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Anno VII
ftumero 44
£jel 12 novembre 1999
Lire 2.000 - Euro 1,03
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2 comma 20« legge 662/96
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#
Wf
mi
madre scienza
«L'anno prossimo, in questa stessa
statone, tu terrai in braccio un figlio»
IRe4,16
Le riflessioni del gruppo di lavoro
che ha proposto stimoli di riflessione sulla bioetica, hanno aiutato i
sinodali valdesi e metodisti e aiutano
le chiese, ma anche i non credenti, ad
analizzare il rapporto tra tecnologia
medica, riproduzione ed etica. Leggo
su un giornale un articolo dal titolo
«Grandi idee contro la sterilità» in cui
si dice che il riccio di mare, la rana, il
criceto, ci hanno preceduto quali soggetti della riproduzione tecnicamente
assistita. Ryuzo Yanagimachi, autore
dell’articolo, che ha proposto una breve carrellata storica delle scoperte in
materia di procreatica umana, così
conclude: «Sono convinto che la fecondazione assistita sia una nobile
missione, ma le tecniche che utilizza
devono essere impiegate nel modo corretto altrimenti non guadagnerà mai
il necessario sostegno del pubblico».
Non è nostra intenzione ironizzare
sulle nuove metodiche o sottostimare
il problema che cercano di risolvere,
ma la questione è appunto il buon uso
della tecnica.
PERCHÉ i media strombazzano a
gran voce ogni novità in materia?
Perché ci spiegano che sarà possibile
avere «propri» figli oltre i sessantanni?
Forse si vuole dare la notizia stupefacente, ma siamo abbastanza disincantati e non ci stupiamo più di nulla.
Certo, ci interroghiamo, e le questioni
che ci interrogano non nascono da
ostilità alla scienza, o avversione preconcetta che sorge da un concetto ingenuo e antiquato di natura intangibile.
Le questioni riguardano i diritti del
nascituro, il diritto all’identità e alla
relazione affettiva genitori-figlio. Se
questo sembra eccessivo, vogliamo fare
osservare che tanta insistenza sul dolore della sterilità biologica, può instillare una specie di comandamento sociale
a procreare, a ogni costo, con ogni
mezzo. Ma non abbiamo ancora fra
noi milioni di orfani e di candidati alla
morte per fame di cui prenderci cura?
Una buona madre, chiamiamo così
una società solidale, si preoccuperebbe
prima di sfamare tutti i nati e poi, solo
poi, di avere altri figli attraverso complessi e costosi interventi medici. Non è
in questione la libertà della scienza,
bensì la gestione sociale solidale delle
sue scoperte. Forse un buon uso, per essere tale, deve essere eccezionale, non
Seneralizzato. Non si tratta di aprire
un nuovo «mercato», ma di risolvere
nn grave problema esistenziale.
Ìi gruppo di lavoro sui problemi etici
posti dalla scienza ha proposto una
riflessione che non ha nulla di confessionale, e ha indicato la questione dei
costi sociali, della distribuzione delle
risorse della medicina. La Scrittura
rmn ci offre norme per districarci nelle
problematiche che nascono da interdenti che, sino a mezzo secolo fa, non
potevano neppure essere pensati. Ci
sono date però alcune parole guida,
Una di queste parole è «benedizione».
Quando si interviene per rendere possibile la nascita di una creatura, lo si
^ovefare con tutta la cautela dovuta
affinché per la coppia, la creatura, la
società, l’evento sia per tutti una benedizione. Ai cristiani, che credono al
^no della «resurrezione assistita» di
Cesù donata dal Padre al Messia e SiSriore, ai credenti che hanno ricevuto
parole nuove per parlare di vita, nasci9’Jdorte, futuro, amore, i miracoli
olla procreazione medicalmente assi^ Ita non incutono timore, non semtano blasfemi. Ciò che fa paura è che
ptocreazione sia merce nelle
dni dei giocolieri deU’impossibile.
_ Alfredo Berlendis
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
Incerto l'esito dell'importante iniziativa dell'Unione europea all'Assemblea dell'Onu
Una moratoria della pena di morte
Rodolfo Venditti: «La pena capitale riguarda l'intera famiglia umana perché non è un semplice
"affare interno" di uno stato, non è un problema di ordine pubblico ma di diritti umani»
ALBERTO CORSARI
Le ragioni della speranza e, per il
credente, della liberazione che
viene da Gesù Cristo contro la demagogia, la volontà di vendetta, il
credito ciecamente accordato ai
sondaggi d’opinione. Il dibattito
sulla pena di morte, rilanciato in
questi giorni a livello internazionale daU’iniziativa dell’Unione europea affinché i’Onu si esprima su
una richiesta di moratoria della pena capitale, dopo un tentativo già
avanzato daH’Italia a partire dal
1994 all’epoca del governo Berlusconi, si colloca in uno scenario in
cui l’allarme sociale per la violenza metropolitana si sovrappone all’uso del patibolo a fini politici. E
anche nel nostro paese, nonostante
l’orientamento «abolizionista» di
praticamente tutte le forze politiche, le inchieste, soprattutto fra i
giovani, svelano ogni tanto funeree
richieste di pena capitale.
Per chiarire la portata dell’iniziativa graduale presso i’Onu ci siamo
rivolti a Rodolfo Venditti, magistrato torinese, presidente aggiunto
della Corte di Cassazione, che con
un’opera tenace, nei corso degli ultimi decenni, ha fornito ¡’«impalcatura» giuridica agli obiettori di coscienza che chiedevano una legge
adeguata a riconoscere la loro opposizione al servizio militare armato e la loro volontà di lavorare per il
prossimo. «Non è facilmente prevedibile - dice Venditti - l’entità
del peso che una approvazione della moratoria nelle esecuzioni avrebbe sul movimento “abolizionista”. Quel peso può dipendere anche dal numero e dal tipo di stati
favorevoli alla moratoria. Tuttavia
ritengo che una votazione favorevole alla moratoria avrebbe comunque una funzione di stimolo nei
confronti delia maturazione del
problema, contribuirebbe ad alimentare il dibattito e a sensibilizzare l’opinione pubblica dei vari stati
del pianeta in direzione dell’abolizione della pena di morte».
Purtroppo però è numerosa la
schiera dei paesi che si oppongono
a qualunque sospensiva delle esecuzioni capitali, dai governi autoritari e regimi agli Stati Uniti. «L’argomento più diffuso per contrastare
un pronunciamento internazionale
sulla moratoria è quello secondo
cui la questione della pena di morte
è una questione di “ordine pubblico” e pertanto costituisce un “affare
interno” dei singoli stati - prosegue
il giudice la pretesa di sottoporre
la questione a un pronunciamento
internazionale limiterebbe la sovranità dei singoli stati e costituirebbe
una indebita ingerenza nei loro affari interni. Ma quello della “sovranità” è un tabù sempre invocato
per coprire la violazione dei diritti
umani e impedirne la punizione a
livello internazionale. Ed è un tabù
in fase di superamento poiché si va
affermando, a livello di convenzioni internazionali e di diritto internazionale, la concezione secondo
cui la violazione dei diritti umani è
sempre un fatto che riguarda l’inte
ra famiglia umana e il cui perseguimento penale e la cui punizione
non possono essere bloccati con
l’espediente del “principio di non
ingerenza negli affari interni dello
stato”. Ciò che tocca i diritti fondamentali dell’uomo non può essere
ridotto a un semplice “affare interno” dello stato che commette quella violazione». Ne sanno qualcosa,
in effetti, i giudici e il governo inglesi, impegnati nell’esame della
vicenda Pinochet, e anche i militari
argentini chiamati in causa dal giudice spagnolo Garzon sulla sparizione di cittadini spagnoli negli anni della dittatura.
Ora tocca alla diplomazia muovere i suoi passi fra ricatti e veti. Ma il
credente, oltre alle ragioni morali e
civili, ha degli altri argomenti per
sostenere una battaglia per l’abolizione della pena di morte. «Per il
credente in Cristo - afferma il credente Rodolfo Venditti - c’è una
marcia in più. Il cristiano aggiunge
Insegnanti evangelici
Costituita a Roma
l'Associazione 31 ottobre
Nell’ambito della Fcei è
nata l’«Assodazione 31 ottobre» (anniversario della
Riforma protestante) per
una scuola laica e pluralista. Si tratta di un collegamento fra insegnanti e
operatori scolastici per
mettere a fuoco il contributo culturale del protestantesimo alla scuola italiana. «La scuola deve prescindere da ogni scelta
ideologica, culturale, politica o religiosa - si legge
nel preambolo dello statuto -, anche se è chiamata
a non ignorarne la conoscenza, promuovendo, sul
piano del pluralismo, 1 apporto delle forze sociali
che ne sono portatrici».
Sul finanziamento pubblico alle scuole private, lo
statuto afferma: «Gli istituti che chiedono la parità
devono subordinarsi a
tutti i principi fissati per
l’istruzione pubblica e in
primo luogo a quello di
reclutare gli insegnanti
sulla base della professionalità, assicurando loro
piena libertà di insegnamento. Lo stato deve incrementare le risorse destinate all’istruzione pubblica ed escludere ogni
possibilità di finanziamento diretto o indiretto
all’istruzione privata, ove
questa non assicuri professionalità e libertà degli
insegnanti». (nev)
Dottrina della giustificazione
Firmato il consenso
cattolico-luterano
ulteriori argomenti: Cristo ha posto
al centro del suo messaggio l’uomo,
figlio di Dio e capolavoro della creazione, e l’importanza della sua coscienza; ha esaltato l’unicità, dignità e irripetibilità della persona
umana; ha sottolineato il valore
della coscienza individuale della vita morale; ha dedicato attenzione e
disponibilità alle persone più rifiutate ed emarginate (lebbrosi, samaritani, prostitute, pubblicani, ecc.);
ha più volte messo in evidenza l’importanza della “conversione” e
quindi la possibilità della persona
umana di crescere, di modificarsi,
di redimersi: pensiamo solo alla parabola del figliol prodigo e del padre misericordioso. La pena di morte contraddice quel messaggio: rifiuta ogni fiducia nelle possibilità
dell’uomo di “cambiare”. Toglie
quindi spazio a ogni dinamica di
crescita, inchiodando il condannato al suo sbaglio e bloccandolo in
una situazione di “irredimibilità”».
MEDITAZiONEM
Unità nella diversità
di MICHEL FAULUMEL
«La giornata della Riforma ad Augusta nel 1999 è
stata un importante passo
avanti per la testimonianza comune delle nostre
chiese», ha commentato il
presidente della Federazione luterana mondiale
(Firn), vescovo Christian
Krause, in occasione della
celebrazione solenne del
31 ottobre per la firma
della Dichiarazione comune cattolico-luterana
sulla dottrina della giustificazione avvenuta nella
chiesa luterana di Sant’
Anna davanti a 700 leader
e rappresentanti ecclesiastici, tra cui il segretario
del Consiglio ecumenico
delle chiese, Konrad Rai
ser. Hanno sottoscritto
l’accordo il presidente
della Firn Krause, il segretario generale della Firn
Ishmael Noko, il cardinale
Edward Idris Cassidy e il
vescovo Walter Kasper, rispettivamente presidente
e segretario del Pontificio
consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Ora le reciproche
condanne dottrinali non
sono più valide, ma la firma della Dichiarazione
non implica che le due
chiese abbiano ritrovato
la piena comunione su temi ancora controversi come la natura dell’autorità
della chiesa, i ministeri, la
cena del Signore. (nev)
WSPIRITUALITA«
Un giorno, una parola
' di PAOLO RICCA
EDITORIALES^«
Ecstasy
di MARCO ROLANDO
COMMENTO!
Tempo per ^ecumenismo?
di SALVATORE RAPlSARDA
Parla un pastore riformato
di PAOLO EMILIO LANDI
2
PAG. 2 RIFORMA
All’As
«^In quei giorni,
moltiplicandosi
il numero dei
discepoli, sorse
un mormorio
da parte degli
ellenisti contro
gli Ebrei, perché
le loro vedove
erano trascurate
nell’assistenza
quotidiana.
dodici,
convocata la
moltitudine
dei discepoli,
dissero: “Non è
conveniente che
noi lasciamo la
Parola di Dio
per servire
alle mense.
^Pertanto,
fratelli, cercate
di trovare fra di
voi sette uomini,
dei quali si abbia
buona
testimonianza,
pieni di Spirito
e di sapienza, ai
quali affideremo
questo incarico.
^Quanto a noi,
continueremo
a dedicarci alla
preghiera
e al ministero
della Parola”.
^Questa proposta
piacque a tutta
la moltitudine;
ed elessero
Stefano, uomo
pieno di fede e
di Spirito Santo,
Filippo, Procoro,
Nicarone,
Timone,
Parmena e
Nicola, proselito
di Antiochia.
^Li presentarono
agli apostoli,
i quali, dopo
aver pregato,
imposero loro
le mani.
^La Parola di Dio
si diffondeva,
e il numero
dei discepoli
si moltiplicava
grandemente
in Gerusalemme;
e anche un
gran numero
di sacerdoti
ubbidiva
alla fede»
(Atti 6, 1-7)
UNITA NELLA DIVERSITÀ
Il nostro modello di chiesa rimane quello del villaggio in cui siamo tutti riuniti
attorno a un campanile. Rispettare il pluralismo è difficile ma non impossibile
Note
omiletich
La seconda meriit-j
della serie «Lingue^ '
un solo spirito» 3
noto passo di Atti s
l'elezione dei diacort,
nascente comunit
deo-cristiana di g ^
lemme. Le vedove * ’
«ellenisti» vengonotS ^
rate dagli altri n,}
della comunità percJ
PO il loro soggiorno]
della Palestina, apoJ
diverse. Parlano la?
greca a“ ‘ ' '
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nziché l'ebi^n parti
oppure parlano l'eb„ juanascil
ma con un arr««*. ®
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della prima chiesa J atici
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una discriminazione?®^
membri di proveniez
versa. A questa situaji'
gli apostoli decidono?'
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afla fi
MICHEL FAULLIMEL*
mediare con I
diaconi, tutti di orSloga a qu
lenistica. Viene
conosciuta e manteilK)lasciat
la diversità linguistMonianz.
culturale nell'ambiticolui che
una stessa chiesa, biljio lo sgi
stesso spirito. ^jiaichec
Ovunque in Europiidgna fede
chiese protestantifine»
caratterizzate da unfc7„vi,io
legame con l'arnbien|T‘
cale e regionale, e W“™
ben difficile che il pii?'
so di integrazione
pea cancelli questedii»P®nfalisi
sità. Del resto ciò cheUSO ^
ricchezza, e talvoltat»f)ettacoli
che il limite, del piMCChi lasc
stantesimo europoire,finisce
proprio questa suaei-gli anim:
ma diversità. Per pmisullafeste
l'unità ricercata dailufcgsi che i
stanti europei è*3Ìuogo
dell'«unita nella
sità». Questo vale sii; ambito politico-culti»!. ~ .°
sia in ambito ecuim^j ®
«intraprotestante»®’^^
terconfessionaie.
____________________jareth, q
T N quei giorni - ci dice il
J. passo biblico proposto alla nostra meditazione - moltiplicandosi il numero dei discepoli, sorse un mormorio da
parte degli ellenisti contro gli
Ebrei». Come mai? Già 2.000
anni fa, un conflitto di lingue,
di accenti, di culture! Cultura
non nel senso di «colto», di «fine letterato», ma nel senso di
«kultur», modo di vita. Le vedove del loro gruppo si lamentano, dicono gli ellenisti. E di che
cosa si lamentano? Di discriminazione linguistica. Quelle
donne avevano lasciato Gerusalemme insieme ai loro mariti, partiti per la Grecia come lavoratori migranti, perché a Gerusalemme, a parte il Tempio
che impiegava una numerosissima mano d’opera, non c’erano altre possibilità di lavoro
nell’Israele dell’epoca, salvo fare il piccolo contadino o il pescatore sul lago di Genezaret.
Evidentemente, il ricongiungimento familiare esisteva già,
e comunque la concezione
ebraica della famiglia non
avrebbe tollerato una separazione troppo lunga. I loro mariti sono deceduti laggiù o in
Palestina? Non lo sappiamo.
Fatto sta che ora quelle donne sono vedove, e sono tornate al paese. Ma ecco, esse parlano volentieri il greco, oppure
l’ebraico o l’arameo, ma con
quell’accento caratteristico
che fa dire agli altri che non
siete di qui.
Da Corinto a Gerusalemme
Preghiamo
O Dìo, noi ti rendiamo grazie per la grande varietà di
esperienze umane e per i doni che ci portiamo gli uni
agli altri, quando ci incontriamo in uno spirito di ascolto
e di amore;
per la possibilità di dialogo nella comunità e per l’arricchimento reciproco e la comprensione che ne derivano.
Noi ti preghiamo che tutti gli esseri umani, di qualunque religione, possano essere liberi di affermare le proprie convinzioni con integrità e di ascoltarsi gli uni gli altri con umiltà;
che la Chiesa possa compiere un ministero di riconciliazione in un mondo diviso dal sospetto e dall’incomprensione, e che compia un’azione riparatrice là dove
l’intolleranza religiosa divide la comunità umana;
che la Chiesa possa rendere testimonianza con amore
e verità a colui che chiama Signore e nel cui nome noi ti
preghiamo. Amen!
da «Gesù Cristo vita del mondo» - Cec 1983
(tratto da Quando è giorno? deüaCevaa)
Tuttavia non c’è solo la
lingua. La maggior parte di
quelle famiglie sono forse vissute a Corinto, un porto di
600.000 abitanti di cui 300.000
schiavi. Gerusalemme, con i
suoi 10.000 0 15.000 abitanti,
appariva molto provinciale in
confronto. E si capisce che
quelle donne si sentano un po’
allo stretto. «Beato chi come
Ulisse ha fatto un hel viaggio...», ma quando si torna indietro, a casa, non si trova
sempre un orecchio attento,
aperto alla novità e desideroso
di sapere com’è altrove.
A Gerusalemme quelle vedove trovano una vita cultuale
che funziona molto bene, gente pia, seria, ma centrata su se
stessa. Le loro preoccupazioni,
pensano, girano attorno al loro
Tempio; il loro lavoro, i loro
pensieri, la loro politica, le loro
relazioni, girano attorno a quel
Gesù di cui tutti parlano. Insomma, preoccupazioni molto
centrate su Gerusalemme. Esse non vi trovano il loro posto.
Eppure, sono ebree; dico «eppure» perché ci si aspetterebbe
che tra correligionari le questioni di lingue, di accenti o di
modi di vita passino in secondo piano. Può anche darsi che
si dicano tra loro: a che cosa
serve allora una religione se ci
si ferma a questi dettagli di lingue o di abitudini alimentari?
La differenza fa paura. Essa
rimette sempre in discussione. Questo essere rimessi in
discussione da parte dell’altro
che parla diversamente, che
vive diversamente, che mette
le sue priorità altrove, non ha
bisogno di essere formulata. È
sempre lì, e il primo riflesso è
proprio quello della paura e
del ripiegamento su se stessi o
sul proprio gruppo, sui propri
valori, sulla propria identità. È
normale, non c’è da colpevolizzarsi.
Crisi seria, dunque, in quella
nascente comunità giudeo-cristiana dove, a guardarvi più da
vicino, non si viveva veramente quella unanimità così a lun
go lodata, insegnata nei nostri
catéchismi, citata come modello da seguire nelle nostre liturgie di insediamento dei
membri del Concistoro, dei
diaconi o dei pastori, cantata
nei nostri inni: un solo cuore,
una sola voce, una sola anima.
Tutti insieme, come un soTuomo dietro al Cristo, in fila perfetta. Se, 2.000 anni fa, delle
donne hanno portato il dibattito in piazza, questo voleva
dire che la coppa era piena!
Come si risolverà la crisi? In
parte con una nuova ripartizione dei compiti, in base a
quello che oggi, in Europa,
chiameremmo il «principio di
sussidiarietà»: i diaconi possono perfettamente, a livello locale, risolvere le questioni riguardanti la loro situazione.
Protestanti in Lussemburgo
Questo episodio ci aiuterà
ora nella riflessione sul tema centrale di questa serie di
culti sull’Europa: diverse lingue, un solo spirito. Il protestantesimo lussemburghese è
un protestantesimo di importazione. Qui, la Riforma non ha
mai «attecchito». E che cosa
osserviamo? Che è evidente
che siamo, e che restiamo prima di tutto lussemburghesi,
francesi, svizzeri, tedeschi, danesi, olandesi, e soltanto dopo
cristiani protestanti. Il luogo
dal quale ognuno di noi parla è
prima di tutto quello della propria identità nazionale, della
propria storia personale e del
proprio ambiente. La fede non
è mai soltanto la fede. In ogni
fede, c’è un po’, molto, appassionatamente, di cultura, di
abitudini, di tradizioni.
Parliamo spesso di inculturazione del cristianesimo per
l’Africa, ma in Europa non ci
sentiamo coinvolti. Il nostro
modello di chiesa, profondamente iscritto nel nostro subconscio, rimane quello del villaggio in cui siamo tutti riuniti
attorno a un campanile e a una
casa pastorale. Ci piace mangiare francese o italiano, bere
la birra belga o tedesca, comprare la porcellana danese e visitare i musei olandesi. Il lussemburghese è praticamente
trilingue fin dalla nascita... ma
per quanto riguarda la pratica
religiosa, a ognuno piace ritrovare i propri riferimenti. E
«Stille Nacht» non è «Douce
Nuit, Sainte Nuit».
Laicità, democrazia, che a
volte ci portano fino al congregazionalismo, all’individualismo, alla riuscita sociale: altrettanti valori comunemente
detti protestanti che la realtà
dell’Europa ha perfettamente
integrato. Sarà per questo che
i protestanti sono stati i grandi
assenti all’inizio della Comunità europea: Monnet, Schuman. De Gasperi, Adenauer,
Spaak, il lussemburghese Werner, padre dell’euro, erano tutti bravi cattolici.
Il cristianesimo è stato sempre un fattore di unità in Europa? Non è stato a volte un elemento di divisione più che di
unificazione? Questo dovrebbe indurci a maggiore modestia. Il protestantesimo europeo fa molta fatica ad andare
oltre orizzonti nazionali, per
non dire regionali o provinciali. Ora, l’Evangelo afferma che
«Dio ha tanto amato» non il
Lussemburgo, o la Svizzera, o
la Francia ma... «il mondo che
ha dato il suo unigenito Figliolo affinché chiunque crede in
lui non perisca ma abbia vita
eterna». Chiunque, cioè tutti.
Lasciare una casa individuale con un grande giardino attorno per un appartamento in
un condominio con i vicini accanto, al di sotto e al di sopra,
implica un lungo apprendimento: parlare meno forte,
cambiare le proprie abitudini,
acquisire certi riflessi. L’Europa è anche questo. L’Europa
delle nazioni, l’Europa politica, e l’Europa delle chiese che
resta ancora da fare. Ma non
ci sono solo inconvenienti.
Possiamo tutti imparare dall’altro. Io ho esercitato il mio
ministero pastorale in parte in
una chiesa erede della più
stretta tradizione riformata:
sobrietà dei luoghi, sobrietà
della liturgia, del tavolo della
comunione mentre qui a Lussemburgo, se potessi farvi vedere la nostra chiesa, vedreste
un bell’edificio barocco, intatto, con un imponente Cristo in
croce in mezzo, un vero e proprio altare e grandi vetrate
nell’abside. La forma del culto
compier
ne risente, certo. Ma latóa di Isc
è poi così più important#®no ac
contenuto? l’anr
«Le vedove degli ebrei^LOio e d
nati dalla Grecia parlai lo (Luca 4
greco...», ci dice il nostroB giare nel
E allora? Mi stupisco chef rii toù s
cuno se ne stupisca. Sì, fiilatti i rivi
vano greco. Per questo, 9j®®oti ec
forse meno ebree delleil™Loorso
Meno degne di ricevere suo ii
promesso a tutte le ve#'o biblici
qualunque fosse la loro4^°ria co:
ne? La molteplicità deitL^atempi
gue è un ostacolo, questoif
contestabile, ma nonèi®
perabile. 11 bi, o addirittP
trilinguismo è una riccW
che tuttavia richiede sfo®*
apertura, di pazienza, di ^
prensione dell’altro, tutte^
che non sono mai acqn»"
una volta per tutte.
Due condizioni
A
LLORA, «lingue dive»
uno stesso spirito»^ 5*^^
ma a“
passionatamente,.
condizioni: la pri®^:,»
questo slogan non deti
una visione angelica, roB,
ca in cui tutto dovrei
re per il meglio nel
dei mondi. A Gerusalen^
chiesa nascente era neUÌ
no; 2.000 anni più tardi,'“.
ellt®!!
rapa, essa rimane neu
Rispettare il pluralismo .
Cile, è una lotta per m®
per l’altro, perché i miei^
sono i suoi doveri, e vie .
Parola d’ordine, dunqU®'Uj
tosto che slogan.
convinto che Dio eia i
seconda condizione i
questo «stesso spirito” j
quello spirito, pi
iccolo c
ma tanto piú.perico|¡>®¡i
voglia fare del mondo
gantesca Torre di
;llde“Ì'
unica lingua, un unico
di vita, un unico dio-^“
Diverse lingue, uno
rito, a condizione on
il soffio di Dio, lafgO’P® „r
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davanti a noi. ^
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della radio francese.
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La Claudiana ha pubblicato la 270^ edizione di «Un giorno, una parola»
Cercare e trovare Dio, ogni giorno
Ciò che anima la vita di fede è che Dio non è mai trovato per sempre né perduto
per sempre. La lettura quotidiana della Bibbia è un grande aiuto nella ricerca
PAOLO RICCA
he cosa vuol dire (...) feg(0ggiare nel Duemila la
■'ano la lüérsona di Gesù celebrando
ché solennità la
'ano l'eXanascita? Che cosa signifiaccento 4(3 festeggiare una rivelazione
che al|'i„J(i,enon è categorica ma prochiesa (rZkiematica in quanto non si
’ .'^'^^cren^ttrae alla discussione e alla
ni nazione!^, e per questa via chiaestfÌ%aalla fede e la suscita? Sideciri„ ®4«iifica molto semplicemente
n l'ele ioSre ogg‘ un’esperienza anati di orl fS® a quella delle prime geiene qui£nerazloni cristiane che hane mantelillo lasciato questa bella testi^ linguistiSmonianza: «Come vedendo
lell'ambycoluiche è invisibile... teniachiesa, dilmo lo sguardo fisso su Gesù:
èlui che ci ha aperto la strada
' Luropi,|Jj]ia fede e ci condurrà sino
testanti sa, JÜ3 fine» (Ebrei 10, 37; 12, 2).
ite da unfi|i[|jjj(,jjio delle celebrazioni
¡ Duemila è che gli sguardi
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irazioneZsd Gesti e che un certo tipo di
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to che è possibile grazie alla
testimonianza biblica e specialmente ai racconti evangelici. I Vangeli non dicono tutto su Gesù, ma dicono abbastanza perché si possa prendere, nei suoi confronti, la
decisione della fede o il suo
contrario. «Queste cose sono
state scritte affinché crediate
che Gesù è il Cripto, il Figlio
di Dio, e affinché credendo
abbiate vita nel suo nome»
(Giovanni 20,31).
Soprattutto è Gesù che vive
e parla nelle pagine della
Scrittura, riproponendo l’antica domanda: «E voi, chi dite
che io sia?». E si ripete oggiquello che accadde allora a
uomini e donne contemporanee di Gesù e che il pastore,
teologo e medico-missionario Albert Schweitzer (18751965) ha descritto in termini
coinvolgenti al termine della
sua opera monumentale sulla Storia dell’indagine sulla
vita di Gesù: «...egli viene a
noi come uno sconosciuto e
un uomo senza nome, com’
egli si presentò un giorno sul
bordo del lago a quegli uomini che non sapevano chi egli
fosse. Egli pronuncia la stessa
parola: “Tu, seguimi!” e ci
pone dinanzi ai compiti che
egli vuole adempiere nel nostro tempo. Egli comanda. E
a coloro che gli ubbidiscono,
ai dotti e ai semplici, egli si rivelerà nell’esperienza di pace, opere, lotte e sofferenze
che essi potranno fare nella
comunione con lui. Allora essi conosceranno come in un
mistero ineffabile chi egli è».
Nella pratica del discepolato si svelerà il segreto della
persona di Gesù, la cui chiamata è oggi viva e immediata
come allora. 1 racconti evangelici l’hanno registrata e la
ripropongono a ognuno che
ha orecchi per udire. Solo che
oggi questa chiamata deve essere letta per essere udita. E
la promessa, che sta sulla let
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SCHEDA
Una spiritualità austera
«Un giorno, una parola. Letture bibliche quotidiane per il
2000» pubblicato dalla Claudiana è la traduzione e il riadattafflento a cura della Federazione delle chiese evangeliche in
Italia del lezionario diffuso ogni anno dalla «Comunità [o
Unità] dei Fratelli di Herrnhut». Si tratta della 270“ edizione
utilizzata in tutto il mondo, oggi in ben 40 lingue diverse. La
comunità di Herrnhut nacque dall’incontro di gruppi di credenti esuli per ragioni di fede dalla Moravia con la spiritualità
luterana di tipo pietista del conte tedesco Nicola Luigi di Ziri®ndorf, a cui appartenevano le terre dove la comunità fu inizialmente accolta. Fu chiamato Herrnhut, letteralmente
«Guardia del Signore», il borgo nato nel 1722 con l’arrivo degli
esuli. Tali gruppi, meglio conosciuti come Fratelli moravi,
provenivano a loro volta daU’antichissirha tradizione facente
capo a Jan Hus, professore in teologia boemo, condannato coûte eretico e morto in carcere nel 1415.
1^ spiritualità semplice e austera dei Fratelli moravi si caratterizza ancora oggi per un appassionato amore per la lettura
.'Ulica, per un forte slancio missionario e per una grande sensibilità ecumenica. La parola «Losungen», nome originale tedesco del lezionario, significa letteralmente «sorteggiati» e yiene infatti dall’abitudine che aveva Zinzendorf di sorteggiare
dei versetti biblici da distribuire ogni mattina ai membri della
sua comunità. Da fi l’idea di preparare annualmente una raccolta di versetti per ogni giorno, di cui il primo dell’Antico Testamento è effettivamente sorteggiato da una gamma di 1.780
Eduzioni; il secondo, tratto dal Nuovo Testamento, è invece
ubpinato al primo per affinità di contenuto. A questi versetti fu
poi aggiunta una breve preghiera e il suggerimento per due alte® letture di testi biblici. La raccolta fu diffusa man mano pritea in tutte le comunità che sorgevano dalla loro evangelizza®one, poi in tanti altri ambienti cristiani. Perché il sorteggio? Il
sorteggio era, a somiglianza di quanto riportato negli Atti degli
Apostoli relativamente alla scelta del dodicesimo apostolo dopo la morte di Giuda (Atti 1,26), una maniera per esprimere fitecia nella misteriosa guida di Dio nella vita dei credenti. Pare
Che in alcune fasi della vita della comunità il metodo del sor®^o fosse usato anche per combinare matrimoni.
