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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Slg. ÎEYR0T Arturo
Via C. Cabella 22/5
16122 GENOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 108 - Num. 3
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TOKKE FELLICE 15 Gennaio 1071
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Rifleffendo suH’unità crisHana : che pensare dell eventualità
che la Chiesa cattolica ronnana entri nel Consiglio ecumenico delle Chiese?
Quest’anno, al ricorrere della settimana di preghiera per l’unità cristiana, è impossibile non prendere in
considerazione una eventualità che anche i più fiduciosi pionieri del movimento ecumenico non potevano considerare che ipotetica in sommo grado e
che invece pare acquistare una consistenza crescente: l’ingresso della Chiesa cattolica romana nel Consiglio ecumenico delle Chiese.
Alcuni mesi or sono, nel maggio scorso, una 'fuga’ di notizie al riguardo
aveva suscitato un certo scalpore: sul
numero del 1« maggio 1970 della rivista interconfessionale « IDOC-Internazionale », edita in Italia dalla Queriniana di Brescia, era stato pubblicato integralmente un documento su L’ingresso della Chiesa cattolica nel Consiglio
ecumenico delle Chiese. Si trattava di
quello che comincia ad essere chiamato il « Rapporto dei Sei », cioè un documento redatto da un gruppo di sei
persone — tre cattolici e tre rappresentanti del C.E.C. — nominate dal
Gruppo Misto di lavoro (Joint Working Group) con l’incarico di studiare
la questione; tale studio era stato richiesto sia dal C.E.C. sia dal pontefice
Paolo VI. Il documento, frutto di tale
studio, non avrebbe dovuto essere reso pubblico, ma è stato ciononostante
pubblicato, e sebbene non abbia carattere ufficiale né definitivo, merita attenta considerazione e non può non
costituire un punto di riferimento importante nell’analisi del problema. Dopo una introduzione, il rapporto è articolato in tre parti: la prima presenta una serie di considerazioni teologiche e pastorali; la seconda, considerazioni di ordine organizzativo, mentre
la terza esamina la procedura da seguire per addivenire a una decisione
sull’adesione della Chiesa cattolica al
Consiglio ecumenico.
Avuta notizia di questo documento
ufficioso, il Sinodo Valdese 1970 ha volato questo ordine del giorno: « Il Sinodo, preso atto di uno studio sul problema dell’eventuale ingresso della
Chiesa Cattolica Romana nel Consiglio
Ecumenico, propone alle chiese di farne oggetto di studio e di dibattito ». È
infatti naturale e doveroso, malgrado
l’esiguità della sua consistenza e delle
sue forze, che anche la Chiesa Valdese,
come ogni Chiesa-membro del C.E.C.,
prenda posizione sull’eventualità di
tale candidatura, che per natura pone
tutta una serie di problemi vasti e in
larga misura nuovi. La Tavola Valdese
ha predisposto materiale di studio per
le comunità; ma abbiamo pensato utile, in questo periodo, di offrire ai nostri lettori una certa documentazione
e spunti di riflessione. In questo numero pubblichiamo, oltre ad alcuni
dei punti che ci paiono più importanti nel Rapporto dei Sei, alcuni pareri
sul documento, dei pastori Renzo Bertalot e Paolo Ricca e di un cattolico
del dissenso, Peppino Orlando (quest’ultimo, oltre ad aver partecipato
quest’estate al Campo EGEI, ad Agape
e ad aver pubblicato una sua relazione, ivi tenuta, sull’ultimo fascicolo di
« Gioventù Evangelica », sia analizzando, in tutta una serie di articoli sulla
rivista « Testimonianze », l’incidenza
del problema politico nelle chiese
evangeliche italiane). Ci è pure parso
utile riprendere una parte della relazione fondamentale che il past. W. A.
Visser’t Hooft presentò all’Assemblea
costituente del C.E.C., ad Amsterdam,
nel 1948, definendo ciò che il Consiglio
ecumenico è e ciò che non è. Contiamo continuare nella pubblicazione di
altri ’pareri’, augurandoci che stimolino una presa di coscienza aperta e
critica.
Occorre infatti riconoscere che la
nostra riflessione e diciamo pure la
nostra passione ecumenica — se mai
è diventata fatto diffuso e sentito nella Chiesa Valdese e neH’evangelismo
italiano — ha subito un ristagno crescente, anche se si è andato accentuando, per altri versi, un ecumenismo sentimentale e superficiale. Lo si avverte,
riprendendo i testi classici, vigorosi c
rigorosi del periodo ardente della speranza ecumenica. Il problema — in sé
di grande importanza — dell’ingresso
eventuale della Chiesa di Roma nel
C.E.C. ci l ipropone in primo luogo, come a tutta l’ecumene, la grande domanda: che abbiamo fatto di ciò che
lo Spirito ha detto alle chiese, in uno
dei momenti privilegiati della vita della Chiesa? Dietro il fatto specifico, impressionante ma tutt’altro che privo di
ambiguità, del profilarsi di questa eccezionale candidatura si staglia l’esigenza ecumenica, il problema insoluhile e inevitabile dell’unità nella verità. Affinché il mondo creda.
Un parere favorevole
Non più di due anni or sono,
un esponente della Chiesa Ortodossa greca molto attivo nel movimento ecumenico, il prof. H. S.
Alivisatos, membro del Comitato
centrale del C.E.C., scrisse che
« dopo quanto è accaduto a Uppsala il pieno riavvicinamento tra
la Chiesa cattolica romana e il
Consiglio ecumenico delle Chiese è
solo una questione di tempo e di
un tempo molto breve ». Così è avvenuto: il tempo è stato davvero
molto breve e già si parla apertamente dell’ingresso della Chiesa
di Roma nel Consiglio ecumenico
non solo come possibile ma come
probabile. Le Chiese che già fan
parte del C.E.C. dovranno pronunciarsi in via preliminare: la Chiesa di Roma farà domanda di ammissione solo se da questi pronunciamenti preliminari si avrà la
certezza che la domanda, se fatta,
verrà accolta. Due Chiese italiane
fanno parte del C.E.C.: la Chiesa
Valdese e la Chiesa Metodista. Entrambe dovranno pronunciarsi attraverso i loro organi competenti,
sulla base dei pareri espressi dalle singole comunità: queste ultime dovranno ciascuna affrontare
il problema e prendere posizione.
In verità non è facile decidere.
Trattandosi di una questione in sé
intricata e non priva di grosse incognite, e comunque di grande
importanza per l’avvenire del Consiglio ecumenico e dello stesso movimento ecumenico, è comprensibile che molti siano incerti. Anche
dopo avere coscienziosamente soppesato i prò e i contro si può legittimamente restare indecisi. Già
nel 1948 ad Amsterdam, alla pri
ma assemblea generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, il teologo luterano danese K. E. Skydsgaard aveva dichiarato che « i
rapporti con la Chiesa cattolica
romana costituiscono senza dubbio il problema più difficile del lavoro ecumenico ». Questo era vero
quando Roma sdegnava la compagnia delle altre chiese e rifiutava
di salire sulla navicella ecumenica, e resta vero anche oggi che la
Chiesa cattolica si dimostra desiderosa di entrare nella comunione
del C.E.C., frammentaria e provvisoria ma, entro questi limiti,
reale. Se i rapporti con la Chiesa
di Roma costituiscono il problema ecumenico più difficile, è naturale che tale di.'Tìcoltà si avverta
con particolare intensità nel momento in cui questi rapporti subiscono una svolta forse decisiva.
Ciascun protestante intuisce
quali sono, dal nostro punto di vista, i pericoli maggiori connessi
con r eventuale ingresso della
Chiesa di Roma nel C.E.C.
Vi in primo luogo il pericolo
di uno snaturamento del movimento ecumenico a motivo di una
presenza cattolica divenuta, forse,
determinante. Le snaturamento
consisterebbe in questo: che l’ecumenismo, nato come movimento
di riforma della Chiesa, diventi
un movimento di restaurazione.
L’unità cristiana, in tal caso, non
nascerebbe più da una riforma
delle ma da un accordo tra le chiese: l’accordo delle chiese tra di
loro anziché l’accordo delle chiese con la Parola di Dio sarebbe il
fondamento dell’unità della Chiesa. Si arriverebbe forse all’unità.
ma senza riforma. Ma in tal modo
il vero e primario obiettivo dell'ecumenismo non sarebbe raggiunto. Si avrebbe l’unità, ma non
sarebbe fondata sull’ Evangelo
bensì sulla pace interconfessionale.
Un secondo pericolo è quello
della paralisi del movimento ecumenico. Si teme — come ha scritto un ecumenista cattolico, G.
Eoss — che « la Chiesa cattolica
con la sua forza numerica e con la
compattezza organizzativa che caratterizza la sua azione acquisisca
un peso così grosso in seno al
Consiglio ecumenico che quest’ultimo sia impedito nella sua libertà di movimento ». Finora il Consiglio ecumenico, malgrado i grossi ostacoli incontrati, è sempre
riuscito a essere almeno di qualche lunghezza più avanti delle
Chiese e costituire quindi per loro
un invito permanente a non restare immobili nelle posizioni acquisite ma a andare innanzi. Dopo
l’ingresso della Chiesa cattolica
potrebbe darsi che il C.E.C. si allinei sulle posizioni delle Chiese e
in particolare su quelle della Chiesa romana, oltre le quali gli sarebbe difficile e forse impossibile procedere. Ma un C.E.C. allineato sarebbe appunto un C.E.C. paralizzato, quindi sostanzialmente inutile e ingombrante.
Vi è infine un terzo, grosso pericolo: con Roma nel C.E.C. avverrebbe quasi inevitabilmente il rafforzamento di un tipo di cristianesimo pesantemente istituzionale e
gerarchico, molto legato ai « valori » della Tradizione ed essenzialmente centrato sulla vita sa
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii;iiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiimiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiimiiiiiiiiniimiiiMiiiiiMiiiiiiiiimiiiiiiiiiii
Che cose ii Consiglio ecomenico delle Chiese?
di W. A. Visser ’t Hooft
Possiamo considerare il Consiglio
ecumenico delle Chiese da due diversi
punti di vista, a seconda che poniamo
l’accento su Chiese o su Consiglio. Si
può infatti concepire il Consiglio corne un organismo che dimostra, e quindi realizza l’unità della Chiesa, nei limiti nei quali essa già esiste; d’altro
lato il Consiglio può essere concepito
corne un organismo che lavora in vist i
dell’unità, ma impotente a parlare o
ad agire in quanto personificazione
della Chiesa universale. Nel primo caso il Consiglio ecumenico sarebbe esso stesso la Chiesa, ancorché si debba
allora definire il senso di questo termine; nel secondo caso il Consiglio è
un’associazione al servizio delle Chiese, ma che non rappresenta la Chiesa.
È chiaro che né l’una né l’altra di
queste concezioni è accettabile. Il Consiglio ecumenico non miò pretendere
essere la Chiesa universale e neppure
una personificazione parziale di essa,
poiché gli mancano le notae eeelesiae.
i caratteri essenziali della Chiesa. S.;
si confronta la realtà interiore del mo
vimento ecumenico con le definizioni
che le varie confessioni danno della
Chiesa, si constata che il Consiglio non
corrisponde ad alcuna di queste definizioni. Se, d’altra parte, si torna alla
Bibbia e si confronta il tipo di comunità che si crea per le chiese all’interno del Consiglio ecumenico con la koinonia (comunione) di cui parlano gli
Atti e le Epistole, si scopre che le principali caratteristiche di questa koinonia mancano, oggi: la comunità di testimonianza c di sacramenti.
E vero che le grandi Conferenze ecumeniche hanno potuto dare al mondo
un messaggio comune, ma la portata
della loro testimonianza è stata assai
limitata. E resta il fatto che l’insegnamento delle chiese-membro non esprime tanto un kerygma (messaggio)
identico, con presentazione e accentuazione diversa a seconda delle particolarità di ciascuna, ma piuttosto la con
fusione delle lingue. Le chiese sono in
contrasto su punti che considerano e
devono considerare elementi essenziali
del loro messaggio. Unendosi a chiese
di confessione diversa, nella comunità
del Consiglio, esse riconoscono che il
Cristo è all’opera in queste chiese; accettano quindi il dovere di dialogare e
collaborare con loro, ma continuano a
considerarle chiese il cui insegnamen
Fra i rapporti fondamentali presentati nel 1948 all’Assemblea costituente
del C.E.C. ad Amsterdam, vi fu quello
di W. A. Visser 't Hooft: Che cos’è il
Consiglio ecumenico delle Chiese? Tale relazione fu pubblicata in uno dei
volumi dei rapporti dell’Assemblea di
Amsterdam, e più tardi ripresa e rieInborata in un saggio: Il Consiglio ecumenico delle Chiese ; sua natura e
suoi limili, pubblicato nella raccolta
« Hommage et reconnaissance à Karl
Harth ». Dalla relazione del 1948 abbiamo ritenuto utile stralciare la parte
nella quale viene luridamente indicalo quel che il C.E.C. è e quel che
non è. red.
to è incompleto, deformato, eretico. E
dunque impossibile pretendere che
questo tipo di relazione provvisoria c
approssimativa fra le chiese costituisca essa stessa l’Una Sancta.
Inoltre Timpossibilità, per le chiese,
di celebrare insieme la santa cena prova chiaramente che il Consiglio ecumenico non può pretendere di essere una
koinonia nel senso biblico del termine.
Anzi, la nostra incapacità a riunirci
intorno alla mensa del Signore ci ricorda con forza che l’unità che ci è data è soltanto l’ombra dell’unità che il
corpo di Cristo esprime nella sua pienezza.
D’altro lato un organismo che rappresentasse davvero la Chiesa universale dovrebbe avere un’autorità assai
maggiore di quella che le chiese sono
disposte a riconoscere al Consiglio ecumenico. Tali limitazioni sono inevitabili, è evidente e anche auspicabile,
date le circostanze: esigere oggi un’autorità più ampia vorrebbe dire superare le possibilità reali dell’ecumenismo attuale. Ma non dimostra, questo,
che il Consiglio ecumenico non può
essere un prototipo della Chiesa universale?
Tuttavia non è soltanto in queste
condizioni esteriori della sua esistenza, ma anche negli aspetti più nascosti
della sua realtà spirituale, che si scoprono serie ragioni, per il Consiglio,
di non esagerare le proprie pretese.
Oggi come oggi, infatti, le chiese si trovano nell’impossibilità di manifestare
visibilmente la Chiesa universale secondo la sua vera natura. Se si dovesse dare una soluzione affrettata al problema del’unità, non si conseguirebbe
che un’unità di compromesso. L’idea
di ecumenismo oggi corrente nelle
chiese permane contrassegnata da un
grave relativismo e non rivela molta
preoccupazione per la verità divina.
Se volessimo creare un’unità forzata,
non sarebbe certamente l’unità nella
verità di cui parla la Bibbia. Non può
esservi una vera rappresentanza della
Chiesa universale finché le chiese non
saranno tornate alla Parola di Dio, finché non si saranno accorte di essere
malate, finché non avranno scoperto
qualcosa della limpidezza e della certezza nella testimonianza e nella predicazione, che caratterizzano la Chiesa neotestamentaria, finche non « diventeranno » la Chiesa e non si riuniranno nel segno di questa metanoia
(ravvedimento). Grazie a Dio non mancano segni che indicano che tale processo è avviato, ma non siamo ancora
al tempo della messe e fino a quel momento dobbiamo essere molto modesti nelle nostre pretese.
Ma allora il Consiglio ecumenico non
(continua a pag. 3)
cramentale e sul rituale liturgico.
Questo pericolo è abbastanza evidente e non necessita particolari
commenti.
Se dunque molti protestanti sono incerti circa l’opportunità di
accogliere la Chiesa di Roma nel
C.E.C. — qualora essa lo richieda — non è solo per una sorta di
riflesso condizionato o per un senso ormai connaturato di diffidenza
verso Roma. Ci sono seri motivi
che inducono a essere, se non contrari, almeno cauti. Una decisione
così importante non va presa alla
leggera.
Per parte nostra siamo favorevoli all’ingresso della Chiesa cattolica nel C.E.C. perché i problemi che esso pone e i rischi che
comporta non bastano a giustificare il rifiuto, da parte del C.E.C.,
di estendere la sua comunione
così da includere la Chiesa cattolica. La comunione del C.E.C. è
per sua natura inclusiva, non
esclusiva. Se si accetta di vivere
in un regime di autentica fraternità tra Chiese, abbandonando ogni
pretesa di primogenitura, tanto
più alla luce del capovolgimento
evangelico per il quale i primi diventano gli ultimi e gli ultimi primi, se dunque si accoglie il principio della fraternità e quindi ci
si pone su un piede di parità, non
è lecito a nessuna Chiesa, nell’ambito del C.E.C., riconoscersi un diritto di cittadinanza e negarlo ad
altre. Certo, bisognerà vigilare, e
agire affinché sia la Chiesa cattolica che entra nel C.E.C. e non il
C.E.C. che entra nella Chiesa cattolica; bisognerà vigilare, e agire,
affinché sia la Chiesa cattolica che
diventa ecumenica (si capisce a
modo suo, come del resto le altre
Chiese), e non sia invece il movimento ecumenico che diventa cattolico. Ma tutto ciò fa parte della
nostra responsabilità, che risulterebbe naturalmente accresciuta
dalla presenza della Chiesa cattolica nel C.E.C. A noi pare che rifiutarsi di accogliere la Chiesa di
Roma nel Consiglio ecumenico
non significa — come si potrebbe
pensare — salvaguardare l’integrità del movimento ecumenico
ma semplicemente sottrarsi alla
propria responsabilità ecumenica.
In sostanza, com’ebbe a scrivere proprio su questo giornale il
teologo francese Roger Mehl, l’ingresso della Chiesa cattolica nel
C.E.C. « rientra nella logica del
movimento ecumenico ». Questa
logica è, appunto, ecumenica e non
confessionale, cioè per comprenderla occorre superare — senza
rinnegarli — i propri orizzonti
confessionali. Soprattutto è una
logica della fede, non del calcolo;
è anche una logica della speranza,
non dello scetticismo o della
paura.
