.
Fedeli al motto che chi ha i
piedi bagnati non ascolta la predicazione dell’ Evangelo, vi è
sempre un’azione sociale che accompagna la predicazione: a Torino per esempio per tutto l’inverno è stata distribuita ogni
giorno una merenda calda.
L’Esercito della Salvezza non è
e non vuole essere una Chiesa,
ma per le caratteristiche che lo
distinguono esso è stato accolto
come membro del Consiglio ecumenico delle Chiese di Ginevra
come anche della Federazione
delle Chiese Evangeliche in Italia.
UN OCCHIO ALLA TV E UN ORECCHIO ALLA RADIO
Una Heidi censurata
In Italia l’opera dell’Esercito
della Salvezza » cominciò nel
1886 quando il capitano Vint aprì
un « Corpo » a Roma, in viale Regina Margherita, con riunioni all’aperto in piazza Montanara e
a Trastevere. Tre anni dopo il
« Corpo » fu chiuso; ma nel 1890
Una bambina orfana vive in
una baita in alta montagna col
nonno ; trascorre un anno in
città, come compagna di una
bambina paralizzata, ma sente
la nostalgia della montagna, e il
suo ritorno a casa segna la riconciliazione del nonno misantropo e amareggiato con Dio e
con gli uomini; l’amica paralitica trascorre a sua volta un’estate in montagna e guarisce.
Una trama semplice, quella
di « Heidi », serie televisiva di
cinquantadue ( ! ) cartoni animati di produzione giapponese trasmessi recentemente per i bambini, tratti dal romanzo omonimo del 1880 di Johanna Spyri,
una scrittrice svizzera per i ragazzi, con situazioni e personaggi comuni a molti libri per l’infanzia del secolo scorso, ma tali
da accattivare la simpatia e l’interesse anche dei bambini di
oggi.
La riduzione in cartoni animati ha naturalmente portato
RILEGGENDO GANGALE - 4
Anche questo libro, oltre alle « Tesi », è stato scritto in
due diverse edizioni. La prima, del 1927, è anche il primo titolo che compare per
l’editrice DOXA ; la seconda
del 1934, è l’ultima pubblicazione della stessa casa, l’addio che Gangale dà al suo
pubblico. Vi è certamente un
motivo in questo. Il « Calvino » non è tanto un’opera
storica sul riformatore ginevrino, quanto una interpretazione di Calvino ad uso del
nuovo protestantesimo italiano che nasce, un Calvino visto attraverso la fede e la vicenda di Gangale.
Il libro intende essere una
interpretazione di Calvino
«pel pubblico che ha bisogno
di credere in termini di cultura », « una vissuta concisa
esposizione di pensiero e di
storia fatta da uno che ha
amato Calvino » (1® ed., p. 3);
nel 1934, Gangale confessa ;
« io, in fondo, ancora credo
alla vecchia interpretazione
di Calvino qui esposta» (2“
ed., p. 5).
Lo schema dell’opuscolo è
semplice. Una prima parte,
in sette capitoletti, affronta i
latti, « la Storia » di Calvino.
Una seconda parte, altri set
Calvino
te brevi capitoli (uno in meno nella 2® ed.), fa riferimento non più all’opera pratica
di Calvino, ma ad «un’altra
opera calvinista più salda e
sicura contro il tempo e gli
avversari : « L’Istituzione Cristiana » (1® ed., p. 26).
Il capitolo sui tormentati
rapporti tra teologia e filosofia, intitolato « Calvino-Hegel
via Cartesio», è probabilmente la chiave interpretativa
del libro. Gangale assume,
per guardare indietro alla
storia del Calvinismo, il punto di vista del più rigido calvinismo, quello del Sinodo
di Dort, l’ultima vincente difesa della predestinazione,
«testa di ponte del protestantesimo » (2® ed., p. 97), principio che tuttavia paradossalmente porta « proprio alla
Chiesa degli adulti eletti voluta dall’anabattismo » ( 1» ed.,
p. 64).
Interessante un confronto
tra le due edizioni per comprendere quel che sta a cuore al Gangale all’inizio e al
termine del suo lavoro teologico in DOXA.
Nella prima edizione del
« Calvino », leggiamo : «Ristabilire il valore cristiano e calvinista della contraddizione
muovendo senza antipatie né
simpatie da Calvino, attraverso Kant ed Hegel, è, forse, il compito della filosofia
presente» (1® ed., p. 57).
Nella seconda edizione, la
frase conclusiva del « Calvino » si precisa, si protestantizza : « Calvino ed Hegel, fede e gnosi, assoluto Dio e
Idea assoluta: nel segno di
questa non risolta crisi, da
allora, il protestantesimo vive» (2® ed., p. 112).
Il rapporto tra fede e ragione, tra fede e cultura, nel
Gangale maturo del ’34 non
è rinnegato, ma viene vissuto
con minore ottimismo e maggiore partecipazione, superando l’idealismo e la filosofia
di partenza per giungere alla
fede e ad un protestantesimo
vivo.
Gangale aveva scritto del
« suo » Calvino : si è trovato
ad essere «da avvocato della
fede, credente; da studioso,
guerriero nella mischia » ;
« nato per essere un Nicodemita» (Giov. 3: 2), deciso a
« non essere Nicodemita » (2®
ed. p. 13). È in fondo quel
che è avvenuto anche a Gangale.
Sergio Ribet
alcuni cambiamenti, e rimpolpato la trama abbastanza scarna con vari episodi comici, ma
nell’insieme ha mantenuto ai
personaggi il loro carattere. La
protagonista Heidi, anzi, è resa
con molta naturalezza anche nei
suoi aspetti più complessi, quasi patologici, come il suo difficile adattamento in città che
sfocia nel sonnambulismo.
Si realizza cosi il fatto positivo e abbastanza insolito che a
polarizzare l’interesse e la simpatia di bambine e bambini sia
un personaggio femminile, protagonista assoluta di una lunga
storia (e poi, purtroppo, di riadattamenti del romanzo, figurine, magliette, giocattoli, e perfino pubblicità di uno yogurt!),
mentre generalmente «l’eroe» è
sempre una fi^ra maschile, e
le figure femminili sono relegate a personaggi di contorno ;
tanto più trattandosi di un personaggio, che pur avendo dei
lati convenzionali, non è tuttavia stereotipato.
Nonostante questi lati positivi, però, c’è un punto in cui la
riduzione ha travisato compie
tamente il romanzo. Nel romanzo, ingenuamente ma sinceramente, si parla di fede; la nonna adottiva dà ad Heidi l’educazione alla preghiera; il primo
libro che la bambina legge è
una raccolta di parabole evangeliche; il ritorno a casa di Heidi segna il ritorno del nonno alla preghiera e alla chiesa, intesa come luogo e come comunità; Heidi legge alla nonna cieca un libro di inni. Nella ridu
zione il libro di parabole diventa un libro di fiabe, l’innario diventa una raccolta di leggende
svizzere, gli altri episodi, unici
di tutto il libro, sono compietamente omessi.
Evidentemente il discorso re
ligioso non ha « mercato ». Certamente una volta si eccedeva
in senso contrario, e il problema religioso era posto in termini solo etici e spesso ipocriti;
ma il fatto che il tema della fede (perché di questo si tratta
in «Heidi») sia sgradito, che
sia una cosa « di cui non par
lare», al punto che nella riduzione venga addirittura « censurato », svisando così lo spirito
stesso del libro, mi sembra altrettanto negativo e altrettanto
grave.
Roberta Colonna Romano
Culto radio
luglio
23 - Bruno Corsani
30 - Bruno Corsani
agosto
6 - Arrigo Bonnes
13 - Arrigo Bonnes
Protestantesimo
lunedì 24 luglio
seconda rete - ore 22.45
Guatemala : un progetto
per la vita
servizio filmato realizzato
sul posto che descrive una
iniziativa — a cui collaborano anche équipes del
Consiglio ecumenico ■— di
medicina popolare legata
a nuove forme di vita.
lunedi 7 agosto
seconda rete - ore 22.45
Centri evangelici
di incontro
trasmissione dedicata alla
presentazione delle possibilità di vacanze ’diverse’
nei centri d’incontro evangelici.
GERUSALEMME: interessante
scoperta archeologica
Un gruppo di archeologi ebrei,
guidati dal prof. Mazar dell’Università di Gerusalemme, ha
scoperto le più antiche vestigia
mai rinvenute sinora di una città israelita. La scoperta è avvenuta a Güilo, a sud di Gerusalemme. Grazie a questo rinvenimento gli archeologi potranno
studiare il processo d’insediamento della tribù di Giuda nella regione gerosolimitana risalente a 3200 anni fa. Il vasellame, ritrovato durante i laboriosi scavi, appartiene al periodo
che nella Bibbia corrisponde a
quello dei Giudici Debora, Ge
deone e Sansone. Al di sotto delle rovine della cittadella, sono
stati altresì) rinvenuti i resti di
una torre, di forma quadrilatera, fortificata, risalente all’epoca biblica dei Re (8° e 7» secolo
prima della nostra era).
Secondo gli esperti di archeologia, quest’ultimo rinvenimento
dimostrerebbe l’importanza strategica, dal punto di vista militare, della collina di Güilo nella
antica storia israelitica. Infatti
la torre — così; commenta l’agenzia BIP/SNOP — non solo
era, con tutta probabilità, un
posto di vedetta ma un punto di
riferimento nella complessa
mappa di torri e fortezze che
sorgevano nella zona intorno a
Gerusalemme.
4
21 luglio 1978
1
I RIFLESSI DELLA LEGGE 194 NELL’AMBITO EVANGELICO
Dibattito: aborto
e ospedaii evangelici
Due convinzioni « protestanti », diffuse anche al di fuori delle chiese
evangeliche, a favore della disponibilità dei nostri ospedali
Dalla lettera del pastore Conte, riportata in questa pagina,
qualcuno potrebbe ricavare
l’impressione che il Concistoro
di Torino abbia preso una decisione nella confusione o per lo
meno senza una convinzione maturata sul piano evangelico. Poiché ritengo che una tale impressione sarebbe errata, sento il dovere di esprimere almeno a titolo personale il perché di un voto
a favore.
Dagli articoli e pubblicazioni
a cui Gino Conte allude (cito in
particolare tre articoli delTEcoLuce: Paolo Ricca: L’aborto: anche i credenti devono prendere
posizione, n. 7, 21.2.’75; Jolanda
De Carli: L'aborto non libera la
donna, ma la donna deve essere
libera di abortire, n. 3, 21.1.'77;
Marcella Gay: Aborto, una violenza da rendere inutile, n. 23,
9.6.'78; e un opuscolo della Claudiana: Sergio Rostagno: Il diritto di non nascere. Attualità n. 75,
febbr. ’77) e dai dibattiti di cui
sono espressione questi scritti,
ho tratto due convinzioni che,
pur non essendo affatto patrimonio esclusivo deH’ambito evangelico, mi sentirei di definire protestanti.
Scelte morali
e responsabilità
1. Anche riguardo al problema
deH’aborto vale il principio protestante che la responsabilità
morale non può essere delegata
ad altri. Ora, nella situazione
concreta in cui ci troviamo, con
l’approvazione della legge 194 e
col dibattito, l’azione e la maturazione che l’hanno preceduta e
accompagnata, l’interruzione volontaria della gravidanza si colloca ormai per determinati casi
neH’arobito delle scelte e non più
dei divieti e delle sanzioni penali.
