1
spedizione in abb. postale
gruppo II A/70
In caso di mancato recapito
si prega restituire a
via Pio V n. 15
10125 Torino
ORMA
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
VENERDÌ 5 NOVEMBRE 1993
CONVEGNO BATTISTA
CHI È
PASTORE?
ANNA MAFFEI
Un’accorata esortazione a
confidare nell’opera dello Spirito che riscalda e illumina la testimonianza della
chiesa (sermone di apertura,
pastore Tattoli) e un vigoroso
appello alla «preghiera presuntuosa che attende ininterrottamente la grazia di Dio»
(citazione di Lutero nel culto
di chiusura, pastore Castelluccio) hanno fatto da cornice a
questo incontro delle chiese
battiste italiane sul ministero
pastorale. Era un convegno
atteso, un appuntamento importante il cui intento era
quello di aiutarci a fare il punto di una situazione ecclesiale
in fermento.
Che ci abbia convocati il
Signore che, mentre ci chiedeva di metterci in discussione ci esortava tutti all’unità di
un cammino comune di testimonianza, o che ci abbiano
convocati le nostre difficoltà a
vivere in una società che, anche quando ci chiede di «esserci», concorre nondimeno a
disorientarci e a omologarci,
nell’una o nell’altra ipotesi,
abbiamo accolto la sfida al
confronto fraterno e ne siamo
usciti rinforzati e rinnovati.
Rinforzata e meglio messa
a fuoco mi sembra sia emersa
la figura pastorale, confermata nella sostanza secondo la
linea riformata (predicazione,
insegnamento, cura pastorale)
ma arricchita di nuove prerogative (l’animazione comunitaria, la funzione di «talent
scout», la coordinazione, l’organizzazione).
Rinforzata la consapevolezza che V identità del servizio
pastorale non può cercarsi in
solitudine e in astratto ma in
rapporto simbiotico, anche se
a volte dialettico, con la chiesa in cui si serve e la società
in cui si vive.
Rinforzato il carattere specifico dell’ecclesiologia battista basata sull’idea e la pratica del sacerdozio universale
secondo il quale ciascuno nella comunità locale ha piena
parte e pieno diritto e la chiesa, «corpo di Cristo», è il luogo dove ciascun carisma è
messo al servizio della testimonianza.
Rinforzata e rinnovata mi
sembra esca da questo incontro la coscienza della interdipendenza delle comunità fra
loro e fra i loro ministri. La
volontà, affermata dal documento conclusivo, di esperimentare nuove forme di lavoro coordinato di équipe al servizio di più chiese e/o istituzioni credo che, mentre spinge i pastori e le pastore ad una
maggiore «specializzazione»
nel campo della teologia e
della pastorale, rilanci d’altro
canto le forme associative già
presenti ma non sufficientemente valorizzate nella nostra
Unione.
Ricevono visibilità e dignità in queste ipotesi di lavoro in team ministeri diversi da
quello tradizionalmente pasto
rale e a pieno tempo. Potrebbero in un prossimo futuro
emergere ministeri specifici
di animazione per bambini e
giovani, di diaconia sociale,
altri collegati alla musica e al
canto, e altri ancora che lo
Spirito vorrà suscitare e che le
chiese saranno in grado di riconoscere al proprio interno.
L’affermazione della ricchezza delle possibilità e
dell’azione dello Spirito e
l’esortazione paolina a «non
spegnere lo Spirito» è dunque
al centro di questa nuova progettualità a cui il convegno ci
ha richiamati.
Una nota sul metodo: la
forma più dinamica e partecipata di lavoro, ottenuta con la
suddivisione dell’Assemblea
in gruppi è stata un po’ irrigidita dalla griglia di discussione- proposta. Sono stati così
«dimenticati» alcuni argomenti essenziali come la proposta di un codice di «deontologia pastorale» e il problema della mobilità dei pastori.
Come conclusione, la domanda del Cristo «ma quando
il Figliuol dell’uomo tornerà
troverà egli la fede sulla terra?», richiamata dal past. Castelluccio nel corso del culto
conclusivo, mi sembra collochi le nostre proposte, le nostre ipotesi, la nostra ricerca
di nuovi modelli nella giusta
prospettiva.
Tutto cioè ha senso solo se
serve a che la fede sia serbata
e trasmessa a chi viene dopo
di noi.
ALTRI SERVIZI NELLE PAG. 5-8
ANNO I - NUMERO 42
Di fronte all'invito a riedificare dobbiamo vincere le nostre timidezze e perplessità
È venuto il tempo della ricostruzione
____________GIOVANNI CARBABI___________
«Voi vedete la misera condizione nella
quale ci troviamo: Gerusalemme è distrutta, e le sue porte son consumate dal
fuoco! Venite, riedifichiamo le mura di
Gerusalemme, e non sarem più nell’obbrobrio!»
(Nehemia 2, 17)
Il periodo della schiavitù era finito da
un pezzo. Già da molti anni il popolo
aveva potuto rientrare in possesso di
quanto gli era stato strappato precedentemente: terre, case, città. Tempio. La speranza della liberazione era diventata
realtà! Anche se sembrava impossibile, il
grande potere era stato spazzato via. Chi
l’aveva profetizzato non era più visto come un visionario: Dio, il Signore della
storia, non è indifferente alla violenza e
alla prepotenza, ai soprusi e alle ingiustizie. Giunge il tempo della resa dei conti.
Allora come mai lo spettacolo è così
desolante per chi visita ìa nazione dopo
tanti anni? Il tempo della liberazione non
vuol dire che automaticamente si apra il
periodo della ricostruzione. Ritornare a
Gerusalemme non significa che Gerusa
lemme torni per incanto a essere quello
che era prima. E così ci si accorge amaramente che la gioiosa prospettiva di uno
splendido futuro non coincide con la
realtà quotidiana, resa più dura da difficoltà di ogni tipo. Ci sono i nemici: coloro che dal precedente stato di cose hanno
avuto tutto da guadagnare e che vedono
con sospetto e con aperta ostilità il tentativo di rimettere in piedi la società. Ci sono anche quelli che, pur appartenendo al
popolo, non hanno voglia di rinunciare alla posizione, al benessere, alla ricchezza
che sono riusciti a conquistarsi in Babilonia. Infatti la liberazione non era stato un
imponente e trionfale nuovo «esodo»,
quanto piuttosto il ritorno di poche e sparute carovane composte da gente diversa.
C’era chi non aveva nulla da perdere, lasciando Babilonia, e chi era invece spinto
da forti motivazioni religiose e ideali.
A tutti loro è rivolto l’appello: «Venite,
riedifichiamo!». Sarà duro, sarà difficile,
gli ostacoli saranno di ogni tipo: intoppi
burocratici, sarcasmo e derisione, pressioni psicologiche tese a scoraggiare, persino tentativi armati. Non importa: è l’ora
di ricostruire. La speranza che aveva sorretto il popolo nei tempi bui deve conti
nuare a sorreggerlo, la solidarietà dimostrata in epoca di schiavitù deve continuare a manifestarsi, anzi dev’essere più forte ancora. Speranza e solidarietà sono le
due parole d’ordine per la ricostruzione.
E alla base la certezza che il Signore non
avrebbe fatto venir meno il suo aiuto.
È vero che se Dio «non costruisce la
casa, invano si affaticano i costruttori»
(Salmo 127, 1), tuttavia non possono
mancare i costruttori. E il tempo della ricostruzione è venuto. Bisognerebbe
aspettare forse un’epoca migliore? Attendere che chi ha messo su casa e bottega in
Babilonia sia colto dall’entusiasmo e lasci
il proprio stato di «secolarizzato» in cui
Gerusalemme rimane un lontano pensiero? Attendere che i nemici non ci siano
più, che i conservatori ammainino la bandiera, rinunciando alle proprie idee e ai
propri interessi? Certo: è importante parlare agli uni e agli altri, operare perché
avvenga una conversione. Ma attenzione:
ora è il momento di vincere timidezze e
perplessità (siamo troppo pochi, non ce la
faremo mai, il compito è troppo gravoso,
i nemici sono tanti).
Ora risuona l’invito: «Venite, riedifichiamo!».
Biotecnologie
Nessun
brevetto!
Il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) ha deciso di
finanziare il viaggio di due
rappresentanti della comunità
Guaymi di Panama per partecipare alla Conferenza mondiale sulla biodiversità, che si
è aperta a Ginevra all’inizio
di ottobre e alla quale sono
rappresentati i 173 governi
che hanno firmato la Convenzione sulla biodiversità in occasione del vertice «Pianeta
Terra» di Rio de Janeiro nel
giugno ’92. Una società americana, la «American Type
Culture Collection» (Atcc),
conserva infatti un campione
cellulare di una donna autoctona appartenente a quella comunità e ha inoltrato al governo statunitense una domanda di brevetto sui dati genetici di quella donna. Gli
Stati Uniti incoraggiano la
protezione con brevetti di tutte le forme di vita nel quadro
dell’«Accordo generale sulle
tariffe doganali e il commercio» (Gatt). I rappresentanti Guaymi inviati dal Cec
chiedono all’Atcc di restituire
la formula genetica e al ministro del Commercio Usa di
sospendere la domanda di
brevetto fino a più ampia
informazione sulle conseguenze.
La presenza dei due rappresentanti Guaymi ha permesso di mobilitare l’attenzione sulla dimensione umana di un dibattito scientifico
complesso. Durante una
conferenza stampa, uno di loro, Isidro Acosta, ha dichiarato che spetta alle popolazioni autoctone interessate
decidere sull’uso della propria formula genetica. A suo
parere, l’utilizzo del bioplasma umano per fini terapeutici è accettabile dai Guaymi
sul piano culturale, ma la
commercializzazione o la
protezione con brevetto è
disumanizzante; è soltanto
un’applicazione della legge
del più forte ed è contraria al
diritto Guaymi. (Soepi)
Ecumene
Le chiese oñodosse
e Lecumenismo
pagina 2
Delle Chiese
Il Convegno
battista
pagine 5-8
Sud Africa
un nuovo Angola?
pagina 12
2
PAG. 2
RIFORMA
Ecumene
VENERDÌ 5 NOVEMBRE 1993
Le solenni decisioni assembleari non bastano per trasmettere l'Evangelo all'umanità
Il messaggio spirituale delle chiese ortodosse
è necessario alla vitalità dell'ecumenismo
CARLO CAY
La televisione ha rivelato
anche agli italiani la
realtà di un movimento ecumenico non cattolico romano.
Chi ha viaggiato in Grecia ricorda vecchi e giovani pope
sorridenti e bonari: e li ritrova
a Cipro, ad Antiochia, in Egitto. Soldati e ufficiali li hanno
incontrati in Serbia, in Macedonia durante la guerra. Ci
siamo abituati a vedere vescovi, arcivescovi con grandi parati. Fanno parte della chiesa
russa, inseparabili dalle loro
chiese con le cupole famose:
quelle chiese nelle quali
l’ateismo di stato non ha potuto impedire alle madri di Gorbaciov e di Eltsin di portare a
battesimo i loro figlioli; di nascosto sì, ma insieme a migliaia di fanciulli.
Dopo la rivoluzione dell’autunno 1917, moltissimi intellettuali emigrarono in Francia, in Inghilterra, negli Stati
Uniti. La letteratura russa si
arricchì e Dostoevskij apparve
sempre di più come un tipo di
uomo che è travagliato dalla
proclamazione e dalla negazione di Dio in quella tensione spirituale e teologica fra
fede e incredulità: non dimenticheremo mai più il Grande
Inquisitore e i fratelli Alioscia
e Ivan Karamazov, per i quali
la fede è tormento e serenità,
contemplazione e vittoria, sorge dall’abisso. Le nostre definizioni (tomistiche e calviniste) perderanno, nel confronto, la loro rigidezza. Fra gli
esuli Nicola Berdiaeff, nato a
Kiev nel 1874, perseguitato
dallo zarismo e poi dal comunismo; emigrò a Berlino e a
Parigi e, con moltissimi altri,
ci fece riflettere sulle speranze
di un cristianesimo autentico,
sorto e risorto, in Europa e nel
mondo. Nel 1931, Berdiaeff
scrisse un opuscolo, diventato
famoso, intitolato «Della dignità del cristianesimo e della
indegnità dei cristiani». Era
un’apologià del cristianesimo:
le esigenze spirituali dell’
Evangelo non possono essere
ridotte alle interpretazioni
borghesi, mediocri, in cui lo
abbiamo ridotto e lo riduciamo; l’Evangelo vola in alto e
non può essere addomesticato,
ma l’Evangelo è avvertito nel
cuore dell’uomo in modo da
convertirlo.
La voce dei teologi ortodossi, fin dai primordi dell’
ecumenismo ginevrino, si è
poi fatta sentire nei «maestri
di ortodossia» che comunicarono la loro liturgia, la loro
tradizione nel laboratorio
dell’Istituto ecumenico di
Bossey; professori di origine
greca, russa, romena, bulgara,
americana hanno dato il via a
correnti teologiche inestinguibili. Ricordo un professore greco che, a fianco dei
luterani e dei riformati, dei
metodisti e dei battisti, ci faceva sentire la spiritualità di
una chiesa che si esprimeva
nella «comunione» intesa come vincolo fraterno, una chiesa di popoli testimoni di fronte all’Islam, precursori delle
missioni in Asia e in Africa,
ricostruttori di comunità antiche e nuove. Da Amsterdam a
Canberra, la presenza ortodossa non è mai venuta meno. Essi hanno sempre avuto il loro
rappresentante nella presidenza del Consiglio ecumenico
delle chiese. Per alcuni anni
sentirono la necessità di verificare nei loro Sinodi ortodossi la validità delle dichiarazioni delle assemblee, ma entra
Zagorsk (Russia): le caratteristiche cupole delle chiese ortodosse
rono infine in piena comunione con tanti fratelli, nell’avventura della chiesa, nella ricerca dell’autenticità e della
fraternità universali. In una
romantica visione della chiesa, l’ortodossia è avvertita come chiesa dell’apostolo Giovanni e dell’isola di Palmo,
«partecipe con tutti i credenti
della tribolazione, del regno e
della costanza in Gesù» (Apocalisse 1, 9). Ci saluta, quando
viene la persecuzione o la pace con il saluto; «Cristo è risuscitato, è risorto, è risorto».
In una situazione come l’attuale, nella quale le chiese
non possono più negare la
forza di un secolarismo che
colpisce adolescenti e anziani,
il richiamo degli ortodossi è
necessario alla vitalità
dell’ecumenismo per «cam
minare» sulle onde di un lago
più vasto di quello di Galilea.
La cristianità prende coscienza che le «strutture» non le
bastano: il dono dell’unità è e
resta «dono ineffabile». Né i
discorsi politici né le encicliche papali né le solenni decisioni assembleari bastano per
trasmettere l’Evangelo alla
presente e alla futura generazione.
Oggi come ieri siamo, dopo
molti o pochi anni, davanti al
Cristo, solo giudice e redentore. Come nella Cappella Sistina, il Cristo giudica e assolve
degli uomini soli, una cristianità in via di salvezza e di perdizione, liberata da ogni altro
signore. La comunione fraterna, che attestiamo come vincolo universale, non elimina
la responsabilità dell’uomo
singolo e solo davanti al Signore. La critica e la valutazione dell’individualismo e
dei suoi danni non cancella il
senso della persona umana; né
in politica né in religione. Nonostante gli sforzi televisivi
per sublimare la teatralità degli uomini religiosi, i piccoli
uomini fanno sentire la loro
protesta, il loro dolore, il loro
lavoro, la loro ribellione, la
loro allegrezza, il loro ascolto
dell’Evangelo.
Negli Atti degli Apostoli i
primi cristiani sono chiamati
«quelli che seguivano la nuova via» (Atti 9, 2). Possiamo
oggi essere definiti così dai
nostri contemporanei? Uomini
in marcia verso il regno di
Dio, o uomini fermi nel
conformismo del secolo presente?
Francia: Assemblea comune delle Chiese luterane e riformate
«Crescere nella comunione»
All’indomani dalla V Conferenza mondiale di «Fede e
Costituzione» a Santiago de
Compostela, il cui tema era
la «koinonia», l’Assemblea
comune delle chiese luterane
e riformate di Francia ha
scelto il tema «Crescere nella
comunione».
La collaborazione tra le varie chiese protestanti di Francia risale al gennaio 1972
quando, prendendo atto di un
accordo fondamentale tra di
loro sul piano teologico (Parola di Dio, Santa Cena, battesimo), decisero di creare un
Consiglio permanente luteroriformato (Cplr), incaricato
in particolare di «badare alla
realizzazione e allo sviluppo
della comunione ecclesiale
dichiarata tra le chiese». Nello stesso tempo veniva istituita un’Assemblea comune
delle chiese luterane e riformate, organizzata e convocata dal Cplr ogni quattro anni.
Quattro sono le chiese
coinvolte: l’Ecaal (Eglise de
la Confession d’Augsbourg
d’Alsace et de Lorraine),
l’Eelf (Eglise évangélique
luthérienne de France), l’Eral
(Eglise réformée d’Alsace et
de Lorraine), l’Erf (Eglise
réformée de France).
La recente Assemblea aveva come obiettivo essenziale
quello di fare il punto sullo
stato della comunione e dei
rapporti tra le quattro chiese.
tanto sul piano teologico
quanto su quello pratico. Per
il pastore Werner Jurgensen,
presidente del Cplr, potrebbe
benissimo darsi che, per
quanto riguarda la questione
dell’unità e delia comunione,
le chiese attraversino attualmente un tempo forte,
«particolare e particolarmente opportuno», insomma un
«kairos». Il numero sempre
crescente di rapporti e di dialoghi tra quelle chiese lo dimostra.
La comunione si è sviluppata in più direzioni: la catechesi, con la messa in comune dei mezzi in seno alla Società delle scuole domenicali
(Sed), l’avvio di un’attiva
politica di formazione permanente dei pastori, le relazioni ecumeniche e il dialogo con altre chiese protestanti o anglicane, e la vita
ecclesiale.
Un bilancio positivo quindi ma anche ambivalente. Infatti non è detto che la stessa
convergenza si manifesti con
altrettanta facilità a livello
delle singole comunità. Il
presidente del Cplr si è chiesto: «La stessa volontà di conoscere l’altro e di superare i
cliché che ce ne facciamo è
davvero in atto ad ogni livello?».
Da un’inchiesta realizzata
dal professor Jean-Paul Willaime su un campione di cir
Dal Mondo Cristiano
ca centocinquanta persone
(di cui 60 presenti all’Assemblea) emerge, per esempio, che un luterano ritiene i
riformati «troppo intellettuali» e che «sottovalutano il
battesimo». Un riformato si
dichiara «a disagio con la liturgia luterana».
Sulla questione dell’unità
(«Per quando una Chiesa
protestante unita?»), il processo adottato dal Cplr vuole
essere prudente e tenace nello stesso tempo. Ritenendo
che l’unità non si ottiene per
decreto ma che essa si costruisce pazientemente, le
quattro chiese vengono invitate «a trarre senza indugio
tutte le conseguenze concrete
dell’unità che stiamo vivendo e nella quale vogliamo
crescere».
Rifiutandosi di programmare l’unità, l’Assemblea
non ha ritenuto utile proporre
esplicitamente la creazione
di una chiesa unita e neppure
di una unione di chiese. Ha
respinto quindi ogni decisione volontaristica e preferito
puntare sulla continuazione e
il potenziamento della politica dei grandi cantieri avviati dal Cplr (catechesi, formazione, dialogo, ecc.).
Altri cantieri dovrebbero
essere aperti, in particolare
sul piano dell’allargamento
della comunione e dell’informazione.
Francia: morte del fondatore
del settimanale «Réforme»
MARSAUCEUX — Il pastore francese Albert Finet, ex direttore e fondatore del settimanale protestante «Réforme», è deceduto sabato 16 otttobre, all’età di 94 anni. L’attuale direttore
del settimanale, il pastore Michel Leplay, lo ricorda in questi
termini su «Le Monde» del 19 ottobre: «Discendente da un albergatore cattolico e da un vignaiolo protestante, come amava
ricordare, Albert Finet nasce nel 1899 a Marsauceux (Eure-etLoir). Studia a Parigi e a Losanna, quindi compie un anno di
formazione biblica a Gerusalemme dove stringe amicizia con
padre Lagrange. Successivamente diventa pastore della Chiesa
riformata di Francia a Evreux, poi a Montrouge. Cappellano
della marina militare a Brest e in Marocco, viene richiamato in
patria dal presidente Marc Boegner nel 1942. Insieme ad alcuni
amici, concepisce allora il settimanale protestante che diventerà
“Réforme”. Attorno a lui vi sono Jean Bosc, Pierre Bourguet,
Denise Berthoud, Jean de Cayeux, Henri Lauga e René Morley
che, come lui, si riconoscevano nella teologia dialettica e confessante di Karl Barth. Il numero uno di “Réforme” usciva il 24
marzo 1945 e Albert Finet ne fu direttore fino al 1970. Il pastore Finet, serio e sorridente, sentinella attenta e penna coraggiosa, seppe affermare una reale presenza protestante nell’attualità». Il pastore André Dumas, nell’ultimo numero di «Réforme», ne parla così: «Albert Finet era un contadino che adorava
leggere e soprattutto scrivere (...). Non era né enigmatico né mistico, né sconcertante ma sicuramente libero. Fu sempre un gollista di sinistra che fece suonare le campane del suo villaggio
per la morte del Generale (...). Ma più tardi firmò l’appello nazionale in favore dell’elezione di Mitterrand».
Lettonia; l'arcivescovo luterano
contrario alle donne pastore
RIGA — Le partecipanti all’«Accademia estiva delle donne
europee» hanno reagito sconcertate al rifiuto di procedere a ulteriori ordinazioni di pastore fra i luterani lettoni. In una lettera
all’arcivescovo Jenis Vanags, capo della Chiesa evangelica luterana della Lettonia, esse esprimono la loro solidarietà con le
pastore già ordinate, alle quali è stato concesso di rimanere in
servizio, ma che temono per i propri diritti. Vanags, che ha assunto l’incarico da poche settimane, è stato eletto arcivescovo
nello scorso febbraio come successore di Karlis Gailitis, deceduto in seguito ad un incidente d’auto. Già prima della sua ordinazione si era pronunciato contro il pastorato femminile.
Slovacchia: intolleranza verso
la minoranza zingara
PARIGI — Peter Weiss, vicepresidente del Parlamento slovacco, è stato ricevuto il 5 ottobre scorso alla Federazione protestante di Francia dai pastori Jacques Stewart, presidente della
Federazione (Fpf) e Christian D’Hont, della Missione evangelica degli zingari di Francia (Metf). Weiss ha parlato delle preoccupazioni del governo slovacco riguardanti la popolazione zingara residente nel paese. Si tratta di circa 200.000 persone, per
10 più sedentarizzate ma non integrate alla società sìovacca, che
incontrano molte difficoltà nella vita quotidiana. L’evasione
scolastica dei loro figli è molto alta, il che porta a conseguenze
negative: bocciature, delinquenza, ecc. La disoccupazione colpisce largamente la popolazione adulta, senza qualifica professionale. Le difficoltà sono aggravate dal fatto che la popolazione zingara non ha alcun tipo di rappresentanza politica. Inoltre,
le chiese tradizionali delia Slovacchia non hanno alcun rapporto con le comunità religiose zingare. Fenomeni di intolleranza e di razzismo nei loro confronti tendono ad amplificarsi.
11 vicepresidente slovacco si è dichiarato molto interessato
dall’esperienza della Metf in Francia: questa infatti ha partecipato a varie missioni miranti a risolvere i problemi di inserimento di popolazioni zingare rifugiate in Francia, in particolare
romene. E stata auspicata la partecipazione della Metf a missioni similari in Slovacchia. Una proposta in tal senso verrà fatta
al governo slovacco da parte dello stesso Peter Weiss.
Kek: nominato nuovo direttore
del Dipartimento studi
GINEVRA — La Conferenza delle chiese europee (Kek) ha
nominato il teologo ortodosso romeno Viorel lonita, di 47 anni,
direttore del proprio Dipartimento studi. lonita succederà dal
gennaio 1994 al teologo luterano tedesco Hermann Goltz. Secondo notizie provenienti da Ginevra, sede della Kek (organizzazione che raccoglie 115 chiese europee non cattoliche), Viorel lonita è decano della Facoltà teologica di Cuza nella città di
lasi ed è un esperto di storia del cristianesimo con una lunga
esperienza ecumenica nel dialogo fra ortodossi e protestanti.
Vojvodina; le chiese pregano
per la pace
NOVI SAD — Nella capitale della Vojvodina, Novi Sad, regione autonoma della ex Jugoslavia, ogni venerdì alle 19 si
svolgono incontri di preghiera per la pace in una delle chiese
cittadine. La conduzione delle riunioni è affidata all’«Opera di
aiuto ecumenico», un’organizzazione caritativa interconfessionale attiva dal marzo del 1993 a Novi Sad e dintorni. A questi
incontri partecipano la Chiesa cattolica, la Chiesa greco-cattolica, la Chiesa riformata, la Chiesa metodista e la Chiesa avventista. La Chiesa ortodossa serba, la comunità israelitica e quella
musulmana hanno assicurato la loro collaborazione.
3
\/F.NERDÌ 5 NOVEMBRE 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 3 RIFORMA
Il campo «single» al Centro battista di Rocca di Papa
La Chiesa battista di Livorno incontra le comunità immigrate
Un uomo, una donna, una vita Con la comunità senegalese
Il campo single, che si è
svolto presso il Centro evangelico battista a Rocca di Papa (Roma), dal 5 al 13 agosto
1993, ha avuto come tema:
«Un uomo, una donna, una
vita». Per far riflettere e discutere i campisti sul tema
prescelto, sono stati forniti
due tipi di stimoli: il primo di
carattere psicologico e il secondo di carattere biblico.
Per il primo aspetto, la psicoioga Diana Scala Paulillo
ha illustrato innanzitutto il
sentimento decisivo per la vita di ciascuno: l’amore, in
tutte le sue manifestazioni.
Questo sentimento è oggi in
crisi e quindi va aiutato e stimolato. La relatrice si è poi
soffermata a lungo sul concetto di identità personale e
sui fattori che, nel corso della
vita ma soprattutto nell’infanzia, contribuiscono alla sua
formazione e modificazione.
Anche l’identità, a causa dei
rapidi cambiamenti sociali, è
oggi in crisi. In particolare
l’identità sessuale, sulla base
delle differenze biologiche, si
struttura in atteggiamenti e
comportamenti che sono fortemente influenzati dalla cultura in cui si vive. Riflettere
sulla propria identità e agire
su se stessi per cercare di modificare, per quanto è possibile, le cose che non piacciono
e per cercare di accettare le
cose che non si possono cambiare, è un ottimo esercizio
che favorisce, tra l’altro, lo
stabilirsi di rapporti interpersonali corretti tra un uomo e
una donna, che possono durare una vita.
Per il secondo aspetto,
quello biblico, Elena Mangione Girolami ha introdotto e
coordinato una serie di studi
sul libro di Ruth che, nonostante la sua brevità, si è rivelato una fonte ricca di spunti
per affrontare, tutti insieme, il
tema del campo. Nel libro
viene narrata la storia di tre
donne sicuramente single
(Naomi e le sue nuore Ruth e
Orpa) e di un uomo probabilmente single (Boaz).
A parte questa coincidenza
con la tipologia del campo,
durante lo studio è stata evidenziata una serie di argomenti sia di carattere generale sia specifici per la formazione della coppia. Alla
base di molte scelte importanti, fatte dai protagonisti del
racconto, vi è la fede in Dio.
C’è chi sceglie di tornare, come fanno Naomi e Orpa, sia
pure in direzioni opposte, e
c’è chi sceglie di andare
avanti, come fa Ruth. La scelta di Ruth si configura come
un «di più» rispetto alle attese. Seguire l’Iddio e il popolo
di Israele, prendersi cura della suocera, non sono cose
scontate. Questa decisione,
sia pure inconsapevolmente,
contribuirà all’ adempimento
del piano di Dio nella storia.
Ruth sarà infatti l’antenata di
Davide e di Gesù. Tra gli altri
argomenti, tratti dal libro di
Ruth e interessanti il tema del
campo, sono da evidenziare il
problema delle migrazioni e
la possibilità di matrimoni interetnici, l’incidenza dei rapporti familiari d’origine sulla
formazione della coppia, i pesanti condizionamenti economici, gli aspetti legislativi, la
pressione delle consuetudini.
Esaminando da vicino l’uomo e la donna, protagonisti
del racconto (Boaz e Ruth), e
lo stabilirsi tra loro di un rapporto d’amore, si nota una
grande distanza tra i due.
L’uno è un cittadino ben inserito nel suo popolo, l’altra è
una straniera da poco immigrata. Il primo è un proprietario terriero con molti dipendenti, la seconda è una lavoratrice marginale con familiare a carico. Boaz è già un
uomo maturo e Ruth, benché
già vedova, ancora giovane.
Anche gli atteggiamenti
dell’uomo verso la donna e
della donna verso l’uomo sono molto diversi. Boaz tende
a prendere le cose alla larga:
mostra curiosità per la nuova
arrivata, chiede informazioni
indirette sulla sua identità e
soprattutto esercita il suo ruolo di proprietario terriero, nei
confronti di una povera spigolatrice, in modo oltremodo
generoso. Si tratta anche qui
di un «di più» rispetto alle
aspettative. L’atteggiamento
di Ruth nei confronti di Boaz
appare più determinato. Gli
La Tavola valdese e la redazione deWAmico dei
fanciulli organizzano per il giorno 20 novembre
1993 a Milano, presso la Chiesa valdese di via
Francesco Sforza 12/A, un convegno sul tema:
Il futuro de
L’amico dei fanciuiii.
Gli interessati e le interessate possono telefonare a
Floriana Bleynat (02-70602034) o a Maddalena
Giovenale (0541-51055).
chiede subito perché si interessa tanto a lei e anche se la
risposta è accettabile (Boaz è
un parente di Naomi), probabilmente intuisce che le attenzioni nei suoi confronti vanno
ben al di là del semplice dovere di soccorrere parenti bisognose. Anche se il testo tace al riguardo, si può verosimilmente supporre che anche
Ruth fosse attratta da
quest’uomo gentile, generoso
e rispettoso nei suoi confronti. Sta di fatto che è Ruth, su
consiglio di Naomi, a prendere l’iniziativa di dichiarare di
essere disponibile a diventare
la sposa di Boaz.
La storia continua con un
momento di suspense: compare il terzo incomodo. Si
tratta di un altro parente che
ha il diritto di prelazione
nell’acquisto dei terreni di
Naomi e che potrebbe sposare Ruth. Boaz, con un’abile
mossa diplomatica, pur nel rispetto delle leggi vigenti, riesce ad avere la meglio sul suo
potenziale rivale e la storia si
conclude con il lieto fine.
Per rendere più vivace la
partecipazione agli studi, seguiti anche da persone presenti presso il Centro battista
ma non iscritte al campo single, sono stati fatti alcuni tentativi di animazione: la lettura
di una poesia e la somministrazione di un questionario
anonimo sulle «paure», per la
parte psicologica, e la lettura
dialogata del libro di Ruth,
per la parte biblica. Gli studi
sono stati quasi sempre preceduti a seguiti da canti e preghiere; inoltre i campisti hanno partecipato a tre culti: uno
presso il Centro battista stesso, uno presso la Comunità
battista di Centocelle, a Roma, e uno presso una famiglia
di Ariccia.
Un’attività importante del
campo è stata quella delle gite, quasi giornaliere, verso
varie località, tra cui Roma
(monumenti e attrattive varie), Castel Gandolfo (spiaggia sul lago di Albano), Tivoli (visita della Villa Adriana).
La presenza di varie nazionalità: brasiliana, portoghese,
statunitense, oltre che italiana, è stata certamente una circostanza positiva che sarebbe
auspicabile si ripetesse anche
in futuro.
La comunità battista di Livorno, curata dal pastore Antonio Di Passa, ha trascorso,
sabato 9 ottobre, una serata
veramente piacevole e costruttiva insieme alla comunità senegalese presso la casa
di accoglienza per extracomunitari dove siamo stati invitati a degustare un ottimo
cuscus preparato per tutti noi
da Mor Tambedou e Sali
Ibrahima, due giovanissimi
ragazzi senegalesi.
L’idea di conoscerci meglio
è nata in seguito a vari incontri avvenuti tra alcuni nostri
fratelli e il presidente della
comunità senegalese in Livorno, Diop Mbaye, per cercare di approfondire un rapporto di scambio reciproco
che ha avuto inizio durante la
mostra fotografica su Martin
Luther King, realizzata la prima settimana di giugno. Con
questi amici senegalesi e marocchini abbiamo cercato di
instaurare sin dall’inizio un
sincero rapporto di amicizia,
come loro stessi ci avevano
richiesto. Così siamo andati
in 30 tra giovanissimi, giovani e meno giovani, portando
con noi bibite e dolci, e soprattutto la nostra disponibilità. Anche i più titubanti tra
di noi sono poi riusciti, grazie
anche alla gentilezza e simpatia dei senegalesi, a dialogare
e scoprire in questi giovani
un retroterra culturale ricco e
motivato. La serata è stata poi
movimentata da balli improvvisati con musica africana, e
Seydina e altri amici hanno
cantato una canzone nella loro lingua a alcune giovanissime ragazze della nostra comunità.