Speranza non significa ingenuità. Conosciamo Roma. Otto secoli
di storia — come Chiesa valdese — sono lì per qualcosa. Essi ci
hanno insegnato, su Roma, tante
cose che avremmo preferito non
dover imparare. Ma c’è un futuro
davanti a noi, c’è una storia ancora da scrivere. Ma perché il futuro non potrebbe essere diverso
dal passato? Non è forse questo
il grande annuncio evangelico, che
il ravvedimento e la fede costituiscono una rottura col passato e
l’inizio di una storia nuova? Non
è for.se questo l’Evangelo, che grazie all'opera di Gesù e al soffio potente dello Spirito, le cose cambiano, e anche gli uomini, e anche
le chiese?
Paolo Ricca
2
pag. ¿
N. 3 — 15 gennaio 1971
RifleHendo sull’unità cristiana: documenti e pareri sullingresso eventuale della Chiesa
RENZO BERTALOT: PEPPINO ORLANDO:
Riprendersi da un decennin di oscurantismo ecumenico che cos’è oggi il cattolicesimo?
Il commento al documento in questione deve limitarsi, per essere « breve », all’interesse immediato del nostro Protestantesimo Italiano. La seconda e la terza parte non ci impegnano troppo da vicino e comunque va
notato che non sollevano problemi
nuovi rispetto alla tradizione ecumenica: « L’ingresso della chiesa cattolica
romana non porterebbe nessun mutamento nella struttura del Consiglio
Ecumenico ».
Nella prima parte vi sono dei punti
che colpiscono l’interesse e sollevano,
a prima vista, grosse perplessità sia
per il CEC che per Roma: il primato
del pontefice e la Santa Sede. Gli estensori del documento non si allarmano
certo a questo punto. Data l’indipendenza ecclesiologica delle chiese che
fanno parte del CEC non si può dire
di più e dire meglio di quanto ci viene proposto. Il modo di essere presenti negli affari internazionali non può
essere fissato prima dell’adesione di
Roma. In conclusione sono, questi, temi di discussione per il futuro, non
certo per il presente. Occorre quindi
evitare di cedere alla tentazione di
mettere il carro prima dei buoi. La tentazione è molto forte ed anche comprensibile nel nostro contesto italiano. Ma non è il giusto punto di partenza.
Vi sono, invece, nel documento problemi che dobbiamo considerare attentamente: la cristologia e l’ecclesiologia.
La cristologia è quella della base comune che tutte le chiese-membro sono
tenute ad accettare al momento della
loro adesione. L’interpretazione della
base varia da chiesa a chiesa, ma la
base in sé costituisce il « terreno comune », « il comune punto di riferimento ». V’è un « unico evangelo » e
« l’unità ricercata è la comunione che
è già data in Gesù Cristo ».
Accettare l’adesione di Roma al CEC,
qualora essa ponga la sua candidatura, significa, senza mezzi termini, troncare una volta per sempre le discussioni sulla alteritas e diversitas fidei.
Contrariamente a quanto ci è stato
detto finora dalla nostra stampa valdese, non lasciando certamente spazio
a chi dissentiva nel nome di una comunione protestante più ampia della
nostra, bisognerà dire ad alta voce che
in tema di cristologia si tratta della
stessa fede, dello stesso evangelo, dello stesso Signore: un’era nuova dai
giorni della morte di Giovanni Miegge! Per lui infatti non v'era nessun
dubbio al riguardo e ritrovava la stessa problematica nel cattolicesimo italiano per opera di Alberto Bellini
(«Protestantesimo» 2/61, p. 95). Contrariamente alle tesi che hanno dominato l’area protestante italiana, proponentisi come unità di misura, accettare l’entrata di Roma nel CEC significa
confessare, come rileva il documento,
che in Cristo non v’è divisione (Cfr.
1 Cor. 1: 13). Questo primo problema,
cioè quello cristologico, è talmente importante e determinante per la nostra
situazione italiana, che esige l’inversione di una rotta decennale e l’inizio di
una formazione ecumenica, degna di
questo nome, finora presente solo allo
stato semi-clandestino.
Veniamo ora al secondo problema:
quello delle ecclesiologie. Il CEC non
ha significato ecclesiologico, non implica il riconoscimento reciproco delle
chiese come tali. Anche gli Anglicani si
considerano la sola vera chiesa (cfr.
G. Mikgge in « Protestantesimo » 3/57,
p. 121, n. 2). Le ecclesiologie non sono
dunque vincolanti all’interno del CEC.
S’impone la conclusione: siamo uniti nella Verità, Gesù Cristo, e siamo
divisi nel modo di riceverla c di interpretarla all'interno delle nostre tradizioni ecclesiastiche. Di qui il male.ssere della contraddizione sul piano ecclesiologico e la necessità di interrogarci seriamente al riguardo nella speranza di una nuova Pentecoste (dai
tempi della conferenza di Lund 1952 il
confronto non è più diretto o spaziale,
ma indiretto attraverso la Scrittura e
la storia). Bisogna ristabilire c ritrovare insieme il collegamento tra cristologia e ecclesiologia. L’esigenza è
sentita da parte cattolica e protestante (cfr. le considerazioni di P. Hamfr
in: Antoinf, Wencf.r, Upsal le defi du
siede aux Eglises, Le Centurión, Paris
1968, pp. 284 ss.), G. Miegge scriveva —
e il di.scorso non è più stato ripreso in
questa chiave — di una « nuova cattolicità » come di una larga « complexio
oppositorum » («Protestantesimo» 3/61
p. 153) o di una « sintesi » tra coscienza istituzionale di tipo cattolico e la libera manifestazione dello Spirito e
della Parola («Protestantesimo» 2/61,
p. 98).
Lukas Vi.scher sottolinea, invece, la
nozione di chiesa sacramento («The
Ecumenist » 3/66) che porta oggi Roma al di là del suo istituzionalismo
tradizionale. (Per altri aspetti della discussione in sede protestante con particolare riferimento a K. Barth vedi
R. BERTAI.OT, Ecumenismo Prolestanie,
Gribaudi, Torino 1969, cap. VII: Cristologia ed Ecclesiologia).
Uppsala, con il concetto di cattolicità inclusiva, intesa come compito da
realizzare oltre che come fatto oggettivo in Cristo, ha fatto fare un notevole
passo avanti alla riflessione ecumenica
su questo punto. La ricerca continua.
come dimostrano gli studi sulla apostolicità della Chiesa.
Il discorso non finisce qui. Da Uppsala in poi sia Fede e Costituzione sia
chiese diverse, tra cui anglicani e riformati, cominciano a parlare e a progettare il confluire di questi passi verso un Concilio Generale Ecumenico: il
secondo di Gerusalemme. Non si tratterebbe di arrivarvi ad unità avvenuta, ma con la chiara consapevolezza di
una tappa decisiva verso la meta. Non
una possibilità immediata, ma un traguardo che non ha nulla a che vedere
con una organizzazione centralizzata
(Carson Beake in «Il Regno» n. 19,
1970, p. 417, cfr. « Bulletin of thè Department of Theology of thè World Alliance of Reformed Churches », voi. 10,
n. 4, 1970, p. 12).
Sono queste intuizioni che mettono
in prospettiva il nostro documento e
che lo inquadrano in un contesto molto più ampio dei suoi limiti attuali fino a far sentire pesantemente il suo
carattere di provvisorietà.
Non si può rispondere positivamente a quanto ci è richiesto dal documento odierno sia pure negli stretti limiti del nostro impegno, senza dare
uno sguardo retrospettivo ed emarginare, implicitamente o esplicitamente
a seconda del coraggio, l’orientamento decennale del nostro protestantesimo italiano dopo la morte di Giovanni Miegge.
Non possiamo non ricordare le postille de « La Luce » nei confronti di
chi prolungava in Italia la linea di
G. Miegge e del protestantesimo d’oltr’alpe, la famosa ’tribuna libera’, le
scelte editoriali della Claudiana, gli interventi di « Protestantesimo » sul Cattolicesimo, le censure di « Nuovi Tempi », la sfida ad Uppsala: se Roma sarà accolta noi usciremo dal CEC. Ed
ora? Sono stati dichiarati incompetenti Jean Bosc, Lukas Vischer, Oscar
Cullmann (non appare su « Protestantesimo » se non per un articolo di altro genere dal n. 2 del 1961), non si è
risparmiato neppure K. Barth (giudizi
privi di prudenza che sanno per lo meno di prematuro, cfr. « Protestantesimo » 4/63, p. 234 ss.). Ricordiamo il No
deciso del direttore de « La Luce » a
pubblicare i temi dell’ultima conferenza di W. A. Visser't Hooft, tenuta presso l’ambasciata olandese di Roma. Le
difficoltà di accogliere l’indicazione di
Visser’t Hooft, come caratteristica dell'ecumenismo al XX secolo, cioè che
l'unità e il rinnovamento, entrambi
doni dello Spirito Santo, vanno ricevuti insieme e non in opposizione reciproca, non sono mai state superate.
Il metodo interpretativo del fenomeno cattolico che si è largamente affermato in campo protestante, è stato
misurato con una certa unità di misura nostrana ed è stato trovato mancante, cioè al di qua della più elementare possibilità di comprensione del
cattolicesimo. (V. Subilia, La nuova
Cattolicità del Cattolicesimo, p. 181).
Il rev. J. Paisley, già esaltato per le
sue visite a Roma e a Ginevra, sembra
dimenticato dopo i fatti d’Irlanda. Ma
le conseguenze non erano sufficientemente chiare nelle premesse che riscuotevano il consenso del nostro ambiente?
Certo gli esempi possono facilmente
continuare. Ma ci preme ricordare che
la premeditata mancanza d’informazione sul tema ha causato una formazione ecumenica scadente. Uomini e
comunità, impegnati nella linea di ricerca del CEC, hanno pagato un prezzo che non può più essere valutato. Il
problema è tuttavia più grave. A chi
sa come l’Antico Testamento distingue
tra la vera e la falsa profezia, non
sfugge che anche oggi si tratta di cogliere qual’è la vera e la falsa profezia
nella Chiesa. Purtroppo tra le due vie
non c’è compromesso. Il documento,
inviatoci e proposto all’attenzione delle nostre comunità, ci obbliga a pronunciarci, secondo la misura del nostro coraggio, su un decennio di oscurantismo ecumenico.
Non voglio entrare in dettagli giuridici ma toccare una questione di fondo.
È chiaro per tutti che il Consiglio ecumenico è solo un’anticipazione e non
una realtà di chiesa e di koinonia; come pure che « il movimento ecumenico
è più vasto del Consiglio ecumenico »
(Montreal 1963). Se si aggiunge a queste note di provvisorietà il carattere
non vincolante delle dichiarazioni, per
lo singole chiese sole responsabili della
loro confessione di fede, si può ben
concludere che l’ingresso della chiesa
cattolica in tale contesto è un fatto
inevitabile.
Ma oggi il cattolicesimo è una realtà
complessa, una somma di chiese e di
confessioni piuttosto che una realtà
unitaria. Questo mi sembra un punto
da tenere molto ben presente soprattutto nell’ambiente evangelico. I testi
del Consilio ecumenico si sono limitati
a documentare tali realtà e teologie
contraddittorie sperando nel tradizionale spirito di compromesso e di sintesi. Sta di fatto che il postconcilio ha
reso evidente l’incompatibilità e antinomicità di quelle posizioni e l’impossibilità di fare una sintesi che non comporti lacerazioni gravissime e tagli feroci su aspetti pur accolti e codificati.
I> fenomeno del dissenso non è solo
una rottura politica (questa passa in
tutte le chiese e investe anche il Consiglio ecumenico) ma è anche una riscoperta evangelica e profetica che
sconvolge le sapienti alchimie gerarchiche. La Parola di Dio .sa scavarsi il
suo spazio anche nei recinti più custoditi e spacca le strutture meglio concepite a forza d’uomo. I cattolici che avvertono il « passaggio dell’angelo » anche nelle comunità cattoliche (un « movimento irriversibile », pensava Karl
Barth) si meravigliano che si parli dell’ingresso della chiesa cattolica come
se si trattasse di una cosa chiara, magari con quella struttura controriformista che si prestava così bene alle controversie.
Se si interrogano le innumerevoli co
llllllliiiiilliiiilllliniiiiiiiii
DAL “RAPPORTO DEI SEI,,
Pubblichiamo alcune delle parti che ci
paiono più importanti e significative nel
Rapporto dei Sei: Parte L § 9; Parte II.
^ J € 2: Parte III. « Procedura da seguire per addivenire a una decisione sulVadesione della Chiesa cattolica al Consiglio ecumenico ».
LE DIMENSIONI
DELLA RAPPRESENTANZA
CATTOLICA
La Chiesa cattolica romana è più grande di qualsiasi altra Chiesa membro. Secondo quali principi si dovrebbero determinare le dimensioni della rappresentanza cattolica in seno al Consiglio ecumenico delle Chiese? Le considerazioni seguenti possono offrirci una guida in proposito :
«) La rappresentanza della Chiesa
cattolica romana dovrebbe essere tale da
rendere ragione della sua varietà geografica e culturale in seno al Consiglio ecumenico delle Chiese.
6) La rappresentanza non dovrebbe
essere talmente ampia che altre Chiese si
trovino a non essere più autentico partner
nel dialogo e nella comunione. Questa considerazione ha anche un peso importante
in seno al Consiglio ecumenico. Le grandi Chiese non sono rappresentate secondo
la proporzione esatta della loro dimensione: le piccole Chiese hanno una rappresentanza più ampia di quanto non comporterebbe la loro forza numerica. La
Chiesa cattolica romana ha riconosciuto
questo principio nel “Decreto sull ecumenismo”, quando fa riferimento al valore
di incontri « su base uguale w (par cum
pari. § 9).
f) Le delegazioni della Chiesa cattolica romana dovrebbero includere rappresentanti sia dei dicasteri vaticani che delle varie conferenze episcopali. Da questo
punto di vista può essere istruttiva la composizione del Sinodo dei vescovi.
d) Il Consiglio ecumenico sottolinea
che non solo il clero, ma anche i laici,
rappresentanti delle <lonne e dei giovani,
dovrebbero partecipare alla sua attività.
Questo, naturalmente, in pieno accordo
con gli orientamenti della Chiesa cattolica romana. Non si tratta di limitare la
libertà delle Chiese a determinare le loro
delegazioni : la presenza di norme vincolanti renderehl)c molto più diflicile 1 adesione e la cooperazione.
FORME NELLE QUAU
POTREBBE ATTUARSI L'ADESIONE
Sembra vi siano tre possibilità:
n) che la (»blesa cattolica annunci il
suo ingresso nel (!^onsiglio ecumenico come ununica Chiesa membro:
h) che le singole conferenze episcopali chiedano di aderire; in tal caso le
Chiese membro del Consiglio ecumenico
salirebbero da 240 a 330;
c) che la Chiesa cattolica entri nel
Consiglio ecumenico ai due livelli contemporaneamente.
Quest'ultimo caso merita attenzione paricolare. Esso si armonizza meglio con le
due considerazioni generali già sollevate
nella prima parte. L’adozione di questa
procedura significherebbe che la Chiesa
cattolica romana aderirebbe in quanto
Chiesa sìngola: le singole conferenze episcopali sarebbero però nominate esplicitamente come membri partecipanti. Una soluzione analoga, anche se per ragioni diverse. è già stata adottata per la Chiesa
evangelica in Germania, che aderisce come un’unica Chiesa, mentre le singole
Chiese evangeliche regionali sono esplicitamente nominate nella lista delle Chiese
membro. Nel caso della Chiesa cattolica
romana, sì dovrebbe stabilire in una nota
allegata al documento di ammissione che
cosa significherebbe precisamente in pratica la partecipazione delle conferenze episcopali. I seguenti punti andrebbero presi in considerazione:
a) sì chiede alle conferenze episcopali. da parte del Consiglio ecumenico, di
proporre alLautorità centrale i nomi dei
delegati alFAssemblea:
b) tutte le comunicazioni del Consiglio ecumenico devono essere inviate sia
alle conferenze episcopali che alla Santa
Sede;
c) le conferenze episcopali sarebbero
gli interlocutori riconosciuti dal Consiglio
ecumenico per tutte le questioni che riguardano la loro provìncia.
RAPPRESENTANZA
CATTOLICA ROMANA
NEI VARI ORGANI DEL C.E.C.
a) Assemblea. La delegazione cattolica romana non dovrebbe essere inferiore
a un quinto e non superiore a un terzo
del numero totale dei delegati. Nel caso
che la Chiesa cattolica divenga membro
del Consiglio ecumenico delle Chiese,
PAssemblea dovrebbe essere costituita in
modo da non privare alcuna delle piccole
Chiese della loro rappresentanza.
fi) Comitato Centrale e Comitato Esecutivo. La rappresentanza in questi Comitati dovrebbe essere circa nelle stesse proporzioni di quelle dell’Assemblea. 11 Comitato Centrale dovrebbe probabilmente
aumentare i suoi membri da 120 a 125.
Il (Gomitalo Esecutivo dovrebbe allora assumere talune funzioni aggiuntive. Per
non mettere in perìcolo la sua funzionalità,
non dovrebbe esservi un aumento ecces.sivo delle sue dimensioni.
c) Praesidium. I sei presidenti del
Consiglio ecumenico non sono normalmente eletti in virtù della loro (josizione
eminente nella Chiesa. Sono scelti per la
maggior parte tra coloro che hanno reso
evidenti servizi al movimento ecumenico.
Si è sempre fatto attenzione, naturalmente. ad assicurare che le varie tradizioni
confessionali siano rat>prescntale nel gruppo dei presidenti. La Chiesa cattolica romana deve essere rappresentata in questo
grupjM» da almeno un membro.
Considerazioni simili vengono quindi
espresse a propo.sito degli Uffici, dei Responsabili dei Dipartimenti, dei Membri
del Comitato Centrale.
