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LA BUOIVA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
PRI^XXO D’AKSOClAKlOXn
domicilio)
Torino, per un anno L. 6,00 I L.7,00
— per sei mesi » 4,00 | » 4,50
Per le provincie e l’eslero franco sino
ai confini, un anno . . L. 7,20
per sei mesi, » 5,20
AIkSeuovtì; Si tv iy&izif
Sfgnendi) la voiilà nella carilà
Efes. IV. ^5.
La Direzione delia BUONA NOVELLA è
in Torino, casa Bellora, a capo del Viale
del He, N '12, piano 3'.
Le associazioni si ricevono dalla Direzione
del Giornale, e dal Libraio G. SERRA,
conlrada Nuova in Torino,
Gli Associali delle Provincie potranno provvedersi di un vaglia postale,
inviandolo franco alla Direzione.
La succeitione apo.<tolica, — La Bibbia. — Una voce della Liguria. — Missioni
Evangeliche. — Dna preghiera Romana. — Notiiie Religiose. — Firenze— Francia
— Ginevra — Malta — Austria — Cronachetta politica.
l.\ SUCCESSIONE APOSTOLICI
IV.
1 falli cbe siamo «ancora per narrare onde dimostrare ia rottura della
catena di una successione apostolica
nel vescovo di Roma sono tali, che lo
stesso Cardinal Baronio, sebbene tenace difensore delia successione apostolica, ha dovuto confessare (Baron.
Annal. Eccl. ad ann. 955, § 4 ) che
alcuni di quei papi, che pur sono nel
catalogo di Roma, e che sarebbero
allrettanti anelli della catena, non
debbono considerarsi come veri papi.
I papi dopo Sergio furono presso
a poco simili a lui; ma sebbene s’introducessero nel papato quasi tulli o
colle armi, o in altri modi irregolari,
si succedevano non pertanto l’uno all’altro, e noì^ vi fu pili scisma sino
all’anno 957. Alla morte di papa Agapito II, Ollaviano figlio del defunto
Alberico e della celebre Marozia, già
concubina di papa Sergio, fu messo
sulla sede di Roma dalla fazione del
suo padre, e si fe chiamare Giovanni
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XII. Ottaviano non avea che 12 anni,
secondo molto autori, allorché fu eletto papa; ma il Cardinal Baronio,
Natale Alessandro, e il P. Berti sostenitori acerrimi del papato, prentendono che non 12 bensì 18 anni avesa*
cotesto preteso successore di S. Pietro
allorché divenne infallibile e santissimo. Checché ne sia della sua età egli
è certo, siccome ne convengono i piii
zelanti caltolici, che fu un mostro di
scelleragini: il Cardinal Baronio lo
chiama un commediante che rappresentma la persona del papa: il gesuita Maimbourg dice, che sebbene
avesse cangiato di nome, non avea
cangiato di condotta, essendo certo
che veruno più di lui disonorò il papato con ogni sorta di visi e di debosce, che continuò fino alla sua morte
che fu così funesta come la sua vita
era stata empia. Gli storici contemporanei sono di accordo nel dire che
Giovanni XII era bestemmiatore, sacrilego, empio, e dissoluto al grado
supremo,
I Romani stanchi,di più soffrire
un tal mostro, ricorsero all’ imperatore Ottone I acciò ne li liberasse. L’imperatore raunò un concilio
in Roma nella basilica vaticana: il
concilio era composto di arcivescovi
e vescovi della Liguria, della Toscana,
della Francia, e della Sassonia, con
un numero sterminato di altri eccle
siastici che v’intervenivano. Giovanni
fu accusato di delitti i più orribili,
di turpitudini sì laide, che la nostra
penna si ricusa di trascriverle : gli
stessi suoi cardinali lo accusavano
fra le altre cose di avere venduti i vescovati; di aver consecrato vescovo per
denaro un fanciullo di 10 anni; di
aver fatto così barbaramente mutilare
un cardinale del quale era geloso, che
il pover uomo restò morto nella disonesta operazione; di avere più volte
pubblicamente bevuto alla salute del
diavolo e di mille altri deUttì. Il concilio citò per ben tre volte il papa a
comparire per difendersi; ma questi
anziché comparire scomunicò il concino, il quale continuò le sue sessioni,
depose Giovanni, e poscia col consenso della nobiltà, del popolo, e delr imperatore elesse alla unanimità
Leone Vili, uomo veramente venei'abile, e un vero prodigio di probità
per quei lempi.
Intanto Giovanni nel fuggire da
Roma avea porlato seco i tesori della
chiesa romana, dei quali si servì per
tentare di rimettersi sulla sede. L’imperatore vedendo che il suo esercito
era di aggravio alla ciltà, rimandollo,
e non ritenne che poche guardie per
la sua persona; allora Giovanni comprò molli dei romani ed organizzò
una cospirazione per assassinare l’imperatore ed il papa Leone Vili: la
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cospirazione fu scoperta c rigorosamenle punita. L’imperatore dopo aver
ristabilito l’ordine, credendo Giovanni
impotente a far nascere nuovi disordini abbandonò Roma.
Leone Vili era uomo di costumi illibati, e di una pietà soda, e cercava
di trarre il clero cd il popolo dai disordini nei quali la orribile condotta
dei suoi predecessori li avevano trascinati. Le donne romane si risentirono in particolar modo della severità
di Leone, e desiderarono il caro loro
papa Giovannij il quale proQttando
di questa inclinazione femminile, fu
largo in danaro e promesse, e la influenza delle donne fu tale che esse
furono potenti ad eccitare una rivoluzione contro l’austero Leone a favore dell’impudico Giovanni. Leone
dovè salvarsi al campo imperiale, e
Giovanni entrato in Roma vi commise
crudeltà e debosce senza numero: fe’
tagliare la man destra ad un cardinale;
al primo segretario fe’ tagliare la lingua, due dita della destra ed il naso;
fe’ battere con verghe pubblicamente
Ottogero Tcscovo di Spira. Raunò
poscia un concilio composto di alcuni
vescovi italiani comprati da lui, i quali
dichiararono il concilio precedente
una riunione di briganti, dichiararono
Leone empio, scismatico, sacrilego e
lo deposero; Giovanni ricevè nel concilio i titoli di papa coevangelico,
santissimo, piissimo, clementissimo.