«È stato molto bello per noi
- dice Diop - vedere subito,
dai primi approcci, che ci dimostrate fratellanza e rispetto
per la nostra fede. Noi stiamo
cercando di inserirci nella società italiana mantenendo la
nostra autonomia, e per fare
questo abbiamo bisogno di
aiuti concreti. Ci auguriamo
che questo contatto con voi
non si fermi qui...».
Dopo esserci scambiati indirizzi e numeri telefonici, ci
siamo salutati con un «arrivederci a presto»; infatti stiamo
già lavorando perché gli extracomunitari possano far valere i loro diritti nell’applicazione della legge 112/91 e ci
siamo già ripromessi di lavorare a loro fianco per la realizzazione di un mercato con
vendita di oggetti artigianali
africani e l’apertura di un negozio da loro gestito.
Insieme lotteremo contro
tutte le forme di razzismo,
consapevoli che a nulla porterà il nostro impegno se non
ci sarà il Signore a guidare i
nostri passi.
Hai fatto
l’abbonamento
RIFORMA?
La Chiesa metodista di Omegna partecipa a «Nonsolaiuto>
Una storia da raccontare
La storia della nostra chiesa è strettamente intrecciata a
quella della nostra cittadina,
che da anni ospita una piccola comunità di senegalesi.
Dall’anno scorso è stata
costituita l’associazione
«Nonsolaiuto», fortemente
voluta proprio dagli immigrati africani che risiedono e
lavorano a Omegna; noi vi
abbiamo subito aderito perché il nostro impegno di
evangelici si concretizzi al
meglio nello spirito di accoglienza e di fraternità verso
questi fratelli che vengono
definiti «extracomunitari»
secondo un termine che non
ci può piacere poiché sembra
escluderli dalla «comunità»
che noi vogliamo civile, democratica ed ecumenica.
Sette mesi fa uno dei nostri
amici è stato portato in carcere dove è rimasto per questo tempo perché, qualche
anno fa e in altra città, per
campare aveva venduto
«borse firmate» senza la li
cenza di commercio, che è
costosa e non viene rilasciata
con facilità agli stranieri.
Quel ragazzo era poi venuto
a Omegna dove aveva trovato un regolare lavoro in fabbrica, ma nel frattempo la
giustizia aveva fatto il suo
corso e l’aveva processato a
sua insaputa, condannandolo
in contumacia al massimo
della pena (due anni e un
mese) forse per dare un
esempio. Il nostro amico ha
potuto essere finalmente e
felicemente «salvato», e ora
è tornato al suo posto di lavoro con noi. Da «Nonsolaiuto» abbiamo ricevuto
questa lettera che divulghiamo come «bentornato» al nostro amico.
«...Noi avremmo voluto
raccontare la storia vera del
nostro amico africano perché gli fosse di riscatto morale, perché potesse essere di
stimolo ad altre associazioni
come la nostra, perché fornisse un elemento di speran
Per le chiese del Napoletano
Corso di formazione
biblico-teologico
za ad altri come lui, per offrire un momento di informazione e riflessione per tutti.
Ma lui e i suoi amici senegalesi ci sorridono, ci abbracciano, ma dicono: “Lascia perdere, la verità può
far diventare più cattivi, può
far altro male a nostri fratelli, la gente non capisce, le
cose non possono cambiare,
c’è Dio... ”.
Noi non condividiamo le
loro paure e le loro sfiducie,
noi continuiamo a credere
che sarebbe giusto denunciare ogni torto e pubblicare
ogni verità, ma è con grande
stima che rispettiamo la loro
scelta e i loro altissimi sentimenti dignitosi, tacendo pubblicamente, rivolgendoci qui
soltanto a tutte quelle centinaia e centinaia di persone
che, in ruoli diversi, hanno
creduto nella solidarietà e ce
l’hanno data perché noi la
potessimo offrire all’amico
che si meritava e si è meritato di tornare fra noi, a vivere
e a lavorare come già sta facendo.
Forse le storie più belle e
difficili sono proprio quelle
che non si possono nemmeno
raccontare. Con fiducia in
tutti gli amici di Nonsolaiuto
di Omegna, e con amore e
grande stima verso tutti i nostri amici senegalesi che
hanno continuato a credere
in tutti noi».
Le chiese battiste dell’area
napoletana, col coordinamento del Dipartimento di
evangelizzazione e del Dipartimento di teologia dell’
Ucebi, hanno dato vita a un
«Corso di formazione biblico-teologica». Il corso è rivolto ai ministri della Parola
che operano in Campania e
nelle zone limitrofe. In una
prima fase di «rodaggio» sono state avviate attività per
un ciclo di tre mesi. Gli incontri saranno tenuti presso
la chiesa battista di via Foria
93 a Napoli, con cadenza
quindicinale, il sabato dalle
ore 16 alle ore 21. Il primo
incontro è fissato per sabato
13 novembre. Nel corso di
questo primo ciclo di lezioni
verranno trattati due temi: il
messaggio dell’Antico e il
messaggio del Nuovo Testamento.
L’iniziativa di dar vita a
un corso di formazione biblico-teologica a Napoli è partita dai due dipartimenti dell’
Ucebi e ha trovato pronta accoglienza da parte di tutti i
pastori e responsabili di
chiesa della zona. Questa
iniziativa vuole essere un
passo avanti rispetto alle
esperienze che i due dipartimenti hanno condotto a Napoli nel corso dell’anno ecclesiastico ’92-93.
CULTO
EVANGELICO IN
EUROVISIONE
Domenica 7 novembre
ore 10 - Raidue
Dalla chiesa riftmnata di
Murato (Canton Ticino)
A
culto evangelico ,
in occasione della
. Domenica della
. Riforma. ,
Predicatore:
» " ;
Paolo Tognina.
4
PAG. 4 RIFORMA
Della Parola
VENERDÌ 5 NOVEMBRE 199,'^
CONFRONTARSI
CON DIO
EUGENIO RIVOIR
Questa è la storia di un
uomo da nulla, messosi
a vivere insieme a uomini da
nulla. Ma questa è anche la
storia di un uomo che dice,
piangendo, gridando, implorando aiuto da qualcuno: «Io
ho dato la parola aH’Etemo e
non posso più tornare indietro».
Questa è una storia che ci
colpisce come una pietra, ci
sbalordisce, ci fa rimanere
senza parole, ci nausea, ci fa
paura. Ma che storie raccontiamo ai nostri amici, ai
nostri conoscenti, alla gente
del nostro paese?
Una storia sconvolgente
Jefte, un uomo forte e generoso: la storia ci descrive la sua situazione:
«Jefte, l’uomo di Galaad,
era forte e valoroso, figlio di
una meretrice, e aveva Ga
laad per padre. La moglie di
Galaad gli aveva dato dei figli; e quando questi figli della moglie furono grandi cacciarono Jefte e gli dissero:
«Tu non avrai eredità in
casa di nostro padre perché
sei figlio di un’altra donna».
E Jefte se ne fuggì lontano
dai suoi fratelli e si stabilì
nel paese di Tob. Degli uomini da nulla si raccolsero
attorno a Jefte e facevano
delle incursioni con lui.
Qualche tempo dopo avvenne che i figli di Ammon
mossero guerra a Israele. E
come i figli di Ammon muovevano guerra a Israele gli
anziani di Galaad andavano a
cercare Jefte nel paese di
Tob. E dissero a Jefte: «Vieni, sii nostro capitano, e
combatteremo contro i figli
di Ammon».
Ma Jefte rispose agli an
« Allora lo Spirito dell’Eterno venne su
Jefte, che attraversò Galaad e Manasse,
passò a Mitspa di Galaad, e da Mitspa di
Galaad mosse contro i figlioli di Ammon.
E Jefte fece un voto all’Eterno, e disse: Se
tu mi dai nelle mani i figlioli di Ammon, la
persona che uscirà dalle porte di casa mia
per venirmi incontro quando tornerò vittorioso dai figlioli di Ammon, sarà dell’Eterno, e io l’offerirò in olocausto.
E Jefte marciò contro i figlioli di Ammon
per far loro guerra, e l’Eterno glieli diede
nelle mani. E egli inflisse loro una grandissima sconfitta, da Aroer fin verso Minnith,
prendendo loro venti città, e fino ad AbelKeramim. Così i figlioli di Ammon furono
umiliati dinanzi ai figlioli d’Israele».
(Giudici 11,29-33)
■BAKE. 11/1
SIETE TUTTI abbonati A
DEI FAMCIULU
Abbonamento annuo L. 23.000 - Estero L.
28.000 Sostenitore L. 30.000 - Una copia
L. 3.000 da versare su c.c.p. n. 14603203
intestato a «L’amico dei fanciulli - Tavola
Valdese» - 20159 Milano - Via Porro Lambertenghi 28
ziani di Galaad: «Non mi
avete voi odiato e cacciato
dalla casa di mio padre? Perché venite da me ora che siete nell’angustia?». E gli anziani di Galaad dissero a Jefte: «Appunto per questo torniamo ora da te, onde tu venga con noi e combatta contro
i figli di Ammon e tu sia capo di noi tutti figli di Galaad». Jefte rispose agli anziani di Galaad: «Se mi riconducete da voi per combattere contro i figli di Ammon, e l’Eterno li dà in mio
potere, io sarò vostro capo».
E gli anziani di Galaad dissero a Jefte: «L’Eterno sia testimone tra noi, e ci punisca
se non facciamo quello che
hai detto».
Jefte dunque andò con gli
anziani di Galaad; il popolo
lo costituì suo capo e condottiero, e Jefte ripetè davanti
all’Eterno, a Mitspa, tutte la
parole che aveva detto prima» (Giudici 11, 1-11).
Questa è la storia di Jefte,
prima privata, poi pubblica.
E la storia di un uomo cacciato di casa, diventato bandito, richiesto (perché forte)
di diventare capo, di diventare protettore del paese. Una
storia di tanti tempi, anche
dei nostri tempi.
Il nome deirEterno
Ma nella storia che ci è
raccontata, un nome
ritorna continuamente: l’Eterno. L’Eterno ha dato nel
passato, l’Eterno ha vinto,
l’Eterno ha deciso, l’Eterno
sia testimone. E allora, poiché tanto di lui mi è stato
detto, poiché ho capito chi
era, chi è, allora decido anch’io, scelgo anch’io, parlo
anch’io dell’Eterno.Sarà
consuetudine? Sarà cosa seria? Sarà perché ne parlano
tutti? Sarà perché un giorno
l’ho incontrato? Decido anch’io come il mio popolo e
do la parola all’Eterno. E
questa è la mia scelta. «E
Jefte fece un voto all’ Eterno» (v. 30).
Quanto posso essere felice
della mia scelta! Ho scelto
anch’io l’Eterno! Sono stato
capace di scegliere! Ma questa storia subisce un’impennata, un freno, un grido fortissimo, quasi un urlo, forse
un urlo, una frase cominciata
normalmente e poi spezzata a
metà, e poi non più continuata, perché non ce n’è la forza:
«E Jefte se ne tornò a Mitspa,
a casa sua; ed ecco uscirgli
incontro sua figlia, con timpani e danze. Era l’unica sua
figlia. Non aveva altri figli né
altre figlie. E come la vide si
stracciò le vesti e disse: Figlia mia... io ho dato la parola
all’Eterno e non posso ritirarmene» (v. 34-35).
E allora, che cosa vuol dire, in questo racconto di una
drammaticità indicibile, che
«lo Spirito dell’Eterno venne
su Jefte»? La storia dell’
Eterno entra nella mia storia.
Questo è un racconto che
mi è proposto. Ma è un racconto che non mi piace, che
non accetto, che voglio dimenticare di aver letto. E
non posso invece, non posso
più: la storia del mio tempo,
la mia storia, mi opprime, mi
schiaccia.
Mi guardo intorno, ascolto
quel che oggi succede, sento
le storie che altri mi raccontano: ieri, 16 ottobre, tutti ne
hanno parlato: «16 ottobre
1943: uno per uno gli ebrei a
Roma vengono presi nelle
loro case, cacciati in vagone
bestiame e mandati a morire». Fra quelli che vivevano
a Roma (fra i carcerieri e fra
quelli che vedevano e lasciavano fare c’erano dei cristiani, c’era gente che aveva parlato dell’Eterno).
Due giorni fa, il 15 ottobre
di quest’anno, neU’Africa del
Sud ritorna, dopo un periodo
di sospensione, ad essere
pronunciata la parola «condanna a morte»: sono degli
assassini politici i condannati, gente che ha agito nel nome di una teoria razzista che
si rifà a una lettura biblica
(hanno imparato il razzismo
mentre imparavano a parlare
dell’Eterno).
Oggi come ieri?
Oggi come ieri? Anche
qui, come nel testo biblico, la parola dell’Eterno
(«io ho dato la parola all’Etemo»). E penso allora a tutti
coloro che hanno imparato a
parlare dell’Eterno mettendosi gli uni contro gli altri
(per fanatismo? chissà!), gli
intolleranti, gli uomini e le
donne che sanno.
Quando leggo un testo come questo mi domando spesso come posso, come devo
reagire. Mi domando: come
faccio a scegliere le mie letture? Quali sono i miei, i nostri racconti (detto in altre
parole: come posso ascoltare
la parola di Dio, e ancora:
come parlo di Dio)? Scopro
che i testi che mi sono proposti non sono sempre testi
che posso accettare, e mi
scontro con la pagina che li
riporta, mi scontro con le
Scritture. Una parola mi viene detta ma non la posso accettare.
Penso alla storia, che mi
provoca e mi sconvolge, di
Giacobbe che lotta con Dio e
non smette di lottare finché
non giunge l’alba, finché non
vede, e zoppicando può riprendere la sua strada. E di
nuovo ritorna la domanda:
che storia leggerò ai miei
fratelli e ai miei amici? che
storie saprò raccontare? qual
è la parola, quali le parole
dell’Eterno?
Un compito appassionante
Tra le pagine bibliche ho
trovato due testi che, in
modo diverso, mi hanno colpito: il primo è il Salmo 86
(«Inclina l’orecchio tuo, o
Eterno, e rispondimi perché
io sono afflitto e misero...
perché io grido a te tutto il
giorno»), un salmo letto,
ascoltato e cantato in tanti
tempi e in tanti luoghi da
tante comunità di credenti; il
secondo testo è più recente
(eppure molto lontano): è un
versetto di Paolo nella sua
prima lettera alla chiesa di
Corinto: «Chi si pensa di star
ritto, guardi di non cadere» (I
Corinzi 10, 12). Sembrano
un aiuto questi testi: la Scrit
tura di ieri e dell’altro ieri mi
racconta la storia di gente
che ha cercato Dio, in tanti
modi, di gente che ne parla,
ne parla a tutti noi.
Che cosa ne faremo? Lavoriamo su questo, nei giorni
che abbiamo davanti a noi. È
un lavoro impegnativo, che
disturba, ma è anche un lavoro che fa crescere, che fa maturare.
Quali parole diremo per
accompagnare la nostra vita
e la vita di coloro che incontriamo? Non conosco compito più duro, ma anche più appassionante per gente che ha
voglia di cercare. Ci confrontiamo fra noi, ci confrontiamo con Dio.
Solo per tua volontà
Signore, nostro Dio! Tu ci vedi qui riuniti per
annunziare la tua Parola ed ascoltarla, per invocarti, per lodarti, per domandarti l’unico bene salutare per noi e per il mondo intero.
Ma come lo faremo? Tu sai bene che razza di
gente siamo tutti noi; lo sappiamo anche noi e
non possiamo rinnegare davanti a te i nostri cuori
duri, i nostri pensieri impuri, i nostri desideri disordinati e tutto ciò che ne risulta, i nostri errori e
le nostre trasgressioni, tante parole e azioni che ti
addolorano e che non fanno che rovinare e turbar
re la pace sulla terra. Chi siamo noi per servirti in
quest’ora e per aiutarci reciprocamente?
Noi ne siamo incapaci, a meno che non venga
tu stesso a parlare e ad agire in mezzo a noi. Noi
ci attendiamo unicamente alla promessa della tua
grazia e della tua misericordia, secondo la quale
Gesù Cristo, tuo Figlio diletto, è venuto a portare
la buona notizia ai poveri che noi siamo, ad annunciare la libertà ai prigionieri e la vista ai ciechi, a salvare i peccatori che noi siamo. In quest’ora contiamo su questa promessa, lii puoi ciò
che noi non possiamo. Ci crediamo e abbiamo fiducia che tu lo farai, non certo in virtù dei nostri
meriti, ma solò per tuà volontà. Amen.
Karl Barth
(Tratto da Preghiere, Karl Barth, Claudiana, 1987)
5
venerdì 5 NOVEMBRE 1993
Convegno Battista
PAG. 5 RIFORMA
r ¿ ^ i
~"‘“"'’‘Üif"
áSSisirti^'SSfirtl
Il castello e la spiaggia di Santa Severa
CHIESE, SOCIETÀ E ANNUNCIO EVANGELICO
GUIDATI
DALLA PAROLA
SERGIO TATTOLI
«Non per la tua potenza... ma grazie al mio Spirito»
(Zaccaria 4, 6)
Zorobabele, principe di Giuda, condottiero di un nucleo
di reduci dall’esilio babilonese, viene visto aggirarsi tra
le macerie di Gerusalemme con un piombino mostrando il
chiaro intento di dare avvio ai lavori di ricostruzione. Cominciare la ricostruzione con un misero fdo di piombo: patetico, se volete, questo personaggio! Ma Dio guarda con favore la sua iniziativa e promette di aiutarlo, avendo cura di
precisare chi sarà l’artefice del successo; «Tu riuscirai nel
tuo sforzo non per la tua potenza né per la tua forza, ma grazie al mio Spirito» dice TEtemo.
Interrogarsi sul ruolo del ministero pastorale non può essere disgiunto dall’interrogarci sul ruolo della chiesa. L’esigenza di fondo che si legge tra le righe è la speranza di un
rinnovamento delle nostre comunità (che poi solo in un certo
senso sono nostre: in realtà restano le chiese di Dio, quelle
che il suo Spirito ha suscitato); forse stiamo per vivere una
nuova stagione di quella «ecclesia reformata semper reformanda». In un momento in cui la società cerca di ricostruirsi
dopo le macerie di Tangentopoli è legittimo il bisogno di ripensare il ruolo da ricoprire nella società. In questo senso,
anche noi abbiamo bisogno di una ricostruzione. E abbiamo
bisogno dell’aiuto di Dio.
Come il Signore ricorda a Zorobabele che il suo sforzo
avrà successo nella misura in cui saprà affidarsi alla luce
dello Spirito così lo sforzo di rinnovamento che vediamo
profilarsi all’orizzonte avrà possibilità di successo nella misura in cui sapremo rinunciare alla nostra miope arroganza e
alla pretesa di avere sempre le risposte giuste, per lasciarci
invece illuminare e guidare dalla parola e dall’esempio di
Cristo. E allora si adatta al nostro caso la visione di Zaccaria. Il candelabro (indispensabile arredo per T illuminazione
del tempio) accende T immaginazione di Zaccaria, il quale
vede nelle fiammelle che brillano sulle lucerne del candelabro gli occhi di Dio. Dio vigila sul mondo.
In ambito cristiano il testo viene interpretato e arricchito
di una nuova simbologia nella quale si risente l’eco delle parole di Gesù: «Voi siete la luce del mondo... non si accende
una lampada per metterla sotto il moggio, anzi la si mette sul
candeliere ed essa fa lume...» (Matteo 5, 14-15) o del commento di Paolo: «Voi splendete come luminari nel mondo,
tenendo alta la Parola della vita» (Fil. 2, 15). Nella riflessione cristiana il candelabro viene assunto a simbolo della chiesa. In Apocalisse 1 la visione dei sette candelabri viene così
spiegata: «...i sette candelabri sono le sette chiese».
La chiesa però non è come una stella che possa brillare di
luce propria ma risplende della luce riflessa del Signore. Deve brillare nel mondo, ma grazie alla fiamma accesa dello
Spirito del Signore. Non intendo con questo dare vento ad
una vela carismatica che non sento mia; ma solo porre l’accento sulla necessità di un nuovo entusiasmo, di un rinnovato senso di fedeltà alla parola di Dio. Talvolta nelle chiese si
nota un’atmosfera cupa, quasi che TEvangelo sia motivo di
tristezza: inspiegabilmente si è più proclini a racchiudere
Cristo nell’ombra, tra i muri dei luoghi di culto, anziché annunciarlo al mondo, nel pieno chiarore del giorno, addirittura sui tetti, come diceva Gesù. Bisogna guardarsi dalla tentazione di ricostruire con le nostre forze. Abbiamo bisogno del
calore, anzi del fuoco dello Spirito per rendere testimonianza
al Signore, per diffondere TEvangelo di Cristo, che è poi la
ragione d’essere della chiesa.
In questo momento di generale incertezza, di tendenza alla
rassegnazione, di difficoltà a trovare un posto nella società,
di rigurgiti razzisti, di tensioni sociali, assieme alla voglia di
ricominciare di tanti, è giusto non perdere il treno della storia, sapere cogliere i segni dei tempi; è giusto che si rifletta
per trovare una via per incidere nel tessuto sociale e acquisire una nuova determinazione nell’annuncio delTEvangelo.
11 Signore vegli sul mondo e su di noi; trasformi la nostra
debolezza in forza quando ci accingiamo a lavorare per la
sua causa! Grazie all’amore di Dio possiamo distogliere lo
sguardo da noi stessi e dall’incertezza del presente per volgerlo verso di lui; e vedere nella fede in Gesù Cristo la sorgente della speranza; vivere nella comunione del suo Spirito: la luce che risplende nelle tenebre e rischiara il nostro
cammino.
Il messaggio che il Convegno ha rivolto alle chiese delTUnione battista in Italia
Uno Spirito, una chiesa, molti ministeri
in vista del sacerdozio universale dei credenti
Care sorelle e cari fratelli, i partecipanti al
Convegno delle chiese battiste in Italia, convocato sul
tema «Il ministero pastorale
oggi» e riunito al Villaggio
della gioventù (Santa Severa) dal 22 al 24 ottobre, vi
salutano nel nome del Signore. Sebbene immersi nel
mare delle nostre divisioni,
dei nostri contrasti e delle
nostre sconfitte, abbiamo
udito la sua parola di grazia
che ci ha accordato fiducia e
ci ha dato di vedere il cammino che sta davanti a noi in
Cristo Gesù. A lui che ci
salva e ci rinvia nella missione a questo mondo sia la
lode e il ringraziamento ora
e sempre. Amen.
Il nostro lavoro animato
dalla passione per TEvangelo e il bene delle chiese del
Signore ha rilevato le difficoltà, i disagi e le inadempienze nelle quali vivono le
nostre chiese, i loro ministri
e TUnione. Ma i dibattiti
animati, Tanalisi impietosa
e la scoperta, ancora una
volta, che siamo operai e
operaie indegni, non ci ha
bloccato. Infatti il Signore
non ha cessato di parlarci,
non solo nella meditazione
della sua Parola, ma anche
nel segreto dei nostri cuori,
consolandoci mediante il
suo Spirito e aprendo ancora
una volta l’orizzonte del suo
Regno che viene.
In virtù di questa azione
della grazia noi, che pure
eravamo smarriti, abbiamo
potuto aprire gli occhi al
mandato tuttora valido che il
Signore ci ha affidato come
persone e come chiese. La
corsa continua dunque, perché la meta è chiara davanti
a noi.
Il mandato
Il mandato che ci è consegnato è quello antico ma
sempre nuovo della verità
che viene dall’alto, cioè dello Spirito (Giov. 3, 5-8) fin
dai tempi degli apostoli e
via via nel corso della nostra
storia particolare di chiese
battiste permane la vocazione ad evangelizzare, fare discepoli, battezzare e ammaestrare (Mt 28, 19s). Non
dobbiamo dunque stancarci
di comunicare il buon mes
Un momento dei lavori al convegno di Santa Severa
saggio di Cristo nelle nostre
famiglie, nelle nostre chiese
e nella società. Questa vocazione specifica deve essere
sostenuta dalla testimonianza personale e collettiva,
non solo perché il Signore
lo richiede («Mi sarete testimoni...» Atti 1, 8), ma anche perché la gente che vive
in questo nostro paese, ma
specialmente gli immigrati,
i poveri, i disoccupati, i giovani senza prospettive, i sofferenti di ogni tipo e a qualsiasi livello della società,
hanno disperato bisogno,
nel loro smarrimento, della
testimonianza delle realtà
del Regno di Dio che silenziosa e nascosta vive e si
diffonde per mezzo della
chiesa.
L'unità
Perché questa evangelizzazione e questa testimonianza siano credibili e - se
Dio lo vuole - convincente,
occorre innanzi tutto che ci
adoperiamo a mantenere
l’unità delle nostre chiese,
emblematicamente espressa
nel Patto dell’Unione e nella
nostra Confessione di fede.
Ci pare, poi, che questa
unità non debba essere fine
a se stessa, ma orientata a ricercare l’unità di tutte le
chiese del Signore, cioè
l’unità dello Spirito col vin
colo della pace (Efes. 4, 3).
A questo scopo vi invitiamo
a procacciare l’incontro fraterno, a pregare perché lo
Spirito crei i vincoli della
pace e perché l’amore non
finto qualifichi il nostro
cammino. Noi riteniamo che
le nostre chiese battiste abbiano un contributo da dare
nel concerto delle chiese in
termini di libertà, di attuazione del sacerdozio universale dei credenti, di varietà
di ministeri e ricchezza di
doni.
Il rapporto organico
A questo proposito ci richiamiamo alla metafora del
corpo (Rom 12 e I Cor 12) ,
secondo la quale le varie
membra stanno assieme in
rapporto organico, di modo
che tutto il corpo ben collegato cresca e rifletta la
realtà di Cristo. In particolare desideriamo sottolineare
che occorre scoprire la pluralità di doni che lo Spirito
suscita nelle chiese e dei ministeri che ne derivano. Ma
la pluralità senza unità organica frustra l’opera dello
Spirito e crea confusione e
separazione.
Il ministero pastorale
Il ruolo del pastore non
può essere, nella sua sostanza, che quello definito dalla
L’Assemblea durante un culto nella Chiesa battista di via Feria a Napoii
Riforma e cioè quello della
predicazione, dell’insegnamento e della «cura d’anime». Questa triplice funzione dovrebbe attualizzarsi in
armonia con gli altri ministeri presenti nella chiesa locale e nel rapporto che le
chiese stabiliscono con
TUnione. Inoltre siamo convinti che il servizio pastorale debba riqualificarsi comprendendo la funzione di
animazione nella chiesa, abbandonando nella pratica
quella preminenza, centralità, e a volte superiorità,
che spesso pastori e comunità hanno negli anni realizzato.
La progettualità
Il Convegno infine ha più
volte sottolineato la necessità che le nostre chiese si
muovano insieme nella linea
di una progettualità che sul
piano interno rilanci la politica del piano di cooperazione e verso l’esterno si proponga di venire incontro alla domanda di trasparenza,
di eticità e di senso che la
società oggi si pone con
sempre maggiore insistenza.
Per far ciò le nostre chiese,
oltre a porsi all’ascolto della
parola di Dio, potranno attingere al loro patrimonio
storico di lotte per la libertà
di coscienza, per l’affermazione dei diritti dei cittadini,
per l’abbattimento di ogni
struttura di discriminazione.
In tal modo, confortati
dalla presenza del Signore,
mediante lo Spirito, sollecitati dalla sua parola e rinviati dal Cristo nella missione
al mondo, vi chiediamo di
considerare con attenzione,
impegno e creatività la documentazione preparatoria e
le indicazioni che il Convegno ha prodotto. In questo
modo speriamo di aver dato
alle chiese e al Comitato
esecutivo qualche suggerimento utile in vista di un
progetto operativo complessivo che consenta di valorizzare i vari ministeri nella loro diversità, nella chiesa locale, nell’Unione e nella
realtà più vasta della comunione che abbiamo con altre
chiese.
Con questo richiamo e
con questo appello alla conclusione del nostro incontro
vi salutiamo in Cristo,
6
PAG. 6 RIFORMA
Convegno Battista
Il Convegno di Santa Severa è frutto di una decisione deH'Assemblea 1990
La predicazione e la vocazione pastorale
nel quadro dei ministeri presenti nella chiesa
VENERDÌ 5 NOVEMBRE 1993
FRANCO SCARAMUCCIA
L5 approvazione a grande
maggioranza dell’atto
29 dell’Assemblea generale
’90 esprimeva certamente
un’esigenza sentita dalle
chiese ed emersa con forza
nell’assemblea. L’atto dava
mandato di «avviare uno studio del ministero pastorale
nell’attuale società italiana e
dello status giuridico-contrattuale dei pastori, finalizzato
ad un convegno sul senso
della vocazione pastorale, sul
ruolo e sul rapporto pastorechiesa».
Qual è il senso della vocazione pastorale oggi? Regge
ancora una concezione del
pastore principalmente incentrata sulla predicazione? E
ancora la presenza, accanto ai
pastori, di un sufficiente numero di predicatori locali,
ben preparati e attivi, non obbliga a ripensarne la funzione
stessa nella chiesa? Come si
situa il ministero pastorale a
pieno tempo nel quadro ampio dei ministeri oggi presenti
nelle chiese? La preparazione
da parte delle facoltà teologiche fornisce il pastore di un
bagaglio teologico, culturale
e sociale adatto a far fronte
alle sfide di una società problematica e in trasformazione
come la nostra? Questi erano
gli interrogativi di base alla
vigilia del convegno.
A questi dovevano aggiungersi altri tre elementi emersi
nel frattempo. Anzitutto esiste il problema della carenza
Una parte dei lavori del Convegno si è svolta in gruppi
di forze pastorali, attualmente insufficienti a «coprire»
tutte le chiese. Ci si chiede in
proposito se non sarebbe da
superare la formula «una
chiesa-un pastore», concezione a cui le chiese sono invece gelosamente attaccate.
Inoltre non andrebbe rivisto
il ruolo tradizionale del pastore per concepirlo invece
come specialista in teologia a
pieno tempo al servizio di
più chiese vicine sul territorio?
Poi c’era la considerazione
di una certa «crisi» che pareva osservarsi fra i pastori:
talvolta un senso di frustrazione, talvolta la difficoltà di
inserimento nella realtà locale, più spesso gravi impedimenti ai cambiamenti di sede
e al dovere di residenza con
conseguente blocco di fatto
della mobilità pastorale.
Infine andava considerato
il fenomeno dei pastori locali, verificatosi nell’Unione
negli ultimi tempi. Per molti
versi un fenomeno assai positivo, perché ha permesso di
far emergere nuove vocazioni diversamente sconosciute
e di risolvere talune situazioni locali difficili, per altri
versi problematico, perché
pone la questione della preparazione di tali ministri,
spesso non più giovanissimi
e con un lavoro, il che impedisce loro uno studio regolare
e sistematico. Con questi interrogativi di fondo, le chiese
sono state chiamate a partecipare al convegno. Forse due
giorni non sono bastati per
affrontare una tematica così
vasta e complessa. Ma i delegati delle chiese hanno riflettuto a lungo con serietà su
queste problematiche e la
speranza è che abbiano elaborato risposte e soluzioni
valide da sperimentare al più
presto, allo scopo di meglio
attrezzarsi per proseguire,
con l’aiuto di Dio, l’opera di
evangelizzazione e di testimonianza fin qui condotta.
Le indicazioni pratiche emerse dai lavori
Superare la mentalità
de
la delega
EMMANUELE PASCHETTO
Il Convegno sul ministero
pastorale si inserisce nella
serie di incontri di studio promossi dall’Ucebi e inaugurata
nel 1983 con il Convegno
sull’ecclesiologia. Da allora
fu deciso di dedicare gli anni
dispari ad incontri di approfondimento su temi particolari, lasciando gli anni pari
alle Assemblee generali che,
come è noto, hanno una scadenza biennale. Così si ebbero nel 1985 il Convegno sulle
Intese, nel 1987 sull’evangelizzazione, nel 1989 sull’ecumenismo, mentre il Convegno
del 1991 fu sostituito dall’Assemblea straordinaria che approvò i nuovi ordinamenti
dell’Unione.
Il tema del ministero pastorale, sul quale l’Assemblea
generale del 1990 richiese un
convegno, con una mozione
che significativamente portava la firma di sei «laici», è
stato prontamente recepito anche dai pastori. La necessità
di sottoporre a verifica il ruolo e la funzione del pastore è
evidentemente séntita dagli
uni e dagli altri. C’è un senso
di disagio e di insoddisfazione
di fronte a questo ministero,
che talvolta nel panorama di
appiattimento generale della
vita delle nostre chiese sembra quasi un masso erratico,
solitaria vestigia di altre epoche ben più ricche di punti di
riferimento.