Questo fatto implica che la responsabilità di quella scelta sia
riconosciuta al soggetto della
scelta stessa e cioè alla donna.
Qualsiasi iniziativa che privi la
donna di questa responsabilità
— e la decisione di sottrarre i
nostri ospedali all’esercizio di
questa scelta sarebbe tale — mi
sembra situarsi molto più nella
linea cattolica della decisione
morale avocata dall’ « autorità
competente » piuttosto che nella
linea evangelica della responsabilità personalmente assunta e
riconosciuta.
Non si tratta qui di un caso
isolato. La società in coli viviamo
da alcuni anni persegue nella
sua legislazione una linea di responsabilizzazione (per es. sostituendo al divieto con sanzioni
penali una scelta responsabile
nel campo del controllo delle nascite, del divorzio, del rifiuto del
servizio militare, ecc.). Non credo che dobbiamo dolerci di questa linea; semmai abbiamo da
dolerci — e impegnarci di conseguenza — per il fatto che a
questa responsabilizzazione non
si accompagna T indispensabile
contesto di istruzione, educazione, strutture, che dia un grado
sempre maggiore di libertà effettiva aH’esercizio della responsabilità riconosciuta ai soggetti.
Il rifiuto di
giustificare l’aborto
2. Un punto comune a tutti gli
interventi citati (e ad altri non
improntati ad una fede evangelica) è il rifiuto categorico di eliminare la tensione tra il diritto
della donna e quello dell’embrione, la contraddizione tra l’esigenza di preservare un carattere
umano alla maternità e quella
di non manomettere la vita. In
questa visuale la situazione angosciosa della donna di fronte
alla necessità dell’aborto non costituisce mai una ragione sufficiente per legittimare moralmente l’aborto facendolo diventare
una cosa giusta, pacifica, moralmente irrilevante, perché l’aborto è e resta l’interruzione di una
vita in sviluppo. In termini protestanti, il rifiuto di risolvere la
contraddizione lacerante insita
in questo problema mediante
una qualsiasi giustificazione dell’aborto si configura come rifiuto
dell’auto giustificazione e cioè capacità di ammettere che non possiamo ingannare noi stessi (e
Dio) facendo passare per giusto
e buono ciò che giusto e buono
non è, e che la contradditorietà
della nastra esistenza — qui
come altrove — si può risolvere
solo nella giustizia di Dio che ci
è donata al di là dei nostri limiti, non certo in quella che pretendiamo di produrre noi stessi
con la , giustificazione dei nostri
atti.
Ma allora perché in questo dilemma accettare una delle alternative — l’aborto — che si sa già
essere moralmente ingiustificabile? Perché l’altra — la proibizione dell’aborto — è ancor più
ingiustificabile in quanto non
solo non risolve il problema ma
promuove la discriminazione sociale di fronte aH’aborto clandestino sicuro, condanna a morte
un esercito di donne votate all’aborto clandestino omicida, ali
menta la speculazione dell’uno e
dell’altro e soprattutto mette
sulle spalle delle donne dei pesi
ohe la società, e in particolare
gli uomini, non sono disposti a
muovere neppure col dito (cfr.
Matteo 23: 4). Se quindi si accetta la legge 194 non è perché
essa rappresenti di per sé la soluzione del problema né perché ci
si illuda ciecamente che « non vi
è sostanzialmente contrasto né
frizione tra la legge 194 e la Parola di Dio », ma è perché accanto a questo contrasto e a questa
frizione si valuta il contrasto e
la frizione che esiste tra la Parola di Dio e la situazione sociale disumana, ipocrita e marcia a
cui la legge 194 intende dare una
prima risposta. Per me è indubbio che il contrasto e la frizione
che esistono tra la Parola di Dio
e il problema dell’aborto in cui
ci dibattiamo non si eliminano
con l’accettazione o col rifiuto
della 194, ma si riducono — come ha detto Marcella Gay su
queste pagine — con un duplice
impegno nei confronti di questa
legge: « lottare per renderla
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 8)
Il perché di un’astensione
Caro direttore,
nel tuo articolo a p. 8 del n. dei
30/6 hai riferito con chiarezza e pre<
cisione come il Concistoro valdese
di Torino è stato posto per ora
in via teorica — di fronte ai problema della disponibilità dell'Ospedale
Valdese a praticare aborti, ed è
giunto a una presa di posizione di
principio, nettamente favorevole.
Per completezza d'informazione si
potrebbe solo aggiungere che anche
la Tavola Valdese, in seguito alla
tendenziosa informazione-stampa, diffusa dall'ARIS, aveva sollecitato una
nostra presa di posizione.
Poiché sono stato uno dei pochi
astenuti, in questo voto concistoriale, desidero chiarirne brevemente le
ragioni. Esse emergono dal tuo scritto stesso. Il Concistoro ha voluto
esprimere una posizione di carattere
tecnico, ma di fatto — era inevitabile la sua è stata una presa di
posizione di principio, come tu noti
giustamente. Poiché non abbiamo o
non dovremmo avere altri "princìpi" che uno sforzo costante di ascolto e di fedeltà alla Parola di Dio,
come non dedurne che per il nostro
Concistoro non vi è sostanzialmente
contrasto né frizione fra la legge 194
e la Parola di Dìo?
Ma proprio qui è la debolezza
della decisione, comunque della formulazione che ne è stata data. Lo
riconosci tu stesso, implicitamente:
« ...il Concistoro chiaramente non ha
inteso fare un discorso complessivo
e teologico sul tema dell'aborto... »,
« ...rimane certo l'esigenza di affrontare questo tema anche con un discorso articolato dal punto dì vista
delle motivazioni teologiche... » Ora:
come è possìbile dichiararsi in linea
di principio favorevoli a che un
ospedale da noi gestito pratichi abor
tì, senza essersi prima posti seriamente e esplicitamente il problema
teologico? o, se ce lo si è posto,
senza fare risultare in modo esplìcito
e chiaro che la decisione "tecnica"
deriva da una coscienza evangelicamente maturata? Invece — e non è
il primo caso in questi anni — le
motivazioni di fede restano sullo
sfondo, neH'ìndistinto, e non facciamo altro che ripetere quel che
gli uni o gli altri, nella comunità civile, dicono, senza riuscire a esprimere una posizione originale, una
testimonianza al Dio vivente di Gesù Cristo.
Non sono cieco né sordo al dolente e vasto problema umano al
quale la legge 194 ha cercato di dare una risposta (discutibile, perché
riconosce comunque a una creatura
umana il diritto di disporre di un'altra ) : perciò non ho votato contro,
ma mi sono astenuto perché in coscienza non ho, a oggi, chiara una
posizione di fede, teologicamente
motivata in esplicita obbedienza non
a un codice ma alla vivente Parola
del Signore. Che aspetti? mi dirà
più di uno. Ammetto lentezze, indecisione, distrazione. Prendo però atto che non sono solo e che da nessuno mi è venuta finora questa chiarezza. Si è discusso il problema, certo, fra noi, sì sono scritti articoli, vi
è stata qualche pubblicazione. Ma
è pur sintomatico che finora, a mia
conoscenza, non una nostra assemblea (non è questo un tipico tema
assembleare?) locale, circuitale, distrettuale o sinodale si è espressa su
questo problema che non è mai puramente né anzitutto tecnico, ma
coinvolge la nostra obbedienza o disobbedienza sia al primo sia al secondo dei due grandi comandamenti.
GINO CONTE
L’OSPEDALE EVANGELICO INTERNAZIONALE DI GENOVA PRENDE POSIZIONE
Non laviamocene le mani
Sabato 1° luglio 1978 i Soci
dell’Ospedale Evangelico Internazionale di Genova, riuniti in
assemblea, hanno deliberato con
votazione segreta l’applicazione
della legge n. 194 sull’aborto.
Tale deliberazione, come era
prevedibile, è stata sofferta da
tutti i presenti; in particolare,
da coloro i quali, impreparati,
non avevano serenamente posto
il problema nelle proprie Comunità affinché fosse poi dibattuta
la legge stessa.
Questi incontri preparatori
erano stati proposti dalTAmministrazione dell’Ospedale nel corso dell’Assemblea dei Soci e ai
Pastori fin dall’ottobre 1977 (vedi atti dell’assemblea a pagina
5) , cioè quando la legge era
all’esame dei politici.
Rimandare la discussione in
un prossimo futuro sarebbe stato inutile, chiusi come sono i
rapporti fra le Comunità. Ciò
non avrebbe certo favorito una
unanime deliberazione, ma a
vrebbe aggravato la situazione,
e in più sarebbe sorta l’impressione già destata di ipocrita
mancanza di responsabilità su
un problema cosi grave ; « facciamo agire gli altri Ospedali ;
noi, come Pilato, laviamoci le
mani ».
L’Assemblea ha poi deliberato con voto democratico l’applicazione della legge. Il lavoro più
oneroso spetta aH’Amministrazione che dovrà approfondire il
problema per la sua realizzazio
POLEMICA SU UN ARTICOLO DI FONDO DELL’ECO-LUCE
Divergenze sull’ “appartenere”
Caro Direttore,
ricevo oggi il n. 23 della Luce
dove camipeggia l’articolo di Marcella Gay sull’aborto, e mi dispiace di dover dire che sono rimasta molto stupita di leggere,
nella conclusione del pezzo, delle valutazioni che starebbero bene in bocca al famigerato Movimento per la vita. Infatti è risaputo che non esiste assolutamente nessun gruppo femminista
che inneggi al « beirabonto » come ad una festa, e che questa è
una pura e semplice diffamazione di ohi è interessato a distoreere l’informazione e ad ergersi
a giudice delle donne. Sempre, e
da tutti i gruppi, è stato detto
che l’aborto è una violenza, un
dramma, ecc. e che è una piaga
da prevenire. Lo slogan « L’utero
è mio e me lo gestisco io » ha un
senso ben preciso, che è quello
di volersi sottrarre proprio a
questa violenza, soprattutto maschile, e di riappropriarsi delle
proprie funzioni riproduttive; in
poche parole, il diritto a non farsi mettere le mani addosso, in
tutti i sensi, e a decidere da noi.
Del resto, chi si scandalizza tanto di questo sacrosanto diritto
alla tanto decantata riproduzione responsabile ripresa in prima persona, non esita a denunciare che per esempio in certi
paesi socialisti la gente deve dare il cervello all’ammasso e non
ha più il diritto di dire « il cer
vello è mio e me lo gestisco io».
Eppure, anche la creazione artistica e intellettuale , è un prodotto che appartiene alla società!
Rita Gay
Sono grata a Rita Gay per
avermi dato l’occasione di continuare un discorso che mi sembra molto importante e che evidentemente non avevo impostato con sufficiente chiarezza.
Io accetto e condivido la lotta
dei movimenti per la liberazione
della donna, ammiro l’attività di
chi concretamente, attraverso i
consultori e in mille altri modi,
dimostra la propria solidarietà
con tante vittime di una società
violenta e maschilista. Quando
parlavo di una propaganda grottesca all’aborto non mi riferivo
certo a queste persone e a questi movimenti, ma ad atteggiamenti estremi di provocazione
che pure esistono.