PROCEDURA DA SEGUIRE
PER ADDIVENIRE A UNA DECISIONE
SULLA ADESIONE
DELLA CHIESA CATTOLICA
AL CONSIGLIO ECUMENICO
Se questa adesione deve costituire un
passo compiuto in modo pienamente responsabile, è necessario preparare attentamente tale decisione. L’ingresso nel C.E.C.
impegnerebbe la Chiesa cattolica nel suo
insieme e le Chiese membro del C.E.C. dovrebbero essere preparate a fare di questo
allargamento della loro comunione una
realtà vivente, non solo in teoria, ma anche in pratica. Le domande di ammissione al Consiglio ecumenico devono essere
approvate dalPAssemblea o dal Comitato
Centrale. La norma dello Statuto dice:
« L’ammissione sarà decìsa sulla base <lel
voto dì due terzi delle Chiese rappresentate neH'Assemblea, ciascuna Chiesa membro avendo un voto. Ogni domanda di ammissione tra le riunioni dell Assemblea
dev’essere sottoposta all esame del Comitato Centrale; se la domanda è appoggiala da una maggioranza dì due terzi dei
membri del Comitato presenti e volanti,
l’atto di ammissione sarà comunicato alle
Chiese membro del Consiglio ecumenico.
A meno che non pervenga un'obiezione
all ammissione da parte di più di un terzo
delle Chiese membro entro sei mesi, il
richiedente sarà dicliìaralo eletto ». La
questione deve aver raggiunto una maturità sufficiente perché la decisione sìa assicurata in anticipo. Si dovrebbe prendere in considerazione i passi seguenti:
1. Il Gruppo Misto di lavoro dovrebbe proporre un testo, basato sui risultali di
questo gruppo di studio, da usare nella
consultazione di ambienti più vasti. Questo. naturalmente, deve essere sottoposto
alle autorità interessate dalle due parti
per ricevere le loro osservazioni c la loro
approvazione generale.
2. Una volta pronto il lesto , .sarebbe
necessaria una consultazione delle due
parti con i responsabili e i dirigenti, le cui
opinioni avrebbero un valore importante
sia per la decisione stessa che per la coopcrazione futura. Da parte cattolica, questa consultazione dovrebbe includere le
conferenze episcopali e possibilmente i vari ordini religiosi, e da parte del C.F-.C.
sarebbe necessario invitare le Chiese membro a far cono.se.crc la loro opinione. Sarebbe consigliabile consultare certe (chiese, non singolarmente, ma come grup])i
(per esempio, le Chiese di minoranza).
3. Da parte cattolica la decisione spetterebbe in ultima istanza al papa stesso.
Potrebbe essere necessario tuttavia che la
domanda di ammissione fosse discussa prima dal Sinodo dei vescovi. Da parte del
Consiglio ecumenico, la decisione sarebbe
presa, .secondo lo Statuto, dalPAssemblea
oppure dal C.omitato Centrale.
4. Una volta conclusa Pinchiesta sulla
questione delPammi.ssione e preparato un
memorandum ufficiale, la di.scussione dovrà essere estesa el pubblico. L’opinione
pubblica dovrà essere preparala alla decisione.
1
Miiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimmiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiMiiimmiiiiiiiiiiiiiiiniiiiii>'iiiiii"ii"iiii'"ii>i'”i""i""ii""""i""""""""""""""""
munità di base più o meno sotterranee
sparse dappertutto e si chiede la loro
confessione di fede, ci si avvede che il
cattolicesimo è veramente una somma di chiese diverse.
Ritornando al nostro argomento si
tratta di chiedersi chi e che cosa entra
nel Consiglio ecumenico e che cosa
questo significhi per le comunità di
base, che confessano la loro fede in un
contesto storico, sociale, e politico preciso e che non si collocano tra « le autorità religiose, civili e militari » di tutte le manifestazioni ufficiali.
L’epoca della Controriforma è superata per tutti e anche i cattolici che
hanno in mente una teologia postridentina hanno, dopo il Concilio, l’interesse a integrare elementi evangelici e ortodossi per poter capire le linee contraddittorie dei testi conciliari, per poter essere in pace con questa teologia
conciliare che voleva tutto raccogliere,
senza nulla condannare.
Perciò, il clima di discussione del
CEC va benissimo per tutti e non può
non rendere evidenti le divergenze che
si è cercato di comporre in una nuova
sintesi. Ma il Consiglio ecumenico se
vuole fare opera di testimonianza evangelica di fronte ai cattolici, deve sapere
che la sintesi giuridica che veniva utilizzata per comporre le contraddizioni
(un sistema gerarchico) è oggi in crisi
e deve trattare con il cattolicesimo come una serie di comunità molto diverse e di cui nessuno se non le comunità stesse e i loro leaders naturali
hanno una vera rappresentanza. Tolta
la sintesi giuridica, che cos’è infatti il
cattolicesimo?
Basterebbe cogliere in questi giorni
il dissenso diffuso e vivace intorno alla Lex Fundamentalis (es. Editoriale di
«Testimonianze» n. 127), per capire
che quando nel cattolicesimo la sintesi
giuridica viene ritenuta incapace di
esprimere l’unità della confessione di
fede si è veramente davanti all’avvento
di una riforma come Evangelo che relativizza la Legge.
In sostanza occorre chiedersi che cosa deve fare il Consiglio ecumenico di
fronte al movimento di riforma che
passa con lacerazioni dolorose nel tessuto del cattolicesimo. Credo che oggi
le comunità evangeliche debbano lavorare a riformarsi per essere fedeli alla
loro vocazione genuina di essere il piccolo seme che fa crescere anche nel
cattolicesimo lo spazio della Parola di
Dio. Se ci si pone solo questioni giuridiche, più o meno di prestigio e di paura, allora non si è capito che il cattolicesimo muore là dove la fede assume
tutto il suo Impegno di fronte a Dio,
dove crollano la mistificazione ideologica del sostegno al potere costituito
borghese o pseudo borghese e un cert ) sottosviluppo psicologico-regilioso.
Questo sa il papa, sanno i vescovi e
soprattutto i preti che vivono un rapporto con le comunità. Questo è il cattolicesimo di cui bisogna parlare per
vedere se e come deve entrare nel Consiglio ecumenico. Solo quei « nani » di
cui parlava Barth stanno ancora sugli
steccati a difendere la privacy delle
chiese. Se poi il Consiglio ecumenico
si riducesse a raccogliere solo questi
nani impauriti dell’as.salto della secolarizzazione e del socialismo, avverrà
ancora più che l’ecumenismo andrà
avanti solo dove la Parola di Dio viene
presa sul serio e non teme né la secolarizzazione né il socialismo.
= MiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiMiiii:miiiiiiiiiii
I Fonds di solidarietà
I Nel pubblicare un nuovo elenco di
= sottoscrizioni, notiamo con piacere
= l’impegno di altre persone, oltre agli
= ormai consueti contribuenti. Ci augu= riamo che altri nominativi si aggiunge
= ranno in modo che siamo in grado di
= inviare al più presto il milione per il
= Centro di sviluppo comunitario del
= Congo Kinshasa che, come noto, acco= glie — dando loro la possibilità di reinË serirsi nel consorzio umano — i profu= ghi vittime delle persecuzioni dell’An= gola portoghese.
Ê Da Como: T. Bonpiulo L. .3.000.
= Da Riflaretlo: E. Vìgliclmo 5.000.
= Da S. Germano Chisone: V. Vinçon Vili
= 2.000: N. N. 15" ver.sam. con simpatia 5.000.
i Da Torino: E. Gri.sel 20.000; fam. Caru.so
E 1.500: M. Sacco 1.000; D. A. A. 1.000;
= A. E. M. 3.000; P. G. Cavalli 10.000; L. G. C.
i 10.000.
= Da Venezia: C. Hocns 500; fam. Zccclim
E 3.000: IL I.spoilamia 2.500; G. Ispodamia
= 2.500; fam. Viti 1.000.
= Da f’ine.rolo: R. Rreiiza 10.000.
E Da PomareUo: G. Lactscli 5.000.
E Da Inver.so l'inasea: W. Genre 10.000.
E Da Roma: E. Albarin 5.000; G. Conti
^ 10.000. .
i Da Torre ì’ellice: E. M. 1.000: E. e M. Rem
= 10.000; S. Peyrol 5.000: N. N. 1.000.
E Da Angrogna: R. M. E. C. 2.000.
E Da Ihline: G. Somma 2.000.
— Da Campobasso: P. Corbo 2.000.
S Da Terrera: S. M. C. 5.000.
E Da lìreseia: A. Rossi 5.000.
E Totale L. 114.000; prcc. L. 693.637; in
H cassa L. 837.637.
= Invitiamo i sotloseritlori ad inviare, le offer
^ te al conto corrente postale n. 2/39818 "O''"
= stalo a Roberto Peyrot. corso Moncalieri 70.
10133 Torino.
3
15 gennaio 1971 — N. 3
pag. 3
caiiolica nel Consiglio ecumenico delle Chiese
Natura e limiti del C. E. C.
La Chiesa nel mondo
(segue da pag. 1 )
sarebbe altro che un’organizzazione?
un organismo umano, nobile nelle sue
ambizioni e utile per i servizi che rende alla causa della Chiesa, ma incapace di esprimere e rappresentare la
Chiesa? Bisogna che, neU'animo nostro, il Consiglio venga a situarsi fra
le molte organizzazioni cristiane create su basi temporanee per rendere determinati servizi, fino al momento in
cui la Chiesa potrà assumerseli direttamente? Il Consiglio non sarebbe che
una questione di conferenze, comitati,
segretariati, un'agenzia d'informazioni
ecclesiastiche e di soccorsi umanitari?
Riconosciamolo, il Consiglio è spesso descritto sotto questa forma puramente amministrativa e non manca
di amici devoti, fra coloro che amano
1’« azione » e non vogliono vedere in
esso altro che un mezzo di collabora
zione in questo settore limitato. Ora,
che il Consiglio abbia pure questo ruolo, è indubbio; ma le sue origini provano chiaramente che non può limitarsi a questo. Per quanto siamo grati
ai pionieri di Stoccolma (« Vita e Azione », 1925), non possiamo né dobbiamo
tornare alla teologia del « come se »,
per cui dovremmo agire « come se »’
fossimo uniti nella fede. Perché abbiamo appunto scoperto che il nostro primo do\ere nei confronti del mondo
era rendere testimonianza della nostra
lede comune c che, senza questa tetiinonianza, la nostra unità è impotente a esprimersi in « cristianesimo pratico ». Appena le chiese si riuniscono,
eccole di fronte al problema di confessare insieme la loro comune appartenenza al comune Signore. Non è quindi un caso che le grandi Conferenze
ecumeniche abbiano reso una testimonianza comune, a dispetto di tutti gli
ostacoli canonici: il dinamismo interiore della Chiesa ve le ha forzate.
Identici rilievi circa l'idea che l’unico scopo del Consiglio ecumenico sarebbe incoraggiare gli studi in comune. Lo studio è indispensabile e lo studio in comune, a livello ecumenico, è
uno dei compiti più urgenti, oggi; ma
un Consiglio di chiese non può considerare lo studio come un fine a sé. Nell'insieme della missione della Chiesa lo
studio rimane un mezzo per preparare
all’azione, cioè alle decisioni della fede.
Dimenticando tale scopo lo studio corre rischi seri, perché una teologia che
non tendesse all’azione non sarebbe che
arte per l’arte, non più uno studio
messo al servizio della Chiesa. Se il
movimento ecumenico significa l’accostamento, alla pari, di tutte le opinioni
cristiane, non è altro che un museo,
privo di qualsiasi significato per la
Chiesa vivente.
Il Consiglio ecumenico non può accontentarsi di federare entità ecclesiastiche che vegliano gelosamente sulla
propria sovranità. Una comunità di
chiese che non riconoscono altra sovranità che quella del loro comune Signore differisce essenzialmente da una associazione a scopi utilitari costituita da
Stati sovrani. Il raccogliersi delle chies ; avrà portata spirituale soltanto se
queste chiese manifestano concretamente il loro desiderio di diventare
membri del medesimo corpo e ne danno immediatamente prova nelle loro
relazioni comuni; ma allora i loro rapporti non possono essere confinati nel
settore organizzativo. Essendo un Consiglio delle Chiese, il Consiglio ecumenico non può dunque limitarsi a essere
una semplice organizzazione, poiché
nelle chiese, la Chiesa tenta di afferrnarsi. Là dove due o tre chiese sono
riunite, VUna Sancta è in mezzo a loro
e chiede di essere riconosciuta.
CHE COS’E, DUNQUE,
IL CONSIGLIO ECUMENICO?
Abbiamo visto che non può pretendere di essere VUna Sancta; abbiamo
pure visto che non può accontentarsi
di essere una conferenza più o meno
permanente sull’unità della Chiesa o
un’organizzazione a scopi utilitari. Da
un lato non può minimizzare l’entità
delle divisioni esistenti fra i suoi membri, dall’altro non può rifiutare il dono
dell’unità che il Signore ha accordato e
ancora accorda alle chiese ogni volta
che permette loro di parlare e di agire
insieme (...).
Questo è il dilemma che determina
tutta l’esistenza del Consiglio. Le Chiese-membro sono ancora incapaci di essere insieme la Chiesa una di Dio, ma
non po,ssono considerare le altre chiese
affiliate al Consiglio come fuori della
Chiesa di Dio. Incapaci di unirsi, sono
pure incapaci di separarsi; sanno che
non c’è unità al di fuori della verità,
ma sanno pure che la verità esiee
l’unità.
Un dilemma senza soluzione? Vi è
una sola soluzione, la fede. E la via
della fede non partirà da qualche sintesi umana o da qualche schema teorico, ma dalla certezza che l’unità della
Chiesa è l’opera del Signore della Chiesa. Nella sua « Dichiarazione di unione » la Conferenza di Edinburgo dichiara: « Quest’unità non è il risultato dell’accordo dei nostri pensieri né dell’assenso delle nostre volontà, è fondat.a in Gesù Cristo stesso ». E nel suo
sermone d’apertura alla medesima Conferenza l’arcivescovo Tempie diceva:
« Non saremo noi a medicare le ferite
del corpo di Cristo. Ci riuniamo, discutiamo: ottima cosa. Ma non uniremo
la Chiesa di Dio con artifici o con ar
rangiamenti. Soltanto avvicinandoci
sempre più a lui ci avvicineremo gli
uni agli altri... e allora non contempleremo il coronamento dei nostri sforzi,
ma il compiersi dell’opera di Dio ».
Non è forse tutto qui il senso della
« Base » del Consiglio ecumenico: soltanto il Cristo vivente — Dio e Salvatore — può creare l’unità che cerchiamo.
Che l’unità sia un dono di Dio non vuoi
dire che l’uomo debba starsene puramente passivo. Bisogna, invece, cercare
l’unità e tenerci pronti a riceverla. L’arcivescovo Tempie scriveva nel 1938:
« Il compimento dell’unità della Chiesa rimane l’oggetto dei nostri lavori e
delle nostre preghiere. Ma c’è un’unità
fondata sull’obbedienza al nostro Signore, che abbiamo il dovere di manifestare. Non vogliamo affermare una
unità maggiore di quella realmente esistente, ma poiché è una realtà dobbiamo appoggiarvi la nostra azione ».
Per uscire dal dilemma nel quale ci
troviamo, non ci resta che considerare
il Consiglio ecumenico come un mezzo
per manifestare l’unità della Chiesa
ogni volta che il Signore ce ne fa dono.
Un mezzo e un metodo, non di più. Il
Consiglio ecumenico non è la Chiesa
universale, ma un mezzo e un metodo
il cui solo scopo è servire la Chiesa universale. Assai più, quindi, di un movimento che si occupa di unità, assai più
di una innovazione organizzativa.
Se dunque il Consiglio non può pretendere di rappresentare VUna Sancta,
può e deve affermare che in lui e per
suo mezzo — quando piace a Dio —
VUna Sancta si manifesta. Come istituzione non ha autorità, nemmeno quel
la di cui sono investite le chiese-membro sulla base della loro confessione di
fede. Considerato "orizzontalmente” il
Consiglio ecumenico non è che una
conferenza di chiese dissimili le cui
opinioni divergono sugli aspetti fondamentali della fede, deU’ordinamento,
della morale. Ma considerato “verticalmente" il Consiglio è il luogo nel
quale la comunità della fede diviene (e
già è) parzialmente visibile. Nell’attimo nel quale lo diviene, il Consiglio
acquista un’autorità utentica; allora,
per un momento, cessa la confusione
delle lingue, la disunione delle chiese
svanisce dietro l’unità essenziale della
Chiesa di Cristo.
Ma chi determinerà il momento di
tale evento? Non certo il Consiglio ecumenico, perché può cercare di esprimere l’opinione della Chiesa universale,
ma non può pretendere di essere la
Chiesa universale. Spetta a ciascuna
chiesa, per conto suo, e perfino a ciascun fedele di decidere caso per caso
s riconoscere nel Consiglio ecumenico
una manifestazioc. del corpo unico che
compie la volontà del Capo. Ma deve
sapere che può. Dea volente, essere bruscamente investito dell’autorità temibile dello Spirito Santo.
In tutti i set^ni della sua vita esso
dovrà dunque ' 'Cr conto di questa
eventualità e a: dere costantemente
l’intervento dall allo. Se permane in
questo atteggiamento, non c’è pericolo
che si trasformi in burocrazia ecclesiastica; troverà anzi il suo pieno significato per la vita delle chie.se.
W . .V. VissER 't Hooft
Non si trascuri il Dissenso cattolico
Un problema di un certo peso è quello dei rapporti tra C.E.C., Chiesa cattolica e Dissenso cattolico. Potrebbe
darsi che, qualora la Chiesa cattolica
entri a far parte del C.E.C., il Dissenso
cattolico non sia rappresentato — data la sua posizione critica e minoritaria nell’ambito del cattolicesimo —
nella delegazione cattolica presso i
vari organismi del Consiglio ecumenico. Potrebbe anche darsi che il Dissenso cattolico desideri essere rappresentato nel Consiglio ecumenico, mentre
è praticamente da escludere che il
Dissenso cattolico possa sentirsi rappresentato nel C.E.C. da delegazioni
nominate dalle conferenze episcopali
o, peggio, dai dicasteri vaticani. Se ci
dev’essere una rappresentanza del Dissenso cattolico nel C.E.C., ci pare che
debba essere una rappresentanza diretta.
Il Rapporto dei Sei sembra alludere
velatamente a questo problema quando parla delle « voci non ufficiali »
pi'esenti nella Chiesa di oggi e sostiene che il Consiglio ecumenico « deve
anche preoccuparsi che queste voci non
ufficiali siano ascoltate nelle sue varie
attività» (Parte II, § 6). Il problema
però non è solo ,11 dare ascolto a queste voci, è di dar loro uno spazio (qualora lo desiderino) nella comunione del
Consiglio ecumenico.