L’imperatore appena seppe tal cosa
si disponeva a marciare sopra Roma.
In questo papa Giovanni mori, ed ecco in qual guisa. Un romano non
molto devoto, sorprese una notte il
papa colla sua moglie, e lo caricò di
tanti colpi di bastone che il santissimo
Giovanni ne mori. Il popolo romano
allora elesse e fé consecrare papa un
diacono che prese il nome di Benedetto V; ma l’imperatore giunto a
Roma col suo esercito strinse la ciltà
di assedio. Papa Benedetto scomunicò
l'imperatore e il suo esercito; lo die
non lo impedì di stringere sempre più
l’assedio. Papa Benedetto dalle mura
malediceva aH’imperatorc cd alla sua
armata; ma finalmente i Romani furono costretti a rendersi, ed a consegnare il loro papa all’ imperatore, il
quale convocò un concilioperchò fosse
in esso giudicato.
Il concilio era composto di vescovi
italiani, lorenesi, e sassoni, e si teneva
nel palazzo di Laterano alla presenza
del popolo. Un cardinale domandava
a Benedetto per qual ragione avesse
osalo usurpare la sede di san Pietro,
mentre vivea ancora il legiltimo papa
Leone Vili, egli che aveva contribuito
molto alla deposizione di Giovanni
ed alla elezione di Leone? Se Benedetto fosse stato nell’ opinione che
Leone non era legittimo papa, la ri-
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sposta alla domanda del cardinale era
ben facile; ma Benedetto invece rispose; se ho peccato usatemi misericordia. L’imperatore fu commosso a
tali parole, e non potè ritenere le lagrime a simile spettacolo; quindi domandò al concilio che non si facesse
alcun male a Benedetto umiliato. Allora Benedetto intenerito a sua volta
si getta ai piedi dell’ imperatore per
ringraziarlo, e poscia gettatosi ai piedi
di Leone che presiedeva al concilio,
confessò il suo peccato di aver usurpato il papato, ed implorò la clemenza
di Leone e dei padri; poscia di proprio moto depose nelle mani di Leone
le insegne papali.
Leone allora si vide stabilito nella
contrastata sede; prese il pastorale
consegnatogli da Benedetto, lo mostrò
al popolo e lo spezzò; fè poscia seder
Benedetto per terra, dichiarollo intruso, e lo degradò, lasciandogli per
grazia l’ufficio di diacono, e lo mandò
in un monastero della Germania a far
penitenza de’ suoi peccati.
Se la storia non ci dicesse altro di
questo scisma, sembrerebbe chc da
esso non si potesse trarre argomento
contro la successione apostolica; imperocché Benedetto avendo confessala
la sua illegittimità, e la legittimità di
Leone essendo stala riconosciuta da
un concilio, quesli e non Benedetto
sarebbe stato il successore di S, Pie
tro. Ma la chiesa romana invece riconosce per legittimi successori di San
Pietro Giovanni XII e Benedetto V,
e dichiara antipapa Leone Vili. 11
Sismondi nella sua storia delle repubbliche italiane fa osservare essere
assai difficile conciliare l’opinione degli scrittori ecclesiastici,! quali riguardano Benedetto V come papa legittimo, vale a dire come infallibile successore di S. Pietro, colla confessione
dello stesso Benedetto, il quale innanzi
al concilio ed al popolo confessò di
essere un usurpatore ed un falso papa,
e perseverò nella sua confessione
fino alla morte. Dopo tali fatti noi
non possiamo comprendere come un
uomo di buona fede possa credere
alla non interrotta successione apostolica dei papi.
Ma fatti ancora più evidenti ci restano ad esporre in un altro articolo.
LA BIBBIA
Il partilo clericale, e l’incredulità
sebbene con armi diverse, pure ambedue combattono la Bibbia; ambedue
gettano su di essa il dispregio. Spetta
a noi discepoli della Bibbia di far apprezzare il santo libro di Dio, e di
farne avere quella stima chc merita.
Noi però ci protestiamo che non
indirizziamo le nostre parole nè agli
increduli, nè ai clericali; ma agli uo-
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mini di buona fede, e vogliamo parlare alla loro coscienza più ancora
che al loro intellelto.
Chiunque voglia seriamenle riflettere sulle facoltà dell’ uomo e sulle
inclinazioni della umana natura dovrà
facilmenle convincersi che l’uomo non
solo è un essere capace di religione,
ma che uu senlimenlo invincibile lo
porla a riconoscere e ad adorare un
Essere invisibile al disopra di lui, dal
quale dipende la sua felicità. La brevilà della vila, l'aspettazione lanto
generale e tanto ragionevole di una
vila avvenire, dimostrano all’uomo,
non ancora abbrutito dal vizio, che il
suo grande affare è il conseguimento
di una vita futura; quindi gli uomini
di tutti i luoghi, di lulli i lempi si
sono dati alla ricerca di queslo Essere
al di sopra di noi, e dei mezzi onde
conseguire la felicità della vila avvenire.
Da qui è avvenuto che i più saggi
fra i filosofi gentili riguardavano come
cosa desiderabile al sommo una divina
rivelazione. Per quanto di fatti essi si
affaticassero per iscoprire le grandi
vcrilà intorno alla natura di un Dio
perfelliòsimo, ed alla vila avvenire,
non poterono mai raggiungere lo scopo ; in Alene il vero Dio era adoralo
sotto il titolo d’iddio sconosciuto (Alti
XVII, 25) e tutta la pagana fdosofia
intorno alla vita futura nou altro iu
segnava di certo se non chc la esistenza di un altro mondo al di là della
tomba; e i particolari della vita avvenire erano lasciati alla feconda immaginazione dei poeti.