L’organizzazione dell’incontro è stata coordinata dal
La testimonianza
della chiesa
I partecipanti al Convegno
delle chiese battiste su «Il ministero pastorale oggi» tenutosi a
Santa Severa dal 22 al 24 ottobre
1993, richiamano le chiese a riscoprire il proprio ruolo di testimonianza resa globalmente
all’Evangelo di Cristo al mondo.
Ritengono sia necessario sollecitare le nostre comunità, spesso
ripiegate su se stesse, ad assumere una concezione dinamica dei
propri ministeri che non sia però
meramente finalizzata al buon
funzionamento interno delle proprie strutture ma sia volta alla testimonianza.
Carismi e ministeri
II Convegno ribadisce la validità del ministero pastorale nel
quadro del ministero globale della chiesa. Esso trova il suo fondamento nella vocazione rivolta
da Dio, la sua identità nel servizio reso alla Parola, la sua dignità nella potenza di colui che
chiama.
Allo stesso tempo il convegno
esorta le chiese ad individuare i
carismi presenti al proprio interno e a valorizzare i ministeri locali.
Le chiese locali dovrebbero
sentirsi stimolate dalla ricchezza
neotestamentaria dei ministeri a
lasciare libertà allo Spirito Santo
perché susciti nuovi carismi e
nuovi ministeri che vanno riconosciuti e inseriti creativamente
nel proprio contesto comunitario
e sociale. Essi vanno riconosciuti
pubblicamente, anche nel contesto del culto comunitario e poi,
sostenuti dalla preghiera.
IL DOCUMENTO FINALE
CARISMI E MINISTERI
Il coordinamento
fra le chiese
In risposta ad esigenze specifiche e in situazioni che andrebbero valutate dalle chiese stesse,
dalle associazioni regionali o da
altre istanze Ucebi (Comitato esecutivo, Dipartimento di evangelizzazione o altri) alcuni ministeri
riconosciuti localmente potrebbero essere messi a disposizione anche di altre comunità viciniori.
D Convegno chiede alle chiese
e/o airUcebi di studiare nelle sedi opportune la possibilità di sviluppare e anche di esperimentare
con progetti pilota varie forme
possibili di ministero di équipe.
Questo implicherebbe in qualche
caso lo studio di nuove forme
giuridiche di elezione dei ministri, per esempio tramite assemblee congiunte di singole chiese o
associazioni zonali o regionali.
Queste alcune delle diverse
ipotesi di team pastorale:
I) Lavoro coordinato fra più
chiese e collaborazione fra pasto-‘
ri, ciascuno con cura a tempo
pieno di una chiesa delV Ucebi.
Questo modello implica una
possibile gradualità della collaborazione che va daH’avere riunioni
a scadenza fissa fra i pastori,
all’incontro periodico dei Consigli di chiesa al fine di una programmazione concordata del calendtóo delle attività delle chiese, fino ad assemblee di chiesa
congiunte.
Tale modello, in varie forme, è
già attuato in varie parti d’Italia,
in alcuni casi coinvolgendo anche
chiese metodiste o valdesi.
2) Lavoro di coordinamento da
parte di un pastore o una pastora
dell’Ucebi fra chiese diverse, ciascuna curata da ministri locali.
3) Lavoro di équipe fra ministri diversi dei quali alcuni a tempo pieno, altri a tempo parziale o
volontari al servizio congiunto di
più chiese dell’Unione e/o di organismi o istituzioni Ucebi.
Per questo modello la figura
del pastore/teologo verrebbe affiancata per esempio da diaconi
visitatori, esperti nel campo della
musica e del canto, animatori o
animatrici dei giovani, operatori
diaconali verso realtà marginali e
altri ministri specifici a seconda
delle necessità delle chiese o istituzioni di cui sono al servizio.
Sarebbe auspicabile che tale lavoro congiunto fra ministri e chiese
diverse potesse coinvolgere anche
comunità valdesi e metodiste.
Il sostegno della chiesa
ai ministri
Una volta individuata una vocazione a un ministero la chiesa
dovrebbe seguirla con la preghiera e l’incoraggiamento fraterno.
Dovrebbe accompagnare nel caso
di una vocazione pastorale lo studente o là studentessa lungo tutto
l’arco della sua preparazione teologica. Dovrebbe avere Cura di
non assumere un atteggiamento
di disimpegno versò il candidato/a (ad esempio non cancellandolo dai propri registri) ma accoglierlo/a gioiosamente al suo ritorno in seno alla comunità e sostenerlo/a fino al suo ingresso nel
ministero. Il periodo di prova del
candidato pastore/a dovrebbe non
solo essere seguito e sostenuto
dal Dipartimento di teologia e dal
Collegio pastorale, ma essere arricchito da un supplemento di
studio su tematiche di teologia e
pratica pastorale.
Lo specifico
del ministero pastorale
11 compito essenziale del ministero pastorale consiste nella predicazione, insegnamento e cura
pastorale. Ne consegue che il pastore debba ricevere un’adeguata
formazione teologica di base.
Il/la pastore/a dovrebbe inoltre
promuovere la più ampia partecipazione dei membri alla vita della chiesa. A questo scopo ha il
compito di curare la formazione
dei membri di chiesa perché esercitino i doni che hanno ricevuto
dal Signore. Tale attività di coordinamento e valorizzazione dei
ministeri oltre a promuovere un
più armonico sviluppo del ministero globale della chiesa, arricchendola, consente al pastore
stesso di qualificare il proprio
ministero concentrandolo in quelle attività che abbiamo identificato come specifiche.
La comunità così preparata e
potenziata deve proiettare la sua
testimonianza verso l’esterno
contribuendo con T evangelizzazione ad un progetto di riforma
spirituale, morale e culturale del
nostro paese.
Dipartimento di teologia, dal
Dipartimento di evangelizzazione e dal Consiglio del Collegio pastorale ed è stata preceduta dall’invio a tutte le
chiese di sei relazioni affidate
ad altrettanti pastori (forse
qualche voce «laica» non sarebbe stata fuori luogo, dato
l’argomento). Sul n. 37 di
«Riforma» (1° ottobre ’93)
abbiamo avuto modo di presentare schematicamente il
contenuto delle diverse relazioni.
Il Convegno ha raccolto un
centinaio di partecipanti, pastori e non, con una rappresentanza significativa di pastori e «laici» di altre denominazioni. Il tema era stato discusso in molte comunità, ed
ognuno poteva aggiungere al
proprio bagaglio di esperienze
personali il parere dei membri
della propria chiesa di origine. In apertura le relazioni, ulteriormente illustrate dagli
estensori, sono state affiancate da brevi commenti di sei
«lettori», incaricati di farne
emergere i nodi essenziali e di
sottolineare quali, a loro giudizio, fossero gli argomenti
da approfondire.
I presenti sono poi stati divisi in quattro gruppi allo scopo di favorire una maggior
partecipazione al dibattito. Intento lodevole, ma parzialmente frustrato dal fatto che
ogni gruppo era richiesto di
discutere su tutto. Affidando
ad ogni gruppo un argomento
specifico, il contributo dei
partecipanti sarebbe stato indubbiamente più ricco e fecondo. Inoltre una griglia di
discussione fornita durante il
convegno alla quale si è chiesto di attenersi strettamente,
quasi dimenticando le relazioni, ha disorientato non poco i
presenti. Ad alcuni infatti essa
è parsa troppo stretta e irta di
interrogativi non sempre pertinenti, ad altri è sembrata una
guida forzata verso conclusioni preconfezionate.
Dal Convegno comunque
sono emerse almeno due indicazioni: 1) Occorre smontare
la figura del pastore tuttologo
e factotum per avviarsi a una
pluralità di ministeri che risponda ad una molteplicità di
esigenze e a una effettiva varietà di vocazioni. 2) Occorre
scardinare la mentalità della
delega così radicata in molte
comunità e far emergere dal
loro interno i doni e i ministeri che esse potenzialmente
possiedono.
Suggerimento pratico (pratico non sempre significa praticabile!): avviare la sperimentazione (dove le chiese
sono d’accordo, la situazione
geografica lo consente, i ministri attuali sono disponibili)
di una ministerialità d’équipe.
Più ministri, con doni diversi,
che curano più chiese. 11 lavoro di gruppo dovrebbe
coinvolgere non solo persone
a pieno tempo e non limitare
la sua attività all’interno delle
chiese, ma proiettarla verso
l’estemo.
7
spedizione in abb. post. Gr II A/70
In coso di mancato recapito risix?dire a;
CASEl-U POSTALE. 10066
TORRE PELLiCE
Fondato nel 1848
E Eco Delle Yaui mLDESi
VENERDÌ 5 NOVEMBRE 1993 ANNO 129 - N. 42 URE 1300
Tra fede e sport
Questione
di entusiasmo
RUOOERO MARCHETTI
Domenica 24 ottobre, mentre era in corso la gara di
triathlon che rappresenta ormai da qualche anno uno dei
momenti forti delle manifestazioni deir«Autunno in vai
d’Angrogna», sono partito in
macchina da San Lorenzo per
andare a tenere il culto a Pradeltorno: c’era un gran movimento lungo la strada: concorrenti, parenti, amici, spettatori. Molti angrognini (alcuni mi
hanno fatto un cenno di saluto) e molti di fuori.
Faceva un gran freddo, e
scendeva una pioggerellina fastidiosa. Eppure, tutte quelle
persone sembravano non soffrire il brutto tempo. Anzi,
sembravano contente, piene
d’entusiasmo: vivevano momenti belli. Ho proseguito
verso le venticinque «pecorelle» che mi attendevano e,
mentre la mia auto si inerpicava per i tornanti che portano a
Pradeltorno, ho sentito come
un senso di solitudine, di amarezza: il «cuore», la vera vita
della 'Valle rimaneva dietro di
me, e io andavo a fare qualcosa di assolutamente marginale
per Angrogna. E non ho potuto anche non pensare: «Come
sarebbe bello se tutta questa
gente vivesse la sua fede con
almeno la quinta parte dell’entusiasmo con cui vive questa
manifestazione sportiva!».
Da qui, una serie di interrogativi e di considerazioni: come mai, nelle nostre chiese,
non siamo capaci di suscitare
gioia? Come mai tutto si fa da
noi per abitudine, per tradizione, anche certo per convinzione, ma senza metterci tutto
il cuore, senza essere felici di
fare quello che facciamo? Forse qui il discorso toma alla natura «parrocchiale» delle nostre chiese delle Valli. Siamo,
come ho già detto in un altro
mio articolo, più degli «empori religiosi» che delle «chiese
vive».
Quasi tutto (sicuramente
troppo) è istituzionalizzato.
Molte cose si fanno solo perché «si è sempre fatto così...»,
e si sa che nessun ambiente è
più conservatore di quello ecclesiastico. Dobbiamo ritrovare spontaneità. Dobbiamo essere meno seriosi e più «seriamente» lieti: vivere davvero
l’invito dell’apostolo Paolo ad
essere «sempre allegri nel Signore», come sempre dev’essere allegro chi sa che «il Signore è vicino!» (cfr. Filippesi
4,4-5).
Per far questo, forse occorrerebbe trovare il coraggio di
modificare qualcosa nel nostro attuale modo di essere
chiesa.
INFORMAGIOVANI
VAL PELLICE
Via Roma 45 *- Luserna S.
Giovanni - 0121 —900245
spazio adolescenti
per confrontarsi sui terni deiridentit^, la sessualità,la vita affettiva,
irapportì sociali ;
Ogni martedì, ore 17 alie 19
Una risorsa che le vallate alpine debbono imparare a valorizzare
L'acqua che vale energìa bianca
_________ANDREA MELLI________^
Ormai da alcuni anni sono
sorti in vai Pellice centraline che sfruttando l’energia idraulica ottenuta per caduta di masse d’acqua producono energia elettrica; la produzione avviene grazie a una
turbina. In alta valle sono sorte due centrali di dimensioni
abbastanza significative, una
nella Comba dei Carbonieri e
l’altra lungo la strada che porta a Villanova; altre sono in
progetto. A queste fanno da
corollario una serie di centraline più modeste ma di grande
importanza, che forniscono
energia ai principali alpeggi.
Dal punto di vista tecnico le
due centrali più grandi si possono definire a media caduta
ed esterne, in quanto l’acqua
viene portata dal luogo di raccolta a quello di trasformazione mediante tubazioni (le condotte forzate) in parte sotterranee e in parte visibili. L’energia prodotta non viene venduta direttamente agli utenti ma
viene immessa nella rete
dell’Enel che, com’è noto, detiene il monopolio dell’energia elettrica.
Le due centraline già in funzione, di due diversi proprietari, si differenziano su
una serie di particolari tecnici:
quella della Comba dei Carbonieri ha una produzione di
circa 1.000 kw/h che viene
immessa nella rete centrale
all’altezza di Villar Pellice; la
centrale Malbéc, che prende il
nome dalla località in cui sorge, con le sue due turbine
idrauliche è in grado di produrre al massimo 4.000 kw/h
che vengono immessi in rete a
Luserna San Giovanni.
In sostanza, pur considerando che ogni centralina non
può per una serie di ragioni
girare sempre al massimo della potenza, calcolando oggi
come oggi un prezzo al kw/h
venduto all’Enel di circa 110
lire, appare evidente che gli
incassi, nel caso di centrali
medie come quella lungo il
Pellice, possano essere valutati in cifre ben superiori al miliardo e mezzo di lire l’anno.
Viste le esperienze positive
e l’alta redditività che garantisce lo sfruttamento dell’
energia idraulica è prevista in
zona la costruzione di altre
centrali: il progetto in fase più
avanzata prevede la costruzione di un nuovo impianto nella
bassa valle dei Carbonieri, sul
territorio di Villar Pellice, da
parte della ditta Valdis che è
proprietaria della centrale già
esistente.
La Malbéc srl ha invece in
progetto di costruire due nuove centraline a monte di quella già esistente; i lavori non
sono ancora iniziati in quanto
mancano ancora alcune autorizzazioni.
I rapporti tra gli enti proprietari delle centraline e i Comuni su cui sorgono gli impianti di trasformazione sono
regolati da apposite convenzioni. Mentre in passato detti
enti riuscivano ad ottenere
condizioni particolarmente
vantaggiose, oggi la situazione sta cambiando a vantaggio
dei Comuni che hanno maturato la consapevolezza di poter trarre giusto profitto dalla
presenza di questi impianti sul
Pinerolo: nuovo assetto per la città
In 14 approvano
il piano regolatore
La centrale idroelettrica nella valle dei Carbonieri, a Bobbio Peliice
proprio territorio. Emblematico è il caso di Bobbio Pellice,
che ha stipulato in tempi diversi convenzioni con i proprietari di centrali idroelettriche. Gli accordi con la Valdis,
dopo varie vicissitudini dovute ad accordi non scritti e a
promesse non mantenute, prevedono attualmente il pagamento di un canone «una tantum», mentre la Malbéc versa
al Comune un canone di 10
milioni annui ed ha provveduto ai lavori necessari all’illuminazione del campo sportivo; per le centraline di nuova
costruzione è probabile e auspicabile che il canone venga
determinato sulla base del fat
turato come già avviene in
Francia dove le società costruttrici stipulano accordi
trentennali con i Comuni che
prevedono un canone pari al
10% del fatturato e il riscatto
degli impianti da parte del Comune alla scadenza della convenzione.
Non mancano infine ipotesi
di accordo, forse più avveniristiche, che prevedono la
costituzione di consorzi tra
proprietari e utenti che avrebbero la possibilità di accordarsi direttamente su alcuni elementi delle fornitura, quali ad
esempio il prezzo, senza l’intermediazione dell’ente pubblico.
Alla fine, dopo un estenuante braccio di ferro con
l’opposizione, la maggioranza
ce l’ha fatta: il nuovo Piano
regolatore generale (Prg) è
stato approvato: 14 voti favorevoli, 10 contrari, 16 consiglieri assenti.
Il nuovo Prg è un «piano direttore», come ha affermato
l’arch. Sutti, e regolerà l’attività edilizia fino al 2000. Non
si discosta molto dal vecchio
piano redatto nel 1973 dall’arch. Ognibene. Prevede la costruzione di 10.500 nuovi vani, un’area industriale di
390.000 mq in cui insediare
industrie di alta tecnologia e
non inquinanti, la realizzazione di un galoppatoio per la
Scuola di cavalleria, la costruzione di un’area fieristica, lo
spostamento della stazione
ferroviaria verso Torino e la
costruzione di una stazione
per i bus.
«È una colata di cemento hanno detto le opposizioni
(Gruppo per Falternativa,
Rifondazione comunista. Lega Nord, l’indipendente Giorgio Camusso, il pidiessino
Roberto Pia in aperto dissenso col suo gruppo, e il democristiano Laterza) - e non tiene conto della necessità reali
della città. Manca inoltre la
normativa per la collina».
«Niente affatto - ha replicato la giunta - si tratta di
rendere la città adeguata alla
necessità di nuove abitazioni
per le famiglie e di rendere
possibile una limitata immigrazione da Torino e dalla
sua cintura, resa possibile
dalla nuova autostrada. Il piano per la collina sarà approvato contestualmente alla discussione delle osservazioni
dei cittadini».
Se queste in sintesi sono
state le posizioni, i contrasti
verbali sono stati assai duri.
La De ha lasciato in aula solo
tre consiglieri di cui due a favore del Prg (Manduca e Camurati) e uno contrario (Laterza) ma il partito e il gruppo
consiliare si sono «scomunicati» a vicenda e Manduca è
arrivato a dire che il partito
dipende da «uno studio professionale». Nel gruppo del
Pds si sono aperte profonde
lacerazioni: l’opposizione più
puntigliosa al piano è venuta
dal consigliere Pia. «È la prima volta che questo accade
nella storia del nostro partito
a Pinerolo!», ha detto il capogruppo Clelia Roetto.
Si apre adesso la fase delle
osservazioni. Tutti i cittadini
potranno visionare il piano e
fare le osservazioni che vogliono. Dopo di che il piano
verrà finalmente approvato.
RADÍO
BECKWITH
EVANGELICA
FM 91.200
FM 102.350
tei. 0121/91.507
8M—W———
Provincia di Torino
Si cerca
un voto
Dopo le dimissioni da assessore di Cambursano, che è
passato dalla De ad Alleanza
democratica per candidarsi alla carica di sindaco di Chivasso, il presidente Sergio Ricca
è alla ricerca del 23 voto per
la sua maggioranza. Teoricamente questo voto sarebbe dovuto venire dal pinerolese
Francesco Camusso che è subentrato al dimissionario Borgogno (De). Camusso, anche
se eletto nelle liste democristiane, non ha aderito al gruppo De in Provincia, perché
espulso dalla sezione De di
Pinerolo in seguito ai noti
contrasti che avevano portato
alla presentazione di due liste
De per l’elezione del Consiglio comunale di Pinerolo.
Camusso ha fatto sapere che
non darà il suo voto per reiezione del nuovo assessore alle
Finanze, Franco Botta (De). Il
presidente Ricca però non dispera e sta trattando con alcuni consiglieri di opposizione
per ottenere il loro consenso.
Se non riuscisse nell’intento si
profilano per la Provincia le
elezioni anticipate.
Il voto atteso potrebbe venire dalla antiproibizionista Elda Gilli, di Rosta.
Dopo le dimissioni del presidente Gian Paolo Brizio
La Regione Piemonte è in crisi
Da martedì 26 ottobre la Regione Piemonte è in crisi. Il
presidente, Gian Paolo Brizio
(De), a capo di una giunta di
pentapartito dal 1990, ha rassegnato le dimissioni provocando in questo modo la caduta di tutti gli assessori.
Il presidente, in un discorso
di oltre mezz’ora, ha affermato in Consiglio regionale che
sono almeno due le cause della crisi.
La prima è legata a Tangentopoli, alla questione morale e
giudiziaria che «pesa come un
macigno su di noi». Negli ultimi mesi erano infatti scattate
le manette ai polsi di Eugenio
Maccari, assessore alla Sanità,
e del consigliere Nereo Croso,
entrambi socialisti, ed era stato
rinviato a giudizio il consigliere De Sandro Cattaneo, mentre
avvisi di garanzia erano stati
recapitati al capogruppo democristiano, Rolando Picchioni,
ai consiglieri della De Mario
Carletto ed Emilio Lombardi
per affari di tangenti e finanziamenti illeciti e per falsa testimonianza.
Lo stesso Brizio era stato
raggiunto da un avviso di garanzia per omissione di atti
d’ufficio non avendo fornito
nei termini di legge la documentazione richiesta da alcuni
ambientalisti della vai Susa in
merito al progetto di «alta velocità» ferroviaria Torino-Lione. La maggioranza di pentapartito aveva già perso l’appoggio della rappresentante
del gruppo Pensionati, inquisita e condannata in prima istanza per una questione di droga.
La seconda deriva dalla
«polverizzazione» dei vecchi
gruppi consiliari. Sono già 6
(il 10% del Consiglio) i consiglieri usciti dai gruppi politici
che li avevano eletti. Questo
fatto ha indebolito il pentapartito che non ha più la maggioranza consiliare per governare.
Da 34 consiglieri la maggioranza è scesa a 29. «Nei mesi
scorsi - ha affermato il presidente Brizio - dissi che era più
coraggioso rimanere al governo piuttosto che lasciare. Allora c’era un’operatività dell’
esecutivo. Ora operatività e dignità sono difficili, senza un
più ampio consenso»
Prima di dimettersi Brizio
ha fatto pervenire ai capigruppo un documento di contenuti
programmatici come «base
che offro alle forze politiche
se vorranno impegnarsi per
una soluzione costruttiva». La
soluzione della crisi al momento è incerta. Vi sono almeno sei possibili sviluppi della
situazione:
- governo istituzionale di
transizione con la più ampia
partecipazione delle forze politiche (esclusi solo Msi e Lega Nord);
- giunta come quella uscente ma rafforzata con qualche
esponente del gruppo misto
(consiglieri che hanno lasciato
i loro gruppi) o del gruppo antiproibizionista;
- governo minoritario di
emergenza (attuale pentapartito) che ricerca i consensi sui
singoli provvedimenti;
- maggioranza Dc-Pds;
- governo di sinistra che
«guarda al centro»
- maggioranza tricolore DcPds-Verdi.
Se nessuna di queste ipotesi
si dovesse verificare si renderebbero necessarie le elezioni
anticipate richieste a gran voce, per ora, solo dalla Lega
Nord. In ogni caso la crisi non
sarà risolta prima del 21 novembre quando si sapranno i
risultati del minitest elettorale
per il rinnovo di alcuni Consigli comunali in Piemonte.
8
PAG. Il
■E Eco Delle Yallì \àldesi ì
VENERDÌ 5 NOVEMBRE 1993
Angrogna: uno scorcio della borgata Odin-Bertot
MODIFICATO IL CALENDARIO VENATORIO — In seguito alla sentenza del Consiglio di Stato, che dopo le opposizioni degli ambientalisti aveva sospeso il calendario venatorio piemontese, la giunta regionale ha apportato delle modifiche che recepiscono la sentenza. È stata sensibilmente ridotta la lista delle specie cacciabili e il cinghiale sarà cacciabile fino al 30 dicembre nella zona faunistica delle Alpi.
Nella stessa zona la caccia potrà essere esercitata per non
più di due giorni la settimana a scelta fra mercoledì, sabato e
domenica. In pianura si può cacciare per non più di tre giorni nella settimana ad esclusione del martedì e del venerdì.
CONTRIBUTI PER GLI ARCHIVI — La Regione Piemonte ha deliberato contributi alle Comunità montane per la
schedatura, il riordino e l’inventariazione di archivi storici.
Nel Pinerolese beneficeranno di contributi gli archivi di Inverso Pinasca (3 milioni), Pragelato (6 milioni) e Pinerolo
(24 milioni e 500 mila lire).
INCIDENTE D’AUTO A LUSERNA — Sabato 30, mentre
rientrava in auto a Torino da Torre Pellice, un pensionato di
74 anni, Giovanni Abrate, è andato a tamponare un’auto
che lo precedeva all’altezza del passaggio a livello sulla
provinciale. Abrate era stato probabilmente colpito da malore ed è deceduto poco dopo; gli occupanti dell’auto tamponata, Gianfranco Mathieu, direttore amministrativo
dell’ospedale evangelico di Torino e la mamma, Anita
Long, in non gravi condizioni, sono stati trasportati
all’ospedale di Pinerolo per le cure del caso e quindi ricondotti a casa.
FUNZIONA IL PESO PUBBLICO — In piazza Foro Boario
a Pinerolo è in funzione il peso pubblico comunale; le pesature vengono attuate mediante l’utilizzo di gettoni del valore di 3.000 lire, reperibili presso l’ufficio economato del
Comune.
STATUTO TERZO ATTO — Per il terzo Consiglio consecutivo l’assemblea dei rappresentanti della Comunità montana
vai Pellice ha approvato il suo statuto. Dopo che un primo
testo approvato in primavera era stato annullato dal Coreco
di Pinerolo, diverse modifiche sono state introdotte ed ora,
salvo diverso parere ancora dell’organismo di controllo, lo
statuto della Comunità è ora cosa fatta e diventerà operativo
nelle prossime settimane.
AFRICA, PIÙ O MENO LAGGIÙ... — Prende il via il 4 novembre una rassegna sull’Africa, organizzata dal Comune di
Pinerolo, dal comitato «Mai più conquiste» e dal coordinamento per l’accoglienza dello straniero. Dal 3 al 15 novembre all’expo Fenulli sarà aperta una mostra del giocattolo
africano, giovedì 4 novembre, al cinema Ritz alle 20,30 si
avranno due proiezioni di film dal Senegai e dal Burkina Faso; martedì 9, alle 20,30, proiezione di film dal Burkina Faso. Sabato 6 novembre, alle 16,45 all’expo Fenulli, Giancarlo Perempruner parlerà su «Il giocattolo della tradizione popolare».
SEMINARIO SU GRAFICA INCISA — Il 7 novembre,
presso l’hôtel Gilly di Torre Pellice, si svolgerà il seminario
regionale «Le attività e i premi di grafica incisa in Piemonte: un confronto fra gli operatori». L’incontro ha come
obiettivo quello di creare un coordinamento tra enti e assessorato regionale alla Cultura e quello di promuovere attività
a livello regionale. L’incontro è curato dall’associazione
Amici della galleria d’arte contemporanea di Torre Pellice
in collaborazione con l’Accademia di belle arti.
NUOVI COLLEGI ELETTORALI — Se verrà confermato
il progetto dei nuovi collegi elettorali in discussione in Parlamento, le valli valdesi si troveranno collocate nell’ottavo
collegio per quanto riguarda il Senato e nel 19° per la Camera dei deputati. Il collegio camerale comprende all’incirca le Valli, più la Pedemontana pinerolese e l’alta vai Susa;
più ampio il collegio senatoriale che comprenderebbe anche
buona parte dell’area sud ovest della provincia di Torino.
A colloquio con il tecnico Piero Latino, in vista della rassegna «Tuttomele» a Cavour
Un marchio per garantire la qualità
della frutticoltura nel Pinerolese
PIERVALDO ROSTAN
La quattordicesima edizione di «Tuttomele», che
prenderà il via sabato 6 novembre a Cavour, ci consente
di fare il punto sulla frutticoltura nel Pinerolese. Ne parliamo con Piero Latino, un tecnico che presta la sua opera
nell’ambito del Cifop (centro
incremento frutticoltura Ovest
Piemonte), un centro che ha
alle spalle 40 anni di vita.
L’area interessata comprende
dieci Comuni, bassa vai Pellice, Cavourese e Pinerolese;
quali i tipi di frutta sono maggiormente presenti?
«La mela fa la parte del
leone con i suoi 800 ettari di
coltivazione; abbiamo però
anche il pesco, il pero e più
recentemente il kiwi. Nella
zona, per quanto riguarda il
melo, troviamo moltissime varietà autoctone, nate da libere impollinazioni nel tempo, il che dimostra che la melicoltura nella zona del Cifop
ha urui sua lunghissima tradizione».
- Sul melo, per evitare gli
attacchi di funghi, muffe e parassiti si è andata consolidando una tradizione di moltissimi trattamenti chimici;
solo in questi ultimi anni si è
assistito a una inversione di
tendenza col passaggio, se
non alle produzioni biologiche, almeno alla lotta inte
grata. Può illustrarci quanto
viene fatto oggi?
«Ormai tutta la nostra frutticoltura è inserita nel programma regionale di lotta integrata, portata avanti
dall 'Asprofrut che a sua volta
punta su un marchio di qualità che è l’ombrello azzurro.
In sostanza cerchiamo di integrare quanto la natura non
riesce a produrre in termini
di difesa, selezionando gli interventi. Questo va a vantaggio sia dei consumatori
che degli stessi produttori».
- In alcune zone si sta tentando di introdurre di nuovo.
L'andamento delle spese farmaceutiche
Calano i farmaci
0 solo le ricette?
Sabato 6 novembre — RORÀ: alle 21, in occasione di Tacabanda, incontri di musica popolare in Valpellice, nel tempio
valdese si tiene il concerto di Miguel Acosta e Oscar Roberto
Casares, musica popolare argentina.
Da sabato 6 a martedì 9 novembre — CAVOUR: nell’ambito di Tuttomele, sabato alle 21 incontro con la musica popolare norvegese. Martedì alle 21 saranno in concerto «I Cantavino», con le più belle canzoni piemontesi.
Giovedì II novembre — TORRE PELLICE: alle 15,30
presso il salone della Scuola mauriziana in via al Forte 2, la sezione di Torre Pellice dell’Università della terza età organizza
un concerto di pianoforte della pianista Antonella Fenoglio,
che eseguirà musiche di Scarlatti, Hindemith, Brahms.
Il dato in sé sembra chiaro;
nei primi sei mesi di quest’anno la spesa farmaceutica
ha segnato un forte rallentamento; i dati forniti dalla
Federfarma evidenziano un
calo medio su base nazionale
del 15%. In Piemonte la situazione prò capite è di 2,87 ricette contro le 4,02 del primo
semestre ’92. La spesa lorda,
sempre prò capite, dei piemontesi è di 124.533 lire contro le 142.859 dello scorso
anno.
Dunque una caduta nelle ricette, piuttosto che nella spesa, e i dati vengono confermati anche in sede locale: tanto
per faie un esempio nella Ussl
43 nello stesso periodo le ricette sono calate di 20.516, in
percentuale del 23,14% mentre la spesa è diminuita solo
del 4,16%.
«Ciò significa - dice il
coordinatore sanitario della
43, Gianni Rissone - che in
molti casi si evita la prescrizione del medico e si va direttamente in farmacia. In questo
modo si rischia anche di perdere quel filtro di controllo
che invece il medico garantiva rispetto all’assunzione di
farmaci. Rilevo invece come
importante l’aumento del 18%
della spesa per l’assistenza
integrativa (presidi per diabetici, prodotti dietetici, pannoioni ecc.) che confermano la
validità del servizio infermieristico a domicilio e limitano
di molto le ospedalizzazioni».
Anche Paola Grand, medico
di base a Torre Pellice, propone i suoi dubbi sulla effettiva
diminuzione della spesa farmaceutica; «La prescrizione
di alcuni farmaci non è più
prevista e fra questi figurano
medicinali sin qui ampiamente usati; si tratta ad esempio
di supposte, antipiretici, molti
analgesici. Tutto questo significa che un gran numero di
farmaci continua ad essere
usato dai pazienti, tuttavia
non risulta sui ricettari e per
questo il calo è abbastanza
sensibile se si considera come
fonte soltanto quella delle
prescrizioni. Occorrerebbe
vedere fino a che punto il consumo sia calato o piuttosto
quanti di que.sti farmaci vengano acquistati direttamente
in farmacia. Ho notato tra
l’altro che là dove i farmaci
in supposta, non più mutuabili, sono .sostituibili da altri tipi
i pazienti li richiedono ugualmente e questo potrebbe significare che l’uso dei farmaci, seppure acquistati senza
ricetta, non è calato poi di
molto».
Conferme anche dalla vai
Chisone; il dott. Vivalda, medico a Pinasca e Inverso Pinasca, denota come «tolte dal
prontuario le medicine meno
costose, sono rimasti fra le
prescrizioni solo i farmaci dal
costo più elevato. Il calo è
dunque fittizio». Anche il medico di Inverso Pinasca, Aimetti, concorda notando in generale una aumentata responsabilizzazione nel consumo
dei farmaci e afferma che «alcune terapie non strettamente
indispensabili in alcuni casi
sono state sospese».
grazie alla posa di nidi arlil'iciali, gli uccelli, nemici naturali di determinati insetti nocivi per la frutta. E così anche
in zona?
«Questa proposta viene
dalla Germania e successivamente dall’Alto Adige. Da
noi si è effettivamente iniziato, creando in determinate
aziende il reinserimento di
specie particolarmente utili
quali cince e torcicolli che
abitualmente nidificano in
tronchi cavi che ormai nei
frutteti non si trovano più
perché gli alberi sono abbastanza giovani».
- Una superficie di 800 ettari; in termini di produzione
cosa significano? E in termini
di reddito?
«Come produzione siamo
sui 250.000 quintali di produzione media; dal punto di
vista della redditività siamo
in difficoltà da alcuni anni: il
mercato europeo spesso ci
penalizza.