Occorrerebbe quindi che, se la Chiesa cattolica farà di manda di ammissione nel C.E.C., qi ’ultimo intraprenda
un’azione di conuu ii con organismi rappresentativi dei ■ Assenso cattolico, a
livello nazionale .> internazionale (ad
esempio, l’Assen' ■','a Europea dei Preti), per appurare 1 ) se il Dissenso cattolico desidera e sere rappresentato
nel C.E.C.; 2) in :i m affermativo, se si
sente rappresenti.Ui attraverso le delegazioni cattoliche ufficiali, oppure 3) se
auspica una rappresentanza propria.
In quest’ultimo caso, sempreché — come si può presumere — il C.E.C. reputi
desiderabile la presenza nel suo seno
di una rappresentanza qualificata del
Dissenso cattolico, occorrerebbe pensare ai modi migliori con cui essa può
essere garantita.
Sarebbe sommamente deprecabile se
il Consiglio ecumenico delle Chiese dovesse accogliere come membro la Chies.r cattolica, ignorando o emarginando
il Dissenso cattolico.
P. R.
iiiiiiiiiiiimmiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Collegio Valdese L'Amico dei fanciulli
Si riconferma che Domenica 17
Gennaio alle ore 16, presso la Foresteria Valdese gentilmente concessa, il
Past. Guido Rivoir di Lugano terrà
una conferenza seguita da discussione sul seguente argomento : « Comunicazione di massa - Radio Televisione ». A questa conferenza che si svolge nell’ambito del c'clo di conferenz3
predisposte dal Comitato del Collegio
tutti sono cordialmente invitati.
Si precisa inoltre che, nell’ultima
settimana di Febbraio e non a fine
Gennaio come erroneamente pubblicato nel numero scorso, il Past. Renzo
Bertalot di Roma svolgerà un ciclo di
lezioni di teologia sul tema: «Etica
Protestante ».
Ulteriori precisazioni saranno comunicate al più presto.
IL COMITATO DEL C. V.
.......................
Precisazione
Nel .suo numero del 1° gennaio 1971, «II
Pellice » .sotto il titolo Fede e politica, pul)l)liea uno stralcio da un articolo che nel nostro numero dell'll dieemhnr u. .s. Roberto
Peyrot aveva dedicalo ad Angela Davis, la
giovane leader delle Pantere Nere in arre.sto
e sotto processo. Lo stralcio è questo: a Sappiamo che. anche l'esecutivo della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, unendo
la sua voce a tante altre provenienti dalla
opipione pubblica mondiale, nell'esprimere la
sua solidarietà al Consiglio nazionale delle
Chiese degli Stati Uniti per la sua lotta contro
il razzismo, ha espresso la sua preoccupazione
per la sorte di Angela Davis (accusata di
complicità in ratio ed assassinio) e delle pantere. nere ».
Precisiamo che l'inci.so fra parentesi è
un aggiunta della redazione de « Il Pellice »
e non compariva nel nostro articolo; co.si
come judiblicato è una deformazione di quanto
il nostro eollahoratore ha scritto.
rcd.
L’abbonamento al giornalino dei ragazzi evangelici italiani, svizzeri di lingua italiana e italiani residenti alTestcro, va fatto sul c.c.p. 1/21179 intestato a; Berta Subilia - Via Pietro Cessa 42 - 00193 Roma.
Abbonamento annuo:
per l’Italia L. 750
per l’estero » 1.000
Perché possa essere più bello e più
vario, ricordiamo questa nostra pubblicazione ad amici e sostenitori. Ricordiamo pure la possibilità di offrire
abbonamenti per ragazzi in istituti e
orfanotrofi.
Il programma di quest’anno prevede
una serie di articoli centrati sull’« educazione alla pace », mediante notizie e
informazioni di persone in contatto
con ragazzi di altri paesi, per sottolineare come coesistano, nei rapporti
con gli altri, la diversità e l’uguaglianza, entrambe capaci di arricchire, perché creano presupposti di comprensione e di fraternità.
* * *
I racconti e le pagine bibliche, le
lettere dei ragazzi che si esprimono
su ciò che sta loro a cuore, le segnalazioni di libri, le ricerche bibliche, le
notizie varie e i giochi riempiono le altre pagine e si rivolgono ai vostri piccoli nella speranza di incontrarli.
lllllllllllllIMllllMllllimillllllllllllllllllllllllllllllllllMlllll
Errata Corrige
Al loriìiinc del primo capoverso deirarlicolo
di Vinario Sulnlia, iÌ venuto, ])ubhlicnto in
])rima pagina la scorsa settimana, per una
svista di cui ci scusiamo è saltata una frase.
Lullinio periodo va così letto: a Perche è renuto. ruomo può credere, la vita può avere
un sen.so. l'azione può non essere vana, la speranza può sorgere, la sicurezza dei privilegi e
delle posizioni raggiunte può essere incrinata,
la lotta contro l’ingiustizia e roppressìonc può
essere comhaltuta, la sofferenza può essere trasfigurala. la forza stessa della morte può perdere la sua potenza ».
Nuovi impegni e reazioni
alla lotta
contro il razzismo
L’impegno del Consiglio Ecumenico delle Chiese di aiutare delle organizzazioni che si battono contro
il razzismo continua a provocare
reazioni e nuovi impegni da parte
di Chiese e organizzazioni varie. Ne
diamo un estratto che ricaviamo dagli ultimi bollettini del soepi.
Il Consiglio britannico delle Chiese,
in occasione della sua ultima riunione semestrale ha deciso, con 39 voti
contro 6 e 5 astensioni, di approvare
la decisione del Cec di inviare dei fondi a organizzazioni che aiutano le vittime dell’ingiustizia razziale. Nello
stesso tempo ha ammesso che i cristiani inglesi e irlandesi possono avere
opinioni diverse sul modo di promuovere la giustizia fra individui appartenenti a gruppi diversi e si è rallegrato
per l’intenzione del proprio Dipartimento degli affari internazionali di
raccogliere « vari punti di vista scritti
per l'informazione dei cristiani ».
Il Consiglio britannico delle Chiese
ha inoltre caldamente invitato il governo a non riprendere le vendite di
arrni al Sud Africa e ha creato un servizio di relazioni comunitarie e razziali. La stampa sudafricana ha subito
rilevato il sostegno apportato dal Consiglio alle decisioni del Cec ed il giornale Cape Times ha detto che esso ha
« fatto il gioco delle potenze delle tenebre... su questa parte del continente ».
Negli Stati Uniti, il Dipartimento
missionario della Chiesa metodista
unita ha espresso, a Los Angeles la
sua « fiducia nell’onestà, nel discernimento, nella fedeltà e nello spirito cristiano del Cec ». Dopo aver sottolineato che gli aiuti del Cec non sono stati
dati alla leggera, ma dopo un approfondito esame della situazione, ha dichiarato: « La tentazione di rimproverare ai movimenti di liberazione di
avere, almeno in certi casi, preso le armi dovrebbe far posto all’idea che la
situazione dell’Africa australe è forse
unica al mondo, per quanto concerne
la repressione di una maggioranza da
parte di una minoranza ». Schierandosi di nuovo a favore della nonviolenza
il Dipartimento ha dichiarato di essere « favorevole ad un cambiamento
nell’Africa meridionale... che restituirà
ai negri fAfrica i diritti, la giustizia,
la dignità e la pienezza di vita che il
nostro Salvatore desidera per ogni essere umano ».
Il presidente della Chiesa luterana
in Liberia ha completamente approvato l’azione del Cec aggiungendo che
non scorgeva le ragioni che avevano
spinto i responsa'oili delle chiese tedesche a opporsi alla lotta contro il razzismo, se i fondi sono destinati a scopi
umanitari. Egli ha rivolto un appello
ai « fratelli cristiani tedeschi » affinché riconsiderino la questione c sostengano la decisione del Cec.
Il Comitato esecutivo del MIR (Movimento Internazionale di Riconciliazione) riunitosi di recente in Olanda
si è rallegrato della decisione del Cec,
che ha cercato di rispondere a questa
domanda; quando la violenza esercitata dalToppressore diventa insopportabile per le vittime dell’oppressione, come dovrebbero agire queste ultime c
quali sono le responsabilità degli altri
a questo proposito?
La Conferenza ’Chiesa e Società in
America Latina’ ha chiesto che i movimenti del Terzo Mondo abbiano un
ruolo attivo nella lotta contro il razzismo e ha ricordato che i gruppi latino-americani impegnati in questa lotta non dovrebbero essere dimenticati.
Da parte sua il presidente della Chiesa evangelica in Renania ha recentemente disapprovato che l’iniziativa del
Cec sia sostenuta con dei fondi provenienti dalle tasse ecclesiastiche. Egli
preferirebbe delle collette volontarie
come quelle della campagna « Pane
per il Prossimo ». Egli ha detto che occorre comprendere che dei gruppi politici, in Africa come altrove, si sentano spinti a cambiare la loro situazione
disperata colla rivoluzione. La questione di ordine morale che si pone allora
alla Chiesa è quella della giustificazione di una tale rivoluzione.
Il sinodo della Chiesa evangelica di
Hesse-Nassau (Germania) ha deciso,
con scrutinio segreto (108 voti favorevoli contro 65 e 4 astensioni) di versare una somma di 100 mila marchi al
Fondo speciale del Cec per la lotta
contro il razzismo. Coll’occasione il
Sinodo ha espressamente dichiarato
che « la sua decisione, come quella del
Cec, non costituiva in alcun caso una
approvazione del ricorso alla violenza ».
Anche il Comitato centrale del Consiglio canadese delle Chiese nella sua
ultima riunione ha approvato il programma del Ccc ed ha impegnato le
chiese a collaborarvi. Il Comitato ha
pure approvato le iniziative della Coalizione nazionale dei Negri in favore
della partecipazione dei negri canadesi
allo .sviluppo sociale, politico ed economico della nazione.
Illllilililillillilliliilllllllilllilillillllliilllillilllllliilllllllii
Nuovo indirizzo
Il pastore Teodoro Magri comunica
che il suo nuovo indirizzo è: Via Redentore, 228 - Tel. 20510 - 93100 Caltanissetta.
Due chiese americane
sfidano la
«Gulf Oil Corporation»
Filadelfia, USA (soepi). - È stato raccomandato ai comitati nazionali ed alle
organizzazioni della Chiesa presbiteriana unita negli Stati Uniti di acquistare
o di conservare le azioni della società
petrolifera « Gulf Oil Corporation » fino
alla prossima riunione di aprile degli
azionisti, allo scopo di poter esprimere
il proprio punto di vista sulle responsabilità di cui è investita questa compagnia nella colonia portoghese deli’Angola.
Recentemente, il Consiglio di azione
sociale cristiana della Chiesa unita del
Cristo nello Stato dell’Ohio aveva
chiesto ai suoi due milioni di membri
di restituire le loro carte di credito
alla « Gulf Oil Corporation » in segno
di protesta contro l’appoggio che quest’ultima dà ai portoghesi.
La risoluzione affermava che le attività del « Gulf Oil Corporation » in Angola forniscono un appoggio morale,
economico e politico ai portoghesi in
guerra contro i movimenti indipendentisti delTAngola, del Mozambico e della
Guinea-Bissao.
Interventi in favore
di Don Luce
Filadelfia (soepi). - Il Consiglio di
Chiesa e Società della Chiesa presbiteriana unita degli Stati Uniti ha chiesto
al governo americano di fare tutto
quanto il possibile affinché la carta di
accredito per la stampa di Don Luce,
giornalista membro del CEC, gli venga
restituita. I documenti gli erano stati
ritirati dal governo sudvietnamita dopo
che egli aveva pubblicato un articolo
sulle « gabbie di tigre » nella prigione
di Con Son. (La Commissione delle
Chiese per gli affari internazionali aveva già allora chiesto alle competenti
autorità di poter conoscere le ragioni
di un simile provvedimento).
I presbiteriani hanno anche sollecitato il prolungamento del permesso di
soggiorno — che scade nel prossimo
feljbraio — del giornalista. Essi infatti
considerano l’azione condotta contro
Don Luce come una dimostrazione flagrante della mancanza di libertà nella
stampa del Vietnam del Sud. Essi inoltre richiedono il cessate il fuoco in
Vietnam, uno scambio immediato di
prigionieri ed una data precisa che segni la fine dell’impegno americano nel
sud-est asiatico.
/ lettori
ci scrivono
Un lettore, da Torino:
Signor (lirellorc,
avrei qualche crìtica da fare sui tre
punii del Sig. Long, pubblicati nel
n. 51-52. Vi si legge che la repressione
in Italia non esiste, ma si deve constatare che la repressione esiste. Non evidente come al tempo di Sceiba o del
governo Tambronì, per il semplice fatto che il popolo italiano ha preso coscienza della propria forza scaturita
nella difesa dei propri diritti, civili e
sociali, mettendo in diiTicoltà anche
quel potere che non trova dì meglio
che difendersi con le leggi fasciste che
non fanno altro che favorire i reali di
tipo fascista. Per opportunità i nostri
governanti non usano il termine reprìmere, ma contenere; c evidente che
questo contenere significa lasciare
fare solo quello che non danneggia il
loro potere. Quanto al paragone fra nazismo e bolscevismo che ha un identico
fine, quello di soggiogare il popolo, può
essere vero solo col nazismo ma non
con il bolscevismo, pur lenendo conto
che ha avuto uno Stalin che è criticabile sotto molti aspetti. In questo caso
trovo che la critica ha un determinalo
scopo, quello dì nascondere la propria
amarezza per quello che Stalin e il comuniSmo han fatto dì una nazione di
contadini analfabeti: una granile potenza che ha visto i suoi uomini vittoriosi a Berlino e nello spazio. Tutto
questo è avvenuto perche era un popolo che non era nel timore di piegarsi in giù a quattro zampe. Per quanto
concerne Solgcnilzyn tutti siamo concordi nel condannare ratleggiamenlo
del governo sovietico verso lo scrittore,
tanto più che ne ha fatto un capro
espiatorio con Tevidcnle scopo di colpire ristituzione del i»remio Nobel.
Quindi si deve prendere alto che la critica e libertà, ma perché questa libertà
sia autentica si deve fare resanie critico delle nostre opinioni.
Se tutti siamo peccatori e bisognosi
della vera giustizia, il credente sopporterà le prove con pazienza, sarà misurato nel suo parlare, non terrà conto
delle differenze sociali e politiche, metterà in evidenza il suo amore per il
prossìino. Cordialmente,
Mario Desana
4
pag. 4
N. 3 — 15 gennaio 1971
Cronaca delle Valli
Intervista con il sindaco di Pomaretto
Il paese, rapidamente cresciuto, ha bisogno di
case popolari e di campi di gioco per i ragazzi
Ventisei anni, geometra, Franco Bonetto è sindaco di Pomaretto, eletto
nelle ultime Amministrative con molti
voti di preferenza.
« Si schiude la valle solitaria di San
Martino, guardata all’imboccatura dal
villaggio di Pomaretto, che pare un
mucchio di case ruzzolate giù dalle alture... ». Le « case ruzzolate » viste dal
De Amicis sono ormai delle ville, condomini, schierati lungo la provinciale;
1.1 zona residenziale, dietro il vetusto
tempio dal volto sporco è ormai una
fungaia non troppo ordinata di case e
casoni, popolate da immigrati dalla
montagna e da qualche raro indigeno.
Di Pomaretto e dei suoi problemi si
discute col sindaco Franco Bonetto e
con la giunta, composta da Arturo Rostagno, Arturo Bernard e Ettore Tron.
La prima domanda concerne le scuole:
attese per lunghi anni, presentano locali insufficienti per un comune che
cresce, ed un enorme salone irrazionale. Il sindaco dichiara che l'Amministrazione cercherà una via per un ampliamento dei locali, in modo da fronteggiare questo problema non appena
saranno ultimati i lavori di rifinitura.
Il discorso si allarga sul problema
dell’adolescenza e della gioventù, sia in
riferimento alla popolazione locale, sia
al Convitto e Scuola Latina. Le aree disponibili per i nostri ragazzi mancano;
il sindaco dichiara che il piano regolatore prevede attrezzature nella zona
dell’Inverso, mentre la zona del « parco
Robinson » dovrebbe diventare piazza
pubblica e parco della rimembranza.
All’Inverso — prosegue il primo cittadino — c’è già una zona preparata dalla
«Pro loco »per l’attività sportiva e per
i bambini. Obbietto: la zona dell’Inverso è fredda per parecchi mesi dell’anno, mentre l’area del «parco Robinson»
è più solatìa e più vicina alle case, con
meno rischi per i bambini. Confermerà
l’attuale Amministrazione la linea precedente oppure s’impegnerà per la sistemazione del parco Robinson a beneficio dell’adolescenza, sempre più
condannata a vivere di televisione anziché di spazio, di aria pura, di una vita sportiva estremamente benefica per
il fisico debole e viziato dei nostri figli?
Il Sindaco osserv'a, con altri della
giunta, che è prevista un’azione in sede
d' Consiglio di Valle per creare strutture sportive per un gruppo di comuni. Questa notizia è rallegrante, ma non
esime ogni singolo Comune dall’offrire
un miriimo di spazio per un’attività
sportiva a livello popolare.
Si parla del doposcuola e si osserva
che il problema non è stato ancora affrontato dall’Amministrazione.
Un altro argomento discusso concerne i« consigli di quartiere »; sperimentati in altri comuni, e recentemente a
Torre Pellice, lo potrebbero essere anche nel nostro comune. Il Sindaco si
dichiara favorevole all’idea, tanto più,
come osserva un membro della giunta,
che si è già progettata una convocazione dei capifamiglia per l’imposta di famiglia. Naturalmente — precisa il Sindaco — dato che il comune è piccolo,
si può prevedere un’assemblea convocata di quando in quando dal Consiglio
comunale, e per problemi precisi e di
fondo, come ad esempio l’area destinata all’adolescenza. « Naturalmente il
problema va discusso ed approvato dal
Consiglio comunale — aggiunge il geometra Bonetto — essendo il mio un
parere del tutto personale».