La versione del lezionario di quest’anno presenta in apPondice anche un’altra raccolta di testi, quella del «Leziona0 comune riveduto», elaborata per i culti domenicali da un
omitato ecumenico e adottata ufficialmente dalle prmcipali
^nominazioni protestanti dei paesi di lingua inglese di tutto
ìi'^tehdo. È disponibile presso «Rete di liturgia», via Firenze
»“’.UO184 Roma (fax 06-4828728) una guida sintetica per
__hizzo di questo lezionario.
tura e meditazione di quei
racconti e di ogni pagina biblica, che la Scrittura ridiventi Parola e questa si configuri,
per chi legge, come benedizione e vocazione. Ecco come
accade: «Apro la Bibbia per
cercare, e mi accorgo che
Qualcuno mi sta cercando da
tempo. Ogni volta sono in attesa di un Tu, ed ecco, ero io
l’atteso, e l’ignoravo. Muovo
le labbra per invocare il suo
Nome, ed ecco, ero già io
stesso interpellato e chiamato
per nome: U Suo e il mio nome si incontrano».
È di questa esperienza che
parla U versetto che accompagna l’edizione per il 2000 del
lezionario «Un giorno, una
parola» (il cosiddetto «versetto dell’anno»): è una parola
del profeta Geremia rivolta al
popolo esiliato, lontano dalla
terra dei padri e dal tempio
ormai distrutto. In una situazione di prova estrema, di
grande afflizione e smarrimento, risuona questa parola:
«Voi mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete
con tutto il vostro cuore; e io
mi lascerò trovare da voi, dice
l’Eterno» (29, 13-14). È come
se Dio andasse anche lui in
esilio con gli israeliti deportati
e lì, lontano dalla terra pro
messa si lasciasse ritrovare da
loro che l’avevano, per così
dire, perduto quando avevano
il tempio, e ora lo ritrovano
senza bisogno del tempio.
Israele aveva perduto tutto,
tranne il ricordo di Dio; aveva
perduto anche Dio ma non la
memoria di lui; per questo
può ricominciare a cercare
colui che già aveva incontrato
e conosciuto. E lo ritroverà:
«Io mi lascerò trovare da voi,
dice l’Eterno».
Dio non è mai trovato per
sempre e non è mai perduto
per sempre. Cercare e trovare
Dio, cercarlo di nuovo e di
nuovo trovarlo, l’anima stessa
della vita e della fede e della
vita di fede, come suggerisce
questa bella preghiera; «Signore concedi a tutti quelli
che ti cercano di trovarti e a
tutti quelli che ti hanno trovato di cercarti di nuovo, finché
tutto il nostro cercare e trovare giunga a compimento della
tua presenza». L’esaudimento
di questa preghiera costituisce il più bell’augurio per la
presente edizione di «Un
giorno, una parola» (la 270“
della serie: la prima apparve
infatti nel lontano 1731),
quella che accompagnerà il
lettore giorno dopo giorno,
durante tutto l’anno Duemila.
Il viaggio spirituale dei credenti
La fede che vive ogni giorno
MINA ESPOSTI
Frequento una piccola
comunità battista che
non sempre può avere un pastore durante il culto. Noi tutti abbiamo imparato un po’
ad arrangiarci, a fare i turni
con la predicazione; anch’io.
Circa tre anni fa, predicando,
ho concluso leggendo dal settimanale «Riforma» la testimonianza di un fratello che
nell’ultima guerra era stato
deportato in un campo di
concentramento. Egli diceva
«mi era rimasta solo la Bibbia,
che tenevo nascosta e che per
fortuna non mi avevano trovato. Non avevo più nulla,
neppure i ricordi. Leggendo
la Parola trovavo coraggio e
sicurezza e la fede in Dio si
rinnovava ogni giorno». La testimonianza concludeva dicendo: «Ora lavoro e viaggio
molto ma anche se le mie
partenze non sono verso un
campo di concentramento io
non parto più senza una Bibbia nella valigia».
Dopo qualche tempo venne a Lodi un fratello di Roma
e ci parlò di un libretto; «Un
giorno, una parola» definendolo interessante per la guida
alla lettura della Bibbia. E ancora ricordo di un fratello milanese che ce lo consigliò anche per prepararci alla predicazione. Mio marito acquistò
quella volta per la prima volta «Un giorno, una parola».
La mia testimonianza non
riguarda me direttamente ma
mio marito Luciano: circa
cinque anni fa Luciano fu costretto a lasciare un lavoro sicuro. Le nostre sorelle e fratelli pregarono perché Luciano, già ultracinquantenne,
potesse trovare un nuovo lavoro. Lo trovò, ma questo lo
porta lontano da casa anche
per settimane intere. Il conflitto della mia famiglia è che
se papà è lontano significa
che lavora e guadagna, ma ci
manca. Se è invece a casa siamo contente perché ci è vicino ma non lavora. Io non lo
so e non glielo ho mai chiesto, ma da quando a motivo
di questo lavoro è costretto a
viaggiare molto la prima cosa
che mette in valigia è la Bibbia e «Un giorno, una parola». Quando torna svuota la
valigia e rimette sul tavolino i
due libri che legge regolarmente prima di coricarsi. Io e
le mie tre figlie abbiamo ben
chiara un’immagine di papà:
sia che si trovi a casa o solo in
albergo, lo vediamo mentre
legge prima «Un giorno, una
parola» e poi la Bibbia dove
cerca i passi suggeriti per
quella giornata.
Anche lui, come quel credente sopravvissuto ai campi
di concentramento, viaggia
portandosi dietro il suo tesoro più prezioso: la Bibbia,
certo, ma anche quel piccolo
sussidio che lo aiuta a viaggiare nel paesaggio biblico
nel suo viaggio spirituale.
Il lezionario nelle varie comunità
Uno strumento per rompere
¡I senso dì isolamento
DARIO SACCOMANI
PARLANDO della vita delle
nostre chiese con un amico fraterno, e raccontando la
vita comunitaria nelle chiese
battista e valdese di Campobasso, il discorso è caduto sul
lezionario «Un giorno, una
parola». In conseguenza a
questa conversazione mi è
stato richiesto di scrivere una
testimonianza, in altre parole
la mia personale esperienza e
quella di molti membri delle
comunità che curo.
Solo da tre anni le chiese
battista e valdese di Campobasso hanno scelto di usare
questo lezionario proposto, e
le motivazioni originarie sono
molteplici, non ultima la necessità di superare la difficoltà (non solo del pastore) di
scegliere un testo per la predicazione di ogni domenica.
Una delle difficoltà che spesso incontrano le chiese di
diaspora, è quella di sentirsi
partecipi di una comunione
più ampia, di fare parte di un
corpo che vada oltre il limite
segnato dal loro isolamento.
Il culto, sebbene vissuto e
partecipato localmente, non
sempre assume quel carattere
di comunione con il resto del
modo cristiano che si riunisce, generalmente, ogni domenica. Uno degli effetti particolari dell’uso di «Un giorno, una parola» è stato la consapevolezza che in quella domenica molte altre chiese,
molti altri fratelli e sorelle,
avrebbero riflettuto, pregato
e lodato Dio sulla base dello
stesso testo sul quale anche la
nostra chiesa rifletteva, pregava e lodava. Una tale consapevolezza ha, in un qualche
modo, rotto quella sensazione di isolamento, di particolare «fuori contesto» che
spesso aleggia nelle nostre
chiese di diaspora.
La possibilità di acquistare,
a un costo molto modesto,
questo prodotto editoriale da
parte di tutti i membri di
chiesa, consente a ciascuno,
fra l’altro, di potere conoscere, e quindi leggere anticipatamente, il testo della predicazione. La lettura anticipata.
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Tfgnim filift mdtrtfmrs.
Odi9 bàhmriua m itétà.
Jan Hus in una stampa del sedicesimo secolo
accompagnata dai testi di accompagnamento, ha spesso
consentito un confronto e un
dialogo più profondo e sereno sul sermone, e una partecipazione più meditata al
culto stesso. Coloro che acquistano «Un giorno, una parola», normalmente cercano
di seguirlo, anche nelle letture quotidiane. Ciò che ha colpito molti è che tali letture
preparano al testo della domenica, oltre a fornire un
momento quotidiano di raccoglimento personale o familiare. Accade, infatti, che alcune coppie hanno cominciato a raccogliersi insieme la
mattina per leggere quei due
o tre versetti e per pregare insieme, così da avviare la giornata nel nome del Signore.
Succede che durante gli studi
biblici, o nelle conversazioni
fuori dalle sale di riunione,
uno dei versetti del giorno
trova un collegamento con
quanto si è detto o fatto durante la giornata, creando
una specie di intesa fra coloro che seguono «Un giorno,
una parola».
Indubbio è, poi, l’avvicinamento che il lezionario ha
prodotto verso la Bibbia. Sia i
versetti di ogni giorno, che
comunque danno un parallelo fra il Nuovo Testamento e
l’Antico Testamento, sia la
lettura continuata proposta
ogni giorno hanno fatto scoprire testi mai letti, o aperto
libri che normalmente si
scartano dalla nostra lettura
senza una vera motivazione.
In poche parole, la testimonianza che posso rendere, riguardo a «Un giorno, una parola» è sostanzialmente positiva, tanto da consigliarla anche come strumento per avviare a una lettura biblica chi
ha delle difficoltà. Ho trovato
in questa opera editoriale un
ottimo strumento sia per la
mia lettura quotidiana, sia
per il lavoro della chiesa, per
tanto mi sento di consigliarlo
vivamente.
La lettura quotidiana della Parola
Un gesto che dà speranza
DANIELA MASTANTUONI
MI trovo spesso, all’inizio
di un anno, a far scorrere sotto le dita le pagine di un
piccolo libro, «Un giorno, una
parola». Guardo le pagine in
movimento e penso: sono i
miei giorni. È un gesto che mi
dà speranza. È la serenità di
sapere che il futuro non sarà
vuoto ma carico di una parola che mi aiuterà a vivere
quei tempi che considero
speciali, come il tempo di Pasqua o il tempo di Natale...
ma anche quei tempi «ordinari», i giorni che non portano con sé il ricordo di eventi
particolari. Questo basta per
percorrere un altro anno.
Così parto in compagnia di
questo amico, con la curiosità
di sapere dove mi porterà. È
l’inizio di un viaggio. I libri
della Bibbia sono luoghi da
visitare, dove ci si può fermare a lungo, per contemplare la
bellezza, per riflettere e pensare su Dio. Parlare con lui.
Quando questo accade, la parola di Dio diventa un cibo
sempre più necessario. «Un
giorno, una parola» mi aiuta a
trovare questo cibo, questo
«pane quotidiano» che ho imparato a condividere in una
predicazione, in un momento di meditazione e di preghiera. È un modo per scoprire insieme a fratelli e sorelle, un Dio che vuole essere
con noi nel tempo, anche nel
giorno che ci sta davanti.
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PAG. 4
RIFORMA
Ecumene
VENERDÌ 12 novembre
Intervista al segretario generale della Conferenza delle chiese europee (Kek)
Le chiese^ ponti per superare le nuove divisioni
Il pastore Clements ha partecipato al recente Sinodo dei vescovi europei in qualità
di «delegato fraterno». Il ruolo delle chiese cristiane nell'Europa del dopo 1989
LUISA NITTI
IN occasione di una conferenza a Frascati per la presentazione della «Carta ecumenica per l’Europa», l’agenzia Nev ha chiesto al pastore
Keith Clements, segretario
generale della Conferenza
delle chiese europee (Kek),
una valutazione del Sinodo
dei vescovi europei (che si è
concluso il 23 ottobre), a cui
egli ha partecipato come «delegato frateriio».
- Pastore Clements, come
valuta nel complesso la sua
esperienza come «delegato
fraterno» al Sinodo dei vescovi europei?
«È stata la mia prima esperienza di un incontro cattolico a questo livello. Penso che
sia stata una buona opportunità per avere una visione
della Chiesa cattolica in Europa nel suo insieme. Nei primi
giorni ogni vescovo ha avuto
la possibilità di parlare, senza
un ordine particolare: così ci
è stato offerto un “mosaico”
della Chiesa cattolica in Europa, e naturalmente si è avuta
anche un’idea della varietà
delle opinioni. Come delegati
fraterni siamo stati accolti
molto bene: abbiamo avuto la
possibilità di parlare nelle
sessioni plenarie e partecipare ai gruppi di lavoro. Inoltre,
durante il Sinodo, siamo stati
ricevuti dal papa».
- Quale spazio ha riservato
il Sinodo alla questione dell’ecumenismo?
«Devo dire che la mia prima impressione è stata caratterizzata da una certa delusione. Infatti nel documento
di lavoro per il Sinodo, “Instrumentum laboris”, l’ecumenismo viene esplicitamente menzionato solo in due paragrafi. Ho pensato che questo è un peccato, perché così
tanta parte del documento in
realtà è implicitamente ecumenica, in quanto parla di
preoccupazioni e speranze
comuni a tutte le chiese in
Europa, e non solo proprie
della Chiesa cattolica. D’altra
parte mi ha incoraggiato il
fatto che durante il Sinodo
molti vescovi nei loro interventi hanno fatto la stessa osservazione. Spero che l’ecumenismo troverà maggiore
Il segretario generale della Kek, Keith Ciements
spazio nelle proposizioni finali del Sinodo. Avrei preferito un documento che guardasse di più all’esterno, che
esaminasse con più attenzione quanto avviene nella società europea e che guardasse
alla necessità che ci siano segni di speranza anche nel modo in cui le chiese si rapportano le une con le altre. La divisione ideologica tra Est e Ovest è finita; ma ciò che abbiamo adesso in Europa è una
nuova forma di tensione, che
si va costruendo sull’antica
divisione storica fra l’Est bizantino e l’Ovest latino, e sul
crescente divario economico.
Se le chiese vogliono offrire
speranza all’Europa, esse
stesse devono fare da ponti
per superare le nuove divisioni. La speranza per l’Europa e
per l’ecumenismo sono due
lati della stessa medaglia».
- Eppure dagli interventi di
molti vescovi emerge una forte sensibilità verso l’ecumenismo e la richiesta di approfondire il dialogo fra le diverse confessioni...
«Mi sembra che il tema del
l’ecumenismo sia preso sul
serio soprattutto nei posti
dove ci sono stati gravi conflitti, come nell’ex Iugoslavia,
in Irlanda del Nord, o in situazioni in cui c’è una vita
ecumenica molto ricca a livello locale. Ma a livello generale ho avuto la sensazione
di una chiesa che, come purtroppo quasi tutte le chiese, è
preoccupata di salvaguardare
se stessa. C’è ancora molta
strada da fare».
- Qual è la sua valutazione
del tema scelto per questo Sinodo europeo?
«11 tema del Sinodo, “Gesù
Cristo vivente nella sua chiesa, sorgente di speranza per
l’Europa”, è senz’altro un ottimo argomento, ma naturalmente potrebbe essere interpretato in modo angusto,
centrato sulla chiesa; potrebbe infatti essere interpretato
come: “Gesù Cristo è vivo
nella nostra chiesa, e per
questo c’è speranza per l’Europa”. Io preferisco dire: Gesù Cristo è vivo e per questo
motivo c’è speranza per la
chiesa e per l’Europa. Ciò che
dico non vale solo per la
Chiesa cattolica, perché sono
molte le chiese europee che
cercano segni di speranza solo al loro interno».
- Anche il dialogo interreligioso è stato uno dei temi centrali. Come affrontano i vescovi europei la questione del
rapporto con l’Islam e con le
altre religioni?
«Molti hanno a cuore la
questione del dialogo tra cristiani, musulmani, ebrei. Ma
anche in questo caso la maggiore o minore sensibilità è
legata al contesto in cui ci si
trova in Europa, alle diverse
esperienze locali. Nelle chiese occidentali, ad esempio, la
relazione con i musulmani è
una esperienza relativamente
nuova; invece per quelle dell’Est del Mediterraneo questo
rapporto è parte della loro
storia da secoli. Una parte interessante del nostro lavoro
comune Kek-Ccee (Consiglio
delle conferenze episcopali
europee) è il comitato congiunto sull’Islam in Europa.
All’interno del nuovo comitato, eletto all’ultima Assemblea ecumenica di Graz, c’è
un grosso sforzo per avere un
dialogo diretto con i musulmani: non solo parlare
dell’Islam in Europa, ma finalmente imparare a dialogare con l’Islam».
- Durante il Sinodo il cardinale Carlo Maria Martini
ha chiesto maggiore «democrazia» per la Chiesa cattolica. Come valuta questa richiesta di Martini?
«Il cardinale Martini è noto
come una figura ecumenica
forte. Interpreto il suo intervento come richiesta di maggiore collegialità all’interno
della Chiesa cattolica. Penso
comunque che questa richiesta si ritrovi in molte chiese e
confessioni religiose e non
sia un problema che appartiene esclusivarnente alla
Chiesa cattolica. È una questione fondamentale, perché
riguarda la domanda su come la chiesa arrivi a formarsi
un’opinione su vari temi: ho
trovato molto interessante
l’intervento del cardinale
Martini, perché la sua domanda in definitiva chiede
che cosa significhi per la
chiesa essere una comunità».
Séte (Francia): IV colloquio delle chiese protestanti minoritarie in Europa
Il ruolo delle chiese riformate minoritarie nella sfera pubblica
JEAN-JACQUES PEYRONEL
Quale visibilità e quale
impatto hanno le chiese
minoritarie della Riforma nei
confronti dello stato e della
società in cui sono inserite?
Questo il tema del IV colloquio europeo organizzato
congiuntamente dalla Conferenza delle chiese protestanti dei paesi latini d’Europa
(Cepple), dalla Chiesa riformata di Francia (Erf) e dalla
Chiesa evangelica della Renania (Ekir), che si è svolto
dal 20 al 24 ottobre, presso il
Centro «Le Lazaret» di Séte,
vicino a Montpellier, al quale
ha partecipato una trentina
di persone.
Che cosa dice la Bibbia su
questa questione? E qual era
l’atteggiamento delle prime
comunità cristiane nel primo
secolo? Due studi biblici, presentati dal prof. Elian Cuvillier, della Facoltà protestante
di teologia di Montpellier,
■hanno fornito un’ottima base
di riflessione. Dalle Lettere di
Paolo e dall’Apocalisse di
Giovanni, emergono due mo
delli di comportamento: di
fronte al potere imperiale
della «pax romana», i cristiani
del primo secolo hanno atteggiamenti diversi, uno di
«sottomissione critica» (Paolo) e uno di «resistenza obliqua» (Giovanni). Anche il loro
atteggiamento rispetto alla
società è significativo: fino a
che punto possono partecipare alla vita sociale del loro
tempo? Essi infatti sono esposti a due rischi opposti: quello
della totale assimilazione e
quello della ghettizzazione.
Devono quindi mantenere un
atteggiamento critico che li
impedisca sia di soccombere
alla «seduzione» dello stato e
della società imperiali, sia di
trasformarsi in sette.
Ovviamente non è possibile operare una pura e semplice trasposizione di questi due
modelli nella nostra situazione, dopo oltre 1.900 anni di
storia, anche se la «pax americana» del mondo globalizzato di oggi ha lo stesso potere di seduzione della «pax romana» di allora. Anche le
chiese dell’Europa dell’Est,
che per 50 anni sono vissute
in uno stato totalitario, godono oggi delle libertà democratiche che quelle dell’Ovest
hanno conquistato 20 o 50
anni prima. Ma che uso fanno le une e le altre di questa
. libertà rispetto alla'società di
cui fanno parte? Mangiano o
no «le carni sacrificate agli
idoli» di cui parlava Paolo
nella 1 Corinzi? In altri termini, come fanno a vivere «nel
mondo» senza essere «del
mondo»? 11 che è un altro
modo di dire: come fanno a
rimanere «chiese» e a non diventare «sette»? Perché, in
fondo, la distinzione tra chiesa e setta passa proprio attraverso il rapporto che i credenti hanno sia rispetto allo
» stato sia rispetto alla società.
La ragion d’essere delle
chiese, a prescindere dalla loro consistenza numerica, è
quella di annunciare e testimoniare l’Evangelo di Gesù
Cristo. Annuncio e testimonianza, rivolti alla società,
presuppongono delle parole
e delle azioni concrete. A seconda delle situazioni speci
fiche nei vari paesi, queste
parole e queste azioni assumono forme diverse (prese di
posizione pubbliche, dichiarazioni, campagne di vario
genere, diaconia, ecc.), e per
essere efficaci queste parole e
queste azioni devono usare
un lin^aggio che possa essere capito dai cittadini delle
nostre società, ormai ampiamente secolarizzati sia all’Est
che all’Ovest del nostro continente. Anche iluoghi più
segnati dalla Riforma, come
la Germania o la Ginevra di
Calvino, devono ormai fare i
conti con una cultura e un
modo di vivere che spesso
ignorano la presenza delle
chiese, tanto più se sono minoritarie. Ma proprio in questa realtà di società sempre
più disorientate a livello sociale, culturale e spirituale, le
chiese devono da un lato riscoprire e rivalutare la loro
dimensiorte di comunità di
«forti» e «deboli» e dall’altro
scegliere gli strumenti più
adatti per comunicare a tutti
e a ognuno la «buona notizia» dell’Evangelo.
,
Kaiser in Honduras: celebrare il prossimj
giubileo secondo il vero spirito biblico
venef
HONDURAS — È stato l’Honduras la terza tappa della
ai paesi del Centro America del segretario generale del c? '
glio ecumenico delle chiese (Cec), pastore Konrad Raisen? *
tando alcuni villaggi ricostruiti con gli aiuti internazionali i '
chiese dopo i danni causati dall’uragano Mitch, Kaiser h*
cora una volta sottolineato la necessità di celebrare il proc •
giubileo secondo il vero spirito biblico: «Oggi dobbiamo *
stere anche all’uragano della globalizzazione, riafferman(i
visione di un giubileo che porti a un’equa distribuzionei
risorse e delle possibilità per tutti i popoli della terra», (n^
l'ai
e
«c
Australia: verso l'ordinazione episcopale
delle donne della Chiesa anglicana
CANBERRA — Sarà un cammino lungo e difficile ma noi J
mettiamo in marcia lo stesso: con questo spirito ha iniaaJ !
suo lavoro un gruppo di studio che dovrà portare entro ilai'
alla ordinazione episcopale delle donne nella Chiesa anfc *
australiana. Si tratta della naturale evoluzione di un prW'
che oltre dieci anni fa ha portato all’accettazione delledoj,
sacerdote, pur tra numerose proteste e alcune defezioni. D#
ne vescovo sono già previste nell’ordinamento della Cljjj^
anglicana in Canada, Stati Uniti e Nuova Zelanda.
Cile: agli evangelici non è piaciuto
il «culto di riconciliazione nazionale»
SANTIAGO — Non è piaciuto a molti evangelici cileni il«qJ,
di riconciliazione nazionale» tenuto il 15 ottobre nella ciis,
metodista pentecostale della capitale. Al culto tra gli oltre2,|i‘
fedeli era presente il direttivo della Fondazione Augusto Pini
chet e il vescovo Javier Vasquez ha pregato per il suo «f
ritorno in Cile e per la prosecuzione del suo lavoro».
Perù: ¡110% della popolazione è
evangelico. 30.000 chiese entro il 2005?
LIMA— Più del 10% dei cittadini del Perù (26,6 mOionidiaS;.
tanti) è evangelico, ma le chiese evangeliche sono solo 16.0(#ii
tutto il paese. Questi dati hanno spinto un gruppo evangeli
interdenominazionale a dare vita al «Piano per una chiesa|
ogni villaggio». Secondo il piano, ogni chiesa locale dovrei
dar vita a un’altra comunità in un villaggio vicino, avendoci
traguardo la costituzione di 30.000 chiese entro il 2005.
era seri
todista
nella se
cento. 1
una sin
lumina:
guaggi«
portam
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La rise
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evangel
lo scopi
storica
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all’altro
or sono
no: 186.
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fossati!
Colloquio di Séte
Documento conclusivo
In seguito agli incontri di
Pau, Mdaga e Palermo, noi,
rappresentanti delle chiese
protestanti di Svizzera, Germania, Italia, Portogallo,
Ungheria, Belgio, Repubblica ceca e Francia, ci siamo
incontrati sul tema: «Posto
e molo delle chiese minoritarie della Riforma nella
sfera pubblica».
La qualità e l’intensità dei
nostri scambi ci ha permesso di allargare la nostra
comprensione di un’Europa unita e solidale. Abbiamo inoltre misurato a che
punto le nostre diversità e
le nostre azioni particolari
convergono verso la stessa
preoccupazione di presenza e di testimonianza all’interno delle nostre società.
Ci siamo confrontati sulla
diversità delle situazioni
dei primi cristiani descritte
nell’epistola ai Corinzi da
Paolo e nell’Apocalisse di
Giovanni di Patmos.
Nel contesto della «pax
romana», le comunità cristiane hanno avuto al tempo stesso la preoccupazio^
ne di evitare di isolarsi e di
conformarsi al modello sociale dominante. Questo
atteggiamento o questa
strategia continua ad essere pertinente per niqi oggi:
il riferimento all’Evangelo
di Gesù Cristo, all’amore di
Dio per questo mondo, ci
invita e ci spinge a una testimonianza in parole e in
atti che passa, a seconda
delle poste in gioco della
vita, attraverso l’accettazione e il rifiuto, la resistenza
e la sottomissione ai modelli sociali esistenti. Questo atteggiamento e questo
cornportamento non sono
dati in anticipo ma si inventano e si attuano in
ogni situazione.
Nelle nostre diverse pra
tiche e nei nostri differeii
contesti, abbiamo indivi,
duato le seguenti costant.
necessarie e indispensall
alla testimonianza:
- la preoccupazione deli
l’edificazione della coW
nità (i forti e i deboli);
- lo statuto della chW;
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- lo statuto del testimo#
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Pubblicata dalla Claudiana l'ultima ricerca storica di Franco Chiarini
Le chiese metodiste in Italia, 1859-1915
L'autore ricostruisce gli eventi di una vicenda appassionante, cita libri e giornali
e soprattutto traccia un'interessante galleria dei personaggi più significativi
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ONTRASTARE il prete
a colpi di Bibbia». Così
era scritto sul periodico metodista La fiaccola pubblicato
nella seconda metà dell’Ottocento. È difficile immaginare
una sintesi più efficace per illuminare la mentalità, il linguaggio, i propositi, i comportamenti dei metodisti italiani di quel periodo storico.
Lariscoperta attenta e approfondita di questa presenza
evangelica e dei suoi valori è
lo scopo della bella carrellata
storica e della suggestiva galleria di personaggi contenute
sul volume di Franco Chiarini
pubblicato dalla Claudiana
che si ricollega idealmente
all’altro libro uscito due anni
or sono: Il metodismo italiano: 1861-1991.
Salta subito agli occhi del
lettore un modo originale e
intelligente di scrivere un libro di storia adottando il metodo e lo stile di un attento
cronista d’epoca che si sente
tuttavia oggi parte in causa.
L’autore non si limita a citare
brani di libri e giornali, a elencare gli eventi ma si cala a
fondo in quelle vicende, con
lo spirito di un metodista del
duemila. Per questo il libro è
un contributo significativo alla conoscenza e all’affermazione di una identità specifica
del metodismo. La galleria di
personaggi che costituisce
l’ossatura del lavoro di Chiarini comprende molti nomi noli e dotati di grande carisma
italiani, britannici e statunitensi Arthur, Piggott, Green,
Tagliatatela, Gavazzi, tanto
per citarne qualcuno ma anche nomi di umili colportori.
Si raccontano in modo colorito ed efficace episodi piccoli e grandi di intolleranza e
di scontro, i rischi personali,
le durissime polemiche nei
confironti dei settori più retrivi del cattolicesimo. È la storia di una evangelizzazione
praticata in mezzo alla gente
più semplice nelle osterie e
nelle stalle ma anche nei
grandi centri coinvolgendo
ceti sociali medio-alti.
C’è un filo rosso che unisce
i vari segmenti delle vicende
narrate in modo'rapido e appassionato. Questo filo è la
commistione tra rigore, «metodo» e pietà cristiana da un
lato e patriottismo risorgimentale e antipapista dall’
nhro. Questa impostazione
consente all’autore un intreccio costante tra le vicende interne, spesso intricate e legate a marcati personalismi, del
piccolo mondo metodista nel
corso della sua diffusione in
molte regioni e l’evolversi
dalla situazione politica del• Italia «in transizione». Su
du^e aspetti il libro fornisce
mformazioni molto chiare e
interessanti. Per gli anni dal
60 al ’90 dell’Ottocento c’è
una stimolante esposizione
degli sforzi di «adattamento»
del metodismo inglese e amencano alla mentalità italiana
® alle fonti più genuine dei
movimenti evangelici del no> ho paese. Nel capitolo dedi«dto ai primi 15 anni del Noecento è di grandissimo ineresse l’analisi delle tensioni,
ei contrasti e del travaglio ripetto all’intervento nella prid ^erra mondiale: la faccia
Pdcifista e quella patriottica
dei metodisti a confronto.
L altro tema della storia
_ etodista largamente prel'el libro è l’impegno
idJvolta inquadrato in
P^ddisa collocazione poidell’ambito degli orien^enti libertari e, poi, socia«1. In ^tri casi questo impeS 0 SI richiama a motivazioni
' Li....... . -...................
La Sala del soldato della Chiesa metodista episcopaie di Milano
del tutto lontane dalla politica ma connesse all’impostazione religiosa originaria del
metodismo britannico. In
ogni modo, soprattutto nel
campo dell’istruzione e della
assistenza all’infanzia, i frutti
furono rilevanti rispetto alla
modesta consistenza numerica delle chiese metodiste
episcopale e wesleyana.
L’aspirazione all’unità degli evangelici italiani era presente tra i metodisti? A que
sto proposito l’autore ripercorre il sentiero lungo e accidentato dei molti tentativi in
larga parte falliti di ottenere
una qualche forma di intesa
tra le diverse denominazioni
ma sottolinea come l’idea federativa fosse presente anche
allora. Ora ci siamo arrivati e,
non a caso, i metodisti negli
ultimi decenni sono stati
convinti e attivi protagonisti
della costruzione della Federazione evangelica.
Si tratta dunque di un libro
dotato di un robusto impianto organico, completo nella
sua relativa brevità (140 pagine), corredato da un’ampia
documentazione fotografica.
Ha il notevole pregio di poter
essere letto con profitto anche
da chi è estraneo all’ambiente
protestante e, all’interno delle
nostre comunità, potrà arricchire la conoscenza di un ramo significativo del mondo
evangelico italiano.
Dibattito pubblico a Venezia
Cristiani e buddisti
per parlare dell'Assoluto
FRANCO MACCHI
Bologna: una conferenza del professor Paolo Ricca
L'insolita saggezza dell'Ecclesiaste
LUIGI MUNARI
11 prolungato e caloroso applauso di un pubblico attento e numeroso ha concluso la conferenza tenuta a Bologna, il 26 ottobre, nella
chiesa metodista, dal prof.