Quest’anno siamo partiti
da un prezzo intorno alle 300
lire che ora pare in ascesa.
Per quanto riguarda l’utilizzo
direi che la maggior parte di
quanto passa attraverso le
cooperative della zona è destinato all’estero, mentre i
produttori che vendono direttamente si rivolgono in maggior parte ai mercati di Torino e della cintura con un
buon margine di guadagno.
La trasformazione non impegna ancora molta parte del
prodotto».
- Lei è chiamato a viaggiare come consulente fra le
aziende del settore; i suoi interlocutori sono produttori ancora giovani 0 sono persone
anziane?
«Buona parte degli addetti
sono abbastanza giovani. La
presenza in zona di due scuole come quelle di Osasco e
Verzuolo aiutano anche nel
senso della formazione: il
tutto concorre a garantire un
valido ricambio generazionale».
Una soluzione per il periodo invernale
L'hôtel GHIy
emigra a Sestriere
La crisi dell’economia alle
Valli passa anche attraverso
la chiusura di strutture ricettive; è in parte curioso ma, in
una zona che d’estate non
riesce ad ospitare tutti coloro
che ne fanno richiesta, accade di converso che d’inverno
gli alberghi «puri» non riescano a sopravvivere. Ecco
dunque che quest’anno l’albergo Gilly di Torre Pellice
chiuderà i battenti per alcuni
mesi.
«Da una decina d’anni spiega uno dei responsabili,
Loris Poèt - chiudiamo la
struttura per circa un mese e
mezzo da metà dicembre a
gennaio.
Quest’anno la crisi si fa
sentire in modo molto più
marcato e abbiamo deciso,
anche per non lasciare a casa
il personale, di intra-prendere
soluzioni nuove.
L’albergo resterà chiuso fino a metà gennaio, ma il servizio di ristorante verrà sospeso da fine novembre a fine
febbraio; la piscina, assai costosa a fronte di scarsi introiti, resterà chiusa almeno fino
a fine marzo. Nel frattempo
ci siamo attivati per prendere
in gestione un ristorante di
Sestriere, “La gargote’’, dove
trasferiremo il personale addetto alla cucina e alla ristorazione. Si tratta di una scelta
non facile, che abbiamo voluto fare per cercare di gestire il
momento che è indubbiamente difficile».
Il Gilly è probabilmente la
struttura più nota delle Valli
avendo un’attività di circa
vent’anni ad alto livello, con
le sue 50 stanze e i suoi 100
posti letto con servizi di
prim’ordine; una quindicina
le persone impegnate nell’attività fra amministrazione, albergo e ristorante.
Vero polmone per la struttura nel periodo invernale sono stati finora i congressi e
gli stages di formazione e
aggiornamento soprattutto
legati al mondo Fiat, «ma ora
- continua Poèt - i primi tagli riguardano proprio questi
settori e per il 1994 prevediamo un calo rispetto all’anno in corso di circa l’80%.
Finché non sarà ultimata
l’autostrada per Pinerolo ben
difficilmente ci sarà una
significativa inversione di
tendenza né un ampliamento
del bacino di utenza.
Del resto anche progetti
“ecocompatibili’’, come il
campo di golf che avevamo
ipotizzato in valle alcuni anni fa, non sono mai decollati
per la diffidenza dei più ed
allora dobbiamo fare i conti
con la solita clientela estiva
che però limita troppo la nostra attività».
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Rea. Tribunale di Pinerolo
n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa:
La Ghisleriana Mondovì
Spedizione in abb. post.
Gr2A/70
9
venerdì 5 NOVEMBRE 1993
ìE Eco Delle Yaui ialdesi
PAG. Ili
Intervista a Giorgio Griva, accademico del Club alpino italiano Concluse le manifestazioni dell'Autunno in vai d'Angrogna
Andare in montagna alla scoperta
della natura e di se stessi
MILENA MARTINAT
n
dare in montagna è tipico
di molti valligiani; la voglia di arrivare sulla cima che
è dietro casa nostra e guardare che cosa c’è al di là, e il
mondo di lassù, è una curiosità che colpisce molti. Ma
c’è anche chi per curiosità ha
voluto vedere panorami dalla
cima di vette ben più alte e
più lontane.
Quando si parte per l’Aconcagua, cima a 7.000 metri
fra Cile e Argentina, o per il
campo base dell’Everest ci si
deve organizzare in spedizioni. Questo modo di andare in
montagna in quota in spedizioni Giorgio Griva, 57 anni,
di Abbadia Alpina, l’ha iniziato nel 1966. «Sono sempre
andato in montagna - spiega
l’accademico Griva -, a 2122 anni ho iniziato ad arrampicare a un certo livello. Mi
interessava vedere quali cose
incredibili possa fare il nostrofisico in montagna se allenato. Ero curioso. Non più
fare la normale del Viso, ma
salire dalla parte più difficile; nel 1966 la prima spedizione con alcuni amici di Torino all’Ararat (5.165m.) in
Turchia; era preistoria andare all’estero con una spedizione. In pulmino fino ad
Ankara dove all’ambasciata
di diedero dei fucili per difenderci dai curdi che invece
erano molto cordiali».
Sentire parlare di spedizioni sopra i 5.000 fa subito venire in mente Messner, ma
che differenza c’è tra una
spedizione organizzata con
sponsor e una fra amici?
«Organizzarsi una spedizione fra amici è più avventuroso - spiega Griva -, ci si
sente più liberi; per me la
spedizione deve essere divertimento. Quando si parte
sponsorizzati si è in qualche
modo meno liberi; chi finanzia la spedizione vuole
necessariamente il risultato:
non puoi dire “non sono arrivato in punta”, devi lottare
per raggiungere la cima a
tutti i costi e non hai il tempo
di visitare un paese. Insamma
non si è più completamente
liberi».
Dopo la bella avventura
all’Ararat, Giorgio Griva ha
effettuato molte altre spedi
Giorgio Griva suH’Aconcagua: un viaggio a settemiia metri suile
montagne deil’America Latina
zioni. Nel 1967 al Kilimangiaro, in Africa; nel 1968
l’Afghanistan impedì l’ingresso nel Vacan fra Cina e
Russia. Poi, nel 1970, ecco il
campo base dell’Everest. «È
stata un ’esperienza splendida
ma faticosa anche a causa
della pioggia. Abbiamo camminato per quindici giorni di
seguito per arrivare al campo
base: otto ore di marcia- al
giorno con 1.200 metri di dislivello. Un’intera settimana
fra risaie e 2-3.000 metri, .su
e giù per vallate molto belle
(dal ’75 un nuovo aeroporto
permette di arrivare al campo base in due soli giorni di
marcia!). Siamo partiti per
vedere VEverest e fare due
6.000 metri, lo ero un accompagnatore del gruppo Cai di
Torino, con noi anche quattro
ricercatori mandati dal ministero della Sanità che controllavano il nostro sangue e
quello degli sherpa ogni giorno per verificare la resistenza
in montagna».
Successivamente altre spedizioni, in Pakistan, Sud
America e altre. Qual è il rapporto con le popolazioni che
incontrate?
«Quando nel 1973 sono
stato sulle Ande peruviane,
dopo aver scalato con un
compagno una montagna di
5.300 metri, avevamo voglia
di conoscere la gente an
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Officina autorizzata
LA PRIMA IN PINEROLO
Via Montebello, 12 - Tel. 0121/321682
PINEROLO
I problemi di Angrogna: campo
sportivo, acquedotto, frazioni
dando in giro con lo zaino in
spalla e ne avevamo anche il
tempo. Riuscivamo a comunicare in qualche modo, anche
se noi parlavamo piemontese
e loro peruviano. Gli indios
che vivono a 4.500 metri di
quota sono il popolo più che
triste che abbia mai visto;
non abbiamo mai visto nessuno ridere. L’accoglienza avuta dai tibetani, dagli sherpa è
un ’esperienza meravigliosa,
così come con i curdi».
La paura? «Il rischio c’è,
cerchi di eliminarlo ma c’è.
L’importante è riuscire a star
bene sempre, perché ci si trova a giorni di marcia da dove
potrebbe arrivare un’auto e
quindi diventerebbe difficile
cavarsela: non abbiamo mai
contatti radio. Quando si è in
montagna si deve imparare
ad essere intelligenti e conoscere i propri limiti e a fermarsi prima di non avere più
margine. Ma è la solitudine
che pesa molto anche se sei
in gruppo. Se a casa si possono nascondere i difetti, quando ti incontri in spedizioni
viene fuori tutto, comprese le
difficoltà di rapporto con gli
altri. La paura ? Ho avuto più
paura sulle Alpi per il brutto
tempo che durante una spedizione».
Andare in solitaria? «Non
ho mai fatto nulla in solitaria, deve essere molto bello
ma occorre essere preparatissimo; non puoi sbagliare,
sei solo, tu e la montagna.
Ma certamente scopri delle
cose che in compagnia non
vedresti».
Ma dove tornerebbe, Giorgio Griva? «Torse potrà apparire un po’ strano, ma tornerei nel Sahara algerino: lì
abbiamo scalato una montagna di 2.000 metri. Ho provato sensazioni di grandissima libertà davanti a un deserto che direi quasi magico.
Questo senso di libertà, di
enormi spazi c’è anche nel
Tibet, ma si è sempre a una
quota di 5.000 metri e si fatica sempre a starci; le montagne e il deserto sono bellissimi e poi le popolazioni .sono
meravigliose!».
_______ADRIANO LONOO______
LJ autunno in vai d’Angrogna, l’appuntamento che ormai da 15 anni è una
delle scadenze più affermate
nella gamma delle iniziative
di fine stagione in vai Pellice,
non poteva prescindere da un
momento di riflessione sulla
vita amministrativa e sul rapporto tra amministratori e cittadini. Non si tratta solo del
presente mandato, ma di una
continuità nella gestione che
dura ormai dal 1975 e che
quindi quasi sicuramente, a
meno che si vada a elezioni
amministrative anticipate in
tutto il paese, sarà in grado di
raggiungere i 20 anni.
I vantaggi della continuità
nel contesto di questa Italia
invasa dal «singhiozzo» amministrativo non può che essere evidente. I programmi,
pur nelle difficoltà e tra gli
intoppi burocratici, sono stati
eseguiti o sono in via di attuazione. Il panorama, man
mano che il sindaco. Franca
Coisson, lo presenta, dà una
immagine della complessità
ma anche della variegata articolazione, dall’elettrificazione delle borgate alla mensa scolastica, dall’illuminazione pubblica alle fognature, dal Centro di documentazione al sostegno delle cooperative, all’apertura del
Foyer del Serre, all’ampliamento della casa comunale,
fino agli impegni attuali
Pinerolo
Rilancio delle
biblioteche
Il Centro rete di Pinerolo
dovrà segnare un rilancio a
vantaggio non solo della città
ma anche del sistema delle biblioteche dei paesi delle Valli.
Grazie alla nuova convenzione viene ridotta l’area dei
Comuni gravitanti sul Centro
rete di Pinerolo, per consentirne una più agile gestione, vengono ridefiniti l’impegno economico della regione e lo spettro delle iniziative
legate alla biblioteca come
strumento di promozione del
libro.
Si è dimostrato un generale
interessamento da parte dei
comuni presenti alla riunione
per un maggiore utilizzo; sono
state promessi arricchimenti
delle dotazioni librarie anche
nelle realtà più piccole con
particolare attenzione ai settori ragazzi e storia locale. L’assessore alla Cultura di Pinerolo, Alberto Barbero, ha auspicato la più ampia partecipazione possibile dei Comuni
dell’area al servizio bibliotecario territoriale in un complesso che veda il Comune di
Pinerolo essere sempre più
punto di riferimento. Anche la
Regione, attraverso il rappresentante dell’assessorato, dott.
Vanelli, ha sottolineato la validità delle nuove convenzioni
e l’efficacia dei Centri rete.
iSU)eìlle
Assicurazioni
Arnaldo Prochet
AGENTE GENERALE DI TORRE PELLICE
via Repubblica 14-tei. 0121/91820
sull’acquedotto della zona
orientale per il quale l’amimnistrazione sta per assegnare
un ulteriore appalto di 100
milioni.
Circa le strade, il sindaco
ha confermato che sarà entro
breve bitumata la strada per
Buonanotte, con un impegno
di 150 milioni, mentre l’analogo importo è stato richiesto
per il finanziamento delle fognature. Nei programmi preventivati per il futuro vi è il
ricupero della discarica di
Chiot dl’Aiga, che sarà quindi attrezzata a area verde, e
la prosecuzione dell’acquedotto di Pradeltomo, che dopo aver toccato Barfé dovrebbe scendere sempre a
Chiot di’Aiga.
Sul fronte dei servizi il sindaco ha poi evidenziato l’impegno dell’amministrazione
riversato in Comunità montana in tutti questi anni, sia
nella difesa delle esigenze
dei Comuni di alta valle, sia
quando si è battuta per ottenere una ripartizione più
equa dei costi dei servizi sociali operazione che, pur negli inevitabili tagli, ha permesso di mantenere in vita il
Foyer e una quota dei servizi
domiciliari.
Altra importante svolta è
l’aver ottenuto che nel piano
regolatore intercomunale le
borgate vengano ricomprese
nelle zone di categoria B anziché nella categoria A (centri storici) permettendo quindi
di operare in maniera più
snella nelle ristrutturazioni,
prima legate ai lunghi iter burocratici dei piani di recupero. Per quanto riguarda le
aree di espansione previste
nell’immediato futuro, quella
attorno al Ciabas ha ormai
tutti i tipi di utenze compreso
il gas, mentre la minoranza
consiliare vorrebbe che questa espansione fosse concessa
immediatamente a tutte le
borgate.
Dunque un quadro che nel
grigiore dei tempi ha molti
spunti interessanti e nel quale
spicca l’inversione di tendenza dell’andamento demografico. Dal minimo storico di
728 abitanti di alcuni anni fasi è saliti ora a quota 780 e si
sono rilanciati i servizi scolastici per i quali si temevano
drastiche riduzioni.
Nel dibattito che ha fatto
seguito alla presentazione,
due sono state le richieste
evidenziate. La prima è relativa al reperimento di un’
area che permetta la costruzione di un piccolo campo
sportivo. Con la seconda veniva richiesto all’amministrazione di vigilare affinché
l’applicazione delle leggi relative alle ristrutturazioni
non finiscano poi per penalizzare, quando applicate in
un contesto di borgata di
montagna, la popolazione
nella sua giusta aspirazione
di poter migliorare le proprie
condizioni abitative.
Nelle
Chiese Valdesi
PINEROLO — Sabato 6 novembre, alle 17 proseguono,
presso i locali di via dei Mille, gli incontri teolo^ci «Giovanni Miegge». Tema degli incontri ’93-94: «L’istituzione
cristiana di Giovanni Calvino».
ANGROGNA — Domenica 7 novembre, con inizio alle
9.30, presso la sala unionista del capoluogo, si terrà la prima assemblea di chiesa dell’anno; all’ordine del giorno relazioni dei deputati alla Conferenza distrettuale e al Sinodo,
prospettive e problemi per il nuovo anno.
• Con le riunioni quartierali di novembre inizierà un ciclo di studio, dedicato al simbolo apostolico, che si protrarrà fino a febbraio. Nel primo mese si esaminerà il primo
«articolo» del Credo: «Io credo in Dio Padre...».
Le prossime riunioni si svolgeranno, giovedì 4, ore
20.30, al Baussan; lunedì 8, ore 20, al capoluogo; martedì 9,
ore 20,30 al Mattel, sabato 13, ore 20, agli Odin Bertot.
VILLAR PEROSA — Domenica 7 novembre, alle 10,
dopo il culto, avrà luogo l’assemblea di chiesa con la relazione dei deputati al Sinodo. A partire da questa data e fino
a Natale i culti si svolgeranno al Convitto.
VILLAR PELLICE — Domenica 7 novembre, alle
14,30 riprenderà la sua attività TUnione femminile.
SAN SECONDO — Domenica 7 novembre è convocata, dopo il culto delle ore 10, L’assemblea di chiesa per
l’elezione del nuovo pastore, che sarà presieduta dalla Ced;
perché l’assemblea sia valida è necessaria la presenza della
maggioranza dei membri elettori.
PINEROLO — Venerdì 12 novembre, alle 20,30, nei
locali della chiesa valdese, si svolge un incontro del gruppo
Capernaum sul testo di Mario Mieli «Elementi di critica
omosessuale».
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 14 novembre, dopo il culto, avrà luogo l’assemblea di chiesa per
l’elezione del nuovo pastore presieduta dalla Ced; perché
l’assemblea sia valida occorre la presenza della maggioranza dei membri elettori.
VISUS
di Luca Regoli & C. « n.c.
I» OTTICA • via Amaud 5
•I 10066 TORRE PELLICE (TO)
I
t
L’OTTICO DI LUSBRNA
di Federico Regoli A C. ».n.
via Roma, 42
^0062 LUSERNA S. GIOVANNI (TO)
l(TO)/ \ "Ì?"
10
PAG. IV
E Eco Delle \àlli Iàldesi«
VENERDÌ 5 NOVEMBRE 1993
Appuntamenti
Venerdì 5 novembre — PINEROLO: alle 8,30, nella sala convegni
della Regione Piemonte in via San Giuseppe 39, si tiene un convegno
sul tema Lavoro come obiettivo nelia riabiiitazione del disagio psichico. I lavori chiuderanno aile 18.
Sabato 6 novembre — LUSERNA SAN GIOVANNI: per festeggiare il
75° anniversario della Vittoria, alle 14,30 in piazza Partigiani è previsto
il raduno per il corteo al parco della Rimembranza e al monumento dei
caduti in guerra di Liberazione. Alle 15,30 il saluto del sindaco ai combattenti e ai reduci. Alla manifestazione partecipa la banda musicale di
Torre Pellice.
Sabato 6 novembre — TORRE PELLICE; alle 21, presso il salone
Opera gioventù, la compagnia «J’amis del borg» di Moncalieri presenta
Nino ‘I forestè.
Sabato 6 novembre — PRAMOLLO: in occasione del 50° anniversario della lotta di Liberazione, è organizzato un ritrovo ai Ticino; alle 9,30
è previsto l’incontro al monumento nel cimitero di San Germano e alle
10 in viale della Rimembranza a Rue di Pramollo; alle 10,15 sosta presso la targa all’inizio del sentiero del Ticiun; alle 11,15, nella Sala valdese
della Ruata, saluto del sindaco di Pramollo e interventi dei partigiani
Paolo Favout e Giulio Giordano.
Sabato 6 e domenica 7 novembre — VILLAR PELLICE: per gli uitimi
appuntamenti di «Castagne in Valpellice», sabato alle 21 presso la sala
teatrale di piazza Jervis, si tiene un dibattito sul tema Quale futuro per
11 castagno in vai Pellice; partecipano Dario Adamo e Giancario Tomatis, tecnici della Comunità montana vaile Gesso e Vermenagna e il dottor Enzo Negrin, tecnico deila Comunità montana vai Pellice. Domenica
alle 15, in piazza Jervis, degustazione di prodotti iocali e alle 16 distribuzione di caldarroste.
Sabato 6 e domenica 7 novembre — TORRE PELLICE: in occasione
dell’anno dell’anziano, il Movimento federalista europeo organizza, presso la sala dell’ex biblioteca della Casa valdese, in via Beckwith 2, un
convegno sul tema Per una solidarietà fra le generazioni. Sabato alle
15,30 il professor Dario Velo parla su «Lo stato sociale in Europa». Domenica 7 alle 9,30 la dottoressa Mariena Scassellati Sforzolini Gaietti,
esperta di organizzazione dei Servizi sociali e il dottor Luciano Rosso,
coordinatore incaricato dei Servizi sociali delTUssI 43 parlano dei «Servizi sociali nella legislazione italiana e nelle realtà locali».
Martedì 9 novembre — PINEROLO: alle 20,30, in occasione del corso gratuito di formazione per volontari organizzato dali’Anapaca, presso
la Scuola infermieri dell’Ospedale civile, il dottor Barrai terrà una lezione
sugli Aspetti pratici dell’assistenza al letto del malato.
Fino al 20 novembre — PINEROLO: alia galleria d’arte Losano, in via
Brunetta d’Usseaux 1, è allestita la mostra di acquerelli e incisioni di Tino Aime. La galleria è aperta tutti i giorni dalle 10 alle 12 e dalle 15,30
alle 19.
HOCKEY GHIACCIO
— L’H.C. Valpellice ha deciso, con rammarico, di non
iscrivere le squadre, per il secondo anno, ai rispettivi campionati stante la difficoltà a
definire i tempi di apertura
della pista di Torre Pellice i
cui lavori di copertura non
sono ancora ultimati. 1 giocatori verranno con tutta probabilità prestati alle formazioni
di Torino. Per quanto riguarda i settori giovanili, intorno
a cui gravitano oltre 70 ragazzi di un’età compresa fra
gli 8 e i 18 anni, la società ha
deciso di chiedere un incontro a Comunità montana vai
Pellice e Comune di Torre
Pellice per capire quali possano essere comunque i tempi
di un’apertura, anche non
ravvicinata, della struttura di
via Filatoio.
BOCCE — Positivo esordio per le formazioni pinerolesi nel campionato di serie
Al di bocce. Nel primo turno
la Valpellice ha espugnato il
campo di Noventa vincendo,
al termine delle otto prove,
per IO a 6. Pareggio casalingo per 8 a 8 per il Veloce
Club di Pinerolo, in casa con
i friulani del Plozner. Nelle
altre partite il Torretta ha
battuto 11 a 5 il Brb, la Chiavarese ha superato il Bra per
9 a 7.
Dopo il primo turno al comando è dunque il Torretta,
seguito dalla Valpellice che
nella prossima giornata, sabato 6 novembre, affronterà sui
campi di viale Dante il Brb,
mentre il Veloce sarà in trasferta a Bra.
PALLAMANO — La stagione di pallamano inizierà il
13 novembre e per le formazioni lusernesi sarà ricca di
impegni. 1 ragazzi guidati da
Massimo Goss affronteranno
in serie D l’Alessandria, il
Derthona, il Città giardino di
Torino, il Rivoli, e lo Sport timo di Vercelli; in campionato
juniores le avversarie dei lusemesi saranno invece Casale, Alessandria, Biella e Città
giardino di Torino.
Le ragazze parteciperanno
al difficile campionato di serie C allargato alla Lombardia; a guidare la formazione
sarà ancora Massimo Goss,
coadiuvato da Antonello Cossa e Igor Verino.
VOLLEY — Conclusa la
prima fase della Coppa di lega, la pallavolo si appresta a
dare il via ai campionati di serie Bl. Nella coppa maschile
il Pinerolo è stato pesantemente sconfitto per 3 a 0 in
casa ad opera del Voluntas
Asti; anche fra le ragazze si
segnala la sconfitta del Pinerolo che ha perso la sua imbattibilità ad Alba per 1 a 3.
Sabato 6 novembre le ragazze di Mina inizieranno il
campionato di Bl in trasferta
a Massa.
Proseguono gli incontri del
trofeo amatoriale Baudrino;
questi i risultati:
Porte - Cavour 0-3
Pablo Neruda B - Cercenasco 0-3
Pablo Neruda A - 3S Nova
Siria 2-3
Classifica: 3S, Cercenasco,
Cavour 4; Villafranca 2; Barge A, Barge B, Pablo Neruda
A, Pablo Neruda B, Porte 0.
Nel torneo Storello il Volley La Torre è andato a vincere in trasferta con il Meridiano per 3 a 2.
CALCIO — Il Pinerolo dei
giovani, nel campionato nazionale dilettanti sembra aver
veramente imboccato la strada
giusta. Puntando ancora una
volta sulla velocità i pinerolesi sono riusciti a superare al
Barbieri la Migliarinese grazie
ad un bel gol del terzino Pallitto a dieci minuti dal termine
del primo tempo.Nella restante parte dell’incontro i biancoblu hanno ancora sfiorato più
volte la rete rischiando solo in
un paio di occasioni il pareggio. Il Pinerolo sale così in
classifica a 9 punti.
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma,
venerdì 5, ore 21,15, Fiorile, dei
fratelli Taviani; sabato, ore 20 e
22,10 e domenica, ore 16 e 18,
Palle in canna; domenica, ore
20 e 22,10 e lunedì, ore 21, 15,
L’amante bilingue, con O. Muti.
BARGE — Il cinema Comunale propone, venerdì 5, ore 21,
E1 mariachi; sabato, ore 21, Mi
hai rotto papà; domenica, ore
14,15, 16,30, 18,45, 21, lunedì,
martedì e mercoledì, ore 21, Nel
centro del mirino.
PINEROLO — Il cinema
Italia presenterà, per tutta la settimana ,11 socio o, in alternativa,
Sliver.
USSt» 42
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
DOMENiCA 7 NOVEMRE
Viiiar Perosa: Farmacia De
Paoli - Via Nazionale 29, tei.
51017
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa; tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
USSL 43‘VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENiCA 7 NOVEMRE
Torre Peiiice: Farmacia internazionale - Via Arnaud 8, tei.
91374
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde, tei. 598790
USSL 44 - PINEROLESE
Guardia medica:
Ospedale Pinerolo, tei. 2331
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 22664
LAVORATRICE domestica
brava e referenziata cerca lavoro al mattino, 4 ore. Tel.
02-39324721.
ANTICHITÀ, mobili, oggetti
vari privato acquista. Tel.
0121-40181 dopo Icore 18.
A Torre Pellice, nel 1886, Giuseppe
Morè, abile pasticcere pinerolese,
apre un laboratorio di pasticceria a
cui affianca, dopo i primi faticosi anni
di lavoro, un negozio di vendita con
annesso caffè.
Il prodotto che sin da quegli
anni si afferma è di grade qualità.
La Tradizione delle Valli Valdesi
Gli ingredienti sono tutti naturali
delle campagne della Val Pellice.
Il marchio Morè, sempre più noto e
apprezzato, viene depositato per la
prima volta nel 1933. Da allora i due
valletti che portano il vassoio con le
caramelle contrassegnano le
confezioni Morè.
Molte delle persone che oggi
lavorano alla Morè hanno tradizioni
familiari legate all'Azienda e hanno
appreso dai loro padri l'arte dolciaria
le misure, i tempi e la pazienza
artigiana per preparare il
prodotto e seguirne con
amore la realizzazione.
L'avvento della méccanizzazione non ha cambiato la
qualità dei prodotti Morè.ll gusto
caratteristico dei fòndants, la
vellutata bontà delle gelatine alla
frutta e la spiritosa fragranza dei cricri sono sempre gli stessi e
rimarranno inalterati, sicuramente
ancora per un altro secolo.
Oggi Morè presenta la prima serie dei '
suoi cofanetti regalo con le preziose
litografie dei luoghi valligiani tanto
cari alla nostra memoria, con il
commento di Osvaldo Coisson, tratte
dal volume "The Waldenses" di
William Beattie. Possono essere un
bel regalo per Natale o per ogni
circostanza dove occorre portare,
anche a chi é lontano da Torre Pellice
un pò delle nostre tradizioni.
Vogliate compilare correttamente il Buono d'Ordine e spedire in busta chiusa a:
MORE-Via Filatoio, 16-10066 Torre Pellice/To-Tel. 0121/953222-91271 -FaxOI21/932934
Cofanetto 'Antica Torre Pellice " „ |—i
desidero ricevere N......cofanetto/i del tipo: ALI BU
Cofanetto "Antica Stampa delle Valli Valdesi "
desidero ricevere N.....cofanetto/i del tipo:
ad bD
Nome................................................................
Cognome.............................................................
Indirizzo........................................................n.,
Città....................................................C.A.P......
Provincia....................................Telefono...............
In consegna dal 18 ottobre 1993 • Spese trasporto in Italia: L17.000 (Calabria e Isole L 25.0001 •
Pagamento mezzo contrassegno alla consegna delle confezioni Estero: pagamento all’ordine più spese trasporto,;
11
E Eco Delle
^LDESI
PAG. V
Diaconia
Informazione sanitaria a cura del l'Ospedale valdese di Torre Pellice
L'influenza, come curarla e prevenirla
RICCARDO PELLEANI*
Dal punto di vista sanitario si intende per influenza una malattia infettiva
respiratoria acuta, contagiosa,
assai diffusa nel mondo, provocata da virus. In merito a
questa definizione si ritiene
opportuno sottolineare due
aspetti pratici; il primo è che
la malattia è sostenuta da un
virus e non da un batterio,
cioè da un microrganismo del
diametro intorno a circa 100
milionesimi di millimetro,
obbligato a vivere aH’intemo
delle cellule umane, da cui
dipende in tutto e per tutto e
non responsivo agli antibiotici (a differenza dei batteri); il
secondo è che nel parlare
comune si considerano come
influenza anche malattie
infettive, contagiose, a carico
soprattutto dell’apparato
respiratorio e di quello gastroenterico, che non sono
vere e proprie influenze in
quanto sostenute da centinaia
di altri tipi di virus non influenzali presenti in qualsiasi
stagione dell’anno (ricordiamo episodi comuni di raffreddore, tosse, mal di gola, febbre, nausea, vomito, diarrea)
che si trasmettono da una persona all’altra.
Tre tipi di virus
Sotto il profilo della diffusione della malattia nel
mondo e di quello della prevenzione è interessante sapere che esistono tre tipi di
virus influenzale; il tipo A,
responsabile sia di epidemie
localizzate, osservabili ogni
due o tre anni, sia di pandemie, cioè epidemie a diffusione mondiale, di cui le più
note sono quella del 1918-19
con oltre 20 milioni di morti
(in seguito a complicazioni
broncopolmonari causate da
batteri, e allora non esistevano gli antibiotici) e quella
del 1957-58, che coinvolse
anch’essa milioni di persone
La «farmacia» dell’ospedale di Torre Pellice
ma con decorso meno grave.
La caratteristica principale di
questo virus è quella di andare incontro a frequenti modificazioni della propria stmttura (in pratica da un anno
all’altro) per cui una persona
che abbia contratto l’influenza o che sia stata vaccinata
contro un certo ceppo virale
un determinato anno, può
contrarre nuovamente la
malattia uno o due anni dopo,
quando venga a contatto con
un virus influenzale di tipo A
modificato.
Il tipo B è responsabile di
epidemie localizzate, meno
frequenti e meno gravi di
quelle sostenute dal tipo A,
proprio perché il virus è
meno soggetto a variazioni
spontanee della propria strattura. Infine il tipo C, che
sembra responsabile di pochi
casi di influenza umana e non
a carattere epidemico.
Il contagio
Quali sono le modalità di
contagio? I virus influenzali
vengono trasmessi da una
persona all’altra principalmente attraverso le secrezioni
respiratorie, cioè con le goc
cioline visibili e invisibili che
vengono emesse con i colpi
di tosse, con gli sternuti e
anche con il semplice parlare.
Si può verificare anche una
trasmissione attraverso le
mani e altre forme di contatto
personale: si pensi solo a
quanti oggetti, in una famiglia, vengono giornalmente
toccati dalle mani di più persone (telefono, maniglie, stoviglie, asciugamani, ecc.).
Pertanto l’unica fonte di infezione è l’uomo ammalato, in
cui l’eliminazione del virus
all’esterno cessa nel giro di 25 giorni dall’inizio della
malattia.
L'Influenza
Come si presenta l’influenza? La malattia ha una incubazione molto breve, compresa fra 18 e 72 ore. Nella
sua forma tipica ha generalmente un esordio brusco di
sintomi generali quali brividi, senso di malessere, dolori
muscolari e articolari diffusi,
ma soprattutto alla schiena e
agli arti inferiori, mal di testa
e febbre più o meno elevata,
associati a disturbi a carico
delle vie respiratorie tipo
tosse, mal di gola e raffreddore.
Sono possibili comunque
ampie variazioni del quadro
clinico, dal semplice raffreddore senza febbre alle forme
con febbre elevata e compromissione delle condizioni
generali. In genere la malattia
dura da due a cinque giorni,
sebbene la febbre possa durare anche una settimana. In
alcune persone, soprattutto
negli anziani, può lasciare
una sensazione di stanchezza
anche per alcune settimane.
I rischi
Anche se l’influenza è in
genere una malattia a decorso
benigno, che guarisce senza
lasciare conseguenze, non si
devono dimenticare alcune
complicazioni, anche gravi,
che essa può determinare
soprattutto in alcune categorie di persone a rischio cioè
anziani, malati di cuore,
bronchitici cronici, enfisematosi, asmatici e malati di reni.
In questi soggetti la complicazione più frequente è la
polmonite, che in genere è
dovuta a una sovrapposizione
batterica (e pertanto può essere curata con gli antibiotici),
ma che in alcuni casi è sostenuta direttamente dal virus ed
è pertanto gravata da una
maggiore mortalità perché il
. virus non risponde agli antibiotici.