Si parla pure della farmacia e della
posta: un membro della giunta ricorda
che c’è stata un’azione, direi popolare,
con firme e richieste; ma il risultato è
stato nullo; inoltre il. Comune deve
sobbarcarsi spese notevoli. Si parla infine deWedilizia popolare: purtroppo il
comune di Pomaretto non ha fatto nulla al riguardo, specialmente quando
c’erano le possibilità, senza le limitazioni di legge che vi sono oggi. In altri
comuni, come quello di Inverso rinasca, qualcosa è stato fatto; e le esigenze erano indubbiamente inferiori alle
nostre. Il sindaco, di fronte a questo
rilievo dell’intervistatore, ne prende att.i e ricorda come in questo momento
la legge imponga dei limiti notevoli.
L’incontro col Sindaco e con la giunta ha messo in rilievo che i problemi
non mancano, e che le responsabilità
non debbono essere addebitate soltanto all’Amministrazione: per questo l’incontro con la base su temi e problemi
suggeriti dal Consiglio e dalla base
stessa consentirebbe una più profonda
conoscenza delle difficoltà del comune.
Nel contempo, consigli e suggerimenti
dell’uomo della strada potrebbero evitare errori di decisioni talvolta dannose al paese stesso.
sponsabile per raccogliere le offerte,
al fine di tenere in piedi la struttura
del ministero pastorale a pieno tempo, mentre spesso i più tradizionalisti
sono meno generosi. Qualcuno dice: si
provi un radicale cambiamento, lasciando la spontaneità dell’offerta senza più bussare alla porta di nessuno,
in modo che la comunità prenda atto
delle conseguenze che si potrebbero
determinare: la possibile fine d’un vecchio tipo di chiesa elemosinante e del
pastorato a pieno tempo, per mancanza di offerte. La chiesa — dice un altro — è protesa verso il mondo di fuori e non può perdere il suo tempo gingillandosi in cose che arrestano la sua
marcia di testimonianza. Altri non sono d’accordo: qui si vive ancora coi
piedi in terra; la nostra amministrazione ci chiede giustamente determinate cifre per non rischiare il fallimento totale; per cui urge risolvere
per ora i problemi di natura finanziaria unitamente alla preparazione di
una comunità più responsabile. Si decide di discutere i vari aspetti della
chiesa con successive assemblee mensili. Un po’ di tensione e poi la calma,
nel segno del riconoscimento delle prò
prie debolezze.
Educazione sessuale
dei bambini
All’unione delle madri, una conferenza pedagogica di Eliana Bouchard ha
affrontato il grosso tema dello sviluppo dei bambini, con particolare riferimento al problema sessuale. La vecchia linea del silenzio sui temi del sesso è superata, mentre si tratta di avviare con un minimo di informazione
i propri figli alla conoscenza delle cause di certi stati d’animo, complessi,
ecc., dovuti particolarmente a fattori
di natura sessuale. La discussione è
stata viva ed esauriente e si è proposto di fissare altri temi per il futuro,
scelti e suggeriti dalle mamme stesse.
Incontri musicnli
a Luserna San Giovanni
Il concerto del 20 dicembre,
nella Chiesa valdese
Il programma non attingeva soltanto
al grande patrimonio protestante del
periodo barocco (preludi per organo di
J. F. Alberti, J. Bern. e W. Fr. Bach, corali armonizzati da M. Praetorius e S.
Scheidt), ma presentava opportunamente alcune composizioni del nostro
secolo. Tra queste, una novità del M”
Ferruccio Rivoir: il «Concerto Natalizio » per Soprano, Coro e Organo. Di
Ferruccio Rivoir avevamo ascoltato
nello scorso aprile il « Credo », un’opera imponente e di forte drammaticità.
I! « Concerto Natalizio » è invece una
composizione serena, tutta luci, attraversata da un dolce tema pastorale
eseguito dall’organo. In esso si inseriscono via via i vari episodi del « Concerto »: un recitativo per soprano sul
testo della natività, il corale « Dall’alto cielo », il « Gloria », che s’innalza
con un movimento fugato, seguito da
una bellissima melodia, d’ispirazione
quasi brahmsiana, che riprende il tema
della venuta del Salvatore, l’annuncio
fatto ai pastori e ricevuto con allegrezza da tutti i credenti.
Ancora una volta, accanto alla direzione animata e trascinante di Ferruccio Rivoir, è stato possibile apprezzare
l’esecuzione sensibile del Soprano Margherita Jalla; ottima prova hanno anche dato la Corale e il gruppo di ottoni.
Concerto dei «Solisti di Torino»
Per la prima volta, organizzato dall’Assessorato alla Pubblica Istruzione di Luserna San
Giovanni, si è tenuto lunedi 28 dicembre
alle ore 21.15 un concerto de « I Solisti di
Torino », nel locale del cinema Santa Croce.
Le musiche eseguite erano di Felice Giardini. per chitarra, violino, pianoforte e violoncello (la sonata n. 1 in do maggiore, sonata n. 2 in fa maggiore e sonata n. 6 in
la minore) e di e di Johannes Brahms (sedici valzer op. 39 per pianoforte a quattro
mani e un quartetto in do minore op. 60 per
pianoforte, violino, viola e violoncello).
La cultura alle valli : i musei
................................
Stagione invernale a Frali
In questo periodo, la località presenta l aspetto animato di una stazione di
sport invernali - Nella comunità presenza attiva di evangelici di ogni regione
Poinarello regislra, come comune: 17 nali
e 10 morii. Registra pure 84 immigrati e 41
emigrali, con un aumento per il 1970 di 50
unità.
laThiesa dei iuturo
Nel clima natalizio, un’assemblea di
chiesa ha aaffrontato il problema della comunità futura alla luce del documento sinodale: un piccolo gruppo di
giovani e di anziani ha analizzato la
situazione. Si è constatato l’enorme dispendio di tempo dell’anziano e re
Durante il periodo natalizio Frali ha
certamente presentato l’aspetto di una
stazione di sport invernali in sviluppo,
favorita da una nevicata giunta ancora
a tempo ed in quantità sufficiente.
Il nuovo skilift del Bosco Nero che
da Ghigo porta alle miniere di Envie
era in funzione con le sue due piste;
rimpianto di risalita del « campetto » a
Ghigo era stato ampliato e potenziato
destando notevole interesse fra gli sciatori; tutti gli altri impianti e le piste in
funzione per un complesso di una trentina di chilometri. La Pro Loeo ha messo in funzione un campo di pattinaggio
di cui si sentiva da tempo la mancanza.
In questo modo, non ostante il freddo pungente che ha fatto scendere il
termometro a sotto —20 e favorita da
giornate limpide e soleggiate. Frali è
stata presa d’assalto da sciatori e da
turisti venuti a cercare aria pura c tonificante della montagna. Gli alberghi
e pensioni hanno esposto il « tutto
esaurito », i pur ampi parcheggi da Ghigo al piazzale della seggiovia hanno
presentato non facili problemi per
ospitare tutte le macchine, la scuola di
sci ha impegnato sette maestri ed
istruttori per tutto il periodo.
Varie gare alpine e nordiche si sono
susseguite durante tutto il periodo ponendo in lizza cittadini e pralini, questi
ultimi particolarmente forti nelle gare
di fondo che rappresentano la specialità della zona ed in cui il nome dei
vari Peyrot rimane particolarmente temibile.
Segni, quindi, di un ulteriore sviluppo di questa stazione che continua
a crescere, sia pure con le incertezze
ed i problemi tipici di un centro turistico che è nato e va avanti con mezzi
modesti e senza la potenza, l’organizzazione e l’esperienza di un grosso
gruppo finanziario esterno.
Ma ci sembra importante notare che
questo sviluppo conserva almeno alcune delle caratteristiche peculiari con
cui è sorto.
In questa linea notiamo la mostra di
litografìe ed incisioni organizzata da
« 11 Bisonte » all’Hotel Malzat. Vi abbiamo notato opere di Renato Guttuso,
Emilio Greco, Alberto Magnelli, Dino
Boschi, Ernesto Treccani, Vittorio Tavernari, Eduardo Arroyo ed altri. Notevole il successo di pubblico che ha
apprezzato le numerose opere esposte.
Un’altra caratteristica è rincontro
della comunità di Frali con numerosi
fratelli e sorelle che di anno in anno
ritornano a Frali in occasioni come
queste e che non costituiscono un fatto « turistico », ma spirituale con il loro
inserimento nella vita della Comunità.
Infatti durante una parte dell’anno la
comunità di Frali si allarga sensibilmente ed assume una fisionomia parti
colare proprio per la presenza, ormai
da numerosi anni, di famiglie evangeliche provenienti dal Piemonte, dalla
Lombardia, Liguria, Veneto, da Roma,
dalla Sicilia ed appartenenti a diverse
chiese evangeliche dai Valdesi, ai Battisti, ai Metodisti, ai Pentecostali, a gruppi indipendenti evangelici e cattolici.
Non si tratta solo di un momento ecumenico, come l’incontro con membri
dei campi di Agape, ma di una vera e
propria fisionomia diversa che arricchisce questa nostra comunità e la strappa dal suo isolamento di paese di alta
montagna.
L'ALBERO DI NATALE:
l quattro musei valdesi risultano visitati più da stranieri che da
italiani - Eppure la visita a un museo costituisce un incontro
sempre vivo con la storia e l’ambiente delle generazioni passate
Culto dei ragazzi
a cui sono invitati i grandi
L’anno scorso i ragazzi della Scuola
Domenicale si erano riuniti alcune volte in assemblea (cosa che succede spesso durante l’anno) per discutere come
organizzare la festa dell’Albero di Natale. La loro preoccupazione era che
questo incontro non fosse una « festa
qualunque », ma diventasse una autentica, seppur gioiosa, partecipazione al
Natale del Signore. Così era nato il
« culto » fatto dai ragazzi con letture,
canti, preghiere. Mancava la predicazione che non era stato possibile fare
senza che diventasse una predicazione
pastorale in sedicesimo. Quest’anno,
continuando sulla via intrapresa, è stato possibile fare un pas.so avanti: il
testo biblico è stato presentato e commentato da un gruppo di ragazzi e ragazze sotto forma di rappresentazione
drammatica deU’avvenimento. E stato
scelto il momento della liberazione di
Israele dall’Egitto con la sua problematica della grazia della fede e dell’ubbidienza, espressa il più possibile dal
punto di vista dei ragazzi.
Il successo dell’iniziativa è stato completo. Ragazzi ed adulti hanno partecipato a questo incontro con vero spirito di raccoglimento ed anche le scene
recitate non sono state « teatro », ma
culto. I ragazzi ci hanno rirnesso un po’
di applausi, ma hanno raggiunto lo scopo die si erano prefissi.
Alla fine, durante Facccnsione dell’albero i ragazzi hanno chiesto ai presenti
di aiutarli a completare la somma da
essi raccolta con le collette e la rinunzia al pacco natalizio in favore dell’opera del Consiglio Ecumenico nel Pakistan Orientale. La somma co.sì raccolt i è ammontata a 50.000 lire.
In questo quadro di lode ed adorazione è intervenuta anche la corale con
i canti già e.seguiti al mattino durante
il culto e con altri canti che sono stati
e.seguiti con la consueta cura e apprezzati da tutti.
Nel corso della primavera di quest’anno alcuni giovani di tutte le comunità valdesi delle Valli hanno compiuto una indagine sul tema: « La cultura alle Valli » raccogliendo una serie di dati. Il valore della ricerca, dato
il suo carattere volontaristico e dilettantistico deve considerarsi, sul piano
scientifico, scarso (mentre deve considerarsi valida per altro la buona volontà con cui i giovani interpellati hanno risposto e il loro impegno). I dati,
certo non meno seri di quelli che può
raccogliere un inviato speciale come
documentazione per redigere un suo
« pezzo », possono offrire lo spunto per
una utile riflessione di tipo giornalistico. La prima parte del questionario
inviato concerneva le biblioteche ed i
musei. Vediamo i risultati iniziando da
questo ultimo punto.
Risultano esistenti nella nostra zona
sei musei, tutti a carattere storico.
A Pinerolo, il Museo Civico è stato
aperto per documentare la storia del
pinerolese. Aperto la domenica dalle
10 alle 12 e dalle 15 alle 17.
Il Museo della Cavalleria raccoglie i
documenti attinenti all’arma della cavalleria che ebbe in Pinerolo un centro
di fama internazionale; visitato da circa 3.000 persone all’anno ha il seguente orario; 9-11,15, 15-17,15, domenica
solo 9-11,15, escluso il lunedì.
A Torre Pellice ha sede il Museo Storico Valdese. Posto nella Casa Valdese
sino al 1926 e da allora nella sede attuale. In 4 sale di diversa grandezza
presenta i momenti fondamentali della
storia valdese secondo un criterio cronologico. Visitato da singoli e comitive sia italiane che straniere denuncia
una frequenza che si aggira sulle 2.000
persone all’anno. Orario di visita: martedì e giovedì dalle 16 alle 18. Ne è responsabile il Dr. Enrico Peyrot, residente a Luserna S. Giovanni.
Di natura ancora strettamente storica è il museo della Balziglia, centrato sull’episodio del Rimpatrio dei vaidesi dalla Svizzera e sulla loro resistenza nella zona appunto della Balziglia
nell’inverno 1689-90. Posto nell’antica
scuola del quartiere è stato inaugurato
in occasione del 450“ anniversario del
Rimpatrio nel 1939. Il nostro informatore parla del 1933 ma si tratta, probabilmente, di una svista). Visitato da
circa 200 persone all’anno, turisti italiani, comitive straniere. Responsabile il
sig. Umberto Pons ai Balziglia.
Con impostazione diversa ma egualmente storico il Museo di Frali, si presenta come museo della Val Germanasca. Illustra le vicende storiche della zona con esposizioni di documenti e
presenta un quadro della vita locale
con ricostruzione di ambienti (una miniera, una casa contadina) e un campionario di minerali. Inaugurato nel
1965 è collocato nell’antico tempio valdese di Ghigo. Visitato da circa 2.000
persone all’anno ha orario di visite solo
per il periodo estivo (giorni feriali:
14-18, festivi 9-12, 14-18), re.sponsabile il
pastore valdese, residente a Ghigo.
A carattere storico-folkloristico il Museo di Rorà. Situalo per alcuni anni nei
locali delle scuole valdesi è ora sistemato in una casa al centro del villaggio. Inaugurato 15 anni or sono, raccoglie una serie di documenti e di materiale concernente la storia della comunità valdese della zona e materiale
della vita della popolazione nel XIX seeolo. Visitato da un centinaio di persone all’anno è affidato alle cure del sig.
Roberto Morel, via Duca Amedeo, 4.
Ai musei propriamente detti occorre
aggiungere i luoghi storici visitati sia
da persone singole che da comitive.
Esclusivamente luoghi che ricordano
momenti della storia religio.so della
comunità valdese.
In vai Pellice; Sibaud, in un pianoro
sopra Bobbio; in vai d’Angrogna; Chanforan, presso il Serre, il collegio dei
Barbi a Fra del Torno, la Ghieisa d’ia
Tana, vicino a S. Lorenzo; in vai Germanasca; la Balziglia.
Alcuni di questi luoghi sono stati evidenziati da monumenti in pietra che ricordano gli avvenimenti che vi hanno
avuto luogo (Sibaud inaugurato nel
1939, Chan forati senza data, secondo
sempre i nostri informatori; in realtà Sibaud è del 1889 e Chanforan del
1932); il « Collegio » dei barbi è stat j sistemato in una abitazione-musco.
Analoga a quest’ultima potrebbe menzionarsi la Gianavella, casa di Giosuè
Gianavello nel comune di Luserna, acquistata dalla Pro Valli pochi anni or
sono.
I visitatori di queste località sono naturalmente difficili da .stabilire: si tratta di alcune centinaia di persone; quali siano gli interessi dei visitatori è difficile dire, si può affermare che in gc;
nere si tratta di valdesi o di protestanti
esteri interessati di storia valdese.
Alcune considerazioni sono possibili
su questo punto:
a) La storia valdese ha trovato negli anni 1889 e 1933-.39 momenti di interesse particolare e di questo interesse restano simboli quali Sibaud, la Balziglia, il Museo di Torre. Questo fa ormai parte del patrimonio culturale di
ogni valdese sia pur invecchiato c mi
tizzato al punto che non se ne sanno
neppure le date con esattezza.
b) Nel recente decennio l’allestimento di musei è frutto di iniziative
private, non più di Società (quale quelli di Studi Valdesi) o della chiesa stessa. Agape e la comunità di Frali sono
all’origine del museo della vai Germanasca, alcuni singoli di quello di Rorà.
c) La presentazione di questi ultimi è sostanzialmente diversa dalla prima: non i luoghi storici, i luoghi eroici
ma l’ambiente umano, il contesto della
fede. Sembra cioè farsi strada a livello
museografico, prima che storiografico,
una concezione nuova della storia delle
generazioni passate: i valdesi come uomini inseriti in un contesto concreto,
una fede di uomini nella realtà cotidiana.
d) I frequentatori di questi luoghi
storici e musei sono spesso stranieri,
più che evangelici italiani; a questo interesse modesto ma costante non corrisponde invece un materiale divulgativo, adeguato, una preparazione di
base, guide. Capitale solo in parte utilizzato insomma che offrirebbe spunto
di contatti e di una opera di testimonianza qualora fosse opportunamente
valorizzato.
illlllllllllllllllillllllllllllllllllllllllllllllllllllllliillillillllll
Angrogna
Il teatro diventa
occasione di riflessione
Approfittando del giorno festivo,
mercoledì 6 gennaio, alcuni attori della filodrammatica di Angrogna e alcuni spettatori della rappresentazione
della commedia di H. Ibsen « Un nemico del popolo » da essa presentata,
si sono ritrovati al Capoluogo per discutere i temi emersi e i concetti suggeriti dall’opera. Innanzitutto ne è stata rilevata l’attualità, benché scritta
nel secolo scorso, ed è stata notata,
nella sua seelta, una certa linea di coerenza con recenti iniziative prese ad
Angrogna (v. assemblee popolari).