Iddio però mosso a pietà del genere
umano, dopo essersi manifestato per
le ammirabili opere della creazione,
volle più chiaramente manifeslarsi
nella rivelazione di sua divina volontà
nella sua parola. La Bibbia allora
comparve nel mondo, e dovunque quel
libro divino è ricevulo, accadono i più
consolanti cangiamenti sia negli individui, sia nello nazioni. Ed ecco chc
si dairOrienle che dall’Occidenle sorgono un numero infinito di teslimonii
per dichiarare il cambiamento completo di pensieri, di sentimenti, di
azioni cagionato per mezzo della divina parola in tulli coloro che sinceramente l’hanno ricevuta. Se domandate al fervido Agostino, aU’impetuoso
Girolamo, al mondano Ambrogio qual
cosa gli abbiano fallo abbandonare le
delizie della volullà, le brillanti attrattive della socielà, e le illusioni di una
lusinghiera filosofia, risponderanno;
la parola di Dio, la Bibbia. Domandale pure al feroce Caraibo, allo stupido Ottentotlo, al selvaggio Indiano,
in qual modo siasi ammansita la sua
natia ferocia, siasi aperto il suo intelletto a verilà sublimissime, siasi ingenlililo il suo cuore ? e vi risponde-
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ranno: per la parola di Dio, per la
Bibbia. Interrogate quei martiri che
in mezzo ai piii fieri tormenti mostrano
la gioia la più tranquilla, e apprenderete eh’ essa è frutto della Buona
Novella di grazia ch’essi hanno appresa nella Bibbia. Sotto l’iufluenza
della Bibbia migliaia e migliaia d’uomini d’ogni carattere, d'ogni temperamento, d’ogni età, sotto qualunque
legge, sotto qualunque clima, malgrado le contratte abitudini, in opposizione ai principii adottati, in tutti i
lempi, in tutti i luoghi, in tutte le condizioni, di crudeli, orgogliosi, ladri,
rabbiosi, impuri, empii, avari, dissoluti, sono divenuti miti, umili, giusti,
pacifici, casti, religiosi, caritatevoli,
fedeli e coraggiosi. Or chi può cambiare la natura, il carattere, le abitudini dcH’uomo, modificare lo disposizioni, sconvolgere le opinioni, nobilitare le passioni se non Dio? Quel
libro dunque che in tal guisa opera
sugli uomini è la manifestazione di Dio.
E quali non sono oltraciò i dommi e quale la morale della Bibbia?
L’esistenza, l’unità, la perfezione infinita di un Dio unico nella sua natura, sebbene distinto in tre divine
persone; la provvidenza e l’amore di
questo Dio per le sue creature ; l’incarnazione del Verbo divino: lo stato
miserabile dell’ uomo; la redenzione
l>er mezzo deH’Uomo-Dio: la diiierenza
essenziale fra il bene ed il male morale; una vita futura di felicità, o di
miseria: la carilà, la fratellanza, ecco
un colpo d’occhio sulle principali dottrine della Bibbia. Quando la Bibbia
parla della natura divina, la più sublime filosofia dei sapienti di Grecia
e di Roma, non è che fanciullagine al
suo confronto. La semplicità armonizzata colla più grande sublimità forma
quell’accordo sorprendente che dimostra l’impronta del suo autore divino.
Le leggi, le ordinanze di Dio si accordano meravigliosamente colle sue perfezioni, si rischiarano colle ammirabili
sue operazioni : la sua condotta verso
le creature porta con sè il suggello di
sapienza, di possanza, di giuslizia,
di santità, di verità, di bontà, di misericordia, in guisa che non può
non riconoscersi in esse la manifestazione di Dio. L’armonia nello
sviluppo di tali dottrine scritte in 15
secoli da nomini diversi per patria,
per condizione, per educazione, per
sapere, manifestano chiaramente la
mano di colui che per mezzo di tanti
diversi uomini scrivea all’uman genere
la sua volontà per manifestarglisi.
La descrizione che ci fa la Bibbia
dello stato di questo mondo e della
umana natura, sebbene sia molto diversa dalle idee dell’umana fllosofla,
è però perfettamente d’ accordo coi
fatti. Gli annali delle nazioni, gli av-
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veiiimcnti di tutli i tempi, la storia
d’ogni individuo, confutano pienamente tutto quello che han saputo
dire ?u tali materie i filosofi, e dimostrano che gli scrittori della Bibbia,
sebbene, secondo l’umana sapienza,
oscuri ed ignoranti, han saputo conoscere meglio dei sommi filosofi il
carattere dell’uinanità ed il cuore dell’uomo. È da essi che noi apprendiamo che cosa sia realmente l’uomo, e
ciò che da lui possa sperarsi, e tutte
le teorie filosofiche cadono, allorché
l’uomo vuol considerare se stesso in
faccia alla Bibbia.
La Jlibbia bene compresa ci rende
abili a rendere ragione di fatti che i
più grandi sapienti di tutti i tempi
sono stati incapaci di spiegare: e
chiunque volesse assiduamente applicarsi a considerare se stesso, ad indagare le intenzioni, i desiderii del
proprio cuore, troverebbe nella Bibbia
delle idee assai più giuste di quelle
che avrebbe potuto egli stesso concepire sul suo proprio carattere e
sulle sue proprie disposizioni: l’uomo,
l’umanità, il mondo sono tali quali
ce li descrive la Bibbia e niente altro.
1 misteri stessi che sono nella Bibbia ci dimostrano Dio in essa. Cosa
diffatti sarebl)e una rivelazione senza
misteri? L’incomprensibilità è inseparabile da Dio e da tutte le sue operazioni, anche da quelle che a noi sem
brano le minime: esaminate un capello del vostro capo, e comprendetene
se potete lo sviluppo, il principio,
l’ammirabile sua forma, e tutte le sue
proprietà. Se nella rivelazione non vi
fossero misteri essa non sarebbe l’opera di DÌO; imperciocché Dio essere
infinito non può essere perfettamente
compreso dall’uomo essere limitato.
Ma i misteri della Bibbia sono sublimi, interessanti, utili e del tulto consentanei all’umana coscienza: essi
servono a sviluppare le divine perfezioni, e ad essere il fondamento delle
nostre speranze; essi c’ispirano l’umiltà, il rispetto, l’amore, la riconoscenza. Tutto quello che è incomprensibile è necessariamente misterioso; ma i misteri della Bibbia, sebbene superino la nostra intelligenza,
perchè riguardano oggetti assai superiori al nostro limitato intendimento,
non però si oppongono alla ragione,
nè sono in contraddizione coi principii noti; anzi sono in tal guisa rivelali, che quello che abbiamo dalla
Bibbia ci serve appunto per togliere
ogni apparente contradizione; e così
Dio ci si moslra in essa.
La stessa brevità delle Scritture,
nell’immensa abbondanza delle sublimi dottrine che insegnano, è un'altra
manifestazione della mano di Dio. Il
vero fedele, purché cerchi con umile
semplicità in quel libro divino vi tro-
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verá colla massima chiarezza esposte
lulte le dottrine necessarie a salvezza.