D’altra parte sono anche convinta che la millenaria lotta fra
oppressori e oppressi non può
aver fine con il semplice rovesciamento delle parti. Il superamento dell’ingiustizia si ha solo quando gli ex-oppressi rinunciano a
diventare oppressori. Oggi mi
pare (e con questo non intendo
farmi giudice di nessuno) che
stia emergendo talvolta un femminismo da « api regine » che sognano l’eliminazione dei fuchi, e
si considerano superiori, mentre
siamo semplicemente pari, e
complementari. E forse corriamo anche un altro rischio, quello di affermare una libertà troppo individuale ed egoistica. Negli anni scorsi abbiamo fatto, a
parole, un’indigestione di collettivismo, e oggi tendiamo invece
a parlare un po’ troppo al singolare. Io sono sì me stessa, ma
non sono mia, perché sono legata al mio prossimo, e tutto quel
che dico e faccio ha intorno a
me delle conseguenze di cui sono
responsabile.
Per quel che riguarda infine il
bambino non ancora nato, il discorso è per me ancora più chiaro: un figlio non è una proprietà
della madre, anche se troppo
spesso alcune mamme continuano a considerarlo tale anche parecchio tempo dopo la sua nascita.
Che (questa valutazione possa
coincidere con le posizioni del
Movimento per la vita mi preoccupa molto poco. Qualcuno, mi
pare Pasolini, ha detto che non
dobbiamo mai lasciarci paralizzare dal rischio di essere fraintesi o strumentalizzati. Il nostro
dovere è di dire e fare quel
che riteniamo giusto: solo dopo,
se questo può farci ritenere complici di forze che disapproviamo,
potremo e dovremo disgiungere
le nostre responsabilità.
ne, tenendo presente sia la volontà della maggioranza, sia di
coloro i quali si sono espressi
contro l’applicazione della legge, al fine di sperare nel superamento di fratture fra le diverse denominazioni e unirsi nell’unica vera Chiesa di Cristo.
È la durezza dei nostri cuori
che ci divide anche sui temi sociali e la nostra cattiveria che
ci acceca e ci porta a non vedere la nostra miseria. Non vediamo le necessità del prossimo, che ci è stato dato così, com’è, come compagno, forse scomodo, ma per il quale Cristo è
venuto tra noi ed è morto.
L’amore verso Dio non deve
essere professato con molta leggerezza ; « io sono cristiano, l’Evangelo dice questo, o non dice
questo... » ; l’amore verso Ilio si
manifesta operando attraverso i
disperati, riconoscendo che tutte le cose del mondo hanno la
loro origine nell’amore e se l’amore non viene riconosciuto anche verso questo triste problema è perché ci allontaniamo volutamente dall’origine dell’amore.
Quanta pena producono coloro che si appellano ad alta voce : « noi cristiani, noi evangelici... ». Penso al Cristo quando
era costretto ad incontrarsi e
scontrarsi con il vociare dei Farisei I
All’Ospedale Evangelico Internazionale è allo studio un Consultorio il quale avrebbe come
scopo primario l’educazione della coppia per una maternità e
una paternità felici; per imparare ad essere grati per il miracolo della vita che in loro si
compie, grati per essere stati
scelti come genitori, e che abortire e far abortire significa fallimento.
L’amore crea sempre del nuovo e nulla distrugge; l’applicazione della legge sull’aborto nel
Consultorio dell’Ospedale intende quindi evangelizzare, anche
se noi Amministratori siamo
convinti che la nostra fede opera attraverso la debolezza e siamo sempre davanti al Signore
in preghiera per ottenere da
Lui abbondanza di aiuto e di
benedizione.
Marcella Gay
Emanuele Di Natale
5
21 luglio 1978
TRA LE RECENTI EDIZIONI DELLA CLAUDIANA
Due libri per le nostre chiese
le parabole
di Gesù
Giorgio Tourn
LA PREDESTINAZIONE NELLA BIBBIA E NELLA STORIA,
una dottrina controversa
Claudiana 1978, pp. 106, L. 3.000.
Aldo Comba
LE PARABOLE DI GESÙ’
Claudiana 1978, pp. 95, L. 2.500.
Il fare frequente uso di parole e concetti astratti è proprio delle lingue occidentali moderne: vedere le « idee » separate dalle « cose », separarle appositamente per sviluppare meglio il discorso,
con più logica e maggior rigore; fare a
meno della « zavorra » del concreto e
muoversi con agilità e perizia in un mondo intellettuale rarefatto. L’uso concettuale della lingua sembra così garantire
l'universalità della comprensione, ressere sempre e comunque alla portata di
tutti, senza limitazioni di tempo e di spazio, mentre il particolarismo del « reale »
costituirebbe un ostacolo a questo processo.
Le parabole di Gesù — quali troviamo
negli Evangeli — costituiscono un attacco diretto e provocatorio a tale prospettiva. Nonostante siano incentrate su fatti
ed atteggiamenti « datati », storicamente concreti, anzi proprio per questo, rimangono « Parola » per l’uomo di oggi.
Proprio perché — contrariamente a
quanto talora si crede — non si tratta
di massime sapienziali proferite in modo
oracolare o di « raccontini » edificanti;
proprio perché sono terribilmente legate, ancorate alla vita palestinese del I
secolo, mantengono infatti per noi il loro valore di « invito alla riflessione, ali 'autocritica, al ravvedimento », ed anche
di fronte a noi annunciano l’irruzione del
Regno nella storia umana attraverso
Cristo Gesù.
Questo carattere ed altri dell’insegnarnento parabolico vengono sviluppati nel
libro di Aldo Comba recentemente pubblicato dalla Claudiana. Le narrazioni vi
sono raccolte per aree tematiche (I: La
misericordia di Dio verso « pubblicani »
e «peccatori»; II: Certamente verrà
non mancherà; III: È vicino, alle porte!...; IV: Che fare?; V: La vita del discepolo; VI: La comunità in attesa del
Regno).
Ci si può forse stupire che non venga
rispettato l’ordine « naturale » in cui le
parabole compaiono negli Evangeli, accompagnando la storia terrena di Gesù
nel suo evolversi; va tuttavia ricordato
che spesso manca nel Nuovo Testamento un legame diretto fra « storia » di Gesù ed insegnamenti. Parabole, immagini,
gesti simbolici compiuti in contesti differenti vennero spesso riuniti, nella fase
di redazione, in « blocchi » di insegnamenti (specialmente da Matteo). Prova
ulteriore ne è il fatto che talora i medesimi « detti » da Vangelo a Vangelo vengono collocati in momenti diversi della
vicenda-Gesù.
L’area tematica consente inoltre una
rnagglore correlazione fra parabole che
siamo spesso abituati a considerare entità individuali autonome: è la Scrittura che si autointegra nella molteplicità
delle sue espressioni, non lasciando posto a quella superficiale « guerra dei versetti » che talora si sviluppa per mancanza di un orizzonte critico più ampio.
AI testo delle parabole (quando sono
comuni a più d’un Vangelo viene scelta
la redazione più ampia e significativa)
Aldo Comba fa seguire un succinto commento che offre delucidazioni esegetiche
e prospetta alcune essenziali linee di lettura. Non mancano osservazioni pungenti e provocatorie che bene mettono in rilievo l'immediatezza espressiva e la radicalità delle istanze espresse nel testo
evangelico. Non abbiamo infatti davanti
a noi « storie » d’una sapienza antica e
« mondana », raccontate con voce suadente da un Gesù edulcorato, mite e remissivo, ma continui, ripetuti appelli al
superamento dell’abitudine, del confor
ALDO COMBA
aAUDfÄNA ■ '
^rola per luomo doga,
mismo mentale e di costume, all’apertura verso una disponibilità nuova, all’esser cioè « Figli del Regno ».
Un libro per « credenti », dunque, in
cui non sono i « detti » di Gesù a far testo nella loro esteriorità oggettiva, ma
piuttosto nel loro significato « per noi ».
Chi si aspettasse tuttavia un’attualizzazione spinta, un volersi immediatamente
appropriare del « senso » di queste parabole in luce contemporanea, resterebbe probabilmente deluso. Aldo Comba
vuole infatti « comprendere » queste narrazioni evangeliche, non renderle toutcourt assimilabili o funzionali all’uomo
moderno. E proprio perché ne cerca il
« valore » e non l’uso strumentalizzabile,
indaga innanzi tutto che significato esse
assumevano « pei loro », per gli apostoli
cioè, e per la folla che aveva modo d’ascoltare Gesù ed il suo insegnamento.
Questo, non in ossequio all’erudizione
storica o al rispetto meccanico dell’ordine cronologico (prima, l’Israele del I secolo, coi suoi uomini ed i suoi problemi;
poi il mondo del XX secolo), ma probabilmente nella convinzione che il significato « per noi » possa giungere, non nel suo
valore « ideale » ma nella concretezza
delle sue implicazioni solo attraverso lo
sforzo intenso e prolungato di cogliere
il significato «per loro ». Solo facendoci
« altruisti » — forse — creiamo le condizioni affinché la Parola ci tocchi veramente in prima persona.
A quest’« attualizzazione meditata »
delle parabole corrisponde anche la versione del testo in lingua corrente effettuata dal prof. Bruno Corsani, insegnante alla Facoltà Valdese di Teologia di
Roma. Il linguaggio che ne risulta è piano, scorrevole, molto comunicativo, trascrizione d’un testo parlato — come dovrebbe essere.
Se si può fare un appunto è forse sull’eccessiva stringatezza del commento.
Verrebbe spesso voglia di saperne di
più, di avere qualche maggiore ragguaglio sul testo, o che i collegamenti con
l’esperienza quotidiana di « oggi » non
venissero lasciati al livello, sia pure stimolante, di spunti, ma fossero maggiormente sviluppati nelle loro implicazioni.
Questo non appesantirebbe il volume
(che appare anzi un po’ esile) e potrebbe
in ogni caso facilitare una riflessione più
diffusa sull’argomento.
Va tuttavia ricordato che questi motivi sono sviluppati nell’ampia introduzione, in cui vengono messi in luce i vari
aspetti del « parlare figurato » nel Nuovo Testamento. In particolare, una « Breve storia dell’interpretazione delle parabole » contribuisce a far cogliere lo spessore storico del problema ed a fame partecipi problematicamente i credenti di
oggi.
Conclude la parte introduttiva uno
spunto di riflessione sull’accessibilità
delle parabole, che racchiude in qualche
modo il « senso » ed anche la portata di
un libro come questo.
Le parabole sono facili? Può darsi, ma
non banali. Ma è invece facile che noi
le riempiamo delle nostre idee, delle nostre convinzioni (o pregiudizi), è facile
che ci si arresti all’ovvietà d’un primo significato, è facile che si legga senza cogliere, o — come ammonisce la Scrittura stessa (Me. 4: 10-12) — si veda senza
intendere.
Lasciarle venire alla luce, lasciarle parlare, non soffocarle col nostro « io »: solo così, forse, apriamo la strada e ci incamminiamo verso una reale « comprensione » della Parola.
Enrico Benedetto
« Come gli antichi lasciavano in bianco,
sulle loro carte geografiche, i territori
inesplorati e si limitavano a scriverci hic
sunt leones, il paese dei leoni, così i credenti odierni lasciano sulla mappa della
loro fede ampie zone in bianco e fra queste in primo luogo c’è la predestinazione ». Con questa bella immagine si apre
lo studio che Giorgio Toum ha dedicato
alla predestinazione e che di conseguenza
egli definisce « poco più che un viaggio
esplorativo in questo territorio sconosciuto, lungo le vie della lettura biblica, della
storia, della riflessione teologica » (p. 10).
