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Roma, 16 Maggio 1908
Si pabblles ogni Sabato
ANNO I - N. 20
LA LUCE
Propugna gl’interessi sociali, morali e religiosi in Italia
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ABBONAMENTI
Italia : Anno L. 2,50 — Semestre L. 1,50
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Un numero separato Cent. 5 '
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SOMMARIO :
Gli avvenimenti del giorno : La circolare deH’on.
Orlando, V. Gaeketto — Cronaca del movimento
religioso — Il diritto di proprietà, E. Eivoieb —
La vita religiosa di una piccola città d'Inghilterra,
E. Piva.— Arte, letteratura e scienza: Il repertorio di musica sacra del M° Baci — Fatti e idee
— Leggendo 1’ Evangelo — Questioni sociali e
morali : L’ipnotismo e la cura dell’ubbriachezza. ESenàrega — Attacchi e difese i Alla Signora
Angelica Balabaiiof, P. Bacchini — Pagine di storia : 1 Valdesi Delfìnaschi durante il XIV secolo,
G. Jalla — La dottrina cristiana spiegata al
popolo : Il IX e il X Comandamento del Decalogo,
u. j. — Informazioni — Bibliografia — Appendice : Eroine Valdesi, Monologhi di T. Gay.
jtvviso IMPORT^PTE
Tutti coloro (e sono parecchi), che da oltre
quattro mesi ricevono regolàrmente il giornale e
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sono pregati dì mettersi in regola con l’Amministrazione, possibilmente entro il corrente mese.
GLI II9ÌIENII»EHTI DEL GIORHO
Io non so davvero da che parte incominciare questa settimana la mia piccola rassegna. C’è un monte
di cose ; c’è il giuramento del nuovo reuccio di Por
togallo; c’è il festival viennese per il 60' anno di regno
non felice di Francesco Giuseppe imperatore e re, a
cui Guglielmo presentò tutti coloro che erano dell’Austria, quando Francesco Giuseppe salì al trono,
ed ora sono i componenti del potente impero tedesco ;
. c’è la nuova città montenegrina, la futura capitale
che si s{)ecchierà nell’ Adriatico e per la quale l’operosità italiana avrà un nuovo trionfo ; c’è un milione
e mezzo di scioperi generali....
• '
• «
Gli scioperi ! Non possiamo a questo punto passare
oltre.
Mentre nel Parmense si gioca di astuzia dalle due
parti contendenti ; mentre Filippo Turati coraggiosamente si dichiara contrario agli scioperi inconsulti
e fatti per semplice spavalderia, che non produce
bene per alcuno ma male • gravissimo per tutti ; le
Puglie si agitano e sono tutte scosse, quasi per morbosa imitazione di ciò ohe altrove avviene.
Leggiamo ne’ fogli quotidiani il racconto di ciò
che accade nella terra che Imbrfani amò ed illustrò ;
ci sentiamo invasi da un senso vago di dolorosa preoccupazione e vorremmo poter contribuire in qualche modo alla pacificazione degli animi. Perchè sappiamo bene che la questione delle tariffe é un pretesto, un futilissimo pretesto : in realtà la molla di
tutto il fracasso é 1' odio, il terribile odio che ha
sempre diviso il poveri* dal ricco. Non vogliamo certamente disconoscere la necessità in cui il contadino
pugliese si trova; non ignoriamola sua dura esistenza
faticosa ; non ignoriamo nemman.co la neghittosa vita
di tàluni che fanno i proprietari a spese della miseria de’ contadini ; ma d’altra parte serenamente pensiamo che tutto ciò non é d’oggi, nòdi ieri. Per secoli
il contadino meridionale ha trascinato la pròpria ei sistenza con istento, covando quell’ odio a cui non
sapeva trovare espressione alcuna : adesso l’organizzazione lo ubbriaca e gli dà le vertigini. Dunque il
male non istà nella organizzazione, cosa buona, savia,
che deve elevare il contadino e inipedire al prepotente
la continuatone nel secolaffe e ignominioso parassitismo ; il male sta piuttosto nell’ uso che si fa della
organizzazione. Il contadino per secoli si è considerato
il più debole e ha taciuto rassegnato, mordendosi le
labbra e ingoiando le proprie lagrime ; presentemente,
vedendosi da un giorno all’ altro divenuto potente
nella organizzazione e per la organizzazione, corre
all’eccesso e non vuol capire ragione; non c’ó che lui,
non c’è diritto fuori del suo proprio diritto.
Immaginiamo per un momento che Corato fosse
una città senza comunicazioni di sorta col resto del
mondo. Che cosa sarebbe accaduto ? Sarebbe accaduto
semplicemente che la folla furente, scaldandosi a pòòèf
a poco fino al color bianco, avrebbe distrutto proba‘^
burnente il paese e certamente*'le piantagioniLa folla arriva a tali esaltazioni, che distrugge anche sè stessa pur di distruggere 1’ oggetto del proprio odio e del proprio furorè. Le piantagioni, infatti, sono il sostentamento del ricco ed anche del povero.
Dunque, ricordino i capi lega .quale responsabilità
pesi sulle loro spalle e conducano con occhio vigile
e con prudenza, non con parole infiammanti, le masse
di cui dispongono.
E i signori proprietari agirebbero da savi non raccogliendo le provocazioni, non ìiialberandosi, non insultando, non opponendo violenza a violenza. Si dimostrino arrendevoli, buoni, ben disposti, amorosi ;
cerchino tutte le vie della persuasione fraterna; si
ricordino che i contadini sono i lori fratelli, i loro
cooperatori, non i loro schiavi.
*
• *
In Francia Giovanna Weber, la tremenda ogresse,
come la chiamano i giornali parigini, ritorna a far
parlare di sè, in seguito ad un suo nuovo truce delitto. In una osteria-albergo di campagna questa megera soffocò un povero bambino, figlio degli albergatori, i quali, non sapendo che -4>azza di bestiaccia
avevano in casa, le affidarono, il piccino affinchè le
facesse compagnia nella notte. L’ogresse, che è una
ubbriacona fenomenale, freddamente sfogò sull’innocente creatura che dormiva isuoi istinti brutali, sotto
l’impulso alcoolico.
Fu arrestata, sta bene ; ma non basta. Altra volta
per un altro delitto ella era stata arrestata, ma poi
i giurati di manica larga la rimisero in circolazione.
Cesare Lombroso, interrogato, ha espresso Topinionè
che sia meglio sopprimere tale mostro, benché egli
sia personalmente contrario alla pena di morte. Pena
di morte o no, è cert > che un rlttiedio contro tali pericoli la società deve possedere.
Perchè, ad esempio, non si penserebbe, accertata
In criminalità ingenita dì una. persona, a segregarla
senza tanti cómplimenti dal co^opzio civile, fondando
vere colonie-reclusori a vita, ià chi potrebbero stare
in perpetuo le male piante con. tóllievo, di tutte le
piante buone?
La soppressione è discutibile sé sia un nostro di .
ritto o no ; ma la segregazione in un senso più pratico e modernò, non nel saneà ''Èiafbaticò dato alla
parola, è l’unica difesa che abbiamo contro i criminali nati.
Coloro, poi, che non ammettono il delinquentenato, possono aderire egualmente al concetto della
segregazione, la quale non dovrebbe essere scompa"
gnata mai dal concetto del rilevamento per mezzo
della educazione.
. ;o.
£a circolare dell on. Orlando
Il Ministro guardasigilli è da qualche
tempo divenuto un vero 'Riformatore, un
serio riformatore. Basterebbe la sua-opera
.coraggiosa, intesa alla , epurazione della
magistratura, per sfarne il pi^ ^mpsitico
egli non si vuol limitare ad un’aziòiie sem
■V.
plimente negativa, quantunque utilissima,
n recente lutto, la morte di Una figliuola,
per cui anche noi gli esprimiamo ie-nostre
sincere condoglianze, non gli ha impedito
di volgere la mente al problema de’ problemi, alla impressionante questione della
delinquenza de’ miaòrenni. i'. 1, .
Ed ecco, egli dirama ora a’ magistrati
una circolare, tutta piena'di amorosa sollecitudine pe’ piccoli disgraziati, che la
marea del vizio e. del delitto trascina e
travolge negli abissi della perdizione. Il
ministro scompare in quello scritto ; vi
campeggia l’uomo di cuore, il padre,
■Dopo avere accennato alla gravità
della questione e dopo avere annunziata
la prossima presentazione di un progetto
di legge che colmerà la lacuna esistente
nella nostra legislazione a tale riguardo,
Fon. Orlando suggerisce alcune’horme pratiche, per mezzo delle quali, pur ne’ limiti
delle attuali disposizioni del nostro codice,
una certa barriera salvatrice si possa erigere davanti alla impetuosa fiumana.
Le norme non potevano essere escogitate
meglio di cosi : 1") Sia affidata sempre al
medesimo giudice l’istruzione di procèssi
contro delinquenti minorenni. Il giudice
acquisterà una pratica speciale nella materia e imparerà le maniere più adatte a
trattare con ranima del fanciullo o del1 adolescente. 2") Il giudice n‘óti si contenti
degli elementi diretti e materiali del delitto,
2
LA LUei
ma risalga a tutte le cause molteplici an- !
tecedenti, che hanno potuto determinare
il giovane delinquente ad entrare nella Yia
criminosa. Studio particolare sia rivolto
airambiente in cui il piccolo delinquente
si è formato, e, se è del caso, il P. M.
d’ufficio prenda i provvedimenti che risul^tassero necessari. 3“) Le cause riguardanti
d minorenni sieno trattate sempre da’ me'dosimi giudici e nelle ore in cui non si
»trattano cause contro delinquenti adulti.
4") Del pari sieno allontanati rigorosamente
»dalle aule giudiziarie i fanciulli che vi sono
attratti da morbosa curiosità. Ciò per evitare il pernicioso influsso dell’esempio. 5")
Si aiutino, con tutti i mezzi a disposizione
delle autorità giudiziarie e con ogni buona
volontà, le iniziative private tendenti alla
repressione della delinquenza ne’ piccoli.