DaH’altro lato il dotto non potrà nel
corso di una lunga vita avere una
cognizione completa di tutta la Bibbia.
Questo libro divino è una miniera,
ove più si cava e più si trova dell’oro,
e in maggior abbondanza ed in maggior pregio. Da questa celeste miniera
si traggono continuamente tesori, perchè è inesauribile come il Dio che ne
è l’autore.
Nostro grande desiderio sarebbe
che i nostri lettori ci giudicassero
esaltati, e credessero aver noi esagerato nell’accennare brevissimamente
questi pochi pregi del libro di Dio:
ma giudicandoci in tal guisa vorremmo che prendessero in mano la Bibbia per esperimentare il loro giudizio.
Oh! allora si che avremmo vinta la
causa. Chi legge quel santo libro,
come si deve, non può fare a meno
dal non sentirsi compreso da maraviglia, da gioia, da tenerezza, da religione^ di sentirsi sollevato Ano a
Dio, conversare con lui, e sentirsi
trasformalo in lui.
UHA VOCE DALLA LIGURIA
I seguenti brani di uua lettera scritta
da uno dei nostri fratelli di Favale
carcerali perl’Evangelo, ad un suo parente, qualche giorno dopo la loro li
berazione, non saranno letti senza
commozione da coloro per cui spettacolo più di ogni altro sublime è
quello di un uomo che lolla inconcusso per le sue convinzioni, pronto
a fare il sagriGzio di ogni cosa piuttosto che di tradire la verità che ha
conosciuta.
Lo stile è quale si può aspettarlo
da un povero contadino delle montagne del Genovesato , e noi ci siamo
guardati dal correggerlo; ma l’altezza
e la nobiltà dei sentimenti fanno più
che compensare l’incorrezione del linguaggio. Anzi queslo è che appunto
manifesta la potenza e l’elTicacia dell’Evangelo, che uomini di niuna coltura sentano e parlino, e possiamo
aggiungere, operino come l’autore della
lettera che trascriviamo, la quale, per
queslo, speriamo possa riescire di gran
conforto a quei tanti che ora in Italia
si trovano in condizioni assai simili a
quelle di cotesta famiglia.
« Carissimo mio cugino !
«Grazia a Dio siamo usciti di carcere ;
ma noi quella carcere ci ha servilo per
maggiormente rinfrancarci nella fede e
nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.... I preli e tulla la
sinagoga dei farisei si erano voltati coniro
di noi poveri Cereghini: poveri sì, è vero,
di facoltà terrene, ma ricchi di quel gran
tesoro che mai più finirà, cioè Gesù Cristo.
Oh! beali tutti quelli che lo terranno scolpito nel cuore !.. I preti erano d’accordo
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per farci, se avessero potuto, dare la
torlura a tulli ; ma grazit a Dio siamo
aocora sani ; siamo stati messi in carcere
iu quanlo al corpo, ma siamo siali liberi
in quanto aU’aniraa. Lo corpo noslro soffriva, malospiritogiubilava. Quallromesi
noi siamo stati in fondo di torre ; io era
nella più oscura prigione delta la BoHe-,
Maria era vicina a me, ma appena appena
se ci potevamo capire colla voce; di f|uando
in quando ci chiamavamo per esortarci a star fermi nel santo Evangelo
di Gesù Cristo. Agostino era in cima di
torre, dove dal gran freddo le mani ed i
piedi gli erano lutti pelati. Vittoria e Giuseppe erano in un'altra prigione separali
gli uni dagli altri.....Dopo quattro mesi
di carcere ci dicevano che noi dovremmo
essere bruciati vivi.... ma tutti quesli
spauracchi non erano altro che insidie e
paure che ci mettevano i preti ; ma noi
come più ci mettevano paura, più eravamo allegri, perchè noi la nostra coscenza
era in pace, perchè non ci eravamo giù
(in prigione^ nè per (essere stalij ladri o
omicidi, nè per aver commesso adulterio.....ma solamente perchè noi vogliamo
essere veri crisliani. In questi quattro
mesi noi abbiamo sofferto grandi persecuzioni per parie dei preti... Tulte le settimane, 0 alla domenica o al lunedi, ci
veniva un canonico del seminario di C...
per farci rinegare la fede di Crislo e metterci di nuovo in pericolo dì perdere l’anima nosira; ma grazie al grande Iddio
l’abbiarno confuso che non sapea più cosa
dire. Queslo prete un poco andava da
Maria, un poco da Agostino, un poco da
Vittoria, un poco da Giuseppe..: Quando
veniva da me, mi diceva che mi convertissi, che lutti gli altri si erano convertiti
e confessati...... poi quando andava da
Agostino , gli diceva che io mi era confessato e tutti gli altri ancora; andando
da Vittoria e da Giuseppe facea lo stesso;
ma tutti rispondevamo che bisogna ubbidire a Dio e confessarsi a Dio e non all’
uomo. .Maria poi gli ha confusi in tal modo
che non andavano più nemmeno nella prigione ove stava..... Insomma, caro mio
cugino, io vi so dire che questo rostro
arresto ha portato molto vantaggio, perchè Iddio si è voluto servire di uoi poveri
ignoranti per confondere i sapienti e esaitarel’Evangelo. Il parroco ed i pretiquando
ci faceano imprigionare, credeano di farci
mettere paura acciò noi nou parlassimo
più di Dio ; ma grazie sieno rese aH’Iddio
dei lumi, noi.sempre siamo stati franchi
nella verità di cui ci ha illuminati ......
Ora qui i preti tendono seni|)re più che
mai a [lerseguitare noi e le nostre mogli...
e predicano coniro di noi, dicendo che
siamo già all’inferno, che siamo dannati,
ohe non ci salutino per la strada, e che
quando vedono dei nostri figli piangano
a calde lagrime; ma noi anzi ce ne gloriamo, percbè siamo cerli che Gesù Cristo
e con uoi. Caro mio cugino; io vi prego
di stare allegro e di pregare Iddio caldamente per noi, che uoi pregheremo per
voi. Stiamo [iure franchi nella nostra fede,
e non temiamo, chè la verità di Crislo andrà avanti. È già da molli secoli che una
chiesa che si dice cristiana scomunica i
veri crisliani ; ma Dio è quello che ha promesso che la sua vera chiesa non cesserà
giammai. Stiamo pure franchi in Cristo;
preghiamolo con vero cuore e con vera
fede ed egli ci esaudirà. Il cielo e la terra
periranno, ma le parole dì Dìo non periranno giammai. Preghiamo Iddio non solo
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per i nostri amici, ma ancora per li nostri
nemici ; preghiamolo per I nostri fratelli
di Torino, di Casale, di Genova, di Ginevra e di l'orre-lAiscrna, e per tutti i veri
cristiani del mondo; sì, preghiamo, la preghiera è quella che vince tutto ».