Perché questo « bianco », questo tenersi
alla larga da una tipica espressione della
fede evangelica? Per dare una rapida risposta basterebbe ricordare — come fa
Tourn nel I capitolo — qualcuna delle formulazioni più spigolose e repellenti di
Calvino: Dio « non adotta indifferentemente tutti gli uomini per la salvezza ma
dà agli uni quel che nega agli altri ». (p.
8). La sensibilità dell’uomo moderno rifiuta — e non da oggi — questa discriminazione arbitraria e ingiusta tra gli uomini,
per cui il non credente respinge il Dio di
questa 'predestinazione e il credente si
sforza di salvare Dio mettendo tra parentesi la predestinazione.
Ma un atteggiamento difensivo di questo genere è chiaramente insostenibile. Da
un lato la « terra della predestinazione »
non ha solo i contorni che le ha dato Calvino e m particolare il Calvino della «doppia predestinazione » che attribuisce a
Dio un freddo parallelismo tra la decisione di salvezza degli uni e quella di dannazione degli altri; ci sono i passi biblici
che contengono i termini di predestinazione ed elezione e al di là del Nuovo Testamento il significato altamente positivo
che questa formulazione di fede ha avuto
nella storia della chiesa in alcune tappe
fondamentali del suo cammino: Agostino, la Riforma, il 17° secolo, Karl Barth...
D’altra parte, ci avverte Toum, riferendosi a Karl Barth, « soltanto coloro che
hanno compreso il mistero della predestinazione, o, come preferisce Barth, della
libera elezione divina, hanno compreso
chi è Dio » (p. 63). In questo senso lasciare in bianco la « terra della predestinazio
gjqgb tourn
la predestinazione
nella bibbia
e nella stala
una dottrina controversa
PICCOLA COLLANA MODERNA □ EDITRICE CLAUDIANA
I SERIE TEOLOGICA □ NUMERO 34
ne » significa sfocare pericolosamente i
contorni stessi della mappa della fede, o
ritrovarsi ad avere fede in qualcosa o
qualcuno che non è il Dio dell’Evangelo.
Per questo è di enorme importanza il
viaggio di esplorazione in cui Tourn ci
conduce. Percorrendolo, pur con i limiti
che l’autore si è dato, si ha l’impressione
— ormai consueta leggendo Tourn — di
essere posti di fronte ad un’indagine biblico-storica ridotta all’essenziale senza
per questo ricevere banalità o semplificazioni.
Al contrario, una cosa soprattutto mi
ha colpito: leggendo di Agostino, di Calvino o dei Puritani, mi sarei aspettato
una maggiore distanza critica presa nei
confronti di formulazioni che sono state
spesso unilaterali o forzate o addirittura arbitrarie. Tourn invece — pur rilevando aspetti devianti di questa o quell’epoca — non si preoccupa tanto di prendere
le distanze, quanto di penetrare nello spirito, nelle esigenze e nei problemi di una
epoca. Per lui capire è più importante di
criticare. E questo gli permette da un lato di far risaltare come la jtredestinazione, nelle epoche in cui è uscita dal limbo
dell’oblio, anche in mezzo a forzature e
deviazioni, è stata il nerbo della fede evangelica e « ha insegato a vivere e ad
operare più di molti altri insegnamenti
della Scrittura » (p. 92); dall’altro di mostrare come la predestinazione non sia
un dogma ma una sfida: « non esiste una
dottrina della predestipazione in sé, sempre uguale, statica, che si trasmette di
generazione in generazione; esiste una impostazione del discorso cristiano che deve
essere ripreso e reimpostato ad ogni generazione » (p. 74).
Si arriva così all’ultimo capitolo del libro — di fronte alla domanda « che significa per i credenti oggi, parlare della
predestinazione? » — come alla mèta in
funzione della quale il viaggio è stato intrapreso. Vi si arriva avendo accumulato
tutta una serie di chiarimenti, ma non per
questo l’approdo è meno problematico:
l’ultimo capitolo non risolve più problemi
di quanti non ne apra o ne mostri aperti.
Ma questo non mi sembra un difetto: se
il viaggio esplorativo è intrapreso in vista
del nostro riprendere e reimpostare questo punto centrale della fede evangelica,
non ci si può certo aspettare che le soluzioni siano già bell’e fatte sul piano della
pura riflessione teologica. È nell’azione
della chiesa e nella sua contemporanea riflessione di fede che ancora oggi la predestinazione ha da dimostrarsi — nelle forme e nel contesto dei problemi che ci sono propri — una « dottrina che genera
vita ».
Ma appunto, qual è l’azione e la riflessione di fede della nostra chiesa a questo
riguardo?
Pensonalmente ho l’impressione di una
immobilità tranquilla in cui tutti sembrano essere appagati. Ne è simbolo la
nostra confessione di fede che da una
parte, nella sua formulazione del 1655
contiene un articolo di stampo agostiniano-calvinista in cui si afferma che « Iddio trae da quella corruzione e dannazione le persone che Egli ha eletto innanzi la
fondazione del mondo... lasciandovi gli
altri secondo la ragione sovrana ed irreprensibile della sua libertà e giustizia »
(art. XI); dall’altra nell’Atto dichiarativo
che l’ha integrata nel 1894 afferma che
« la Chiesa riconosce come verità non
meno chiaramente insegnata nelle Sacre
Scritture che Dio vuole la salvezza di tutti gli uomini in Cristo ». In altre parole
la comprensione della predestinazione
non è stata corretta, ma è stata semplicemente annullata, neutralizzata, resa
inoffensiva, cancellata dalla mappa della
fede, e da allora non fa più problema.
Eppure non si può dire che negli ultimi
80 anni non sia successo nulla. La reinterpretazione della teologia della Riforma
condotta per mezzo secolo da Karl Barth
ha avuto una sua precisa eco nel nostro
Paese anche per ciò che riguarda la dottrina dell’elezione. Ma si è trattato di élites intellettuali la cui incidenza nelle chiese è stata in fondo minima. Per il resto,
la predestinazione ha continuato e continua ad essere irrilevante come lo era il
secolo iseorso, a disegnare solo qua e là
« piccoli mulinelli nel grande fiume della
fede sentimentale e individualistica »
(p. 62).
Vorrei che fosse ben chiaro ciò che
non propongo (né penso proponga Tourn):
una revisione della confessione di fede o
discussioni astratte e specialistiche sulla
predestinazione. Ciò di cui abbiamo bisogno come chiese è di uscire dalla zona
bianca « cancellata » dalla mappa della
nostra fede per riscoprire la nostra identità di credenti evangelici nel nostro tempo. Solo per questa stretta via sarà possibile uscire dalla perdita di identità che
sta alla base della crisi e dello smarrimento presenti nelle nostre chiese o dalla
pretesa di rifondare la nostra identità su
qualche elemento storico, sociologico, etico o psicologico. La sola identità possibile
per dei credenti è l’immagine di Cristo
ad esser conformi alla quale siamo stati
predestinati (Rom. 8: 29). Ma per questo
le nostre chiese hanno bisogno di uscire
dalla « zona bianca » e il primo passo
consiste nel conoscere i termini della questione percorrendo insieme il viaggio
esplorativo proposto da Tourn. È un compito che sta di fronte ai singoli credenti
ma soprattutto alle chiese. Per questo
quello di Tourn sulla predestinazione è
veramente un libro per le nostre chiese.
Franco Giamplccoli
6
21 luglio 1978
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
Grandette
Un villaggetto di poche case
costruite sul ripido pendio di un
vallone dove la vegetazione non
più tenuta a freno dall’uomo invade un po’ per volta i terreni
un tempo coltivati; intorno alle
abitazioni i prati falciati e i campi di patate sono un segno che è
rimasto ancora qualcuno a vivere qui: siamo a Grangette, minuscola borgata del Comune di Perrero, ed è un pomeriggio di domenica, per tradizione dedicato
alla riunione quartierale all’aperto.
Malgrado la strada carrozzabile tracciata pochi anni fa, alla
quale ha dato la sua collaborazione anche un campo di lavoro
ecumenico, il turismo non e arrivato quassù, soltanto nei villaggi più in basso alcune famiglie cittadine si sono sistemate
per la villeggiatura riadattando i
vecchi fienili.
Ma a Grangette non c’è un metro di terreno pianeggiante per
costruire e le poche case imbiancate appartengono alle famiglie
del posto. Le altre abitazioni sono vuote, le più vecchie stanno
lentamente crollando, la pioggia
e il vento corrodono la terra rossastra che un tempo veniva usata per legare insieme le pietre
grossolanamente squadrate.
Per fortuna è una giornata di
sole e la riunione si può fare vicino alla fontana, dove la gente
comincia a prendere posto sulle
vecchie panche. Non sono presenti soltanto gli abitanti del villaggio, ma anche i parenti in visita e altre persone che hanno
colto l’occasione per una passeggiata; tra adulti e bambini, la
riunione raccoglie una quarantina di persone.
Dopo il canto e la preghiera, il
pastore parla della Sindone che
tra breve verrà esposta a Torino alla venerazione dei pellegrini.
L’argomento è di ~attualità,
l’uditorio è interessato, alla fine
si discute un po’.
Tuttavia la .scena ha qualcosa
di irreale. Sembra lontanissima,
quasi roba di un altro pianeta,
la baraonda mistico-turistica che
tra poche settimane riempirà le
chiese e le strade di Torino. Che
interesse può presentare l’operazione Sindone per questi proletari valdesi che hanno sicuramente qualsiasi altro problema
fuorché quello della venerazione
delle reliquie?
Eppure, sì, anche questo ci riguarda, come ci riguarda e ci fa
saltar su tutto ciò che viene detto o fatto nel nome di Gesù Cristo. Non ce ne importa niente
delle lenzuola più o meno sacre,
infatti da secoli sosteniamo che
soltanto la Parola di Dio è il documento che ha valore di « prova ».
Tuttavia dobbiamo evitare di
sentirci troppo in buona coscienza: anche noi abbiamo la responsabilità di dimostrare con i fatti che fede e superstizione sono
incompatibili e che si può essere
credenti senza necessariamente
essere creduloni.
E quest’ultima geniale trovata
dell’Arcivescovo di Torino dimostra senza possibilità di equivoco che una testimonianza autenticamente evangelica in Italia è
più che mai necessaria.
11. Viglielmo
Festa del
15 agosto
Comunichiamo ai lettori che l’annuale festa del
XV agosto (unica per le
due valli), avrà luogo nella comunità di Rorà, in
località Eric (Parco Montano).
Il luogo è accessibile alle autovetture e sarà predisposto, a cura della Pro
Loco locale, un servizio
di parcheggio.
Sul prossimo numero, a
cura della Commissione
distrettuale, pubblicheremo in dettaglio l’intero
programma della giornata.