La circolare termina con queste parole
d’oro ; c( Io confido che la magistratura
italiana accoglierà ed intenderà queste mie
brevi raccomandazioni con alto animo,
compreso della santità degli scopi.. Quand’anche della grande moltitudine di adolescenti... pochi e magari un solo ci fosse
dato salvare, ebbene, anche per - questi
pochi, anche per questo solo, sarebbe dovere per le nostre coscienze di escogitare
ogni rimedio, di tentare ogni sforzo ».
Di fronte a questi sentimenti non si può
che rimaner compresi di profonda ammirazione ; ogni onesto cittadino non può che
rallegrarsi intimamente della santa iniziativa dell’on. Orlando. Ma sarà la magistra
tura all’altezza della grandiosa missione a
cui la chiama la parola autorevole del mi
nistro ? Speriamolo ardentemente.
Intanto non dispiaccia all’on. Orlando
un rispettoso suggerimento del quale egli
non ha bisogno, di certo, ma che noi
diamo per dovere di pubblicisti, animati
dal desiderio di concorrere alla migliore
riuscita- di ogni cosa buona.
Le norme contenute nella circolare sono
quanto di meglio si possa indicare per ora;
ma nel progetto di legge appositamente
formulato il ministro farebbe bene a sta
bilire la creazione di Tribunali per i fanciulli, come si è fatto in molti Stati dell’America del Nord, ove quei tribunali
funzionano splendidamente da qualche anno
Iiioltre : il giudice addetto a un tribunale
simile dovrebbe avere a propria disposizione agenti dedicati solamente alla ricerca
di tutti i dati concernenti la vita del fan
ciullo giudicabile. Che, se no, come può il
giudice essere informato di tutto ? La polizia, si sa, non si occupa che del delitto ;
nè potrebbe agire diversamente, avendo
da pensare a moltissime altre faccende che
le incombono.
L’esempio degli Stati Uniti ci autorizza
a ritenere che la soluzione vera non possa
essere trovata che partendo dall’idea della
specializzazione
L’on. Orlando ha dimostrato di essere
l’uomo adatto alla bisogna e noi aspettiamo fiduciosamente il compimento dell’opera
santa.
Vito Gaffetto
Cronaca dd jWoilliineito religioso
ITAJLIJL
Il processo doniEiwa, «• il celibato
Cosi s’ìntitola un opuseolo- scritto da nn grwgpoi dS
sacerdoti di cui son taciuti inomi ;; ci è- stato gentilmente inviato e ci si invita- a- faine- meazione-.. E. noii
accontentiamo gli autori - non; dire-mo- volentieri, ma eoa
entusiasmo addirittura.
L’opuscolo è breve, conciso, cbàarissimo nel trattarela questione, che non è-difficile,, ma chie è mcdto scottante per la Chiesa Romana,, la quate,. con qjuella sua
ostinazione che è accioeamento- iatató- e testar-daggine,
persiste nell’imporre aV suoi preti um sistema- di vita
cosi immorale ne’ suoi- effettL
Questo gruppo di sacerdoti, prendie-ndo le mosse dal
processo orribile svoltosi a MUanio- contro don Riva,,
dichiara francamente ohe il prete non puS- dare che
frutti dolorosi sempre^ finché- non si provveda a metterlo in regola con la natura. Segue la esposizione de’
metodi con cui si flàbbricaao. i celibatari,, il cui giuramento tanto invocato- no-a ha valore alcuno viene
poi una buona argomentazione religiosa, fondata sulle
Sacre Carte, in favore dieiristiteto matrimouiale ecolesiastico ; infine un appello ealdo, commevente ai laici
perchè aiutino gli onesti a combattere e vincere que sta santa battaglia.
Che faranno i laici nostri ? Probabilmente diranno :
è giusto, questi preti hanno ragione, speriamo che, il
papa si convinea^.I Ah, noi !
Noi, che sappiamo tanto bene sventolare bandiere
ne’ comizi quando un qualche don Riva deturpa innocenti creature, noi non sappiamo perseverare con la
costanza de’ popoli forti nel portare rimedio, nell’ imporre un rimedio nel nome della morale collettiva, in
difesa della società perpetuamente minacciata.
Noi, diciamo, per identificarci con la maggioranza
del nostro popolo ; ma, in quanto siamo evangelici,
per- grazia di Dio, possiamo dire che la cosa non ci
riguarda.
Nondimeno vogliamo concorrere, per quanto possiamo,
al trionfo di una onesta aspirazione umana e cristiana
siamo pronti perciò a dare il nostro leale appoggio a’
sacerdoti onesti, che si agitano per uscire da uno stato
ignominioso di vita e per redimersi al cospetto del
mondo.
L’opuscolo costa cent. 20 ; ma sarebbe stato meglio
spargerlo largamente gratis, affinchè potesse essere
letto dal maggior numero possibile di persone.
Un'importante sentenza della Cassazione
La Suprema Corte, a sezioni riunite, ha emesso una
sentenza gravissima contro il testamento di un canonico di Palermo a favore di certi frati ; testamento
che i parenti del canonico impugnavano, sostenendo
che i due religiosi non erano nominati eredi che come
interposte persone, le quali poi in realtà avrebbero
dovuto cedere l’eredità all’ordine a cui appartenevano.
E siccome la nostra legge nou riconosce più (legge
1867) le corporazioni religiose, la Cassazione ha sentenziato che quei religiosi nou potevano ereditare.
Non siamo in grado di dare un giudizio da competenti ; ma ci rallegriamo di questo principio affermato
dal supremo Magistrato, che ha voluto applicare lo
spirito della legge e non la lettera solamente. Fin
qui l’applicazione 4ella lettera ha favorito cose molte
che somigliano ad intrighi costituenti danno per la società, i cui diritti si erano voluti affermare con la
legge 1867.
I
L’Alleanza Evangelica e l’insegnamento religioso
L’Allenza Evangelica di Roma riunitasi ne’ locali
dell’A. C. D. G. Lunedi 11 Maggio, riprendendo la discussionie sull’ invito della società Giordano Bruno
(vedi N. 18 della Luce), dopo -breve dibattito votava
quest'ordine del giorno, accettato ad unanimità da’ presenti ;
« L’Alleanza Evangelica di Roma si dichiara convinta
che la scuola dello Stato debba essere aconfessionale ;•
e informa l’Associazioue Giordano Bruno che gli evangelici, coerenti a questo principio, hanno provveduto
sempre e ovunque airinsegnamento religioso de’ propri
fanciulli per mezzo delle loro fiorenti Scuole Domenicali ».
n Congresso di Rovigo
La Gioventù papista tiene un altro congresso ; a
Rovigo questa volta.
Nulla di nuovos'. naturalmente, nel-fitte intimo ed essenziale,. che è -sempre- costituito dalia questione elettorale ; ma la nota oamiteristica di questo congresso ■
è )a raccomandazione ohe si fa a’ giovani, acciocché
si educhino a vita crfòtiana, di lèggere le vite deSanti e di iscriversi ; nei terzo orcM»e di S.i&'aucesco •! '
Incredibile, ma veio.. È chiaro- che a R&rigo non ©’erano modernisti.
je^FÌJH.NCIJL
Lai monte- del prof.. Réville
È morto a Barigi, in età di SS! anni, Jèan Réville,
dottore in teologia, pro-fessore db Storia delle Eeligi.oni
al Collegio dii.Brancia. ed antico »professore alla Scuola
degli Alti studi, e alia Facoltà d-Teologiai. protestante
di Parigi.
Egli è morto,, in. seguito ad ana operatone chkurgiea non riuscita», aella notte dal 6 al-7; Maggio..
Autore dii numerosi e profondi scritti, egli era,- il
principale piersonaggio della feazione protestante che
sì intitola liberale-..
Commossi di ficenite a tanta perdita^, mandiamo allafamiglia il salutoi rispettoso - degli evai^elici italiani e
la espressione della nostra intensa simpatia, mentreci riserviaano di parlare più» ampiamente dell ’illustre»
estinto.
SVIZZERA.
L’ehezio-ae della Costìtuente ecclesiastica, a.
Ginevra
Sabato- 3. Maggio ebbe luogo la» elezione della CosbLtuente». che, come già dicemmo altra volta, deve darestabile assetto alla Chiesa Ginevrina separata dallo.
Stato»
lìl risultato della elezione prova, dice la, Gazsettaidi
Losanna, che il popolo ha voluto manifestare la sua
simpatìa a coloro che hanno lavorato con coscienza e
con devozione al buon assetto della Chiesa. I membri,
in fatti, della commissione de’ XIX; sono stati quasi
tutti eletti a far parte del nuovo corpo legislativo.
I lavori della costituente incomineeranno Giovedì 14
Maggio ; auguriamo di tutto cuore ©he essa compia un,
lavoro benedetto.
Un convento buddista ?
Tempo addietro un amico abbonato ci scriveva :
«..,. Si vocifera qui con una certa insistenza (non
so se sia vero) che alcuni monaci buddisti, amanti del
bene spirituale nostro, abbiano intenzione di apportarci
un po’ di luce dal loro lontano Oriente, venendosi a
stabilire in mezzo a noi.— Pare che i buoni frati vogliano fabbricare un convento (o qualche altra cosa
che rassomiglia ad un convento come usano laggiù), e
vogliano farcì innamorare delle loro dottrine.... »
La lettera dell’ amico essendo privata, nou demmo
peso alla informazione contenutavi ; ma ecco il Coenobium giungerci con la inaspettata conferm-i di ciò
che reputammo uno scherzo. Ma che scherzo ! E un
fatto, è quasi un fatto compiuto.