Paolo Ricca. Il tema affidatogli dal Gruppo interconfessionale per la serata inaugurale
degli incontri di studio biblico, meditazione e preghiera
che normalmente si tengono
il secondo e quarto martedì di
ogni mese nei locali di via Venezian era: «Una saggezza insolita. L’Ecclesiaste». L’Ecclesiaste (Qoeleth) è una meditazione che mette spietatamente a nudo i nodi problematici
di ogni esistenza umana e,
come gli altri libri sapienziali,
è un libro un po’ trascurato
dai cristiani. L’incontro è stato anche dunque un invito a
recuperare e riscoprire la Sapienza nell’insieme della rivelazione biblica.
Ricca ha suggerito due «note» per la lettura: la parola hebel [havel, termine tradotto
da Girolamo nella Vulgata
con vanitas, vanità, e da Lutero con Nichtigkeit, nullità)
ricorre 38 volte nel libro; il
nome comune di Dio elohim
32 volte con l’articolo e 8 senza articolo. Questo equilibrio
sembra eloquente. Il mutare
continuo delle cose, l’awicendarsi dei tempi e delle
stagioni, il variare e mutare
delle differenti realtà non impediscono all’Ecclesiaste di
cogliere una stabile e permanente azione di Dio, che dà
senso alla realtà. Solo di Dio
non di dice che è hebel, proprio perché egli solo è la fonte da cui il saggio può capire
che il resto è vano. La consapevolezza che ogni cosa terrena è sotto là stretta della
vanità non è sufficiente a
spiegarne il perché.
La stessa dottrina della sapienza viene criticata dal nostro autore con la sua sottile
ironia, che arriva a volte al
sarcasmo: «Vanità delle va
nità, tutto è vanità. Ma Dio è».
Seconda nota: i sapienti insegnano che la più grande
sapienza è conoscere la propria limitatezza, cercare umilmentg e continuamente
senza credersi mai arrivati.
L’educazione sapienziale è
formazione all’atteggiamento critico, anche in campo
religioso. Alla scuola dell’Ecclesiaste impariamo a schiudere tutte le finestre, con assenza di pregiudizi, a essere
disposti a un «cosmopolitismo culturale». Nell’ottica
dell’Ecclesiaste Dio non è
presentato come il Signore
(Jhwh) del rapporto di predilezione con il popolo di
Israele; quindi non il Dio
dell’alleanza con i patriarchi.
né il Dio salvatore e liberatore dell’Esodo. Qoeleth si pone come istanza critica all’interno della fede di Israele,
precursore di un pluralismo
religioso interno alla fede.
Il libro dell’Ecclesiaste non
è un testo che ispira al pessimismo. Esso spinge a riflettere realisticamente, ma anche
in modo ironico e brioso, sulla realtà dell’uomo, creatura
limitata. Non per avvilirlo ma
per aiutarlo ad accettare la
problematicità della vita, per
vivere sereno in mezzo a un
mondo governato da leggi superiori e dalla volontà di Dio,
che non sempre è compresa
dall’uomo, che a volte sembra addirittura contraddire la
sua logica o le sue idee.
Giovedì 21 ottobre presso
il Centro culturale «Palazzo Cavagnis» di Venezia il
teologo cattolico Armido Rizzi, il teologo valdese Fulvio
Ferrario'e il prof. Giancarlo
Vianello, segretario del Centro studi buddisti Maitreya,
Istituto di cultura buddista di
Venezia, hanno affrontato il
tema L’Assoluto e le parole
umane: cristiani e buddisti a
confronto. Come è facile intuire, si trattava di far emergere le differenze, che costituiscono la originalità delle tre
diverse tradizioni religiose, su
uno dei punti nodali che ne
costituiscono la specifica originalità. Il dibattito era stato
organizzato e promosso, oltre
che dal Centro culturale Palazzo Cavagnis, dal Sae, dal
Centro studi Maitreya e dall’Ise (Istituto di studi ecumenici San Bernardino).
Come ha giustamente sottolineato il prof. Simone Morandini, che rappresentava il
Sae e Fise e che ha moderato
l’incontro, si è trattato di un
incontro nel quale con molta
onestà i relatori, un buddista,
un cattolico e un protestante,
hanno presentato con molta
chiarezza e nettezza il loro
modo di pensare e di parlare
dell’Assoluto. Ovviamente le
differenze più radicali sono
risultate quelle fra le concezioni dei due teologi cristiani
e quella del relatore buddista.
Tutte e tre le tradizioni concordano nell’ammettere che
il dolore è una delle esperienze più comuni e più evidenti della vita di ogni uomo.
Le cose cominciano a farsi
un po’ più complicate quando si comincia a confrontare
il modo diverso di concepire
la natura del mondo e della
realtà esterna. Un cristiano,
di fronte ad un buddista, in
questo caso il prof. Giancarlo
Vianello, che afferma che la
realtà oggettiva è inconsistente, che l’io non esiste,
che il nucleo essenziale di
ogni ente è il vuoto, che il
vuoto è la forma di ogni cosa
e che l’Assoluto è ciò che
rende vuoto il vuoto stesso,
si trova disorientato e in una
situazione di disagio: ha difficoltà a trovare un terreno
su cui imbastire una riflessione comune.
Il teologo cattolico Rizzi,
ebe ha parlato subito dopo il
relatore buddista, ci ha provato. Il buddismo, aveva af
fermato il prof. Vianello, si
propone di scoraggiare ogni
attaccamento, oltre che alle
cose e al mondo, anche alle
definizioni concettuali e linguistiche, senza però che
questo porti a una posizione
a-logica, che svaluterebbe in
modo assoluto la parola e il
linguaggio. Rizzi ha utilizzato
questa affermazione per osservare come anche le concezioni del mondo più lontane
e apparentemente del tutto
inconciliabili hanno dei punti di contatto. Saranno elementi sottili ed esigui, ma
sufficienti per riconoscere
che esistono dei tratti esistenziali comuni a tutti gli esseri umani. Secondo Rizzi si
può anche riconoscere e dire
quale sia questo minimo comune denominatore: è l’esperienza che tutti hanno fatto che la realtà è disponibile;
è l’esperienza di qualcosa
«che viene a me da un Altrove». Un altrove, ha precisato
il teologo cattolico, che non è
necessariamente il Dio delle
religioni del Libro.
Potrebbe essere espresso
anche dalle credenze politeistiche dei popoli pagani, che
personificano il misterioso
manifestarsi della vita nella
sua grande pluralità di forme.
Fulvio Ferrario ha insistito su
uno dei capisaldi della tradizione cristiana e protestante
in particolare. Per i cristiani,
ha affermato, il rapporto con
l’Assoluto non può prescindere dalla Parola. Questa parola si declina poi in parole,
con tutte le loro potenzialità
e con tutti i loro limiti. L’esperienza ha bisogno di essere raccontata. Il racconto
si fa poi riflessione e si sistematizza in dottrina. Questo
procedimento, di per sé naturale e positivo, diventa pericoloso quando la dottrina
viene assolutizzata. Le parole pretendono allora di essere la Parola e l’Assoluto stesso al quale esse dovrebbero
invece rinviare.
Le tre relazioni hanno aperto un dibattito interessante, che ha fatto capire
quanto le diversità esistenti
fra le concezioni cristiane
occidentali e la visione del
mondo orientale siano distanti. È emersa anche la coscienza che la società attuale
dovrà vivere il pluralismo
culturale, imparando a rispettare le effettive differenze, senza cadere in inutili e
scivolosi irenismi.
Una raccolta di testi originali a cura di Arturo Panascia
Ritualità e cerimonie nell'arte del mondo bizantino
Numerose sono le pubblicazioni di oggetto bizantino:
segno d’un rinnovato fervore
di studi e di un crescente interesse da parte del pubblico
verso un mondo, un fenomeno di civiltà, fino a ieri pressoché ignorato e nel maggior
numero dei casi mal compreso. Il volumetto’* curato da
Marcello Panascia, insegnante di lettere nelle scuole medie superiori, è una breve antologia di testi e passi scelti di
opere del secolo X, sintomatici della civiltà greca medievale giunta al suo apogeo.
Fu l’imperatore Costantino
VII Porfirogenito (913-959),
figura di autentico emdito incoronato, a fissare in un ponderoso trattato una minuziosa ed elaborata compilazione
delle norme cerimoniali che
da secoli regolavano e scandivano la vita di corte. Di così
vasta ed emblematica opera,
nota come Liber de Cerimoniis Aulae Byzantinae, l’edizione ora apparsa sceglie e ri
produce, tradotti per la prima volta in italiano, alcuni rilevanti capitoli, e vi aggiunge
a riscontro due significativi
testi, congruenti con il Liber,
estratti anch’essi da opere
del X secolo.
Il primo è la «Descrizione
di Costantinopoli», tratta dal
Libro delle cose preziose del
geografo arabo di origine ispanica Ibn Rosteh: una cronaca pervasa di toni fantastico-favolistici che narrando
nel solco di una lunga tradizione paradossografica le
«meraviglie della Città», apre
alla leggendaria scena del Palazzo. Suo punto focale è la
descrizione del corteo solenne che, muovendo dal Sacro
Palazzo, accompagna l’imperatore alla Grande Chiesa. Il
secondo testo configura invece il capitolo VI della AnMpodosis di Liutprando, vescovo
di Cremona: pagine celeri in
cui l’illustre prelato, maggior
figura nella letteratura storica
dell’Alto Medioevo, narra le
vicende che nell’anno 949 lo
condussero in ambasceria a
Costantinopoli, alla mirifica
corte di Costantino Porfirogenito le cui fastose e complesse cerimonie, con i sontuosi apparati, le meraviglie
meccaniche e i prodigiosi ludi scenici, egli descrive entro
un quadro assai vario e vivo.
Ne nasce una piccola ideale
trilogia, sostanziata da intimi
legami intertestuali esplicati
nelle chiare note di commento, che peraltro ha il pregio di
consentire un più agevole approccio con il carattere insolito di simili testi, tuttora annoverati fra le dotte competenze
di pochi specialisti. Non si
può non cogliere, nell’esegesi
del fenomeno Bisanzio, la
centralità dell’esperienza
estetica entro la concezione
etico-politica che fu peculiare
di quella cristiana repubblica.
Nell’icastica «cosmesi» dei segni e degli emblemi, nell’iterazione rituale dei gesti e delle formule, la monarchia im
periale bizantina svelava,
concretandola, la propria fedeltà a un ordine trascendente e metastorico. Mirabile costruzione semiotica, di codesto universo mentale e simbolico il Liber de Cerimoniis è
sintesi suprema, grandioso
monumento. E non v’è dubbio che il libro riesca inoltre a
consegnare ai lettori una
chiara intuizione, utilissima
all’esegesi del mondo concettuale bizantino, specie se
contemplato sul versante dell’antropologia storica: quella
che l’uomo di Bisanzio considerava come propria storia
era molto più di rado Vhistoire
événementielle che non la
somma formulata di un paradigmatico e immutabile passato. Forse a scampare nei valori eterni l’angosciosa instabilità del mondo: entrando,
con il suo abito mortale, nell’artificio dell’eternità.
(*) Marcello Panascia (a c. di):
11 libro delle cerimonie. Palermo,
Sellerio, pp. 224, £ 15.000.
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ 12 NOVEMBI^q,^
Un libro dedicato ai «padri fondatori» Adenauer, De Gasperi e Schuman
La costruzione della nuova Europa
Tre uomini di fede che, dopo la chiusura del periodo bellico, seppero
pensare al futuro delle nuove generazioni secondo un'idealità oggi da riscoprire
SERGIO N. TURTULICI
Lf UNIONE europea del doI po Maastricht, quella della moneta unica, deH’integrazione economica, è decollata;
ora un italiano. Romano Prodi, è presidente della Commissione di governo di questa
Europa integrata della moneta e del mercato. Ma è ancora
lontana l’Europa che era nei
sogni, nella speranza e, come
credenti, diciamo nella profezia cristiana dei fondatori.
Perché l’Europa dei fondatori,
quella del sogno e della speranza aveva un’anima, che
veniva dalle radici cristiane,
base di idealità e cultura accomunante. Ed è per questo,
perché di quell’anima c’è solo
qualche pezzo e il più è ancora tutto da costruire, che è stimolante, affascinante la lettura di un libro pubblicato da
una nuova piccola casa editrice religiosa di Cantalupa, nel
Pinerolese*. È stato scritto da
Giuseppe Audisio e Alberto
Chiara, un sacerdote che ha
esercitato il ministero tra gli
emigrati italiani in Europa, e
un giornalista, e reca due introduzioni, di Helmuth Kohl e
di Romano Prodi.
Il libro ricostruisce con
commossa devozione i profili
di tre grandi statisti, padri
della nuova Europa: Robert
Schuman, Konrad Adenauer,
Alcide De Gasperi. I fondatori
dell’Europa Unita (tale è il titolo) erano cristiani di forte
fede, di grande coerenza di
vita. Uomini di fede, di speranza, di preghiera, di profezia. È rivelatore che fossero
tutti e tre uomini di frontiera,
nati com’erano al crocevia
geografico di nazioni e culture. E certo anche per questo
l’idea-forza e la vocazione
dell’unità, della comunione
di diversi paesi, apporti spirituali, culturali alla casa comune europea erano nel loro
patrimonio genetico. Quell’insegnamento toma a essere
forte, attuale oggi, ma deve
essere ascoltato dai nuovi leader europei. «Il coraggio di
questa impresa - scrive Kohl
intendendo la meta di un’Europa stabilmente unita al di là
delle economie e delle politiche, unita nell’anima e nello
spirito - si nutriva anche della
loro fede e cultura fondata sul
senso di responsabilità verso
le generazioni future».
I due autori mettono bene
a fuoco come Schuman, Adenauer, De Gasperi fossero costmttori di speranza, profeti
cristiani. Solo un uomo come
Schuman, francese, illuminato da una salda fede cristiana, da un’idea superiore poteva pensare nel 1942, nel
momento più duro di una secolare inimicizia tra francesi
e tedeschi, nascosto e ricercato com’era per essere messo a morte daJla Gestapo nazista, alla riconciliazione di
quei due popoli e alla loro
comunione in un’Europa unita; poteva prevedere nel
1956, in piena guerra fredda,
la riunificazione della Germania, la caduta della «cortina di ferro» e la conseguente
necessità che i popoli dell’Ovest fossero pronti ad accogliere quelli dell’Est, una
volta liberati dal comuniSmo.
Solo uno statista di grande
sentire cristiano come Adenauer potè essere, come cancelliere tedesco, il ricostruttore della Germania distrutta
e umiliata nel segno della democrazia, della solidarietà
europea, di quel modello che
è stato chiamato «economia
sociale di mercato».
E solo di uno statista cristiano come De Gasperi, che alla
conferenza della pace di Parigi del 1946 si era alzato come
avvocato dell’Italia avvilita dal
fascismo e sconfitta, il delegato Usa Byrnes potè scrivere
l’anno dopo, allorché De Gasperi andò negli Usa e la bandiera italiana fu issata sulla
Casa Bianca: «In tutta l’Italia
non c’è un uomo dal cuore
più saldo e dal coraggio più
grande dell’uomo che qui
onoriamo. (...) Siamo ansiosi
di aiutare l’Italia nei giorni
neri che le stanno davanti».
Questo di Audisio e Chiara
è un libro bellissimo. Lo consigliamo a chi voglia da cristiano portare un umile mattone alla costruzione della
nuova Europa. Ma avvertiamo chi lo leggerà. Questo
non è, come si usa dire, un libro politically correct, non indulge al buonismo, fa vedere
le cose come furono. Uomini
di dialogo, di conciliazione e,
perché no, di agape cristiana,
Schuman, Adenauer, De Gasperi restarono sempre quello che furono. Cattolici e democristiani nel significato
migliore. Coerenti nella fede
e nella prassi politica come
cristiani in tutta la loro lunga
carriera. Liberali autentici videro, senza deflettere mai,
nei seguaci del comuniSmo e
nei loro epigoni gli avversari
dell’Europa, di quella civiltà europea all’origine della
quale c’era il cristianesimo,
di quell’Europa Unita che,
come scrisse De Gasperi per
un discorso a Cleveland nel
1957, aveva un modello negli
Stati Uniti che «hanno saputo
sviluppare un modello superiore di democrazia, che concilia e armonizza i diritti individuali con gli interessi di
ciascuno stato federato».
(*) Giuseppe Audisio-Alberto
Chiara: I fondatori dell’Europa
Unita. Cantalupa, Effatà, 1999.
■
i*»tl
i .
--- ! La Queriniana ripropone un testo del teologo cattolico Hans Kessier
L'esperienza della Pasqua e la fede dei discepoli
FULVIO TERRARIO
IL dibattito teologico sulla
risurrezione di Gesù non
sembra denunciare cadute di
intensità e anche le pubblicazioni in lingua italiana riflettono in parte tale situazione.
A un anno di distanza dall’uscita dell’eccellente studio
di Franco Giulio Brambilla su
Il Crocifisso risorto, a suo tempo presentato dal nostro giornale, la Queriniana presenta
un massiccio libro del teologo
cattolico tedesco Hans Kessier*, in cui il tema è nuovamente sviscerato tenendo
conto dei più recenti sviluppi
della discussione tedesca.
L’opera costituisce la riedizione, alquanto integrata, di
un ampio lavoro precedente
in cui Kessier, dopo aver passato criticamente in rassegna
i risultati dell’esegesi per
quanto riguarda il tema della
risurrezione nel mondo biblico, si dedica ad esaminare
più da vicino il contenuto e il
significato delle testimonianze pasquali. L’intento del libro, analogo a quello di F. G.
Librerie
CLAUDIANA
MILANO: viaF. Sforza,
12/A;tel. 02/76021518
TORINO: via Principe
Tommaso, 1 ; tei. 6692458
TORRE PELLICE:p.za
Libertà, 7; tel.0121/91422
ROMA: Libreria di cultura
religiosa piazza Cavour, 32;
tei. 06/3225493
Brambilla, può essere riassunto così: mostrare che le
esperienze pasquali non sono
il frutto della fede dei discepoli, ma la fonte di quest’ultima. In altre parole, i discepoli
hanno creduto perché il Crocifisso si è loro manifestato
come vivente, mediante una
iniziativa di Dio del tutto
inattesa e indeducibile. Comunque vadano intese le
esperienze testimoniate dal
Nuovo Testamento, esse sono
da ricondurre, secondo Kessier, all’intervento di Dio che
irrompe come assoluta novità
in una storia che, anche per i
discepoli di Gesù, sembrava
chiusa con il Venerdì santo.
L’autore polemizza soprattutto con posizioni come
quella di Gerd Lùdemann
(che recentemente ha dichiarato di non considerarsi più
cristiano) e Hansjùrgen Verweyen, i quali ritengono che
non vi fu alcuna «esperienza»
del Risorto; semplicemente i
discepoli «si convinsero» che
Gesù viveva presso Dio ed
espressero tale convinzione
mediante i racconti pasquali.
Kessier critica con argomenti
eccellenti (anche se nella sostanza non nuovi) tali tesi
che riducono Pasqua a una
specie di narrazione drammatizzata dell’opinione dei
discepoli. Egli propone di
comprendere la risurrezione
come un evento che travalica
la storia e le categorie spaziotemporali, ma il cui contenuto di realtà è insuperabile.
Non si tratta di un simbolo,
ma di un fatto, che si impone
ai discepoli attraverso esperienze che noi non siamo più
in grado di ricostruire con
precisione, ma di cui il Nuovo Testamento sottolinea la
natura sorprendente, a tratti
intimidatoria e comunque
disorientante (cfr. il motivo
della paura), ma profondamente gioiosa.
Citando lo studioso di fenomenologia della religione
G. van der Leeuw, Kessier
nota che il pensiero oggi dominante ritiene che, se mai
conosciamo qualcosa di Dio,
si tratta dell’azione dell’uomo a partire dalla fede e non
dell’azione di Dio: è questo
il pregiudizio acriticamente fatto proprio dai vari Lùdemann. La fede pasquale
prende sul serio i’azione di
Dio stesso e la speranza cristiana, se è tale e non è chiacchiera religiosa, è chiamata a
fare altrettanto.
(*) Hans Kessler: La risurrezione di Gesù Cristo. Uno studio biblico, teologico-fondamentale e sistematico. Tr. it.
Brescia, Queriniana, Biblioteca
di teologia contemporanea 105,
pp. 501, £78.000.
Un «Cinquantapagine» Claudiana
Per uno studio teologico
dell'omosessualità
MAURO PONE
N!
EL mese di gennaio di
questo anno la Claudiana ha pubblicato il testo della
pastora Gabriella Lettini, intitolato semplicemente Omosessualità, nell’agile e preziosa collana «Cinquantapagine»'. Nell’arco di poco meno
di venticinque anni questo è
il terzo libro che la casa editrice torinese dedica al tema
del^omosessualità^ a dimostrazione dell’interesse suscitato dal dibattito che su questo fronte si è aperto all’interno delle chiese dell’evangelismo storico italiano. Se nella
relazione della Commissione
per lo studio della sessualità
nella Bibbia e nel tempo presente, inviata allo studio delle
chiese metodiste e valdesi dal
Sinodo del 1984, si affermava
che l’omosessualità va considerata «come un dato di fatto,
un modo di esistere, una condizione da riconoscere, che
ha le proprie potenzialità e le
proprie limitazioni come
qualsiasi dato di fatto umano,
e che esige tutto il rispetto
che l’Evangelo sempre reclama per ogni condizione nella
quale sia in gioco la dignità
della persona singola», oggi si
deve ancora prendere atto,
come ci ricorda la pastora
Lettini, che «anche nelle chiese valdesi e metodiste (e battiste) tale atteggiamento di
apertura nei confronti dell’omosessualità non è unitario e neppure probabilmente
maggioritario: molti, anzi, anche in quelle chiese si esprimono con chiarezza e profondo sdegno contro quello
che ritengono un tentativo di
normalizzare una situazione
di peccato che è per loro «un
abominio agli occhi del Signore» (p. 8). È dunque un
bene che la Claudiana ci riproponga un confronto «con
una realtà per molti di noi
dolorosamente problematica» (p. 9), e che lo faccia con
un testo, godibilissimo per la
capacità comunicativa della
autrice, agile nella sua forma
«leggera», ma non per questo
meno impegnato nella discussione approfondita e appassionata della questione.
Dopo una breve introduzione, l’autrice ci offre una
ampia e dettagliata indagine
del nostro linguaggio sessuale (eterosessualità, omosessualità, pedofilia, pederastia,
omosentimentale, bisessualità, transessualità, emofobia
ed eterosessismo), concludendo con un breve paragrafo sul linguaggio della
scienza. Nel secondo capitolo
la pastora Lettini si confronta
con il testo biblico (il peccato
L'analisi del racconto biblico e le sue suggestioni
Il libro della Genesi e i miti della creazione
RUBEN VINTI
VI sono molte persone che
(.....................
considerano i primi capitoli della Bibbia, che parlano della creazione, troppo
fantastici e ingenui per essere accolti nella cultura del
nostro tempo a fianco delle
moderne teorie scientifiche
sulla nascita dell’universo, e
pertanto non vedono in essi
nessun significato. Samuel
Amsler, professore di Antico
Testamento all’Università di
Losanna, nel suo libro pubblicato dalla Claudiana* che
raccoglie una serie di lezioni
da lui tenute su questi discussi primi capitoli, dimostra come gli autori biblici
abbiano attinto con grande
libertà al patrimonio dei miti
comune ai popoli del Medio
Oriente (Mesopotamia, SiriaPalestina ed Egitto), rielaborando però in modo del tutto
originale molti motivi contenuti in quei racconti e usandoli, pur nella loro apparente
ingenuità, come strumenti
estremamente efficaci nel
comunicare elementi fondamentali della fede di Israele
sulle origini del creato e dell’umanità.
L’autore pertanto ci guida
nel suo scritto, che conserva
lo stile colloquiale della lezione ed è alla portata di tutti, alla rilettura dei primi 11
capitoli della Genesi, mostrando come il racconto mitico, lungi dall’essere ingenuo, continui ancora oggi a
parlarci di Dio, della sua
opera creatrice, del significato della nostra esistenza e
dei suoi aspetti problematici
dovuti al manifestarsi del
male. I racconti biblici delle
origini non si pongono pertanto in alternativa alle teorie scientifiche, ma si muovono su un piano diverso,
complementare a quello della scienza, che è quello dei
significati che la fede di
Israele ha letto nell’opera
creatrice di Dio: la scienza
dice il «come», la fede parla
del «perché».
Il testo, di facile lettura, è
sicuramente utile per chiunque voglia approfondire la
comprensione dei racconti
biblici della creazione, e può
essere utilmente adoperato
da gruppi di studio biblico.
(*) Samuel Amsler: Il segreto
delle nostre orìgini. Torino
Claudiana, 1999, pp 92, £ 12.000.
di Sodoma, Gen. 19, 1.25.
divieti del Levitico, la pos’/
zione dell’apostolo Paolo e ¡1
silenzio di Gesù) e, dopo avw
chiarito i suoi criteri intet
pretativi, ci offre una lettim
rinnovata dei passi più con.
troversi della Bibbia usati pei
condannare l’omosessualità.
Il terzo capitolo ci portane]
cuore della riflessione teoio.
gica e si sviluppa intorno
all’uso della differenziazione
sessuale negli esseri umani
come espressione simbolica
dell’immagine di Dio. L’autr].
ce contesta questo uso della
differenziazione sessuale per.
ché, da «una parte, questa linea di pensiero usa la biologia e l’anatomia per descrivere, sia pure imperfettamente,
l’immagine di Dio in noi, ma
poi si limita a prenderei
considerazione solo la differenziazione sessuale maschile-femminile, e assume l'eterosessualità come normativa,
come normalità. Ma noi sappiamo bene che la realtà umana, da un punto di vista
biologico e anatomico, comprende una grande diversità
per fare un esempio, ci sono
persone la cui appartenenza
di genere è tutt’altro che
genere
chiara da un punto di vista sia
fisico sia psicologico». Se vogliamo prendere seriamente e
nelle sue estreme conseguenze il valore simbolico e teologico della «naturalità biologica - conclude la pastora Lettini -, allora anche l’ermafroditismo, la transessualità e l’omosessualità hanno moltissimo da insegnarci sull’immagine di Dio, che non può essere presente solo negli eterosessuali, né essere rappresentata nella sua pienezza solo
dalla coppia eterosessuale»
(p. 38). L’ultimo capitoloè
dedicato a una rapida rassegna della discussione presente sul tema dell’omosessualità nelle chiese e nella società contemporanea.
Il saggio offre molti spunti '
di riflessione e piste di ricera
da approfondire in uno sttdio comunitario, quindiè
senz’altro da consigliarea
tutti, anche a coloro che da
tempo si dedicano allo studio
della sessualità in generale.
Sono rimasto affascinato
dall’analisi esegetica dei tesi
biblici proposti ánchese,
personalmente, penso che
non è su questo terreno che
le diverse posizioni e giudi8
sull’omosessualità si potranno incontrare e dialogareMolto convincente mi pai®'
invece, la proposta di lavoro
sul piano più specificatamente teologico, anche petf
possibili «contaminazioni*
che si possono operare con
l’antropologia, la riflessione
filosofica, l’analisi sociologica e, non ultime, le sciente
mediche e biologiche, petah
è solo airinterno di ques
contesto di multidiscipha®
rietà che si potrà arrivare
pensare l’omosessualità co
me «una condizione in cui
viene "creati" e non unasce
ta etica personale» (p- 38)
(1) G. Lettini: Omosessù»***^’
Torino, Claudiana, 1999.
(2) Witte-Grubben-Gotts
halk: Omosessualità e coscj®^
cristiana, Torino, Claudia
1976. _
C. Demur-D. Muller: L’om
sessualità. Un dialogo I
Torino, Claudiana, 1995.
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Fondato nel 1848
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GIORNATA DELLA PROTEZIONE CIVILE — Venerdì 5 novembre si è celebrata la giornata nazionale della
Protezione civile. In molti Comuni delle Valli si sono svolte
manifestazioni ed esercitazioni di pronto intervento da parte
dei volontari. A Pinerolo, le squadre di volontari hanno spiegato ai bambini delle scuole elementari Giovanni XXIII e
Parri in che cosa consiste il loro lavoro, mostrando loro strumenti e tecniche di intervento, dal primo soccorso in caso di
isolamento per neve nelle borgate di alta quota, alla pulizia
dei torrenti. Gli allievi hanno partecipato curiosi e interessati
alle spiegazioni e non hanno risparmiato domande.
VENERDÌ 12 NOVEMBRE 1999 ANNO 135-N. 44 LIRE 2.000 - EURO 1,03
Gran foUa, domenica scorsa a «Tuttomele» di Cavour; certo molti sono lì per
curiosare, altri per vendere e
comprare come a una qualsiasi fiera. Molti però partecipano a questa rassegna col preciso intento di riscoprire i cibi
naturali: non è forse vero che
«una mela al giorno toglie il
medico di tomo»? Rispetto a
quando l’iniziativa ha preso
avvio 20 anni fa molto è cambiato, anche nelle produzioni agricole: da un lato si sta
sempre più diffondendo la
produzione di qualità (l’intera
filiera biologica del settore
agroalimentare in Italia riguarda già più del 4% della
superficie agricola), i trattamenti con pesticidi su molti
tipi di frutta, grazie anche agli
TUTTOMELE: AGRICOLTURA DI QUALITÀ
MELE E SALUTE
PIERVALDO ROSTAN
incentivi europei sono di molto diminuiti, e dall’altro mai
come oggi è viva la preoccupazione per quelli che molti
hanno ormai definito «i cibi
di Frankestein».
La questione dei cibi transgenici, che oggi assumiamo
a nostra insaputa in assenza
di una certificazione obbligatoria che garantisca della loro
assenza o presenza nel processo produttivo e nel prodot
to non è che l’ultimo atto di
una rincorsa all’iperproduzione, sempre, comunque e dovunque, che in precedenza ha
portato sulle mense di mezzo
mondo di volta in volta polli
alla diossina e carni imbottite
di antibiotici somministrati
allegramente agli animali da
macello. Il cittadino che fa la
spesa può contribuire con le
proprie scelte a tutelare, oltre
che la propria salute anche
quella più globale del pianeta,
può sostenere la crescita delle
agricolture locali, le produzioni naturali e di qualità.
Le megamacchine che sovrintendono alla somministrazione del cibo e al controllo
della salute operano con apparati di disinformazione sistematica che bombardano il cittadino, ridotto a mero consumatore, con l’ideologia dell’igienismo sterilizzato succedaneo della sicurezza alimentare. Ne sanno qualcosa i nostri produttori di formaggio
che devono sottostare a norme
talmente impraticabili, specie
negli alpeggi, da rischiare di
far finire in breve tempo una
storia alimentare costituita da
prodotti di grande qualità e di
caratteristico sapore.