Altre complicazioni a carico dell’apparato respiratorio
sono la laringite stridula,
soprattutto nei bambini più
piccoli, con perdita della voce
e difficoltà nel respiro, e la
bronchite acuta. Infine, in
casi fortunatamente molto
rari, si possono avere delle
complicazioni a carico del
sistema nervoso centrale
(encefalite), con comparsa di
* Aiuto primario
all’Ospedale valdese
di Torre Pellice
SEGUE A PAGINA VII
E
MMà
fffi
m
Asilo dei vecchi di San Germano
Aiutateci a comprare
i sollevapersone
Mentre ci accingiamo a
festeggiare il centenario della
prima Casa e i 4 anni dall’apertura della nuova struttura,
le manifestazioni di solidarietà nei confronti dell’Asilo
di San Germano non vengono
meno.
DaH’inizio di luglio ’93 è
in corso una campagna per
l’acquisto di un sollevapersona, un moderno apparecchio
che permette di sollevare
l’anziano con delicatezza.
Fare assistenza alle persone
non più autosufficienti significa spostarle, più o meno
di peso, più volte al giorno; è
questo l’aspetto più pesante
per l’operatore o operatrice e
quello più scomodo, spesso
persino doloroso per la persona anziana.
Dopo aver avuto questa
macchina in prova per dieci
giorni, un gruppo del personale ha deciso di ritrovarsi
per organizzare una serie di
iniziative afl’interno dell’Asilo nella speranza di raccogliere i sei milioni necessari per acquistarne uno. Si
diceva; «Per lavorare in
modo ottimale ce ne vorrebbero tre, ma cominciamo con
uno, forse per Natale sarà
possibile»
Molti gruppi hanno dato la
loro adesione, offrendo qualche ora di musica agli ospiti e
molti amici sono intervenuti
per renderli momenti allegri e
simpatici. Il personale ha
contribuito facendo dolci da
vendere e accompagnando
quegli ospiti che altrimenti
non avrebbero potuto partecipare.
Dal 28 agosto al 5 settembre, in contemporanea alla
mostra «La nostra Africa», il
personale ha gestito un mercatino delle pulci con tutti gli
oggetti donati dalla popolazione a questo scopo.
Altre iniziative sono in programma per il prossimo futuro: nuovi concerti e la III rassegna di «Arte giovane», dal
12 al 19 dicembre.
Questa campagna ha avuto
due caratteristiche particolari,
oltre all’insperato successo
(due sollevapersona già in
funzione al 15 settembre): la
prima è l’entusiasmo degli
operatori che hanno portato
avanti l’iniziativa e la seconda la generosità affettuosa
con la quale hanno risposto
parenti e amici. Abbiamo
chiesto ad alcuni operatori
che cosa ha significato questa
campagna per loro:
N: Per me... una grossa
soddisfazione e il piacere di
essere riusciti in così poco
tempo a realizzare molto più
di quanto speravamo.
P: Avevo sempre ritenuto
necessaria quest’attrezzatura
ma non credevo si potesse
realizzare così in fretta. C’è
stato molto entusiasmo fra di
noi per questo progetto insieme. Si sa che l’Asilo vive
anche su doni e iniziative
spontanee ma è stato simpatico che per una volta fosse il
personale a prendere l’iniziativa senza stimoli esterni. Ho
scoperto che l’Asilo è ancora
attorniato da tante persone
disposte ad aiutare. Mi sono
divertita.
M: Anch’io mi sono divertita.; è stato un modo diverso
di stare insieme e fare qualcosa di utile, un’occasione per
conoscersi meglio al di fuori
del lavoro ordinario. Eravamo
così emozionati quando
abbiamo scoperto di aver raggiunto la cifra necessaria per
il primo! È stato bello vedere
la Casa aprirsi ulteriormente
verso l’esterno tra concerti e
visitatori al mercatino.
SEGUE A PAGINA VII
iâMâ
k Pro Ospedale valdese
di Torre Pellice
Ricevuti tramite
l’Associazione amici
dell’Ospedale valdese di
Torre Pellice
(pervenuti dal f ® luglio
al 30 settembre 1993)
E 15.000: Rosa Maria Priotto, Pinerolo.
£ 20.000: Maria e Adamo Donini, in
memoria di Carolina Giardini.
E 45.000; Laura Audisio, Barge.
£ 50.000: Giorgio e Liliana Parodi,
Torre Pellice, complemento 15/6;
Miralda Durand, Luserna San
Giovanni; Emma Rivoira, Torre Pellice;
Carolina Giardini, Torre Pellice; Nella
Cougn, Luserna San Giovanni; Maria
Depetris, Luserna San Giovanni; Mario
Prone, Macello; Giovanna e Luigi
JanaveI, Torre Pellice; Olga Arduino,
Torre Pellice; Hanny Merkii,
Winterthur; Pino e Giovanna Mura,
Torre Pellice, in memoria geom. Marco
Pontet; Olga Giusti in Rivoir, Torre
Pellice, in memoria Carolina Giardirii;
Aline Bellion, Torre Pellice, in memoria
Adelfina Coisson; Aline e Italo Dema,
Villar Pellice; Antonia Figliola, Torre
Pellice, in memoria Carolina Giardini.
£ 100.000: Mario Rossetto, Torre
Pellice; Angela Bunino, Buriasco;
Elvira e Filippina Giardini, Torre
Pellice; Ida Gras Jouve, Luserna San
Giovanni; Caterina Buffa, Luserna San
Giovanni, in memoria Barbara Buffa;
Mimmo e Bianca Natali, Pinerolo;
Anseimo Depetris, Luserna San
Giovanni; Aline Bellion, Torre Pellice,
in memoria Silvio Bellion; Anseimo
Depetris, Luserna San Giovanni;
Angelo Priarollo, Luserna San
Giovanni; i familiari. Torre Pellice, in
memoria Mario Gnone.
E 106.000: Ruth Kuratle, Hemberg.
£ 110.000: I colleghi di lavoro di
Marco, Torre Pellice, in memoria Mario
Gnone.
£ 150.000: I.C. 14/8, Torre Pellice;
Lidia Bertalot Campana, Luserna San
Giovanni; pastore Liborio Naso,
Basilea.
£ 200.000: Germana Cannariato,
Luserna San Giovanni; Vera GardioI,
Pinerolo; Olga Fuhrmann, Luserna
San Giovanni; colleghi di lavoro di
Nella, Elvira e Renato, Caffarel di
Luserna San Giovanni, in memoria
Arturo Blanc; Emma Coìsson e figli,
Luserna San Giovanni, in memoria
Adelfina Coìsson; Frida e Roberta
Pellegrin, Torre Pellice, in memoria
Aldo Pellegrin.
£ 215.000: I vicini di casa, Luserna
San Giovanni, in memoria Giuseppe
Gamba.
£ 240.000: I vicini di casa. Torre
Pellice, in memoria Arturo Blanc.
£ 250.000: Carmen Bounous, Luserna
San Giovanni.
£ 256.000: Esercito della Salvezza,
Torre Pellice, in memoria Carolina
Giardini.
£ 350.000: Amici del circolo Vasario,
Luserna San Giovanni, in memoria
Vasco Pavan; Elide e Franco Pasquet,
Torre Pellice.
£ 400.000: sig.ra Silvestro, Torre
Pellice.
£ 500.000: Delfina Martinat, Torre
Pellice, in memoria Silvio Martinat;
Luigina Bordai Marchetti, Torre Pellice;
Cornelio e Anna Maria Vinay, Torre
Pellice.
£ 1.000.000: Anita Mathieu, Torre
Pellice, in memoria del marito Geraldo
Mathieu; Margherita Alimonda,
Luserna San Giovanni.
£ 2.000.000; Cesarina Orsi, Luserna
San Giovanni; Elisa Bean, Luserna
San Giovanni.
TOTALE: £ 13.407.000.
AH’Ospedale sono in corso i lavori per
l’allestimento del reparto Fisioterapia.
Siamo certi che amici e benefattori vorranno, come sempre hanno fatto, aiutarci a sostenere validamente l’opera.
Per eventuali offerte:
- c/c n. 25773 presso Cariplo, Torre
Pellice, a noi intestato.
- c/c postale n. 18777102, a noi intestato.
- direttamente alla cassiera dell’associazione, Elda Lageard, via ex Internati
6 - 10066 Torre Pellice, tei. 012191660.
Pervenuti tramite Ciov
via Beckwith, 3
10066 Torre Peilice
giugno 1993
£ 50.000: Chiaffredo Borda Bossana,
Luserna San Giovanni.
£ 100.000: Il padrino, in memoria di
Sergio Long.
luglio 1993
£ 100.000: Susanna Bonjour, Bobbio
Pellice; Lidia Zaccaro ludicibus, in
memoria di Enrico Zaccaro.
£ 150.000; Liliana Ribet, Torre Pellice.
£ 250.000; Aldo Charbonnier, in
memoria di Henriette e Jean
Charbonnier.
£ 400.000; Anseima Castagno, in
memoria di Giovanni Castagno,
Bibiana.
£ 792.000: La popolazione di
Campigliene Fenile, in memoria di
Sergio Long.
£ 800.000: Graziella Carcò, figli e
sorella, in memoria di Aldo Pellenco,
Torre Pellice.
agosto 1993
£ 30.000: Isabella Bianchi, Bergamo.
£ 50.000: Maria Savio Angiono, Bobbio
Pellice.
Pro Ospedale valdese
di Pomaretto
Pervenuti tramite Ciov
maggio 1993
£ 50.000: Pietro Feroldi, Porosa
Argentina.
£ 100.000: Wanda Daviero, Porosa
Argentina.
£ 450.000: Franco Grill, Frali.
giugno 1993
£ 60.000: Battistina Berton, Roure.
£ 160.000: I colleghi di lavoro sede
Enel Pinerolo, i vicini di casa e le sorel
le, in memoria di Domenica Fornero
ved. Contenti, Pinerolo.
£ 500.000: Oreste e Ida Canal,
Sicklerville, New Jersey (Usa); I parenti
in memoria di Martino Fantone,
Pinerolo.
Luglio 1993
£ 50.000; Maria Valenti, Porosa
Argentina.
£ 580.000; Chiesa valdese di
Pramollo (£ 30.000: Elvina Peyronel,
ricordando il marito Mario Sappé; £
100.000: Silvio e Emma Travers,
Silvio e Armida Bertalot; £ 150.000:
llda Peyronel Griot e Vilma Ribet, in
memoria di Silvio Peyronel; £
200.000; i figliocci, in memoria di Elisa
Long).
£ 860.000: Concistoro valdese di
Pomaretto (100.000 Irma Erminia
Mathieu, Adele Pascal Richard in
memoria di Alberto Pascal, Rina
Pastre; 75.000: Felicina Beninca in
memoria di Alberto Bertocchio;
50.000: Silvia Griot, Simona Maurino
in memoria di Alma Barai Coucourde,
Ines e Ebe Grill in memoria di loro
cari, 50.000; Elisa GardioI, 50.000;
Ester Bosco, 50.000; Alma Tron
Pascal, M. Amorin Pons in memoria di
Assely Coìsson, Silvia Long Griot,
Edmondo e Letizia Long, 50.000;
30.000; Silvio Tron; 20.000; Rachele
Massel in memoria di Enrico Ghigo;
15.000: Clementina Baret; 10.000:
Valdo Peyronel).
agosto 1993
£ 100.000: Caterina Gesso, Pinerolo.
12
PAG. VI
L‘ Eco Delle ¥illi ¥vldesi
VENERDÌ 5 NOVEMBRE 199.'^
Diaconia
Nella casa vivono 85 persone, 63 donne e 22 uomini: la più anziana ha 99 anni, il più giovane 32. Vi lavorano 60 operatori
Una visita per orientarsi nell'Asilo valdese di Luserna S. Giovanni
________BRUNO PASTORE_________
HO telefonato all’Asilo
valdese per persone
anziane di Luserna San
Giovanni per porre alcune
domande ai responsabili. Mi è
stato detto di venire a visitare
la Casa e ora mi trovo nella
frazione San Giovanni in
piazza XVII Febbraio, proprio
sotto la collinetta su cui sorge
imponente il tempio valdese.
Sto cercando di orizzontarmi
e chiedo indicazioni a un passante.
Ho un momento di perplessità, perché non riesco a trovare alcuna indicazione che
mi confermi l’informazione.
Non c’è citofono sul campanello, accanto alla porta il
nome è illeggibile. Ma il cancello è aperto e mi inoltro nel
piccolo piazzale. A questa stagione, con il freddo pungente
di una mattinata di ottobre,
non c’è ovviamente nessuno
in giardino, anche se alcune
sedie metalliche sembrano
indicare che in altre stagioni
dell’anno qui, tra i fiori ora
rovinati dal freddo (e dalla
grandine) si può incontrare
qualcuno.
Per fortuna, avvicinandomi
alla costruzione che c’è in
fondo vedo, attraverso le
ampie finestre, alcune persone
anziane sedute in un salone
che conversano tra di loro:
avverto anche che qualcuno
sta ascoltando la radio che trasmette una musichetta non
proprio rock: e vedo un signore che batte il tempo con il
piede. Accanto a lui siede una
signora su una sedia a rotelle
che ogni tanto ha qualcosa da
raccontare e il discorso pare
interessante, a giudicare
dall’attenzione che le viene
prestata, anche se disturba
l’ascolto.
Sono dunque al posto giusto! Provo ad entrare attraverso la grande porta a vetri.
Ho qualche difficoltà perché
non sono ancora riuscito ad
abituarmi all’idea che per
entrare occorre tirare la porta
anziché spingerla, ma sono le
norme di sicurezza che lo
richiedono.
Sull’angolo del salone,
rivolta verso il corridoio che
conduce a varie stanze, una
signora minuta sta lavorando
all’uncinetto e mi guarda con
aria partecipe. Penso che sia
la persona giusta a cui chiedere dove sia la segreteria dove
devo andare. Non ho sbagliato: la signora con tono gentile
e premuroso mi indica il percorso da seguire e finalmente
vengo accolto in un ufficio,
per la verità minuto, dove una
segretaria mi sorride e mi
chiede di avere un momento
di pazienza. Sta infatti cercando di spiegare a una signora
attempata, molto curata nella
persona, che la sua pensione
(dall’estero, dove ha sempre
lavorato) non è ancora arrivata, ma certamente arriverà e
non c’è alcun motivo per
essere preoccupata. La signora non sembra affatto convinta
della spiegazione e lamenta
che i servizi pubblici lasciano
molto a desiderare. Si ha l’impressione che voglia dire:
«Non è più come ai miei
tempi!». Comunque, dopo
qualche altra considerazione
lascia l’ufficio e, senza appoggiarsi affatto al bastone
che sembra essere portato
quasi per civetteria, si dirige
svelta verso l’uscita dalla
quale sono arrivato. «Va a
fare la sua passeggiata del
mattino, forse fino a Torre
Pellice e ritorno» mi dice la
segretaria con un sorriso complice. Faccio rapidamente il
conto: sono circa 7 chilometri
e penso che io li percorro solo
quando ho la macchina dal
meccanico. È proprio vero
che non è più come ai suoi
tempi !
- Quante sono le persone
ospitate nella Casa e qual è
l’età del più anziano e del più
giovane?
■venne IVIalan, una delle cuoche dell’Asilo mentre prepara il pranzo nella modernissima cucina
.«Sono - mi risponde la
segretaria col tono sicuro di
chi conosce ogni segreto della
casa - 85 persone; per la precisione 63 donne e 22 uomini.
La più anziana è una signora
proveniente da Torino, che
compirà tra poco 99 anni; il
più giovane è un ragazzo di
32 anni, di Luserna San
Giovanni».
- Trentadue anni mi sembrano veramente pochi, per
essere ospitati in un Asilo per
persone anziane...
«Per la verità, questo giovane è qui da noi da ben 13
anni. Si tratta del caso molto
particolare di una persona
che non è assolutamente in
grado di badare a se stessa in
nulla. I suoi genitori, che ora
sono deceduti, ci chiesero di
accoglierlo presso questa
Casa perché allora non vi
erano, sul territorio, altre
strutture che fossero in grado
di offrirgli una assistenza
adeguata. Oggi forse sarebbe
anche possibile trovare una
soluzione diversa, ma lui ci
conosce e noi conosciamo lui.
abbiamo l’impressione che un
cambiamento non sarebbe
desiderabile».
- Per far funzionare una
Casa come questa, in cui ho
visto molte persone portatrici
di handicap e quindi bisognose di cure specifiche,
quante persone lavorano?
«Gli operatori della casa
sono 60, di cui 30 a tempo
pieno e 30 a tempo parziale.
La pianta organica prevede,
al momento attuale, un direttore e tre addetti all’amministrazione, un fisioterapista e
sei infermiere; 26 persone addette ai servizi socio-sanitari,
cioè quelle persone che si
occupano direttamente della
cura alla persona anziana e
ammalata, che l’assistono e
l’aiutano a lavarsi e vestirsi,
che l’accompagnano per i
suoi spostamenti, ecc.; cinque
persone lavorano in cucina e
19 tra stireria e servizi generali di pulizia della Casa.
Abbiamo inoltre tre volontari
(due sono italiani dell’Associazione evangelica di
volontariato, mentre uno pro
viene dall’Inghilterra) e due
obiettori di coscienza che
svolgono qui il loro servizio
civile. Inoltre alcune sorelle
della chiesa locale vengono
regolarmente per dare un
aiuto a chi ha difficoltà a
mangiare da solo e per conversare con i nostri ospiti. E
una presenza molto importante e apprezzata».
Mentre sta terminando la
frase, entra il direttore della
casa, signor Livio Gobello,
col quale proseguiamo il colloquio. Quali sono i criteri di
ammissione all’Asilo? È vero
che esiste una lunga lista di
attesa?
«In realtà vi è una lunghissima lista di persone che
hanno presentato domanda
per essere accolte all’Asilo
ma in realtà siamo sempre più
spesso, da almeno una decina
di anni, chiamati a rispondere
a casi che sopravvengono
anche fuori da questa lista e
che rivestono carattere di
urgenza. Persone che hanno
un crollo improvviso delle
condizioni di salute e che non
possono continuare a vivere
da sole o a cui i familiari non
possono offrire una assistenza
adeguata, nemmeno con
l’appoggio dei servizi domiciliari organizzati dall’Unità
socio-sanitaria locale (Ussl).
Talvolta sono anche le caratteristiche costruttive delle
case moderne che rendono
impossibile al portatore o alla
portatrice di handicap di rimanere in casa sua. Sarebbe
come vivere in gabbia nella
propria camera senza neppure la possibilità di accedere ai
servizi con la carrozzella.
Per quanto concerne l’ammissione, devo precisare che
vi è una convenzione con la
locale Ussl per 52 posti. La
convenzione prevede, per le
persone che l’Ussl riconosce
come non autosufficienti, una
partecipazione dell'ente pubblico per i costi della retta,
per quella parte che ha rilevanza sanitaria. E quindi la
Ussl ad avere una lista di
attesa e che, quando si rende
disponibile uno di questi 52
posti, ci propone, tramite il
servizio sociale di valle, il
nominativo della persona da
accogliere. In questo caso c’è
una ampia informazione sulla
tipologia dell’handicap in
modo che possiamo valutare
se siamo in grado di fare
fronte alle esigenze della persona anziana oppure no.
Normalmente facciamo il possibile per non respingere nessuno. In qualche caso chiediamo alle nostre infermiere
di imparare nuove tecniche,
in collaborazione con gli
ospedali».
- È possibile, nei casi di
persone che chiedono aH’Ussl
di intervenire per coprire parte
dei costi, rispettare il desiderio della persona di essere
accolta in questa struttura
piuttosto che in un altra,
anch’essa convenzionata?
«Sì, in generale se ne tiene
conto. Vi possono essere tuttavia dei casi che rivestono
una tale urgenza da de
OFFERTE E 50
âÎfiààMÆsMM
áMM
m
■ Pro Rifugio
Re Carlo Alberto di
Luserna S. Giovanni
luglio 1993
E 25.000: sorelle Acinelli, Cavo (Elba).
£ 30.000: Marco, Laura e Giuseppe
Reynaudo, in memoria del papà e del
nonno Mario Eynard.
E 50.000: Marta e Dino GardioI,
Luserna San Giovanni; Ada d'Alù
Arnoulet; anonima di San Giovanni;
sig.ra Acinelli, Cavo (Elba).
£ 150.000; F.C., Torre Pellice; Lidia
Vinay, Torino, in memoria del marito
Aldo e dei genitori.
£ 200.000; fam. Varvello Truffa,
Bibiana; fam. Bosio, in memoria di
Maria Enrichetta Jourdan; Lilia don
Scotta, Luserna San Giovanni.
£ 300.000; prof. Franca Coì'sson,
Angrogna; Elda Coisson, Angrogna;
dott. Mario Moretti, Torino.
£ 500.000: fam. Benevolo, Torino, per i
100 anni della zia Irma Liberti; Enrico
Clot, Luserna San Giovanni.
£ 1.000.000: Chiesa valdese di
Angrogna; Dora Tron, Torino, in
memoria di Eugenio Tron.
Fr. Sv. 1.500: pastore Noir (Nyon, Ch).
agosto 1993
£ 100.000: Mina Besson, ricordando il
marito Enrico Besson; Guido Azzoni,
in memoria deH’amico Filippo
Scroppo; Chiesa valdese Torre
Pellice.
£ 120.000; un membro di chiesa.
Torre Pellice.
£ 150.000: R. G. Angeleri, Asti, ricordando Mily.
£ 200.000; Anonimo, Torre Pellice.
£ 500.000; Unione femminile della
Chiesa valdese di piazza Cavour,
Roma.
£ 900.000: Unione femminile valdese
di Milano.
£ 1.097.000; Irene Block Marione,
Reinach (Ch), in memoria di F.
Kunzier.
£ 2.000.000: prof. Jean Gönnet,
Roma.
m Pro Asilo valdese di
Luserna S. Giovanni
Giugno 1993
£ 50.000: La moglie, ricordando
Guglielmo dalla; Laura e Jofer Lodi in
memoria di Carla Albarin Revel; Adele
Long in memoria della nipote Carla
Albarin Revel.
£ 75.000: Nicoletta Negrin in memoria
di Marta Berton.
£ 90.000: Scuola domenicale dei
Peyrot.
£ 100.000: Emilia Giordan Barone;
Lina Revel in memoria di Dino e Carla
Revel.
£ 150.000: L. J. S. con riconoscenza.
£ 200.000; Gli amici Introna, Quattrini,
Rollier e Sibille in ricordo della signora
Renata Bounous; Ernesto, Irene e
Alice Beniamino in memoria del fratello Jean.
£ 250.000: Le ex allieve Eynard,
Stallé ,Bonnet, dalla e Long, in memoria del prof. Gino Costabel.
£ 300.000; Ada, Emma e Relio
Gaydou ricordando Rita Besson
Angeleri; Renato e Alberto Pons in
memoria della mamma Clotilde
Giordan.
£ 500.000; N.N. della Chiesa valdese
di Pavia.
£ 900.000: Unione femminile e del
«fai-da-te» di Milano.
£ 1.000.000: La moglie Dora e il figlio
Daniele, in memoria di Eugenio Tron.
£5.000.000: N.N.
Luglio 1993
£ 20.000; Unione femminile di
Luserna San Giovanni, fiori in memoria di Pauline Pontet Mondon.
£ 30.000; Le cugine Emma, Erica e
famiglia: un fiore in memoria della
cara cugina Carla Albarin Revel.
£ 50.000: Ritin dalla in memoria dei
suoi cari; Elena Revei Favout in
memoria dei suoi cari; Lucia
Battaglino; Vilma e Mino, un fiore per
Ines.
£ 100.000: Livia Pons, in memoria del
marito; Anna Malanot, in memoria dei
suoi cari.
£ 315.000; le amiche di Neretta in
memoria di Renata Bounous Hahn.
£ 500.000: Lillina e Neretta in ricordo
delia mamma Renata Bounous Hahn;
Società di cucito di Luserna San
Giovanni.
£ 600.000: Le sorelle e i nipoti
Regamey, Trogliotti e Tron in memoria del prof. Eugenio Tron.
£ 1.788.031: dono Freundeskreis
(Chiesa valdese di Herne).
Agosto 1993
£ 50.000; Renato e Nella Long ,un
fiore in ricordo di Rina Marauda;
Giovanni e Lina Ferrino; Laura e Fiore
Pittavino in memoria dei loro cari
defunti.
£ 80.000: La figlia, in memoria di
Tinette e Luigi Bertin.
£ 100.000: Silvia Bounous, Pinerolo;
Renata Bounous, Pinerolo; Alda
Bonnet e Ludovica Schoberth in
memoria di Carla Albarin.
£ 150.000: Le sorelie e la nipote
Claudia in occasione del compleanno
di Edgardo Frache.
£ 200.000: Olga Rivoir.
£ 300.000: Laura Primo con riconoscenza; l’ex allieva Franca Coisson in
memoria del professor Gino Costabel.
Settembre 1993
£ 30.000: Nini Jouvenal Boer.
£ 50.000: Ettore e Itala Beux in
memoria del prof. Eugenio Tron.
£ 100.000: I cugini Morra e Jouvenai
in ricordo di Rita Angeleri Besson;
Graziella Jahier nel 10° anniversario
della morte della mamma; i familiari in
memoria di Mario Gnone; Emma
Ayassof, Roma; N.N. in memoria della
moglie.
£ 150.000: I colleghi di iavoro di
Claudio Vittone, in memoria delia sua
mamma.
E 200.000: Laura Avondetto
Rostagno; famiglia Pastore in memoria del caro papà; la moglie e i figli in
memoria di Arturo Balma.
£ 400.000: Emilia Allio Ayassot in
ricordo dei suoi cari.
£ 500.000: Gaetana Inglese Del
Priore.
£ 1.000.000: Lina Bertin.
Errata corrige
Gennaio ’93 - £ 100.000: Enrica
Benech Malan in memoria di Laura
Bertin Trinchera.
Febbraio ’93
(Maura Lodi).
£ 50.000: Laura Lodi
Hrì Pro Asilo dei Vecchi
di San Germano
Chisone
Fondo ristrutturazione
Doni pervenuti da luglio
a settembre 1993
£ 25.000: Isabella Bianchi, Bergamo;
Lilia, San Germano, in memoria della
cugina Jahier-Serre.
£ 50.000: da Pinerolo: Mary Rivqire
Bouchard, in memoria di Celine
Bouchard Vinçon e Anita Long;
Renata Bounous; Irene Bounous; da
San Germano; Lillina Beri, in memoria
cugino Max Rostan.
£ 60.000: Sauro Gottardi, Albisola.
£ 100.000: Attilio Travers, San
Germano, con riconoscenza; Silvio e
Emma Travers, Pramollo; Silvio e
Armida Bertalot, Pramollo; R.R T-.
Pinerolo; Silvia Bounous, Pinerolo;
Elvana e Gianfranco Rossetto,
Pinerolo, in memoria dei loro cari;
Cornelio e M. Luisa Gai, Luserna
SanGiovanni.
£ 150.000: Paola Purpura, Pomaretto.
£ 154.663: Beulah T. Osberghaus,
Baliwin (Usa).
£ 200.000: Marino-Soulier, Ginevra;
13
\/F.NERDÌ 5 NOVEMBRE 1993
E Eco Delle Aàlli Aàldesi —:
Diaconia
PAG VII
terminare anche scelte diverse da quelle che la persona
aveva espresso».
- Vedo una signora che
esce dalla cucina con un cesto
e vari contenitori di acciaio,
come quelli che usavano gli
operai quando nelle industrie
non c’era la mensa...
«Sì, è una dipendente della
Comunità montana che viene
a prelevare il pasto da recapitare a persone che pur rimanendo a casa loro hanno
difficoltà a confezionarsi il
pasto.
Alcune persone, che abitano nei pressi dell’Asilo, vengono a consumare il pasto
qui, all’interno della Casa,
con i nostri ospiti. Altre invece lo ricevono a casa con questo sistema. In totale serviamo
26 pasti giornalieri sulla base
di una convenzione con la
Comunità montana. Con lo
stesso ente abbiamo ancora
un’altra convenzione che prevede un servizio di lavanderia
e stireria. Si tratta di un servizio rivolto normalmente a
circa 7-8 utenti, che per noi
rappresenta però un grosso
impegno. Ma certo rappresenta anche un aiuto importante
per queste persone».
- Vedo, là in fondo, un’altra
costruzione indipendente, collegata solo da un passaggio
coperto. Fa ancora parte del
complesso dell’Asilo?
«Sì, fa ancora parte dei servizi che offriamo, anche se di
tipo particolare. Quella casa
era la vecchia scuola parrocchiale, costruita verso la
metà del secolo scorso per
interessamento del generale
Beckwith. Ha ospitato ancora
negli anni dal 1952 al 1976
una scuola materna, il cosiddetto «Giardino d’infanzia
valdese». È stata, dopo anni
di riflessione e di studio, completamente ristrutturata e
offre oggi, oltre ad una sala
per attività comuni sia dell’Asilo sia della chiesa locale,
8 piccoli alloggi. Ogni unità
abitativa è composta di un
soggiorno con angolo cottura,
una camera da letto e un
bagno. Il tutto è stato studiato
per offrire la massima protezione possibile a persone
autosufficienti, che hanno
però in ogni tempo la garan
zia di essere assistite con un
pronto intervento da parte
dell’Asilo qualora se ne presenti la necessità. Vi sono
attualmente tre coppie di
coniugi e cinque signore sole.
Questa soluzione rappresenta, dopo qualche diffidenza
iniziale, un servizio che è
molto apprezzato e si sta creando anche qui una lista di
attesa».
- Quali sono i servizi offerti?
«Nella retta che chiediamo
agli ospiti è compreso il riscaldamento, la luce, la fornitura di acqua calda e fredda,
piastre elettriche per cucinare, la pulizia dei locali una
volta la settimana, la pulizia a
fondo (vetri, ecc.) una volta al
mese, la disponibilità di una
lavatrice a gettoni situata al
piano terreno dello stabile. In
caso di necessità possono
chiamare con un citofono e il
personale dell’Asilo interviene per aiutare ad affrontare le
difficoltà. La risposta al
citofono è ovviamente assicurata 24 ore su 24».
Mentre il direttore sta ultimando la frase, dal salone risuona forte il canto di un
inno. O meglio, una voce
forte intona un inno e ad essa
si associano alcune voci quasi
tiinide, incerte.
È l’incertezza derivante
dall’età, che non consente più
di cantare con la stessa forza
di un tempo; ma vedendo
alcune lacrime che scorrono
sulle gote di una signora che
non è entrata nel salone («per
non disturbare», mi dice), ho
l’impressione che lo slancio di
fede sia lo stesso di ieri.
Finalmente qualcosa che è ancora «come ai miei tempi»]
Accompagnandorni, il direttore mi dice: «È giovedì,
abbiamo il culto» e dalle finestre vedo i molti ospiti, nelle
loro poltrone o nelle loro
sedie a rotelle, attenti e partecipi.
DA PAGINA V
L'influenza, come curarla e prevenirla
Rifugio Re Carlo Alberto di Luserna
Campo dì bocce
__________VERA LONG_________
Come è ormai consuetudine l’ultima domenica di
luglio c’è la festa al Rifugio.
Dopo il culto presieduto dal
capitano Inniger, dell’Esercito della Salvezza, vi è stata
l’assemblea degli Amici.
Essi lavorano in stretto rapporto con il Comitato di
gestione della casa, ricevono
richieste e discutono piani di
ammodernamento e ristrutturazione. Raccolgono somme
per dotare la casa di nuove
apparecchiature e stampano
un bollettino da inviare a
tutti quelli che si interessano
all’opera.
Dopo l’assemblea è stato
servito a tutti i presenti un
ottimo pranzo nell’ampio
giardino della casa e subito
dopo hanno avuto inizio le
vendite al bazar con banchi
fornitissimi ben presto alleg
geriti di quasi tutto il loro
materiale.
La novità della giornata è
stata l’inaugurazione del
gioco da bocce con tanto di
taglio di nastro fatto da un
ospite e collaudato subito da
esperti bocciatori. Abbiamo
anche saputo, quel giorno,
che nel passato un gioco da
bocce già esisteva al Rifugio:
si dovette smantellarlo per
far posto a un parcheggio.
Per ultima abbiamo avuto
l’estrazione della lotteria con
moltissimi premi, tali da
accontentare molti dei presenti. È stata una bella giornata sia per i ricoverati della
casa che hanno rivisto molti
conoscenti e hanno trascorso
alcune ore diverse dalla routine quotidiana, sia per chi è
stato vicino a loro e si è reso
conto di tutta la vita dell’istituto e dell’impegno di tanti
operatori e volontari.
sonnolenza, delirio, convulsioni e coma.
La cura
Quali sono le possibilità di
cura? Proprio perché si tratta
di una malattia virale, non
esiste una cura specifica e in
particolare non è giustificata
l’assunzione di antibiotici
perché sono inefficaci sui
virus. Si potranno utilizzare
farmaci antifebbrili tipo
tachipirina, novalgina e aspirina evitando, se possibile;
quest’ultima nei soggetti con
meno di 16 anni per la possibile associazione dell’aspirina con una rara sindrome che
colpisce il sistema nervoso
centrale, chiamata sindrome
di Reye.