Un certo Nyanatiloka, che deve essere il futuro
priore del futuro converto, scrive a quella Rivista una
lettera, dalla quale risulta che tutto è pronto (in progetto) per la istituzione d’una frateria buddista in Isvizzera (Canton Ticino molto probabilmente) e che il
danaro sarà raccolto entro Tanno, se sarà raccolto, I
buddisti dilettanti, cosi, potranno diventare praticanti
per mezzo dell’ obo’.o e noi avremo la gioia di vedere
l’Europa arricchita di altri contemplatori.
Di fatto, ce n’era gran penuria !
Il diritto di proprietà
La lotta gigantesca che si combatte nel Parmense
fra padroni e salariati, lotta foriera di altre più vaste
e più gravi di conseguenze, è meno per una quistione
di mercede o di orario che per un mutamento di assetto economico. Il movimento, lo hanno dichiarato i
capi stessi che lo dirìgono, tende ad affermare i principii sindacalisti e collettivisti ; è una mobilitazione
delle forze proletarie, un primo esperimento inteso a
preparare la lotta suprema. Non si tratta soltanto qui
di interessi antagonistici cozzanti fra di loro, ma si
tratta del confiitto fra due concetti del diritto di proprietà diametralmente opposti, fra due sistemi economici che sono agli antipodi, fra due form^ di sooiotà
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LA ILUCE
■ di cui'.k nuova'-é più antica'di .qnélk che passa per
tale.
« 1 Le-iocietà pitimitive, dice infatti flhnilio de Laveleye nell’opera soa magistele-«jlla «(Proprietà primitiva-«, quando passano dal r^ime ifiastorale al re. girne agricolo, saio composte di gruppi di uomini uniti dai'Vincoli dii una discenden-za comune. Tutti proprietari di una porzione indivisa del temtorio comune,
tutti eguali e liberi, si governano dp-se, esercitano
essi stessi la giustizia ed eleggono i loro capi » : forma
■ quasi ideale di società in cui erano ignoti i latifondi
■ 8 il proletariato dei campi, gli àdoperi . agricoli e la
disoccupazione, lo sfruttamento delle masse da parte
■ di pochi .privilegiati e la consegueate lotta di classe.
Vestigia di questa primitiva proprietà .-Gollettiva del
nSuoIo sono l imaste ancora più qua più k, segnatamente in
taluni distretti rurali della Russia, in certe regioni alpestri delia Svizzera, e dell’Italia, persino .a iBorneo e
a Giava, iterreni essendovi proprietà del-oofflune oppure di associazioni ..autonome «ompotste da,un certo
numero diifamiglie; ma un tale sistema di divisione,
del suolo è ornai, quasi del tutto .scomparso.
« Il diritto di proprietà è sacro ed inviolabile »,
scrisse il vescovo di Parma in una pastorale intesa a
pacificare gii animi, prima che il -conflitto toceasse la
sua fase acuta. E sta bene, poiché," come dice de Laveleye è altri con lui, « due diritti primordiali e ùnalienabili dell’uomo sono;; la libertà e il possésso di
una parte del suolo ». Donde si arguisce che codesti
due .diritti, pur essendo ,« sacri ed inviolabili >, oon
sono illimitati .ma si trovano circoscritti dalle leggi
della giustizia e della solidarietà, e dal diritto degli
altri.
Codesti limiti sono chiaramente indicati nelle leggi
.agrarie d Israele, .alle quali le legislazioni moderne farebbero bene ad ispirarsi, almeno in parte. Infatti, il
divieto di alienare un fondo a perpetuità; l’istituzione,
ogni cinquant’anni, del giubileo, in cui ogni Israelita
poteva riscattare un fondo venduto o rientrarne in
possesso lui stesso o i suoi discendenti ; quella deiranno sabbatico, ogni sette, durante il quale la terra
doveva essere lasciata in riposo, e ciò che produceva
spontaneamente andava a benefizio de! mercenario, del
forestiero, dell’ .orfano e della vedova, vale a dire dei
poveri ; il divieto di mietere tutto il campo e di vendemmiare tutta la vigna e di raccogliere tutte le ulive,
coll’annesso diritto pei non abbienti di appropriarsi di
quella parte del raccolto ; il diritto di proprietà fondato sul lavoro ; Tobbligo di pagare i mercenari a
giornata, di non frodarli sul prezzo e di farli riposare
nel settimo giorno ; il divieto di prestar danaro a interesse ad un concittadino, di prendere ipoteca sopra
un fondo rustico e di ritenere in pegno un oggetto
necessario al proletario oltre il tramonto del sole ;
l’obbligo di pagare le decime, non solo per le spese di
culto, ma ogni tre anni a benefizio dei poveri ; il non
riconosciuto diritto di testare, perchè la proprietà appartiene alla famiglia in ragione di consanguineità, e
poi alla tribù : tutte queste non sono forse restrizioni,
e limiti imposti al diritto di proprietà come oggi
viene inteso ?
Quella legge, cosi savia, cosi provvida ed umanitaria, « non conferisce all’uomo che iì godimento di una
parie determinata del suolo, a condizione che lavori
col sudor della fronte, onde ricavarne^ i prodotti necessari alla sua esistenza », scriveva molti anni fa il
compianto Paolo Minault. « Circonda il suo diritto di
tenere quella terra di ogni sorta di restrizioni e di precauzioni intese a prevènire una disuguaglianza troppo
grande nelle condizioni sociali e la formazione di una
classe di privilegiati in opposizione a una classe di
mercena; i e d’indigenti ».
Il Vangelo, benché non contenga traccia di legislazione economica, integra però e sancisce le antiche
leggi d’Israele predicando la giustizia, 1’ eguaglianza,
la solidarietà e l’amore ; anatematizzando le ricchezze
inique e gli oppressori del popolo ; (ricordando ai padroni di essere semplici amministratori a favore dei
loro fratelli mene favoriti dalla fortuna, condanuando a
non mangiare chi non vuol lavorare ; dieeudo che l’operaio è degno del suo salario e raccomandando a tutti
di « usare di questo mondo senza abusarne ».
« La terra è mia ; voi siete avveniticci e fittaiolì
appresso di me, dice il Signore » (Levitico XXV, 23).
Ecco il grande principio cristiano, tanto nell’A. che
nel N. Testamento, secondo ,il quale il diritto di proprietà ha da essere informato.
Enpieo f^iVoire.
.di iina .piccola città d’Inghilterra
Quale sia la città di .cui si occupa chi si firma
Tor Gnesc nella « Rassegna Nazionale » del 16
Aprile, non si sa; mia .sarebbe interessante saperlo
prima di accogliere le .conclusioni alle quali giunge
TAutore.
Questi merita lode pea' .il proposito d’imparzialità
ohe egli manifesta combattendo le esagerazioni di
chi trova tutto bene e di chi trova tutto male nella
vita religiosa dei protestanti inglesi, poiché codesta
imparzialità dovrebbe accreditare, naturalmente, la
via di mezzo per la quale FA mostra d’infilarsi subito.
La cittadina inglese, di cui si parla, conta 4000
abitanti, ma, con meraviglia del sig. Tor Gnest,
soltanto il 25 oiO frequenta le chiese delle varie
confessioni. Noi non abbiam modo di controllare codesti dati nondimeno osserviamo che, se tale percentuale si dovesse applicare alla popolazione di
Roma, per esempio, centro del. cattolicesimo, si avrebbe per risultato che. ogni domenica 150000
cittadini affollerebbero le Chiese. Non crediamo che
di questa cifra il sig. Tor Gnest dovrebbe rimaner
scontento. j,
Ebbene concediamola ; ma qual sentimento animi
quei devoti lo dice lo stesso sig.- Tor Gnest, quando,
dopo aver esaltato il contegno edificante degli evangelici, si domanda se nei devoti cattolici c’è coscienza e c’è contegno. E che dire — egli soggiunge — dellassistenza alla messa, speeialmente
alla famosa ultima messa?
' La statistica è un buon tribunale di giustizia,
ma questa è sicura sol quando le cause che le si
affidano son ben determinate. Per esempio bisognerebbe stabilire, se fosse possibile, qual sia il giro
dei frequentatori di ogni chiesa, giacché non è detto
che il migliaio di fedeli citato dal sig. Tor Gnest
sia composto sempre degli stessi invidui. Inoltre
bisognerebbe tener conto di questo : che la Chiesa
Romana ingiunge di udire la messa tutte le domeniche. E’ un dovere comandato, non raccomandato.
Si dirà che il 75 OjO della popolazione citata dal
Tor Gnest sia di indifferenti ? Ma codesta deduzione,
se la si dovesse applicare alla popolazione italiana,
sarebbe addirittura disastrosa per la Chiesa Romana.
Gli obblighi della maggior parte delle confessioni
protestanti — dice il sig. Tor Gnest — son cosi
elastici da render difficile il riconoscere la forza
della religione individuale,
Signor.no, che non è difficile. Da che vuol ricoscere la fede individuale il sig. Tor Gnest ? Dalle
pratiche di rito ? E allora ? Ñoi crediamo che le
statistiche della deliquenza e il carattere civile d’un
popolo siano argomenti di considerazione assai più
solidi di quelli d’una chiesa più o meno affollata.
Ebbene, a questo riguardo, benché il sig. Tor
Gnest si sforzi di diminuire l’onore che spetta all’Inghilterra ed alle altre nazioni protestanti, egli
implicitamente riconosce la loro supremazia morale, là dove narra che in quella cittadina, pur essendo case e negozi in condizioni favorevolissime
pel furto, il furto non avviene o avviene assai raramente. Ma a questa constatazione di fatto, il cui
significato s’impone allo stéssò sig. Tor Gnest,
questi s’affretta a far seguire una domanda : se,
cioè, quel che egli ha rivelato nella piccola città
da lui visitata, deve credersi che sì estenda a tutta
ringhllterra. E risponde : non lo so, non lo credo.