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Il caso Beioit
I lavoratori
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Si Regione
% I lavoratori della Beioit so^ no andati a cercare sostegno
Q in Regione. Dopo la notizia
giunta la scorsa settimana
della decisione da parte della
proprietà americana dell’a, zienda di Pinerolo, che produce macchine per cartiera, di
, chiudere gli impianti pinerolesi con la conseguente messa
' in mobilità dei 430 dipendenti che qui lavorano, si sono
succedute nel Pinerolese le
manifestazioni e le prese di
posizione. Venerdì 5 novembre poi una folta rappresen, tanza di lavoratori pinerolesi
si è recata alla Regione Piemonte per chiedere appoggio
e rassicurazioni in merito alla
vicenda. Una delegazione di
dipendenti Beioit accompa. gnata dal sindaco di Pinerolo,
Alberto Barbero, e dalla consigliera regionale Enrica Pazé
è stata ricevuta all’assessorato all’Industria regionale da
alcuni funzionari della Regione, dall’assessore al Lavoro
della Provincia di Torino, ribaldi, ed è stato fatto il punto
sulla situazione. Intanto in
questi giorni il sindaco di Pinerolo ha anche scritto alla
proprietà americana della Beioit chiedendo che una delegazione della Beioit corporation incontri, prima della decisione definitiva che probabilmente verrà presa il 23 no- vembre nel corso del Consiglio di amministrazione, le
autorità locali. Iniziative sono
state anche prese dall’on
Giorgio Gardiol che ha presentato un’interrogazione al
ministero dell’Industria e dalla consigliera regionale Enrica Pazé che nella sua interro:: gazione al Consiglio regionari le chiede che la giunta regiouale si impegni «ad assumere
iniziative presso i ministeri di
competenza per salvaguarda: re l’occupazione e per mante■ jt^te questa realtà produttiva
importante per il sistema industriale in Piemonte» (dr).
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dità CO;
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inascd'
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È sempre più grave la situazione dello stabilimento pinerolese
Beioit, marchio che scompare?
Una crisi davvero annunciata e che pure pare avere sorpreso non solo la società, gli
enti locali ma addirittura chi
in Beioit lavora da tempo. È la
prima considerazione di Enrico Tron, della Fim-Cisl, che
ripete: «Mi pare che tutti stiano ancora lavorando come se
la capogrupo non avesse, deciso veramente di chiudere».
Di manifestazioni e iniziative pubbliche e politiche riferiamo a fianco, ma quando
una fabbrica delle dimensioni
di Beioit Italia chiude, lasciando a casa 500 persone,
c’è davvero da inquietarsi,
tanto più se nei dintorni vi sono anche altri segnali preoccupanti circa le prospettive
occupazionali, a partire dalla
Pramec di Rinasca che rischia
a sua volta la chiusura.
Se il marchio Beioit ha accompagnato per più di 40 anni
il Pinerolese e dunque tantissime famiglie hanno visto un
loro congiunto lavorarvi, è altrettanto vero che negli ultimi
anni di segnali negativi se ne è
visto più d’uno, a partire da
quella lettera, inviata un paio
di anni fa a tutti i dipendenti
in busta paga, in cui la dire
zione evidenziava i costi di un
dipendente a Pinerolo rispetto
a quelli in Inghilterra, in Francia oppure in Polonia (in media 53 milioni in Italia e 13 in
Polonia): non era in fondo il
segno di una volontà di disimpegno? Così come è accaduto
che di fronte ai rischi occupazionali le persone con più
«mercato», se ne sono andate.
Del resto è l’intero comparto della produzione di macchine da carta ad essere in crisi;
sono tre le realtà più significative del settore, «ma le due
concórrenti della Beioit, in
Germania e in Finlandia, da
tempo si erano dati una ristrutturazione interna consentendo loro di aggredire di più
il mercato mentre Beioit, sicuramente anche per una cattiva
gestione della capogruppo
americana, non ha mai riorganizzato la sue rete di vendita e
di mercato - spiega Tron
Quando l’ing. Bollani (il capo
azienda della Beioit Italia)
viene a raccontarci che non
riesce a prendere commesse o
è bugiardo o nega la verità: un
anno fa ci aveva proposto un
piano che tra le varie cose
proponeva di “terzializzare”
alcuni settori dell’azienda e di
fare una politica di riduzione
costi. C’è dunque un problema di costi troppo alti rispetto
ai concorrenti».
Con la fine di ottobre è airivata Formai famosa «e-mail»
dall’America con la decisione
di chiudere; eppure fino a pochi giorni prima, al culmine di
una stagione di cassa integrazione, si parlava di licenziamento di meno della metà dei
dipendenti, di possibilità di un
subentro da parte della dirigenza italiana: «Per la verità
non ho mai capito, pur seguendo da vicino le trattative
della Beioit, dove iniziasse la
realtà e finisse la fantasia continua Tron -; piani non ne
ho mai visti, piuttosto ho colto
tanti “pour parler” ma nulla di
concreto compresa la presunta
cordata dei manager italiani».
Tuttavia si è detto più volte
che la Beioit Italia non è senza commesse e che la situazione economica è buona:
«Una cosa è certa - precisa
Enrico Tron - è che Beioit
Italia avrebbe chiuso il suo
bilancio ’99 con 12 miliardi
di perdita. Questo in termini
di probabilità, perché va ri
Lo stabilirne-, io Beioit itaiia a Pineroio
cordato che esiste un credito
verso la capogruppo americana di oltre 10 maliardi e non è
affatto scontato che questo
credito sia esigibile. Né possiamo dimenticare che per
lunghi periodi del ’99 circa
metà dei lavoratori è stata in
cassa integrazione straordinaria e dunque a carico dello
stato italiano».
Se paiono esserci molte
Ipotesi, dal polo cartario italiano agli incontri con gli europarlamentari italiani, gli
spazi sono tuttavia molto ridotti. «Come sindacato abbiamo proposto di monitorare la
situazione della professionalità interna alla Beioit e quin
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ludia”*'
• L’om"'
eologk"
Nei primi tre anni di vita ecclesiastica
alla guida della piccola comunità
valdese di Tenda e Vievola si succedettero due pastori e un maestro evangelista:
Giovanni Battista Bosio, Enrico Meynier
e Teofilo Mathieu. Poi il Comitato di
evangelizzazione mandò nell alpestre località della vai Roya il maestro evangelista ’Valentino Klett che vi restò per dodici anni fino al 1909.
Nato ad Aosta nel 1851, era rimasto orfano di entrambi i genitori in seguito al
colera del 1867 ed era stato ospitato
all’orfanotrofio femminile di Torre Pellice assieme al fratello Ernesto e le sorelle
Maria e Olimpia. Sposato con Carolina
Hugon, maestra alle scuole valdesi di Livorno, nel 1893 era rimasto vedovo con
cinque fighi il più piccolo dei quali di soli
cinque anni. Si sposò poi in seconde nozze con Caterina Bertalot. Prima di Tenda
era stato evangelista a Venezia, a fianco
di Emilio Comba, poi a Pietramarazzi,
Coazze, Barcellona e Pozzo di Gotto.
IL FILO DEI GIORNI
IL MAESTRO
MARCO FRASCHIA
Uomo colto e scrittore brillante, come
si può dedurre dalle sue colorite relazioni
annue, il suo rapporto con i tendesi non
fu facile: «è un’accozzaglia di anticlericali e socialisti che approfittano della
chiesa evangelica; [...] il tendese è piuttosto terreno che religioso [...] non si cura
del prete che al punto di morte»; tuttavia
seppe farsi amare e stimare, non solo dagli operai di Vievola, «colonia cosmopolita destinata a sparire a galleria compiuta», ma anche dagli allievi della scuola
che grazie a lui riprese vita toccando,
nell’anno scolastico 1905-6, la punta di
ben 118 unità, ripartite nelle tre sessioni:
diurna, serale e domenicale. Con i suoi
allievi si recava spesso in gita nei paesi
vicini. Briga, Morignole, Bergue e Granile, dove la gente ascoltava sempre volentieri i canti dei ragazzi. A Natale, grazie
alla generosità delle signorine Symington
e Mader, nel locale di culto adibito a
scuola non mancava mai un albero addobbato e piccoli doni per i bambini.
Malgrado il notevole impegno con la
scuola, Klett non trascurava le attività ecclesiastiche, predicando ai culti, organizzando conferenze, facendo riunioni familiari e visite di evangelizzazione; riuscì
perfino a celebrare un culto, per due estati di seguito, nella Balma delle Cauette,
l’antico rifugio dei calvinisti situato sulle
alture di Tenda. Si sobbarcava anche la
fatica di salire fino alla miniera di Valaura, a circa 1.800 metri di quota nella valle
sopra San Dalmazzo di Tenda dove i minatori, così isolati dal resto del mondo,
aspettavano con gioia la sua visita con i
testi religiosi e una preghiera di conforto.
di pensare ad una riqualificazione dei lavoratori considerato che molto del macchinario della Beioit è obsoleto dice ancora il sindacalista pinerolese -. Certo sarebbe bello poter ricollocare all’interno
dell’azienda stessa il personale, ma ci vuole un progetto
serio e concreto».
Il problema Beioit va comunque inserito in un quadro
del comparto metalmeccanico
che presenta molte ombre e
poche luci; dunque le prospettive potrebbero essere peggiori della stessa crisi di questi
giorni. «Effettivamente è così
- prosegue Tron -: la Pramec
è a rischio di fallimento a causa di una dirigenza poco seria,
la Merlo e Tebaldini avvia la
procedura di mobi'ità per un
sesto dei suoi dipendenti.
l’Ansaldo-Breda c'i Piossasco
sta ristrutturandosi e la stessa
Skf pone dei punti interrogativi rispetto a settori che non interessano più alla casa madre
e che o verranno chiusi oppure saranno passati ad aziende
esterne: mi auguro che ciò accada nel modo più trasparente
possibile. Ma è possibile che
ci siano degli amm.inistratori
che guadagnano mezzo miliardo l’anno e si limitano a
leggerci dei fax per comunicarci delle decisioni prese da
altre parti? Chi prende certi
stipendi ha il dovere, non solo
morale ma professionale, di
elaborare dei progetti da presentare agli azionisti per salvaguardare dei posti di lavoro
e per dimostrare la capacità di
produrre e guadagnare».
8
PAG. Il
E Eco Delle Va¡.¡.¡ ^ldesi
Uno scorcio di Viila Olanda
TUTTOMELE VERSO LA CHIUSURA — Quasi impossibile girare nelle strade di Cavour domenica scorsa per la seconda giornata di Tuttomele. Una folla immensa ha visitato
gli stand attratta dal mondo della mela, dai giochi inventati
intorno a questo frutto, dai vivai fino alle frittelle.
TROVATO IL PRESIDENTE, IL 17 LA GIUNTA — E convocato per mercoledì 17 novembre il nuovo Consiglio della
Comunità montana vai Pellice' un solo punto all’ordine del
giorno; elezione del presidente e della giunta, con approvazione del programma per il prossimo quinquennio. La squadra del presidente designato Claudio Bertalot dovrebbe essere composta da Giorgino Cesano (vicepresidente). Mauro
Pons, confermato da Bricherasio, Giorgio Odetto, sindaco di
Rorà e neoassessore, Ezio Borgarello, da Angrogna, Ernesto
Rivoira, da Luserna San Giovanni; e Domenico Nicola da
Bibiana. A questi dovrebbero aggiungersi come consiglieri
delegati Marco Tuminello, da Villar Pellice, e Piervaldo Rostan, da Bobbio Pellice. Nessuna novità invece nella Pedemontana dove l’ipotesi più probabile al momento è quella di
una giunta unitaria con rappresentanti di tutti i partiti e tutti i
Comuni ma non si è ancora giunti alla fase decisiva.
UMANIZZARE LA MORTE — È questo il titolo di un incontro-dibattito organizzato nella sala del museo diocesano
di Pinerolo per il pomeriggio di sabato 13 novembre, a partire dalle 15,30. Interverranno don Sergio Messina, cappellano all’ospedale Amedeo di Savoia, e Fabio Bassetti,
coordinatore assistenziale dell’associazione Rafael.
RIDUZIONE DEL COSTO DEL GAS: VAGLIO SCRIVE
AL GOVERNO — In merito alla riduzione del costo del
gas e del gasolio da riscaldamento deciso dal governo nelle
zone montane, l’assessore regionale alla montagna Vaglio
ha scritto ai ministri Amato e Bersani chiedendo che gli
sconti, attualmente previsti per le forniture mediante reti di
distribuzione, siano estesi anche ai cittadini che hanno il
semplice «bombolone» tenuto conto che molti paesi montani non sono serviti da una rete di distribuzione.
PER IL TEATRO SOCIALE — Prosegue la raccolta di fondi a favore della ristrutturazione del teatro sociale di Pinerolo; nelle ultime settimane, grazie ad alcuni doni di aziende del territorio, è stata superata la cifra di 28 milioni.
GIORNATA DI RADIO BECKWITH
domenicali novembre
ore IO
culto con la chiesa valdese di Torre Pellice
saluto e comunicazioni sull’attività della radio
ore 12,30 pranzo alla Foresteria valdese
(prenotazioni al tei. 0121-91801)
nel pomeriggio
ore 14,30 incontro con la redazione di Radio Beckwith
ore 15,30 momento musicale con la partecipazione del
coro «Les harmonies»
ore 16,15 un tè in amicizia, banco pesca
ore 17 cantiamo col coro «Les harmonies»
VENERDÌ 12 novembrejQon
PINEROLO: NASCE L’AMBULATORIO DI GINECOLOGIA-ONCOLOGIA — È stato attivato a Pinerolo il
” servizio specialistico ambulatoriale di ginecologia oncologica e senologia. L’ambulatorio si rivolge a tutte le pazienti
con problemi ginecologici di natura oncologica già purtroppo accertata; una risposta nei casi di trattamento delle neoplasie dell’apparato genitale e della mammella. L’accesso al
nuovo servizio è gratuito previa prenotazione anche telefonica (0121-235036). Questa opportunità si affianca all’ambulatorio di riabilitazione per pazienti già sottoposti a interventi chirurgici per patologie di tipo oncologico, in particolare per pazienti portatori di colonstomie con applicazione di
sacchetti biologici dopo interventi chirurgici demolitivi.
FINANZA ETICA — Mercoledì 17 novembre, alle ore 21, nei
locali della parrocchia San Lazzaro in via San Lazzaro 3 a
Pinerolo, si terrà un dibattito su «Finanza etica?». Intervengono Maria Pia Osella, della Mutua autogestione, e Valerio
Barollo del Coordinamento soci della Banca Popolare Etica.
L'istituto che sorgerà a Villa Olanda
La pietra di Luserna
FEDERICA TOURN
Entro dicembre cominceranno i lavori a Villa Olanda; la ditta Aree di Torino
si è aggiudicata l’appalto per
ristrutturare completamente i
primi due piani dell’edificio e
il tetto. Il progetto (che fa
parte del progetto Interreg II,
Alpi, 1994-1999) punta alla
valorizzazione della pietra di
Luserna e prevede infatti la
costituzione di un «Istituto
europeo per la valorizzazione
ambientale del territorio e lo
sviluppo delle attività estrattive e artigianali inerenti la pietra di Luserna»; un centro didattico che avrà fra l’altro
una biblioteca, una mediateca, un museo tecnologico, un
ristorante e naturalmente gli
uffici. Sarà anche possibile
consultare un sito Internet
con una borsa valori sulla
pietra per gli esperti del settore. I costi complessivi, 4 miliardi e mezzo, saranno coperti per il 75% da fondi comunitari, statali e regionali e
per il 25% da investimenti
della Comunità montana vai
Pellice, dai Comuni di Luserna San Giovanni e Rorà e
dalla Tavola valdese, proprietaria deU’immobile, concesso
in comodato per 30 anni alla
Comunità montana.
L’attenzione alla pietra è
giustificata dall’importante attività estrattiva della nostra
zona; in vai Pellice le cave
operative sono 32, di cui 10
nel territorio di Luserna e 22
in quello di Rorà, le aziende
impiegate nell’estrazione e
nella lavorazione della pietra
sono 18, per un totale di 2.000
lavoratori del settore, compreso l’indotto. Gli esperti non
escludono in futuro un possibile rilancio dell’attività e
strattiva anche a Torre Pellice
e di Bobbio, un tempo sede di
«coltivazione» della pietra.
Anche per queste ragioni il
progetto prevede la programmazione di corsi di formazione professionale per addetti
di cava (dalla posa alla lavorazione della pietra), oltre a
stage e seminari e, sempre
che il ministero della Pubblica istruzione approvi la sperimentazione, un forte collegamento con un corso di perito
minerario, che si terrà all’Istituto tecnico Alberti di Luserna. L’iniziativa ha il sostegno
dell’Associazione cavatori e
del Politecnico di Torino, che
cederà a Villa Olanda alcuni
laboratori. «È un’iniziativa di
largo respiro a cui collaborano anche la Cna, l’associazione “Pietra di Luserna” e l’associazione “Lou Cialoun” spiega Franco Ferraresi, il
funzionario della Comunità
montana che si è occupato del
progetto - con tutte queste
iniziative, speriamo che Villa
Olanda diventi una sede privilegiata per gli studenti».
Per Villa Olanda, la Comunità montana ha una convenzione con «Lou Cialoun», che
partecipa finanziariamente e
che dovrebbe, a lavori ultimati, gestire il ristorante e i servizi ausiliari. «Con l’associazione “Lou Cialoun” ci siamo
impegnati a reperire i fondi,
circa 600 milioni, per ristrutturare anche il terzo piano di
Villa Olanda, che non è incluso nel progetto Interreg, e che
dovrebbe essere adibito a foresteria, con una ventina di
posti letto», aggiunge Ferraresi. La foresteria, una volta
aperta, sarà gestita da «Lou
Cialoun»; ma bisogna aspettare la fine della prima parte dei
lavori, prevista entro il 2001.
All'ospedale valdese di Torre Pellice
Nuovi lavori in corso
All’ospedale di Torre Pellice nel corso dell’estate sono
finiti i lavori per i magazzini
realizzati a fianco della cucina. Il costo, ammontante a
700 milioni, è stato quasi totalmente coperto dal ricavato
di lasciti, eredità e doni. Sono
finiti anche i lavori per il trasferimento delle centrali tecnologiche prima situate a fianco del prefabbricato storico e
ora collocate nel seminterrato
e al piano terreno a fianco della nuova ala. «Era indispensabile realizzare il trasferimento
prima della stagione fredda ed
è stato fatto senza difficoltà
per l’utenza - spiega Franca
Coìsson, presidente della Ciov
- Queste centrali del costo di
1.700 milioni hanno usufruito
di un contributo regionale di
900 milioni in conto interessi
sul mutuo decennale».
Ora stanno iniziando i lavori che permetteranno una sistemazione definitiva del servizi di radiologia, degli spogliatoi e della zona mortuaria.
«Per questi sarà necessario
scavare tutto il cortile e il terreno davanti all’ospedale dove
c’erano il prefabbricato, le
centrali tecnologiche, l’attuale
camera mortuaria, i parcheggi
interni, con conseguente disagio non soltanto per i lavoratori dell’ospedale ma anche
per chi usufruisce dei nostri
servizi e che transita abitualmente per via Gay e via Castelluzzo, chiuse al transito
per consentire gli scavi necessari», aggiunge Franca Coìsson. In seguito verranno costruiti i marciapiedi e via Castelluzzo sarà anche ampliata.
Il costo dell’opera è di 4 miliardi e 285 milioni, di cui 2
miliardi e 995 milioni costituiscono un contributo in conto
capitale assegnato dalla Re
Un istruttivo viaggio della corale valdese di Torre Pellice
L'emigrazione valdese in Germania
AUGUSTO COMBA
TEATRO PIEMONTESE IN ARGENTINA — La compagnia dialettale «La Trebisonda» di Candiolo sarà in tournée
in Sud America, accompagnata dal poeta Camillo Brero. La
compagnia rappresenterà nei teatri cittadini della provincia
di Cutua autogestione, e Valerio Barollo del Coordinamento soci della do Siccardi (1835-1906), «Carolin-a, pensjé
nen», andata in scena per la prima volta il 31 ottobre 1862
al Teatro d’Angennes di Torino sotto il titolo «Maladìe ’d
cheur», o «Un rimedi per le fomne caprissiose».
Buona parte delle colonie
valdesi del Baden-Württemberg vennero fondate nel
corso del 1799 dai «religionari» del bacino del Chisone a
seguito dell’editto del 1° luglio 1798 che li esiliava dalle
loro terre. Questo è stato dunque un anno di celebrazioni
trecentenarie per quelle amabili località e per altre ancora
delle 20 città e cittadine vaidesi in Germania.
I fondatori di Perouse furono un gruppo di esuli (242
persone raggmppate in 71 famiglie) arrivati il 13 giugno
1699 a Heimsheim. Ritiratisi
nella periferia occidentale di
quel comune, costruirono le
loro Baracken, le loro abitazioni contadine, dando a quel
nucleo urbano il nome del
paese d’origine. Ci passò nel
1832 Alexis Muston, alla scoperta delle tracce degli avi
(ormai quasi cancellate; pochi
vecchi sapevano ancora il
francese, pochi dotti qualcosa
del passato). Peraltro non dimenticò mai lo sguardo e il
sorriso della dodicenne Elisa,
figlia del pastore.
Nel 1899 il bicentenario è
stato celebrato e sulla fontana
del paese è stato scolpito il
busto di Amaud. Da una foto
dell’epoca il paesello sembrava ancora piuttosto bruttino
ma già aveva cominciato a
prosperare, grazie anche alla
coltivazione dei cavoli di eccellente qualità. Questa volta,
per il tricentenario, il clou dei
festeggiamenti è stata la visita
Il tempio valdese a Perouse
della corale di Torre Pellice.
In gran parte l’ha propiziata
un’altra ragazza, più grande e
davvero in gamba, Dorotea
Vinçon, che in precedenza,
durante il soggiorno a Torre
Pellice, aveva frequentato la
corale. Ottima animatrice, fra
la sera del 29 ottobre e la
mattina del 1° novembre ci ha
fatti perfettamente acclimatare in quella linda, civettuola
cittadina di 1.200 abitanti ai
margini della Foresta Nera
che è ora Perouse. Nel 1972,
per libera scelta, essa è entrata a far parte del vicino comune di Rutesheim, 10.000 abitanti in totale.
Piccole cittadine, ma anche
in questa Perouse l’antica
chiesetta è amorosamente
conservata, pure con gli indispensabili adattamenti; c’è un
ben attrezzato Gemeindehaus,
dove possono riunirsi e pren
dere i pasti 150 persone; una
Geheindehalle in cui ce ne
stanno 300 e più. Tutta piena
la sera del nostro concerto;
entusiasmo, certo, nella corale, entusiasmo nel nostro
Chordirektor, simile ad Arminio nella chioma e nel gesto imperioso; entusiasmo superiore a ogni aspettativa nel
pubblico, tant’è che ancora a
casa le rispettive famiglie
ospiti continuavano a lodarci.
Dopo la visita di sabato, con
guida competente e spiritosa,
alla splendida città di Stoccarda, dopo aver cantato al
culto della domenica mattina,
dopo un secondo concerto là
sera nella chiesetta del vicino
Grossvillars, ecco infine la ripartenza il lunedì, mentre un
sole benigno faceva splendere
come oro, a contrasto col nero dei tronchi, le foglie della
grande foresta.
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mulgaù
La presidente Ciov, F. Coìsson
gione e 1 miliardo e 290 milioni il contributo che la Tavo- '
la ha assegnato alla Ciov dai '
proventi dell’otto per mille.
Dal 2 novembre gli accessi
delle ambulanze sono quindi
spostati a nord, a fianco della ,
nuova ala, per consentire alle
macchine dell’impresa di lavorare davanti all’ospedale. Ci
sarà qualche difficoltà anche
per i parcheggi che automaticamente vengono ridotti peri
lavori. Sono in corso trattative
con il Comune per poter utilizzare sul retro dell’ospedale,
in via Castelluzzo, un terreno
comperato da un privato per
questo uso, mentre un altro
terreno al momento non disponibile, sempre da adibire a
parcheggio, come previsto dal
piano regolatore, potrebbe es- i
sere espropriato dal Comune
sempre che, ricorda la Coisson, si arrivi agli accordi ne
cessari per l’operazione. 1
vori dovrebbero comunque finire entro il 2000.
Pinerolo
Un progetto
per l'ex casa
Aimonetto
Comincerà il prossimo anno e durerà circa 12 mesi la
ristrutturazione dell’ex casa
Aimonetto in via Mazzinia
Pinerolo. Il progetto esecutivo dei lavori, che prevede i
completamento della ristrutturazione della casa, è stato
approvato giovedì 4 novembre dalla giunta comunale e
dovrebbe consentire di portare a termine un intervento,
iniziato ormai quasi vent’^m
fa con la stesura del pri®»
progetto di recupero di questo
stabile d’epoca medioevale.
L’amministrazione co®®
naie, alla fine degli Anni
decise un recupero deH’edw
ciò che prevedeva la sua t®
sformazione in alloggi di e®
lizia residenziale pubblica. U
cosa ha richiesto un iter paio
colarmente lungo dal punto
vista burocratico, che ha
lentato ovviamente onol®,
lavori e oggi il Comune di®
nerolo, attraverso la
di un mutuo per 1 niiliurou
179 milioni, spera di riusc
a portare a termine la nst®
turazione. «Non è stato ag
vole - spiega l’as.sessore
Lavori pubblici del
Giulio Blanc - prendere
esame questo intervento,
scegliendo l’accensione di
mutuo, siamo fifuinnente u ^
le condizioni di conclude .
realizzazione, uvallando^
potesi di creazione di piee*^
unità immobiliari». j
L’attuale progetto, cn^
stato preparato dairarch ^
Luigi Brandis di Torino,
vede la ricostruzione
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La nuova legge illustrata in un incontro pubblico all'«Autunno in vai d'Angrogna»
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La battaglia affinché la
legge n. 91/99 sui trapianti di organi diventi opera¿va è tuttora in corso in quanto il decreto attuativo, che
avrebbe dovuto essere promulgato entro 90 giorni dal 16
afflile, non è ancora uscito. Se
ae è parlato, venerdì sera 29
ottobre, nell’ultima e ben riuscita serata dell’Autunno in
vai d’Angrogna. Eppure quel
testo è fortemente innovativo
rispetto a quello della precedente legge n. 674 del 1975
che prevedeva l’assenso del
parenti più prossimi, cosa difficile da ottenere in un momento sempre traumatico nella vita di una famiglia.
La nuova legge capovolge i
termini del problema chiedendo a tutti i cittadini di dare liberamente o di negare il consenso all’espianto dei propri
organi, mentre in quella precedente il divieto era generalizzato con alcune eccezioni:
per coloro che non faranno
pervenire il loro parere entro
90 giorni, vi sarà la presunzione di assenso. I parenti saranno così sollevati dall’incombenza di dover scegliere, avranno comunque la possibilità di segnalare se in vita il
congiunto si fosse espresso in
termini negativi.
La legge si presenta, pur
nella novità, come un compromesso fra posizioni antagoniste e frutto di etiche diverse,
fra coloro che temono che si
rischi un esproprio di parte dei
corpi con il beneplacito dello
stato, e coloro che tramite le
donazioni vogliono promuovere la cultura della solidarietà verso coloro che ricevendo un organo possono provare
la gioia di ricominciare una
vita nuova.
«Le aspettative crescono in
questa fase, i donatori no - ha
affermato il sen. Elvio Eassone -. Se abbiamo delle regioni
guida al Nord, abbiamo in Italia delle medie molto basse di
donatori rispetto a quelle dei
paesi europei, mentre dall’estero ci verranno chiuse le
porte; poiché disporremo gradualmente delle strutture e
delle équipe necessarie, siamo
quindi invitati a diventare autonomi. La legge dice una cosa in positivo: vuole anzitutto
promuovere un’opera di acculturazione su larga scala attraverso un’informazione capillare alla popolazione, a partire dalle scuole». Ma chi dovrà occuparsi di attuare le varie fasi della legge, dall’informazione all’organizzare il
meccanismo per ricevere i
consensi? Il compito verrà assegnato alle Asl, che sul primo punto metteranno in cantiere degli incontri mirati con i
medici di base che sono a più
stretto contato con la popolazione e poi con quelli ospedalieri. L’ottica sarà quella di
entrare nelle scuole per formare un «abito mentale» sensibile al tema della donazione degli organi, che poi vada a toccare anche le famiglie.
Il secondo aspetto che potrebbe creare problema è
quello di organizzare il ricevi
mento dei consensi e dei dinieghi e della conservazione
di questa documentazione.
Forse è su questo problema
procedurale organizzativo che
il decreto attuativo ha trovato
ostacoli alla sua emanazione,
anche se per il ministro della
Sanità, Rosy Bindi, con l’arrivo della «Sanitycard», il tesserino elettronico che conterrà
i dati sanitari degli italiani, la
questione dovrebbe essere in
buona parte superata. «Ma
quando arriverà quel giorno?», si chiedono le varie associazioni di trapiantati; ma
non lo si sa. «Per chi ha bisogno del trapianto del fegato o
del cuore, è questione di giorni. Donare un organo per ridare la vita è un gesto di civiltà
- afferma con forza Mario Di
Bella, responsabile dell’Admo (Associazione donatori
midollo‘osseo) -; avendo finalmente una legge, sarebbe
bene applicarla al più presto».
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Alla ricerca delle proprie radici
Venire in Italia alla ricerca
delle proprie radici; è quanto
hanno fatto nelle scorse settimane alcuni componenti dell’associazione «Ancêtres italiens» che hanno soggiornato
a Torre Pellice per due giorni.
118 partecipanti al viaggio,
coordinati dal presidente
dell’associazione, Marc Margarit, di origini friulane, hanno cercato ognuno le proprie
origini, sia negli archivi della
Chiesa valdese a Torre Pellice
che in quelli della Chiesa cattolica a Pinerolo o in vai Chisone. In effetti molti dei partet^tpanti al viaggio non sono
protestanti, eppure hanno con
omozione partecipato al culto
n Villasecca dove hanno potuto seguire la predicazione di
Claudio Tron; durante le due
giornate il piccolo gruppo ha
avuto modo di visitare i diversi «luoghi storici» della vai
d’Angrogna, comprese le
scuolette Beckwith. La visita
al museo realizzato da Enzo
Tron a Rodoretto ha permesso
di capire meglio la vita montanara del passato e di oggi.
Pochi protestanti, eppure
molti originari delle Valli;
come ci ha raccontato il presidente dell’associazione «accade sovente che qualcuno,
specie dei giovani, vengano a
cercarmi dicendomi: “Ho delle origini italiane eppure il
mio nome è francese; come
può essere?”. È in quelle occasioni che racconto loro della presenza riformata nelle
valli valdesi e talvolta viene
fuori il ricordo, da parte loro,
di un antenato protestante».
Oggi l’associazione opera
nella regione di Parigi dove
ha la sede, organizza conferenze (in ottobre una specifica giornata sulla ricerca dei
AUGURI!