AGAPE: CAMPO CADETTI
Credenti e non credenti
di fronte
al problema di Dio
Settanta ragazzi — attraverso dibattiti, testi e
films — hanno dato vita ad un incontro su di
un tema di grande interesse
Per i ragazzi Agape non è solo
un centro di studio sul tema del
campo, ma anche un’occasione
per ritrovare amici, per conoscere i coetanei e praticare
una vita comunitaria. Qui è uno
dei pochi posti in cui i ragazzi
— ed anche gli adulti — hanno
un’occasione per confrontarsi su
tutti i punti di vista e gli argomenti che scaturiscono dal contatto umano ohe si forma. Agape
dà la possibilità di discussione e
di confronto su temi che nella
vita in genere non vengono affrontati o vengono affrontati
individualmente, probabilmente
perché nella nostra società l’uomo non ha più tempo per queste
cose. Le ore di studio su questi
temi sono vivaci e ricche di partecipazione. È difficile spiegare
che cosa sia Agape e ohe cosa significhi: è qualcosa che esce dagli schemi tradizionali, è un’esperienza di vita. Agape, non dal
punto di vista tecnico, è qualcosa di inspiegabile, qualsiasi
modo di descriverla è limitativo,
infatti per conoscere il suo vero
significato bisogna vivere nella
sua ottica. Ogni individuo vede
Agape in modo personale, ed anche per questo è difficile spiegare la sua atmosfera, che cosa significa.
Il tema di quest’anno è stato
« Credenti e non credenti di fronte al problema di Dio ». Per questo campo i ragazzi ohe vi partecipavano erano circa settanta,
provenienti da varie città d’Italia. Il lavoro si è svolto principalmente in gruppi, anche se
non sono mancate assemblee generali. Si è cominciato con la
lettura di testi proposti dal grup
po che ha organizzato il campo.
Nel mio gruppo si è parlato del
problema del campo seguendo
diversi punti di discussione. Sappiamo che ci sono atei e credenti
e ci siamo chiesti perché esiste
tale divisione. Abbiamo concluso
che Dio attraverso la Bibbia e
Cristo ha dato il suo messaggio
a tutti e l’uomo è stato libero di
accettarlo o meno: la fede è una
possibilità da accettare, da questo deriva la divisione tra atei e
credenti. Per conoscere la fede è
necessario che qualcuno ce ne
parli. La fede nasce dall’udire.
L’importante non è chiedersi
perché uno crede e uno no, ma
è annunciare il messaggio dell’Evangelo, ohe non è solo per i
cristiani, ma per il mondo. Nessun gruppo può pretendere di
essere l’unico conoscitore della
verità; non un solo gruppo ha la
promessa. Ci siamo chiesti come Dio interviene nella storia e
abbiamo formulato la seguente
ipotesi: Dio è intervenuto all’inizio e interverrà alla fine, lasciando il mondo in gestione all’uomo
stesso, non restando al di fuori,
ma dando all’uomo la forza e la
capacità di guardare oltre la sua
realtà. Infatti, se ammettessimo
un intervento materiale di Dio
nella vita, troveremmo il suo intervento nel bene, e non naturalmente nel male.
Il Cristo secondo noi è il solo
che assicuri il rapporto tra Dio
e gli uomini: è come un ponte
che collega Dio agli uomini. Dio
ci ha detto ohe la verità dei suoi
discorsi è da cercare unicamente in Gesù, che l’uomo cade in
mille contraddizioni perché ci
sono mille modi di interpretarlo.
Incontro al Colle della Croce
L'ormai tradizionale incontro italo-francese al Colle della Croce avrà luogo domenica 23 luglio con inizio alle
ore 10,30. Il tempo buono di
queste settimane fa pensare
ad un incontro ben frequentato. Per chi intende salire al
Colle della Croce, ricordiamo
che l'itinerario è il seguente ;
da Bobbio Pollice si può proseguire in macchina fino a
Villanova e di qui a piedi
verso il Rifugio Jervis ( un'ora
di cammino ) ; dal Rifugio
Jervis al Colle un'ora e mezza di marcia.
Gesù è la spiegazione di che cosa
voleva dirci Dio: è un esempio
di vita.
Abbiamo iniziato, ma non certo concluso, il problema che ci
siamo posti (dopo aver affermato che Dio salva tutti) con la domanda: a ohe cosa servirebbe
credere se tutti venissero salvati?
Abbiamo anche detto che Dio è
un Dio universale e ci sembrava
che Gesù fosse in contraddizione
con questo perché appariva sempre schierato dalla parte degli
oppressi, ma ragionando abbiamo concluso che non è vero, infatti Gesù aiuta tutti in modo
diverso, perché non tutti sono
uguali. Agli oppressi ha dato la
speranza, agli oppressori la consapevolezza dei loro errori.
Siamo passati poi a parlare
del Regno di Dio. Alcuni hanno
cercato di paragonare un possibile regno socialista col Regno di
Dio. Secondo noi il Regno di Dio
non sarà mai il socialismo, perché questo è creato dall’uomo. Il
socialismo non sarà mai in grado di accontentare ogni individuo dal punto di vista morale,
intellettuale ecc. Per appartene
PEROSA ARGENTINA
Meiitin SEilastica, uguale pur tutd
Il Consiglio del Distretto scolastico di Perosa Argentina si è
riunito per la terza volta dalla
sua istituzione, il 7 luglio.
Sono state approvate varie
proposte (inviare ai Comuni e
alle scuole un questionario per
la raccolta di dati, chiedere un
corso per l’aggiornamento degli
insegnanti elementari, esprimere
un parere sulla sperimentazione
nella Scuola media di Perosa per
l’anno prossimo) senza troppe
discussioni.
Più vivaci, invece, le polemiche
quando si è parlato di medicina
scolastica. È stato criticato il servizio svolto dalla Comunità Montana, mentre a quanto sembra le
scuole materne private avrebbero avuto un trattamento meraviglioso da parte della loro équipe privata. Ma per l’anno prossimo sorge un problema: la Regione, che fino ad ora inviava i
contributi direttamente alle scuole, li passa invece ai Comuni, i
quali a loro volta possono delegare la Comunità Montana. Quindi, se i Comuni di Perrero, Penosa e Fenestrelle daranno questa
delega, le scuole private avranno
lo stesso servizio delle altre,
svolto per di più dalla stessa
équipe delle scuole statali. Perciò si è proposto di chiedere alla
Comunità Montana un impegno
maggiore per la scuola materna
nella sua globalità, naturalmente, e anche per i bambini della
stessa fascia di età che per ragioni varie non la frequentano.
È da notare, tuttavia, che il
servizio di una bravura eccezionale svolto daH’équipe delle scuole private riguardava sì e no duecento bambini tutti della stessa
età e che lo stesso orientamento
dei genitori che inviano i loro
figli ad una scuola privata non
permette una grande varietà di
opinioni. Con la stessa disponibilità di operatori, la Comunità
Montana deve provvedere ad oltre duemila scolari di ogni tipo
di scuola e su tutto il territorio.
C’è molto da dubitare, perciò.
che le scuole private riescano ad
avere il trattamento a cui erano abituate e che si accontentino senza brontolare di quello
che hanno anche le altre. Tra un
anno lo si potrà verificare.
L. V.
SAN GERMANO CHISONE
re al Regno di Dio l’uomo deve
essere cambiato, deve essere
cambiato da Dio.
Per fare la « Nuova Gerusalemme » abbiamo bisogno di un nuovo intervento di Gesù. Ma l’uomo pur raggiungendo forse la
perfezione non sarà mai uguale
a Dio. L’uomo secondo noi anche se perfetto dovrà sempre lavorare e morire. Il regno di Dio
nella Bibbia è sempre dato in
esempi. È Dio che ci dà la forza
di creare; il regno dunque sarà
un suo dono. Dio ha inviato Gesù
per indicarci che via seguire per
raggiungere il Regno. Vediamo
dunque il Regno dei cieli come
il raggiungimento sulla terra di
un mondo perfetto creato con
l’aiuto di Dio ma anche grazie
alla partecipazione dell’ uomo.
L’uomo non è un burattino nelle
mani di Dio.
Tengo a precisare che quanto
detto sopra non è la visione e le
conclusioni di tutto il campo ma
solo quelle di un gruppo. Queste
conclusioni anzi sono contestate
da altri, dagli atei e che nello
stesso gruppo ci sono piccole
contrapposizioni. Gli altri gruppi
hanno impostato diversamente
il lavoro ed hanno ottenuto altri
risultati. Il campo ha ottenuto
delle risposte ad alcune domande, non a tutte ed ha trovato anche dei nuovi perché. Tutto sommato questo è servito alla maggior parte anche per il semplice
fatto di aver cominciato a prendere atto di certi problemi.
A questo lavoro di studio sono stati affiancati due film di
Bergmann che c’entravano in
qualche modo con il tema del
campo: « il 7° sigillo » e « il posto delle fragole », e due rappresentazioni musicali. Inoltre ci
sono state presentate alcune diapositive della Val Germanasca.
Il lavoro che svolge Agape è
questo. È un impegno da parte
di tutti a ragionare, almeno per
un periodo, sui problemi che la
nostra vita ci pone.
Giuliana Mazzetta
Musica in piazza Un doppione inutile
■ Ber. Sig. Direttore.
Il « folk-revival » musicale o,
in parole più semplici, le vecchie
canzoni e i balli dei nostri bisnonni riesumati e riadattati in
chiave moderna, continuano ad
avere successo. E non soltanto
tra le persone anziane, a cui
quelle musiche e quei ritmi fanno ricordare i vecchi tempi, ma
anche tra i giovani, anzi giovanissimi ohe non ricordano niente ma si divertono ugualmente
moltissimo.
A S. Germano, davanti alla sala valdese, un pubblico numeroso e paziente (lo sipettacolo è
incominciato con un’ora di ritardo) ha applaudito due complessini musicali, uno italiano e
uno francese che hanno suonato
e cantato motivi popolari raccolti nelle valli del Cuneese e
nelle campagne delTAuvergne e
del Limousin.
Interessante e ben eseguito il
repertorio dei giovani piemontesi, più variato e spettacolare
quello del gruppo « Le Grand
Rouge » di Lione; tutti esperti
nel suonare vari strumenti, tra
cui l’immancabile ghironda.
La « courento » e la « bouréo »
hanno ancora un avvenire come
ballabili? Forse sì, se è vero che
gli autonomisti occitani adoperano la musica popolare come
manifesto politico. Ma il rischio
è che non si riesca ad uscire da
uno schema ripetitivo e a lungo
andare monotono. La musica popolare di oggi più che riesumata
deve essere reinventata.
ANGROGNA
Nei locali della Foresteria di
Pradeltorno si è svolta, martedì 18, una simpatica serata con
alcuni membri del Concistoro
per salutare e ringraziare il
gruppo di giovani basilesi accompagnati dal dott. Zielmann
che hanno compiuto alcuni lavori di restauro per la nostra
chiesa. In particolare, su indicazione del dott. Guido Ribet —
presidente della Commissione
luoghi storici — i giovani di Basilea hanno riordinato i locali e
l’accesso antistante del « Coulege dei Barbi » ; lavoro già svolto, da anni, dal nostro fratello
Giuseppe Agli.
Egr. Sig. Direttore,
tempo addietro, quando si era chiuso l’asilo valdese di Torre Pellice, mi
era stato spiegato che ormai la sua
funzione era finita. Per tanto tempo,
era stato un servizio che la chiesa offriva, quando non esisteva la scuola
materna statale. Ora io mi chiedo: se
i nostri figli, frequentano la scuola
elementare statale, perché sussiste ancora una scuola media valdese? Quando anche questo, servizio ci viene offerto dallo Stato.
Se la chiesa considera un servizio
finito rasilo, perché non la scuola
media?