Come si vede, è una risposta molto spiccia e,
per nn cattolico, anche un tantino pericolosa, se
riflette il convincimento che il non sapere obblighi
a non credere. Ora se il proposito del sig. Tor
Guest era quello di prender la via di mezzo, fra
le opposte esagerazioni di coloro che giudicano la
vita religiosa del popolo inglese, era indispensabile
tenersi pronto a rispondere alla sua domanda con
cifre e dati di fatto, in omaggio al quod justnm
est Judicate che si domanda ad ogni cristiano.
Invece egli non reca nulla, a questo riguardo, ed
ecco come quella tale via di mezzo accenna a girare bruscamente verso piazza di S. Pietro.
" R. Piva
^rte, Letteratura, Scienza
il repertorio di Mosica del Maestro Baci
Nell’articolo publicato nel numero 18 della Z»ce incorremmo, involontariamente, in una omissione. Alle
opere del Baci quivi citate bisogoa aggiungere la seguente : « Trentadne preluda e toccate per organo ed
armonium. »
In quell’articolo avevamo accennato anche a 30 inni
a strofe in stile osservato che il Maestro non ha ancora recati a termine. Giova dire qualche cosa sulle
stile osservato ;
«
* *
Nel popolo d’Israele il canto era &\l’iinisono e veniva
eseguito senza accompagnamento strumentale ; però
gli strumenti a corda, a fiato e a colpo che allora esistevano erano impiegati per suonare negl’intermezzi.
Questo sistema passò nella Liturgia cristiana ; e quando
la Chiesa greco-latina potè organizzare il Culto pubblico,,
in esso venne introdotto il canto alVanisono e senza
strumenti. In oriente si è sempre conservato il tipo»
ebraico, e tuttora, nei calti delle Chiese ortodosse, non
v’è musica strumentale. In Russia, nel tempo di Caterina ir, fu introdotta la polifonia vocale nel canto sacro, ma sempre senza strumenti. In Occidente, il canto
sacro fu da principio come in Oriente, finché Gregorio
I stabili delle regole per il valore e l’intonazione dellenote, e il canto fu chiamato canto fermo, volendosi
esprimere che quelle regole dovevano considerarsi stabili, fissate, ferme per sempre. La musica era allora
scritta con le lettere dell’alfabeto latino diversamentecolorite ; e il valore di queste era fisso, all’unisonOr
senza armonie. Più tardi fu introdotto l'organo, ma
non per accompagnare il canto ; sibbene come intermezzo indipendente tra un versetto e l’altro degl’inni
sacri.
E cosi arriviamo alla Riforma del secolo XVI. Lutero capi la grande importanza della musica sacra pel
Culto evangelico, e fece comporre i cosi detti Corali
con armonie vocali a quattro parti. Fu allora, per la
prima volta, introdotta l'armonia nel canto sacro. Questo é il tipo della musica evangelica ; e quando si
dice stile osservato s’intende che il compositore deve
osservare le regole già stabilite dai fondatori della
Riforma scrivendo per quattro voci in armonia senza
accompagnamento strumentale. Il Corale non è una
melodia con accompagnamento, ma sibbene deve risultare da quattro melodie indipendenti e riunite in armonie successive.
Però accadde che a queste regole si rimase fedeli
soltanto in teoria. Il popolo noii può seguire un canto
a quattro parti obbligate. Quindi avvenne che negl’innari vennero introfiucendosi melodie popolari. Il guaio
fu che non s’introdussero soltanto inni di stile sacro
melodico o anche inni di carattere religioso popolare,
ma nelle raccolte di cantici sacri entrarono canzonette
profane ed altra musicaccia del genere. Così la decadenza fu generale. Nella Chiesa romana, la invasione
dello stile profano fu più violenta. Per essa, si andò
di male in peggio fino al vivente Maestro Rerosl che
scrive musica teatrale sopra soggetti sacri. Da Palestrina a Perosi, quale abisso !
Nelle Chiese Evangeliche, la musica ha sempre presente il tipo dei Corali ; ma le melodi^ profane e volgari hanno deturpato e infettato di teatralità tutti i
libri di cantici. Si tratta quindi di far guerra a questa tendenza e dì riprendere poco a poco le sane tradizioni.
(jVInni Sacri e l’Innario Evangelico segnano a cotal riguardo un grande progresso. Il numero delle
canzoni profane in essi è minimo in confronto del forte
nerbo di inni ma sacri, e di inni popolari
ma religiosi. Esse difettano però di Corali in stile
osservato fondato sull'armonia e non sulla melodia
ed eseguibili, quindi, da cori speciali. Entro certi limiti — e cioè, sempre dando la prevalenza allo stile
sacro-melodico, — ^'vsaS. a strofe in stile ossez-pofo dovrebbero rimetter.si in onore nelle nostre raccolte. Ma
codesta é opera che non si può improvvisare da nessuno ; bensì deve compiersi poco a poco in molti anni.
Ci vuole però nn impulso a tale opéra ed un criterio
diretttivo. Lo starsene con le mani in mano non ha
mai dato alcun frutto.
•
• «
Nello scorso Settembre fu rimessa al Maestro Baci
una domanda firmata da circa una trentina di pastori,
4
LA LUCE
professori ecc. della nostra Chiesa e di altre denominazioni. In essa sì chiedeva al Maestro di completare
il suo repertorio per la Chiesa Evangelica, componendo
alcuni inni a strofe ; per il qual genere di composizioni il suo ingegno non era stato abbastanza messo
a profitto da noi.
Il Maestro Baci rispose : « Se si tratta del solito
stile melodico, io mi sono già dichiarato nemico di
■questo genere di musica. Perciò rifiuto. Nel nuovo libro « Inni Sacri » vi sono cinque inni melodicijmiei
e altrettanti ve ne saranno nell’« Innario Evangelico »
Non ne farò più! Se invece si tratta di stile osser'vato, come sembra dalla lettera e me rivolta, lo farò,
perchè la fede cristiana mi persuade a lavorare utilmente per la causa del Culto Evangelico in Italia... »
Saranno dunque 30 gl’iuni del Baci in stile osservato,
■con poesie non musicate altrimenti e non contenute
in alcuna delle attuali raccolte.
«
Ma intanto è necessario che il pubblico evangelico
si prepari a far buona accoglienza alle melodie religiose Assolo su testi biblici, la cui pubblicazione è
già avvenuta in questi giorni.
Di questo lavoro parleremo più tardi, con una certa
ampiezza. Per ora ci limitiamo a dire che il genere
di queste nuove melodie è quello dell’antico Oratorio
classico ; che lo stile è rigorosamente sacro, molto
armonizzato ed evitante ogni accento profanoe volgare ; che il criterio direttivo del Maestro è quello di
dare maggiore efficacia e vigore alle parole del testo
bibblico declamato da un cantante e accompagnato dall’organo.
Il prof. Cbiappclli rijpoode a “La Luce,,
Si legge nel Giornale d’Italia del giorno 3 Maggio quanto segue :
Onorevole Direttore,
Dopo alcune parole benevole pel mio articolo sui
frammenti degli Evangeli trovati in Egitto, pubblicato nel Giornale D'Italia del 20 aprile, un foglio romano, patrocinatore ■« degl'interessi sociali morali e
religiosi d’Italia » come s’annunzia, mi chiedeva perchè io non inclinassi ad aderire alla « Supposizione
naturalissima dell’Harnaok secondo la quale il passo
novellamente venuto in luce sarebbe da ritenersi proveniente dalla stessa fonte onde emana tutto il passo
di Marco (16, 9-20) ». Poiché non ho alcuna difficoltà
a rispondere, voglia, onorevole direttore, far posto a
due mie parole dilucidative.
L’Harnack mostra di' credere probabile che qussta
nuova giunta ora recuperata non appartenesse alla
nostra finale di Marco, e che, originalmente nota marginale, sia poi passata nel testo, benché derivante
dalla medesima fonte onde è provenuta la odierna
finale del secondo evangelo, cioè probabilmente le
diegésv del prebistero Aristione. E la ragione che ne
adduce è la difficoltà di spiegare come sarebbe caduta
o come sarebbe stata espunta dal testo evangelico
questa parte, quando vi fosse già stata accolta.
Ora in verità io trovo assai meno malagevole il
comprendere come questa giunta possa essere stata
esclusa dal testo, anche se accoltavi per alcun tempo,
che il supporre non vi s;a stata originalmente inclusa,
tanto essa naturalmente gli conviene e tanto bene
elimina un visibile « iato » del testo comune fra i
versi 14 e 15. Invece quel confessare che fanno i di
scepolì di essere sotto la • potenza delle tenebre » quel
preciso numero di anni assegnato dal Cristo al regno
di Satana, e quell’annunzio del venuto suo termine,
può non essere parso più conveniente alla chiesa in
un tempo in cui da un canto, ella sosteneva le dure
prove delle prime persecuzioni imperiali per lei dovtite all’azione delle forze sataniche, e dall altro i martiri mostravano di sentire in sé la potenza della luce
dello spirito rinnovatore. Allorché, dunque, (e non si
sa quando nè come) ando perduta la prima ed originale chiusa dell’evangelo di Marco e fu sostituita
quella che abbiamo, dovuta forse ad Aristione, in essa
si dovevan trovare le parole che ora il codice egizio
ci ha restituite e che fanno manifestamente corpo con
tutto il contesto. E si potè poi più liberamente espungerle dal testo, perchè la tradizione che tutta questa
parte deirultimo capo non appartenesse all'originale
di Marco, non era mai venuta meno nella chiesa
come altrove ho dimostrato.
Spero di aver così bastevolmente chiarito altrui il
mio pensiero; e ringraziandola mi dico
Firenze, 80 aprile.
Dev.mo
Alessandro Chiappelli
Il foglio romano a cui accenna il profèsaore egregio è il nostro ; noi gli siamo veramente grati dell’onore fattoci rispondendo con tanta benevolenza alla
nostra domanda, rispettosa (come riconosce l’illustre
uomo) e rampollante dal desiderio di dare a’ nostri
lettori un pascolo intellettuale sauo ed eletto. Speriamo di potere in proposito sentire la parola di
Adolfo Harnak, di cui l’autorità è indiscussa universalmente.