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Ideila sala valdese di Bricherasio sono state festeggiate Maria
isa Cay e Tildina Gay per i loro bellissimi 80 anni e Susanna Balco^ compiuto 88 anni. A loro vadano i più cari auguri delle
n>un/tò di Bricherasio e Luserna San Giovanni.
propri antenati valdesi delle
valli piemontesi), ha una biblioteca, pubblica un «Repertorio informatico delle famiglie italiane studiate», ha una
ricca banca dati. «Lo scopo è
quello di riunire e incoraggiare tutti i ricercatori che abbiano antenati italiani; cerchiamo di offrire loro aiuto in
modo che siano loro stessi a
condurre le ricerche sulle famiglie di provenienza», chiarisce Marc Margarit.
Vengono utilizzati gli atti
notarili, lettere, documenti fiscali ed emergono dal passato
storie di famiglie emigrate alla ricerca di un lavoro o di
una migliore condizione sociale; «La maggior parte delle
persone che ci hanno contattato - prosegue monsieur Margarit - ha antenati contadini e
spesso vengono alla ribalta
storie di grande intensità. Certo ci sono differenti situazioni
secondo le diverse epoche di
immigrazione: negli anni
1500-1600 ci sono stati molti
arrivi in Francia dalla vai Sesia e dalla vai Vigezzo; c’erano fra loro non pochi architetti. Nei primi anni di questo
secolo invece c’è stata una
forte immigrazione dalla Valle d’Aosta; fra loro molti conduttori di carrozze a cavallo
che nel corso degli anni, abbandonati gli animali sono diventati guidatori di taxi. Ho
citato questi esempi ma il
maggior flusso migratorio ha
interessato le province di Cuneo e Torino, in parte interna
alle Alpi, in parte verso Marsiglia e Nizza. Nella zona di
Grenoble troviamo immigrati
pugliesi, in Lorena ci sono
molti veneti e friulani».
L’associazione «Ancêtres
italiens» ha sede in me Turbigo 3, 75001 Parigi.
Un altro aspetto che naturalmente ha bisogno di chiarimenti è quello relativo al concetto di morte prima di procedere all’espianto. Ormai le
conoscenze e le procedure
negli anni si sono consolidate. Si ha la morte quando vi è
la cessazione irreversibile di
tutte le funzioni dell’encefalo
(le funzioni e i riflessi che
presiedono allo svolgimento
delle attività della vita quotidiana). Irreversibile in quanto
costante nel tempo. Una équipe con 3 responsabili di settori diversi, accerta nell’ambito
di 6 ore la permanenza di
queste condizioni di cessazione totale delle funzioni. È a
questo punto che si mette in
moto tutta la complessa macchina per l’espianto, per l’individuazione del ricevente,
per il trasporto a destinazione, per il trapianto, sovente
con il coinvolgimento di alcune centinaia di addetti.
La rete di Angrogna
La fognatura
in zona Est
In un’assemblea ben partecipata, nel quadro delle manifestazioni dell’Autunno in vai
d’Angrogna, domenica 24 ottobre è stato deciso di proseguire nell’impegno di estendere la rete fognaria nella zona
est del Comune. Gli interessati si faranno carico della spesa
dell’opera e della gestione dei
rapporti con l’impresa appaltatrice e il Comune nell’approntare il progetto e, tramite i
membri dell’amministrazione
distribuiti nei vari comitati,
coordineranno e manterranno
l’unità dell’iniziativa. Durante
l’assemblea hanno relazionato
Bertalot per il comitato che
sta concludendo gli allacciamenti privati del primo lotto
realizzato dalle Bruere sino alla località Piantà, e l’architetto
Avalle del comitato per la rete
del Prassuit-Vernet a San Lorenzo, che con procedura diversa e contributo regionale,
andrà entro breve ad assegnare l’appalto per l’esecuzione.
Si preannunciano quindi
nei prossimi mesi la progettazione e l’inizio dei lavori del
nuovo lotto fra la località
Piantà e la località Formaggia
e, in coda a questo, il successivo, che raggiungerà le Porte
di Angrogna attraversando la
zona del Martel. Sull’altra rete che gravita sul capoluogo
verrà valutata l’opportunità di
raggiungere con il servizio le
borgate della Clava e dell’Arpanot. Entro breve, agli interessati arriverà la convocazione per l’avvio delle procedure per l’istituzione dei nuovi comitati, mentre durante la
stessa assemblea sono stati
individuati i nominativi delle
persone che fungeranno da riferimento in questa fase di
avvio delle iniziative.
Nelle
Chiese Valdesi
1" CIRCUITO — Venerdì 12 novembre, alle 20,45, nel
tempio dei Coppieri, incontro di tutti i gruppi giovanili
del circuito per rilanciare il giornalino e per discutere di
una giornata di incontro dei gruppi giovanili.
SCOUT — Incontro del gruppo scout di Torre Pellice sabato 13 novembre, alle 16,30, alla Casa unionista.
INCONTRI «MIEGGE» — Domenica 14 novembre, alle
17, nella sala delle attività di San Secondo, incontro teologico su «Creazione e caduta», di D. Bonhoeffer.
BOBBIO PELLICE — Riunione quartierale ai Cairus
martedì 16 novembre alle 20.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Riunioni quartierali alle
20,30: venerdì 12 novembre agli Airali, lunedì 22 a Bricherasio. Studio biblico martedì 16 novembre, alle
20,45, al presbiterio, su «Credo-crediamo».
FERRERÒ — Riunione martedì 16 alla Baissa, alle 14,30.
POMARETTO — Riunioni quartierali: giovedì 11, alle
15, a Inverso, Paiola, mercoledì 17, 20,30, a Pomaretto.
FRALI — Riunioni religiose su «Fondamentalismo: speranza o disastro per il protestantesimo?»: venerdì 12, alle 20 a Malzat, martedì 16, alle 20,30, a Ghigo, mercoledì 17 alle 20, a Villa, venerdì 19, alle 20, a Cugno.
RORÀ — Riunione alle Fucine giovedì 11 alle ore 20,30
sul tema: «Gesù 2.000 anni dopo». Gruppo teatro venerdì 19 alle 20,30. Gruppo donne ogni 1“ e 3“ martedì
del mese alle 15 sul tema: «la preghiera non esaudita».
SAN SECONDO — Giovedì 11 novembre alle 20,30, riunione quartierale ai Brusiti, giovedì 18 a Cavoretto.
TORRE PELLICE — Riunioni quartierali: venerdì 12 agli
Appiotti, martedì 16 a Simound, mercoledì 17 a Bouissa.
VILLAR PELLICE — Il prossimo ciclo di riunioni quartierali riprenderà lunedì 15 novembre, a cura di Dario
Tron, questi gli appuntamenti: lunedì 15 novembre, borgata Piantà, venerdì 19 al Serre. Giovedì 11 novembre,
alle 14,30, appuntamento per quanti vogliano partecipare al culto all’ospedale. Domenica 14 culto in francese.
Domenica 21, alle 12,30, incontro per chi ha partecipato
ai viaggi comunitari, per una bagna cauda e per ipotizzare una meta per il viaggio del 2000, prenotarsi presso
Italia Cairus o Vanda Michelin Salomon.
VILLASECCA — Riunioni quartierali: martedì 16, alle
20, a Serre Marco, mercoledì 17, alle 20, a Trussan, giovedì 18, alle 14,30, a Bovile, alle 20 a Pian Faetto.
Olimpiadi invernali
Poca 0 nulla
attenzione
per i Comuni
«Rinaldo Bontempi ha tutta
l’esperienza e le capacità necessarie per far parte del
“ponte di comando” di Torino 2006. Naturalmente ogni
indicazione dei soci fondatori
e del Coni sarà vagliata collettivamente con l’unico intento di costituire un team
che risulti vincente». Commentava così il presidente
della Provincia di Torino,
Mercedes Bresso, martedì 2
novembre la notizia di un inserimento del ex eurodeputato pinerolese nel Comitato organizzatore delle olimpiadi
invernali del 2006.
Intanto le manovre che
stanno avvenendo a Torino
per formare il Comitato 2006
non sono viste di buon occhio: nel Pinerolese infatti si
avanza la preoccupazione di
essere esclusi dalla composizione degli organismi che
guideranno l’organizzazione
di Torino 2006. «Ritengo dice Alberto Barbero, sindaco
di Pinerolo - che l’assicurazione data dal Comune di Torino, dalla Provincia e dalla
Regione di operare in costante
accordo con i Comuni del territorio su cui si svolgeranno i
giochi olimpici sia piuttosto
disattesa e che in tale prospettiva ben scarso peso abbia
avuto il documento presentato
il 29 settembre scorso dai sindaci di Bardonecchia, Cesana,
Claviere, Oulx, Pinerolo, Pragelato, Sauze d’Oulx, Sestriere e Torre Pellice». La preoccupazione insomma, soprattutto a Pinerolo, è quella di
essere esclusi e di subire una
organizzazione dei Giochi
pensata e fatta altrove.
Pinerolo: banca dati
Verifica
sui tributi
comunali
Ottenuto l’incarico dal Comune di Pinerolo di preparare
una banca dati delle unità immobiliari presenti nella città
per poi poter effettuare una
verifica sui tributi comunali, i
rappresentanti della Datalogos
1 hanno incontrato nei giorni
scorsi l’assessore alle Finanze,
Giovanna Depetris, in una riunione che l’assessore stesso ha
definito «operativa». Nel corso dell’incontro sono state definite le modalità di intervento
da parte della Datalogos 1 i
cui operatori provvederanno
alla rilevazione dei dati e
avranno sede in piazza Guglielmone. Al termine dell’incontro l’assessore Depetris ha
garantito l’intenzione di voler
«assicurare ai cittadini un
supporto informativo permanente rispetto all’azione di accertamento dati».
TELESOCCORSO
c non Stil mai
solo con
TELEVITA PINEROLESE
via O. di Piossasco 16
Pinerolo
Tel. 0121-39.39.30
10
PAG. IV
E Eco Delle ^lli moESi
VENERDÌ 12 NOVEMBRE iqqq
HOCKEY GHIACCIO
Salutare la pausa, legata agli
impegni delle nazionali, per i
giocatori del Valpellice; dopo
la bratta settimana che ha fruttato un solo punto in quattro
incontri. Intanto in settimana
ci saranno due amichevoli per
la under 20 in ritiro a Torre
Pellice; giovedì 11 alle 20,30
gli «azzurrini» affronteranno
il Valpellice, mentre venerdì
12, alle 18, con Tunder 20
giocherà il Milano.
PALLAVOLO
Due vittorie e altrettante
sconfitte per il 3S nei campionati minori: nel girone B
della juniores femminile le
lusemesi si sono imposte sul
campo del Carignano per 3-1
mentre le ragazze della prima
divisione, girone C hanno superato il Centro volley per 30. Male invece i ragazzi: nel
girone A il 3S juniores ha
perso per 3-1 a Chivasso
mentre in seconda divisione il
3S Pinerolo è stato superato
per 3-0 dal Pozzo strada.
Centro diurno alla Casa delle diaconesse
Assistere agli anziani
TENNIS TAVOLO
A un anno e mezzo dalla ristrutturazione, anche alla Casa delle diaconesse il progetto
del Centro diurno è operativo.
L’inaugurazione ha avuto luogo martedì 26 ottobre nel salone della Casa i cui muri non
potevano contenere i numerosi intervenuti (tra i quali perfino un gruppo di residenti
dell’Asilo di San Germano).
È augurabile che anche i ritardatari, stipati nella saletta attigua, nell’entrata e nei corridoi
abbiano potuto gioire del concerto per pianoforte centrato
su brani di Mozart e Chopin
magistralmente eseguiti da
Paolo Calzi e Michi Cesan.
Successivamente la direttrice ha illustrato i vari servizi
che la Casa si propone di offrire a quelle persone che, pur
abitando a casa loro, gradirebbero beneficiare di queste
opportunità a stabilire dei
contatti con i residenti. All’elenco di pasti, parrucchiere, pedicure, bagno assistito.
riabilitazione individuale si
sono aggiunti i molteplici interventi di animazione culturale e ricreativa descritta
dall’animatrice stessa: l’attività motoria di grappo in armonia con la musica, la lettura, i concerti, le conferenze e
gli studi biblici, la visione di
diapositive e di film, i giochi,
le attività manuali, le gite.
Ttutte queste attività sono
rivolte spprattutto ad accogliere chi è solo e desidera condividere con altri un pasto o
quei servizi sanitari di cui la
Casa dispone, e inoltre stimolarli al recupero di interessi,
togliendoli al loro isolamento
e così favorirne la socializzazione. Dopo alcuni interventi
del pubblico, la riunione si è
conclusa con la visita alla
struttura e un rinfresco. Grande è la riconoscenza e soddisfazione di tutti coloro che
hanno contribuito attraverso la
riflessione e l’impegno al successo di questa iniziativa.
Quarta vittoria consecutiva
per la Valpellice in serie D
per le squadre A e B; la A si
porta in testa alla classifica a
punteggio pieno nel girone D
e stesso risultato ottiene la seconda formazione nel girone
E. Nel dettaglio la squadra A
si è imposta a Ivrea per 5-1
con due punti di Andrea Girardon e Franco Picchi e uno
di Giuseppe Ghirardotti; la
squadra B ha vinto in casa
sulla Telecom Torino per 5-3
(tre punti per Sergio Ghiri e
due di Riccardo Rossetti).
Venerdì 5 novembre a Moncalieri sempre la squadra B
ha vinto grazie a 3e punti di
Massimo Battaglia e uno a testa dei giovani Luca Del Pero
e Simone Odino. La squadra
di serie CI è stata battuta per
5-1 dal Cus Torino.
••• •
I Luoghi Della Memoria
a cura di Marco Rostan
Luogo: Torre Pellice
Data: 1887
Luogo: San Germano, tempio
Data: 1890
A partire dal 1872 i Sinodi cominciano a tenersi sempre nel tempio di Torre Pellice, non
più in maggio ma nella prima settimana di
settembre. Il Sinodo del 1887 è il primo a cui
partecipano anche deputati delle chiese dell’evangelizzazione; quello del 1889 si svolge
nella Casa valdese, inaugurata in occasione
del bicentenario dei «Glorioso Rimpatrio».
Luogo: Pramollo, tempio
Data: 1888
La comunità di Pramollo, che aveva aderito alla Riforma solo nel 1573, si servì inizialmente di due templi, uno nella regione della
Costabella e l’altro probabilmente alla Ruata.
Si ha anche notizia di un tempio di quartiere
ai Gardalin, dove un antico muro era ancora
chiamato «la Gleiso». Con l’esilio del 1686
essi furono ridotti a macerie, poi ricostruiti
nei primi decenni del 1700. Quello della Costabella, fuori dai limiti e non inserito
nell’elenco del 1730, fu definitivamente
chiuso nel 1775; per la Ruata ci fu un progetto di ampliamento non eseguito e poi si
puntò a un’opera grandiosa, a pianta ellittica,
con pronao di 6 colonne, chiamata popolarmente «la Rotonda», che però nacque male
dal punto di vista statico e peggiorò sempre
fino a una crisi irreversibile che impose la
demolizione, pur recuperando il materiale
(1886). Durante queste vicende, i valdesi di
Pramollo avevano usato la chiesa cattolica
della Ruata, venduta nel 1843 dalla Diocesi
alla Tavola valdese, sia pure con la clausola
di usarla solo come scuola. Un nuovo e definitivo tempio fu costruito poco più a monte
della vecchia Rotonda demolita, di cui si
usarono 4 colonne oltre all’elaborato pulpito
scolpito in legno, e fu inaugurato il 15 agosto
1888 con un culto nel quale il past. di Torino
G. Medie predicò sull’importanza delle fondamenta su cui occorre costruire!
Il primo tempio aperto nel 1557 si trovava
a Volavilla, vicino al torrente. Gli accordi di
Cavour fanno poi riferimento a un luogo di
culto ai Dormigliosi, mentre la residenza del
pastore nei sec. XVI e XVII è indicata ai
Balmassi dove si ritrova anche il toponimo
«La gleiso». Ci furono negli anni numerose
dispute con la Missione dei cappuccini sul
tempio e sul campanile; nel 1686 il tempio
fu addirittura allagato dagli stessi valdesi di
Arnaud per assediare i francesi che vi si erano barricati; dopo il Rimpatrio fu usato il
tempietto della Turina, poi nel 1711, con un
vero colpo di mano, si realizza un nuovo
tempio costruito addirittura lungo la strada
maestra, nel capoluogo, sia pure con accesso
laterale: era fuori dai limiti, ma per varie vicende resistette alla demolizione. Nel 1780
fu cintato e dotato di vetri alle finestre, il terremoto del 1808 lo danneggiò gravemente.
Le complicate vicende della ricostruzione, a
cui fu abbinata anche la casa pastorale, portarono a spostare l’ingresso sulla facciata;
sul fianco sinistro fu eretto il campanile che
rimase senza campana fino al 1851, ma nel
1866 ebbe l’onore di avere un orologio. La
ricostruzione completa fu avviata dal past.
Carlo Alberto Tron, con ampliamento, realizzazione di una galleria sui tre lati e abside
di fronte all’ingresso, con il pulpito che prima era a destra: inaugurato il 23 settembre
1890, ebbe modifiche in facciata nel 1951 e
altri restauri più recenti.
Con questa puntata si conclude, almeno per
ora, la rubrica dedicata ai luoghi storici nelle
storia valdese. Ricordiamo quanto scritto
all’inizio, cioè che correzioni e integrazioni da
parte dei lettori sono ben gradite. Ci auguriamo che sia pos.sibile raccogliere in un opuscolo
le varie puntate pubblicate e che, nei luoghi più
importanti che abbiamo segnalato, sia collocata infuturo un targa esplicativa, (m.r.)
Appuntamenti
11 novembre, giovedì
TORRE PELLICE: All’ospedale valdese, dalle 8,30 alle 11,30,
prelievo mensile collettivo per i donatori di sangue.
12 novembre, venerdì
CAVOUR: Alle 21, al teatro Tenda, ballo liscio con l’orchestra
«Bruno Mauro e la band».
PINEROLO: Alle 21,15, al teatro Incontro, spettacolo comico
musicale «Fiato alle corde», con Guido Castiglia e il grappo degli
«Architoiti». Ingresso lire 15.000, ridotti 12.000.
TORRE PELLICE: Alle 20,45, alla biblioteca della Casa valdese, conferenza di Sergio Eynard su «La Svezia e l’Europa», per il
Gruppo di studi vai Lucerna.
13 novembre, sabato
PINEROLO: Al teatro Incontro, alle 21,15, va in scena «Ij fré a
coro», di Oddoero. Ingresso lire 15.000, ridotto 12.000.
TORRE PELLICE: Alle 20,30, nella sede dell’Esercito della
Salvezza, conferenza del colonnello Emmanuel Miraglia, su «C’è
un’ecologia spirituale».
VILLAR PEROSA: Alle 14, alla Società operaia, castagnata.
TORRE PELLICE: Dalle 8,30 alle 19, nell’isola pedonale, mercatino di prodotti naturali.
ANGROGNA: In frazione Giovo, alle 11, l’Associazione apicoltori vai Pellice, organizza una dimostrazione pratica in apiario sul
trattamento autunnale contro la varroa e invernamento. In caso di
maltempo la dimostrazione verrà posticipata a sabato 20.
TORRE PELLICE: Alle 15, nella biblioteca del Centro culturale valdese, assemblea degli «Amici della biblioteca».
CAVOUR: Alle 14,30, spettacoli acrobatici su pattini in linea e
roller acrobatici. Alle 14,30, in piazza Sforzini, esibizione del grappo folcloristico reatino di Casaprota.
VILLAR PELLICE: Festa dei fiori, a cura della Pro Loco.
TORRE PELLICE: Alle 14, sui campi del «Circolo operaio fratellanza», trofeo di bocce.
14 novembre, domenica
PINEROLO: Al Centro sociale di via Duomo, alle 21, concerto
con il «Dorothy Prime Trio», per la rassegna «Blues al femminile».
CAVOUR: Alle 11 e alle 18, «Melagusto»: vota la mela. Alle
14,30, per le vie cittadine, esibizione della filarmonica «Giuseppe
Verdi» di Casaprota (Rieti) e della banda musicale di CaseUe Torinese. Alle 21,30, spettacolo pirotecnico finale «Meie in artificio» e
per concludere la XX edizione di «Tuttomele» «Apple Night party:
tisana e melotti», dolcezze alia mela per tutti.
PINEROLO: Al teatro Incontro, alle 21, concerto dei vincitori
delle sezioni pianoforte e musica da camera del concorso internazionale di musica «Pinerolo città della cavalleria».
TORRE PELLICE: Alle 16, al teatro dei Forte, per la rassegna
«Domenica in tre», va in scena «Hansel e Gretel», con la compagnia «Il teatrino dell’erba matta», ingresso unico lire 6.000, per prenotazioni tei. 0121-323186.
15 novembre, lunedì
PLMASCA: Fiera autunnale a Dubbione, con rassegna zootecnica.
TORRE PELLICE: Alla Bottega del possibile, alle 21, Amnesty
International e l’Associazione pace vai Pellice propongono una serata sul tema: «No alla pena di morte»; partecipa P.cdolfo Venditti,
presidente aggiunto della Corte di Cassazione.
16 ncvembre, martedì
PINEROLO: Per il Festival musicale d’autunno, alle 21, al Circolo sociale, concerto del pianista Luca FaHadino e del clarinettista
Antonio Tinelli. Ingresso lire 15.000.
PINEROLO: Alle 15, in via dei Mille 1, riunione dei responsabili del Coordinamentc musei e luoghi storici valdesi.
18 novembre, giovedì
PINEROLO: Alle 21, al teatro Incontro, concerto del Trio Degas
(flauto, violoncello, arpa)
TORRE PELLICE: Alle 15,30, nella biblioteca della Casa valdese, concerto con Nathalie Dorigato, oboe, e Ombretta Bressa, pianoforte; musiche di Cimarosa, Donizetti, Chopin, Haendel.
TORRE PELLICE: Alla Bottega del possibile incontro su
«Handicap, domiciliarità e promozione»; prosegue venerdì 19.
19 novembre, venerdì
PINEROLO: Alle 21, al teatro Incontro, concerto di bluse con lo
«Sweet Betty Quintetto», voce, chitarra, batteria e basso.
Una rassegna internazionale a Pinerolo
Festival musicale d'autunno
Pinerolo si appresta a vivere
il suo terzo appuntamento importante nel giro di pochi mesi, dopo il Concorso ippico internazionale e la rievocazione
storica della Maschera di ferro. Il Festival musicale d’autunno, alla sua VI edizione,
con il concorso internazionale
di musica «Pinerolo, città della Cavalleria» e la rassegna
internazionale di giovani musicisti, ha aperto infatti il 5
novembre, al teatro Incontro,
con una lezione concerto di
Alexander Lonquich, pianista,
concertista molto affermato,
già ospite in passate edizioni.
Come ogni anno, a far da
cornice al concorso ci sono
vari appuntamenti, tutti alle
ore 21, che vedranno protagonisti numerosi artisti come
Antonio Tinelli e Luca Palladino, clarinetto e pianoforte al
Circolo sociale di Pinerolo il
16 novembre; il «Trio Tegas»
il 18 novembre al teatro Incontro, l’Orchestra filarmonica di Torino il 21 novembre,
diretta da Mario Lamberto,
con Sergio Lamberto al violino e Emilio Benzi al contrabbasso, che présenteranno alcu
ne tra le più celebri pagine
sinfoniche di Mozart e Mendelsshon, sempre al teatro Incontro. Sono in cartellone anche due appuntamenti in collaborazione con il Jazz club di
Pinerolo: «Blues al femminile», con la partecipazione del
Dorothy Prime Trio domenica
14, e Io Sweet Betty Quintetto
il 19 novembre.
Il concorso internazionale di
musica, artico iato in due sezioni, pianoforte e musica da
camera con la rassegna dei
giovani musicisti, è riconosciuto a pieno titolo nel panorama dei premi più prestigiosi:
infatti vi partecipano musicisti
di differenti nazioni. L’importanza di un concorso dipende
in gran parte dall’autorevolezza della giuria che ogni anno
conferma la sua fama internazionale. Il concorso, che si disputa al circolo sociale, si è
occupato dal 7 al 10 novembre della sezione pianoforte,
daini al 13 si rivolge alla
musica da camera, mentre la
rassegna sarà dal 18 al 20, con
la prova sezioni dalle ore 9 alle 18 e il concerto dei vincitori
di categoria alle 21.
notturna, prefestiva, festiva
telefono 167-233111
VAL PELLICE
PINEROLO
Guardia medica:
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Ospedale civile, tei. 167-233111
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Torino, facoltà di ingegneria
meccanica, si è laureato
Massimiliano Ribet, discutendo la tesi: «Comportamento statico e dinamico di
una piastra circolare». Relatori i proff. Graziano Curti e
Francesca Curà. I familiari si
congratulano con lui e gli
augurano un felice inserimento nel mor do del lavoro.
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recapito Torre Pellice
tei. 0121-933290; fax 932409
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non può essere venduto separatamente
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Resp. ai sensi di legge Piera Egidi
Stampa: La Ghisleriana Mondovì
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San Secondo: Farmacia Mellano - via Rol 1S, tei. 500112.
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alle 21, La fortuna di Cooky;
sabato 13, alle 21, E allora
Mamìjo: domenica 14, ore 15,
17, 19 e 21, lunedì 15. martedì
16, e giovedì 18, ore 21, Nottinii Eilf.
TORRE PELLICE — II cinema Treiiito ha in programma, gmvedì 11, venerei 12, ore
21,15, li vento ci porterà con
sé di .Abba.r Kipjostami; sabato
13, ore 20,10 e 22,10, domenica 14, ore 16, 18, 20.10 e
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Viaggio in Argentina e Uruguay, terre di emigrazione anche per i valdesi
Nel Chaco, terra degli indigeni toba
In questa regione si svolge l'attività evangelica della «Junta unida de misiones»
che riceve un sostegno anche dalla Cevaa. La spiritualità pentecostale dei toba
ebmanno genre
Quando incontrai il segretario generale della
Cevaa, pastore Alain Ray, nel
maggio scorso in Facoltà a
Roma, mi parlò del coinvolgimento della Cevaa nel lavoro
missionario nel Chaco e non
I ebbe esitazioni nel racco! mandarmi una visita in queI ste terre. Al termine del mio
soggiorno nel Rio de la Piata,
prtaa di partecipare all’in1 contro del «Presbiterio Nor' te» a La Paz, ho avuto l’opportunità di trascorrere due
intere giornate nella terra degli aborigeni. Il Chaco è un
immenso bassopiano con fitte boscaglie e savane che tocca la Bolivia, il Brasile, il Paraguay e l’Argentina. Nel territorio argentino comprende
le province di Chaco e di Formosa, attraversate dal Rio
Bermejo. All’interno di questa immensa regione vivono
0^ ancora circa 20.000 aborigeni indios, toba, mocovr,
mataco; molti abbandonano
le terre (manca l’acqua) che
non offrono più il cibo come
, un tempo e si concentrano
nelle aree urbane.
Castelli, cittadina di circa
25.000 abitanti dove ha sede
la «Junta unida de misiones»
I (Jum) a cui la Cevaa fa riferij mento, è cresciuta e cresce a
vista d’occhio, nonostante la
I situazione precaria in cui si
inseriscono le nuove famiglie
(mancanza d’acqua, di fogne, di luce e di tutto ciò che
dovrebbe esistere per poter
nominare la parola città). Alba Rostan, che lavora nella
Jum, mi fa fare un giro in
macchina attorno a Castelli e
lei stessa rimane sorpresa dei
nuovi agglomerati urbani (i
«barrios») che si sono formati
negli ultimi mesi. Si nota
passando un mucchio di
masserizie in un prato: è una
f^iglia che ha abbandonato
l'interno del Chaco per cerOTe (che cosa?) una sistemanone alla periferia di Castelli. Poco a poco sorgerà anche
, ini una baracca.
La Jum, in cui lavorano aitarne persone a pieno tempo,
svolge un lavoro di formazione e di assistenza con la popolazione toba; a Castelli vi è
una struttura di accoglienza
ene permette incontri, conoscenze, scambi (due gruppi
tu giovani francesi e di svizzeri erano appena partiti e
uopo di loro un’équipe della
Leima che stava producendo
un filmato, e ancora un gruppo Cevaa per valutare il lavoro che qui si svolge). Spesso
Una «hacienda» nelia regione del Chaco
(foto A. Boano)
la jeep del centro deve addentrarsi per chilometri nella
zona deU’«Impenetrable» per
accompagnare delle famiglie
e rifornire di viveri chi abita
nel «monte» (boscaglia). Di
buona mattina ho accompagnato Jorge Colet (pastore
metodista, nonostante il cognome valdese, che lavora alla Jum) per trasportare alcuni
familiari e viveri in una zona
interna dove la jeep fa fatica
a rimanere sulla strada appena tracciata dai cingolati. Finalmente si arriva in una radura, due baracche malconce, intorno terra simile al deserto, nessuna traccia di terra
coltivata. Le cisterne naturali
per raccogliere l’acqua piovana sono quasi esaurite, ma i
capretti assetati si precipitano in quella direzione, seguiti
dal gregge. Devo aggiungere
che questa è l’unica acqua disponibile per animali e umani? L’impressione è che tutto
sia fermo agli tdbori della storia e della cultura.
Le domande che l’europeo
civilizzato si pone immediatamente non sono sempre
(quasi mai) pertinenti e sensate. I toba non sono dei coltivatori, non sono contadini,
sono cacciatori e pescatori, la
lora cultura è segnata da un
diverso rapporto con la natura e con la terra. È la terra che
produce e germoglia quanto
necessario alla vita, la terra si
rispetta (in tutti i sensi), non
la si coltiva, non la si sfrutta
per farla produrre: si prende
ciò che dà. Ma l’ecosistema
che sta dietro a questi pen
*’®**®- Borsa di studio
Rosina Pavarin
e Arnaldo Gardiol
La Tavola valdese indice un bando di concorso per
assegnazione di una borsa di studio intestata a Rosina Pavarin e ad Arnaldo Gardiol, di lire 2 milioni,
lell anno accademico 1999-2000.
La borsa sarà destinata prioritariamente a uno studente o a una studentessa di teologia proveniente
alle valli valdesi, che frequenti la Facoltà valdese di
Oologia. La domanda per la borsa deve essere debiennente motivata: bisognerà indicare le condizioni
Economiche personali e familiari, l’anno di iscrizione
Ella Facoltà di teologia, la chiesa di provenienza, se
s* fruisce o si è fruito in passato di altre borse di stu'0, se si è in regola con gli esami da sostenere, e
quante altre notizie si ritenga possano essere utili
per 1 assegnazione della borsa.
Consegnare a mano o inviare la richiesta agli uffici
Ella Tavola valdese — via Firenze 38 - 00184 Ro[^a, entro il 15 dicembre 1999. Farà fede la data del
“fpbro postale.
sieri è andato distrutto e difficilmente potrà essere ricostruito. La distruzione (o, se
volete, il progresso) l’hanno
portata gli europei con la colonizzazione. Il primo insediamento spagnolo fu probabilmente Concepcion del
Bermejo, fondata già nel 1585
ma poi abbandonata nel
1632 in seguito alla resistenza
degli indios e riscoperta in
epoca recente (a circa 50 km
a est di Castelli).