La stessa rappresentazione ha portato una nota di novità: tutto un atto è
stato recitato in mezzo al pubblico,
che al tempo stesso si sentiva spettatore ed attore, mentre il protagonista
della vicenda, dottor Stockmann, faceva il suo discorso ai concittadini per
renderli parteeipi di una seoperta da
lui fatta, cioè che l’acqua era inquintita. Per un centro balneare in evoluzione qual’era la città in questione, una
scoperta del genere era un colpo mortale per l’economia e la vita stessa del
paese. Avvertiva questo pericolo e lo
faceva notare ai cittadini il sindaco e
fratello del dottore, convertendo alla
sua opinione tutti coloro che prima
avevano inneggiato alla scoperta e che
ora si sentivano colpiti nei loro interessi e non esitavano a chiedere, tutti,
di mettere a tacere la verità per salva
re il prestigio dell’amministrazione cittadina e al tempo stesso il loro immediato tornaconto finanziario.
E il dottore rimane solo, abbandonato da tutti, sfrattato dal padrone di
casa, licenziato dal suo lavoro, col solo appoggio della sua famiglia e di un
amico senza pretese c di poche parole, che sa dimostrare quello che vale
nel momento del bisogno, offrendogli
la sua casa ed il suo appoggio morale.
Le considerazioni che se ne traggono .sono che la verità non prevale, perché è scomoda, disturba gli in'cressi
economici, mette in crisi la società dei
compromessi umani, inevitabili e re
cessali. Questa tesi suggerisce alcuni
interrogativi; 1) non c’è, dunque, altra
speranza per l’uomo che vuole essere
coerente eon le sue idee e fedele a'
suo ideale? 2) la minoranza non diventerà, quindi, mai maggioranza se non
perclendo il sapore della verità?
Un rapido sguardo alla Bibbia ci dice che i profeti erano soli ed inascoltati e che i seguaci di Cristo saranno
perseguitati ed oltraggiati. Un rapido
sguardo alla storia ci alce che ogni voL
ta che la minoranza è riuscita a farsi
ascoltare, ben presto ha dovuto annacquare la verità e compromett.-rsi per
mantenere la posizione faticosamente
raggiunta. E allora?
La risposta non è senza speranza:
essa risiede là dove nessuno lo immaginava, tra la gente semplice, povera,
misera e perciò non calcolatrice, non
intere.s.sata, ma bisognosa di tutto. E a
questa gente che il protagonista della
vicenda rivolge il suo ultimo pensiero;
quando perderà tutti i clienti, gli rimarranno i poveri che non pagano,
quando la figlia sarà licenziata dalla
direttrice della scuola in cui ingegnava, istruirà i bambini poveri. Questa
gente sarà anche disposta ad ascoltare la verità?
Questi sono i concetti emersi durante la discussione dell’opera rappresentata, il frutto di una serata che ha sollevato molti problemi; ed in ciò è stato trovato il suo carattere positivo.
5
15 gennaio 1971 — N. 3
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
Torre Pellice
Vissuto nella solidarietà il tempo di Natale
« Una buona azione, un j^esto di fraternità
vera crea della gioia )>.
« Colui che fa del bene, non sa mai tutto
il liene che fa ».
« L'amore non conosce le caste, le classi o
le razze ».
« La carità è un atto d’amore, è un dono
di sé che ci eleva e cambia il nostro sforzo e
la nostra rinunzia in allegrezza ».
« Ma Signore, quando mai t'abbiamo visto
aver fame e sete? Quando mai t’abbiamo visto
in prigione o malato o forestiero? Quando mai
li abbiamo fatto tutte queste cose? In verità
vi dico che ogni volta che l’avete fatto a uno
di questi più poveri tra i miei fratelli, voi
l ávete fatto a me » (Matt. 25 : 38-39).
Sono alcuni messaggi dei bambini delle nostre Scuole Domenicali, alla festa dell’Albero
del 26 Dicembre. Li abbiamo uditi cantare e
recitare; li abbiamo visti con gioia dare la loro offerta per i bambini del Pakistan, rinunciando al loro dono; sappiamo dalle loro parole quanto sia stata cosciente la loro rinuncia e profonda la commozione nell’udire alla
radio e alla televisione la miseria dei loro
sfortunati fratelli.
Le celebrazioni natalizie hanno avuto inizio il 21 Dicembre, con un culto di S. Cena,
presieduto dal Past. Sonelli, al nostro Ospedale
ed al Reparto Gerio-psichiatrico in un’atmofera di gioio.so raccoglimento. Erano anche
presenti quelle sorelle della Chiesa che due
volte al mese portano ai ricoverati un messaggio di fede col loro canto.
I contatti personali col pros.simo che soffre fisicamente e moralmente, sono sempre
solenni e se talvolta la voce è stanca, il cuore
à leggero e riconoscente per questa testimonianza che il Signore nella Sua bontà ci concede di dare a tanti fratelli e sorelle in distretta.
La sera dopo, i nostri ricoverati hanno avuto la visita dei giovani dell’Unione dei Coppieri. Essi hanno cantato in corsia, in alcune
camere e portato a tutti un dono. L’incontro
con le care sorelle del Rep. Gerio-psichiatrico,
è terminato col canto di alcuni spirituals con
accompagnamento di chitarra.
II culto della vigilia di Natale nel Tempio
dei Coppieri, presieduto dal Past. Sonelli, ha
riunito un folto gruppo di fratelli e sorelle,
che hanno partecipato alla S. Cena al lume
delle candeline di un Albero di Natale. Troviamo il testo della meditazione in Giovanni 1: 18, «Nessuno ha mai veduto Iddio,
l’Unigenito Figliuolo che è nel seno del Padre e quel che l’ha fatto conoscere ». I giovani dell’Unione hanno cantato due inni : il
n. 211 e il n. 215 della nuova Raccolta e
guidato il canto durante il culto e la Santa
Cena.
La Comunità si è di nuovo raccolta per il
culto di Natale con S. Cena presieduto dal Pastore Rostagno, Il testo della predicazione si
trova in Giov. 12: 35-36. La Corale diretta
dal M.o F. Corsani ha preso parte attiva al
culto col canto di un coro : « Hosyanna negli
alti cieli » elaborazione di due famose melodie
tedesche a cura del Direttore della Corale.
Le Comunità delFAsilo Infantile, dei Convitti, delle Diaconesse, hanno celebrato Natale
come lutti gli anni, raccolte intorno alle
luci dell'albero, che sia pure in forma tradizionale. parla di Colui che è la luce del mondo.
Alcune ore di raccoglimento hanno trascorso insieme anche le signore deH’Unione Femminile, della Società Missionaria e del Cucito.
Ore di preghiera, lettura biblica, ascolto di dischi. visione di diapositive presentale da Laura Nisbet, che ha parlato in modo avvincente
delle sue interessanti esperienze missionarie
in Africa.
Nel pomeriggio del 27 Dicembre, alcuni
membri della Corale si sono recati alle « Nuove » di Torino e hanno cantato sotto la direzione del M.o Corsani vari inni di Natale e
canti di montagna ripetendo un gesto di simpatia, di affetto e di fraterna solidarietà verso
le detenute : una cinquantina, alcune con i
loro bambini. Il Cappellano, Padre Ruggero
ho espresso un commosso ringraziamento ai
coristi e le Suore di S. Vincenzo hanno offerto un gradito rinfresco. Le ringraziamo vivamente per la loro gentilezza.
Il culto del 31 Dicembre è stata presieduto
dalla Corale che ha cantato l’inno 288, ha
guidato il canto della Comunità, ha predicato, ha distribuito la S. Cena, esprimendo così
il sacerdozio universale dei credenti. Il testo
della predicazione del presidente della Corale, Edgardo Paschetto, si trova nel Salmo 91: 2 « Io dico all’Eterno: Tu sei il mio
rifugio e la mia fortezza ».
Alcuni alunni del Collegio Valdese hanno
portato dei doni a persone bisognose della Comunità e la Società di Cucito ha rinnovato
l’espressione della sua solidarietà con aiuti verso tutte le famìglie bisognose della nostra
Chiesa e di vari Istituti.
Durante un culto è stato presentato alla Comunità il piccolo Luciano Kovacs.
Hanno terminato la loro esistenza terrena,
in attesa della resurrezione: Teresa Alessandria ved. Bouchard, Sergio Rivoira (Villa 2),
Augusto Giordan (da S. Germano), Rachele
Danna (Ravadera), Erminia Godine ved. Peyronel (Appiotti), Lidia Acinelli (da Rio Marina). Alle famiglie in lutto esprimiamo la
viva simpatia della Comunità.
Matrimoni : il 20 Dicembre si sono sposati due giovani dell’Unione dei Coppieri: Ferruccio Bellion e Eliana Morel e due giovani
infermieri del nostro Ospedale : Michele Benedetto e Angioletta Benedetto. A questi cari
giovani gioiosamente impegnati in vari servizi della nostra Chiesa diciamo la nostra riconoscenza con l’augurio di ogni bene nel Signore.
Durante l’anno 1970: battesimi 17; matrimoni 17; funerali 51.
Al termine di questa cronaca mandiamo un
saluto a tutte le Chiese Evangeliche d’Italia,
d’oltr’alpe e d'oltre Oceano.
Ci umiliamo per il male che abbiamo fatto
e che non volevamo fare, per il bene che non
abbiamo fatto e che volevamo fare e ricordiamoci che « non è facile predicare Dio a fanciulli, pagani, scettici e atei e nello stesso tempo far chiaramente comprenderè che noi stessi non possediamo Dio, che anche noi lo
aspettiamo » (Paul Tillich), ma che dobbiamo
aspettare il Signore con la consapevolezza « dì
dipendere totalmente da lui e nello stesso tempo riconoscere che non disponiamo in alcun
modo di luì. siamo davanti a lui a mani
vuote » (Paolo Ricca).
Lina Varese
Villar Pellice
Gioia della ospitalità e della comunione
AlFinizìo dì diceml)re, invitate dall'Unione
Femminile, abbiamo avuto quali ospiti gradite
pei una giornata le ricoverate presso il padiglione dell’Ospedale di Torre Pellice. Esse, accompagnate dalla loro Direttrice e da un’infermiera deirOspedale. sono giunte in mattinata a l)ordo di uno speciale pullman ed
hanno partecipato al culto insieme alla Comunità. Quelle dì loro di fede cattolica hanno assistito alla messa.
Dopo il pranzo, preparalo e servito da un
gruppo di mamme dell’Unione, si è svolto il
programma previsto per il pomeriggio. Le nostre ospiti hanno ascoltato il messaggio loro
rivolto, hanno assistito ad una proiezione di
magnifiche fotografie a colori curata dal Past.
Sig. R. Jahier ed hanno poi fraternizzato con
le numerose mamme villaresi accorse, intorno
a l una tazza di tè. Terminalo il piccolo programma lo stesso pullman che le aveva trasportate a Villar le ha riaccompagnate in sede.
Ricordiamo con piacere la bella giornata
vissuta con queste nostre ospiti. Ci auguriamo
che anche in loro sia rimasto un piacevole ricordo delle belle ore trascorse insieme.
Ringraziamo la Direzione deH'Ospedale del
privilegio concessoci e le sorelle che hanno
accettato il nostro invito.
Altri ospiti mollo graditi sono stati i com|>onenti del Gruppo Polifonico maschile della
RIV-SKF di Torino. Essi, diretti dal Sig. 1).
Ciesch. sono saliti tra dì noi la sera del 19
dicembre e ci hanno offerto in collaborazione
con la nostra Corale di Villar-Bohbio dirella
dalla Sig.ra C. Ciesch, una magnifica serata
di canto corale (cori natalizi e cori vari). Il
pubblico accorso numeroso (la sala delle attività giovanili era proprio al completo) e i
numerosi e prolungali af>plausi hanno di già
detto (|uanto questa serata sia stata goduta ed
apprezzala da tutti. Vogliamo tuttavia dire
ancora « grazie » — un « grazie » molto vivo
— a chi ha faticalo per preparare e presentare
questa .serata, in hukIo particolare agli amici
del coro della RIV-SKF di Torino, che ci auguriamo poter avere ancora molto presto in
mezzo a noi.
Neirintervallo il Pastore di Bohhio Pellice
Sig. H. Bellion ci ha portalo un messaggio
ispirato alla circostanza. Anclie a lui la nostra viva gratitudine.
Quelli che dicono che Natale senza la neve
non sembra neppure Natale sono stati questa
volta accontentati. È vero, la neve non è stata molto puntuale, poiché ha cominciato a
cadere solamente due giorni dopo, ma è stata
in compenso molto generosa. Il bianco strato
infatti — caduto in due riprese — ha raggiunto un buon 70 cm. Ne abbiamo una
buona scorta che certamente durerà un po’ di
tempo. Oltre ad assicurare alla campagna un
benefico riposo l’ahbondanle nevicala rappresenta pure una preziosa riserva dì acqua per
\‘i prossima primavera. La temperatura però
si è parecchio abbassata ed un freddo eccezionale (che speriamo si calmi presto) si sta
facendo sentire come ovunque.
Le celebrazioni natalizie hanno registrato
una buona partecipazione ai culti ed alla S.
Cena. La Corale ha contribuito alla edificazione dei culli di Natale e dell’ultima sera
dell anno. In quest’ultimo culto sono stati ricordati i nomi dei fratelli e delle sorelle chiamati durante l’anno ad una vita di .superiore servizio.
La festa delLalbero di Natale si è svolta nel
pomerìggio del 27 dicembre. Essa quest’anno
ha avuto un carattere un po’ particolare. Sono
state abolite tutte le poesie e dialoghi tradizionali e i bambini hanno presentato un programma cosi articolato; una prima j)arte biblica (lettura-racconto della natività e preghiera), poi una leggenda dialogata e infine un
breve dialogo con un messaggio attuale. Concordemente ì bambini hanno deciso ((jiiesta
decisione era stata presa precedentemente) di
rinunziare ad una parte del loro tradizionale
dono natalizio. TI denaro risparmialo verrà inviato a nome della Scuola Domenicale di Villar Pellico alla Missione Evangelica contro la
lebbra in occasione della « giornata nazionale
contro la lebbra ». Si tratterà di una somma
modesta, ma rimpegno che i ragazzi hanno
preso e realizzato ha un grande significato e
può servire di indicazione a tutti.
Da diverso tempo la nostra Comunità non
ha più inviato notizie di cronaca. Dairiiltima
corrispondenza diversi alti liturgici hanno
luogo. Lì elenchiaiiìo qui sotto.
liattesiini: Elmo, di Marcello e Marictta
Cordin (Mars); Barl)ara, di Bruno c Liliana
l’agel (Centro); Pier Paolo, di Pier Carlo e
Ilda Geymonat (Ciarmis): Donatella, dì Marco e Tda Pascal (Centro); Daniela, di Mauro e
Enrica Davit (Centro); Luciano, dì Ferruccio
e Silvana Ricca (Centro): Alfredo, di Luigi e
Adelina Garnier (Comba); Angela, di Pietro
e Claudia Berton (Centro); Sandra, di Renato e Angiolina Bertinat; Manuela, di Sergio e
Clementina Ayassot (Centro); Renalo, di Alberto c Elena Charhonnier (Chiaus).
Matrimoni: Aldo Monnet (Ruà) e Elena
Giovanna Vigna (Centro-Saret); Luciano Gönnet (Inverso) e Anna Turletti (Torino); Ezio
Gardiol (Praroslino) e Mima Michelin Salomon (Teynaud): Mario Luigi Geymonat (Ciarmis) e Rosetta Janavel (Ciarmis); Luciano
Gönnet (Bobbio Pellice) e Valeria Rivoira (Inverso).
Decessi: Abramo Lausarot, di anni 48
(Ruà); Caterina Ayassot nata Ricca, di anni
75 (Teynaud): Maria Geymet nata Janavel, di
anni 70 (Ciarmis); Giovanni Daniele Calalin,
di anni 87 (Meynct): Davide Grand, di anni
71 (Inverso); Stefano Barolin, di anni 77 (Cassarot); Jenny Gaydoii nata Geeymonat, di anni 63 (Centro-Sabbione); Cinzia Caracco, di
anni 3 (Centro-Sarel); Stefano Catalin, di anni 63, originario di Bobbio Pellice e domiciliato a Luserna S. Giovanni.
Su chi è nella gioia e su chi è nel dolore
li Chiesa invoca le benedizioni divine.
Il culto in francese del mese di dicembre e
gennaio è stalo presieduto dal Sig. A. Lazier,
del Castagneto. La f^omunità gli è grata e lo
ringrazia del messaggio che le è stato portato.
Pomaretto
/ culti e le jr lii iole di Natale nella linea
del messaggio e . mgelico sono stati celebrati
ai Cerisieri, Inveì ~o. Pomaretto, Ospedale, con
messaggi recitati sia dal gruppo della Scuola
e Convitto e sia di Perosa; un grazie a tutti
coloro che in un modo o nell'altro hanno dato
il loro tempo per queste celebrazioni; la corale diretta dal Pastore Aime in sostituzione
provvisorio della sig ila Speranza, ha collaborato per il canto, mentre al nostro ospedale
la Scuola Latina ha cantato in varie occasioni.
Abbiamo predicalo l’evangelo in occasione
del servizio funelirc di Maurino Caterina deceduta all'Asilo di 'an Germano.
Il battesimo di Lorella Bounous di Bruno e
Crivello Graziella i- stato celebrato il 1° gennaio.
La nostra simpfilia a Oreste Long per la dipartenza della sua amatissima Marina, alla signora Canal Vale! li per la dipartenza della sorella a Poumeifre. nonché alla Signora Peyrot,
consorte del noslio medico, per la dipartenza
del proprio padre.
Ai malati della nastra comunità un augurio di guarigione c di continua ricerca della
forza del Signore.
Un amico scon. ^tarso. Erich Krause di Berlino è deceduto recentemente : venne a Pomaretto come un pellegrino assieme a sua
moglie; ospitato gentilmente dalla famiglia
Castagno, trascorse alcuni giorni in mezzo a
noi interessandosi vi^-amente di tutti i problemi, compreso quello della Corale. Poi se
ne andò senza dirci nulla dei suoi pensieri;
qualche tempo dopo i icevemmo una lettera
in cui ci domandava di i dati, notizie ecc.; non
si allarmò del nostro ritardo e insistette finché le notizie furono jiubblicate in un giornale; l'interesse si polarizzò sui restauri della
cappella di Perosa; i catecumeni di Berlino
raccolsero delle offerte in occasione della loro
confermazione e la cifra s'aggirò sui tre milioni.. Poi vennero altre offerte, grazie anche
all'interessamento del fratello Oherkirchenrat
Junghluth, deceduto qualche tempo fa.