Ma perchè il prof. Chiappelli non ha nominatoil nostro giornale ? Ecco una curiosi domanda, a
cui non sappiamo dare risposta ; o- non vogliamo,
perchè non vogliamo insieme con la risposta recare
un’offesa al prof. Chiappelli. Egli ha creduto bene
di rivolgersi al Giornale d’Italia^ era nel suo- pieno
diritto ; ma rimaneva egualmente nel suo diritto- tacendo il nome del nostro periodico ?" 0 non entrava
piuttosto qui in gioco il nostro diritto che si convertiva in dovere per il prof. Chiappelli ?
Siamo piccola cosa,,-aoi .evangelici, e trascurabile,
come scrisse il professore sullodato tempo addietro
in una rivista teutonica ; va bene. Ma siamo pure
in Italia, professore, i rappresentanti di quel grandioso e glorioso protestantesimo che accese tutte le
faci della civiltà moderna e del quale voi, anche
voi sapienti che ci sprezzate, siete gli umili, umilissimi discepoli, sempre discepoli e mai maestri.
Si, illustre prof. Chiappelli.
La nuova morale scjjuale
La conferenza della dott. Montessori, di cui parlammo nel numero della passata settimana, ha un’importanza che non può sfuggire ad alcuno.
Finora si è creduto che il pudore vero vietasse
di far conoscere ai piccoli il mistero della generazione ; si è sempre taciuto nella famiglia intorno al
grande soggetto ; si é lasciato che i giovani arrivassero alla conoscenza di tutta la realtà dell’essere
per vie nascoste, spesso tenebrose, nelle quali fioriscono i malintesi e co’ malintesi una spaventevole
quantità di funeste cooseguenze.
Rompiamo dunque questo cerchio di ferro, esclamano le nuove e più conscie generazioni ; siamo
coraggiosi ; insegniamo le leggi della vita ; mostria ■
mo il fine di tutte le cose e di tutti gli esseri. E’
qui il vero pudore, perchè qui sta il segreto della
forza delle future generazioni , qui la liberazione
de’ corpi, qui anche la liberazione delle anime da
molti mali morali ; molti malanni morali dipendono
in fatti da malanni fisici.
La dott. Montessori ha bandito questo nuovo verbo
civilizzatore e ha gridato : chiamate ogni cosa come
va chiamata e mostrate quel che è. Bando alle finzioni, onore, tutto l’onore alla verità 1
Ma come fare ?
E’ semplicissimo. Partite sempre dal grandioso
fine, immenso fine di tutto l’universo che ci circonda, in cui tutto converge verso la riproduzione ;
fate vedere al fanciullo il fiore che si riproduce,
l’insetto che genera l’altro insetto, poi arrivate all’nomo. Nulla che non sia santo e puro vedrà il
fanciullo in una funzione che non è solo* deH’uomo,
ma di tutti gli ess'èìv', e che nelle piante, negli insetti non ló turba, non gli ispira cattivi sentimenti.
Abbiamo cercato di dare un’idea di quanto ha
detto la dotta conferenziera ; ma confessiamo che è
difficile e che, a voler fare citazioni, bisognerebbe
citare... tutta la conferenza.
Ci auguriamo che sia pubblicata e che valga a distruggere molti pregiudizi!, fra i quali non è il minimo
quello di coloro che vorrebbero la famosa edizione
della Bibbia espurgata....,
dicono, non siamo capaci di adoperare, l’ing. Sabatini,. dico, prima di parlare- del Messico volle farci
sapere che egli non ha molta simpatia per gli Am-erieàni del Nord. E contro di essi ne disse di
cotte e di crude con tanto- entusiasmo, che quasi
s’era dimenticato del Messico e di Porfirio Diaz. Pensate un po’ che cosa è l’antipatia Í
Ma quando To-ratore si fu sfogato ben bene, si
giunse nella terra che volevamo conoscere e che
deve essere bella, incantevole, terribile, ammirevole
ed inabitabile nello stesso tempo. La natura non vi
è avara nemmeno di febbre, gialla : la vegetazione
vi è superba, l’agricoltura deve essere un gioco divertente con un suolo che può- dare fino a tre raccolti all’anno. Ma gli abitanti, una razza venuta
fuori dall'incrocio de’ primi abitatori con gli AtchecM fondatori di un grande impero e di questi con
gli spagnoli di Co-rtez, gli abitanti non hanno grande
voglia di lavorare e aspettano r mille pretesti delle
feste papistiche per riposarsi. Diceva l’ing. Sabatini
che Fagitazione per le S ore di lavoro dovrebbe
avere laggiù un fine precisamente contrario a quello
che ha in Europa.
Non vi pare, lettori gentili, che, pensando al nostro popolo festaiolo, sia proprio il caso di concludere, dopo la escursione al Messico : tutto il mondo
è paese ! Specialmente poi quando gli stessi preti
insegnano lo stesso comandamento contraffatto dalla
stessa Chiesa : Santificate le feste !
LEGGENDO LE VANGELO
Il f0«55lco
Nell’Aula Magna del Collegio Romano l’Ing.Venturino Sabatini parlò Domenica, 10 Maggio, del Messico, dove egli si recò tempo addietro in missione
ufficiale per conto del nostro Governo.
Ma ring. Venturino Sateitini, che parla bene,
con disinvolta spigliatezza e con un certo spirito
che rasenta Vhimoar, il famoso humour che noi,
La tua fede ti ha salvata ;
vattene in pace.
La condotta di Gesù ha dovuto in parecchie circostanze essere di grave scandalo a quelli che pretendevano di rappresenta-re la retta dottrina, cioè i Farisei.
Non dicevano costoro che Gesù era amico
dei pubblicani e dei peccatori f
« Perchè mangiate, e bevete coi pubblicani e coi peccatori ?» E il maestro di rimando : « I sani non han bisogno di medico,
ma i malati ».
E chi più di quella povera donna, che
fino allora era vissuta nel disordine, aveva
bisogno di qualcuno che la rialzasse dal
fango, in cui era caduta, la riabilitasse dinnanzi alla stima degli uomini, e la chiamasse a ravvedimento con le consolanti
parole \ -w Lei tu<x fede ti hu sctlvcttcì .' vut-’
tene in pace »?
E chi era costei ? quale il suo nome ?
Non lo sappiamo. E perciò, a torto, si
suole generalmente dai papisti e da quelli
che non conoscono il Vangelo, identificare
questa donna ora con Maria, sorella di
Lazzaro, ora con Maria di Magdala. Ma
niente nel Vangelo ci prova una simile
asserzione. Gesù, in occasione di quest’incontro, pronuncia una parabola, di cui ia
una commovente applicazione e al Fariseo
e a quella donna. Egli pone in un contrasto impressionante la fredda ospitalità che
il Fariseo si credette in obbligo di offrirgli con la commovente riconoscenza dimostrata da quella peccatrice pei benefici spirituali ricevuti.
Il Maestro, difatti, con un dialogo Bennato conduce quel Fariseo Simone a condannare il suo modo di procedere con le
sue stesse confessioni. Il Fariseo ammette
che colui il cui debito è maggiore sente più
gratitudine dì colui che deve meno verso
5
LA LUCE
il generoso creditore. E tale gratitudine si
deve dimostrare con fatti, e non già soltanto con parole: e, perciò, Gesù enumera
successivamente le cortesie e.le attenzioni
che non venivano n ai omesse da un padrone di casa verso 1’ ospite, le' quali nel
caso suo erano state intenzionalmente dimenticate. Invece quale contrasto fra quella
fredda accoglienza del Fariseo, e le manifestazioni di amore e di riconoscenza della
peccatrice I « Pertanto, io ti dico, che i suoi
peccati, le sono rimessi, perchè ella ha
molto amato; ma a chi poco è rimesso
poco ama ».
Quante volte queste parole del maestro
sono citate a sproposito ! Ma che vogliono
dire? La differenza tra la condotta del Fariseo e quella della donna, deriva dalla
misura del perdono concesso all’uno e all’altra. Chi ha poco da farsi rimettere, è
poco riconoscente e poco ama, chi ha peccati in grande numero da farsi rimettere
è profondamente riconoscente e molto ama.
Dalla grandezza del perdono scaturisce adunque la grandezza dell’ amore. Ma quel
che ci manca per amare molto, non è già
il peccato, bensì la conoscenza e il convincimento del peccato. Ora questa conoscenza
e questo convincimento erano profondamente radicati nella donna : e perciò Gesù
può dirle : La tua fede ti ha salvata ; vattene in pace. 11 principio adunque del perdono è la fede, e l’amore viene dopo, perchè ne è il frutto.
e. m.
PREGHIERA
Domenica 17 Maggio
Onnipotente Iddio, ispiraci affinché possiamo leggere la tua Parola col cuore, sentirne la bellezza e
rispondere ai solenni appelli che essa ci rivolge.
La Parola fu scritta per noi : é diretta alla vita
nostra e porta con sé vita, verità, amore, alta vi
sione e possibilità di gloriosi destini. E scritta col
dito di Dio : niun uomo può cancellarla. Essa per
mane a traverso il fuoco e vince in durata tutte le
età. Essa possiede la calma sublime della divinità.
È la tua Parola, o Signore, ed è tutta tua. Deh ! noi
vogliamo riceverla nella sua pienezza, leggerla con
cuori semplici, accettarla con la fiducia di piccoli
fanciulli.... Amen.
QUESTIONI SOCIALI E flORALI
L’ipnotismo e ia cara deirubbriacliezza
All’Egregio Sig. 6iov< Roelial, Apostolo della santa causa
Per la guarigione delfubbriachezza — oltre i rimedi
puramente morali si sono escogitati vari metodi
più 0 meno scientifici, ultimo dei quali, decantato dalla
solita « reclame », la polvere koza.