Perché non trasformarla in un liceo linguistico, ad esempio, che ha
molti sbocchi professionali, oppure in
un istituto magistrale o corsi di perfezionamento, che seguono la scuola
media, ecc... ci sono tante possibilità
di rendere il servizio ed avere ragione
d’essere e i nostri figli avrebbero una
possibilità di studio in più.
Cordialmente
Nella Arossa, Torre Pellice
■ Hanno collaborato a questo
numero: Peggy Bertolino,
Dino Ciesch, Bruno Costabel,
Franco Davite, Giuliana Failla, Dino Gardiol, Luigi Marchetti, Aldo Rutigliano, Gabriella Titta, Giorgio Tourn.
7
21 luglio 1978
CRONACA DELLE VALLI
RIFLESSIONI DI UN GRUPPO DI CATECUMENI DI S. GERMANO
Chiamati a seguire
i’esempio di Gesù
Nel clima di disagio, di confusione e soprattutto di odio culminante in continui atti di violenza in cui è immerso il mondo intero in generale ed in particolare il nostro paese, anche la
Chiesa Valdese, come tutte le
altre chiese del resto, inevitabilmente respira l’aria di tensione
e di disorientamento che caratterizza questa nostra epoca. In
tale atmosfera non sempre purtroppo essa sa riflettere la luce
di Cristo ; infatti vi aleggia con
una certa insistenza lo spirito
di polemica che non è sicuramente alla gloria di Dio. In una
simile situazione, che certo può
essere superata se tutti quanti,
giovani e meno giovani, pastori
e laici, impegnati e disimpegnati, di destra e di sinistra, sapremo semplicemente ed umilmente porci in ascolto davanti alla
Parola di Dio riconoscendo e
confessando Cristo come unico
nostro Signore, pare molto significativo quanto è stato scritto dai catecumeni di II anno di
S. Germano ; le loro riflessioni,
come già è stato scritto su queste colonne, sono state presentate alla comunità nel corso del
culto della domenica 23 aprile;
le espressioni dei ragazzi, genuine e profonde nella loro semplicità e spontaneità, sono state
un vero messaggio per la comunità e come tale ne proponiamo
i punti più significativi all’attenzione dei lettori de « L’EcoLuce ».
Giorgina Giacone
— Gesù sapeva che Pietro lo
avrebbe rinnegato, che Giuda lo
avrebbe tradito e venduto, che
i discepoli lo avrebbero lasciato
solo nell’ora della sofferenza :
ciononostante compie un gesto
di umiltà, di amore e di perdono. Se portassimo quel gesto
nella nostra società, quaU sarebbero le conseguenze?
— Se portassimo un gesto di
questo genere nella nostra società di oggi saremmo derisi da
tutti perché non capirebbero il
vero significato. Però, bisognerebbe provare perché non si può
essere certi di quanto affermato sopra: la nostra società potrebbe anche approvarlo.
Se nella nostra società si verificassero atti come quello compiuto da Gesù, essa sarebbe radicalmente diversa da quello
che è: ci sarebbe un mondo migliore, più giusto e con più amore, un mondo nel quale si metterebbe in pratica l’insegnamento di Gesù di perdonare fino a
70 volte 7. Però non sono sicuro che un gesto del genere possa verificarsi nella nostra società egoistica e consumistica. Sarebbe comunque molto diffìcile
di portare il gesto di Gesù nel
nostro mondo odierno. Però,
proprio perché è diffìcile, tale
gesto — non compreso da molti
— sarebbe voluto da coloro che
hanno fede in Cristo. Questo
non è un discorso da non credente ma riflette solo la paure
che non si possa attuare questo
gesto e la certezza che solo chi
ha fede lo può attuare. Gesù,
venendo nel mondo, ha espiato
il peccato degli uomini, ma noi
dimentichiamo la sua venuta.
Invece, le conseguenze nella
nostra società sarebbero profonde se, con l’aiuto di Dio, gli
uomini capissero che l’azione di
Gesù è la risposta a questo
mondo di sofferenza e di violenza. Oggi, se uno riceve male
pensa a rendere male. Con quel
gesto di perdono non si penserebbe a « rendere » e il male non
regnerebbe più incontrastato.
— Per avere una comunità vivente e una società giusta, pensi che bastino buone leggi e buoni governanti?
— Buone leggi e buoni governanti possono essere utili per
un buono Stato, intesi come
’Sorveglianti’ di un qualsiasi popolo. Per la riuscita di una buona comunità di credenti, questi
ingredienti che sono quasi soltanto burocratici non bastano.
Sono indispensabili l’amore, il
perdono, la vigilanza, una gran
de fede e una gran voglia di
perdonare il prossimo. La migliore comunità è il Regno dei
cieli.
Se invece nel nostro cuore abbiamo solo odio e non amore,
si continuerà a far male anche
con leggi giuste. Gesù non è venuto per portare buone leggi e
buoni governanti ma per portarci amore, amore che ci ha
dimostrato salvandoci dal peccato a prezzo della sua vita. Ci
vuole perciò una fede che imprigioni benevolmente nove miliardi di persone del nostro pianeta.
— Quando la società fosse
giusta, tutti avessero lavoro e
benessere, pensi che tale società
vivrebbe nell’esempio di « lavare i piedi » oppure non le importerebbe nulla di Dio? Voleva questo Gesù?
—• Anche se avessimo tutto,
lavoro e benessere, avremmo
sempre bisogno di Dio per la
vita che conduciamo tutti i giorni. In certe società «giuste» è
possibile che si dimentichi Dio
e Gesù non voleva questo. Quando si ha tutto quello che si vuole probabilmente non si pensa
più al Signore perché si ha la
ricchezza, i soldi, i cibi prelibati. Tuttavia, anche in questo caso, si può ugualmente riuscire
a pensare a Dio. Se c’è una persona che ha tanti soldi e riesce
a pensare a Dio è una persona
che ha fede.
Con ogni probabilità, se tutti
avessero lavoro e benessere ci
sarebbero due correnti contrarie: gli uni sarebbero favorevoli a Dio per ringraziarlo dell’opera fatta; gli altri non penserebbero più neanche alla Chiesa, come persone povere di spirito.
Gesù voleva che tutti stessimo
bene ma, come cosa principale,
che fossimo fedeli a lui.
Torre Pellice - Convocazioni
CORPO PASTORALE
Ricordiamo che il Corpo pastorale valdese e metodista è convocato per sabato 29 luglio ore 9 nella Sala sinodale. Ordine del giorno: 1) Esame di fede del candidato Antonio Adamo; 2) Esame della
traduzione del N.i:. interconfessionale; 3) Relazione della Commissione mista sulla liturgia; 4) Chiese del Rio de la Piata (quesiti posti al CP). Ore 15, tempio del Ciabas: sermone di prova del candidato A. Adamo. I membri delle chiese valdesi e metodiste sono invitati a partecipare sia all’esame di fede che al culto.
SINODO VALDESE - CONFERENZA METODISTA
Il Sinodo Valdese è convocato per domenica 30 luglio. Ore 15
ritrovo nell’aula sinodale della Casa valdese dei membri del Sinodo
Valdese e della Conferenza Metodista. Ore 15.30: Culto nel Tempio
di Torre Pellice tenuto dai pastori Valdo Benecchi e Gino Conte.
L’assemblea procederà alla prevista consacrazione al ministero pastorale del candidato Antonio Adamo. Tutta l’assemblea è invitata
a partecipare all’imposizione delle mani.
La sessione plenaria della Conferenza Metodista è convocata
nell aula magna del Collegio Valdese alle ore 21 di domenica 39 luglio.
VILLASECCA
• La comunità ha vissuto ancora una volta momenti di intensa gioia cristiana in occasione del battesimo di Cinzia Poet
di Ermanno e Rosanna Banus.
Preghiamo il Signore perché sia
con questi genitori nel mantenimento della loro responsabilità
di educatori credenti.
• Siamo grati al pastore emerito Lamy Coisson per aver presieduto un culto domenicale in
sostituzione del pastore titolare
impegnato altrove per motivi di
lavoro.
• Sabato 15 u.s. abbiamo avuto la gradita visita di un gruppo di fratelli provenienti da alcune comunità di Dublino (repubblica d'Irlanda) guidati dal
past. Jlwynne e signora. Alcuni
anni fa i pastori Jlwynne e Rutigliano, accompagnati dalle relative famiglie, operarono uno
scambio di pulpito per due mesi
estivi quando erano rispettivamente pastori a Belfast e a Rorà.
• Domenica 23 corrente alle
ore 15 avrà luogo la riunione
quartierale alla Selletta con la
partecipazione della corale.
• Rendiamo attenti tutti gli
interessati che la riunione alla
Rivoira superiore, normalmente
fissata per l’ultima domenica di
luglio, è stata rinviata a domenica 3 settembre alle ore 14,30.
SAN SECONDO
• Laura Pons (Bolle) e Giorgio Poet (Torre Pellice) si sono
uniti in matrimonio nel nostro
tempio sabato 8 luglio. Agli sposi che si stabiliscono ai Chiotti
di Torre Pellice rinnoviamo il
nostro augurio affettuoso.
• Domenica 9 è stato battezzato Davide Paschetto, primogenito di Delio e di Iris Rivoiro
(Mounera). Il Signore benedica
questo bimbo e la sua famiglia
• Ci rallegriamo con la famiglia di Silvano Pornerone (Miradolo) per la nascita della loro
secondogenita Sonia.
CORPUS DOMINI
LA CHIESA: suoi valori eterni
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TORRE PELLICE
• Tre famiglie della nostra comunità sono state colpite dal
lutto nel corso delle ultime settimane con la morte di Daniele
Michelin-Salomon, di Guido Malan e Giovanni Ribet. I numerosi fratelii che hanno circondato le famiglie in occasione del
funerale hanno mostrato la profonda simpatia e solidarietà di
cui erano circondati nell’ora
della prova. Chi intende manifestare la propria solidarietà alla famiglia Malan con un aiuto
può rivolgersi alla sig.ra Elena
Avondetto al Municipio o ai pastori.
Etel fratello Giovanni Ribet,
anziano per molti anni del Concistoro, ricorderemo lo spirito
attivo e disponibile con cui ha
vissuto il suo impegno di servizio; ia sua figura gioviale e
piena di vitalità ha accompagnato per molti anni i nostri incontri, le nostre assemblee, i
nostri culti e la sua scomparsa
lascia un grande vuoto che non
è solo quello di un fratello singolo ma di una generazione che
ha vissuto con profondo impegno la sua fede e si è identificata con la vita della chiesa,
una generazione che non è sostituita.
• Domenica 2 luglio è stato
presentato al battesimo il piccolo Luca Giordan; il Signore
gli dia di crescere nella conoscenza dell’Evangelo e nella fede.
• Abbiamo accolto nel corso
delle ultime domeniche un gruppo di fratelli tedeschi ed irlandesi al nostro culto, i primi hanno accompagnato il culto con
uno sperimentato complesso di
trombe.
• Ringraziamo il past. G. Scuderi di Roma che ha presieduto
il nostro culto del 9; domenica
23 il culto sarà presieduto dal
Moderatore Sbaffi.
Venerdì 21 c. m., alle
ore 20.45, nei locali della
Sala Unionista il pastore
Ernesto Ayassot introdurrà un dibattito sul tema:
LA SINDONE
DI TORINO,
UNA PROVA
PER LA FEDE
CRISTIANA?