L'amico Krause seguiva con passione i nostri problemi e quelli del mondo intero. Lo
ricordiamo con ricono.scenza e la Cappella di
Perosa rimane un segno del suo amore per la
nostra Chiesa.
Alla sua compagna diletta il nostro pensiero
di profonda simpatia.
Domenica 17 il culto sarà presieduto dal
Pastore Aldo Rutigliano. Nel pomeriggio, alle
ore 14,30, avrà luogo nel teatro un incontro
fraterno tra la nostra comunità e quelle di
Coazze e Su.sa in visita alla nostra chiesa sin
da! mattino. Tutti sono caldamente invitati a
prendervi parte.
Riunioni prossime; mercoledi 20 ai Pons;
venerdi 22 alla Foiola.
Culto presieduto dai giovani
Un gruppo formato da catecumeni del 4°
anno e da altri giovani ha presieduto il culto
comunitario di domenica 27 dicembre, predicando sul « Benedictus » di Zaccaria. Una
parte della comunità si è fermata dopo il culto ed ha preso parte con vivo impegno al dibattito, che ha chiarito alcuni punti nel messaggio. Speriamo di proseguire ancora su questa linea.
Ivrea
Un tempo di attesa e di raccogllmeoto
Sorprese
In chiusura delfanno finanziario due vecchiette arrivano al presbiterio: fiato corto, malandate in .salute, aprono timidamente un
involucro di carta e traggono il tesoro di
L. 10.000 per la chiesa « Sappiamo — esse
dicono — che la situazione c critica e vorremmo darle questa offerta... » e la danno
qua.si scusandosi; eppure avevano già dato la
stcs.sa cifra per la colletta annua, e con una
pensione da fame...
Due altre creature vivono in un tugurio,
fisicamente distrutte dagli stenti e dalla vita
grama; vivono della pensione agricola. Da anni non hanno quasi più contatto col mondo,
eppure sono affezionati alla loro comunità e
mandano rispettivamente una cifra superiore
a (|uella richiesta per membro dal distretto.
l/oholo della vedova dà coraggio non per
l'offerta, ma per il pensiero, per l'amore che
c'è dietro, da parte degli umili, dei dimenticati. La crisi viene da chi ha e non dà, perché
h.i scelto un suo dio, che gliene darà anche
la ricompensa.
AVVISI ECQN OMICI
VENDESI alloggio 2 camere e cucioclto a Luserna San Giovanni. Telefonare n. 90440.
II periodo natalizio è stato vissuto dalla comunità, come un po’ dovunque, nell’attesa e
nel raccoglimento.
Dopo alcune predicazioni sul tema dell’Avvento, i bambini ed i ragazzi della Scuola domenicale sono entrali in scena, domenica 20
dicembre, con una rappresentazione natalizia
a sfondo chiaramente biblico, dopo una parte
liturgica affidata al Pastore per la prima parte del culto. Il canto ha caratterizzalo il culto
nel suo insieme, con motivi di gioia e di riconoscenza. Non sono stati distribuiti doni nanalizi. Gli alunni della Scuola Domenicale
hanno voluto dedicare le offerte alla organizzazione delle Scuole domenicali nel Gabon,
di cui alcune settimane prima la missionaria
Laura Nisbet aveva loro parlato, seguita con
vivo interesse. Anche la colletta del culto domenicale è stata dedicata al medesimo scopo.
Intanto, nella sala del nuovo tempio, c’era chi
preparava il pranzo per i bambini, offerto in
buona parte da alcune persone di buona volontà. Poi lo sfogo pomeridiano, un po’ rumoroso, è vero, ma comprensibile! E alle 15, il
ritrovo finale attorno all’albero di Natale, con
il canto di alcuni inni.
Il bel tempo ci ha accompagnati fino a Natale. permettendoci di celebrare i culli anche
nella Diaspora, insieme con i piccoli gruppi
dispersi. La colletta di Natale è .stala interamente dedicata agli aiuti che il Consiglio Ecumenico delle Chiese intende realizzare in favore delle popolazioni del Pakistan. Abbiamo
inviato a quello scopo la somma di L. 63.000.
Durante il culto di Natale ad Ivrea si è aggiunto alla nostra comunità Aldo Audero, dopo aver seguito un corso di insegnamento
evangelico.
Nel periodo dell’Avvento abbiamo avuto
tre riunioni di lettura biblica e di commento con alcuni giovani cattolici, studenti presso il Seminario di Ivrea. Le riunioni sono state tenute in una sala della chiesa; di comune
accordo, lo studio bìblico è stato fatto sui due
primi capitoli dell’Evangelo di Luca. Gli incontri si sono svolti in un’atmosfera fraterna
e pienamente libera.
La comunità è stata visitata da alcuni Pastori ì quali hanno presieduto il culto domenicale ad Ivrea. Ringraziamo il Pastore Roberlo Jahier e il Pastore Renzo Bertalot; a
quest’ultimo abbiamo consegnato l’importo della colletta, a favore della Società Biblica e
della diffusione della Bibbia in Italia. Durante il mese dì dicembre, due catecumeni hanno reso un utile servizio come responsabili
della vendita di una quindicina dì Bibbie e
di una cinquantina di calendari « Valli Nostre », insieme ad altri oggetti dì carattere
natalizio. Intanto, l’Unione femminile realizzava un buon risultato finanziario con una accurata presentazione di oggetti vari, la prima
domenica di dicembre.
Il Past. Paolo Ricca sarà con noi, D. v., venerdì 15 gennaio, alle ore 21, per una interessante conversazione sull’eventuale ingresso
della Chiesa cattolica romana nel Consiglio
Ecumenico delle Chiese. II tema è interessante, confidiamo nella partecipazione dei
membri della comunità.
Rorà
Ringraziando Iddio abbiamo avuto il Culto
a Natale, l'ultima sera dell'anno, a Capodanno
e la Festa dell'Albero di Natale al Capoluogo,
alle Fucine e per la riuscita di queste ringraziamo cordialmente le insegnanti signorine
W. Peyrot e C. Benech. La Corale istruita e
diretta dal sig. G. Albarin. che ringraziamo di
cuore, ha dato il suo apporto ai Culti di Natale e della prima domenica dell'anno.
È nevicato ed il freddo è particolarmente
pungente anche a Rorà.
Ha avuto luogo la sepoltura del nostro
Fratello, l'Anziano di Chiesa Oreste Tourn
che. ammalato da tempo, si è addormentato
serenamente senza sofferenze dopo giorni e
giorni di dormiveglia. Egli era anche Consigliere Comunale e Collocatore di Rorà e dei
Comuni viciniori. Figura caratteristica, buono. era amato e molto conosciuto e così, per
la proclamazione biblica della risurrezione e
della vita, in presenza della morte, il tempio
era gremito. Rinnoviamo alla vedova, ai figli,
ai numerosi congiunti l'espressione della noslra simpatia cristiana.
Il Sindaco, l'Architetto sig. Longo ha convocato per domenica 3 corr. nella Sala delle
attività della Chiesa tutta la popolazione di
Rorà ed ha esposto ai presenti quanto la nuova Amministrazione comunale ha già fatto e
i progetti di quanto intende fare nel futuro
con tutte le difficoltà liurocratiche e finanziarie. È stato augurato agli Amministratori comunali e in modo speciale al Sindaco di potere realizzare con l'aiuto di Dio tutto quello
che ha già ideato e studiato per il bene della
popolazione.
San Secondo
____ 1 culti del tempo dì Natale c Capodanno sono stali frequentati in modo rallegrann. Un buon numero di fedeli ha partecipato
alla Santa Cena. La Corale ha contribuito alredificazione del culto di Natale.
La festa delValhero ha avuto luogo nella
.sala la sera del 26 dieemhre. alla presenza di
un numeroso pubblico. Un bel programma di
recito e cauti accuralaincnte preparato dalle
monitrici è stato svolto dai bambini della
Scuola domenicale e da alcuni alunni della
scuola elementare di Castellazzo (Garzigliana).
Questi ultimi accompagnali dalla loro insegnante Florina Renech. sono stati, come ì nostri giovani attori, lungamente applauditi.
Rinnoviamo i nostri ringraziamenti a lutti
coloro che hanno collnhorato alla buona riuscita della festa .
__ In questi ultimi tempi alcune famiglie
.sono state visitate dal lutto.
II 22 dicembre si sono svolti i funerali dì
Forneron Lidia Ernestina ved. Codino di anni 77 (Barbe) deceduta all’ospedale Civile di
Pinerolo, dopo lunghe sofferenze sopportate
con cristiana rassegnazione.
Il 27 dicembre abbiamo accompagnato al
cimitero le spoglie mortali di Garnier Giovanni di anni 76 (Prese). Il nostro fratello, originario di Bobbio Pellice, conobbe varie prove
durante la sua vita.
Il 5 gennaio sono stati resi gli onori funebri a Borgo Rosa in Bonin di anni 77 (Miradolo) deceduta in ospedale dopo lunghi anni di malattìa.
La Comunità intercede per queste famiglie affinché il Signore della resurrezione illumini il loro dolore e fortifichi la loro fede.
— Domenica 24 gennaio il culto sarà presieduto dal pastore Renzo Bertalot, direttore
della sezione italiana della Società Biblica,
Britannica e Forestiera.
San Germano
Chisone
Sono state portate all’ultima dimora terrena le sorelle Cesarina Long ved. Long e Jenny
Martinat ved. Bouchard. Alle famiglie provate la comunità esprime la sua fraterna
simpatìa.
Il culto di Natale è stato precieduto dal
Past. Bertinat, con la partecipazione della corale. Alcuni giovani hanno sostituito una
parte del personale che lavora alla Casa di
Riposo, la mattina di Natale.
Domenica 2T si è svolta la festa dei b ambini
durante la quale ci è stalo proiettato un film
sugli spastici della Sig.a Ribet. Questo film
ci ha fatto conoscere la situazione grave di
alcuni bambini, che noi non immaginavamo
neppure. Ringraziamo vivamente la Sig.a Ribet per la proiezione di questo film. La colletta è stata devoluta per quest’opera. In
seguito sono state rappresentate dai bambini
alcune piccole scene, riguardanti il programma della Scuola Domenicale di quest’anno,
quindi dei canti. Gli inni cantati dalla Scuola Domenicale durante la festa dei bambini
sono i seguenti : « Il est né le divìn enfant »,
« Sotto splendido stellato », « D’un’umile stalla », « Va, dillo sopra ì monti ». « Notte benigna ». Un ringraziamento particolare va ai
monitori, i quali mettono a disposizione la loro opera per questi bambini.
I culti di inìzio e fine anno sono stati presieduti rispettivamente dal Past. Tourn e dal
Past. Bertinat.
Un gruppo dì giovani provenienti da Pinerolo si sono recati per una visita alla Casa
di Riposo.
Irma Dagnino Rampa
Ostetrica Interna Ospedale Valdese
Torre Pellice
già Ostetrica presso Ospedale Galliera
Genova
Visite: Ospedale Valdese (Tel. 91.273)
Abitazione; Tel. 90.684
I familiari della cara
Lidia Acinelli
deceduta il 5 gennaio 1971, profondamente commossi per le dimostrazioni
di affettuosa simpatia, ringraziano
tutti coloro che hanno preso parte al
loro dolore.
Un grazie particolare al dr. Gardiol,
alle Direttrici, infermiere e personale
tutto dell’Ospedale Valdese e del Rifugio, ai Pastori Sigg. Jahier, Sonelli
e Rostagno ed alla Signora Lillina
Deodato che tanto si prodigò per la
cara Lidia.
« Noi sappiamo infatti che se questa tenda ch’è la nostra dimora
terrena viene disfatta, noi abbiamo da Dio un edifìcio, una
casa non fatta da mano d’uomo,
eterna, nei cieli ».
(2" Corinzi cap. 5:1)
Torre Pellice, 8 gennaio 1971.
« Io ho pazientemente aspettato
l’Eterno ed Egli s’è inclinato a
me ed ha ascoltato il mio grido »
È deceduta nel suo £5" anno di età
Susanna Beux
Ne danno il doloroso anriuncio il figlio con la moglie, la figlioccia, i nipoti. I funerali hanno avuto luogo il
6 gennaio in San Germano Chisone.
Si ringraziano sentitamente tutti coloro che si sono uniti nel ricordo della cara scomparsa e nel dolore della
famiglia.
Il 30 dicembre all’età di 84 anni, il
Signore ha richiamato a Sé
Cesarina Long
La famiglia, nel darne l’annuncio, ringrazia sentitamente i Pastori Pons e
Achille Deodato, i vicini di casa e tutte le persone che hanno preso parte
ai suo dolore.
Pinerolo, 2 gennaio 1971.
6
pag. 6
N. 3 — 15 gennaio 1971
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
Di^ba^tito al campo invernale di Agape
Ancora
condanne a morte
È ancora bruciante il ricordo delle
condanne a morte di Burgos e di Leningrado — anche se successivamente
annullate — ed ora si apprende di altre pene capitali, né sappiamo — al
momento in cui scriviamo — se esse
verranno modificate. Si tratta di condanne sempre tipicamente politiche, e
questa volta in paesi sotto tutela dell’Occidente: l’uno, il Camerún tramite
la Francia e l’altro, la Corea del Sud,
tramite gli Stati Uniti.
In Camerún il tribunale militare di
Yaundé ha condannato a morte sei
persone, fra cui il vescovo cattolico
Ndongmo, per complotto diretto ad
assassinare il presidente Ahidjo. Ne ha
condannati a vita altri sei. Nessun ricorso in appello è possibile. Solo la
grazia li può salvare. Il vescovo camerunese era già stato condannato il
giorno prima all’ergastolo per « tentativo di rivoluzione e organizzazione di
bande armate ». Non sta a noi giudicare l’atteggiamento del vescovo che pare abbia fornito delle armi « un numero esiguo, come simbolo » per la lotta
di liberazione del proprio paese. Siamo di nuovo nel campo dei processi
alle intenzioni e dei brutali metodi di
repressione. Si aggiungano le pesanti
eredità provenienti dai precedenti domini coloniali tedesco, francese e inglese. L’unità del Camerún, al pari di
altre nazioni africane ’artificiali’ nate
dal colonialismo, è forzata e solo apparente e si regge unicamente — a
causa delle numerose differenze etniche, sociali e religiose — sui metodi
polizieschi, sullo stato di emergenza in
vigore da un decennio, sui tribunali
militari e sulle condanne a morte.
Nella Corea del Sud sono stati condannati a morte sei persone sotto l’accusa di « spionaggio per la repubblica
popolare della Corea (del Nord) ». Il
tribunale di Seul che ha emesso il verdetto ha pure condannato altri otto
cittadini con pene varianti dall’ergastolo a tre anni e mezzo di reclusione.
Tutti i condannati erano stati arrestati lo scorso ottobre dalla polizia sudcoreana che ha asserito di aver scoperto, col loro arresto, la « più importante rete spionistica che abbia operato nella Corea del Sud ». Secondo la
legge i condannati hanno diritto ad un
appello. Anche in questo caso si tratta
di condanne politiche. È assai strano
però che l’opinione pubblica (e con
questo intendiamo i giornali di inforrnazione) — almeno fino a questo momento — non si sia fatta anche in questo caso promotrice di vibranti appelli
alla clemenza. Forse che la Corea del
Sud, paese semicoloniale sotto il diretto controllo degli USA, è considerato ancora troppo ’incivile’?
Democrazia inglese
In Gran Bretagna vi è molta democrazia. Chiunque, infatti, senza formalità, può salire su una cassetta vuota
e tenere una concione, magari sotto lo
sguardo bonario di un policeman. Anche manifestazioni più massiccio, quali, cortei, sfilate, sit-in, avvengono normalmente, ed a volte anche per i motivi più strampalati. Questa tolleranza
ci pare in effetti più una democrazia
formale che sostanziale. Ce ne convincono due fatti, accaduti in questi
giorni.
Il primo riguarda lo studente tedesco Rudi Dutschke. Come si ricorderà,
l’ex leader della contestazione studentesca in Germania era stato gravemente ferito nel corso di un attentato a
Berlino ovest nel 1968. Egli àveva poi
ottenuto il visto di ingresso in Gran
Bretagr/a ed era stato curato sotto la
amministrazione laburista. Ora, col
trapasso di poteri ai conservatori, l’atmosfera è cambiata cd il nuovo ministro dcH’interno lo ha dichiarato « indesiderabile » e un « potenziale pericolo per la sicurezza dello Stato ». La
successive sentenza della Corte che ne
raccomanda la cacciata (il tribunale è
solo consultivo) ncll’accogliere le tesi
del ministro conservatore ha però osservato che « fino a questo momento
la presenza del signor Dutschke (che
è rimasto minorato nel fisico e nell’intelletto dopo l'attentato) non ha costituito un pericolo apprezzabile per
la sicurezza nazionale ». Mette conto
riferire una precedente, curiosa tesi
esposta in un primo tempo dal ministro conservatore, che forse desiderava in tal modo evitare diplomaticamente il drastico provvedimento. Egli,
in .sostanza, disse: Dutschke è stato
ospitato a condizione che non svolgesse attività politica. Una tale limitazione è contraria ai principi democratici.
Dunque, in nome della libertà di pensiero, non potendosi restringere la sua
attività politica che sarebbe sovversiva, bisogna espellerlo (!).
Il secondo fatto si inserisce nella
politica estera del nuovo governo conservatore. Si tratta della fornitura di
armi al regime razzista del Sud Africa con il pretesto che è indispensabile
proteggere le rotte del Capo di Buona
Speranza. Pare che la fornitura sia già
stata decisa, anche se non ne è stato
ancora dato l’annuncio in Parlamento
(attualmente il premier Heath è fuori
sede, per cercare di tenere unito quanto rimane del Commonwealth). I paesi del Commonwealth sono in gran
maggioranza nazioni di colore, molto
sensibili alle istanze razziali. L’Uganda, la Tanzania, la Zambia sono fieri
oppositori del Sud Africa appunto per
l’inumano sistema di apartheid che il
governo minoritario bianco vi ha imposto: sostengono che ogni aiuto bellico a questo regime è un avallo al razzismo. Heath, per conto suo, candidamente sostiene che tra commercio di
armi inglesi e razzismo non vi è alcuna relazione.