Qui, a differenza di altre
zone limitrofe, i gesuiti non
ebbero grande influenza (furono poi espulsi dalle Americhe nel 1767) e non poterono
segnare queste zone della loro presenza. La colonizzazione del Chaco partì dalla città
di Corrientes (sul fiume Paraná) e ancora da Resistencia
(fondata nel 1750): di qui si
costruirono le due ferrovie
per il trasporto del legno (la
vera ricchezza del Chaco) e
la lavorazione del tannino
(famoso il legno quebracho,
ovvero «rompiascia»). Ma
soltanto in tempi recenti, attorno al 1930, la zona si sviluppò nella direzione dell’agricoltura, con l’introduzione della coltivazione del
cotone a opera degli immigrati europei: russi, cechi,
bulgari, jugoslavi, italiani,
spagnoli. Nel centro della
piazza principale di Castelli
vi è un obelisco alla cui base
si può leggere la data di fondazione della città ad opera
dei «russi del Volga», 1936.
Alcune iniziative di educazione, rispettose delle tradizioni toba sono in atto nel
Chaco argentino. Una di
queste è la scuola bilingue
(Ceree) del «Colchón» sul
Bermejito che ho visitato con
Alba Rostan. Una quarantina
di ragazzi e ragazze trascorrono nel centro due settimane di formazione, incluse le
iniziazioni al «saper fare»
(cucina, gestione della casa,
manualità, tra cui la falegnameria, costruzione di alveari
per l’apicoltura, la «kinta»,
ossia la capacità di coltivare
un orto, ecc.). Dopo due settimane di formazione comunitaria nella scuola, tutti a
casa per un’intera settimana:
per non perdere le relazioni
familiari così importanti e
per vivere in tensione positiva le innovazioni, le nuove
scoperte. Ho visto questi ragazzi con alcuni loro insegnanti (alcuni toba) e ne ho
avuto una forte impressione.
Anche la Jum sostiene questo
progetto e sta lavorando, con
l’apporto della Cevaa, per
costruirne un secondo.
Naturalmente anche in
questo progetto, come in o
gni progetto educativo, si incontrano e si scontrano visioni diverse del mondo e della
vita. Mi sono domandato, ripetutamente e senza trovare
una risposta convincente,
che cosa significhi, concretamente, «rispettare» le tradizioni di queste popolazioni
sopravvissute alla colonizzazione dei bianchi europei.
Me lo sono chiesto nell’incontro che ho avuto con tre
pastori toba in cui abbiamo
parlato deU’importanza della
Bibbia (mi hanno mostrato il
Nuovo Testamento e grandi
porzioni dell’Antico tradotti
nella lingua toba) come fonte
di libertà e di liberazione da
ogni condizionamento umano che tende a imporsi come
legge assoluta; me lo sono
chiesto ancora la sera in cui
abbiamo celebrato un breve
culto in una delle piccole
chiese toba (chiesa della Bibbia aperta, chiesa quadrangolare) nel cuore del «monte», un «ciahàs» primitivo, in
terra battuta, semplice e accogliente al tempo stesso.
La spiritualità dei toba è
chiaramente di tipo pentecostale, ma essi dimostrano
apertura, curiosità, interesse
per una più profonda conoscenza delle Scritture e per
nuove relazioni con altre comunità. Non è un caso che
anche l’Isedet (la facoltà di
teologia di Buenos Aires) sia
impegnata in questo lavoro di
formazione con i toba, desiderosi di impadronirsi degli
strumenti della conoscenza
biblica. Infine, me lo sono
chiesto quando, visitando la
«kinta» della scuola del «Colchdn», ho visto l’orto assetato, che chiedeva acqua. Un
tubo di gomma del diametro
di 4-5 cm. correva nel mezzo
della kinta. L’ho seguito per
un centinaio di metri, fino al
rio Bermejito. E qui ho (forse)
capito perché si era cessato di
innaffiare la kinta: l’acqua del
fiume era scesa di livello ed
era ora a due metri di distanza dal tubo. Quando si riprenderà a bagnare l’orto? Quando
il fiume crescerà. Quando crescerà? Quando verrà la pioggia... ma allora serve veramente il tubo di gomma?
Recentemente il governo
argentino ha preso una decisione importante per le popolazioni aborigene del Chaco. Lo ricorda anche l’atto 34
del Sinodo valdese rioplatense 1999 («consegna di terre»).
Il 14 dicembre 1998, un importante gruppo di famiglie
ha ricevuto dal governo l’assegnazione in proprietà di
150.000 ettari di terra. Terre
che saranno proprietà comunitaria della società civile di
Meguesoxochi, come atto di
«restituzione» ai legittimi
proprietari. Ancora una volta
la mentalità europea legata
alla coltivazione e allo sfruttamento della terra domanda: a che cosa serviranno
queste terre incolte e dense
di boscaglia per una popolazione che non ha, nella sua
tradizione, il senso della coltivazione della terra, essendo
loro pescatori e cacciatori?
Me lo domandavo quando,
seduti sulle rive del Bermejito
spezzavamo un pezzo di pane con il pastore toba Timoteo e con Alba, quando Timoteo mi diceva, quasi commosso: «Al di là del fiume c’è
la nostra terra». Deve ancora
essere il nostro problema ciò
che sarà di questa terra? La
risposta aborigena ha la sua
propria saggezza. Alla domanda: ma che cosa ne farete ora di questa terra? Si risponde: la guardiamo, la
contempliamo.
(4 - fine)
M Chiesa battista di Pordenone
Il Giubileo biblico e le
prossime celebrazioni
ELENA DE MATTIA
LO scorso 18 settembre,
nella chiesa battista di
Pordenone, il presidente della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia Domenico Tomasetto ha tenuto una
conferenza dal titolo «Anno
Santo, Giubileo, Millennio»:
molto partecipato sia da
evangelici sia da cattolici,
rincontro è stato un’importante occasione per capire
più a fondo le problematiche
legate alle celebrazioni promosse dalla Chiesa cattolica
per il 2000 e per fare il punto
sui risultati raggiunti dall’ecumenismo. Inizialmente
l’attenzione del relatore si è
concentrata sulla necessità di
chiarire il preciso significato
di ciascuno dei tre termini,
onde evitare i pericolo di assommarli, come è entrato ormai largamente in uso nell’ingannevole definizione di
«grande Giubileo».
È improprio, infatti, far
coincidere il Capodanno del
2000 con l’inizio del nuovo
millennio, che non comincerà prima del Capodanno
2001; l’anno 2000 inoltre è
una data forse suggestiva per
il mondo occidentale, in
quanto fa riferimento in cifra
tonda alla nascita di Cristo e
richiama alla memoria ansie
millenaristiche, ma non ha
alcun riscontro nelle diverse
cronologie utilizzate nel resto
del mondo, dove la cronologia occidentale rimane esclusivamente legata all’ambito
delle transazioni commerciali. Un uso ancora più improprio è stato fatto dell’istituzione biblica del giubileo, ricorrenza cinquantennale descritta nel libro del Levitico:
durante l’anno giubilare Dio
richiede l’osservanza di quattro fondamentali esigenze,
che egli avanza affinché la
giustizia venga rispettata
nell’ambito dei rapporti economico-sociali: fare riposare
la terra, rimettere i debiti, liberare gli schiavi, restituire le
terre ai proprietari originali;
comunemente si ritiene che
queste richieste siano rimaste sempre disattese. Se si
immagina la portata degli
sconvolgimenti che ne sarebbero la logica conseguenza, si
capisce chiaramente il profondo significato del giubileo
biblico: le dinamiche economiche e sociali non devono
costituire forze inarrestabili e
incontrollabili e non devono
generare processi di impoverimento e sopraffazione irreversibili: l’anno giubilare è
appunto il freno che Dio pone a tale irreversibilità. Ancora più grave dunque che se
ne sia richiamato il nome
svuotandolo completamente
del suo significato.
Le tre ricorrenze che la
Chiesa cattolica ha chiamato
in causa per le celebrazioni
del 2000 sono dunque legate
da una sottile dinamica di
depotenziamento-potenziamento, come il pastore Tomasetto ha messo in evidenza: da un lato, accanto al Millennio travisato nelle sue reali proporzioni cronologiche,
il giubileo viene svuotato del
suo originario significato per
richiamarne solo il nome,
dall’altro si rafforza di queste
concomitanze fittizie l’unica
istituzione che è veramente
al centro delle celebrazioni
del 2000, l’Anno Santo.
Poi il relatore ha enucleato
le ragioni del rifiuto opposto
dalle chiese evangeliche a
qualsiasi forma di partecipazione alle manifestazioni
dell’Anno Santo: se da un lato
infatti la prima enciclica dedicata alle celebrazioni del
2000, emanata nel 1994, presentava interessanti novità
che sembravano richiamare
più da vicino le tematiche del
giubileo biblico e porre l’evento in una dimensione ecumenica, dall’altro i due più recenti documenti, la Bolla papale del novembre 1998 e il
conseguente decreto della Penitenzieria apostolica hanno
deluso ogni aspettativa in tal
senso, riproponendo in tota il
vecchio sistema delle indulgenze, del tutto inaccettabile
per noi evangelici, se si considera che proprio contro tale
sistema Martin Lutero scrisse
le famose 95 tesi. Ne sono
conseguiti inevitabilmente il
ritiro dei rappresentanti evangelici che, sulla scorta dell’enciclica del ’94, avevano accettato di partecipare al Comitato generale per il Giubileo cattolico e il rifiuto di qualsiasi
coinvolgimento nelle celebrazioni dell’Anno Santo.
Tuttavia, come ha sottolineato con forza Tomasetto,
questo non deve pregiudicare
il cammino ecumenico percorso assieme negli ultimi anni: gli evangelici infatti non
negheranno la loro disponibilità a incontri di studio e di
preghiera che promuovano
l’ecumenismo né verso iniziative che, svincolate dall’
Anno Santo, si richiamino alle indicazioni del giubileo biblico, che invitano a una profonda riflessione sulle innumerevoli forme di ingiustizia
prodotte dalla società moderna: un esempio di come sia
possibile una collaborazione
tra cattolici ed evangelici in
tal senso è la campagna internazionale Jubilee 2000.
_ Un lutto fra gli evangelici di Pavia
Il fratello Franco Alessio
MARIO NICOLAI
Franco Alessio non è più
con noi. Ci mancherà la
sua presenza, la sua parola
arguta e tagliente, il suo pensiero limpido e chiaro, la sua
azione coerente e determinata. La nostra piccola chiesa di
Pavia non ha potuto accogliere tutta la folla di amici ed
estimatori, dal sindaco ai colleghi della facoltà di Filosofia
e delle altre facoltà, che hanno voluto rendere alTratello e
amico scomparso un affettuoso saluto in occasione del
culto presieduto dal pastore
Gianni Genre, espressamente
venuto da Villar Pellice. Un
culto semplice, come diceva
Franco, citando Lutero, che
deve «edificare la chiesa e
non vuole introdurre nuove
cerimonie, ma rendere le coscienze libere e sicure mediante la fede, affinché siano
senza paure».
Nessun discorso: soltanto
gli occhi arrossati e il pianto
discreto e nascosto di Rocco,
il bidello della facoltà, hanno
dato la misura di quanto
Franco fosse nel cuore di tutti specialmente dei semplici e
dei minimi. Noi così vogliamo ricordarlo, non come lo
stimato cattedratico e lo studioso illustre ma come l’amico che ci ha sempre aperto le
porte dell’istituto, quando
nell’Università di Pavia doveva risuonare la testimonianza
della Parola e l’annuncio
dell’Evangelo, continuatore
di una lunga tradizione da
Celio Secondo Curione a Mario Alberto Rollier.
12
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 12 NOVEMBRF ■
L'attività dello «sportello» aperto a Bari nei locali della chiesa battista
Profughi e immigrati sulle coste pugliesi
Nel corso dell'estate sono giunte migliaia di persone, spesso
numerosi. Il forte sostegno della Fcei e del «Gruppo lavoro
in gruppi familiari
rifugiati» di Bari
GRAZIA RITA PIGNATELLI
Lf ATTIVITÀ dello sportello
I aperto a Bari nei locali
della chiesa battista, si è svolta in questo periodo essenzialmente alTinterno del campo profughi di Bari Palese.
Con la fine dei bombardamenti Nato l’arrivo sulle coste
pugliesi di profughi provenienti dal Kosovo, di etnia albanese, si è arrestato e, al loro
posto, è iniziato l’esodo di uomini, donne e bambini di origine rom. Nella struttura sono
transitate almeno 4.500 persone rom, giunte in Italia dal
Montenegro soprattutto dalla
metà di giugno in poi. L’attività di sportello è stata diretta
sia a casi singoli, sia alla generalità degli ospiti del campo.
Nel primo caso, grazie anche
alla collaborazione con le autorità di poUzia, abbiamo individuato nuclei familiari o
persone sole vulnerabili, senza nessun riferimento in Italia
o in particolari situazioni, allo
scopo di seguire il caso specifico, fornendo assistenza giuridica e orientamento e di segnalarli alla banca dati del
Progetto «Azione Comune».
Considerando l’elevato numero di ospiti e il tempo breve di permanenza nel campo,
abbiamo provveduto a distribuire un volantino, contenente informazioni sul diritto di
asilo e sulla protezione umanitaria in Italia.
La revoca del decreto che
consentiva il rilascio di permessi di soggiorno per motivi
umanitari ai profughi provenienti dalle zone di guerra
della Repubblica federale di
Jugoslavia non ha arrestato
gli sbarchi sulle coste pugliesi, almeno in un primo momento, ma ha sicuramente
complicato il nostro intervento. Lo scorso 18 agosto,
infatti, è giunto a Bari, all’alba, un peschereccio con a
bordo quasi 1.200 persone di
etnia rom. La questura di Bari, non potendo più consentire il rilascio di permessi uma
nitari, ha proceduto con la
verbalizzazione delle richieste d’asilo, procedura individuale e lunga. Va segnalato
che in altre città italiane le
questure hanno agito diversamente. La questura di Brindisi, ad esempio, ha considerato «clandestini» i profughi
giunti dopo la revoca del decreto, e ha quindi emesso nei
loro confronti un provvedimento di espulsione.
A Bari sono giunti quasi
esclusivamente nuclei familiari, di solito molto numerosi: con uno degli ultimi sbarchi, avvenuto nel porto di
Bari lo scorso 31 luglio, sono
arrivate 1.010 persone, 226
uomini, 249 donne e ben 535
minori. Così come i kosovari
di origine albanese avevano
fatto fino a qualche giorno
prima, anche i rom sono stati
costretti ad abbandonare le
loro case a seguito di minacce. Le storie raccontate sono
state le stesse: i serbi prima, i
militari dell’Uck poi, spesso
durante la notte entravano
nelle case, armati e mascherati, estorcevano tutto il denaro e gli oggetti di valore
posseduti e minacciavano le
famiglie, concedendo pochi
minuti per lasciare le abitazioni. Quasi tutte le famiglie
sono arrivate esprimendo
l’intenzione di voler raggiungere familiari residenti in altre città italiane (soprattutto
nei campi nomadi) e qualcuna anche all’estero. L’attività
di sportello a cui la Fcei ha
ulteriormente contribuito
fornendo a partire daUa metà
di luglio un’operatrice parttime, è stata fortemente sostenuta dal «Gruppo lavoro
rifugiati» (Gir), coordinamento di associazioni e singoli che si sta impegnando
sempre più ad essere il soggetto referente a Bari sulla
tematica dell’asilo.
Le segnalazioni riguardanti
famiglie che desiderano restare in Italia sono state numerose, ma pochissime sono
state le persone che, alla fine.
hanno trovato accoglienza
presso le strutture attivate
con il progetto. Le principali
difficoltà riguardano, da una
parte, l’intenzione di voler
raggiungere a tutti i costi i
parenti, pur sapendo che le
loro condizioni non sono ottimali; dall’altra, il tempo necessario a organizzare il trasferimento non coincide con
i tempi di rilascio del permesso di soggiorno: appena i
profughi lo ricevono, infatti,
pur di non restare nel campo
di Bari-Palese preferiscono
uscire, affidandosi soltanto
alle proprie capacità di sopravvivenza.
In particolare tre nuclei familiari sono stati trasferiti al
Centro di accoglienza di Nettuno (Roma), una famiglia di
origine rom di sette persone
(cinque figli di cui il maggiore è cerebroleso) è stata accolta dal comitato cittadino
di solidarietà di Ivrea; tre ragazzi, due fratelli montenegrini (uno renitente alla leva,
l’altro disertore), e un loro
amico proveniente dal Kosovo, serbo musulmano, sono
stati ospitati in un centro di
accoglienza e poi trasferiti a
Torino; tavola rotonda nel solco di Graz '97
I conflitti etnici interpellano i cristiani
GINO DENTICO
Lf 8 ottobre, alla Galleria
I d’arte moderna di Torino, si è tenuta una tavola rotonda organizzata dal coordinamento ecumenico «Insieme per Graz», organismo nato
a seguito degli incontri europei di Basilea e Graz, su «i
conflitti etnici interpellano i
cristiani». L’ambito è stato
quello della Settimana della
pace e delle iniziative pubbliche promosse dalla manifestazione torinese multiculturale e multietnico «Identità e
differenza». Oratori la pastora
battista Anna Maffei, mons.
Luigi Bettazzi e il padre ortodosso Giorgio Vasilescu. La
scrittrice giornalista Piera Egidi ha presieduto rincontro
che è stato introdotto dal pastore Emmanuele Paschetto. '
Anna Maffei ha ripercorso
le tracce del conflitto etnico
partendo dal Sud Africa, passando dal Ruanda, fino a
giungere ai Balcani, nel cuore
dell’Europa, e alla Cecenia.
In Europa, in particolare, si
sono fatti strada movimenti
con un ideale, più o meno
confessato, di apartheid, movimenti che hanno in comune la paura della perdita
dell’identità etno-culturale
(radici, tradizioni, storia) a
causa della crescente multi
culturalità determinata soprattutto dai flussi migratori.
Viviamo dunque in un periodo di turbolenza identitaria,
di problemi di identità in un
mondo che è ricco ma culturalmente impoverito, economicamente forte ma insicuro
di fronte alla complessità del
nostro tempo.
In questa situazione che
ruolo hanno le fedi religiose?
Ci scandalizza pensare che
abbiano un ruolo di appoggio alle identità etniche, che
abbiano spinte parallele di
autoaffermazione contro
l’altro, che il confessionalismo cerchi di prevalere
contro l’ecumenismo. Nelle
chiese, fra l’altro, la presenza
degli immigrati viene vissuta
con disagio, magari ignorandoli, magari scoprendo che
preferiscono crearsi la loro
chiesa a parte, magari esigendo omogeneità religiosa
territoriale. Insomma, anche
le fedi vivono la società complessa con disagio, ma dovrebbero ricordare che la fede è identità dinamica, è
uscire da sé, è convergere in
uno «spazio» che ci renda
tutti più liberi e alla pari.
Padre Giorgio Vasilescu, riferendosi all’ultimo conflitto
del Kosovo, ha affermato che
quelli che combattevano non
erano protestanti, cattolici e
ortodossi ma erano dei non
cristiani perché Gesù ci ha insegnato altro. Alla figlia undicenne che gli ha chiesto che
cosa fosse la pulizia etnica ha
risposto che è «una malattia
nuova della società moderna». Come rappresentante del
popolo ortodosso, ritiene che
contro questo popolo i media
siano stati di parte, sordi, con
la tendenza a «demonizzarlo», sottovalutando il difficile
quadro complessivo.
Monsignor Luigi Bettazzi
ha ricordato come nel 1989
sia caduta una ideologia, l’altra sia rimasta senza più alcun correttivo, con conseguente crescita dell’individualismo economico, etnico
e religioso (nascono i «non
credenti cattolici», gli «ortodossi atei», ecc.). Ma oggi le
religioni sono più che mai
chiamate all’impegno per la
pace, abbiamo bisogno più
che mai del dialogo interreligioso, come si è fatto nelle
grandi assemblee europee di
Basilea e Graz. La chiesa è
per gli altri, non solo per noi,
è per il Regno, cioè per il
mondo come Dio lo vuole.
Certo, ognuno ritiene che la
sua sia la vera chiesa, ma è
importante ascoltare lo Spirito Santo che ci vuole riconciliati, tra cristiani, per aiutare
il mondo a riconciliarsi.
Ravenna, in un appartamento messo a disposizione dal
Comune. Lo sportello ha poi
seguito un ricorso contro
l’espulsione di due nuclei familiari rom. Il provvedimento del giudice è risultato di
estrema rilevanza: è stata innanzitutto sollevata l’incostituzionalità della legge sull’immigrazione (per ciò che
concerne i ricorsi contro le
espulsioni e, in particolare, il
limite di tempo che il giudice
ha per decidere) e, inoltre, il
giudice ha indirettamente affermato l’esistenza della persecuzione del popolo rom in
Kosovo. Stiamo seguendo,
infine, tre ragazzi richiedenti
asilo (due sudanesi e uno
della Sierra Leone): sono tutti
molto interessati alla realizzazione di un progetto personalizzato di inserimento.
Incontro internazionale
La presenza protestante
in Slovenia e in Croazia
MARIE-FRANCE MAURIN COISSON
Nel settembre scorso, durante l’incontro annuale
delle chiese svizzere in Italia
che ha avuto luogo a Trieste,
era stata programmata una
giornata ad Abbazia e a Fiume. Con un pulmino e un’automobile i rappresentanti delle chiese svizzere di Genova,
Firenze, Milano e Trieste, assieme al rappresentante della
Federazione delle chiese svizzere, hanno visitato la chiesa
e la casa pastorale di Abbazia,
che aspettano ancora la loro
collocazione definitiva a vocazione europea, secondo un
progetto allo studio della Tavola valdese. Tutti hanno capito che i problemi da risolvere non sono pochi, come d’altronde per tutti i paesi dell’Est europeo, dove per molti
le proprietà delle chiese sono
ancora incerte. Tutto ciò
complica la vita delle rinate
comunità protestanti.
Nel pomeriggio si è raggiunta Fiume per partecipare a una parte della giornata
di festa di tutte le comunità
luterane croate che si incontravano nella sala della cultura (Kulturni Dom); c’erano
più di 200 persone provenienti anche dalle zone più
orientali della Croazia, fra
cui molti giovani che formavano anche dei cori. Il pastore di Trieste ha portato il suo
messaggio, puntualmente
tradotto da una ex insegnante che per molto tempo era
rimasta l’unica credente della
comunità di Fiume. Un giovane italiano ha anche partecipato a tutta questa giornata, fermandosi il giorno successivo per il culto nella comunità di Fiume. A livello
giovanile si sono già svolti vari periodi di contatti amiche
voli sia in Italia, a Venezia «
^ CI------ 1 .
in Croazia a Slavonski Bród
a Selce. Per loro un prossin,!
scambio avrà luogo a Sam
Severa a fine dicembre.
VENI
Un altro incontro con una
trentina di persone venute
dalle Chiese riformate slove
ne delle regioni del Pre)
murje e del Pomurjo (al con
fine con l’Ungheria) assieme
all’Associazione culturale
«Primoz Trubar» di Lubiana'
ha avuto luogo a Trieste il ij i
ottobre. Si è parlato loro delle
diverse chiese della città eoa
le quali le nostre comunità '
elvetica-valdese e metodista !
sono in contatto per vari tipi >
di scambi (ecumenismo con
cattolici e ortodossi serbi e
greci; incontri pastorali regolari con pentecostali, avventi,
sti e gruppi liberi, con i qua|
si sta programmando un incontro comunitario e uno fra
adolescenti). Poi hanno con- :
sumato un pranzo preparato
da metodisti e valdesi nei locali di piazza San Silvestro. Ci
hanno spiegato che fino agli
anni 1944 a scuola si parlava
tedesco o ungherese, ma non'
sloveno. Trubar, il padre della lingua slovena, si era formato a Trieste. Il pastore in
pensione che accompagnava
la loro gita in Italia ricordava
l’epoca lontana in cui aveva
visitato le comunità protestanti di Trieste (con il pasto-'
re Bert) in un periodo diffide
della storia in cui si interrogavano se fosse il caso di farlo predicare; ricorda che aveva potuto farlo grazie all’intervento delle donne impegnate nella comunità. In serata il gruppo ha raggiunti
Tramonti, dove ha avutomi
scambio con il pastorei
Udine-Gorizia prima dire
carsi l’indomani a Veneziai
fare ritorno in Slovenia.
!■»
Gli impegni della Casa di riposo di Vittoria
Gli anziani sono da considerarsi una risorsa
ERICA BUCCHIERI
PER celebrare il 1999 che
l’Onu ha voluto dedicare
agli anziani, a fine maggio al
Palaeur di Roma si è tenuta
una conferenza governativa
che ha avuto come tema
principale «Gli anziani come
risorsa e non come un peso
per la società». Al di là dei
numerosi interventi da parte
dei partecipanti, fra i quali
quattro ministri (del Lavoro,
della Solidarietà sociale, della Sanità, degli Interni), rappresentanti deirOnu, delle
Regioni e dei Comuni d’Italia, dei sindacati confederati
dei pensionati, dei Centri sociali della associazioni di volontariato, il dato principale
che emerge è quello delle
persone anziane che sono
sempre più protagoniste nella società del futuro.
Come Casa di riposo siamo
certi che per migliorare le
condizioni e la qualità della
vita di coloro che entrano nel
mondo della terza età, l’anno
dedicato all’anziano diventa
un’occasione importante di
testimonianza del costante
impegno del nostro lavoro, e
del grande rispetto sia per la
vita che per l’esperienza e il
pensiero dell’altro. Siamo solidali con quanti si sono prodigati e si prodigano oggi per
gli anziani, e sperando nella
realizzazione di fatti concreti
continuiamo silenziosamente nel nostro cammino quotidiano, accogliendo e dando
a chiunque la possibilità di
potere decidere di vivere in
una Casa di riposo, e di partecipare attivamente a tutte
le iniziative che pongono co
me protagonista la persona
di terza età.
La Casa di riposo di Vittoria, mantenendo fede ai propri impegni e ai propri valori,
ha organizzato momenti di
incontro significativi per la
vita interna dell’istituto e per
quanti si trovano impegnati
sul tema dell’anziano. Il 18
ottobre tutto il personale e gli
ospiti sono stati coinvolti nella Sagra del dolce che ha allietato il pomeriggio trascorso assaggiando una varietà di
dolci preparati dal personale
della Casa. Il 28 ottobre la
«Festa d’autunno» diventa
una marcia in avanti per la
qualità della vita. L’anima;
zione della festa, dei giocai
dei canti, la novità del bazai.
della pesca, che ha attirata,
l’interesse di tutti portand®
quasi all’esaurimento da?®
oggetti disponibili, e il saiteggio finale di un cesto ricHj
di generi alimentari, som
stati momenti per conoscerò
come parenti e amici, irop®’
gnati ciascuno al raggi"''
gimento delTobiettivo diva
lorizzare al massimo gli f',
ziani considerandoli un
portante risorsa per l
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)
Un «Servizio di deposito bagagli» rivolto agli immigrati a Torino
Un aiuto per un'effettiva integrazione
Nato nove anni fa su iniziativa della diacona valdese Elena Vigliano, il servizio
è stato utilizzato da centinaia di persone prive di una dimora stabile e sicura
PAG. 9 RIFORMA
LUDOVICO GRASSO
ANNA LO GRASSO
Immigrazione e città di
Turino. Questi due termini
abitualmente vengono assodati l’uno all’altro dai massmedia in occasione di fatti
legati alla criminalità e all’intolleranza etnica. Raramente
l’accento viene posto sull’impegno di quanti, a partire
da situazioni di disagio, isolamento e svantaggio sociale,
faimo i conti con le difficoltà
del quotidiano nei vari contesti lavorativi, sociali e familiari, alla ricerca di una reale
«accettazione-integrazione».
Il pregiudizio fa sì che gli immigrati siano degni di considerazione solo ed esclusivamente se coinvolti in situazioni di emergenza, e priva il mondo del volontariato
e deU’associazionismo dello
spazio necessario per farsi
conoscere. Fortunatamente,
in controtendenza rispetto a
questa prassi, la nostra città
da alcuni anni dedica spazi
pubblici di confronto interculturale e tra associazioni
promuovendo le due manifestazioni «Tre giorni del volontariato» e «Identità e differenza».
Anche quest’anno il Servizio deposito bagagli, nell’intento di far conoscere ulteriormente alla comunità cittadina le ragioni del proprio
impegno, ha garantito la sua
presenza tra gli stand delle
manifestazioni. La stessa motivazione ci spinge a scrivere queste righe, consapevoli
del fatto che l’esistenza di
questo servizio non sia sufficientemente conosciuta alTin
Per le strade di Torino. Il Deposito bagagli è un servizio a chi cerca
ospitalità in città (foto P. Romeo)
terno del mondo protestante.
Il deposito nasce a Torino
circa 9 anni fa, su iniziativa
della diacona valdese Elena
Vigliano che, a stretto contatto con le problematiche della
popolazione immigrata, riuscì a interpretare e a dare risposta al bisogno di trovare
sistemazione ai propri bagagli da parte di chi non aveva
una dimora stabile. Nel giro
di poco tempo il servizio si
consolidò all’interno del contesto cittadino: il bisogno si
rivelò reale e diffuso, molti
giovani volontari e volontarie
si dedicarono al servizio; i locali messi a disposizione dalla Chiesa battista di via Passalacqua risultarono ottimali
sia dal punto di vista dello
spazio sia per la loro posizione centrale.
Attraverso questo lavoro,
punto di osservazione privilegiato, abbiamo assistito al
modificarsi nel tempo del fenomeno immigrazione, processo contrassegnato da intensi afflussi dovuti alle crisi
internazionali che numerose
hanno segnato la storia europea e mediterranea di questa
fine millennio. Inizialmente i
nostri utenti erano maghrebini, per la prima volta in Italia, senza alcuna rete di sostegno da parte di connazionali, in una città poco
attrezzata e aperta alTaccoglienza. Fondamentale per
loro l’esigenza di trovare sistemazione ai pochi averi
posseduti, in attesa di trovare
casa e lavoro, come quella di
incontrare persone disposte
all’ascolto e al dialogo. Qualche anno dopo, con il medesimo carattere di emergenza,
accedono al servizio molti
uomini e alcune donne di nazionalità romena, la cui breve
presenza come utenti del de
posito ci fa supporre quanto
più efficacemente abbiano
saputo inserirsi tra noi. Attualmente la nostra utenza è
composta prevalentemente
da marocchini e in misura
assai minore italiani, latinoamericani, nigeriani e ivoriani.
Rimane la necessità di avere
uno spazio dove depositare i
propri effetti, ma per tempi
meno lunghi, questo in relazione al crescere della rete di
Sostegno tessuta intorno a
chi arriva a Torino dai connazionali già qui residenti.