51ISS10M EV ANGELICHE
Isola di Madagascar.
Madagascar (in lingua del paese Madacasse) è un, isola deH’Oceano indiano, sulla
costa occidentale deH’Africa, da cui la
divide il canale di Mozambico. La sua
dimensione dal N. al S. è di circa 80 in
90 chilometri, e dall’O. all’E. dì circa 2S
in 30.1 Portoghesi la scoprirono nell’anno
1506. L’aspetto del paese è svariatissimo
éd offre siti assai pittoreschi e talvolta
grandiosi. Si fa ascendere la popolazione
a quattro milioni, di razze diverse. Gli
uni diconsi Arabi, gli altri Giudei, e si
distinguono da una certa differenza nella
carnagione. La gran maggioranza rassomigliano gl’indiani o i Mulatti. Hanno
larga cd aperta la fronte, sottili le labbra,
e i lineamenti generalmente regolari e
graziosi. La loro religione è il paganesimo
idolatrico. Furono primi i Francesi a
creare in quest’isola stabilimenti commerciali. 1 primi tentativi di evangelizzazione per parie degl’inglesi non risalgono
al di là del 1817. Nel mese di maggio del
1819 la Socielà delle missioni di Londra
mandò in quell’isola due missionari, I
sigg. Bevan e Jones. Ma erano appena
sbarcali quando il primo morì, e poco
dopo lui, la moglie ed il bambino. Non
tardarono a seguirli la moglie ed il bambÌDO del sig. JoDCS, c questi, fu dalla
malattia ridotto a tale uno stalo di debolezza che dovette abbandonar l’isola per
recarsi a Maurizio.
Ma non lo scoraggiarono queste prove;
e l’autunno dell’anno susseguente vide
giimgere di nuovo il sig. Jones insieme
con un allro mi.ssionario, il sig. Grilfilhs,
a Madagascar, ove grazie all’apoggio del
residente britannico poterono stabilirsi a
Tanariva, città capitale, coll’intiero assenso del re Radama.
Il favore non celato del sovrano, che
cosi testimoniava di apprezzare quanto
faceano I missionari per chiamare il suo
popolo al godimento di lulte le arli utili,
mentre si adopravano a diffondere nei
cuori la luce santificante dell’Evangelo,
fece sì che essi videro, in poco tempo,
sotto la benedizione del Signore, ic loro
fatiche coronale dai piii stupendi successi.
Concorsero gl’indigeni a calerve,'per essere
ammaestrali nelle dottrine della salute;
grandi congregazioni non tardarono a
formarsi, e scuole a stabilirsi. Si rispose
cogli sforzi più energici a questa chiamala
della Provvidenza, e nello spazio di 10
anni, dal 1818 al 1828, la Società mandò
a Madagascar, quattordici operai, fra i
quali sei missionari ecclesiastici, due
missionari tipografi, e sei artigiani.
La missione seguitava a prosperare
quando soppraggiuase la morte del re
Radama, nell’anno 185S. Gli succedette
la sua vedova, la regina Ranavola. Questa
donna, nemica acerrima ai crisliani, ottemperando ai suggerimenti del suo primo minisiro Raniaho, volle ripristinare
il culto idolatrico, e così entrò nella via
delle persecuzioni. Nel marzo del 1833
fece pubblicare un editto, che proibiva al
suo popolo, sotto pena di morte, di prò-
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fessare il crìslianesimo. Poco dopo i missionari furono costretti a lasciare Madagascar. La persecuzione durò atroce e
non interrotta per lo spazio di 17 anni ;
ma non potè nè stannare la pazienza, nè
scuotere la fede dei nuovi convertiti. Le
fatiche dei 15 anoi che aveano prereduto
doveano fruttare ; ed ii coraggio, la perseveranza, lo zelo, la fedeltà e l’abnegazione di cui aveano dato tante prove i
niissionari, erano troppo profondamente
scolpiti nel cuore dei poveri MadecassI,
perchè si dileguassero al soffio della persecuzione.
Ecco un sunto di quanto si era fatto
in quesli 15 anni. Due numerose congregazioni erausi formate nella capitale; cappelle e stazioni erano state stabilite in
varie citlà e villaggi dell’isola; inoltre
funzioni religiose celebravansi ogni giorno
della settimana in casa di parecchi cristiani indigeni. Furono altresi fondate
oltre 100 scuole, ricevendo da circa 4000
liambioi, le quali diedero l'istruzione a
più di 10,000 scolari. Due torchi da stampa
mandali colà dalla Società, non smisero
dal lavorare, e ne uscirono, in quesli 15
anni, oltre i libri scolastici, 23,000 trattati religiosi posti in circolazione fra gli
abitanti, un Vocabolario in 2 tomi, compilalo dai missionari, e sovratutto le Sacre Scritture, volgarizzate e stampate
nella lingua dell’isola.
Nè vogliamo qui riferire gli alti di aIroce persecuzione che funestarono il tristo periodo di tempo scorso dot» la morte
del Re Hodama, ramico dei cristiani.
Altra volla già ne facemmo parola, eppereiò ci limiteremo a dire che parecchie
ceolinaia di crisliani vennero spogliali
dei loro onori, gradi c ricchezze; allri
condannali ad una perpetua schiavitù ;
tra quaranta o cinquanta fatti morire nel
modo più orrendo; parecchi colla spada
0 la lancia ; altri precipitandoli da «Ite
rupi, quattro pervia del fuoco che li arse
vivi in mezzo alla capitale.
Il numero delle vittime ed il coraggio
con cui hanno confessata la loro fede
sono una splendida testimonianza della
vhrità della loro conversione , e fanno
palesi i frutti, che sotto lo sguardo del
Signore , hanno portato gli ammaestramenti e le esortazioni dei missionarii.