Io credo però che la scienza non pos.sa per quanto
sta in lei — risolvere il grave e tormentoso problema
— che esperimentando ì processi ipnotici, perchè questi hanno e ormai nn cumolo Ai prove ce ne assicura — una base di una solidità indiscutibile.
Nell’ipnotismo — quali si siano i fenomeni che per
esso produconsi, vige la gran legge — che mai non
falla in natura — di causa ed effetto, legge per la
cui conoscenza ruomo può assoggettarsi e dominare le
forze che entrano in gioco in qualunque manifestazione fisica 0 psichica, e rendersi cosi padrone di ciò
che per l’ignorante è motivo di paura, di pericolo e,
talvolta, di morte. « Voi conóscerete la verità — leggiamo nell’Evangelo di Giovanni — e la verità vi farà
liberi ». Parole profonde, rigorosamente esatte, e di
portata universale perchè la Verità Una, conosciuta
sotto i molteplici aspetti delle Leggi attraverso cui
essa si esprime, non può liberarci che con la nostra
ubbidienza a codeste leggio medesime.
In qualunque campo, ove la Natura agisce, noi non
erreremo, seguendo la sentenza di Cicerone : Legiim
servi sumas, ut liberi esse possimus ». E anche per
la cura ipnotica dell’ ubbriachezza — ripeto — il criterio dell’ Arpíñate Ci può dar garanzia di risultati
certi. Ne spiegherò, più sotto, il come. Pel momento
— prima della discussione teorica sulla quistione specifica che prendo in esame -— vai meglio addurre qualche esempio pratico. Ecco quanto narra, in proposito,
nel suo libro ; Le Miracle Moderne Jales Bois — un
autore che ninno vorrà accusare di essere un credulo :
Nella mano destra dell’alcpolista fu messo un bichier d’acqua, e Io si avverti che conteneva assenzio,
sua bevanda favorita... Il disgraziato si affrettò di
portare il bicchiere alla bocca. Il ‘dottore 1’ arresto un’altra volta, immobilizzandogli il braccio con un ordine imperioso. Immerso nel sonno provocato, non ostante il suo vizio, questo Tantalo di nuovo genere, era
bene forzato ad obbedire ! Gli fu naturalmente, ordinato
di subire la stessa impossibtlftà allo stato di veg'ia
tutte le volte che si fosse trovato dinanzi un bicchiere
d’alcòol... - ; - '
Ascoltatemi — gli disse l’ipnotizzatore, io creo,
mediante questa paralisi momentanea, nel vostro cervello, la possibilità di dominarvi e di soggiogare, nello
stato di veglia, il vostro impulso. Questa facoltà di
dominio, che forma veramente Tuomo, io ve la rendo.
Quando un compagno vi offrirà un bicchiere, il vostro
braccio cesserà immediatamente d’ obbedirvi. Ma ciò
non basta.
A questa inibizione, che una Volontà indebolita non
è più capace di fornirvi, ma che io suscito in voi artificialmente, associo tutte le idee morali che avete
dimenticato.
Penserete alla vostra moglie, che attristano le vo-'
stre assenze, ai vostri bambini che per colpa vostra
mancano di pane, alla vostra salute che in questo modo
rovinate,.... a poco a poco.... di vostra stessa iniziativa,
deporrete il bicchiere sul tavolo, senza averlo toccato.
Non avendo potuto berlo per forza, vi rinuncierete per
ragione ».
Il Bois aggiunge che il risultato fu oltremodo soddisfacente.
Spigolando nella letteratura ipnotica si potrebbero
trovare altri fatti analoghi. Ma, per noi, basti il riferito, cosi tipico, cosi istruttivo ed incoraggiante. Piuttosto, veniamo ora ad alcune considerazioni d’indole
generica.
*
* *
Il meccanismo dei processi ipnotici consiste nel fatto
che la volontà dell’operatore s’impone a quella del pástente il quale la subisce senza possibilità di reagire.
Il soggetto, sotto il potere dell’ ipnotizzatore, è uno
strumento passivo, un automa, uno schiavo, in cui il
padrone si è impersonato.
Ad un alcoolico, quindi — come a qualunque altro
pástente cui si voglia inibire la manifestazione di un
atto abituale — si potrà benissimo — nella trance
ipnotica vietare di bere, con sicurezza di successo.
11 difficile però comincia quando il soggetto si sveglia dalla fase « sui generis » che gli ha tolta la co
scienza normale. Destatosi, egli nou si ricorda più di
nulla; si ritrova l’individuo di prima, colle sue tendenze, coi suoi ciechi impulsi che lo trascineranno di
nuovo sulla china del vizio e deH’abbrntimento.
Nell’esempio citato dal Bois, l’ipnotizzatore comanda
che la suggestione ipnotica prolunghi i suoi effetti an
che durante il successivoi stitò di veglia, il che —
come s’è visto — è possibile a conseguirsi, ma soltanto dopo replicate esperienze, dopo una lunga formasione del soggetto.
Nondimeno a questo punto si deve addivenire,; se
non si vuol latrare-iftvànb. E cotal benefica mèta è,
per tutti gli ipnotizzatori, raggiungibile. Ricordiamoci
che anche qui domina la legge di causalità.
Ecco come codesta legge opera: La psiche del pa
zientP, abituatasi, nei reiterati periodi ipnotici, a co«trariare i propri stimoli interiori, non potrà a meno
— per la solidarietà che alla cosciensa fisiologica la
lega — di comunicare a questa le abitudini ipnotica'
mente contratte, abitudini che appariranno dapprima
come più inconscia, misteriosa, repulsione
per la bevanda dall'alcoolico preferita, la qual repulsione, a sua intìflisìficaHdosi le esperienze ad
' hoc, può diventare ^ta|meóto forte da gareggiare con
quella prodotta dalla koí¿ 0 da altri « specifici ».L’ubbriacone cosi, sarà salvato. Tutte le volte Che egli
vedrà un bicchiere ricolmo di ciò che prima era il suo
nettare, rivolgerà lo sguardo indietro, come se si trattasse di assa fetida.
*
Qui alcuno potrà obbiettarmi. Pur riconoscendo l’efficacia di codesti esperimenti, essi, tuttavia sono difficili, perchè richiedono le attitudini che solo persone
privilegiate hanno.
Rispondo che qui, come in tutte le cose, sono difficili i primi passi, ma che i risultati d’altronde, compenseranno gli sforzi, fatti per superare gli ostacoli
iniziali. Dippiù, non è vero che occorrono, al! uopo,
degli individui speciali. Tutti — indistintamente —
possiamo — con quegli esercizii allenatori di cui parlano i buoni trattatisti della materia — diventare ipnotizzatori.
Chi sente, quindi, il de.siderio di tentare codeste esperienze non fòsse per altro motivo che per quello
di guarire l’ubbriachezza — e di rivolgere in tal modo,
al bene dei propri fratelli quelle forse di cui altri
può servirsi per perpetrare i più infami delitti — cominci pure. Se da lui dipenderà la riabilitazione anche di un solo infelice, egli potrebbe ben rallegrarsi
di avere contribuito — sia pure in piccola parte, al
grande salvataggio dell’Umanità.
Hvnesto Senàuega
^a5tACCHI e DIFESE
Mia Signora Angelica Balabanof
Leggendo il di lei articolo « La fine della Religione »
nel num. I maggio del Lavoratore Novarese, ho detto
fra me: — To’ la strabiliante novità dell’ultime ventiquattr’ore !....
Ma, dica un pò, parla proprio sul serio quando afferma che « la scienza spiega il come e il perchè delle
cose, i fenomeni della natura e della vita, si da rendere non soltanto inutile, ma impossibile ed assurda
qualsiasi forma di fede ? A me, pare addirittura fenomenale la sua disinvoltura.
Nessun scienziato che si rispetti e che non abbia
le traveggole dell’odio personale oserebbe mai sfoderare di cosifat^e affermazioni declamatorie. Ella infatti,
dandosi l’aria di combattere il Dommatismo, si fa campione di un Dommatismo nuovo, non meno infatuato
di se stesso e stizzoso di qualsivoglia altro ; ella fa
proprio quel mestiere che con tanto scherno rinfaccia
agli'avversari : della metafisica cipè e del trascendentalismo per cui occorre una dose enorme di credulità.
Io non sono uno scienziato, ma ho domandato agli
scienziati la loro risposta circa i grandi enigmi del
mondo, e li ho udito rispondermi in pieno coro: « Iguoramus ! ! »
Oh! il materialismo dogmatico, già cosi superbo e
sicuro di se medesimo, chi noi sa ? è già liquidato.
Non ha ancor avvertita lei, la Reazione che contro di
esso si afferma, senza fanatismi, ma forte, ma visibile
in Germania, in Inghilterra, in Francia, in Italia, per
tutto ? '
Non sono poi dei subuomiui nn James Seth, un James Ward, i quali dalle cattedre di filosofia di Brcwn
e di Cambridge affermano Che « la concezione materialista del mondo, tutt’altro che solida, fa acqua da
tutte le parti » e contr’ essa protestano a nome della
libertà e dei bisogni della coscienza.
Il fatto che moltissimi scienziati furono già e sono
nel gran girone della fede, prova, non foss’altro, che
la scienza non rende, come dice lei signora, assurda la
fede. Ciò mi dispensa dal divagare in citazioui, e mi
autorizza a pensare che forse ella, signora, vedendo
appena la superficie delle cose, s’illude che non ci sia
altro. ,
È il minor torto che possa farle a pensare cosi di
lei ; e fessemi pur dato, colla mia sincerità, di poterla
aiutare a liberarsi dalle illusioni in cui è impigliata.