In alcuni casi sono utili
sedativi della tosse, così
come sono importanti il riposo, un’adeguata idratazione e
la non esposizione al freddo
nella fase acuta della malattia, per evitare ricadute.
L’uso di antibiotici va riservato ai casi complicati da
bronchite e soprattutto da
polmonite batterica.
Quali sono le possibilità di
prevenzione dell’influenza?
Premesso che i virus influenzali sono altamente contagiosi, esistono delle misure di
carattere generale che possono diminuire la trasmissione
del virus da una persona
all’altra durante le fasi epidemiche; evitare ambienti affollati, lavarsi le mani frequentemente nel corso della giornata, evitare di tossire o starnutire di fronte alle persone
(sembra un’annotazione banale ma l’esperienza insegna
il contrario), evitare contatti
diretti di qualunque tipo con
le persone affette da influenza.
La prevenzione
Ma l’unica misura di igiene
pubblica veramente importante per la prevenzione
dell’influenza è rappresentata
dalla vaccinazione antinfluenzale, che consiste nella
somministrazione del virus
influenzale inattivato, in
modo da indurre nell’organismo la produzione di anticorpi protettivi verso quel determinato virus.
I vaccini, che vengono preparati per l’autunno-invemo,
contengono o una miscela di
virus A e B o soltanto il virus
A e vengono periodicamente
aggiornati sulla base delle
segnalazioni di laboratori
nazionali e internazionali
dislocati in ogni parte del
mondo, in modo che il vaccino immesso in commercio sia
in grado di protepere le persone verso l’ultimo tipo di
virus in arrivo.
La vaccinazione purtroppo
induce una protezione di
breve durata, al massimo di
un anno, e pertanto va ripetuta annualmente. In genere è
sufficiente una singola dose,
somministrata per via intramuscolare prima dell’inizio
della stagione epidemica.
Solo nel caso che il virus in
arrivo sia completamente
diverso dai precedenti è
meglio procedere a due somministrazioni a distanza di un
mese circa una dall’altra.
Il grado di protezione offerto dal vaccino per un anno è
compreso fra il 70 e 90%, il
che significa che su cento
persone vaccinate rimarranno
effettivamente protette dall’
influenza da 70 a 90 persone.
Va peraltro ricordato ancora
una volta che la maggioranza
delle manifestazioni respiratorie del periodo invernaleprimaverile non è sostenuta
dai virus influenzali ma da
altri virus, contro i quali il
vaccino non ha alcun effetto.
La vaccinazione antinfluenzale non è obbligatoria; essa è
principalmente indicata in
persone affette da malattie
bronco-polmonari, cardiache,
renali croniche e nei diabetici
e viene consigliata in genere
alle persone di età superiore
ai 65 anni.
Le precauzioni
Si possono avere reazioni e
complicazioni? Sì, la vacci
nazione può dare reazioni
locali (tipo dolore, arrossamento e gonfiore nella sede
di iniezione), reazioni generali meno frequenti (tipo mal di
testa, malessere, febbre, e
dolori muscolari, più spesso
nei bambini e nei ragazzi) e
reazioni allergiche, (tipo eruzioni cutanee e orticaria)
ancora più rare.
Il vaccino non va somministrato in corso di malattie febbrili e neanche in soggetti
allergici alle uova, in quanto
esso viene preparato proprio
sulle uova embrionate di
pollo. Inoltre nei soggetti con
qualsivoglia forma di allergia
(pollini, polveri, farmaci, alimenti) il medico, nella decisione circa l’opportunità di
somministrare il vaccino,
dovrà sempre valutare il rapporto fra rischi e benefici.
Infine, se una persona in
seguito alla vaccinazione ha
avuto una reazione, locale o
generale, non dovrà più ripeterla per evitare reazioni sensibilmente più gravi.
DA PAGINA V
Per comprare i
sollevapersone
P; Spero che il sollevapersona rappresenti un nuovo
modo di lavorare: più comodo per noi e per gli ospiti. I
primi commenti sono favorevoli, gli anziani si sentono più
sicuri, meno sbatacchiati.
M: Mi dispiace che non
tutti coloro che ne usufruiranno potranno dirci come si
trovino... Spero che queste
iniziative non finiscano qui.
Ci sono altre cose che possiamo fare per migliorare la
condizione degli ospiti.
Un caloroso ringraziamento
da parte del personale e degli
ospiti va a tutti coloro che ci
aiutano a rendere più confortevole la vita degli anziani.
Albertina Long e figlio, Oregon (Usa),
in memoria di Edmo Long.
E 300.000: N.N., Alessandria.
£ 500.000: Albertina Long, Usa, in
memoria suoi cari.
£ 2.521.050: Comitato Zurigo.
£ 15.569.360: Provento bazar del 5
settembre ’93.
Fondo di solidarietà
Doni pervenuti da iuglio
a settembre ’93
£ 50.000: Mariuccia e Vincenzo, San
Germano, in memoria della sorella di
Paola; papà e mamma. San Germano,
in memoria del loro caro Enzo; Mirella
e Attilio. San Germano, in occasione
della confermazione del nipote
Daniele e del figlio Massimo; Italo
Podio, Pinerolo; Adriano e Elda Conte,
Fenestrelle; De Roja-Schantz, Fasano
del Garda.
£ 60.000: Famiglie Scollo e Cardia,
San Germano, in memoria della sorella di Paola.
£ 100.000: I suoi cari. San Germano,
in memoria di Gigi Musso (12-7-70);
. Gabriella Vallano Ribet, Torino;
Paolina Micol Tron, Perrero.
£ 140.000: Elsa Barolin, Bogotá
(Columbia).
£ 150.000:1.C., Torre Pellice.
£ 200.000: famiglie Vola-Alfano,
Pinerolo, in memoria di Adele Alfano
Durand.
£ 207.000: Rendita Pascal Margherita,
Prali.
£ 300.000: Gaetano Schwick e signora, San Germano.
Fondo per il giardino
Doni pervenuti da iuglio
a settembre '93.
£ 18.000: Èva Maurino, Porosa.
£ 25.000: Gustavo e Nino Bounous,
San Germano.
£ 30.000: Alda e Enzo Tron, San
Germano; Karin Springer, Lucerna.
£ 40.000: R., San Germano, in memoria Roberto Richiardone.
£ 50. 000: Mary Baret, San Germano,
in memoria del marito; Ida Micol,
Perrero; Nella e Renato Long, San
Germano, in occasione del matrimonio
di Luisa e Sergio; la cognata San
Germano, in memoria di Emanuele
GardioI; Marina e Tiziano Forneron,
San Germano; Irene Bounous,
Pinerolo; Renata Bounous, Pinerolo;
Luigi e Alina Baret, Pomaretto; E. B.,
Prarostino, in memoria suoi cari; N. N.,
Prarostino, fiori in memoria dei suoi
cari.
£ 100.000: Mimi Mathieu, Pomaretto;
la moglie Frida, San Germano, in
memoria di Bartolomeo Bounous;
Alfredo Dema, Pinasca; Emilio e Olga
Travers, San Germano; N. N.
Pramollo; Daniela Boccassini,
Pinerolo, in memoria nonna Fernanda;
Erica e Sergio Rostagno, Roma;
Mirella Cardon, Prarostino, in memoria
padrino Lutero.
£ 200.000: Clara Rostan, Pomaretto;
Margherita Bogetto, Torino.
£ 300.000: N. N., Alessandria; Mimi
Mathieu, Pomaretto, in memoria della
nipote Enrica Serre Jahier.
£ 380.000: I coscritti. San Germano, in
memoria di Nino Bleynat.
£ 400.000: Nora Boccassini Baimas,
Pinerolo, in memoria dei suoi cari;
Milena e Diego Sappé, Pinerolo, in
memoria della nonna e dello zio;
£ 500.000: Miranda Giraud, Pinerolo;
Ida Micol, Perrero; la mamma, sorelle
e fratelli. San Germano, in memoria di
Enrica Jahier;
£ 1.325.000: ricavato vendita del
banco dell’Asilo al 15 agosto a Villar
Perosa.
£ 2.641.110: colletta riunione del 15
agosto a Villar Perosa.
£ 3.893.797: Kirchenkreis, Arnsberg, D
Offerte per l’acquisto dei
solievapersone
£ 10.000: Ersilia Ribet.
£ 12.000: Susanna Garrou.
£ 30.000: Ettore e Delfina Sappei, San
Germano:
£ 50.000: Amalia Baimas Payla, San
Germano, in memoria Ida Rivoira
Durand; il figlioccio di Milena, Luserna
San Giovanni, in memoria di Emanuele
GardioI, la cognata. San Germano, in
memoria di Emanuele GardioI; Viola
Coisson, Pomaretto; Alfredo
Chiappusso, Asilo San Germano;
Alfredo Ventre, Torino; Andrea
Avondet, Luserna San Gioavanni in
memoria della zia Albina nel 2° anniversario; gli amici del Centro d’incontro
San Germano, in memoria di Giovanni
Apolloni; famiglia Previati, Pinerolo;
Lisa Costabel, Inverso.
£ 60.000: Un'amica dell’Asilo, San
Germano
£ 100.000: Walter, Marcella e Silvana
Variglia, Prarostino, in memoria di
Emanuele GardioI; i figli, Villar Perosa,
in occasione del compleanno di Elsa
Richiardone.
£ 200.000: La figlia Milena e il genero,
Prarostino, in memoria del papà
Emanuele GardioI.
£ 300.000: L. Marino-Refer, Ginevra.
£ 482.200: Concerto Elena Martin e
• Claudio Bonetto.
£ 500.000: Amelia Long, San
Germano, in memoria Attilio Long e
Ernesto Giaiero; Vilma Costantino
Bambi, Perosa.
£ 630.000: Offerte varie N. N.
£ 746.300: concerto Claudio Aimonetto
e Federico Olmo.
£ 870.000: concerto «Gruppo simpatia» del liscio.
£ 7.117.300: ricavato dal «mercatino
delle pulci».
Il provento della mostra «La nostra
Africa» di Giovanna e Franco Calvetti
(tenuta nel locali dell’Asilo dal 28 agosto al 5 settembre) è stato da loro così
suddiviso:
- £ 3.500.000: Al Centro diaconale «La
Noce» di Palermo;
- £ 3.500.000: Al fondo per II giardino
dell’Asilo di San Germano;
- £ 1.000.000: Al pastore Bruno Tron
per il Centro di accoglienza agli immigrati Pinerolo.
Abbiamo anche ricevuto un dono di £
5.000.000 (N. N. San Germano) per
l’acquisto una vasca da bagno per
disabill.
Desideriamo esprimere la nostra riconoscenza a tutti gli amici che in mille
modi sostengono il nostro lavoro verso
gli anziani. La loro solidarietà, espressa con i doni o con la presenza e il
lavoro, ci dimostra di quanto affetto è
circondato l’Asilo. Il nostro «grazie»
non è quindi un mero atto formale, ma
rispecchia un profondo senso di gratitudine.
Ai lettori
Pubblichiamo queste ue pagine
dedicate ai problemi, ai progetti c
èlle speranze di quanti lavorai©
quotidianamente negli istituti «
nelle opere valdesi delle valli. - ^
Nel momento in cui le
chiese sì interrogano sul significato e sul senso della diaconia-e
il Sinodo ha deciso di creare .la
Comrmssione sinodale per la
conia ci è sembrato opponuiio
pubblicare questo «sMctaie».
Apparirà tre, quattro volte raimo
e porteril «liete, come in qu^
numero, l'elenco delle offerte e
delle soBoscriziooi. jJcf doverosi'
ringratiauncoto ai donatori c per
la pubhSciià dei nostn tmanaàmenti titet^re.
L’itt^to è realizzato in collaboràzione con il Dipartimento
diacoBide del 1 (Ustretto ed è stato
coorditet© da Adriano Longo e
Añila lÌon.
14
PAG. Vili
VENERDÌ 5 NOVEMBRE 1993
palla giocattoli
Via Silvio Pellico, 20 - PINEROLO (TO) - Tel. 0121 / 78435
ti offre il meglio
per il divertimento del tuo neonato
L'unico vero specialista
in giochi per la prima infanzia.
TUTTO L'ASSORTIMENTO:
FisKcrPricc
TOMT.
PUtMsKXlL
ilocrtNìtWcco
(>e,*}ipvà'iic€
Ì‘* I*' « h *
* .4 ' it
ALCUNE OFFERTISSIME:
REOBmTOREmamPRKX:
KIDDI KR/UT
L. 59.000
antkhéL 99.000
BARATTTM IN PIRAMIDE
FBCHERPRKE-KMX! KRAFT
L. 4.900
anPMLOJOO
CASETTA DELLE SCa>ERJI
TOMY
L. 11.900
amkitéL22M0
tappetino FATTOLA
CHICCO
L. 31.900
amkhiL 49.900
CASINA DELLE API
CHICCO
L. 34.900
ankiìéL 54900
15
\/F.NERDÌ 5 NOVEMBRE 1993
BATTISTA
PAG.
Dalla «figura austera» all'inserimento nella vita della società
C'era una volta il pastore
CARMELO INGUANTI
Quando a ventun anni,
all’inizio degli anni ’30,
(]j»lla Sicilia mi sono trovato a
Roma, quale studente nella
scuola teologica battista, così
vedevo i pastori: salivano sul
pulpito con lo «stiffelius» o
con la redingote; qualche pastore portava pure la bombetta. Data questa veste esterna
(colletto e polsini inamidati)
la figura del pastore era solenne, austera, direi ieratica;
era un «ecclesiastico». Incuteva rispetto e, devo dire, era
molto rispettato dalle comunità.
Nell’ambito della comunità
il pastore era un «pater familias» autoritario. A lui guardava la comunità e da lui riceveva un senso di sicurezza.
L’etica autoritaria era in declino, ma ancora vigeva. Il
pastore, oltre ad essere predicatore, era il pacificatore, il
consigliere, lo sbrigatore di
pratiche, il consolatore, ma
sempre rigido e alquanto distaccato.
Sapeva di essere dipendente
dal Missionario (era lui che
teneva le redini del comando
ed era il tesoriere delle assegnazioni finanziarie che arrivavano dagli Usa; i tre-quattro pastori che con lui formavano il «suo» comitato dell’
allora Opera battista erano un
contorno; chi decideva su tutto era il Missionario). Questo
incideva sulla figura del pastore, e non poco. La chiesa
accettava il pastore che il comitato le assegnava; né la
chiesa né il pastore avevano
voce in capitolo.
Nelle chiese il pastore era
un’autorità spirituale, ma
esternamente, per ragioni di
carattere politico, era un isolato, un solitario, certo non allegro; una figura staccata dal
contesto sociale per forza di
cose. Si provava un senso di
solitudine nel campo del proprio lavoro. Negli anni Trenta
e per i primi 4-5 anni degli
anni Quaranta il clima esterno
era tremendamente avverso,
antiprotestante, dominato dal
potere clerico-fascista; allora
vigeva questa equazione: essere italiano è uguale a essere
cattolico. L’Opera battista
proibiva che si appartenesse a
partiti, ma allora non c’erano
partiti, ve n’era uno solo! La
persona del pastore era socialmente chiusa in se stessa e
nella sua piccola comunità.
Allora, la moglie del pastore era un aiuto del pastore, di
fatto, nella cura e nelle visite
alle sorelle, nell’Unione femminile, nella scuola domenicale, nelle visite alle sorelle
ammalate, nell’interessamento dei problemi delle ragazze
della chiesa; si dedicava anche a guidare i canti all’armonium: insomma, era il centro
dell’elemento femminile della
chiesa..
Il pastore riceveva come
onorario 500 lire che poi, a
causa della recessione in Usa,
ogni tre o quattro mesi veniva
ridotto del 10%, fino a soffrire la fame; e l’abbiamo sofferta. In quegli anni il pastore
è stato una figura coraggiosa
perché, con la moglie e la responsabilità dei figli, ha affrontato situazioni difficili,
sorretto dalla fede nel Signore
che da quell’oscuro tunnel un
giorno si sarebbe usciti per
vedere l’alba di una nuova
epoca di libertà, di pace e serenità. E l’alba spuntò nel
1945. Per il pastore fu come
uscire da uno stato di triste
solitudine o, con un’immagine storica, come uscire dall’
oscuro Medioevo al Rinascimento; ora ha piena possibilità di predicare e di evange
L'affermazione della differenza sessuale
Il nuovo delle donne
LIDIA GIORGI
osi la pastora (...),
agli incontri di culto,
si reca in compagnia del figlio
(...) c’è sempre qualcuno che
è disposto ad occuparsene,
mentre lei è impegnata. E magari, terminata la predica, si
riprende il bimbo e lo allatta.
Nessuno si scandalizzai Forse
non avrà il «fisico del ruolo»,
ma non si potrà certo accusarla di essere carente di un’
umanità sensibile». Ecco come una giornalista conclude
l’articolo di un’intervista a
una pastora.
Da tempo ormai le donne
impegnate in settori tradizionalmente maschili non sono
interessate a uniformarsi
all’universo maschile, ricalcandone schemi, modelli e atteggiamenti. Esse hanno invece il coraggio di essere se
stesse e reclamano il riconoscimento e l’accettazione della loro differenza sessuale.
Ma non si tratta solo di attuare una strategia dell’autoaffermazione, per costruirsi anche
nella chiesa come persona
completa, ma di compiere un
«servizio» che non sia più di
appoggio alle strutture, ma di
trasformazione delle stesse.
Essere pastora non significa
ricalcare il vecchio modello
maschile di «pater familias».
In questo senso prerogativa
delle donne è stata senz’altro
la volontà di smuovere le ac
lizzare nelle piazze. La figura
del pastore si laicizzò e si inserì nella vita sociale; anche
le comunità cominciarono a
vivere, a ravvivarsi, a risvegliarsi; si laicizzarono anch’
esse, divennero più consapevoli dell’essere chiese, crebbero in numero. La direzione
dell’Opera battista, che poi fu
chiamata Unione battista, passò rapidamente in mani italiane; la figura del pastore cambiò radicalmente: più sciolta,
più umana, più gioiosa, psicologicamente animata da un
nuovo ritrovato slancio, senza
autoritarismo.
Bisogna dire che a questo
cambiamento cooperò anche
un’ondata di nuove leve pastorali, uscite da Rivoli e da
Rouschlikon, con aperta mentalità e nuova formazione.
Gli anni ’50, ’60 e gran parte
degli anni ’70 sono stati per
l’Unione delle chiese battiste
(e direi per tutto il protestantesimo italiano) gli anni d’oro
per il vero salto di qualità e di
quantità, per il rinnovamento
organizzativo dell’Unione,
per il fervore evangelistico.
Tutto questo fu accompagnato da un prodigioso fervore di
costruzioni di sale e templi di
notevole importanza.
Un fervore di vita rigogliosa che, con l’aiuto di Dio, ci
auguriamo di tutto cuore possa ripetersi con le nuove fresche leve di pastore e pastori,
sia pure in forme nuove, e risplendere nel pianeta del battismo italiano.
La passione per l'evangelizzazione unisce le diverse culture
È cambiato il nostro linguaggio
________PAOLO SPANU_________
Fa fresco a Santa Severa
per via delle piogge del
giorno prima e di un venticello di tramontana, che ha appena spazzato via le nubi. In
sala, il solito allegro e rumoroso chiacchiericcio dei pastori battisti convenuti per
l’assemblea del Collegio pastorale.
A vedere quei volti, ad
ascoltare quelle voci, quelle
risate fragorose, mi vien di
fatto di ricordare altri convegni e altre assemblee pastorali. E alla memoria si affollano
i volti dei miei colleghi che
ora non sono più: Manfredi
Ronchi, il mio maestro Schrajber l’evangelista buono,
Bruno Saccomani, il predicatore affascinante e altri, altri
ancora. Come è cambiato il
mondo e come è cambiato anche questo scampolo di umanità rappresentato dai pastori
battisti in Italia!
Innanzitutto le colleghe:
forti, determinate (anche a
cambiare il nostro lessico)
con le idee molto chiare e una
cultura teologica che fa invidia a noi colleghi di altri tempi. Ogni tanto ci richiamano
al rispetto della loro identità e
differenza, lasciandoci interdetti sul vero significato di
queste parole. Parecchie di
loro hanno sposato pastori.
Così il quadro si complica,
perché le coppie di pastori
non guardano al ministero come facciamo noi. A parte
Solitudine, famiglia, identità della persona
Un ruolo da inventare
ADRIANA GAVINA
que nella rivisitazione del
ruolo pastorale. Un’esigenza
che è andata sempre più delineandosi anche in questo convegno battista sul ministero
pastorale oggi.
Il pastore, la pastora, rimane colui, colei, che deve avere
una competenza biblico-teologica, coordinatore, coordinatrice, delle varie attività comunitarie, ma è fondamentalmente uno, una, in mezzo agli
altri. Ha del tempo in più rispetto agli altri membri della
chiesa, ma tutti i credenti devono essere impegnati nel
medesimo servizio per l’Evangelo. Il pastorato è uno dei
carismi, ma ce ne sono altri
all’interno della comunità: bisogna scoprirli e valorizzarli.
Il «nuovo» delle donne sta
contribuendo, credo, al cambiamento delle strutture. La
differenza sessuale nella chiesa si esprime infatti mediante
una presenza femminile positiva. autorevole, capace di dar
vita, stimolo, energia, sostegno, coraggio a tutti coloro
che sono stati poco valorizzati
nella comunità, fra i quali ci
sono anche le donne. Il Signore non ci rinchiude e ci limita
in definizioni, ruoli o configurazioni precostituite ma ci
chiama ad una scoperta continua delle nostre potenzialità
di individui affinché si manifesti la ricca diversità dell’
umano sì da essere davvero
sale di questo mondo.
Due parole emergono oggi
per caratterizzare i nodi
dell’identità pastorale: solitudine e famiglia. Stiamo vivendo un tempo di continui
cambiamenti sociali, economici, culturali. L’identità della persona non è mai qualcosa
di statico, ma un fluire che si
adatta alle condizioni interne
ed esterne di ciò che l’individuo vive in quel mom.ento.
Alla costruzione della personalità concorrono moltissimi
fattori e il «ruolo» è uno dei
più importanti, a sua volta costruito su un incrocio assai
complesso tra le aspettative
esterne, sociali e culturali e
quelle interiori, come i bisogni, le motivazioni, le proiezioni della persona stessa.
Oggi le aspettative circa il
ruolo pastorale sono cambiate, ma non si sono ancora ben
delineate. E come potrebbero,
se anche la società tutta sta
vivendo un momento sofferto
di definizione di se stessa?
Spesso perciò il pastore, la
pastora, sono soli, o così si
sentono, nella ricerca di una
collocazione del proprio ministero nella società. Non dimentichiamo poi la situazione
di diaspora delle nostre chie
qualche eccezione, pastore e
pastora lavorano insieme e
sono in un certo senso intercambiabili, anche se pare che
alcune chiese esitino a dare
riconoscimento a questa proposta.
Accanto alle colte colleghe
i pastori locali, in qualche caso meno teologicamente «secolarizzati» ma altrettanto
militanti ed efficaci nell’
evangelizzazione. Essi sono
quelli che svolgono una professione e al tempo stesso
esercitano il ministero pastorale nelle rispettive comunità.
Gente concreta; gente che ha
una solida base vocazionale:
fanno un po’ invidia per il loro coraggio.
Qua e là c’è anche qualche
pastore di altri paesi: due tedeschi, uno spagnolo, tre
americani; sono in arrivo due
o tre inglesi: tutti pienamente
inseriti a pari titolo nel Collegio e nell’Unione. Ci portano
una ventata di differenza culturale, anche se alcuni di loro
non sono ancora avvezzi al
caotico, quasi anarchico, modo di discutere che è invalso
tra noi. Non più «missionari»
tra loro, ma semplicemente
colleghi; non più svarioni linguistici, ma perfetti discorsi
all’italiana.
Ma non sono cambiati soltanto i volti o l’aspetto in generale, il che c’è da aspettarselo; è cambiato il linguaggio, il modo di organizzare il
pensiero. Più. alto il livello
culturale medio; più profonda
la conoscenza teologica, filosofica e in generale delle
scienze umane. A sentirli parlare, stanno cambiando il modo di vivere delle nostre comunità: più «comunitario» e
partecipato, meno orientato a
difendere l’autorità del pastore e più impegnato ad «animare» la vita della chiesa; più
laico, più vario nelle liturgie
e nel compenetrarsi delle varie attività. Forse ciò che li lega in una sorta di continuità
col passato, oltre la fede, è la
stessa passione per l’evangelizzazione.
Col cuore pieno di gratitudine al Signore, adesso posso
sedermi... in mezzo a loro,
perché il Signore è fedele, come disse: «E fermerò il mio
patto fra me e te e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione...»
(Genesi 17, 7).
se, con piccole e piccolissime
unità che non sempre vivono
momenti alti di collaborazione. Di frequente il pastore o
la pastora vivono abbastanza
isolati sul piano dello scambio teologico e pastorale.
Un altro nodo è dato dal
fatto che vi sono famiglie del
pastore o della pastora che
condividono solo in parte la
scelta di fede e di vita nelle
quali il coniuge è sempre più
di frequente impegnato in una
sua realizzazione personale e
professionale al di fuori del
cerchio dei ministeri ecclesiastici. Eppure il ruolo invade
ancora molto l’ambito del
privato e la famiglia pastorale
è coinvolta, suo piacere o suo
malgrado, nel lavoro pastorale e nelle aspettative della comunità. Al pastore o alla pastora è spesso richiesto di essere un «modello » di vita familiare.
Il pastore e la pastora sono
chiamati oggi come sempre, a
svolgere dei compiti che sono
essenzialmente fondati sulla
loro capacità di relazione interpersonale, ma l’ambito in
cui essi vivono l’identità pastorale è oggi intensamente
caratterizzato da aspettative
reciproche in parte legate al
vecchio modello di ruolo pastorale e in parte in ricerca di
nuova definizione.
Credo che la presenza di
questi aspetti problematici e
la trasformazione in atto del
ministero pastorale dia oggi a
quest’ultimo una connotazione di avventura, la qual cosa,
da una parte può incoraggiare
giovani uomini e donne a rispondere alla vocazione,
daH’altra ci consente di affinare riqualificandola la testimonianza evangelica nella
nostra società.
Tuttora aperti alcuni problemi pratici
Il pastore locale
______LUCA MARIA NEGRO_____
I «pastori locali» sono, per
così dire, dei «volontari
del pastorato» che, svolgendo un’attività professionale,
si dedicano al ministero a
tempo parziale, senza percepire l’assegno pastorale.
Il fenomeno dei pastori locali, fenomeno antico nel
mondo battista ma in genere
limitato a pochi casi, è aumentato di proporzioni negli
anni ’80, in seguito all’ingresso neU’Ucebi di alcune
comunità di tendenza carismatica. Si è resa così necessaria una più precisa definizione del ministero dei pastori «in servizio locale». Il
regolamento Ucebi approvato nel 1991 ha stabilito perciò che, ferma restando la facoltà delle chiese di scegliere
come pastore una persona
non iscritta nel ruolo dei ministri deirUcebi, la scelta
debba essere comunicata al
Comitato esecutivo, affinché
il Dipartimento di teologia
possa accertare la preparazione culturale, biblica e teologica del pastore locale, e il
Collegio pastorale possa verificarne l’attitudine alla cura
pastorale.
Una volta iscritta nella rubrica dei pastori in servizio
locale, la persona interessata
è «a tutti gli effetti pastore
nei rapporti che l’Unione, le
sue istituzioni e organismi
operativi e autonomi intrattengono con le altre chiese e
con gli enti pubblici e privati»; inoltre «interviene
all’Assemblea generale come
ministro con cura di chiesa e
partecipa alle attività del
Collegio pastorale» (art. 20
del Regolamento Ucebi).
Nonostante il pastorato lo
cale riceva dal nuovo regolamento una fisionomia più
precisa, restano tuttavia alcuni problemi aperti:
1) Attualmente i pastori locali iscritti nell’apposita rubrica sono solo due, quelli
cioè che hanno compiuto studi teologici regolari, mentre
ben otto ne sono fuori. A
questo punto, è stato osservato, nell’Unione esistono tre
tipi di pastori: i ministri «regolari», quelli in servizio locale regolarmente iscritti, e
infine quelli riconosciuti solo
dalla comunità locale. La situazione sembra anomala;
qualcuno ha proposto di risolverla, chiamando semplicemente «anziani» i conduttori non ancora riconosciuti
daU’Ucebi. Altri propongono
che i pastori locali riconosciuti siano tout-court inseriti
nel ruolo dei ministri dell’
Unione, pur non intrattenendo rapporti amministrativi
con essa.
2) Il pastore Franco Scaramuccia, nella sua relazione
durante il Convegno, ha rilevato l’importanza della consacrazione come impegno
pubblico a esercitare con fedeltà il ministero. Se questo
è il senso della consacrazione, non si capisce perché il
Regolamento preveda per i
pastori locali un semplice insediamento.
3) È previsto nel regolamento che come i pastori a
pieno tempo anche i pastori
locali non possano superare
il limite di quindici anni nella stessa sede. C’è da chiedersi se questo termine tassativo sia opportuno nel caso
dei pastori in servizio locale,
stante la difficoltà a spostare
un pastore che svolge anche
altra attività professionale.
16
PAG. 8 RIFORMA
Convegno Battista
VENERDÌ 5 NOVEMBRE 1993
Le impressioni di alcuni partecipanti al Convegno
Dobbiamo cercare un pastore
che sappia promuovere l'impegno
____MIMMO GUARAGNA_ jn cui la parola crisi è ricor- me la scuola italiana, dove 1
MIMMO GUARAGNA
...Io penso che il pastore...
Quattro chiacchiere nella
pausa del cajfè.
T a mia comunità è stata
senza pastore per un
bel po’ di tempo. Abbiamo lavorato con impegno; certamente abbiamo avuto problemi, ma non è stato un fatto
traumatico». Così ha introdotto la nostra conversazione
Paola Perissinotti di Pordenone, una delle chiese che più ha
sollecitato questo convegno, e
aggiunge: «il ruolo del pastore
certamente è importante, ma il
pastore cambia, può mancare,
viene sostituito, la comunità
invece resta».
Il convegno ha allargato
molto gli orizzonti su che cosa
deve fare il pastore, ma il dibattito non è stato sempre facile e lineare; Giuseppe Miglio, studente di teologia, ci
ripete una tesi che ha sostenuto con forza: «È un dono fra
tanti, non identifichiamo il pastore con chi, per una sorta di
istituzionalizzazione, è tenuto
a predicare. Il ministero pastorale ha tanti aspetti altrettanto
importanti». Detto così senza
perifrasi, in parecchi arricciano il naso, ma Giuseppe insiste: «I battisti si differenziano
da altri filoni della Riforma;
per esempio per i presbiteriani
il pastorato tende ad essere un
ufficio, per noi è un servizio».
«Mi fa piacere che, soprattutto nel lavoro dei gruppi, il
discorso si è ampliato mettendo in relazione il pastorato
con gli altri doni e gli altri ministeri»; così afferma Maria
Foglia di Dentini, e aggiunge
uno sfogo: «speriamo che
questo convegno serva a modificare il rapporto delle comunità con il pastore. Siamo
noi che vogliamo un pastore
accentratore, lo sovraccarichiamo di impegni e responsabilità, e poi giù a dargli addosso!».
Su questo punto le opinioni
dei nostri interlocutori convergono abbastanza. Rossana Di
Passa di Isola del Liri ci dice:
«Per forza di cose il pastore
finisce con l’essere come la
comunità lo vuole. Il modello
dell’accentratore, del “vescovo”, è funzionale ad un’idea
di chiesa tradizionale e passiva. Dobbiamo insistere per fare emergere un nuovo tipo di
pastore, anche perché così si
facilita l’impegno dei membri
di chiesa più sensibili e più attivi.
Che tipo di pastore? Alcune
indicazioni questo convegno
le ha date. Il dibattito è interessante proprio perché erano
anni che non si avvertiva
l’esigenza di fare il punto sul
ministero pastorale. Noi confermiamo la specificità della
figura pastorale come ci è stata data dalla Riforma, sintetizzabile nel predicatore, l’ammaestratore e il curatore di
anime, ma aggiungiamo un
elemento nuovo (che poi non
è una novità in assoluto perché abbiamo tanti esempi): il
pastore come animatore della
comunità, quello cioè che suscita i doni ed allarga il numero delle persone attive».
Nei documenti preparatori
più che nel dibattito si è insistito molto sulla crisi che vive oggi il pastore. Ci dice Lorenzo Racioppi di Grosseto:
«Io non parlerei di vera e propria crisi; certamente c’è un
disagio che non è soltanto dei
pastori ma delle comunità in
generale. Hanno sottoposto alla nostra attenzione documenti
in cui la parola crisi è ricorrente, ma mancano elementi
per fare un’analisi accurata; si
è partiti da impressioni, da
sensazioni, non da dati certi e continua - probabilmente al
convegno è mancato un contributo che fosse il frutto di
una riflessione e di un confronto collettivo dei pastori.
Nella mia comunità abbiamo
analizzato i documenti preparatori, e siamo stati abbastanza critici; mi conforta il
fatto che così come si è sviluppato il dibattito nei gruppi
esso riflette molto di più il
pensiero della mia chiesa».