L’esempio dato da questi martiri di Gesii
Cristo è stato una gran predicazione, e
ne ha indotto molli a ricercare la verità. Si valuta il numero di costoro a
5,000. Per tutto il tempo che infierì la
persecuzione, i cristiani di Madagascar non
hanno smesso di raunarsi or sui monti,
or nelle spelonche, or nelle selve, all’effetto di meditare le sacre Scritture, santificare la domenica, e pregare insieme,
confessando in tal modo il loro Signore
a costo di mille patimenti. E Questi non
poteva rimaner sordo alle preghiere de
suoi martiri ; le supplicazioni della chiesa in favore dei poveri Madecassi, sono
state udite , ed Egli vi ha risposto. Il
figliuolo della regina Rakatonradama,
di cui è noto l’attaccamento all’Evangelo,
è stato ultimamente chiamalo, in seguilo
alla morte del primo ministro, Raniaho,
a dividere la sovrana autorità con sua
madre, e si aggiunge che il figliuolo del
primo ministro sia crisliano anche lui,
subentrato al padre nel suo impiego.
Uno dei primi atti del giovine principe
è stalo di convocare i principali funzionari del regno all’effello di sottoporre
loro la seguente doppia proposta : venis-
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sero i porli dell’isola aperti ai navigli di
ogni nazione ; fossero tutti i nalivi Madecassi, i quali erano siali obbligati a rifugiarsi in allri paesi pcrsoitrarsi allapersecuiione, autoriizali a ripulriare. Colali
misure avrebbero incontrato, a quanto
si dice, la piena approvazione dei regii
funzionarli, e l’assenso della stessa re
ina.
La Socielà delie missioni di Londra si
è affrettala di rivolgere un appello a’ suoi
amici, onde essere posta qiianio prima
in grado di mandare nuovi missionarii a
Madagascar, e si spera che sarà largamente corrisposta, e questo bel campo
abbondanlemenle provvisto d’operai fedeli e divoti.
UNA PREGHIERA ROMANA
Da uno scapolare sul quale erano figurali in ricamo Giuseppe, Gesù e Maria,
portalo sette anni da un divolo già callolico irlandese, trasse il Laico Cattolico di
Dublino del mese scorso l'argomento di
un articolo sul triplice culto riconosciuto
dalla Chiesa Romana, il quale ci sembra
adattato anche agli ecclesiastici di Torino.
Lo diamo perciò ai nostri lettori nella
sua sostanza, appiccandogli in coda
qualche cosa del nostro.
Pio VII per decreto della Congregazione
delle Indulgenze in data 28 aprile i805,
concesse 100 giorni d’indulgenza a chiunque con cuore contrito esclama : « Gesù
« Giuseppe e Maria vi offro il cuore e l’a« nima inia ; Gesù, Giuseppe e Maria as« sisletemi nell’ultima mia agonia; Gesù,
« Giuseppe e Muria spiri in pace Ira voi
« l’anima mia » c 300 giorni a chi ripete
questa giaculatoria tre volte nello stesso
giorno.
Ora è dottrina certissima della Chiesa
Romana che il culto supremo di Latria è
dovuto a Gesù Cristo Signor Nostro quale
una delle Persone delia Santissima Trinità; un culto di Hyperdulia a Gesù Cristo
nella sua natura umana, ed a Maria Vergine ; ed un culto di Dulia a S. Giuseppe
e agli altri Santi canonizzali dalla Chiesa
medesima, e che è un mortale peccato dt
idolatria l’attribuire ad una di quesle Persone il culto specifico delle altre.
Supponendo però che sia possibile a
ciascuno di noi, dotto od indotto, sano o
maialo, in calma od in burrasca di spirito,
d’adorare successivamente ognuna delle
sullodale tre Persone come si conviene,
entro i limili dulia Chiesa Romana loro
rispellivamenle assegnati, si domanda se
è possibile, non ad un povero contadino,
ma al più sottile metafisico di fare questo
tre adorazioni contemporaneamente? chè,
come da una giaculatoria cumulativa«
Gesù, Maria c Giuseppe possa il fedele
offrire il suo cuore e la sua anima a Gesù
illimitalamente, e a Maria e Giuseppe con
una più 0 meno rislrella limitazione ?
Come egli possa innalzare un sospiro a
Gesù, Maria e Giuseppe condilo in tre
diversi modi, che la parola può difficilmente colorire, e l’intellelto anche più
difficilmcnle comprendere, di Latria, Hyperdulia e Dulia allo stesso tempo? Come
sia possibile l'offrire il cuore e l’anima a
Gesù, invocare l’assistenza di Gesù in un
senso, offrire il cuore e l’anima a Maria,
ed invocarne l’assistenza in un altro senso,
e finalmente offrire il cuore e l’anima a
Giuseppe, ed invocarne l’assistenza io
punto di morie in uu terzo scuso senza
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successione o decisione d'atti e di tempo?
Egli è per noi evidente che tre dislinzioni, limitazioni, subordinazioni, metafore e figure non ponno aver luogo in una
sola emissione di fiato, e che perciò queste giaculatorie, aspirazioni od invocazioni traggono il semplice fedele ad un
tremendo pericolo di peccato morale, all’idolatria, facendo comune a tre persone
diversissime quello che può ad una di esse
soltanto convenire.
Applicando a que.sto caso la dottrina es
posta dal Cardinal Bellarmino, il semplice
cristiano dovrebbe, per non cadere in
colpa d'idolatria, accompagnare queste
giaculatorie con un mentale commento
qualificativo, dicendo ad un trailo nel suo
pensiero:—Gesìi, vi offro il cuore e l’anima mia. Maria, vi supplico d’intercedere per me presso il divino Figliuol vostro onde accetti il mio cuore e l’anima
mia. Giuseppe, vi prego che preghiate
Gesù d’accettare il cuore e l’anima mia.
— Gesù, assistetemi neH’ultima mia agonia. Maria, vi supplico d’intercedere per
me presso il divin vostro Figlio acciocché
mi assista nell'ultima mia agonia. Giuseppe, vi prego che preghiate Gesù d’asslstermi neH’ultima mia agonia ecc.