Via, signora ; poiché si protesta di yoler parlare in
nome della scienza, poiché vuol direia verità al popolo; procuri di essere più serena ed oggettiva. Che
la religione sia nata colla paura, e colla paura destinata a perire, la è un’idea rancida, già superata, e non
può più passare che in qualche libro di terzo o quart’ordine. Che nelle configurazioni particolari e storiche
della religione si riscontrino anche le proiezioni della
paura e dell’ignoranza ; che intorno al nocciolo della
verità siano cresciate delle male concrezioni ; che il
sentimento religioso sia stato fatto strumento di op-
6
s
LA LUCE
pressioni innumerevoli, nessuna persona sincera negherà mai. Ma è egli lecito lasciarsi fuorviare il giudizio intorno ad una cosa dalle sole deformazioni della
medesima ? Si può risolvere un problema cosi complesso qual’è quello della religiosità, guardando a un
solo dato ?
Ella sa, signora, a quali tiemende conclusioni si
possa arrivare per manco di oggettività, e a voler essere unilaterali. Che direbbe di chi, in nome di certe
patologiche manifestazioni dell’ idea socialista, presumesse condannare il socialismo ?
Legga lo studio del prof. R. Mariano « Intorno all’origine della religione » ; forse, certi suoi pregiudizi
si liquideranno, le sue false sicurezze si disfaranno :
ella capirà che certe idee non han più credito scientifico.
Pepiclc Baeehini
pjlQINE PI STORI»
\ Valdisl DelflntsEU luranti II XIV secolo
I
Già nel 1315 trovasi un Inquisitore che si vale
del castellano di Val Chisone per incrudelire contro
quei Valdesi ; altri di quei valligiani dovevano pagare somme rilevanti per sfuggire all’Inquisitore di
Perosa; cosi nel 1319 Agnese, moglie di Marchetto
di Fourrières. Da quel tempo in poi, quelle regioni
non ebbero più pace, se non in quanto non tutti gl’inquisitori furono .ugualmente feroci 0 zelanti ed attivi, che si voglia dire.
Nel 1332, papa Giovanni XXII scriveva al delfino
Guido XIII, reduce da una visita nella valle Futa
(detta poi Val Luisa), perchè vi efetirpasse i Vaidesi che numerosi l’occupavano. Ma la morte del principe e poi quella del papa fecero soprassedere all’esecuzione di quei caritatevoli desideri del Vicario
di Cristo. Il cui successore, però. Benedetto XII
tornò ad insistere presso aU’nltimo Delfino, Umberto
II, finché le Autorità dell’Embrunese salirono ad
inquisire in quell’alpestre valle. Ma non poterono
impadronirsi dei valdesi, riparatisi sulle giogaie del
nevoso Pelvoux. Nel 1338 l’Inquisitore, tornato
in valle Futa, vi pronunziò condanne e confische e,
non potendo ardere i vivi, sfogò il suo zelo poco
evangelico ponendo sul rogo, il 15 novembre 1339,
dei cadaveri di valdesi disseppelliti. Anche nel
Queyras furono inquisiti, in quel tempo, alcuni vaidesi che vennero incarcerati a Briançon.
Abbiamo ricordata l’opera dell’inquisitore Ruffino
Gentili a danno dei sudditi sabaudi ; a lui si rivolse
il Delfino Umberto, offrendogli 60 fiorini d’oro annui di paga, più 15 grossi d’argento per ogni giorno
di lavoro, affinchè purgasse completamente i suoi
stati dall’eresia, riservandosi però il prodotto delle
confische, vero movente di tanto zelo. Ed é certo che
quella repressione, fu per lo meno, iniziata poiché,
nello stesso anno, vennero arsi vivi in Val Chisone,
una donna, Sismonda Challier, ed un uomo, Guigo
Thomas. Fer risparmiare altre vittime e soddisfare
gl’ingordi contrattanti, le/comunità pagarono, Mentulles 200 fiorini, Fenestrelle 50, Usseaux 100,
Fragelato 120; onde, con le confische, e detratte
le spese, gl’infami autori del turpe anercato ebbero
un profitto netto di 1847 fiorini.
In quei tempi, narrano alcuni storici, avvennero
pure confische a Chateauroux, e la persecuzione
inferi tanto a Freissinière che quei valdesi dovettero cercare un rifugio tra i loro fratelli piemontesi, rimpatriando solo dopo tre anni d’esilio.
Al flagello deirinquisizioue s’aggiunsero ancora,
per quelle misere popolazioni, il gelo tardivo e conseguentemente una carestia tale che parecchi furono ridotti a pascersi d'erba, infine la peste nera
del 1346,47 che mietè i tre quarti degli abitanti.
Caberto di Luserna aveva ricevuto nel 1314, dal
delfino Giovanni, la Bâtie di Val Luisa ed aveva
concesso ai valdesi 1’ uso d’ úna casa per le loro
adunanze : nel 1348, l'arcivescovo la fece demolire
mandando poi al supplizio dodici umnini che tentavano di rialMre quei ruderi.
Umberto avendo ceduto nel 1349 il suo delflnato
alla Francia, il papa ottenne dal figlio di quel re,
Carlo il Savio, nuove misure di rigore perle quali’
nel 1353-54, avvennero in Val Luisa, l'Argentière,
Freissinière, Chancella, Réortier, Queyras ecc. nuove
condanne e confische, ed i roghi divorarono vari
cadaveri esumati e due ¿donne valdesi relapse.
Altri supplizi avvenivano nel rimanente Delfinato,
specie nel Valentinois, e non già solo nelle valli
alpine, che più da vicino c’interessano. Ma ben altro
sangue stava per scorrere ai tempi dell’Inquisitore
Francesco Borelli.
Gioì/. Jalla
La dottrina cristiana spiegata al popolo
Il Nono e il Deciiìio Comandamento del Decalogo
D. — Qual’è il nono cómandamento della leaqe di
Dio?
E. « Non dire falsa testimonianza contro il tuo prossimo ». ^
D. — Spiegate il senso di questo Comandamento
E. Esso condannai-la falsa testimonianza, cioè l’attentato contro la reputazione del prossimo. Sotto il
titolo di falsa testimonianza bisogna comprendere :
g) Le deposizioni bugiarde tanto contrarie quanto
favorevoli al prossimo.
b) La calunnia che inventa il male e lo diffonde.
Il calunniatore è una specie di assassino. Egli non aggredisce direttamente la vita del prossimo, ma ne intacca 1 onore e la reputazione, causando la sventura e
talvolta la morte della sua vittima. {Es. XXIII. 1;
Oiac. III. 5. 6.)
c) La maldicenza che si compiace nel dire il male
e che spesso è una falsa testimonianza, sia perchè si
suol riferire ciò che si è sentito dire senza averne le
prove, sia perchè la persona che ,si accusa può aver
cambiato. {Giac. I. 26; Ef. IV. 31; Prov. X. 19; Matt.
VII. 1, 5J
d) I giudizi precipitati e i sospetti. {Rom. XIV. 4)
e) La bugia che è pure una falsa testimonianza con
la quale si cerca di abusare del prossimo. La menzogna
è 1 alleata naturale di tutti i vizi. La si incontra nel
mondo sotto mille formo,-la si sente qualche volta
scusare o considerare leggermente; ma davanti a Dio
ed alla coscienza, nulla l’autorizza. Non bisogna mentire,
neppur per rendere un servigio, nè per alcun’ultra ragione. La bugia spinge sempre più avanti nel male ed
impedisce spesso di tornare indietro. 11 nemico dell’anima cerca di dominarci anzitutto con la menzogna e
di ritenerci sptto il suo impero. Detestiamo dunque la
bugia, e respingiamola con tutta la nostra forza. {Prov.
XII. 22; XIX. 9; Giov. Vili. M; Ap. XXL 271.
D. — Qual’è il decimo Comandamento ?
E. — « Non concupire... »
D. — Spiegatene il senso.
R. — Esso cjudauna la cupidigia cioè il desiderio
malvagio : sia la cupidigia delle altrui sostanze che
genera la gelosia e l’invidia, e che conduce al malcontento, alla malvagità, al furto; sia la cupidigia dei piaceri colpevoli-, sia, infine, la cupidigia di ciò che Iddio
ci rifiuta. Concupire è peccare. {Giac. I. 14 15. Prov.
IV. 23; Matt. XV. 19). Fra le proibizioni compresene!
decimo comandamento si possono anche includere i pensieri malvagi che sono pure delle concupiscenze.
u. i.
Informa.2:ioni
Sa.ni*8nio. ^ {Matusiò\ .La seconda Domenica
dopo Fasqna, 3 Maggio, è sfata pér la nostra
Chiesa di San Remo una bella feste. Um nostio aderente, persona colte, che mediante l’opera di Evangelizzazione di noi compiute qnest’inverno ha avuto
occasione di si>erimentare la potenza di verità contenuta nell’Evangelo, e di integrare il libero pensiero nella libera fede, ha presentati al Santo Battesimo dne suoi figlioli giovanetti. Là cerimonia
fa molta bella, di spiritdale bellezza, ed impressionante. , ' .
La stessa Domenica — in coi celebrammo di
nuovo la Santa Cena, essendo la prima Domenica
del mese — entrava a far parte della Chiesa nostra ed accostavasi con noi al Sacramento dell’Amore, un altro nuovo fratello già da tempo aderente alle nostre idee ed amico della Chiesa. Uomo
di lettere e giornalista, egli rappresenta per la
Chiesa un valore ed una forza. Della lettera scritta
al pastore con la quale egli domandava di far parte
della nostra spirituale associazione, togliamo il seguente passo : «... E’ da lunghissimo tempo ch’io
vado maturando nel segreto dell’anima mia questo
proposito e radunando a conforto del mio spirito
tutte la voci che sappian dare risposta alla sua sete
di conoscenza. Ultima voce — e decisiva — venne
il Suo Catechismo Filosofico, nelle cui pagine quei
dubbi, quelle trepidanze che ancor vigilavano nel
mio pensici 0 dileguarono, vinti da quel forte raggiare di squisita dialettica. Sicché mi è possibile
quest’oggi rivolgerle la presente domanda ripetendo
con ferma fede e ben salda coscienza le parole dell’apostolo : « Io piego le ginocchia al Fadre del Signor nostro Gesù Cristo dal quale è nominata tutta
la famiglia nei cieli e sopra la terra, e lo prego
di darmi secondo le ricchezze della sua gloria d’esser fortificato in virtù per lo suo spirito nell’uomo
interno e che Cristo , abiti nel mio cuore per la
fede. »
Torre Pellice. — L’inaugurazione della
Gasa Unionista, destinata ad accogliere le Unioni
Cristiane (maschile e femminile) e l’asilo infantile, è
stata fatta Lunedi, 4 Maggio, con l’intervento di
S. E. Facta, Sotto Segretario al Ministero dell’Interno, dell’on. Soulier, deputato del collegio, del
rappresentante presso la provincia, sig. Foet, delle
autorità cittadine, del Moderatore ecc....