Per Giuseppe Miglio: «Così
come è stata posta inizialmente la questione della crisi,
è riduttivo. Andiamo a vedere
quali dinamiche fanno arroccare le chiese che si chiudono
in se stesse. Un convegno non
basta; sono necessari altri incontri anche perché il ruolo
pastorale non si definisce in
sé, ma è un processo di chiarificazione dei campi di azione
e di crescita di tutta la chiesa
con tutti i suoi doni».
Rossana Di Passa sottolinea: «È importante avere individuato una linea operativa
nel lavoro di équipe. Ma l’équipe non deve ridursi solamente ad un fatto pastorale,
deve coinvolgere ed avere
dentro tutti i ministeri ed operare su base territoriale».
Ma Lorenzo Racioppi frena
un po’ Pottimismo: «Su questi problemi la mia comunità
sta riflettendo, forse è prematuro proporre modelli già definiti». Molto più drastico su
questo punto è stato l’intervento in assemblea del fratello Consoli, che ci ha messo in
guardia sul rischio di fare co
me la scuola italiana, dove la
sperimentazione fine a se
stessa ha portato allo sfascio
attuale.
Fin qui i nostri interlocutori
hanno ripreso le tematiche e
gli argomenti pressappoco così come si sono sviluppati nel
dibattito. Vogliamo aggiungere qualcosa di più personale
che ci hanno riferito alcuni di
loro.
Paola: «Mi piacerebbe
iscrivermi alla facoltà di
teologia (e ovviamente dopo
fare la pastora) ma per problemi familiari non posso permettermelo. Nella mia comunità sono impegnata come
monitrice, sento l’esigenza di
migliorare la mia preparazione teologica, sto pensando alla possibilità di iscrivermi ad
un corso per corrispondenza».
E Maria: «Per un pastore è
fondamentale una forte preparazione teologica, io non mi
sento in grado di affrontare
questi studi. Penso di aiutare
il pastore rendendomi attiva
negli studi biblici, facendo visite. La predicazione? Certo
mi piacerebbe predicare ma
non mi sento pronta, mi blocca anche un problema di timidezza».
Giuseppe viene da una famiglia di sinistra che non gli
ha dato una base religiosa. La
sua formazione, come lui
stesso dice, è stata anticlericale e positivista: «Il mio primo impatto con un pastore è
stato importante, molto importante. È stato il richiamo
alla riconsiderazione di un
mio rapporto con Dio. Non
ho incontrato il pastore nella
predicazione, ma nel dialogo
e nell’esempio».
SCHEDA
La discussione sull’ecclesiologia nell’Unione data da
lontano, nell’oscillazione fra i due estremi di un congregazionalismo «sotto tutela» e un congregazionalismo organico. Di fatto, sia storicamente sia geograficamente, ogni
Unione nazionale battista vive il proprio stare insieme secondo le sue esigenze e la sua sensibilità di fede. Così oggi
constatiamo l’esistenza di vescovi battisti in Moldavia accanto a chiese locali americane totalmente autonome.
Non sì può dire onestamente che gli uni siano meno battisti degli ¿tri, perché ambedue le forme di governo si trovano nei principi del battismo degli inizi. In Italia si è tentato
di conciliare certi principi ritenuti inderogabili con le necessità del camjpo. E degli anni ’70 il famoso slogan «la via
italiana al battismo», la quale è stata perseguita da allora
con aggiustamenti progressivi fino ad arrivare allo stadio
attuale.
Fu il Convegno ecclesiologico del 1983 a fissare le basi
dell’attuale ordinamento dell’Unione cristiana evangelica
battista d’Italia. Non furono grandi le novità rispetto al pssato ma l’importanza è consistita nel fissare in maniera
chiara alcuni punti ferrai e nel non lasciarli solo pio desiderio ma tradurli successivamente in precise norme scritte e
conseguenti. I punti fondamentali, che furono stabiliti in
quell’occasione, si possono così riassumere:
a) il riconoscin^nto della chiesa come evento, che acca
de perché il Signore è presente e raccoglie i suoi (Matteo
18, 20): perciò nella chiesa locale sono presenti tutti i segni
distìntivi della chiesa ma anche l’Unione, riunita dalla chiamata di Cristo, ha rilevanza ecclesiologica di uguale dignità
e ¿ uguale riguardo. i
b) la necessità che il corpo comune si dia una confessione
di fede e un ordinamento, sia pine con la chiara cons^volezza che esso sarà sempre di diritto umano e non divino.
e) l’opportunità di superare la realizzazione sino ad allora
perseguita dell’idea di Unione mediante un «piano di coo^
petazione», che potesse «dare alle chiese una visione unitaria del cammino da percorrere, sia per superare le difficoltà
in atto, sia per affrontare vigorosamente le opportunità presentì e future».
I pastori Salvatore Rapisarda e Domenico Tommasetto
Intervista ai pastori Domenico Tomasetto e Salvatore Rapisarda
Favorire il lavoro di équipe
al pastore il ministero della Parola
EMMANUELE PASCHETTO
Durante il Convegno abbiamo chiesto un parere
sugli argomenti in diseussione al pastore Salvatore Rapisarda, segretario del Dipartimento di teologia, e al pastore
Domenico Tomasetto, membro del Comitato esecutivo.
- Si parla di crisi del ministero pastorale, di crisi delle
vocazioni. Secondo voi c’è
davvero questa crisi o la questione è solo un alibi per evadere altri problemi più difficili da affrontare?
Rapisarda: «Io intendo la
vocazione pastorale come
una risposta alla chiamata di
Dio e laddove la chiamata è
presente, la risposta c’è. La
crisi o la difficoltà può essere
nel modo di esercitare questa
vocazione, di rispondere cioè
alla chiamata».
Tomasetto: «Può anche
darsi che la parola del Signore sia rara in questi momenti,
per cui non sempre riu.sciamo
a percepirla e quindi ci siano
meno vocazioni. Ma credo
che le difficoltà risiedano
piuttosto nel ruolo che oggi il
pastore è richiesto di assolvere. Più che di crisi di vocazioni parlerei di crisi della identità pastorale».
- Cerchiamo di chiarire meglio questo concetto.
Rapisarda: «La riflessione
sul ministero pastorale che
stiamo facendo in questo convegno nasce dal fatto che noi
siamo chiese che si raccolgono intorno alla Parola e il ministero pastorale è inteso come ministero della Parola.
Quando al pastore viene richiesta una serie di mansioni
e di ruoli per i quali non è
sufficientemente attrezzato,
né culturalmente né socialmente, può nascere la crisi.
Chi studia teologia in risposta a una chiamata ha come
obiettivo centrale l’annuncio
dell’Evangelo e spesso, quando gli si chiede di accompagnare i malati, di fungere da
consulente sociale ecc., si
sente impreparato».
Tomasetto: «Oggi si sta avviando da noi anche il ministero diaconale che può rispondere a queste esigenze
ma, nella chiesa locale dove
intorno alla figura pastorale
ruota tutta la vita della chiesa, ci si attende dal pastore
una serie di cose per le quali
egli non è preparato, o non è
dotato. A sua volta il pastore
si aspetta dalla comunità certe forme di collaborazione
che potrebbero trasformarsi
in veri e propri ministeri e
spesso non trova risposta.
Nella chiesa locale si vive
una sorta di “situazione bloccata” per quanto riguarda i
ministeri, con attese disattese
da parte della chiesa nei confronti del pastore e viceversa».
- Che cosa si può suggerire
per sbloccare questa situazione?
Rapisarda: «Occorre rivalutare il ministero della Parola liberandolo da quelle incombenze che non sono sue.
Prendiamo esempio da quanto ci racconta il libro degli
Atti aljtap. 6: gli apostoli rimangono fedeli alla “diaconia della Parola” mentre la
“diaconia delle mense” viene
affidata ad altre persone. Se
oggi le esigenze sono molteplici le chiese si devono attrezzare per fronteggiarle con
altre forme di diaconia».
- Si è parlato in questo convegno di una «équipe» di ministeri ehe dovrebbe servire
più chiese e sostituire la formula «una chiesa - un pastore», che ovviamente non è applicata alla lettera, ma verso
la quale in genere le comunità
tendono. Ma non c’è il rischio
di una moltiplicazione dei ministeri a pieno tempo con aggravi finanziari insopportabili?
Tomasetto: «Certo, il pericolo c’è; se ogni comunità
pretende di avere una pluralità di ministeri a tempo pieno
o parziale bloccati sulla chiesa locale. Occorre pensare a
un gruppo di lavoro in un
certo territorio, dove ci siano
il pastore, gli animatori ecc.
La diversità dei ministeri potrebbe essere data dalla diversità delle persone che
l’Unione mette a disposizione, in modo che il numero
delle persone all ’opera in una
certa zona corrisponda al numero dei pastori attualmente
impegnati».
- Ma che cosa si potrebbe
fare per aiutare le chiese a
esprimere loro dei ministeri,
magari temporanei, che non
richiedano il pieno tempo né
il sostegno finanziario?
Rapisarda: «Bisogna assolutamente superare l’idea
della “delega ” alle persone a
pieno tempo, “specializzate”.
Le nostre chiese hanno accumulato una sufficiente conoscenza della Scrittura, per cui
vi sono molte persone che, se
mettessero a disposizione
tempo, risorse e conoscenze,
potrebbero assolvere una pluralità di compiti sia interni,
sia esterni alla comunità».
Tomasetto: «Dobbiamo far
riscoprire ai membri delle nostre comunità la gioia del dare parte di ciò che si è, oltre
che di ciò che si ha, alla chiesa. Riscoprire e valorizzare il
senso della “consacrazione”,
per usare un’espressione di
altri tempi, ma ancora comprensibile».
Rapisarda: «Coloro che assolvono un ministero a pieno
tempo, non solo pastori, ma
anche segretari di dipartimenti, presidente, e anche coloro che esercitano ministeri
collettivi, come il Comitato
esecutivo ecc. hanno oggi il
dovere di stimolare quelli che
una volta si chiamavano i
“quadri” e comunque le chiese per una inversione di tendenza. Continueremo a chiedere le decime e le primizie,
cioè un impegno economico
nell’opera del Signore, ma bisogna chiedere anche il coinvolgimento in prima persona,
nell’ottica della consacrazione, della predicazione, del
servizio e della testimonianza.
Occorre spostare l’obiettivo
dalla comunità locale alla società nel suo insieme, con la
sua domanda di cambiamento
e di senso della vita. Noi che
abbiamo creduto in Cristo e
conosciuto rEvangelo abbiamo il dovere, e dobbiamo anche sentire la sicurezza, di
andare verso l'esterno e rispondere alle domande della
gente di oggi».
Tomasetto: «Dobbiamo
spostare l’accento dal “che
cosa deve fare il pastore ” o
questo o quel ministero al
“qual è la missione che la
chiesa è chiamata a svolgere” oggi nel particolare contesto storico in cui è collocata. Ci sono domande ed attese, problemi e richieste che et
sollecitano dall'esterno: esaminiamoli e cerchiamo di capire come possiamo attrezzarci per dare una risposta.
Individuiamo le cose da fate
e facciamo emergere i ministeri necessari».
- Concludendo?
Tomasetto: «Concludendo
abbiamo forse tracciato un
quadro ideale, ma ciò non deve vietarci innanzitutto di
pensare, secondo di sperimentare delle alternative, localmente, in uno o più settori,
in una chiesa o nell'altra, m
una zona che offra particolari
condizioni favorevoli».
Rapisarda: «Cominciamo a
delineare una nuova prospettiva, coinvolgiamo le chiese
nella riflessione, vediamo dove è possibile iniziare qualcosa di nuovo, correggendo secondo le diverse situazioni».
17
VENERDÌ 5 NOVEMBRE 1993
RIFORMA
Federalismo e industrializzazione nel libro di Isaia Sales «Leghisti e sudisti»
Creare le condizioni di un vero sviluppo
è Tunica via per rilanciare il Mezzogiorno
______RAFFAELE VOLPE____
La citazione del Salvemini
alla fine del capitolo nove del libro di Isaia Sales*
vale già il prezzo dell’acquisto: «L’Italia meridionale è
oggi di fronte all’Italia settentrionale quello che era
prima del 1859 il LombardoVeneto di fronte agli altri
paesi dell’impero austriaco.
L’Austria assorbiva imposte
dall’Italia e le versava al di
là delle Alpi: considerava il
Lombardo-Veneto come il
mercato naturale delle industrie boeme; con un sistema
doganale ferreamente protezionista impediva lo .sviluppo
industriale dei domini italiani. E i lombardi erano allora
ritenuti fiacchi e privi di iniziativa, ed era ormai ammesso da tutti che il popolo lombardo era “nullo”. Cristina
Beigioioso pubblicava degli
studi sulla storia della Lombardia, nei quali cercava di
spiegare “il difetto di energia
dei lombardi”. E gli scrittori
d’oltralpe spiegarono le condizioni arretrate dell’Italia
con l’inferiorità della razza.
La Lombardia, messa in condizioni favorevoli, ha fatto
stupire il mondo per i suoi
progressi: lo stesso sarà del
Mezzogiorno, appena le condizioni generali del paese saranno cambiate in meglio».
Palermo: l'attentato al giudice Borseliino
È in questa citazione la
chiave di lettura di Sales: si
tratta di creare le condizioni
per un reale sviluppo del
Mezzogiorno. Tra queste
condizioni le piit urgenti saranno la reimpostazione della
politica economica nazionale,
che preveda una industrializzazione del Sud; il ricambio
delle classi dirigenti meridionali, la lotta alla criminalità
organizzata.
I nemici storici dello sviluppo reale del Mezzogiorno
sono stati finora sia il capitalismo italiano che lo stato/
partito con i suoi mediatori
locali. I nemici attuali sono
invece i «sudisti» e i «leghisti». I primi perché desidera
no mantenere le cose così come sono, e «hanno utilizzato
il principio di solidarietà per
piegare gli aiuti della nazione agli interessi personali e
della propria parte politica»
(p. 6); i secondi perché
confondono la lotta contro lo
statalismo con la lotta contro
il Meridione.
Sales fa un’osservazione
molto importante proprio sulla Lega: si tratta di un movimento federalista che, rispetto a tutti gli altri federalismi
europei, non lotta per un
Nord che ha un problema di
marginalizzazione economica, oppure culturale, né si può
dire che il Nord non giochi
un ruolo fondamentale nelle
decisioni nazionali. E allora
di che federalismo si tratta?
Non è forse il federalismo dei
più forti che non vogliono
farsi carico delle parti più deboli?
La parte più corposa del libro è dedicata all’analisi della
questione meridionale così
come si è venuta configurando negli ultimi decenni. Chi
vuole un quadro completo e
con un linguaggio accessibile
non ha che da studiarsi queste
poche pagine, e questa è
un’esortazione che farei proprio al membro di chiesa medio, che abiti al Sud oppure al
Nord.
L’ultima parte del libro
verte su delle proposte praticabili. Ricordo quelle che mi
sembrano le più importanti:
l’industrializzazione prima di
tutto; un regionalismo federalista non di tipo secessionista
ma solidale (vale a dire che
all’innovazione di tipo regionalista deve accompagnarsi
un’ipotesi economica e sociale nazionale); una civiltà minima garantita che, stabilito
uno standard civile minimo,
se lo prefigga come obiettivo,
anche a costo di sciogliere i
Consigli comunali che non
raggiungano questa soglia.
(*) Isaia Sales; Leghisti e
sudisti. Bari, Laterza, 1993,
pp XVIII-167, £ 15.000.
Cronaca locale e amministrazione in un libro di memoria collettiva
Arezzo scopre i suoi cittadini evangelici
______PAOLO T. ANGELERI___
Arezzo: Fanfani, Bucciarelli-Ducci, Mauro Ferri,
Licio Gelli... l’associazione è
facile, immediata. Chi può affermare di non aver mai avuto il desiderio di notizie locali
di prima mano sulle vicende
politiche di questa città? Ecco
la risposta, un libro* che è
una raccolta di memorie cittadine attraverso interviste a
personalità aretine di
quest’ultimo cinquantennio,
in cui si passano al setaccio
seconda guerra mondiale. Resistenza, Liberazione e ricostruzione, partiti, sindacati,
amministrazione pubblica,
cultura.
In gran rilievo due figure di
sindaco: Cornelio Vinay
(1957-1963) e Aldo Ducei
0970-1990). Vinay viene definito «un lavoratore eccezionale», «un ottimo sindaco,
onesto e senza macchia» (p.
159). Al sindaco Ducei vengono riconosciute doti di onestà, capacità, abilità politica e
amministrativa. Egli stesso
nel corso dell’intervista rivendica senza mezzi termini
la sua appartenenza alla massoneria come reazione alla
«clericaUzzazione dilagante e
imperante».
E Gelli? E la P2? Una coincidenza, un «fatto del tutto
occasionale». Gelli non è di
Arezzo: se fosse rimasto a Pi
Venerdì 5 novembre — BERGAMO: Alle ore 21, presso il
Centro culturale protestante (via Tasso 55), Giulio Orazio
Bravi parla sul tema: «La Riforma a Bergamo; libri e lettori».
Venerdì 5-domenica 7 novembre — FIRENZE: Presso il
Centro giovanile protestante si svolge il convegno organizzato dalla Fcei sul tema «Non impareranno più la guerra» dedicato all’ex Jugoslavia. Per informazioni: Servizio rifugiati e
migranti Fcei, tei. 06-483188.
Mercoledì 10 novembre — GENOVA: Alle ore 17,30, nella
sala convegni della Banca di Genova e S. Giorgio, per il ciclo sulla comprensione della rivelazione organizzato dal Sae,
il prof. Piero Stefani parla sul tema: «“Vi è stato detto ma io
vi dico”: Gesù e la Torah».
Venerdì 12-domenica 14 novembre — FIRENZE: Presso il
Centro giovanile protestante si tiene il convegno dei centri
culturali. Interventi e relazioni di G. Bouchard, G. Spini, G.
Conte, S. Rostagno, F. Long, B. Peyrot.
Sabato 13 novembre — TREVISO: Alle ore 16,30 a palazzo
Onigo (corso del Popolo 29), il past. Eugenio Stretta parla
sul tema: «Diversità tra cattolicesimo e protestantesimo».
Mercoledì 17 novembre — AOSTA: Alle ore 21, nel salone
del palazzo regionale, il past. Giorgio Bouchard parla sul
tema: «Ragion di stato; coinvolgimento e complicità delle religioni nei nazionalismi in una prospettiva protestante».
stoia la P2 sarebbe nata in
quella città (p. 93).
Non sempre, in verità, i vari interventi sono convincenti:
esagerata per esempio l’importanza attribuita alla famiglia Konz -«i potentissimi
Konz» (p. 27), i commercianti
«protestanti» engadinesi a
Arezzo dal 1859 - quasi a voler attribuire agli evangelici
una misteriosa e segreta capacità di influenza. I Konz si
sono sempre considerati
«ospiti» e mai hanno cercato
di interferire nelle vicende
cittadine. La ditta Konz ha
avuto un’incidenza nell’ambito aretino solo a partire dalla presidenza di Elio Faralli
(fine anni ’60), un manager
che ha saputo coniugare doti
professionali non comuni a
una saggezza laico-risorgimentale non disgiunta da cospicue tracce di spirito evangelico.
A proposito di evangelici,
in questi «dialoghi» se ne cita
più d’uno; «Gli Angeleri - afferma Dante Rossi - qui ad
Arezzo, erano anticlericali
PROTESTANTESIMO
IN TV
lunedi 8 novWnbr«;
ore 9, 30 - Raidue
Attualità evangelica
In questo numero.
• Nei’è Shalom (servizio girato
in Palestma).
teriale Sie.
• Presentazione del programma «Conoscete la Bibbia».
* l+I, rii
dei
con loro tratti specifici, perché erano di provenienza
evangelica e quindi propriamente non anticlericali ma
anticattolici. E considerazioni analoghe possono valere
per il Vinay che è di origine
valdese» (p. 92).
Un lettore non informato
potrebbe supporre la presenza
in Arezzo di una nostra nutrita comunità: invece il gruppo
degli evangelici (Chiesa dei
fratelli) è sempre stato assai
modesto; non più di venti famiglie. Gli aretini hanno respirato anche un’aria ghibellina laico-massonica tale da favorire un’onesta apertura ai
diversi; se agli inizi del secolo alcune maestre evangeliche
furono duramente contestate
dalla popolazione sobillata,
esse furono però difese senza
esitazione da direttori e ispettori scolastici (l’ispettore Raschi, per citarne uno).
Del resto la presenza dei
Konz fin dal secolo scorso
determinò la nascita di iniziative per la costituzione di servizi di ambulanza e onoranze
funebri (venne messo in funzione uno dei primi crematori
d’Italia) sottratti al monopolio della confraternita della
Misericordia, non disposta a
prestare assistenza agli acattolici.
Cronaca locale, memorie
personali e storia si intrecciano spesso e si condizionano a
vicenda: utilissima quindi e
intelligente questa ricostruzione dell’ultimo cinquantennio aretino con tutti i suoi risvolti e i suoi non facili problemi.
(*) Cantagalli-MeccaSalvadori: Dialoghi su
Arezzo. Firenze, Centro editoriale toscano, 1993, pp 279,
£ 30.000.
La strada è anche luogo di preghiera: il venerdì a Algeri
IVISTE
Una strada tutta da vivere
«Mordi la strada» è il titolo monografico della rivista Colors,
edita in tutto il mondo dalla Benetton*. Nella linea della presentazione della varietà di uomini e donne del mondo (gli United
Colors che tanto fanno discutere in sede di promozione pubblicitaria), il numero in questione è dedicato alla vita nelle strade
del globo.
Mestieri, delinquenza, curiosità, ristorazione: ognuno di questi concetti è come la parola chiave di un archivio che sembra
sterminato. Noi vediamo la salsiccia degli italiani a New York e
il pesce fritto dei venditori ambulanti di Istanbul, una zuppa
«virile» a base di interiora di caprone (Giamaica), le pannocchie
di granturco arrostite con il cocco (Nigeria); oppure i moto-tassisti, le parrucchiere di strada, i disoccupati giapponesi.
C’è anche una voce dedicata alle armi (dalle nùtragliette che
si trovano al mercato nero, alle bottiglie rotte), c’è una tipologia
dedicata alle bande giovanili, c’è una rassegna di foto dedicata a
particolarissimi rifiuti che si trovano ai quattro poli della terra...
Insomma, un mondo-repertorio, in cui si trova tutto e il contrario di tutto, un mondo sempre più piccolo: i media ci informano in tempo reale di quel che accade nel villaggio globale ma
se guardiamo con più attenzione, sotto sotto, magari nella spazzatura, troviamo anche a pochi metri da casa qualche aspetto
della nostra vita che non è scontato.
(*) Colors n. 5, autunno 1993, £ 5.000.
Libri
Gobetti secondo Spadolini
È stato presentato al Museo nazionale del Risorgimento di
Torino, con interventi di Norberto Bobbio, Alessandro Galante
Garrone, Ezio Mauro, direttore de La Stampa, il volume di
Giovanni Spadolini Gobetti, un’idea dell’Italia.*.
Spadolini, che è anche presidente onorario del Museo, scrive
nella prefazione che nella sua vita Gobetti è stato «l’inalterabile punto di riferimento, il costante termine di paragone, nelle
convergenze, nelle discussioni, negli approfondimenti, anche
nelle revisioni (e chi non rivede costantemente sé stesso?). Il libro raccoglie tutti gli scritti su Gobetti e il gobettismo sparsi
nel corso di oltre 45 anni, fino alle recentissime ricerche su
«Gobetti e la rivoluzione meridionale».
Accanto al protagonista sfilano compagni o competitori o
maestri; Einaudi, Amendola, Gramsci, Nitri, Salvemini, Sturzo,
Carlo Levi, Matteotti, Croce. Nei testi emerge che il problema
principale dell’Italia è ancora quello della crisi morale. Per
l’autore ricordare Gobetti vuol dire quindi guardare a un’altra
Italia, quella per cui egli si sacrificò interamente, «perché dalla
nostra .sofferenza nascesse uno spirito, perché nel sacrificio dei
suoi sacerdoti questo popolo riconoscesse se stesso».
(*) Giovanni Spadolini: Gobetti, un’idea delPItalia. Milano, Longanesi, 1993, pp. 402, £. 42.000.
Mostre
I valdesi nel Luberon
Si è svolta dal 16 al 24 ottobre, presso L’Isle sur la Sorgue
(Francia) una mostra storica dedicata ai valdesi nel Luberon.
L’iniziativa è stata organizzata dalla biblioteca della cittadina
con la collaborazione dell’Associazione di studi valdesi e storici
del Luberon e della Chiesa riformata di Francia della zona. Lo
sviluppo dell’esposizione si articolava dalle origini lionesi del
movimento valdese alla sua diffusione in Europa, dalla situazione della Provenza nel XV secolo all’installazione dei valdesi in
quella regione, dall’adesione del movimento alla Riforma, alla
successiva repressione, per finire con una presentazione del
mondo valdese di oggi. Una conferenza del pastore Christian
Mazel ha affrontato il tema dei legami tra valdesi e riformati,
uniti dal «furore di leggere».
18
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 5 NOVEMBRE 1993
Appunti di viaggio: alla scoperta dell'America -1
James e il poliziotto
________OlOBOiO TOURN________
Il viaggio progettato dal
Centro culturale valdese negli Stati Uniti in settembre
(dopo quelli in Olanda, Scozia e Grigioni) ha avuto luogo con successo ed è stato
una bella esperienza per tutti
i partecipanti (v. «Eco delle
valli valdesi» del 29 ottobre). Non possiamo esimerci
dal ringraziare pubblicamente tutti coloro che hanno
permesso questa bella esperienza: gli organizzatori
Franco Sappé e Mark Me
Meley, il giovane valdese di
Monnet che ci ha accompagnati, Frank Gibson e Laura
Jervis a New York, i fratelli
di Valdese e Monnet che nelle loro comunità ci hanno
accolti con commovente calore (da Valdese hanno percorso centinaia di chilometri
per riceverci all’aeroporto!)
lasciando in molti la nostalgia dei loro paesi. Le note
che seguono sono una riflessione personale che hanno
un loro interesse autonomo.
Per questo le proponiamo al
giornale.
Abbiamo iniziato il viaggio (giustamente, penso) non da New York o Washington ma da Atlanta, dal
profondo Sud, una Atlanta
dal cielo grigio dopo un violento temporale. Il primo impatto con l’America non fu
però quello: erano solo cubi
di cemento e vetro, gabbie da
uffici; ma non fu nemmeno,
come prevedevo, con il regno dell’auto; il traffico come espressione di vita prepotente e aggressiva mi è sembrato invenzione e costume
europeo; l’impatto ad Atlanta fu con l’America dell’indefinibile.
Come chiamarlo infatti?
Nero? Ha una valenza del tutto diversa da quella del suo
opposto «bianco». Negro?
Offensivo. Afroamericano?
Non esiste perché qui sei solo
americano e nient’altro. Gente di colore? Generico, tutti
hanno un colore; l’America
di questa massa di umanità
che costituisce il mondo
dell’indefinito e del non definibile ed è perciò privo di
identità. Atlanta è la capitale
di questo mondo che malgrado la sua presenza numerica
determinante, assoluta, 40,
50, 60% della popolazione
appartiene al non essere.
Presenti ovunque, al controllo dell’aeroporto, poliziotti e autisti, facchini e impiegati, ma inesistenti. Molto
più profondo e radicale di
quello che definiamo l’emarginazione sociale, l’insofferenza razzista, è il problema
dell’acquisizione della propria esistenza, il passare dal
non essere all’esistere, iniziare il cammino che conduce alla realtà, quello che proprio qui fra questi grattacieli
e queste periferie Martin
Luther King chiamava il
mondo dei diritti civili.
Qui e non in Grecia bisogna stare per comprendere
r Atene di Pericle e la Repubblica di Platone, la società classica che aveva edificato il suo essere riducendo
a pura macchina produttrice
tre quarti della sua popolazione: le donne e gli schiavi;
perché il rapporto lifieroschiavo, banalmente ridotto a
rapporto di disprezzo, di violenza e sopruso, è in realtà
estremamente più complesso
e contraddittorio. Esopo ed
Epitteto possono diventare
maestri di sapienza, insegnare ai loro padroni a vivere e
morire, un nero potrà diventare senatore e comandante
Un cartellone sull«American way of lite»
in capo dell’esercito più potente del mondo, e perfino
presidente, ma nella condizione di base della sua gente
il nulla resta nulla, il non-essere permane non essere.
Lo schiavo è uno che non
c’è, come la lastra di vetro
arresta solo il tuo fiato e la
tua mano, non diventa mai il
muro su cui lo sguardo si posa e che sei costretto a vedere perché limita la tua esistenza, dimensiona il tuo
pensare e il tuo agire. Questo
chiedeva il dottor King.
Così lo chiamò, giustamente, la guida che ci accompagnò nella visita alla
casa della famiglia King, nel
vecchio quartiere della città
diventato ora uno dei parchi
nazionali, di quelle realtà
cioè che fanno parte della
memoria della nazione, come
il Gran Canyon e i campi, le
vecchie case di legno che
hanno appartenuto a famiglie
della media borghesia o operaie del mondo negro (che
sembrano uscire dalle illustrazioni della Capanna dello
zio Tom) sono ora custodite
e in progressivo restauro per
essere nuovamente abitate in
modo da restare zona di vita
e non solo museo.
Ma può vivere la casa dove il dottor King ragazzo
suonava il piano e faceva
scherzi alle sorelle, la chiesa
dove predicarono suo padre e
lui stesso e dove sua madre
fu assassinata? Rivivere nella memoria certamente può,
come in tutti i parchi nazionali, ma vivere è altro, significa rappresentare un’insostituibile dimensione dell’essere. Il fatto di aver trovato anch’esso la sua collocazione
nell’universo collettivo della
memoria nazionale non significa di per sé che il mondo del non essere acceda alla
realtà.
Per questo la Guerra di secessione è tutt’altro che una
guerra civile nel senso tradizionale del termine, uno
scontro fra concittadini su
una frontiera segnata dalla
religione, dalla convinzione
politica dall’interesse, dalla
razza; fu lo scontro spietato e
furioso fra coloro che esistevano (nordisti e sudisti) a
motivo di quello che non esisteva (gli schiavi), che per
una fazione non avrebbe mai
potuto esistere, e c’è da domandarsi se a vincere non
siano stati i secondi, quelli
del Sud.
Il diritto del cittadino,
quello rivendicato da M. L.
King, di fatto sta oltre la solidarietà, la fraternità, la stessa libertà. Chi saprà conquistarlo, crearlo, incarnarlo?
Tutti questi interrogativi
mi sono cresciuti dentro lentamente e chiariti più tardi;
quella mattina il mondo di
Atlanta trovava espressione
compiuta nello sguardo un
po’ svagato e nel largo sorriso di James, 1’ autista che ci
pilotò per tre giorni lungo le
autostrade e le foreste della
Carolina, col suo pullman
non più nuovissimo, che guidava con sovrana allegria.
Scarsa e quasi nulla fu la
conversazione con James;
solo Mark, la nostra guida,
riusciva a padroneggiare il
gorgoglio profondo della sua
voce, ritmato dagli okay con
cui si esprimeva, che sembra
stare all’inglese come un dialetto italico odierno al latino
di Cicerone. Ma James non
ebbe bisogno di usare parole
per dire la sua identità, bastò
il suo gesto. Al self-service
sull’autostrada, dove la nostra comitiva si precipitò
preoccupata di trovare un posto e un piatto, restò in fondo
alla coda a e quando si fu
servito e seduto davanti al
bicchiere di cocacola gelata,
si raccolse serafico e felice
in un gesto di preghiera. A
nessuno di noi era venuto
spontaneo farlo, a lui sì.
Per James la via dal non
essere all’essere passa attraverso quello sconfinato universo dove risuonano i gospel e gli spiritual. E così,
dopo aver inteso il senso della Repubblica di Platone, intendevo ora come non mai il
senso dell’epistola di Paolo
ai Corinzi quando lui, l’ebreo, il «bianco», cioè esistente della pienezza della
dignità umana, ancor più di
Platone, si rivolgeva agli
schiavi del porto, al non essere, da padre e fratello.
E il poliziotto? Sbucò da
dietro la casa del dottor King
fiero nella sua uniforme di
guardia, con la Colt al fianco
ben visibile e la radiotrasmittente al taschino, gigantesco
come James e nero come lui;
stettero di fronte come vecchi amici, affabili, sorridenti,
il loro dialogare,, ritmato da
raffiche di okay, durò parecchio e alla fine James risalì
sul suo mezzo e se ne andò a
girare per un quarto d’ora nel
quartiere fino al momento
della partenza. Si era fermato
in sosta vietata per non più di
tre minuti.