Ma chi fra i Cattolici romani pensa o
potrebbe pensare, esclamando Gesù, Maria, Giuseppe, a queste tre diverse applicazioni della sua preghiera? Chi fra loro
pensò mai, così pregando, a queste scolastiche distinzioni di Latria, Hyperdulia
e Dulia? 0 meglio, chi fra loro le conosce
queste tre diverse maniere di culto, e chi
per conseguenza, pregando come Pio VII
raccomanda, andrà sicuro , stando alla
stessa dottrina della Chiesa Bomana, dal
peccato d’idolatria ?
La Scrittura poi c’insegna, che a Dio
solo dobbiamo offrire il cuore e l’anima
nostra, che Lui solo dobbiamo amare ed
adorare con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente e con tutta la
forza nostra. Ora se una parte del cuore
nostro la volgiamo a Maria Santissinin, o
la dedichiamo a S. Giuseppe, non pecchiamo noi del massimo peccato verso
Dio, Q cui la totalità del cuor nostro dove
essere consacrato? E non violiamo noi la
maestà del Creatore quando l’abbassiamo
al livello delle sue creature?
E che diremo noi del supposto merito
di tali giaculatorie, e della preghiera in
generale ?
Lasciando da parte gl’ insegnamenti
della Chiesa Bomana su questo proposito,
noi, seguendo il lume della ragione e
del Vangelo, non esiliamo ad affermare
che non si può, senza stravolgere il senso
dèlie cose, attribuire alla preghiera merito di sorta, e quindi derivare da essa un
titolo a ricompensa di sorta.
Quale è il malato il quale pretenda dal
medico che Io cura un premio perchè egli
sia ricorso all’opera di lui, piuttosto chc
starsene all'opera della natura? Quale è
il mendico il quale, perchè prega l’opulento cbe gli dia il pane per amor di Dio,
pretenda che gli dia il vino per amore
della sua preghiera? Quale è il suddito il
quale supplicando il suo Re di una grazia,
ne aspetti un’allra per la fatica incontrata
nel supplicarlo? La preghiera del cristiano è la soddisfazione di un debito, o
l’espressione di un bisogno. Ora ii pagare
un debito non può mai corrispondere all’acquistare un credito, e l’esprimere un
bisogno perchè venga soddisfatto dalla
compassione di Dio non può equivalere al
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conferimento di un favore a Dio, al quale
Egli debba in equità un compenso. Fortuoati noi se, non per i sognati meriti delle
nostre preghiere, ma per quelli soli reali
ed infiniti di Gesù Cristo, Dio ci farà degni
un gioroo del suo immortale perdono ,
della sua spontanea misericordia!
NOTIZIE REliieiOSE
Firenze. In una lettera di Firenze del
primo corrente troviamo alcuni particolari intorno alla scarcerazione dei Madiai,
degni di notiiia. Li diamo perciò qui
compendiosamente. La prigionìa di quei
nobili confessori di Cristo durò diciannove
mesi giusti. Essi furono secretamente e
sotto finti nomi trasferiti dalle rispettive
loro prigioni di Lucca, e Volterra al
consolato francese di Livorno, e di là al
piroscafo di Marsiglia uno ad uno, senza
che l’uno sapesse nulla della sorte dell’altro, e senza permettere al marito di giovarsi dei vestili che gli erano stati mandati a Volterra, benché ammalatissimo,
e coperto di leggerissimi panni d’estate,
e il freddo fosse rigido assai. A che però
poteva servire un secreto in Toscana, il
quale quarant’ ore più tardi dovea da
Marsiglia al mondo intiero rivelarsi? Forse
il Governo Toscano si trovò nel vergognoso imbroglio in cui videro d’ essere
caduti i magistrati di Filippi allorché fu
loro riferito che Paolo e Sila, da loro
senza causa flagellati, e imprigionati,
erano cittadini romani, e volea tirarsene
senza che ua solo Toscano lo sapesse,
temendo in ogni Toscano un censore.
Ma a chi è dovuta questa scarcerazione?
Ai Governo Francese? no. il signor DeGabriac suo ministro in Toscana appena
due giorni prima di questo avvenimento
avea in un pranzo, a cui era intervenuto,
parlato con grande amarezza, e veemenza
contro i Madiai, e la loro apostasia, e lodato il Governo Granducale che giustamente li teneva in carcere. Se però il
Governo di Francia avesse fatto qualche
officio presso quello di Toscana in piò
dei Madiai, ii signor De Gabriac, anello
di comunicazione tra i due Governi,
avrebbe schivato ogni apparenza e dimostrazione di opposizione, e disapprovazione del Governo proprio, e saputo custodire per altri lempi le sue simpatie per
la Santa Inquisizione. E d’altronde perchè
si farebbe il Governo Francese il campione delia liberlà di coscienza in Italia,
egli, che in casa propria tollera, e forse
consiglia ed autorizza l’oppressione della
medesima?
Vi è chi ripete questa tarda clemenza
dalle intercessioni del Governo Inglese,
dalla nobilissima letlera di Lord Russe!.
Altri l’attribuisce all’opera di un papista
Inglese amicissimo del cardinale Wiseman, il quale sarebbe riuscito a far com
prendere al ministero del Granduca, che
lo sevizie spiegate a danno dei Madiai fecero danni gravissimi al romanismo nella
Gran Bretagna e in America, e che quanto
più presto si cessasse da esse, lanto meglio pel Granduca medesimo. Finalmente
non mancano quelli i quali attribuiscono
questa improvvisa resipiscenza del Governo Toscano al Papa, il quale avrebbe
consiglialo il Granduca ad aprire le porte
della prigione ai Madiai per motivi di
politica espedienza. Ma d’altra parte si
allega che tra il Papa e il Granduca ebbe
luogo un’ attiva corrispondenza, in cui
questi supplichevolmente domandava a
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Pio IX perdono della violazione della promessa già fatlagli incuDirario, adducendo
a scusa deH’ordinala liberazione dei Madiai una irresistibile pressione esterna, e
quegli rivelava senza ambagi II suo disconleolo, e dispetto per la liberazione
medesima. Checché sia di tulio ciù nou
può altro affermarsi come cosa certa se
non che la Francia non entra per nulla
nelle cause di quest’ alto di principesco
pentÌDiento.
La citata lettera chiude informandoci
del destino di un’ altra vittima della Granducale intolleranza, del povero Guarducci.