Attualmente sono impegnati a tenere aperto il deposito due volte alla settimana,
il martedì e il sabato presso i
locali della Chiesa valdese di
corso Principe Oddone, una
decina di persone tra i venticinque e i cinquarit’anni, che
lavorano per lo stesso fine
partendo da motivazioni etico-sociali differenti. A fronte
di questa diversità, la tolleranza, l’apertura al dialogo,
l’impegno finalizzato al promuovere cambiamenti per
una comunità in cui siano garantiti pari diritti e opportunità, sono i principi che stanno alla base della nostra presenza nel gruppo di volontari
deposito. Il nostro gruppo sta
ultimamente conducendo
un’analisi dei bisogni per offrire nuove e più adeguate risposte agli uomini e alle donne che al servizio si rivolgono.
In prospettiva di un ampliamento della nostra area di intervento, invitiamo tutti coloro che sono interessati a offrire parte del loro tempo libero
a mettersi in contatto con noi
(coordinatrice del gruppo;
Olga Russo, tei. 011-4056788).
Si è parlato di Iglesia hispano-americana e di rapporti ecumenici
Un'assemblea congiunta delle chiese bmv in Liguria
ARRIGO BONNES
UNA bella e significativa
assemblea di circuito si
è svolta il 9 ottobre negli
ospitali locali della chiesa
valdese di Genova via Assarotti. La predicazione di apertura è stata affidata al
candidato predicatore locale
Adriano Bettolini, che molto
efficacemente ci ha invitati a
riflettere sulla «speranza» a
partire dal testo di Romani 8,
15-25 e 15,13.
Contati i presenti, una
trentina, si è affrontato per
primo il tema dell’evangelizzazione. Era da tempo che
non si registrava un dibattito
così vivace: abbiamo ascoltato relazioni sul lavoro che
tòene svolto a Valenza, Imperia e Alassio, Savona, Bargagli- Piccoli ma importanti segni di un cambiamento di
nrentalità, di azioni nuove. In
Questo quadro abbiamo anche ricevuto la bella testimonianza dell’opera di evangelizzazione condotta in settembre dalTIglesia hispanoamericana nel porto antico di
Genova: sentire parlare di 50
giorni di digiuno, di 1 ora di
preghiera al giorno, la mattina dalle 6 alle 7, del versamento della «decima» per
realizzare questo progetto ci
ha certamente meravigliati
poiché non siamo più abituati a pensare che «evangelizzare» costa sacrificio e richiede
preghiera, danaro e disponibilità. L’assemblea ha poi deciso di proseguire la riflessione su questo tema con un’assemblea straordinaria da tenersi verso la metà gennaio.
Successivamente, al termine di un dibattito teso a superare alcune incomprensioni, l’assemblea ha proceduto
alla designazione del proprio
rappresentante nel comitato
della Casa valdese di Vallecrosia nella persona di Elena
Mazzarello. Il pastore Becchino ha poi fornito alTassemblea due interessanti informazioni; dopo un primo incontro avvenuto ai primi di
ottobre i pastori del circuito
hanno deciso di dar vita a un
«colloquio pastorale» con cadenza mensile; seconda in
O^ni eettiniana...
/RIFORMA Ti fa conoscere un mondo evangelico più grande
: ì^lquello che puoi conoscere con la tua esperienza diretta.
.L’abbonamento ordinarlo costa Ì05.000 lite{irivariato d^i
1997); ee il tuo reddito familiare non te lo consente, puoi utiIfeaare liberamente ¡’abbonamento ridotto di dB,000 lire,
*'dppure puoi fare un abbonamento semestrale ohe costa
^•000 lire; se, invece, hai qualche risorsa in più. aiutaci con
'■"abbonamento sostenitore di 200.000 lire o mandoci una
•qualsiasi cifra in dono: aiuterai chi non se lo può permettere.
Sono i diversi modi per non rinunciare a HÌFOfÌlvfA. ,
Gli abbonamenti decorrono, per dodici o sei mesi, dal giorno
di ricevimento della prima copia del giornate. '
formazione, un fratello di
chiesa vorrebbe mettere a disposizione delle chiese della
zona una sua proprietà in
una villa nella delegazione di
Prà. Dovrà essere compito
delle tre chiese di Genova
(via Assarotti, Sampierdarena, Sestri) e della chiesa di
Savona elaborare un eventuale progetto di utilizzo.
Infine, si è fissata l’Assemblea consuntiva dell’anno ecclesiastico per il 13 maggio a
Vallecrosia, con l’idea di dare
anche vita a una pubblica
manifestazione, nel pomeriggio, per inaugurare la chiesa
che nel frattempo viene restaurata.
Nel pomeriggio ha avuto
luogo TAssemWea congiunta
del circuito valdese-metodista e del Coordinamento regionale battista. La relazione
della Commissione bmv per
una parte e una serie di interventi per l’altra hanno finito con l’appesantire i lavori
al punto che uno dei punti
«forti» dell’odg, «l’atteggiamento comune nei confronti
della Chiesa cattolico-romana in occasione del giubileo»
è stato relegato agli ultimi
«secondi» dell’assemblea
stessa, costringendo quindi il
seggio a fermare l’orologio.
Su questo tema, dopo un
breve dibattito, è stato votato
un atto che invita le chiese a
non partecipare ad alcuna
iniziativa. Settimana di preghiera compresa, se essa viene posta, da parte cattolica,
nel quadro del Giubileo-Anno Santo. Ogni chiesa locale
farà quindi la sua valutazione e deciderà in conseguenza. La Chiesa battista di
Chiavari ha già anticipato
che, avendo preso accordi in
senso positivo a livello locale, parteciperà alla Settimana
ecumenica di preghiera per
l’unità dei cristiani.
A orologio fermo l’assemblea è stata poi informata che
i membri della Commissione
bmv davano le dimissioni in
blocco. Dopo la necessaria
precisazione che non di dimissioni si trattava, ma di
non disponibilità ad essere
rieletti (visto che per regolamento l’elezione avviene di
anno in anno) l’assemblea si
è trovata non solo nelTimpossibilità di nominarne ùna
nuova, ma non è nemmeno
passato un odg che incaricava i due esecutivi regionali a
provvedere a una nomina
provvisoria.
Alla base di questa sofferta
assemblea c’è stata certamente una grave incomprensione: da un lato alcuni interventi venivano interpretati
come un tentativo di fermare
la collaborazione Bmv, che in
Liguria ha una lunga e consolidata tradizione, da un altro
lato qualcuno pensava che
venissero dati dei giudizi negativi sul lavoro svolto dalla
Commissione bmv, da un altro lato ancora si riteneva che
l’assemblea in sé fosse stata
giudicata irrilevante da una
delle componenti... mentre,
a parere di chi scrive, il problema era tutto incentrato
sull’opportunità o meno di
continuare ad avere una terza commissione oltre a quelle già esistenti e se i compiti e
il ruolo di questa terza commissione non rischiavano di
entrare in conflitto con quelli
istituzionali già previsti dai
rispettivi ordinamenti.
Agenda
BERGAMO — Alle ore 17,30, al Centro culturale protestante
(via Tasso 55), il prof. Emidio Campi parla sul tema: «Giovanni Diodati (1576-1649) teologo e traduttore della Bibbia».
SONDRIO — Alle ore 20,45, nella sala Vitali del Credito valtellinese (v. Delle Pergole 10), il prof Remo Cacitti parla su
«Il Millenarismo, antiche radici della speranza cristiana».
UDINE — Alle ore 18, nella sala della Chiesa metodista
(piazza D’Annunzio 9), il pastore Andreas Kohn parla sul
tema: «Le 95 tesi di Martin Lutero».
MESTRE — Alle ore 15,30, al liceo scientifico «Giordano
Bruno» (via Baglioni 26), per il ciclo di lezioni «Le donne di
altre culture pongono nuove domande alla nostra società», la past. Letizia Tomassone e la prof Giannina Longobardi parlano sul tema: «Le domande poste alla coscienza delle donne italiane dalle donne di altre culture».
13 novembre
BIELLA — Alle ore 21, alla chiesa valdese (via Feda di Cessato 9c), il pastore Jonathan Terino parla sul tema: «Giubileo biblico o Anno Santo romano?».
13-14 novembre
REGGELLO (Fi) — A Casa Cares si svolge il II convegno di
studio organizzato dalla Rete evangelica fede e omosessualità (Refe) sul tema: «L’etica del diritti: quali priorità?
Un dialogo tra teologia e sociologia». Fra i relatori Tawocato Ezio Menzione, il professor Sergio Rostagno e Daniele Scaglione (Amnesty International).
14 novembre
ROMA — Alle ore 16, nell’Aula magna della Facoltà valdese
di teologia (via Pietro Cossa 40), per il ciclo Sae su «Ecumenismo e dialogo: doni di un tempo problematico», Giovanni Cereti, Paolo Ricca e Traian Valilman parlano sul tema:
«Luci e ombre del cammino ecumenico oggi».
ROMA — Alle 10,30, nella chiesa battista di Trastevere (via
della Lungaretta 124), si tiene rincontro delT«International
Day of Prayer» con partecipazione di Augustin Jun Vencer.
ÜÖSBSBM,
MILANO — Alle ore 18, aU’Ambrosianeum (via Delle Ore
3), per il ciclo di incontri sui volti del fondamentalismo, il
dott. David Bidussa parla sul tema: «I fondamentalismi di
matrice ebraica».
18 novembre
TORINO — Alle ore 16 e alle 20,45, nella sala di via San Pio
V15 (I piano), il past. Mauro Pons tiene l’incontro del ciclo
di formazione per adulti sul Padre Nostro, su: «Rimettici i
nostri debiti come li rimettiamo ai nostri debitori».
TRIESTE —Alle ore 17,30, nella basilica di San Silvestro,
per il ciclo su Trieste neO’Ottocento, la prof Antonella Caroli parla sul tema: «Architettura e urbanistica».
GORIZIA — Alle ore 18, nella chiesa metodista in via Diaz
18a, il Gruppo ecumenico organizza il primo di una serie di
incontri dedicati al tema «La concezione della chiesa nelle
diverse confessioni cristiane». Introduce il tema don Santi
Grasso, docente di Esegesi del Nuovo Testamento al Seminario interdiocesano di Gorizia, Trieste e Udine.
19 novembre
I
ROMA — A partire dalle 9, alla Facoltà valdese di teologia
(via P. Cossa 40), si tiene un convegno di studio su Richard
Rothe (1799-1867), con interventi di Sergio Rostagno, Hans
Michael Uhi, Denis Müller, Jürgen Krüger, con proiezioni
dei disegni di Rothe. Per informazioni tei. 06-3210789.
TORINO — Alle ore 20,45, nella sala valdese di via San Pio
V 15 (primo piano), il pastore Emanuele Fiume parla sul
tema: «Scipione Lentolo primo storico valdese».
emsim
J
MILANO — Alle ore 10,30, nella sala della libreria Claudiana (via Sforza 12/a), neU’ambito del ciclo sulla spiritualità
della Riforma protestante, il pastore Fulvio Ferrarlo parla
sul tema: «La fede nella città: la Riforma nella Svizzera tedesca e a Strasburgo».
‘...........‘S-*>
f .....i'"’
I
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,50 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente alle ore 9,30 circa. Domenica 14 novembre andrà in onda: «Ad Augusta l’incontro
cattolico-luterano per la firma del documento ecumenico
sulla giustificazione; Bibbia e cinema, un dialogo aperto».
La replica sarà trasmessa lunedì 22 novembre.
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica deve inviare i programmi, per lettera ofax, quindici giorni prima del venerdì di uscita del settimanale.
Regala
u)i abbonamento a
14
PAG. 10 RIFORMA
T
Riforma
Ecstasy
Marco Rolando
C’è un modo di interrogarsi sugli eventi catastrofici che
investono la società e, in particolare, il mondo giovanile,
come nei recenti casi di morte per assunzione di «nuove»
droghe, che sembra nascondere un velo di ipocrisia: un
po’ come se le cose avvenissero all’improwiso, in modo
inspiegahile, secondo l’etimo della parola «catastrofe»,
con un capovolgimento, una conclusione improvvisa e
tragica, luttuosa, di un dramma che non avrebbe motivo
di esistere in una società volta al perseguimento del bene.
Ma se la morte, in alcuni casi, è l’epilogo del dramma, dovrebbe essere più pertinente la domanda su dove questo
abbia inizio, su dove ne sia il prologo. Riformulare la domanda potrebbe già significare un inizio di processo di
cambiamento nel tentativo di comprensione del dramma, da parte della società.
I tentativi di comprensione delle tossicodipendenze che
psichiatri e psicoanalisti hanno avanzato sembrano concordare su un pimto: l’utilizzo di droghe ha la funzione di
proteggere, nei tossicodipendenti, un «Io» troppo fragile o
la cui integrità è minacciata. L’utilizzo di droghe avrebbe
quindi una funzione difensiva nei confronti di un «Io» fragile a cui si associa un bisogno di soddisfazione immediata, in un drammatico e fallimentare tentativo di autoterapia. A questo proposito lo psicoanalista H. Rosenfeld scrive: «Il tossicomane si serve di meccanismi maniaco-depressivi i quali sono reifforzati dalle droghe. L’Io del tossicomane è debole e non ha la forza di sopportare la sofferenza deUa depressione e fa facilmente ricorso a meccanismi maniacali, ma la reazione maniacale può manifestarsi solo con i’aiuto delle droghe perché, affinché essa si
produca, è necessaria una certa forza dell’Io. La debolezza
dell’Io dei tossicomani è legata infatti alla gravità del processo di fi-ammentazione dell’Io».
Questa oscillazione interna fra rischio di frammentazione e persecutorietà da un lato (situazione mentale paranoide) e depressione dall’altro, la si riscontra anche in
chi fa uso di «nuove» droghe, come l’ecstasy (Mdma, metilendiossimetamfetamina), spacciata sotto forma di
compressa soprattutto nelle discoteche, e la cui molecola
deriva dalla sintesi tra un allucinogeno e un eccitante di
tipo amfettuninico; scoperta in realtà nel 1912 in Germania e brevettata nel 1914 come anoressizzante la «Mdma»
ha riacquistato popolarità come droga nel 1985; prodotta
facilmente in laboratori clandestini, è inscrivibile nel fenomeno definito come «designer drugs»: ciò stava a indicare una moda, diffusa negli Anni 80 negli Stati Uniti, di
sintetizzare e vendere al pubblico sostanze stupefacenti
non ancora incluse nelle tabelle di sostanze d’abuso, al fine di garantirsi la non perseguibilità penale per reati di
produzione, detenzione e spaccio di droga.
II nocciolo della questione è quindi la struttura di personalità preesistente all’utilizzo di droghe e che si è formata nei primi anni di vita a contatto con le figure genitoriali. Tanto è vero che, come afferma lo psicoanalista
Donald Meltzer nel libro «Stati sessuali della mente»,
possono esistere stati mentali tossicomanici senza alcun
utilizzo di sostanze stupefacenti. La dipendenza psichica
dair«oggetto-droga» e U legame fusiónale con esso è ben
presente agli operatori che si sono occupati di tossicodipendenti nella loro pratica clinica. Le droghe servono soltanto a mantenere un equilibrio psichico precario, rinviando un processo di cambiamento e di crescita mentale
che il soggetto non riesce a sostenere.
Il tentativo terapeutico di aiutare i giovani di oggi a
passare da un pensiero dominato da modalità «paranoiche», cioè false, prive di senso, a un pensiero «metanoico», cioè aperto al cambiamento e alla trasformazione, è
un compito che riguarda tutta la società ed è possibile in
quanto noi stessi ci sentiamo protagonisti di un dramma
e non semplici spettatori: il dramma di «scegliere la vita»,
come ci ricorda il passo di Deuteronomio 30 («Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, affinché tu viva, tu e la tua discendenza» V. 19), anche nel conflitto interno alla nostra
mente, lottando per fare prevalere la «metanola» (il cambiamento, la conversione) sulla «paranoia».
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1998
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sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 43 del 5 novembre 1999 è stato spedito daH’Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 3 novembre 1999.
VENERDÌ 12 NOVEMBRE.
Il dibattito sui temi della prossima Assemblea Ucebi
Un tempo per l'ecumenismo?
Anno Santo, scuola, bioetica e famiglia, oggi essere
ecumenici deboli è fare un danno alla chiesa e alla società
SALVATORE RAPISARDA
Quando l’EcclesiasteQoelet ci dice che «c’è un
tempo per ogni cosa», ci invita a riflettere sul tempo in cui
viviamo. Per rimanere in un
ambito che tocca le chiese
evangeliche italiane, c’è da
chiedersi se questo in cui viviamo sia un tempo per l’ecumenismo e se sia il caso,
come pare vogliano proporre
alcuni battisti, di apportare
riforme radicali alla nostra
dottrina e prassi in nome
deU’ecumenismo. Verso la fine del ’98 le chiese di Firenze
deliberavano un «digiuno
ecumenico». Dalle chiese di
Venezia, dove pure era sorto
il primo Consiglio delle chiese, ci giungeva voce che si
muovevano nel senso di una
moratoria ecumenica.
L’anno che si chiude non è
stato un anno di esaltanti incontri ecumenici, se si fa eccezione per il convegno sul
Padre Nostro. La settimana di
preghiera ha ricevuto scarsa
osservanza, operando un’inversione di tendenza rispetto
agli anni precedenti. Tutta la
questione legata al GiubileoAnno Santo ha evidenziato
rotture nette. L’insistenza del
papa e delle gerarchie cattoliche, nonché dei partiti di osservanza cattolica, sul finanziamento alla scuola privata,
sul credito scolastico all’ora
di religione, sulla continua
insistenza a ridiscutere la legge 194, sugli attacchi agli sviluppi della bioetica, sulla
pretesa giustezza e centralità
della dottrina sociale della
chiesa e altre cose ancora ci
fanno capire che non è tempo di ecumenismo, almeno
non è tempo di quell’ecumenismo che chiuda gli occhi
sulle forti contraddizioni delle chiese, e della Chiesa cattolica in particolare.
Per noi, piccola minoranza,
c’è il rischio di sparire dalla
scena; c’è il rischio che la cultura laica, quella che ancora
sopravvive, non riesca a percepire alcuna voce che non
sia nel coro di chi osanna il
papa e tutte le proposte del
Vaticano. Forse per degli addetti ai lavori è facile distinguere tra le questioni teologiche, quelle ecclesiologiche,
quelle etiche e quelle politiche, ma chi non è addetto ai
lavori, anche grazie alla facciata dell’apertura al pluralismo, vede una massa articolata sì, ma concorde, che sa
andare a braccetto (prega assieme, si riconoscono reciprocamente, firmano nuovi
documenti di concordia).
Non c’è da stupirsi se i nostri politici, almeno quelli che
La massiccia mobilitazione della Chiesa cattolica
in favore della scuola privata,
culminata nella manifestazione in piazza San Pietro alla presenza del papa, ha suscitato molte perplessità e
non poche polemiche. Nella
lettera di indizione dell’assemblea il cardinale Ruini
aveva scritto che la chiesa voleva «continuare l’impegno
educativo verso tutti i ragazzi
e i giovani, particolarmente
verso i più svantaggiati». Proposito che mal si accorda con
Ìa dichiarazione del preside
del più prestigioso istituto
cattolico di Milano il quale,
parlando dei ragazzi meno
svegli, dice: «Se non seguono
il passo, se non sono fatti per
il San Carlo, noi li salutiamo».
Strano modo di aiutare gli
svantaggiati.
La nostra Costituzione non
nega il diritto alla Chiesa cat
Un battesimo nella chiesa battista di via Passalacqua a Torino
consideravamo laici, parlano
di Santo Padre, sono ligi ai raduni in Vaticano, cavalcano
l’onda del conformismo cattolico. È così che sono sempre
di meno coloro che sanno dire no alle pretese cattoliche. I
politici rischiano la rielezione,
i giornalisti (salvo i grossi nomi) rischiano i contratti. I telegiornali e i giornali ci assillano con la presenza del papa e
di ciò che fa, di preti e di suore che danno ricette o ballano
il rock, di conduttori che ri
propongono temi arcmoti.
Dai mass media manca una
voce alternativa; i mass media
non ospitano voci alternative,
ossequiosi come sono alle direttive delle varie curie. Essere
ecumenici deboli significa fare un danno alla società, che
perderebbe una voce diversa.
Non è tempo di ecumenismo e non è tempo di abbattere il nostro specifico in ossequio all’ecumenismo. Qui
mi riferisco alla proposta
(uno dei documenti preparatori della prossima Assemblea
dell’Ucebi) che sollecita le
chiese battiste a ripensare il
battesimo in prospettiva ecumenica. Andando al sodo, i
battisti dovrebbero rinunciare a questo loro specifico, o limitarsi a battezzare i figli e le
figlie dei battisti; in caso contrario, battezzando chi ha il
battesimo cattolico, rischiano
di venire definiti come «ribattezzatori» (un epiteto che costò caro agli Anabattisti) e venire così esclusi dalla famiglia
cristiana. Il battesimo dei credenti, ancorché sia un rito interno alla chiesa, è ancora un
tratto distintivo sul quale,
avendo il coraggio, si possono
innestare molti altri momenti
distintivi di cui la società ha
grande bisogno per uscire
dalla cultura della delega,
quindi della mancata assunzione di responsabilità, tanto
in campo religioso, quanto in
campo etico e politico.
23 novembre - Torino - Teatro Alfieri
Un concerto
per rOspedale valdese
Alle ore 21, al teatro Alfieri (piazza Solferino), si tiene Un
concerto del gruppo «I Quattrosoldi», spedalizzato in canzoni che hanno fatto ballare, sorridere, innamorare e cantare almeno tre generazioni. L’incasso sarà devolutò al Comitato promotore per la ristrutturazione e ì’ampliamento
dell’Ospedale evangelico valdese di Torino. Posto unico lire
25.000. Prevendita presso l’ospedale (v. Silvio Pellico 19,
portineria), la segreteria Ciov (tei. 011-6540267) eia segreteria del Comitato (tei. 011-4502063).
N______-- . . - ■ ■ ...•. ___ . , '
PIERO bensì
tolica, né ad altre istituzioni,
di creare delle scuole private,
purché senza onere per lo
stato. La Chiesa cattolica, viceversa, pretende di creare le
proprie scuole, secondo i
propri criteri, scegliendo i
propri insegnanti (che non
siano divorziati, per carità),
stabilendo i propri indirizzi
d’insegnamento, e poi chiede
allo stato di pagare i suoi insegnanti e dare altri contributi. Oltre a non essere costituzionale, questo non è nep
pure giusto. Il presidente
D’Alema ha detto, correttamente: «Guai se qualcuno
volesse sottrarre risorse alla
scuola pubblica».
La Repubblica italiana, in
questo mezzo secolo, ha investito molto poco nella
scuola ed è un errore gravissimo. Deve investire più del
doppio di quanto è stato fatto
finora: nuova attrezzature,
nuove aule, nuove palestre,
ma soprattutto nuovi corsi di
aggiornamento per gli inse
TV
Predicatori
Una delle realtà vive delle
nostre comunità evangeliche
è rappresentata dai predicatori locali. Persone che dedicano parte del loro tempo a
predicare l’Evangelo, a «ofidre un servizio a Dio senza
contropartite», avendo fermo '
l’«ama il tuo prossimo come 1
te stesso». L’ultima puntata di t
Protestantesimo, andatala i
onda il 31 ottobre, ci ha presentato l’esperienza ditte
predicatori locali attivi nelle
nostre chiese: Luigi Di Somma, Silvana Nitti e Franco Siciliano. Ognuno di loro certo
ha esperienze diverse alle
spalle, di vita e di incontro
con il Signore, ma ánchele
convinzione ferma di vivere
la salvezza per grazia in una
chiesa che pratica il sacerdozio universale. Sono emersi
percorsi diversi che portano
però tutti a Dio e al servizio
nella comunità. Se con un '
gioco di semplificazione proviamo a montare in sequenza
alcuni brani degli interventi
dei tre predicatori che ci sono
stati proposti otteniamo un
discorso unico da cui emerge
che se, come dice la Nitti, «un ,
predicatore locale deve avete i
una forte passione per la Bib- [
bia e una forte passione per
la comunità» occorre anche
che sia preparato, «che abbia
degli strumenti», e per fare
questo deve fare dei sacrifici
«ma sono sacrifici che si fan
no per il Signore», come
giunge Di Somma. La predi
cazione poi non potrà ignora
re i problemi quotidiani per
ché, dice Siciliano, «una pre
dicazione che non tenga conto della vita quotidiana la
considero inutile». Il discorso ■
in qualche modo proseguiva
nei due servizi che seguivano
e che presentavano uno la figura di Pier Martire Vermiß,
uomo del ’500, come ha chiarito Giorgio Tourn, con una
«fede forte e convinta ma con
una posizione equilibrata che
partiva da una fede fondata
biblicamente ma non confessionalmente astiosa e poje- i
mica», e l’altro una riflessio- ¡
ne del pastore Paolo Ricce
sulla grazia per fede. Ricca
nel suo intervento ha citato
Efesini 2, 8: «È per grazia che
siete stati salvati, mediante la
fede; e ciò non viene da voi, e
il dono di Dio» e proprio questo vivere la salvezza come
dono faceva riandare inevitabilmente il pensiero a qu^to
dicevano all’inizio i predica’
tori locali seguendo un file
comune che trae alimento e
vita dalla Parola.
Davide Rosee
gnanti, e nuove possibilità '
assunzione affinché le aul
non siano affollate. Perche j
nella scuola che si formano ;
nostri ragazzi, oltre che neu
famiglia. E noi vogliamo d
ragazzi che crescano lihc^j
senza condizionamenti idee
logici, capaci di pensare co
il proprio cervello e di ass
mersi la piena responsabn'
delle proprie azioni. Lo sta
deve impegnarsi a offrire n
scuola pubblica di alto fiv
lo; una scuola libera, .
tutti senza preclusioni o ;
scriminazioni, insomma: u ^
scuola laica, nel slgnind ,
più bello del termine: scu ,
per il popolo.
(Rubrica «Un fatto, un
coi^'.
mento» della trasmissiou^
Radiouno «Culto evang^^%g
curata dalla Federazione ‘
chiese evangeliche in Ituliu nj
data in onda domenicu
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metti
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PAG. 1 1 RIFORMA
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i Una preghiera
ebraica
Uno studioso della statura
e della serietà del prof. Bruno
Corsani non ha certo bisogno
di essere difeso o che venga
aggiunto qualcosa alle sue
precisazioni. Desidero invece, perché lo ritengo necessario, restituire al Padre Nostro
ciò che gli appartiene in
quanto preghiera ebraica. A
proposito della tentazione
che può impadronirsi di un
uomo, rabbi Mar bar Rabina
{370 d.C.) dice dopo le sue
preghiere: «Mio Dio preserva
la mia lingua dal male e le
mie labbra, in modo che non
proferisca menzogne» {bBer.
17a). Nei testi delle preghiere, che ancor oggi vengono
recitate, si trovano pensieri
che ci vengono tramandati
dall’epoca del Secondo Tempio {500 a.C.) e nella Amidah
(o Schmone Essre o Tephillah,
la principale preghiera liturgica), recitata nel Bet-Midresch e in sinagoga all’epoca di
Gesù, si legge alla settima richiesta: «Padre Nostro [dalla
sesta] guarda la nostra miseria, conduci le nostre lotte»,
che nell’Avinù Malkenù (Padre Nostro, re nostro, preghiera di Yom Kippur, giorno
dell’espiazione) corrisponde
a «Distruggi tutti i nostri pesanti destini».
Il significato di fondo di tutti questi testi è che il male che
incontra l’uomo è troppo pesante per lui e la richiesta è:
prenditi carico delle nostre
pene e delle nostre lotte perché noi non siamo in grado.
Nel pensiero ebraico non c’è
nuUa che possa non provenire
da Dio, prova ne è la storia di
Giobbe, il testo più eloquente
sull’argomento e che non ammette repliche. L’Eterno disse
a Satana: «Tutto quello che
[Giobbe] possiede è in tuo potere» (1, 8-12), e la risposta di
Giobbe alla moglie (molto
umana) è: «Abbiamo accettato il bene dalla mano di Dio,
perché dovremmo rifiutare il
male?». Perché tentazione e
male vanno di pari passo e sarebbe una violenza al testo
della preghiera volerli dividere, essi non sussistono uno
senza l’altro.
Nel pensiero ebraico tutto
proviene da Dio e Dio si sceglie anche gli strumenti. Così
Satana diventa uno di questi.
In TanhB. (un midrash) Isacco viene tentato da Satana
per ritirarsi dal sacrificio
mentre «nostro padre Àbramo è stato tentato con dieci
prove e in ognuna di esse
c’era lo scopo di annunciare
quanto è stato grande l’amore di nostro padre Abramo
verso Dio» (Aboth 5, 3). Dio è
signore del cielo ma anche
della terra (vita umana), non
ci sono altri che operano accanto a lui o al suo posto,
tutto proviene da lui. In Sir
(ebr.) 44, 20: «Nella tentazione Abramo fu trovato fedele»- In quale tentazione? In
una che sicuramente riguarda il suo rapporto con Dio,
così come Gesù nel deserto.
La tentazione è un espediente per poter testimoniare
l’amore per Dio ma anche la
piccolezza dell’uomo di fronte a essa. Satana, copre gli angeli, il faraone, Ciro, sono
strumenti nelle mani di Dio
perché il suo piano di salvezza giunga al suo scopo. È una
visione cristiana distorta che
il male non possa essere indotto da Dio perché è difficile
accettarlo, ma se il pensiero è
quello che ha originato la parola di Gesù, chi siamo noi
per stravolgere secoli di tradizione, fede e cultura? Inoltre è apprezzabile il tentativo
di cercare un luogo comune
di incontro in una preghiera
(mentre la teologia è sempre
stata costretta a cambiare, la
preghiera ha resistito all’attacco dei millenni in tutte le
confessioni del mondo) e soprattutto di farlo rispettando
pienamente la sua origine e
la sua finalità. Quando ho tenuto una conferenza su «Padre Nostro: una preghiera
ebraica» è successo che alla
fine, tutti in piedi, ebrei e
non ebrei, abbiamo detto insieme il Padre Nostro. Pensate un po’.
Milena Beux - Lugano
Immagine
fuorviante
Vorrei esprimere il mio profondo rammarico per l’ambiguità del messaggio annunciato durante il culto della
Riforma trasmesso su Raidue
il 31 ottobre scorso alle ore
10,05, nonché manifestare il
mio assoluto dissenso per la
scelta del luogo (Centro congressi dei padri Somaschi di
Albano Laziale).
I due interventi del pastore
Luca M. Negro, l’ambiente
evidentemente non evangelico (il crocifisso, il ritratto del
fondatore dell’ordine dei Som'aschi, Girolamo Miani, canonizzato nel 1767) creano
un’impressione compietamente fuorviante delle chiese
evangeliche italiane e dell’ecumene cristiana. Resta da
chiarire il problema in quale
misura le decisioni degli esecutivi della Fcei e dell’Ucebi
(il culto è stato preparato da
chiese e ministri facenti parte
deirUcebi) rispecchiano e rispettano ciò che la base delle
nostre chiese crede e testimonia quotidianamente.