Tutti sono cordialmente
invitati a partecipare rivolgendo l’invito ad amici
e conoscenti.
POMARETTO
• Domenica 16 luglio ha avuto
luogo la prima deile riunioni
estive all’aperto quella di Combavilla. Abbiamo salutato con
gioia il past. olandese Lekkerkerker e famiglia, ospiti presso
il Convitto di Pomaretto.
• Le altre riunioni avranno
luogo : domenica 23 luglio al
Faure ; domenica 6 agosto al
Colle delle Fontane (per tutte
le comunità del Circuito); domenica 13 agosto al Clot4Boulard e domenica 27 agosto agli
Eiciassie (assieme alla comunità di Villasecca). Tutte le riunioni hanno luogo al pomeriggio alle 14,30.
• Ci sono ancora alcuni posti
disponibili per ia gita alle Cevenne del 1-4 settembre. Il costo è confermato in L. 15.000
per il viaggio e Fr. Pr. 150 per
vitto, alloggio e visita dei musei.
• Domenica 9 luglio si sono
svolti a Perosa i funerali di Talmon Giovanni Augusto, mercoledì, 12 a Pomaretto quelli di
Genre Lina ved. Gaydou. e martedì 18, a Pinasca, quello di
Charrier Primo del Chianavasso
di Inverso Pinasca, deceduto in
seguito alle ferite riportate dalla caduta del tetto di casa sua
che stava riparando.
Che la luce dell’Evangelo possa essere la forza e la consplazione delle famiglie colpite dal
lutto.
Doni per l’Asilo
di Luserna S. Giovanni
Doni pervenuti nel mese di giugno V8
L. 580.382: Arthur Andersen e CoFondation, a mezzo Ricca Bruno.
L. 500.000: Yolanda Rivoiro Pellegrini con infinite grazie per tutte le cure
prestate al mio caro papà, Francesco
Villa.
L. 300.000: in mem. di Odin Rachele, la sorella, la cugina ed i nipoti.
L. 269.000: Comitato di Zurigo.
L. 200.000: in mem. di Luigi Martinat
la moglie e i figli.
L. 108.695: Unione Femminile Chiesa di Lingua Italiana di Zurigo.
L. 100.000: N.N., in mem. del cav.
Villa Francesco; in mem. dì Francesco
Villa, il figlio (Roma).
L. 90.000: In memoria della sig.ra
Irene Kovach di Milano, alcuni inquilini
della casa.
L. 75.000: Chollet Pierre e Choeur
paroissial Grandes Roches, Morges.
L. 5Q).000: Coucourde Giulio, in ricordo dei suoi cari (Pinerolo). In mem. di
Luisa Pontet, la famìglia ; in mem. di
Luigi Martinat, la cognata Elsa ; idem,
la nipote Rina (Imperia).
L. 40.000: Gönnet Giuseppe, In memoria dello zio Francesco Villa e della
zia Gönnet Paolina; Ida Gandini Rostagno. In mem. della cara amica Irene
Collins Kovach (Mi).
L. 30.000; Comba Elsa ved. Condola,
in mem. del marito.
L. 27.500: Il personale di casa Carnerana, ricordando il sig. Martinat Luigi.
L. 25.000: Beux Tullio e Alda, in memoria di Orazio, Dina ed Emanuele
Beux ; Beux Tullio e Alda, in memoria
dì Emilia Bertalot, di Enrico Favout e di
Alexis Marcel (T.P.); Pons Liliana, in
mem. di Luisa Pons Pontet (Sanremo).
L. 20.000 : Germana e Roberto Jouvenal, in occasione confermazione nipote
Marco Jouvenal (To); Silvia e Renata
Bounous, in mem. di Luigi Martinat;
Heléne Renò Blanc Bonnet, in mem. di
Rachel Bertìnat Audisìo (Losanna); Livio e Dina Gobello, in mem. di Francesco Villa; famiglie Mirabile - Pons ;
Martinat Monica, in mem. del nonno
Luigi Martinat; Ida e Teofilo Pons, ìn
mem. di Luisa Pons Pontet.
L. 15.000: Stefano e Marianna Gönnet, in mem. dello zìo cav. Villa (B.P.).
Grazie!
(continua)
AVVISI ECONOMICI
TRASLOCHI e trasporti per qualsiasi destinazione, preventivi a ricliiesta : Sala Giulio, via Belfiore, 85
Nichelino, tei. (Oli) 62.70.463.
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pagamento: opere di Pietro Taglialatela, Via Verbicaro, n. 5 - 00040
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privato da privato Dott. Venturi, Via
Coppieri-Chabriols 42, Torre Pellice, Tel. 0121/91387.
RINGRAZIAMENTO
« UEterno ti richiama... con
immensa compassione io ti
raccoglierò » (Isaia 54: 6-8)
Il 30 giugno è mancato x
Luigi Postati
di anni 84
oriundo di PraliGhigo, residente a
Villar Perosa. La sorella Lidia col
marito Pietro Merignac e nipoti (residenti a Parigi), nel dame Pannunzio
esprìmono la loro riconoscenza a quanti gli sono stati di aiuto. In modo particolare ringraziano i vicini di casa
famiglia Pascal, la sig.ra Libralon,
rinfermiera Elda Rivoira e la cugina Maria Bounous.
Prali, 7 luglio 1978
RINGRAZIAMENTO
(c Io resto del continuo con te:
tu m^hai preso per la man destra: tu mi condurrai col tuo
consiglio, e poi mi riceverai
nella tua gloria »
(Salmo 73: 23-24)
Il Signore ha richiamato a sé
Giovanni Ribet
di anni 76
La famiglia, addolorata per la separazione ma profondamente riconoscente a Dio per ciò che è stato il suo
esempio di vita, sempre attiva e al servìzio degli altri, ringrazia il dott. Gardìol. Suor Dina Constantin, i medici
e il personale delPOspedale Evangelico
dì Torino per le assidue cure prestate,
i pastori Tourn e Adamo per il fraterno affetto dimostralo.
Torre Pellice, 16 luglio 1978
8
8
21 luglio 1978
PROBLEMASCUOLA
Genitori e scuoia; storia
di una frustrazione
Col D.P.R. 416 del 31/5/1974 si
legalizzavano quei comitati scuola/famiglia sperimentali che in
una minoranza di scuole italiane avevano cercato di instaurare, pur fra mille ostacoli, un rapporto diverso fra i cittadini ed
il secolare « tempio » della cultura; nascevano gli « organi collegiali di governo della scuola »
che teoricamente e nelle aspirazioni di molti avrebbero dovuto
essere la causa prima di un auspicato rinnovamento della
scuola.
Immediatamente migliaia di
genitori iscritti o simpatizzanti
dei partiti di sinistra riproponevano fra le mura scolastiche finalmente aperte, quei dibattiti,
quelle riunioni cui erano abituati nelle sezioni; con le dovute
eccezioni si può quindi affermare che la spinta all’associazionismo l’hanno data generalmente
quei cittadini socialmente, politicamente e culturalmente già
ONU e disarmo
(segue da pag. 1)
La responsabilità
di chiese e credenti
In questo drammatico contesto, le Chiese, come « organizzazioni internazionali », non debbono perdere alcuna occasione «ufficiale » per denunciare la situazione di spaventosa insicurezza
a livello mondiale.
Dell’intervento del pastore
Potter a nome del Consiglio ecumenico delle Chiese, già si è
detto. Anche Paolo VI, con un
messaggio forse più deciso di altre volte ha parlato di « scandalo intollerabile » e ha detto che
« occorre avere il coraggio di
affrontare un cambiamento radicale ».
È davvero angoscioso il pensiero che tante parole, tanti concetti usciti dal cuore e dalla
mente di persone che hanno
grandi responsabilità e che dovrebbero avere altrettanto séguito, cadano su un terreno sterile. E allora occorre che oltre
alle Chiese « ufficiali » siano tutti i credenti — come singole
persone — ad impegnarsi a fondo —, sia pure in mezzo a mille incomprensioni, difficoltà e
pericoli — per cercare di far
cambiare la mentalità di dominio e di sopraffazione più che
mai diffuse.
Finché allo spirito di potenza
non si sostituirà quello di amore, finché al desiderio di supremazia non si sostituirà quello
di collaborazione e di giustizia
internazionale, i diecimila kg.
di tritolo « pro capite » saranno
sempre pronti a distruggere
quel mondo che ci era stato affidato perché lo custodissimo e
lo mantenessimo degno del suo
Creatore Roberto Peyrot
Comitato di Redazione ; Bruno Bellion. Giuliana Gandolfo Pascal, Marcella Gay, Ermanno Genre, Giuseppe Platone, Paolo Ricca, Fulvio Rocco, Sergio Rostagno, Roberto SbaflFl,
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Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175,
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
impegnati, sollecitando gli « altri » a partecipare, ad entrare in
modo diverso nella scuola. È
bastato però qualche incontro,
qualche assemblea, qualche riunione per distinguere nettamente due posizioni fra i genitori:
la posizione progressista, democratica (racchiudendo questo
termine tutto quanto di nuovo,
di antifascista, di costituzionale,
di nuovi sbocchi culturali, di
abolizione di vecchi dogmi e
schematismi) e quella conservatrice e spesso reazionaria. Si arrivava così alle prime elezioni
con dqe o più liste di candidati
chiaramente caratterizzate per
ogni scuola: le «liste n. 1» (quasi
tutte di sinistra per origini naturali e per tradizioni elettorali ormai trentennali) con programmi avanzati e di nuova impostazione, e le altre variamente
mascherate con programmi « esca » ma tutte di chiara provenienza parrocchiale; le associazioni fra genitori si stabilizzavano quindi su due opposti fronti.
L’alta percentuale di votanti alle elezioni dimostrava il grande
interesse per milioni di cittadini
ai problemi della scuola e la volontà di partecipare in qualche
cosa che li toccava da vicino, ma
in quel preciso momento si verificava lo scollamento fra i cittadini che con la loro partecipazione di massa chiaramente esprimevano l’urgenza di nuove
realtà e i partiti che, negativamente ammaestrati da trent’anni di leggi fatte e mai applicate,
erano incapaci di fare proprie
le istanze che venivano dal paese. Mentre nelle sinistre si plaudeva alla maturità ed al senso
di responsabilità degli italiani
ecc., nella democrazia cristiana
e nei suoi alleati ci si preoccupava invece di continuare la tradizione di evadere la legge o
quantomeno renderne difficile la
sua applicazione e soprattutto
tradirne lo spirito. Infatti nelle
riunioni dei consigli appena costituiti e sui cui membri pesava la diversa concezione ideologica, una era la parola d’ordine
emanata dalle parrocchie, boicottaggio ad oltranza a qualsiasi
proposta che venisse da uno
qualsiasi degli eletti nelle liste
n. 1.
Tre anni di frustrazioni, migliaia di ore di riunioni su argomenti ? delibere irrilevanti, nulla di concreto, nulla dei conteriuti dei programmi di lista realizzato, portavano al risultato
ampiamente scontato del calo
progressivo della partecipazione
dei genitori; la funzione degli
organi collegiali di governo della scuola era stata completamente stravolta e veniva meno la
credibilità degli stessi organi
collegiali; al di fuori di essi però le varie associazioni democratiche (fra le quali per citarne
almeno due, il COGIDAS e il
CGD) si muovevano anche a livello nazionale e qualcosa riuscivano ad ottenere: la pubblicità delle sedute ad esempio, la
scuola come centro culturale ed
operativo del territorio ecc.