Verso rabolizione
dell’ergastolo in Italia
Un passo importante è stato compiuto in Italia per l’abolizione dell’ergastolo. Per l’abolizione, cioè, di una
pena incivile che non ha nulla da ’invidiare’ a quella di morte (abolita nel
1944, dopo essere stata introdotta nel
1930 col codice fascista Rocco), dato
che la condanna del carcere a vita non
è altro che una condanna alla morte
civile di un uomo.
Essa è in forte contrasto e con la
fede di un credente e con lo spirito
della Costituzione italiana, secondo
cui la pena inflitta al condannato deve tendere alla sua rieducazione.
Il passo è stato compiuto dalla Commissione giustizia del Senato, che si è
appunto dichiarato favorevole alla soppressione dell’ergastolo. La proposta
dovrà essere presa in esame dall’assemblea di palazzo Madama per passare poi all’approvazione della Camera.
Naturalmente, vi sono forti opposizioni a questo progetto da parte di coloro che ritengono che la condanna a
vita sia una giusta difesa della società
contro individui che si sono resi colpevoli di un delitto particolarmente
efferato, e che nello stesso tempo costituisca anche un esempio, un deterrente per gli altri (cosa che non si è
verificata nemmeno per la pena di
morte).
I sostenitori dell’abolizione di questa pena sostengono invece — a ragione secondo noi — che un delinquente
è sempre un uomo e gli devono essere
concesse tutte le possibilità per una
riabilitazione. Inoltre non gli si può
levare uno dei pochissimi beni che è
comune a tutti gli uomini: la speranza.
Se la cosa andrà in porto, come ci
auguriamo, 400 dei 630 ergastolani (che
hanno trascorso un determinato numero di anni in carcere) potranno
riacquistare la libertà.
Ma inoltre scomparirà quel tragico
avverbio che fin'ora veniva scritto sulla cartella di un recluso sulla data di
uscita: « mai ».
Roberto Peyrot
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
I PROGRESSI SANITARI
NEL NORD-VIETNAM
il- Sono grandissimi e degni di profonda ammirazione. La rivista « Études vietnamiennes » (n. 25 del 1970) ne
dà dettagliata, serissima documentazione. Dall’articolo della signora Dinh
Thi Can (vice-ministro della Sanità nel
governo di Hanoi) riportiamo ad es.
quanto segue, su « La protezione della
madre e del bambino ».
« Disprezzata e trattata come minorenne sotto il regime feudale, la donna vietnamita aveva visto la propria
condizione peggiorare sotto il dominio
coloniale. In tutto il paese, si contavano soltanto 300 letti dedicati ai servizi
del parto e della medicina infantile, in
massima parte riservati alla classe di
cittadini privilegiati. Nei villaggi non
v'erano servizi né d'infermeria, né di
maternità: le donne partorivano in
casa propria, con l’aiuto dei familiari
0 di levatrici totalmente ignoranti delle regole d’igiene. Pratiche superstiziose aggravavano per di più le complicazioni dei pasti. Numerose malattie decimavano i bambini: tetano ombelicale, varicella, paludismo, bronco-polmonite, sifilide ereditaria... La donna, la
madre e il bambino non beneficiavano
d’alcuna legislazione sociale, d’alcuna
protezione sanitaria, ed il loro lavoro
era ancor più duramente sfruttato di
quello degli uomini.
Dopo la liberazione, il nostro popolo s’è ben presto dedicato ad organizzare un’efficace protezione della madre e del bambino, sia sul piano sociale che su quello medico e sanitario. La
politica di promozione della donna sul
piano politico e sociale, preconizzata
dal nostro Partito e dal nostro Governo, è accompagnata, sul piano medico
e sanitario, da misure sistematiche ed
appropriate. (...)
Oggi il 97,5% dei comuni rurali possiedono la loro infermeria-maternità.
Tutti i capoluoghi di provincia e di distretto sono dotati di ospedali, con un
totale di 24.500 letti riservati alle partorienti ed ai bimbi. Una vasta rete
sanitaria, al servizio della donna, si
distende su tutto il paese, dalla capitale fino ai villaggi più lontani con:
751 medici ginecologi ed ostetrici, 369
pediatri, 13.684 levatrici. Questo personale assicura le consultazioni prenatali, i parti, i trattamenti ambulatoriali
od ospedalieri delle malattie ginecologiche. L’%1% degli ospedali di distretto sono in grado di risolvere i casi di
parti difficili, e di praticare interventi
chirurgici nei casi più urgenti.
Nelle officine, nei cantieri, nelle cooperative agricole, nelle riserve straniere di coltivazione..., funzionano oggi
50.000 asili che ospitano, ogni giorno,
600.000 bambini da un mese a 3 anni
d’età; 45.900 classi materne sono frequentate da 1.6CO.OOO bambini dai 3 ai
1 anni, 115.000 balie ed istitutrici assicurano il servizio in questi asili e scuole materne. Coscienti dei loro diritti e
dei loro interessi, le donne e le loro
organizzazioni hanno portato, in quest'opera, un aiuto considerevole allo
Stato. (...)
I comuni rurali hanno continuato a
costruire, senza soste, delle infermerie
per maternità, delle classi materne,
degli asili infantili, delle scuole di tutti i tipi, dei bagni pubblici. Questi sforzi sono stati largamente ricompensati,
come dimostrano le statistiche:
1945 1968
Tasso di mortalità
per cause ostetriche 20%o 0,8 %o
Tasso di mortalità
neo-natale 300-400%o 14,25%o
Mortalità di lattanti
d’età inf. ad 1 mese 19,32%o
Mortalità di bambini
d’età inf. ad 1 anno 400%o 32,72%o
Sviluppo e sottosviluppo
Il sottosviluppo è un fenomeno naturale, uno «sviluppo ritardato»,
ovvero - secondo la tesi marxista - una situazione provocata e mantenuta per creare e sostenere una o più altre situazioni di sviluppo?
Le malattie veneree sono state rapidamente liquidate con l’instaurazione
del nuovo regime sociale. Le malattie
endemiche ed epidemiche, una volta
così terribili (compresi il colera e la
poliomielite), sono praticamente debellate.
Non di meno dobbiamo riconoscere
che le condizioni economiche d’un paese che ha conosciuto 30 anni di guerra, che non è ancora ben industrializzato, limitano molto la portata dei nostri sforzi. Come ha detto il primo ministro Pham Van Dong, durante una
sessione plenaria del Comitato di protezione della madre e del bambino:
"Quanto abbiamo realizzato è certo
molto importante, al paragone di ciò
che c’era prima. Ma in rapporto ai nostri bisogni, è ancora ben poco. Abbiamo ancora molto da fare per materializzare la nostra volontà e la nostra
sollecitudine, per render più effettivo,
per meglio organizzare il nostro movimento di protezione della madre e del
bambino’’ ».
La rivista contiene altri articoli interessantissimi, per OS.: « La lotta contro il paludismo», «Venticinque anni
di sforzi medico-sanitari di fronte alla
tubercolosi », « Il tracoma sulla via di
divenire una malattia storica», «La
lotta contro la lebbra », « L’organizzazione d’un-industria farmaceutica nazionale », ecc.
L’ESPANSIONE ECONOMICA
DEL GIAPPONE
-^ « I giapponesi sono pragmatisti.
Quando Chou En-lai chiese solennemente alle loro imprese di scegliere fra
il commercio con la Cina di Mao e
quello che esse stanno facendo con
Formosa e con la Corea del Sud, i
giapponesi non si son sentiti imbarazz.ati oltre misura: alcune delle imprese
hanno preso una via. altre hanno preso l’altra via. Lo ste.-^so hanno fatto le
"trading companies". Ma, salvate le ap
parenze, nulla cambiò nella sostanza,
perché le società che commerciano con
Formosa, vendono i loro prodotti alle
società che commerciano con Pechino, e viceversa.
Le società commerciali danno al
commercio estero giapponese una
grande elasticità, e nello stesso tempo
una “forza d’urto" ben concentrata. Attraverso a quelle società passano tutte
le vendite all’estero delle piccole e medie imprese, le quali non sono attrezzate per programmare e trattare esse
stesse con l’estero. Le dette società
danno la possibilità di esportare persino delle intere officine già pronte per
il funzionamento, dcgl' mpian'i elettrici al completo, e dei sistemi di prodotti d’ogni genere, che sono sempre più
richiesti sui mercati intcrnaz’onali.
Si pensi alle difficoltà che inrontrano le imprese francesi, per mettersi
d’accordo e per integrarsi s<amb'.evolmente, quando si tratti di vendere un
intero aeroporto, o una trasmittente
radio (già pronta per l’uso), o un’officina (da mettersi in moto sidl'istante),
come esigono i paesi nuovi in via di
.sviluppo! Dobbiamo ogni volta trattare nuovi e speciali accordi, ad eccezione di alcuni rari casi in cui gli accordi sono permanenti. In Giappone questo problema non esiste: le società
commerciali trattano per conto della
quasi totalità dell’industria».
(Da un articolo di J. Grapin su « Le
Monde» del 7.1.1971).
DÌTetlnre respnn.sabile.: Gino Conte
ReR. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellire (Torino)
Abbiamo assistito ai lavori di questo
Campo dal 27 al 30 dicembre u. s., cioè
nei giorni iniziali. Possiamo perciò riferire suH’avviamento dei lavori stessi.
Il tema era stato scelto per indagare,
nella prima parte del Campo, sul problema di fondamentale importanza
(dal punto di vista sociale, oltreché da
quello economico) « se il fenomeno del
sottosviluppo sia un fatto naturale, o
non piuttosto artificiale della storia »;
in altre parole: « se il sottosviluppo
sia semplicemente uno « sviluppo ritardato » (malgrado ogni sforzo per
evitare o ridurre il ritardo), o non
piuttosto una situazione artificiosamente provocata, e coessenziale allo
sviluppo », cioè determinata appositamente per creare una o più altre situazioni di sviluppo. Questa seconda tesi
è tipica del marxismo.
Per una tale indagine, nei primi giorni è stata molto seriamente presentata una documentazione su quattro ben
note situazioni di sottosviluppo in Italia: quelle della Valle del Belice (zona
terremotata nella Sicilia centro-occidentale), dei sobborghi di Roma (fenomeno dell’urbanesimo), di Orsara di
Puglia (fenomeno dell’emigrazione),
della zona del Pinerolese (fenomeno
dello spopolamento delle valli alpine).
Le quattro relazioni sono state presentate rispettivamente da Giovanni Papa, da una giovane signora dell’MCS
(= Movimento Cristiano Studenti) di
Roma, da rappresentanti del Circolo
« Gaetano Salvemini » di Orsara, e da
altri déll’MCS di Pinerolo. Di queste
relazioni, la più interessante ci è sembrata quella del Papa, per la grande
competenza e per la maturità di giudizio di quel fratello battista, che da
anni si dedica con tutte le forze ad
aiutare le popolazioni del luogo, particolarmente a S.ta Margherita Belice.
Le quattro relazioni sono state accuratamente studiate e discusse, prima in gruppi, poi in assemblea plenaria. Per arrivare, in un secondo tempo,
ad una valutazione critica delle medesime, è stata letta e studiata la « Relazione della Commissione "Pirelli’’ alla
Confindustria », del febbraio 1970. Tale
documento ci è parso molto significativo per comprendere il modo di pensare del neo-capitalismo nella strategia scelta per il sempre maggior potenziamento della società consumistica. E
raramente abbiamo incontrato una
esposizione altrettanto esplicita e chiara, ad illustrazione del principio economico fondamentale: « Consumare di
più, per poter produrre di più » (e
quindi per sempre più arricchire coloro che producono, o meglio coloro che
fanno in modo che altri producano).
Citiamo ad es., dal documento, il passo seguente.
■«Gl’imprenditori privati (spesso ac^
cusati di essere fautori d’una società
consumistica) sono interessati a svolgere un’azione di vasto respiro per
orientare la pubblica opinione, le organizzazioni sociali e i pubblici poteri
sull’importanza essenziale degl’investimenti per ogni ulteriore sviluppo della
società italiana.
« E infatti da chiarire alla pubblica
opinione, ai risparmiatori come ai lavoratori, che le necessità d’investimento saranno, nel prossimo decennio,
sempre maggiori; sia per l’accelerata
introduzione, nei processi produttivi,
di sempre nuove tecnologie, sia per la
più accentuata competitività dei mercati mondiali.
« In questi anni, si è assistito ad una
crisi crescente delle tradizionali motivazioni in favore del risparmio: da un
lato sono venute meno alcune delle situazioni di sicurezza che spingevano al
risparmio in un’economia sottosviluppata; dall’altro si sono rese disponibili nuove facili occasioni di soddisfare i consumi privati.
« Inoltre gli argomenti a favore del
risparmio sono rimasti, in gran parte,
quelli propri di una società fondamentalmente rurale o che aspira al reddito
garantito. E ancora del tutto insufficiente, presso i risparmiatori, il senso
del rapporto tra risparmio ed investimento produttivo, più direttamente
collegato con la partecipazione al capitale industriale ».
Ciò significa, in parole povere, che
(nella deprecata eventualità che si consumi troppo poco) occorre combattei-c le tendenze al risparmio, inteso in
senso tradizionale, allo scopo appunto
di potenziare sempre più la produzione.
Il tema del sottosviluppo è stato affrontato in pieno, la mattina del 30-12,
in una brillante conferenza del sociologo Dr. Giovanni Moltura. Egli ha dimostrato, in modo molto convincente
(ci è sembrato), che nella società consumistica il sottosviluppo, in massima
parte, è proprio un aspetto integrante
dello sviluppo, e ciò sia sul piano nazionale, sia (ancor più) su quello internazionale. Esiste nel capitalismo una
strategia della classe dirigente, tale da
programmare la distribuzione delle zone di sottosviluppo allo scopo di potenziare altre zone di sviluppo: e tutto al fine di rendere massimo il profitto, non già a breve scadenza né localmente, ma in previsione del futuro anche lontano ed in funzione d’un’economia di dimensioni nazionali (o addirittura internazionali). Le zone di sottosviluppo non sempre sono geograficamente lontane da quelle di sviluppo: talvolta le due zone sono contigue
fra loro (baraccopoli alla periferia di
Roma), talaltra persino interpenetranti (ghetti negri nel cuore delle metro
A fine novembre si è riunito a
Duisburg (Germania federale) un colloquio sulla manutenzione e sulla riparazione del materiale tecnico che pongono problemi assai gravi ai paesi in fase
di sviluppo. Al colloquio partecipavano
circa 150 tecnici riuniti sotto l’egida
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (ONUDI).
poli americane). Le zone di sottosviluppo, così come le zone o i « poli » di
sviluppo, possono anche « migrare »
da una regione all’altra, col passar degli anni e secondo le esigenze della
strategia (per es. allo scopo di minimizzare i rischi a livello sociale). Il
neocapitalismo può arrivare a « programmare » il sottosviluppo (indipendentemente dalle carenze geografiche,
cioè ecologiche, o di comunicazione, o
di produttività del suolo ecc.), e persino (si accetti, in via di paradosso, il
bisticcio di parole) a « sviluppare » il
sottosviluppo.
Queste considerazioni ci hanno vivamente ricordato alcune valutazioni di
M. L. King sulla politica (soprattutto
economica) degli USA in quella loro
immensa zona di sottosviluppo che è
l’America Meridionale:
« Ciò che rende impossibile la rivoluzione pacifica, rende inevitabile la
rivoluzione violenta. Sempre di più,,
deliberatamente o meno, la nostra nazione ha scelto d’investirsi del ruolo di
chi rende ogni rivoluzione pacifica impossibile, perché rinuncia a rifiutare i
privilegi che gli procurano gl’immensi
profitti degl’investimenti fatti all’estero.
« Sono sicuro che la nostra nazione
non potrà raggiungere il campo positivo della rivoluzione mondiale, fino a
quando non opererà una rivoluzione
radicale nel campo dei suoi valori.
Dobbiamo iniziare senza indugio a trasformare la nostra società « materialista » ^hingoriented) in società «personalista » (personoriented).
« Quando le macchine e i dirigenti,,
il profitto e il diritto di proprietà sono
più importanti degli uomini, la gigantesca trilogia del razzismo, del materialismo e del militarismo, non può
esser vinta» (Qltre il Vietnam, Edit.
« La Locusta », Vicenza 1968, pp. 38-39).
M. L. King parla di « rivoluzione pacifica ». Ma è questa forse una contraddizione in termini? Infatti molti credono che una rivoluzione non possa
essere che violenta, quindi cruenta. Ma
costoro sono smentiti in pieno da una
storia recente: quella della rivoluzione
culturale della Cina popolare, sulla
quale il Mottura ci ha tenuto (il 29 sera) una relazione dettagliatissima ed
interessantissima, essendo egli stato
recentemente in Cina per un mese.
Tullio Viola
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIMIIIIIIIIIIIIIIIimilllll'll'Kblllllllll
lìJqgli Stati finiti
La Corte suprema ricouosce
ai ISenui il diritto di voto
Washington (AFP). - La Corte .suprema degli USA ha confermato la legge che concede
il diritto di volo ai diciottenni, per le elezioni
nazionali (finora reta minima era 21 anni).
La legge entra in vigore con il 1" gennaio
1971. Questa importante decisione è stala pres.i dalla Corte suprema con cinque voti contro quattro. La ste.ssa maggioranza si è però
opposta a che tale legge sia applicata pure
alle elezioni locali nei vari Stali. Ter queste
elezioni l’età degii elettori Sara determinata
dalla legislazione locale. Negli Stati che non
modificheranno la legislazione attuale l’età
resterà dunque quella <li 21 anni. Nelle pro.ssimc elezioni del 1972 dieci milioni e mezzo di
giovani verranno così ad accrescere la massa
dei centoventi milioni di elettori .americani.
La Corte suprema, d'altra parte, ha convalidato l’articolo della legge che statuisce che
qualunque persona che abbia compiuto i 18
anni ha il diritto di votare, anche se è incolla. Questa decisione, che gioca in favore
dei democratici, porrà fine — si spera — alla
pratica corrente in certi Stali del Sud, nei
quali il diritto di voto è rifiutalo a ogni nero
che non sostiene con .successo dei tests detti
« civici ».