Il poliziotto proseguì fino
all’incrocio fiero e compunto, ma nell’andare si fermò e
con noncuranza si chinò a
raccogliere un pezzo di carta
che andò a deporre nel cestino apposito. Riflesso condizionato di una educazione
all’ordine, alla regola? Gesto
da schiavo abituato a obbedire alle imposizioni del padrone? Pieno e inconsapevole
inserimento nel costume di
un mondo che non è suo,
quello dei Puritani del Mayflower che hanno fatto il
Nuovo Mondo? Mistero; ma
pienamente americano, dalla
Colt all’osservanza delle
norme, pur nel non essere
della sua gente.
Un nuovo libro sul movimento di «Chistianisme social»
I protestanti impegnati
________PAUL RICOEUR________
La Casa editrice «Les Bergers et les Mages» ha appena
pubblicato un libro di Raoul
Crespin (deceduto di recente), intitolato «Des Protestants Engagés, Le Christianisme social». Dall’introduzione, di Paul Ricoeur, riprendiamo alcuni estratti pubblicati sul settimanale protestante «Le Christianisme» del
10 ottobre.
LJ opera di Raoul Crespin
costituirà un documento
di lavoro insostituibile sia per
gli storici e i sociologi interessati in quanto osservatori a
ciò che si è soliti chiamare la
«mouvance» protestante, sia
per coloro che, ancora oggi, si
sentono in vario modo debitori nei confronti del cristianesimo sociale. L’opera risponderà alle attese del primo
gruppo di destinatari in quanto memoria archiviata di una
fetta di storia delimitata da
due date: 1945 e 1970.
E proprio la memoria del
periodo 1945-1970 che troviamo archiviata nel modo
che stiamo per dire. Se,
nell’ultima frase del libro,
l’autore ha potuto parlare di
«grandezza» e di «declino»
del Movimento, è perché il
racconto è costruito come un
unico dramma con rimbalzi
multipli. La grande arte-di
Crespin è di non aver seguito
passo passo la cronologia, ma
di aver organizzato le peripezie del racconto sulla base
ogni volta di una tematica dominante, introdotta ovviamente dagli avvenimenti marcanti di quel ricco periodo.
Imparare la politica
Così, il rapporto con la politica («imparare la politica»,
dice il capitolo III) è la prima
sfida posta dalla Liberazione.
Il dibattito con il comunismo
è trattato separatamente in
modo da costituire una tematica ben distinta. Viene poi,
suscitato dagli imbarazzi della IV Repubblica, il dibattito
sui valori di civiltà che legittimano le democrazie occidentali. Da lì si passa al dibattito, al vecchio dibattito, sulla
nonviolenza e la conquista
dello Statuto per gli obiettori
di coscienza. La guerra fredda
porta quindi in primo piano la
questione della coesistenza
pacifica, a metà strada tra la
guerra e la pace. La costruzione dell’Europa impone una
disputa distinta circa la creazione del Mercato comune.
Toma poi alla ribalta la questione della giustizia sociale,
resa urgente dal peggioramento delle disuguaglianze all’alba di quel periodo che più
tardi sarebbe stato chiamato
«le Trenta Gloriose». Poi si
passa senza sorpresa ai dibattiti teorici e pratici riguardo
alla parola socialismo e alla
cosa stessa designata da questo tema emblematico. Il nesso tra l’impresa e la condizione operaia viene trattato in
occasione della creazione del
gruppo detto «di Tassin», che
riuniva padroni, quadri e sindacalisti cristiani. Con le
guerre coloniali (Madagascar,
Indocina, Africa del Nord,
Suez) si passa alla tematica
del colonialismo e della decolonizzazione. Il possesso da
parte della Francia, dopo gli
Stati Uniti e l’Unione Sovietica, dell’arma nucleare pone
nuovamente il problema della
guerra, sotto la minaccia inedita di una distruzione cosmica. Si toma poi ai flagelli
sociali (alcolismo, prostituzione, penuria di alloggi sociali), alla questione della
giustizia sociale, considerata
sotto l’angolo dello statoprovvidenza. Non si trascura
ìa sessualità, implicata nella
lotta a favore della «procreazione responsabile». Infine
l’insistenza dei «poveri di
fuori», quelli del Terzo Mondo, a salire sul palcoscenico
della storia allarga la discussione a livello della terra abitata.
Grandezza e declino
Questa rapida carrellata dei
grandi temi dà un’idea dell’abilità della ricostruzione.
Infatti, ognuna delle peripezie
del grande dramma è l’occasione per un richiamo breve
ma molto preciso degli antecedenti della crisi e dei dati
puntuali che suscitano la discussione; vengono poi presentate le sfide e i termini della scelta per i responsabili e i
militanti del movimento. A
questo punto l’autore si dedica ogni volta a un esame dettagliato degli argomenti
scambiati, delle prese di posizione degli uni e degli altri,
degli arbitraggi esercitati, in
occasione dei congressi o della gestione permanente degli
impegni del Movimento, dal
segretario generale e dal Comitato direttivo. Nutrite analisi (e citazioni) di testi (articoli
di rivista, dibattiti congressuali, decisioni e dichiarazioni collegiali, ecc.) fanno del
libro il prezioso documento
che mi ha autorizzato a parlare poco fa di memoria archiviata. Ogni lavoro suscettibile di essere dedicato a questa parte significativa della
«mouvance» protestante dovrà ormai tener conto dell’
opera di Crespin.
Non solo l’osservatore di
quel periodo, ma chiunque si
considera in qualche modo
erede del Movimento, può
trovare un interesse a questo
libro. E qui bisogna parlare
non solo delle peripezie del
dramma ma dei suoi protagonisti. A questo riguardo,
quel che mi colpisce di più è
la relativa stabilità dei ruoli
tenuti dagli uni e dagli altri e
anche la permanenza delle
opzioni, esse stesse ereditate
dai padri fondatori. Le peripezie cambiano, ma la topografia dei dibattiti rimane invariata, per lo meno fino alle
derive e alle rotture post sessantottesche che hanno rivelato la fragilità degli equilibri
fino ad allora preservati.
Si può dire una parola su
ciò che l’autore chiama
«grandezza» e «declino» del
Movimento del cristianesimo
sociale. Vi fu «grandezza»
finché le tensioni sono state
riconosciute e, se così posso
dire, coltivate tra i poli
dell’ecclesiale e del politico,
dell’Evangelo e del mondo. O
meglio: i momenti alti del cristianesimo sociale sono quelli
in cui, non contento di tenere
le due estremità della catena,
il Movimento è riuscito a co
struire pazientemente gli
anelli intermedi, vale a dire il
dispiegamento teologico delle
implicazioni della predicazione del Regno riguardante il suo rapporto con il tempo
della storia, l’analisi economica, sociale, politica competente portata avanti con tutte
le risorse offerte dalle scienze
umane, il discernimento dei
punti di rottura e dei luoghi di
compromesso, le prese di posizione puntuali all’altezza
dei problemi posti dall’attualità, la formazione alla discussione del pubblico protestante
e simpatizzante, insomma
«pedagogia» cristiana sociale.
Mi affretto a dire che il pensiero, l’opera e l’attività di
André Philip hanno rappresentato per me il modello di
quella strutturazione di ciò
che si chiamava allora «l’impegno» cristiano-sociale.
Cristianesimo sociale
troppo corto
In quanto al «declino», esso
è risultato da nient’altro che
dal lion riuscire a padroneggiare quella strategia della
meditazione di cui ho appena
parlato. Esso può essere attribuito, da un lato, per quanto
riguarda il riferimento biblico, a una certa tendenza al ripiegamento, iscritta nella
pietà individualistica propria
dei protestanti, tendenza
rafforzata dalla paura di concludere compromessi percepiti come compromissioni, o
addirittura da una «surenchère» escatologica che portava
paradossalmente a privilegiare sempre la rottura. Forse
occorrerebbe mettere in questione il lato ripetitivo di una
lettura diventata un po’ troppo convenzionale, sia da parte
della tradizione «liberale» sia
da parte della tradizione
«barthiana», congiuntamente
irrigidite in un misto debolmente pensato. Ma il «declino» è più direttamente e
più visibilmente attribuibile
alla congiunzione tra la priorità data alla rivoluzione violenta a spese di ciò che viene
denunciato come riformismo
timido, e un transfert massiccio del religioso sul politico,
nella scia del maggio ’68, con
la scomparsa di ogni tensione
tra «mistico» e «politico», per
usare le parole di Péguy.
Il messaggio del cristianesimo sociale si trovava pertanto
svuotato del suo contenuto
proprio. Aggiungete a ciò
quel che si potrebbe chiamare
il paradosso della militanza;
rivolgendosi ai membri delle
chiese, il Movimento li esortava ad uscire dalla loro pietà
privata, ad abbandonare i loro
templi: questo messaggio era
in qualche modo iscritto
nell’aggiunta dell'epiteto «sociale» alla parola cristianesimo, dal momento che il cristianesimo «tout court» appariva come un cristianesimo
«trop court».
COMMISSIONE PERMANENTE STÙDI
DELLE CHIESE VALDESI E METODISTE
Sessione dì esami
per i candidati
predicatori iocaii
La sessione avrà luogo a Roma sabato 20
novembre alle ore 9 presso la Facoltà valdese
di teologia, via Rletro Cossa 42.
Per eventuali informa2ioni rivolgersi al past.
Bruno Costabel, viale Trento 61 - 47037 Rimini
-tei. 0541-51055
19
\/F.NERDÌ 5 NOVEMBRE 1993
Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
Posta
Martha Lyon
Nella seconda pagina
dell’inserio su «Villa Betania», pubblicato nel n. 40 del
22 ottobre ho, con molta tristezza, guardato la foto in alto a sinistra di un gruppo di
persone nell’ambulatorio di
via dei Cimbri. Quattro di loro, purtroppo, non sono più
tra noi: Riccardo e Teofilo
Santi, Gaspare Asprino Ricci,
Achille Deodato. E gli altri?
Il dottor Kellermann, il dottor
Yergin e le due infermiere,
delle quali non sono scritti i
nomi?
Devo dire che io, allora diciottenne, ho lavorato al seguito della missione del dottor Kellermann, come volontaria evangelica per dare una
mano a curare i sinistrati dislocati nelle grotte e nelle cave di Mergellina e di Capodimonte. Ero stata assegnata a
un medico cattolico, il dottor
Gaetano Della Torre, insieme
a Bill e Martha Lyon, una
coppia evangelica americana.
Martha Lyon è l’infermiera a
destra, con gli occhiali.
Dell’altra non ricordo il nome. Mi piace ricordare questa
giovane dolcissima donna,
tanto coraggiosa ed efficiente, instancabile. C’era da lavorare tanto, in modo non facile, da lottare quasi, con l’arretratezza, la diffidenza, la disperazione di quei poveri diavoli costretti a vivere in cunicoli grondanti acqua, con la
muffa alta un dito sui muri e
pieni di malattie causate
dall’igiene non scarsa, ma
nulla! Ascessi, tracoma, sifilide, otiti purulente, piaghe di
ogni tipo... e come avrebbe
potuto essere altrimenti, visto
che i loro compagni erano topi grossi come gatti, scarafaggi, pidocchi e via dicendo?
Ma Martha, linda, fresca, rosea, serena non perdeva mai
la bussola, sempre pronta a
calmare, ad abbracciare, ad
accarezzare anche chi era coperto di pustole da ispirare ripugnanza.
È solo per dire a voi il suo
modo veramente cristiano e
amorevole di agire, di porsi
di fronte alle sofferenze che
ho voluto rendere questa testimonianza. Sì, Martha Lyon
mi appariva un angelo consolatore ed io, adolescente poco
esperta, cercavo di imitarla in
tutto: ero sempre accanto a
lei. Non so dove sia, se vive
ancora (mi auguro di sì), ma
sono convinta che, ovunque
essa sia, continui a donare il
meglio di sé: la serenità e la
dolcezza; un amore veramente cristiano.
Elisa Baglio Maisto - Napoli
Il papa ad Asti
Il 25 settembre la città di
Asti cambia aspetto. Le vie
principali assumono nuovi
colori, nuove forme di viabilità. La gente esprime un senso di agitazione, di stupore, di
attesa. Sembra non comprendere quasi più il criterio quotidiano del vivere.
Che cosa sta realmente accadendo oggi? Un evento storico, importante che rimarrà
in eredità ai posteri? È quasi
alle soglie della città colui
che scatena una mobilitazione
di sicurezza, una sorta di protezione nell’intimità delTuomo, un connubio tra sacro e
profano, tra religioso e ateo.
Costui porta il nome di vicario di Cristo.
Molte persone forse non
conoscono il significato di
questo vocabolo e per questo
mi permetto di appurarne la
comprensione: vicario è chi
tiene le veci di un superiore.
Nel contesto della frase, vicario di Cristo è chi fa le veci di
Cristo. Ma Cristo, colui che
rovescia i potenti dai troni e
innalza gli umili, necessita
della presenza visibile di un
sostituto?
Cristo non ha bisogno di
celebrità popolari, non richiede scorte anticrimine. Se Cristo dimora in noi siamo sempre pronti in ogni istante a
confidare soltanto in lui.
Se sappiamo veramente capire che egli è il remuneratore
di tutti coloro che lo cercano,
allora tutto quello che oggi
accade non avrà più alcun
senso, ma gli innumerevoli
colori che tappezzano oggi la
nostra città ci saranno ogni
giorno per applaudire non il
Via Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175
Via Repubblica, 6 -10066 Torre Pellice - tei. e fax 0121/932166
DIRETTORE: Giorgio GardioI
VICEDIRETTORI: Luciano Deodato, Emmanuele Paschetto
REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Alberto Bragaglia, Daniele
Busetto, Luciano Cirica, Alberto Coreani, Piera Egidi, Fulvio Ferrano, Maurizio Girolami, Anna Maffei, Milena Martlnat, Carmellna Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Pietro Romeo, Marco Rostan, Piervaldo Rostan, Marco Schellenbaum, Federica Tourn, Florence Vinti, Raffaele
Volpe
GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco, Bruno Rostagno
AMMINISTRAZIONE: Mitzi Menusan
ABBONAMENTI: Daniela Actis
FOTOCOMPOSIZIONE: Aec s.r.l. - tei. 0174/551919
STAMPA: La Ghislerlana s.n.c. Mondovì - tei. 0174/42590
EDITORE: Edizioni protestanti s.r.l. - via Pio V, 15 bis -10125 Torino
ABBONAMENTI 1994
ITALIA
ESTERO
-ordinario £ 65.000 -ordinario £ 110.000
-sostenitore £ 150.000 -via aerea £ 170.000
- semestraie £ 33.000 - sostenitore £ 200.000
- cumuiativo Riforma + Confronti £ 100.000 (soia Itaiia)
Per abbonarsi: versare l’importo sul ccp n. 14548101 intestato a Edizioni protestanti s.r.l., via Pio V15 bis, 10125 Torino.
Chi si abbona ora per il 1994 (escluso semestrali e cumulativo) riceve il settimanale per il periodo restante del 1993.
0« sMofMIf «RfftiniM ricevono Lin» dalla mW vsMst/
santtateunaaiiplamatttoapnmavlcaìnraa.
Tariffe inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000
Partecipazioni: millimetro/colonna £ 1.800
Economici: a parola £ 1.000
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176
del 1° gennaio 1951, responsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state registrate
con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Nella foto di prima pagina: Culto nella Chiesa battista di Milano, via Pinamonle
Fcei
in aiuto
all'India
Il Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec) si è mobilitato, in accordo con le
agenzie internazionali cristiane di soccorso, per inviare aiuti immediati nelle zone
colpite dal terremoto
neirindia sud-occidentale,
nella notte tra il 29 e il 30
settembre.
La Federazione delle
chiese evangeliche in Italia
si associa all’iniziativa del
Cec: eventuali contributi in
denaro possono essere versati sul conto corrente postale n. 38016002 intestato a
Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, via
Firenze 38, 00184 Roma,
specificando nella causale
«prò terremotati dell’India».
vicario di Cristo ma Cristo vivente, ora e in sempiterno.
Brunella Allemani - Asti
Svista benefica
Per un curioso lapsus freudiano, nello scrivere quel pezzo intitolato poi Riunioni di
preghiera sul n. del 1° ottobre, mi è venuto sotto la penna, al punto 2, «mancanza di
coerenza tra fede e fede» anziché «tra fede e vita», come
era mia .intenzione. La svista
è dunque mia.
Ma non sempre il male viene per nuocere! Come si desidererebbe nelle nostre comunità una maggiore coerenza
tra fede e vita nel senso di
tanti richiami neotestamentari, così si notano spesso, tra i
fedeli di una stessa comunità,
delle disparità tra fede e fede
che spesso disorientano, anche se in questo caso dovrebbe vigere la regola d’oro del
rispetto del pluralismo, mentre nel primo caso varrebbe
solo la norma dell’esortazione
e del perdono reciproco. Certo, campeggia sul tutto il martellamento degli interrogativi
dell’apostolo Giacomo (2, 1417), che non sono mai piaciuti né a Lutero né ai sostenitori
della giustificazione per la sola fede. Senza entrare nel mare magnum delle dispute esegetico-teologiche, ricordo solo che quei versetti di Giacomo furono alla base della prima operosità evangelistica di
Valdesio di Lione, come si rileva dal suo «proposito di vita» formulato in calce alla nota professione di fede del
1180.
Su questo punto c’è un consenso che percorre l’intera riflessione teologica del pietismo luterano, dallo Arndt
alTOetiger attraverso Spener,
Francke, Arnold, il conte Zinzendorf e Benge, come ha
magistralmente illustrato Roberto Osculati nel suo libro
Vero cristianesimo, pubblicato nel 1990 da Laterza: dato
per concesso che la fede è dono esclusivo del Signore, essa
come tale non può non produrre opere, tra le quali emerge l’amore del prossimo, anzi
del nemico (Matteo 5, 44).
In questo contesto non
comprendo la decisione del
fratello Mario Tommasi di
Forano, di «non frequentare
più» la sua comunità (Riforma del 22 ottobre): se la dichiarazione fatta al momento
della confermazione, di voler
vivere la propria fede «nella
fraternità e nella responsabilità degli uni verso gli altri»
ha un senso, è proprio quello
di rimanere umilmente a fianco dei propri fratelli per Tedificazione comune, senza precipitosi ostracismi o unilaterali scomuniche.
Giovanni Gönnet - Roma
Direttorio
dei divorziati?
«Un’esigenza di chiarezza».
Con queste parole si introduce, nel n. 40 delTFco delle
valli valdesi, un articolo di
Ruggero Marchetti.
Ora, proprio per una esigenza di chiarezza, credo sia bene
dire che quanto l’autore definisce «Il Direttorio sui divorziati» è tutt’altra cosa da
quanto farebbe pensare un tale
titolo. Infatti la Conferenza
episcopale italiana ha pubblicato il Direttorio di pastorale
familiare, opera di 310 pagine. Certo, in esso si tratta anche dei divorziati, ma tale trattazione è una piccola parte in
un orizzonte ampio di problematiche, suggestioni, attenzioni e anche norme.
È un errore quello di Marchetti? È disinformazione provocata da una certa stampa
«laica» che, insieme ai telegiornali e giornali radio, ha
parlato del Direttorio solo in
riferimento ai divorziati ignorando tutto il resto? È voluta
riduzione per sostenere una tesi particolare? Non spetta a
me pronunciarmi.
Può anche «farmi piacere»
leggere che «Il Direttorio sui
divorziati (...) non è un passo
indietro della Chiesa cattolica
rispetto al passato» ma ciò
non toglie la quantomeno infelice dizione «Direttorio sui
divorziati», dizione inesistente
e pertanto falsa. Un’esigenza
di chiarezza domanda, a mio avviso, di chiamare ogni cosa
con il proprio nome.
Cordialmente
don Giorgio Grietti
Porte (To)
Cinqueaprile
Cinqueaprile è il titolo di
una nuova rivista mensile che
si occupa dei principali temi
della politica e della cultura
cittadina a Lecce.
Il dossier contenuto nel numero di questo mese si intitola «Lecce: all’ombra delle
Logge», e propone un’inchiesta e servizi vari sulle presunte deviazioni della massoneria leccese. (g.d.b.).
CONTRAPPUNTO
Il u
Ju
E IL CARDINALE
MIMMO GUARAONA
La mattina del 22 ottobre il movimento dei
disoccupati ha occupato il duomo di Napoli. La notte successiva la polizia lo ha sgombrato e ovviamente lo ha fatto con brutalità. Quarantatre arrestati e molti feriti non erano uno
scherzo e così il cardinale si è affrettato a fare
una serie di precisazioni: che non è stato lui a
chiamare la polizia, che lui comprende il dramma di chi è senza lavoro, che lui chiede clemenza per gli arrestati, che lui sostiene le forze
dell’ordine.
Probabilmente molti gli avrebbero chiesto
molto di meno: che fosse sceso in chiesa a parlare e a pregare con i disoccupati. Ma perché la
cosa più semplice che si richiede a un pastore
Michele Giordano non l’ha saputa fare, non
l’ha potuta fare, non l’ha voluta fare?
Perché incontrarsi con la disperazione e saperne condividere il dramma offrendo una speranza alla gente, forse oggi più nessuno è in
grado di farlo. Non è successa la stessa cosa
proprio a Napoli quando gli operai hanno occupato le sedi sindacali? Forse che molti dirigenti
della sinistra non hanno approvato (con meno
remore e meno pudori del cardinale) l’operato
della polizia? Siamo sicuri che un nostro pastore o un nostro Consiglio di chiesa saprebbe
comportarsi diversamente?
Se non siamo preparati ad accogliere nelle
nostre chiese e nelle nostre case quelli che questa società schiaccia ai margini, quando costoro
entreranno nelle nostre chiese e nelle nostre case chiameremo la polizia, o comunque non
ostacoleremo i reparti celere nel loro lavoro; e
a questo punto criticarne i metodi è sfacciatamente ipocrita.
Il cardinale Giordano ha^perso un’occasione
per incontrare il prossimo. È vero, ha ricevuto i
leader del movimento, ma lo ha fatto da politico, né più né meno come il prefetto. La notte
delle cariche nel duomo c’erano tante donne e
tanti uomini che non sanno cos’è la politica ma
conoscono la fame, la sofferenza, l’umiliazione: ascoltare le loro storie guardandoli negli
occhi avrebbe costretto a riflettere sul Vangelo.
Ma il Vangelo, si sa, parla di un sovversivo.
Lo ha (deciso l'Assemblea dei soci
Chiude l'Associazione
informazione protestante
Nei giorni scorsi un’assemblea straordinaria dei soci ha
votato all’unanimità lo scioglimento dell’Associazione
informazione protestante
(Aip).
L’associazione era sorta 14
anni fa, in base alle disposizioni di legge, quale editrice
dei settimanali La luce e
L'eco delle valli valdesi. La
sua attività editoriale è venuta a cessare alla fine del 1992
quando T11 dicembre uscì il
primo numero di Riforma, affiancato dal nuovo Eco, editi
dalla Sep (Edizioni protestanti srl.)
Nel frattempo l’Aip si era
messa a disposizione della
nuova editrice per la raccolta
di fondi e sottoscrizioni per
contribuire all’acquisizione
delle nuove attrezzature occorrenti e alla sistemazione
dei nuovi locali.
Fra le attribuzioni dell’Aip
vi era pure il sostegno alla
stampa evangelica in genere
e a Riforma in particolare:
dopo aver svolto anche questa funzione in occasione del
la presentazione e del lancio
del nuovo settimanale, i soci
hanno unanimemente ritenuto concluso il suo compito.
È stato nominato un liquidatore il quale, finite tutte le
operazioni economico-burocratiche, inoltrerà gli eventuali avanzi di esercizio alla
Tavola valdese.
Con questa decisione l’assemblea ha anche ritenuto
opportuno, per quanto le
compete, eliminare una delle
tante sigle non strettamente
necessarie (che comportano
costi e impegni) e il cui compito può in questo caso essere
svolto in modo primario dagli stessi lettori che con il loro impegno vorranno e sapranno sostenere e potenziare
questo strumento di evangelizzazione e di testimonianza
che le chiese battiste, metodiste e valdesi si sono date.
L’Assemblea ha ringraziato i
componenti del consiglio di
amministrazione che in questi anni hanno gestito l’Associazione con competenza e
spirito di servizio.
Partecipazioni
RINGRAZIAMENTO
«Il Signore è il mio pastore,
nulla mi mancherà»
Salmo 23,1
Il marito, la figlia e i familiari
tutti della cara
Mélanie (Amélie)
Peyrafitte Ricca
commossi per le manifestazioni
di simpatia ricevute, ringraziano
tutti coloro che con la presenza e
con scritti hanno voluto partecipare al loro dolore.
Un ringraziamento particolare a
Renato Ricca, Berthe Rostan,
Clara Ricca, Anna e Remo Long,
Andrée e Rinaldo Bertalot, Rino
Bonjour e al pastore Claudio Pasquet.
Torre Pellice, 28 ottobre 1993
RINGRAZIAMENTC
La mamma, il fratello e i familiari tutti del compianto
Luigi Long (Louis)
ringraziano tutte le gentili persone che con scritti, presenza e
parole di conforto, hanno testimoniato la loro solidarietà in questo
triste momento.
Un ringraziamento in particolare alla direzione e al personale
tutto deH'Asilo valdese di Luserna
San Giovanni, al cugino sig. Luciano Amoul per la premurosa assistenza prestata durante quest'
ultimo anno di malattia, e al pastore Ruggero Marchetti.
Luserna San Giovanni
4 novembre 1993
20
PAG. 12 RIFORMA
Villaggio Globale
VENERDÌ 5 NOVEMBRE 1993
La complessa situazione sudafricana alla vigilia di elezioni molto contrastate
Il Sud Africa è ancora un paese in fermento
Il rischio di diventare un nuovo Angola
LAURA CABLOPALATRI
Ci sono parole democratiche che producono nell’
immaginario collettivo effetti
venefici. Da quando è rintoccata la parola «elezioni»
l’opinione pubblica ha collocato il Sud Africa nel paradiso dei giochi fatti. Al contrario il Sud Africa è ancora un
paese in fermento, che dal
’92 conta circa 300 morti il
mese. I conservatori (Cp)
hanno lasciato il tavolo negoziale e promettono di essere disposti a morire pur di
formare uno stato bianco.
Buthelezi ha lasciato il tavolo negoziale e, siccome tutti i
sondaggi non suoi lo danno
come perdente alle elezioni,
è disposto a qualsiasi cosa
pur di ritardare l’appuntamento.
Le homeland del Ciskei,
del Venda e del Bophuthatswana hanno formato un
fronte alleato con i signori di
cui sopra.
La pretesa di non tornare al
tavolo negoziale se non si
vincoli la futura Assemblea
costituente a un’ipotesi di stato federato ha creato uno stallo del processo democratico.
L’African National Congress
ha chiesto al Conservative
Party sia di riprendere i colloqui che di indicare l’area
scelta per la creazione di uno
stato esclusivamente riservato
ai bianchi, ma finora non c’è
stata risposta. In effetti sulla
Buthelezi e De Klerk dopo il loro incontro a Cape Town in settembre
teorizzazione di uno stato
bianco si potrebbe anche convenire, ma la realizzazione
pratica comporterebbe ostacoli enormi; vorrebbe dire
scegliere chi buttare fuori
dall’area scelta oppure chi incorporare.
Lo stesso per i parchi, le
industrie, le miniere e ogni
altro bene. Significherebbe
anche dare un pericoloso segnale di via libera al secessionismo.
Quanto allo stato unitario o
federato, l’Anc ha dichiarato
di essere pronto ad accettare
anche la seconda ipotesi,
purché scaturisca da un’assise eletta a suffragio universale e che perciò garantisca di
essere espressione di tutta la
popolazione, ovvero dall’Assemblea O'siiiuente. I signori
del disaccordo (Cp, Inkatha
Freedom Party e le homeland
menzionate) propongono ora
di indire un referendum per
decidere su tale argómento.
Il segretario generale dell’
Anc, Cyril Ramaphosa, ha
dichiarato allo «Star» (23 ottobre): «Un referendum otterrebbe solo di ritardare le
elezioni e non risolverebbe il
problema della destra oltranzista che continuerà nelle azioni di mobilitazione e
nella resistenza».
Intanto il governo prosegue nel prendere decisioni
unilaterali al di là degli accordi raggiunti all’interno
dei forum multipartitici. Il
presidente De Klerk ha chiarito che «abbiamo costantemente detto “no" a un governo ad interim, e non siamo preparati a permettere
che dei forum risultino in un
governo ad interim» («B/
Day», 23 ottobre).
I forum sarebbero di «importanza fondamentale» e di
grande aiuto nel creare consenso, ha dichiarato il presidente, «ma mentre siamo responsabili, non possiamo cedere l’autorità che ancora
abbiamo».
Fra le iniziative che hanno
creato malcontento, l’aumento del prezzo della benzina di
7 centesimi per litro. Le proteste del Cosato o dei tassisti
hanno indotto il governo a
scendere a 5 centesimi.
Quanto alle accuse di terrorismo, lanciategli da Nelson Mandela per aver approvato una spedizione contro
una presunta base dell’Apla
(corpo armato dell’Azapo,
movimento nazionalista nero) nel Transkei, culminata
con la morte di cinque giovani innocenti, il presidente ha
dichiarato («The Citizen», 23
ottobre):
«Non ho ordinato l’uccisione di ragazzi... ho autorizzato un’operazione militare contro un nascondiglio
dell’Apla, secondo informazioni documentate. Il fatto di
non essere riusciti in ciò che
ci attendevamo è un risultato
negativo. Il fatto che siano
state uccise persone è deprecabile, che queste persone
fossero giovani è ancor più
deprecabile. Nessuno è insensibile a questo fatto».
Consiglio latinoamericano delle chiese
Applicare la teologia
anche all^economia
«Come proclamare Dio a
un mondo ingiusto»: questo il
tema proposto a seminari organizzati di recente dalla regione Brasile del Consiglio
latinoamericano delle chiese
(Clai) e dal Centro ecumenico di documentazione e di
informazione (Cedi) in quattro città brasiliane, Curitiba,
Fortaleza, Brasilia e Sào Paulo. Laici, pastori, membri di
varie chiese affiliate al Clai,
ma anche invitati del Consiglio nazionale delle chiese
cristiane (Conic), organismo
al quale partecipa la Chiesa
cattolica, hanno riflettuto sul
ruolo della teologia nelle
strutture socio-economiche
attuali.
Per Claudio Oliver dos
Santos, membro del Clai per
il Brasile, il programma di lavoro intitolato «Teologia e
economia» si è svolto in riferimento costante con il 500°
anniversario dell’evangelizzazione dell’America Latina.
Secondo Santos, non si può
prescindere da quella lunga
storia in una riflessione sul
ruolo della teologia nella congiuntura economica attuale.
Julio de Santa Ana, pastore
metodista che ha lavorato a
lungo al Consiglio ecumenico
delle chiese a Ginevra, ritiene
che la logica del mercato stia
unendo i popoli del mondo.
Ma è una logica che presenta
molte contraddizioni per il
semplice fatto che soltanto
qualche nazione può usufrui
re largamente del benessere
sociale. Del resto, anche nei
paesi ricchi ci sono gravi disuguaglianze, come dimostra
la diminuzione dei salari per
via della crescente disoccupazione. Tutto ciò fa sì che circa il 65% della popolazione
mondiale viene esclusa
dall’uso dei frutti del sistema
dell’economia di mercato.
Per i professori Leonildo
Silveira Campos, Paulo Roberto Garda e Jung Mo Sung,
le chiese protestanti e pentecostali non affermano più la
loro identità come una volta,
prendendo le distanze dalle
posizioni della Chiesa cattolica e vice-versa. «Attualmente
colui che vuole vivere VEvangelo si immerge nella società,
in modo ecumenico, e si unisce al proprio fratello che
lotta in piccoli progetti comunitari o in grandi lotte politiche. L’obiettivo principale è
quindi la vita per tutti», hanno affermato con forza.
Al termine dell’incontro di
Sào Paulo, alcune sfide sono
state affrontate perché la teologia applicata all’economia
entri nella pratica delle chiese
e possa essere un fermento
per la società. Come fare perché le istituzioni religiose,
pur essendo inserite nel mondo dell’economia di mercato,
possano essere annunciatrici
di buona novella? Come promuovere una lettura biblica
che non sia unicamente fatta
di sacrifici e di rinunce?
Riforma.
Non perdete
una buona
abitudine.
Parte il secondo anno di RIFORMA.
Eccoci pronti ad affrontare con entusiasmo un nuovo anno di informazione, di
confronti, di iniziative.
Grazie al sostegno di molti amici e abbonati, RIFORMA ha pubblicato più di 800
pagine sulla realtà evangelica italiana e intemazionale, sugli incontri ecumenici
grandi e piccoli, sugli avvenimenti culturali e politici del nostro tempo.
Con il vostro aiuto RIFORMA potrà crescere e restare un giornale libero ed
evangelico. Abbonatevi o rinnovate subito il vostro abbonamento, utilizzando il
c.c.p. n. 14548101 intestato a : Edizioni Protestanti s.r.l.
via San Pio V, 15 bis - 10125 Torino.
ABBONAMENTI ANNUALE SEMESTRALE
Ordinario L. 65.000 L. 33.000
Sostenitore L. 150.000 L. 75.000