Alla fine del 1977 al momento
del rinnovo degli organi con durata triennale e le elezioni per gli
altri due organi collegiali: il consiglio distrettuale e quello provinciale, mentre dal lato dei partiti di sinistra che accusavano
un enorme ritardo nella comprensione di quel fenomeno di
massa si continuava a non recepirlo come problema politico
e quindi a nori farsene portavoce, da parte clericale si lavorava
attraverso «nuove» forme di associazionismo specialmente giovanile (comunione e liberazione,
famiglia-scuola e società, movimenti vari ma sempre di ispirazione cattolica) a portare avanti
il vecchio discorso del no alla
politica nelle scuole, il nuovo
discorso del pluralismo delle
istituzioni scolastiche e via via
tutta la paccottiglia della solita
sotto-cultura cattolica. Il risultato non andava molto al di là
dei risultati precedenti. Anche
nei nuovi organi collegiali appena istituiti, è entrata la frustrazione e l’incapacità unita all’impossibilità di operare in termini
di rinnovamento.
r
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
j
In Libano la tragedia continua
Situazione estremamente
fluida e confusa nella piccola e
disgraziata repubblica che veniva, un tempo, chiamata la «Svizzera del M, Oriente ». Una catena di sofferenze che, interrotta
da tregue brevi di pochi mesi,
sembra non aver fine.
Facciamo il punto sulla situazione a tutt’oggi, con tutto il riserbo richiesto dalle immense
difficoltà di valutazione e dalla
previsione di probabili cambiamenti (ma in che direzione?)
nelle settimane a venire.
Dall’epoca della guerra civile in
poi (guerra che imperversò nel
Libano negli anni scorsi), « la
maggioranza dei dirigenti cristiani hanno, in realtà, condotto,
sempre e di nuovo, una politica
disastrosa. Ed è di questa politica che essi raccolgono oggi i
frutti (...). Infatti:
1) Invece di appoggiare il
presidente Sarkis nel suo faticoso compito di riorganizzazione,
falangisti e membri del partito
nazionale libanese di Chamoun
hanno preferito, per fini inconfessati e inconfessabili fra cui
forse anche quello della spartizione del paese, edificare uno
Stato all’interno dello Stato.
2) Con questo loro comportamento ed anche in altri modi,
quei dirigenti hanno indebolito,
di fronte alle autorità siriane
d’occupazione, la posizione del
governo di Beirut, che solo dispone di un titolo di legittimità
e degli appoggi internazionali.
Senza siffatti appoggi, non v’è
nessuna speranza di togliere, dal
paese, la tutela di Damasco.
3) Privando Sarkis di uno
dei suoi rari privilegi (si ricordi che, a norma del trattato interarabo di Ryad e del Cairo,
autunno 1976, Sarkis, capo dello
Stato Libanese, è anche paradossalmente il capo supremo delle
truppe siriane d’occupazione!),
reparti armati cristiani sono
riusciti a introdurre elementi
sobillatori nell’esercito libanese,
nella sua fase di riformazione e
riorganizzazione.
4) Infine i falangisti e il P.
N.L. ( = Partito Nazionale Libanese) hanno accettato che la collusione d’interessi fra i cristiani
del Sud e gl’israeliani, prendesse
l’aspetto d’una vera e propria
alleanza fra i cristiani libanesi e
Gerusalemme. Con questo loro
comportamento essi si son tagliati i ponti che li collegavano
al mondo arabo: e il mondo a
rabo mentre Beirut è sotto le
bombe siriane si preoccupa così piuttosto dello Yemen. (...)
Ancora una volta il Libano offre uno spettacolo orrendo. La
"forza di dissuasione", cosiddetta "araba", ma in realtà siriana,
ha condotto, senza discriminazione né pietà, un bombardamento massiccio dei quartieri
cristiani di Beirut, bombardamento che, in sei giorni, avrebbe fatto quasi duecento morti ».
Lo scopo dei siriani, e forse
di tutto il mondo arabo, è quello d’impadronirsi di fatto (se
non formalmente) e totalmente
del paese. « Ma l’odiosità di quest’operazione è accresciuta dal
fatto che le truppe di Damasco
sono ufficialmente nel Libano
per ristabilirvi e mantenervi la
pace civile » (visto che a questo
non riesce il governo di Sarkis).
« Dal punto di vista morale,
non è possibile, in alcun modo,
giustificare la nretodologia scelta da Damasco per tenere al posto suo il partito delle Falangi:
si tratta di una delle tante "prodezze della Real-politik" che caratterizzano il nostro secolo.
Eppure sono anche troppe,
ahimè!, le spiegazioni sul capovolgimento della politica siriana! Si ricordi che la Siria, due
anni fa era riuscita ad evitare di
giusta misura, col suo intervento, la disfatta delle milizie cristiane che calorosamente ne avevano accolto l’esercito. Oggi proprio questo esercito è diventato
il nemico, del quale Chamoun e
Gemayel esigono il ritiro ».
Ma è sicuro che i Siriani siano veramente decisi a schiacciare i cristiani del Libano? Noi
non lo sappiamo. Sappiamo soltanto, e sono le notizie degli ultimi giorni, che Sarkis ha dato
le dimissioni da presidente della Repubblica, dimissioni d’altronde, per il momento, congelate.
Sappiamo anche che Israele è
intervenuta con un preciso monito, sorvolando Beirut coi suoi
aerei a bassa quota. Conseguentemente la battaglia di Beirut si
è arrestata.
Sarebbe importante ,per una
meno incerta valutazione della
situazione, sapere se l’intervento israeliano sia stato richiesto
dagli stessi cristiani libanesi. La
cosa sarebbe particolarmente
grave e potrebbe avere ripercussioni funeste, nel Libano stesso
e in tutto il M. Oriente.
-Le citazioni sono tratte dall’articolo di testa de « Le Monde » del 7.7.1978).
________UN APPELLO DAL SUDAFRICA
Città-rifugio in pericolo
« Il 30 luglio le nostre chiese
sudafricane terranno un giorno
nazionale di preghiera per Crossroads. Chiediamo che altre chiese in tutto il mondo preghino e
siano con noi in quel giorno ».
Con queste parole le donne della
comunità civile di Crossroads
lanciano un appello per opporsi
alla distruzione della comunità
in cui vivono, Tultima comunità
civile abusiva della zona del
Capo.
Le Comunità civili abusive si
sono sviluppate nelle aree urbane del Sud Africa perché gli uomini che si recano in città per
lavoro non sono autorizzati a
portare le famiglie con loro. Le
famiglie che non sono disposte
ad accettare la negazione della
loro realtà familiare che separa
i mariti dalle mogli e i genitori
dai figli, hanno sviluppato comunità civili abusive dove pos
sono vivere insieme malgrado
provocazioni e vessazioni.
« Crossroads — informa l’appello che giunge dal Sud Africa tramite il Comitato internazionale per la Giornata mondiale di preghiera — è una comunità abusiva di 20.000 africani.
È l’ultima comunità abusiva negra di vaste proporzioni rimasta
nell’area di Città del Capo, dove
diverse altre sono state distrutte durante Tanno scorso. Il governo ha manifestato la sua intenzione di demolire Crossroads
entro la fine dell’anno. La gente
non vede possibili alternative alla propria attuale organizzazione
spontanea mediante la quale negli ultimi 3 anni ha sviluppato
una comunità civile stabile, senza criminalità, con il proprio servizio d’ordine, completa di negozi, centro comunitario e scuola ».
E noi genitori protestanti come ci siamo inseriti in questi
discorsi, quali sono state le nostre posizioni, quali le nostre
battaglie, e per quale tipo di
scuola se ^ lo abbiamo fatto, ci
siamo battuti?
Sare’obe interessante contarci
e scambiarci opinioni ed esperienze attraverso la rubrica di
questo giornale.
Sergio Bertollini
Amore e libertà
(segue da pag. 1)
La libertà ci conduce dunque
ad una nuova obbedienza, ma
obbedienza alla legge di Cristo,
che è la legge dell’amore, legge
interiore, scritta nelle nostre
menti e nei nostri cuori.
L’obbedienza a Cristo nell’amore non risponde a un « devi! »
ma è diventata un « voglio »!
Libero e schiavo nello stesso
tempo in obbedienza alla legge
dell’amore il cristiano dovrà saper discernere di volta in volta
come comportarsi. « Posso fare
tutto quello che voglio, è vero —
dice l’apostolo Paolo — ma non
tutto è utile. Si può fare tutto
quel che si vuole, ma non tutto
serve al bene della comunità.
Non tormentatevi per motivi di
coscienza» (I Corinzi 10: 22-32).
L’apostolo Paolo dice questo riguardo a un problema legato a
quel momento storico: se mangiare o no la carne sacrificata
agli idoli.
Ma oggi si potrebbero ripetere
le stesse parole a proposito della legge sull’aborto: « Perché —
dice l’apostolo Paolo — la coscienza di un altro deve limitare la mia libertà? » (I Corinzi 10: 29).
La libertà di vivere ed applicare nel concreto — caso per caso, giorno per giorno, situazione
per situazione — la legge interiore dell’amore?
(Culto radiotrasmesso)
Dibattito: aborto
(segue da pag. 4)
realmente operante e batterci
perché diventi inutile ».
La maturazione
delle nostre chiese
Resta il fatto che le motivazioni evangeliche che stanno alla
base dell’accettazione di principio della legge 194 non sono
emerse esplicitamente nella deliberazione del Concistoro di Torino.
Questo fatto è senza dubbio negativo ed è conseguenza dei ritardi con cui ispesso noi evangelici ci muoviamo rispetto ai problemi etici che emergono dalla
società in cui viviamo. Ma questi ritardi non possono diventare
coperture di responsabilità non
assunte.
D’altra parte il fatto che nessuna assemblea della nostra chiesa abbia espresso in modo teologicamente articolato le motivazioni evangeliche dell’accettazione di una legge sulTinterruzione
volontaria della gravidanza non
significa che queste motivazioni
non esistano. Secondo me si tratta di portare ad un livello di formulazione più organica quella
maturazione che nelle nostre
chiese si è venuta formando dall’epoca della raccolta delle firme
per il referendum in poi.
Ma questa maturazione non è
« nostra », avviene « a rimorchio » di quella altrui, dice (Sino
Conte. Non sono affatto sicuro
che la serietà teologica e la coerenza evangelica siano assicurate dalla elaborazione di una « posizione originale » che si differenzi da quella di chiunque altro.
Nella storia recente dei rapporti
tra comunità civile e comunità
ecclesiastica vi sono stati casi in
cui una precisa testimonianza evangelica è stata indirizzata dalla
chiesa alla società; ma in numerosi altri casi è stata la chiesa,
appesantita da lentezza e ritardi,
a ricevere una lezione dalla società civile. Escludere per principio questa eventualità mi sembrerebbe un chiudere la via ad
una necessaria umiltà nei confronti della signoria di Dio e
aprire la strada alla tentazione
di una pericolosa quanto velleitaria arroganza ecclesiastica. Meglio, mi pare, attenersi ai due
« principi protestanti » che ho
cercato di indicare riconoscendoli ovunque si presentino, dentro e fuori l’istituzione ecclesiastica evangelica.
Franco Giampiccoli