Spero che questa voce possa inserirsi in un’ampia discussione sull’argomento e
che i responsabili dei due
esecutivi chiariscano i miei
dubbi.
Pawel Gajewski - Lentini
ÍT In punta di piedi
Chiedo gentilmente ancora uno spazio a Riforma per
questo mio intervento che
probabilmente, anzi sicuramente, sarà il mio ultimo, in
quanto non voglio assolutamente che i miei punti di vista suscitino incomprensioni
o polemiche aH’interno della
nostra piccola realtà protestante italiana. Nel 1960, do
Villaggio della Gioventù
l-ùnsomare Pyrsi, 13 - 00050 Santa Severa (Roma)
Tel.: 0766/570055 - Fax: 0766/571527 - Email: villa33i@tin.it
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Sogni e speranze alle soglie del nuovo millennio
Dalla cena del 28-12-1999 al pranzo del 2-1-2000
Dai 16 ai 35 anni - Lingue: italiano-inglese
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Perché, invece di scomunicarci a vicenda, non cerchiamo di ascoltarci?
La questione omosessuale divide anche i cristiani
Signor direttore,
tomo purtroppo a leggere (Riforma del 22 ottobre, Anna
Maffei: «Con o senza famiglia» - questa volta nella veste di
quello che può essere considerato l'equivalente deU’artlcolo
di fondo nella stampa laica) un articolo in favore deH’omosessualità e, per questa via, della pedofilia e deU'incesto, non
essendo possibile operarne la separazione e la contrapposizione se non secundum magis et mihus.
Che degli uomini possano insegnare ai propri figli e, più latamente, alle nuove generazioni la liceità etica, e quindi giuridica, delTomosessualità, è un atteggiamento che grida vendetta al cospetto di Dio.
La invito a indicare, nel suo giornale, quale versetto, o quali
versetti, della Bibbia, quale passo, o quali passi, dell’opera di
Lutero, di Williams (e degli altri padri dei protestantesimo) autorizzino un simile punto di vista. Ove non soddisfi questa mia
richiesta, l’omosessualità difesa dal suo giornale non verrebbe
ad avere altro fondamento che se stessa. Lei e/o chi per lei vi
collochereste, inevitabilmente, nel quadro descritto dall’apostolo Paolo in Romani l, 24-32. Altro è il perdono cristiano, al-tro la legittimazione del peccato. Non è possibile confondere i
due termini. La seconda rende, infatti, inammissibile il primo.
Legittimando l’omosessualità, voi trasformate il cristianesimo in una dottrina edonistica, ciò che contraddice e la lettera
del testo: «Infatti voi, fratelli, siete stati chiamati alla libertà;
soltanto non dovete servirvi della libertà come di un pretesto
perla carne» (Calati 5, 13). Ho Tobbligo morale di precisare
che il mantenimento del mio abbonamento a Riforma ha il solo scopo di acquisire uno strumento di conoscenza della vita
protestante: non ha, invece, lo scopo di aderire all’etica anticristiana verso cui il giornale sembra che si stia orientando.
Vale per me il versetto del Salmo 84,11.
A/herfo Donai/- Trevi (Pg)
Gentile professor Donati,
non mi stupisco che Vargomento del
mio articolo abbia creato forti reazioni.
Lo dicevo proprio nella frase introduttiva che questo è un tema caldo, che divide ahimè ánche le chiese cristiane.
L'articolo comunque non era sulla
omosessualità, né sulla sua liceità ma
rappresentava un commento alla legge
che in Francia regola le convivenze.
Nell'articolo dicevo che tale legge è stata
discussa come legge pro e contro l’omosessualità, e così ne hanno parlato i
giornali, ma Vargomento era in realtà
molto più ampio. . La legge non consente
il «matrimonio omosessuale», come alcuni hanno detto ma, su richiesta esplicita, regolamenta alcuni tipi di convivenza sancendo alcuni diritti e doveri
dei contraenti. Questo è tutto:
Ora nel mio articolo io sostenevo che il
fatto di leggere e discutere la legge come
se trattasse ùnicamente di omosessuali,
dipende forse dai fatto che oggi schierarsi pro e contro i diritti degli omosessuali
equivale a prendere posizione più globalmente rispetto alla modernità e alle
sue sfide. Fra queste il pluralismo, la
multiculturalità e la diversità nel suo insieme. L’omosessualità è divenuta un
simbolo e un potente spartiacque, purtroppo. L'omosessualità e non la pedofi
Ua e l’incesto, che’lei cita, e che sono
tutt’altra cosa. Sulla pedofilia e l'incesto,
come su ogni violenza fisica o psicologica, il nostro giornale ha a più riprese
espresso posizioni di ferma condanna.
È un fatto che ci siano in tutto il mondo cristiani, di quasi tutte le confessioni,
che sull’omosessualità la pensano in
modi diversi, e ciascuno con ragioni bibliche e teologiche serie e fondate. Ci sono molte pubblicazioni in materia sia di
un fronte sia dell’altro in cui, se lo vorrà,
potrà trovare le motivazioni che cerca e
che non possono essere, per motivi ovvi,
oggetto di articoli di Riforma. Non si
può infatti ridurre uno studio esegetico e
teologico così ampio, complesso e delicato in qualche colonna di giornate.
Non aiuta molto fare la guerra dei versetti, come è capitato anche in passato,
né scomunicarsi a vicenda, sul giornale
o altrove. Quello che giova, e molto, alle
chiese (e anche al giornale) è cercare di
ascoltarsi veramente e vipere la fraternità anche iti presenza di posizioni diverse irrisolte su questo o anche su altri
argomenti. Se viceversa ci si accusa vicendevolmente di alterare o tradire il
Vangelo di Cristo solo perché non si concorda con Luna o l’altra delle convinzioni altrui, si presta il fianco all’opera del
maligno che semina divisione e intolle
ranza nelle chiese, che invece sono e rimangono di Cristo.
Anche in questa lettera, come nell’articolo da lei citato, io non ho di proposito espresso alcuna personale convinzione rispetto alla complessa questione
dell’omosessualità. Se vuole le posso anche dire come personalmente la penso e
quali sono in sintesi i motivi biblici e
teologici che negli anni mi hanno convinta della posizione attuale. Ma è poi
tanto importante? Indipendentemente
da come la penso io o gli altri della redazione, l’editoriale prendeva posizione
positivamente rispetto a una legge che
non aveva la pretesa di risolvere una
questione etica ma di regolamentare alcuni diritti e doveri nella società francese, offrendo un po’ di tutela ai più deboli
(conviventi superstiti soprattutto). Poi,
anche ñi questo, si possono avere fra ì
lettori del nostro settimanale posizioni
diverse, come su molte altre cose, e questo è del tutto normale, credo, lo spero
comunque che il suo dissenso su questa
particolare questione non le impedisca,
come lei stesso dice, di leggere, sempre
criticamente, il nostro giornale.
Anche per me vale il versetto 11 del
Salmo 84, ma anche i versetti 11-13 del
Salmo 103.
Anna Maffei
po alcuni anni di militanza
nelTAzione cattolica, sono
entrato in punta di piedi nel
protestantesimo perché avevo trovato una voce forte e
chiara che mi veniva incontro e saziava sia la curiosità
sia la fame di apprendere un
qualcosa di nuovo che evidentemente non trovavo più
nel cattolicesimo. Non so descrivere quanto mi sia sentito orgoglioso e appagato in
questi 40 anni di appartenenza a una chiesa riformata, una gioia davvero intensa.
Ebbene, così come sono entrato in punta di piedi nel
protestantesimo, altrettanto
in punta di piedi me ne esco
perché vedo che ormai il
protestantesimo italiano ha
perso in buona parte la sua
identità. Che senso avrebbe
ancora rimanere? Questo
passo lo faccio serenamente
e senza alcun rimpianto, anche se una certa dose di tristezza e di malinconia mi accompagneranno per chissà
quanto tempo.
Il Sinodo continua a fare le
sue scelte, così come alcuni
membri delle comunità fanno le loro, così come io ho
fatto la mia. Inutile negare
che la spinta decisiva che mi
ha indotto a dire «basta» è
stato il culto ecumenico trasmesso in occasione della
Domenica della Riforma.
Personalmente non ho nulla
in contrario che le nostre
chiese parlino e vivano di
ecumenismo, anche se da ex
cattolico posso avere le mie
buone ragioni per essere
abbonamenti
interno
estero
sostenitore
L. 10.000
L. 20.000
L. 20.000
Versamenti sul conto corrente
postale n. 46611000 intestato
a: «CULTO RADIO», via Firenze 38, 001 84 Roma.
estremamente scettico su tale problema; ma che un culto
della Riforma, sottolineo
Riforma, venga ospitato dai
Padri Somaschi in un salone,
e che il culto della Riforma
venga presentato come culto
ecumenico, questo mi sembra del tutto fuori luogo e offensivo verso quelle comunità che in questo particolare
momento si sono imposte un
«digiuno ecumenico».
. Domenica 31 ottobre è una
festa tipicamente, prettamente protestante, che richiede un culto protestante,
in un tempio protestante, dove si possano ascoltare inni
tipici della Riforma e, mi scusino alcuni pastori, anche
con un abbigliamento consono a questa giornata che ci ricorda la Riforma, la toga, tanto per intenderci. Tutto questo è venuto a mancare nel
culto trasmesso da un locale
che sembrava un capannone,
con uno strimpellio di piano
che accompagnava canti più
o meno discutibili e non certamente in sintonia con la
Riforma. È stato questo il culto della Riforma che abbiamo
voluto trasmettere in risposta
al Giubileo cattolico, che ancora una volta ha preso a
schiaffi e ridicolizzato la Riforma protestante riproponendo il triste commercio
delle indulgenze?
Mi fermo qui. Se questa è
la realtà del protestantesimo
italiano, fortunatamente non
quello europeo, non ho alcun
rimpianto a lasciarlo.
Sergio Margara - Vercelli
CANTAUTORE OFFRESI
Nicola Milone, cantautore
cristiano, si mette al servizio
delle chiese bmv e di altre,
per concerti mirati, sia evangelistici sia culti musicali, come quello di cui ha riferito
da Varese e Bollate il pastore Stefano Fontana (Riforma
n. 42 pag. 9). Chi fosse interessato scriva o telefoni a Nicola Milone, via M. Buonarroti la, 30032 Cormano
(Mi); tei. 02-66300465.
ièi La chiesa
e i singoli
Domenico Tomasetto, nell’articolo «Chi ha peccato»
(Riforma dell’8 ottobre), scrive: «Nel corso della storia
non hanno sbagliato solo alcuni singoli che fanno parte
della Chiesa [cattolica], ma
ha sbagliato la Chiesa, i suoi
responsabili».
Mi domando come può
sbagliare la chiesa, se non è
una persona singola, ma è il
popolo di Dio e tra questo
popolo ci sono i suoi rappresentanti, i quali possono sbagliare tutti (compresi il massimo e il minimo) perché siamo di natura umana e non
divina. La chiesa è santa non
perché sono sante le persone
che ne fanno parte, ma perché è stata fondata da Cristo.
Siamo tutti figli della chiesa,
proprio per questo motivo si
chiede perdono, per le fragilità umane. Secondo me bisogna apprezzare l’umiltà di
chi chieeje perdono e dà perdono a coloro che hanno offeso, penso proprio che Gesù
voleva dire questo quando
chiede di essere umili di cuore. La chiesa siamo tutti noi
credenti in Cristo e siamo
tutti peccatori, però il Signore ci vuole santi, per questo è
venuto nel mondo, per salvarci. Smettiamola di dire: io
sono cattolico, io protestante, ortodosso, ecc. La chiesa è
una, fondata da Cristo e non
si può dividere in tante denominazioni, come è stato fatto
in questi due millenni.
Vorrei fare ancora queste
considerazioni riguardo il
giubileo, illustrando il mio
pensiero con un esempio:
penso che sia scontato ricordare che giubilare vuol dire
far festa (se io invito una persona amica a pranzo per fare
festa, supponiamo che questa
amica non mangi carne perché è vegetariana, non mangi
formaggio perché non lo tollera, non mangia la torta perché è a dieta, divide con me
solo il pane, io sarò contenta
lo stesso di fare festa con lei
perché mi fa compagnia e
condivide la mia gioia).
Spero di aver reso l’idea
con questo esempio di come
si può gioire insieme della
nascita di Gesù dopo duemila
anni di lotte e contrasti: per
questo motivo non è necessario condividere tutte le interpretazioni teologiche della
Bibbia fra cristiani, ci deve
unire l’amore fraterno e la fede in Cristo, che è il requisito
dei cristiani per essere credibili verso i non credenti.
Ecumenismo non vuol dire
rinunciare alla propria identità, al proprio credo, non bisogna fare un passo indietro
riportando come pretesto il
Giubileo e la Sindone, ma
questi devono essere dei motivi di approfondimento, di
ricerca, di unione, di comprensione, motivi per camminare insieme verso l’unica
verità che è Cristo. Bisogna
rispettare il credo dell’altro e
non mettere barriere, tirarsi
indietro, e dire: non ci sto.
Angela Barbato - Rivoli
RINGRAZIAMENTO
«Perché so in chi ho creduto»
Il Timoteo 1,12
I familiari di
Domenico Abate
commossi e riconoscenti, ringraziano di cuore tutte le persone
che con presenza, lettere, articoli,
telefonate e offerte lo hanno ricordato e lo ricordano.
Un particolare grazie ai pastori
Bruno Rostagno e Giorgio Tourn,
al signor Paolo Favout, al maestro Ferruccio Corsani, ai dottori
Bevacqua e Fiorio. Un pensiero
affettuoso a Albina, Wanda e Valdo Avondetto, a Graziella Gallian,
a Sergio Marauda, alla signora
Arduino, all'infermiera Renata
Pons e all’anziano di chiesa Silvio
Avondetto per l’aiuto prestato in
svariate occasioni.
A Erica Avondetto, che lo ha
assistito per anni e accompagnato fino alla fine, va tutta la nostra
riconoscenza.
Torre Penice, 12 novembre 1999
16
PAG. 1 2 RIFORMA
Globale
VENERDÌ 12 NOVEMBRE 199Q
Intervista a Bela Halasz, pastore riformato a Pancevo, a 20 km da Belgrado
«Sono assolutamente convinto che possiamo vivere insieme»
PAOLO EMILIO UNDI
Bela Halasz è un pastore
riformato appartenente
alla minoranza ungherese in
Serbia. La sua chiesa si trova
a Pancevo, a 20 km da Belgrado, dall’altra parte della strada in cui si trova una industria chimica bombardata
dagli aerei della Nato. «Qui spiega - ci sono quasi 2.000
protestanti riformati, per lo
più ungheresi, che frequentano regolarmente la chiesa. A
Pasqua, a volte, ci sono cinquecento persone che partecipano alla Santa Cena».
- Che cosa è successo in
questa chiesa durante i bombardamenti?
«Durante i bombardamenti
molte persone hanno lasciato
Vojlovica (un quartiere di
Pancevo dove vivono i riformati, ndr). Cera molta meno
gente del solito in chiesa. Bisogna dire che Vojlovica, dove si trova la nostra chiesa, è
stata bombardata più volte.
Hanno bombardato le fabbriche, anche durante la notte di
Pasqua. Hanno bombardato
la raffineria di petrolio situata
alla periferia di Vojlovica. A
Pasqua molta meno gente è
venuta in chiesa, perché c’era
molta paura, tutti scappavano dalle case, ma il giorno
dopo abbiamo fatto il culto. Il
peggio è successo quando
hanno attaccato la fabbrica di
fertilizzanti, l’industria chimica e la raffineria di petrolio. Quella notte, la gente ha
abbandonato le case, io sono
rimasto nella casa pastorale
insieme ai miei cinque figli.
Quando hanno attaccato la
fabbrica di fertilizzanti, verso
le 11 di sera, stavo per andare
a letto, i bambini stavano già
dormendo. La casa pastorale
si trova proprio lungo la strada che porta alla fabbrica. Le
bombe cadevano in un raggio
di 100 o 200 metri, era terrificante; le porte e le finestre si
sono spalancate perché c’era
una forte corrente d’aria, come durante una tempesta. Le
finestre si sono rotte, ma per
fortuna non ci sono stati
grossi danni né alla chiesa né
ai locali ecclesiastici».
- Qual è il ruolo delle religioni qui, e che cosa possono
fare infuturo?
«Sin da quando è iniziato
il conflitto nella Jugoslavia
un prete ortodosso, Milovan
Glogovac, un prete cattolico,
Eres Mihaj, e io, pastore riformato, abbiamo lavorato insieme molto bene. Abbiamo
programmi comuni, ci incontriamo spesso e quando tutto
è incominciato in Croazia,
quando è iniziata la guerra,
siamo stati alla testa della
Marcia per la pace. Questo fu
la nostra protesta contro la
guerra, la nostra risposta a favore della pace».
- In quanto protestante, in
quanto credente, che cosa può
dire a proposito della riconciliazione in questo paese?
«In quanto credente, in
quanto cristiano, sono assolutamente convinto che possiamo vivere insieme. Il nostro comune salvatore è Gesù Cristo, sia per gli ortodossi
che per i cattolici e i protestanti. Qui, abbiamo vissuto
in pace per molto tempo. La
religione, la nazione non
c’entrano, e in quanto pastore di questa chiesa penso che
il mio dovere sia di predicare
Gesù Cristo, la pace, non solo a parole ma in pratica,
ogni giorno. Qui, a Pancevo,
abbiamo una collaborazione
ecumenica molto buona che
penso possa essere un modello per tutta l’area. Certo
non è così sviluppata come
fra le chiese deH’Europa occidentale ma abbiamo fatto i
primi passi. Noi che predichiamo in chiesa siamo consapevoli che nel nome di Gesù Cristo possiamo dire a
tutti che Dio è per la pace.
Pancevo dopo il bombardamento della raffineria di petrolio
che Gesù è contro la guerra.
Non importa come essa viene chiamata, guerra giusta o
ingiusta, non importa se sono in ballo problemi politici,
in ogni caso non esiste la
guerra giusta. Non c’è nessuna guerra che la chiesa cristiana, protestante o altra,
possa giustificare. Non c’è
nessun fondamento teologico per questo».
- La sua posizione è molto
ecumenica, ma la Chiesa ortodossa serba ha qualche responsabilità nel sostenere il
nazionalismo. Che cosa ne
pensa della posizione dei serbi ortodossi rispetto a questa
guerra?
«Non possiamo generalizzare. Ci sono parti della
Chiesa ortodossa che hanno
un atteggiamento nazionalistico, tuttavia io ho contatti
con parti della Chiesa ortodossa che hanno un orienta
mento ecumenico e non
penso che possiamo dire che
essi hanno appoggiato i nazionalisti. L’atteggiamento
nazionalistico riguarda solo
una parte della Chiesa ortodossa: purtroppo, esso esiste
anche nella Chiesa cattolica,
e anche nelle chiese protestanti... Nella chiesa ci sono
sempre coloro che hanno un
orientamento nazionalistico.
Ma noi stiamo cercando di
avere contatti con la parte
più aperta del clero, più disponibile alla cooperazione
e all’ecumenismo. Conosco
preti ortodossi serbi molto
aperti, che hanno condannato il nazionalismo e continuano a farlo».
È stato eletto
Karekin II è il
Lo stesso giorno in cui è
avvenuta la strage nella sede
del Parlamento armeno, la
Chiesa apostolica armena ha
eletto il suo nuovo capo, il
catholicos Karekin II Nersesian, arcivescovo di Ararat.
Karekin II, 48 anni, è il 132°
catholicos di tutti gli armeni
della Santa Sede di Etchmiadzin. L’Armenia è stata la
prima nazione ad adottare
ufficialmente il cristianesimo
dopo la conversione, intorno
all’anno 301, del re Tiridate.
L’elezione di Karekin II è
stata eclissata all’ultimo minuto dalla strage avvenuta
nella sede del Parlamento armeno. Il nuovo catholicos
doveva pronunciare il suo discorso davanti all’Assemblea
ecclesiastica nazionale, nella
sede della chiesa a Etchmiadzin, quando è giunta la notizia della strage in cui sono
stati uccisi il primo ministro,
il presidente del Parlamento,
e altre sei persone. L’Assemblea ecclesiastica è stata rinviata al giorno dopo.
La consacrazione del nuovo catholicos, prevista per il
31 ottobre, è stata rinviata a
data da definirsi perché il governo armeno ha decretato
un periodo di lutto nazionale.
In un telegramma inviato al
capo dello stato, il presidente
Robert Kotcharian, Karekin II
ha espresso la sua «incommensurabile tristezza» di
fronte a questo «atto criminale di terrorismo cinico».
Secondo l’agenzia stampa
Itar-Tass, 263 delegati sui 452
rappresentanti delle 29 diocesi della Chiesa apostolica
armena, hanno votato per
Karekin. La Chiesa è di gran
lunga la più grande dell’Armenia, secondo World Churches Hanbook, oltre due milioni di armeni sui 3,5 milioni
che conta questa ex Repubblica sovietica, sono membri
della chiesa. Centinaia di migliaia di armeni vivono all’estero, soprattutto nelle ex
Repubbliche sovietiche, in
Europa e in Nord America. La
Chiesa apostolica è una delle
più vecchie del mondo e
l’elezione del nuovo responsabile avviene secondo una
lo stesso giorno della strage al Parlamento
nuovo catholicos degli armeni
procedura unica che comprende la partecipazione di
laici. Per questa elezione ogni
diocesi ha eletto un delegato
laico per circa 25.000 membri
della chiesa.
L’elezione di Karekin II è
stata preceduta da accuse di
ingerenza politica e di cormzione. La tensione era così
forte che si temeva l’eventualità di uno scisma nella chiesa stessa. Alla fine di settembre, sei vescovi fra i più influenti, e in particolare il «locum tenens» (catholicos ad
interim), l’arcivescovo Nerses
Pozapolian, i patriarchi di
Gerusalemme e di Costantinopoli, e gli arcivescovi di
Russia e di New York, hanno
pubblicato una lettera pastorale che accusava il governo
armeno di intromettersi negli
affari della chiesa. Uno dei
firmatari della lettera, l’arcivescovo Pargrev Martirosian
di Artsakh, ha confermato
poi che il candidato favorito
delle autorità era Karekin.
La Chiesa apostolica armena è organizzata in due Catholicossat: la Santa Sede di
Etchmiadzin, in Armenia, e la
Grande Casa di Cilicia, a Antelias in Libano, che ha una
profonda influenza presso gli
armeni residenti fuori dell’Armenia. Il catholicos di Cilicia,
Aram, non era presente all’elezione del 27 ottobre. Dopo l’elezione, ha telefonato al
nuovo catholicos per esprimergli le sue congratulazioni
e il suo appoggio. Karekin
Nersesian è nato nel 1951 nel
villaggio di Voskeat, vicino a
Etchmiadzin. Ha studiato teologia alle Università di Vienna
e di Bonn. Nel 1983, è diventato vescovo di Ararat, diocesi
che comprende la capitale
Erevan. È stato promosso arcivescovo nel 1992. (eni)
„ J La visita di Raiser in America Latina
«L'uragano Mìtch ha fatto
uscire l'Honduras dall'oblio»
Durante la sua visita in
Honduras, il segretario generale del Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec), Konrad
Raiser, ha detto che l’uragano Mitch, che devastò l’America centrale un anno fa, ha
forse stimolato il dialogo ecumenico in quel paese: «L’uragano ha tirato fuori l’Honduras da un quasi oblio per farlo entrare in un movimento
di interazione tra le chiese»,
ha dichiarato. Nel corso della
sua visita di quattro giorni,
Raiser ha incontrato i responsabili di molte chiese
honduregne. Alcuni rappresentavano chiese protestanti
storiche (luterane, metodiste
o episcopaliane) che hanno
una lunga tradizione di partecipazione al movimento
ecumenico, mentre altri provenivano da diverse denominazioni pentecostali che sono sorte negli ambienti urbani e rurali più poveri dell’America Centrale.
Il pastore Raiser si è detto
incoraggiato dall’«apertura»
dei responsabili di chiese che
ha incontrato: «Molti di Iqro
provengono da comunità che
in passato evitavano ogni
contatto con il movimento
ecumenico, del quale infatti
non sanno nulla - ha detto -.
Ora invece ci tengono molto
a saperne di più sui cristiani
di altre regioni del mondo e a
entrare in contatto con loro».
I pastori pentecostali hanno esposto a Raiser e agli altri
membri della delegazione
ecumenica come, in varie
città del paese, le loro associazioni si sono scisse «perché certi pastori ci tenevano
molto a far parte della classe
media e a portare camicia e
cravatta, il che dava ai pastori
delle comunità pentecostali
povere la sensazione di essere lasciati da parte. Per reazione, questi pastori poveri
hanno quindi chiuso i propri
gruppi», ha spiegato Raiser.
Molti di questi nuovi gruppi
di pastori collaborano con la
«Commissione cristiana per
lo sviluppo» (Ccd), da molto
tempo partner del Cec in
Honduras.
Marta Palma, segretaria
esecutiva del Cec per l’America Latina e i Caraibi, ha
detto che il Cec sta esaminando come incoraggiare
questa nuova sensibilità nei
confronti dell’ecumenismo
che, ha detto, è una conseguenza dell’uragano. «A volte, complichiamo inutilmente la ricerca dell’unità - ha
Il 29 ottobre scorso due organizzazioni religiose che
hanno aiutato le vittime
dell’uragano Mitch in Honduras sono state insignite del
Premio nazionale del diritti
umani 1999. Si tratta della
«Commissione cristiana per
lo sviluppo» (Ccd), agenzia
protestante di sviluppo, e della Caritas Honduras, organo
sociale della Chiesa cattolica.
Nel consegnare i premi alle
due organizzazioni il Commissario ai diritti umani del
governo honduregno, Leo
Valladares, ha detto: «Ringrazio il Signore per avere avuto
questi gruppi in Honduras,
perché durante la crisi provocata dall’uragano Mitch
essi hanno messo la propria
esperienza al servizio della
popolazione, in particolare
dei più poveri e degli emarginati». Valladares ha lodato la
Ccd e la Caritas per «non
avere soltanto fornito soccorsi immediati, ma per ave
re cercato modi di promuovere lo sviluppo umano».
«Non avete soltanto reagito
alla situazione di emergenza
- ha detto loro - avete ricercato delle soluzioni durevoli
e avete dato speranza al nostro popolo». I due gruppi,
ha aggiunto, incarnano «una
visione generale dei diritti
della persona che non consiste unicamente nel controllare la condotta delle autorità. La difesa dei diritti della
persona è una responsabilità
che spetta all’insieme della
società. Attraverso quello che
hanno fatto durante l’uragano e prima del disastro, questi gruppi hanno dimostrato
uno spirito di solidarietà che
ha ispirato la popolazione
deU’Honduras».
Leo Valladares ha dichiarato che la Ccd, membro dell’Act (Azione comune delle
chiese) è «impegnata in una
missione che si rivolge al poveri, ma che risponde alle an
gosce, ai dubbi e alla disperazione della gente. Si tratta di
una missione che considera i
poveri come i protagonisti
della propria storia, una storia di dignità». Parlando della
Caritas, ha sottolineato che
l’organizzazione rappresentava «l’esempio perfetto di
una chiesa missionaria che
non sta chiusa nel santuario,
ma che si preoccupa dei più
poveri».
I due organismi premiati
hanno giocato un ruolo attivo nella difesa dei diritti della
persona negli Anni 80, quando uno squadrone della morte fece «sparire» almeno 187
persone. I due organismi
avevano allora fatto pressione sul governo per ottenere
la creazione dell’ufficio del
Commissario ai diritti umani, ufficio che è stato poi istituito dal Congresso nel 1992.
Da allora, il Commissario ha
giocato un ruolo di primo
piano nell’inchiesta sulla
dichiarato durante una tavola rotonda sull’ecumenismo
-. Spesso riusciamo molto
meglio a edificare l’unità a livello locale. In un villaggio,
quando gli abitanti lavorano
insieme per ricostruire case
o vite distrutte dall’uragano,
essi condividono non solo il
proprio dolore ma anche le
proprie preghiere e la propria speranza. Il lavoro che
compiono insieme è un modo di mettere in pratica
l’unità e l’ecumenismo».
Marta Palma ha spiegato
che questa partecipazione
dei pentecostali agli ambienti ecumenici è tipica dell’evoluzione che si sta verificando in tutta l’America Latina. «Molte chiese, che fino a
poco tempo fa stavano in disparte nelle discussioni sulla
partecipazione politica alla
società, si stanno ora impegnando, stanno riconsiderando la loro vocazione politica e si stanno lanciando sui
nuovi sentieri sui quali Dio le
conduce».
Il pastore Israel Batista, segretario generale del Consiglio delle chiese d’America
Latina, che accompagnava il
pastore Raiser nella sua visita
in Honduras, ha riconosciuto
che la parola ecumenismo
«suscita tuttora un certo numero di timori nella zona.
Quando qualcuno dice di essere impegnato nel movimento ecumenico, alcune
persone si fanno il segno della croce mentre altre sono
pronte a esorcizzare i demoni. Dobbiamo riconoscere
che il fatto di essere ecumenici non costituisce una presa di posizione ideologica,
ma che questo fa parte della
nostra vocazione che è di gettare ponti, di favorire la riconciliazione e di fare della
casa di Dio un luogo in cui
tutti possano vivere». Il pastore Batista ha ricordato che
nella zona, l’ecumenismo
consiste nell’accettare tutta
una serie di esperienze religiose. «Oggi, in America Latina, non si può parlare di
unità senza parlare anche di
diversità», ha affermato.
L’Honduras era il terzo
paese visitato da Konrad Kaiser durante il suo viaggio nei
Caraibi e in America Centrale. Prima si era recato a Cuba
e in Costa Rica. La sua prevista visita a Haiti ha dovuto
essere annullata in seguito
all’uragano Irene che ha provocato la chiusura di tutti gli
aeroporti della zona. (eni)
Per il loro aiuto alle vittime dell'uragano Mitch e a tutti i poveri del paese
Premiate due organizzazioni cristiane impegnate in Honduras
violenza politica degli Anni
80 e, oggi, nella sensibilizzazione ai diritti umani.
Nel ricevere il premio, la
presidente esecutivo della
Ccd, Noemi Espinoza, ha
detto che pensava alle «mi'
gliaia di uomini e donne di
ogni età che non dormiranno
questa sera perché si preoccupano delle conseguenze
dell’ultima ondata di piogge». Nelle ultime settimane
infatti, le alluvioni e le frane
causate dalle forti piogg®
hanno provocato la morte di
oltre 40 persone.
«Il premio - ha proseguito
la presidente della Commissione - assume una grande
importanza perché riconosce la visione ecumenica che
abbiamo sempre difeso e
perché ricorda alle chiesa
che dobbiamo confermare e
mantenere, giorno dopo
giorno, il nostro impegno e la
nostra vocazione nei confi-onti dei più poveri», iano
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