Egli è stato condannato a tre anni di carcere, e immurato nelle Murate di Firenze
senza processo, o giudizio di sorta. Per
la nuova legge di polizia i prefelli hanno
pieno arbitrio di pronunciare simili condanne, e peggio senza alcuna forma di
procedura, e non vi sarà pericolo d’ora
innanzi che si abbia in Toscana lo
scandalo di un allro processo Madiai.
La Chiesa e lo Stato si sono accorti di
aver fatto una baggianata coi Madiai, e
si guarderanno bene dal ripeterla con
altri.
pRAitcu. Il papa ha fatto un prezioso
dono alla citlà di Amiens: il dono consiste in uno scheletro disotlerrato nelle catacombe di Roma, che ai dice appartenuto
ad una lale santa Teodosia di Amiens.
Di più per maggiore tranquillilà dei fedeli, dice r.lmi de L’Ordre, Il papa ha
autorizzato il culto di cotesta santa nella
diocesi di Amiens. Ora si pensa a celebrare con gran pompa la cerimonia della
traslazione delle preziose reliquie.
Ginevra. Leggiamo nella Semaine Religieiise. Nel numero delle conversioni al
prolestantismo che hanno avuto luogo
nella nostra città in quesli ultimi lempi,
ve ne è una che noi annunziamo eoa
grandissimo piacere: è quella di una famiglia d’israeliti composta di sei persone,
che hanno fallo il loro ingresso nella
chiesa riformata per mezzo del sacramento del battesimo. Il giovedì sanlo furono battezzati il padre e la madre, ed il
sabato sanlo presentarono al battesimo i
loro i figli. Il giorno di Pasqua i parenti
ed il maggiore dei figli ebbero la consolazione di partecipare al sacramento della
S. Cena
Malta. I giornali inglesi riportano il
seguente fallo. L'n giovanetto siciliano
era stato ammesso come convittore nel
collegio protestante di .Malia. Il console
napoletano a Multa ha scrilto al viceré a
Palermo dicendo che il giovanetto siciliano per essere in uno stabilimento protestante cagionava scandalo gravissimo
ai buoni cattolici maltesi. Il viceré spedi
immediatamente i suoi ordini al governatore di Messina, il quale fatto chiamare
il padre dello scandaloso fanciullo gl’ingiunse da parte del governo di Itoglierc
immediatamente dal collegio il suo figlio,
e se al ritorno del primo vapore il figlio
non foSi C venuto, gli minacciava l’esilio,
e la confisca dei beni.
Austria. WChristian Times dà alcuni
particolari intorno al prezioso dono del
dente di S. Pietro mandalo dal papa all’imperatore d’Auslria. « Questa preziosa
reliquia, dice il predetto giornale, era
rinchiusa in un fiore di dianianli e rubini,
circondalo da nuvole e da raggi di gloria:
tre angeli di argento sostengono le chiavi,
il triregno, e la palma siniboleggiante la
viltoria. Una cupola sostenuta da quattro
colonne, c sormontata dal globo e dalla
16
— zn
croce copre il fiore, e lo ritiene come in
un piccolo tempio. Cosi la reliquia del
povero pescatore sarili custodita nella cappella imperiale, e sarà mostrata alla venerazione de’fedeli nelle quattro annue
’eslività di S. Pietro.»
CROCCHETTA POLITICA
Torino. Nella Tornata del d9 il signor
Ministro delle finanze depose sul tavolo
della presidenza un progetto di legge diretto ad ottenere un credito di 400,000
lire per mutui a quei cittadÌDi sardi che
ebbero sequestrale le loro fortune con
proclama del maresciallo Radetzky. Lu
Camera dignitosamente e con segni di alta
cominozioue accolse le parole del signor
minisiro Cavour. L’ onorevole deputalo
Valerio si fece a chiedere che il Governo
desse la comunicazione di tulli gli atti
relativi alla vertenza dei sequestri tra
l’Austria e il Piemonte, e pubblicità immediata di quelli che un’alta ragione dì
convenienza politica non obbligasse a
mantenere nel segreto, il signor Ministro
rispose ehe il Ministero^ d’intelligenza
colla commissione, siccome è uso del nostro paese costituzionale in simili circostanze, addiverrebbe a quei deliheramenti
che fossero i più convenevoli e i più opportuni. La seduta si sciolse in questi
termini.
— Mercoledì 20 si seppe essere scomparsa la statua d’argenlo della B. Vergine
della Consolata. Questa statua era di un
peso enorme, era rinchiusa in fortissimo
armadio, e l’armadio era munito di fortissime serrature. Perquanto si dice pubblicamente, nè l’armadio nè i cancelli che
mettono ad esso presentano alcun segno
di essere stati forzati. Quando il furto sia
accaduto non si sa: vi è chi dice che la
statua mancasse fino dal mese di ottobre.
11 fatto sta che la statua manca e l’eDimma
fino ad ora è inesplicabile.
Nizza. La voce àella Libertà riporta
dall’A’enir ii fatto seguente in data del
16 aprile. L’n tal prete Garacci, vicario
della chiesa del Gesù, era autore di una
scena scandalosa di stujiida e maligna
intolleranza. Una madre di famiglia che
conduceva al catechismo una sua nipote,
fu inopinataniente e con tutta veemenza
apostrofala dal suddetto prete, e dopo
molte invettive per essere stretta in legami di parentado con alcuni protestanti
fu dal medesimo prete cacciala dal tem^
pio. Le grida del fanatico prete avevano
attirata una gran moltitudine di popolo;
tutti disapprovarono tali eccessi di fanatismo, e d’intolleranza. Noi atlendianio
che i pii giornali il Cattolico e l’^rmonta
lodino lo zelo di prete Garacci.
Spagna, i.a formazione del nuovo gabinetto sembra un fallo compiuto. Secondo una corrispondenza telegrafica del
15 da Madrid sarebbe, composto come
segue:
Generale Lersundi presidente del consiglio e ministro della guerra.
Ayllon, affari esteri.
Govantes ministro della giuslizia {ad
interim).
Berniudez De Castro finanze.
Egana interno.
Dorai marina.
Il signor Ayllon trovasi attualmente'
ministro pleuipotenziario di Spagna »
Vienna.
Direttore G. P. MEILLE.
Rinaldo Bacchetta gerente.
TIP. SOC. DI A. PONS K COMP.