La festa si svolse con semplicità e con grande
cordialità. Varii discorsi furono pronunziati, fra cui
importante quello del sig. C. A. Tron, pastore di
Torre Pellice, alla cui attività grandissima e alla
cui generosità deve la costruzione di questo nuovo
istituto educativo. A lui resei’o omaggio tutti gli
oratori, non escluso l’on. Facta, il quale parlò al
banchetto che ebbe luogo aU’Hòtel du Fare subito
dopo la inaugurazione.
Ed ora, giovani unionisti, alacramente all’opera
nella nuova casa con nuova e raddoppiata energia !
Firenze. — Un caso pietoso è avvenuto in
questi giorni ; uno di quei casi che di tanto in
tanto vengono a sollevare un lembo del fittissimo
velo che copre quei misteriosi e muti monasteri che
il cattolicesimo romano coltiva con cura si gelosa
nel nostro paese.
Una fanciulla albanese, non si sa bene se rapita
0 convertita, era stata trasportata nel monastero
delle Stigmatine al Galluzzo presso Firenze. Da parecchi anni già ella viveva con le suore, perchè era
bambinetta quando lasciò Scatari ed ora ha, 22 o
23 anni. Doveva in questi giorni prendere il velo ;
ma ecco che una bella mattina, in un momento in
cui le suore salmodiavano accidiosamente. Maria fuggi
dal convento, e, attraversate le belle campagne sorridenti, se ne venne a Firenze. Quivi una buona signora la prese con sè e pare che voglia tenersela
come figliuola.
Perchè la fuga ? Le monache dicono che Maria
Spiro spontaneamente avea domandato di farsi ^uora ;
Maria Spiro ha simpaticamente e recisamente detto
a chi l’ha visitate che la si voleva obbligare a vestire l’abito monacale e che, non potendone più, si
era risoluta a suicidarsi. Poi il bel sole e la libera
e fresca aria dei campi l’aveano riconciliata con la
vita sana e feconda.
La signora che l’ha presa con .sè ha detto poi
certe mezze parole dolorose, che vorrebbero essere
rivelazioni gravi probabilmente di fatti soliti ad accadere ne’ conventi ; ma di preciso non si sa ancora nulla, Ad ogni modo qualche mistero da scoprire ci defe essere.
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8
LA LUCE
I
Giovedì,. 14 Maggio
Il caso Wahrmund
I nostri lettori ricorderanno certamente il chiasso
avvenuto in Austria tempo fa a causa dei passi
fatti dal nunzio papale presso il Governo austriaco,
contro il prof. Wahrmund dell’Università di Innsbruck. L’intervento del nunzio fu fieramente rerespinto, allora, dal ministro degli esteri ; ma i
professori d’Innsbruck credettero bene di far sospendere le lezioni dell’incriminato professore di
diritto canonico, non gradito a Roma. Ma, in seguito a ciò, gli studenti universitarii di molti atenei insorsero per difendere la libertà d’insegnamento e scioperarono in massa.
Giunge ora da Vienna una buona notizia, secondo
la quale il rettore dell’Università di quella capitale
avrebbe dichiarato apertamente che la misura presa
dal Consiglio dei professori di Innsbruck non significa
affatto punizione per il prof. Wahrmund, il quale pnò,
qnundo vuole, riprendere le lezioni interrotte.
E’ già una splendida lezione Taccaduto stesso :
i giovani studenti meritano lode per il loro atteggiamento e congratulazioni per la loro vittoria.
Pon Romolo A\urri
Avanti ! di questa mattina dice che don Romolo Murri ha rifiutato di firmare una ritrattazione,
che egli riteneva disonorevole per sè e indegna di
un cittadino.
Questa nuova non contraddice affatto alla nostra
informazione della scorsa settimana. Si tratta evidèntemente, se la cosa è vera, di un incidente che
dev’essere nato all’ ultimo momento, forse per volontà del Vaticano, il quale non sarebbe (ed è naturale anche ciò) molto convinto della mansuetudine
di don Romolo. Il vescovo di Fermo è una cosa e
il Vaticano è un’altra. Probabilmente al vescovo di
Fermo si rispose prima con un si generico, a cui
poi si fece seguire la umiliante condizione respinta
sdegnosamente dal Murri.
Cosi ci diceva la persona autorevole a cui ci
siamo rivolti per avere spiegazione intorno a questo alto e basso murriano.
In ogni caso, la novella azione del prete marchigiano ridonderebbe tutta a suo onore.
DIBLlOQRflPIA
/■■ ■ * Ì .
« «
Nova et Vètera. — Rivista quindicinale della So.
cietà Internazionale ScientificD-Religiosa.
Sommario del N. 9 : Stitdi :
Giorgio Tyrrel, Parusia e socialismo — Angelo
Crespi, La ‘democrazia laica e la religiosa — Dr.
Aschenbrödel, Simbolica comune — Echi : Religione
egizia, (Da monumenti egizi) I libri: Michele di
Molinos, Guida spirituale — Grazio Maruechi, L’esodo
degli Ebrei e le antichità egiziane {Giulio Farina)
— Voci : Le vie dell’idea, iriavio La Montagna —
Fatti e Commenti : Il Congresso femminile. — Piloti
ciechi. — La nuova inquisizione (un documento segreto). — Gl’indizi del modefrnismo.
Vito Garretto Direttore responsabile
Tipografia dell’Istituto Gould Via Marghera 2, Roma
ÀPPKNDICE
— Coenobiura. — Rivista internazionale di liberi studi.
Sommario del N. 3, (Anno II) :
II buddismo secondo un buddista, C. Jinarajadasa
— La nouvelle formule du materialismo, Paul Buquet
— Il filosofo Pietro Ceretti, Pasquale d’Èrcole
Per un Cenobio Laico : Saintetó, Verit,é Beauté, B. 0.
— L. D. — Il primo eremitaggio buddista in Europa,
NyanatUoka — L’ideale nelle passioni ed il razionalismo, Eugenia Lebrecht Vitali — Une bibliothèque
d’élite, Albert Quenard — Le due voci eterne, Raffaele OttolenghÌ — Dai profili degli autori preferiti
Pierre Boz — La librairie d'un libre Cenobite —
Pagine scelte, Giulio Lazzarini — Rassegna filosofica.
Felice Momigliano — Pubblicazioni pervenute al
« Coenobium » — Rivista delle riviste — Tribuna
del < Coenobium > ; — Il pragmatismo e la filosofia
dell'assoluto. Angelo Crespi e G. R. — Una lettera
di Lord Avebury — Note a fascio.
*
* He
Gioventù ! — Rivista dei giovani protestanti d’Italia. '
Sommario del N. 5 :
Il Modernismo cattolico secondo un sacerdote modernista — Protestanti e modernisti — Sempre l’individualismo — Nella Vita : Tutti elettori ? — Teosofia
e morale — Divagazioni : La parola di Dio — Fra
Libri e Riviste — Notizie Varie : Italia Unionista,
Attività Cristiana.
EReiNB Vhldesi
MONOLOGHI DI TEOPILO GAY
X.‘
La moglie di Pietro Cairus
Donna superiore, di cuore e di audacia, la quale,
visti vani tutti i passi fatti per ottener la scarcerazione di suo marito {detenuto a Torino per preteso
insulto al duca) si reca da Bipiana a Torino, col
suo lattante in braccio, e giunta a penetrare fino
in presenza del duca, tanto implora e insiste, che
ottiene la sua liberazione e torna con lui a casa,
nel 1621.
Ce la rappresentiamo dopo il suo ritorno a Bibiana (V. Gilles II 301-303).
L’ ho vinta infine ! Ha potuto più 1’ amor mio che
l’odio dei nostri nemici, e l’aiuto dei nostri amici !
Oh ! lo sentivo che non ero sola a combattere, avevo
Dio meco!... ed avevo il mio angioletto, il quale pur
esso era una forza per me, ed ha contribuito alla
vittoria. Ei dorme ora, e dorme suo padre estenuato
dei lunghi patimenti subiti.
Io non sento la stanchezz,a,^taqt’ è grande la gioia
che m’inonda il cuore, d’aver salvato il mio diletto
sposo. Oh ! è un cuore nobile il mio Pietro ! Ecco
due anni ormai che ci siamo sposati e non una nube
ha velato mai il sole della nostra felicità. Ci amiamo
ogni giorno di più ; e dacché ci é nato quell’ amor
di bimbo, ci pare d’ essere già in paradiso. E’ vero
che siamo semplici braccianti ; ma Pietro ha lavoro
quanto ne vuole ; é uno dei più bravi lavoranti di
Bibiana, e il conte Guglielmo l’impiegava spesso e
10 pagava bene.
Chi 1’ avrebbe sospettato mai che proprio lui dovesse fargli quel tiro infame ?
E’ vero che Pietro parla un po’ troppo volentieri,
ha il cuore sulla mano, e non sa mai sospettare
^un’ insidia.
Ah ! fossi stata io quella sera al suo posto in piazza
a discorrere con quei cattolici, sarei stata più prudente 1.
Ma in fondo, che eoa’ ha detto di male, poi ? quando
11 ha solititi a dire che il duca dovrebbe obbligare i
Valdesi ad abiurare colla violenza, tanto lui quanto
Bartolomeo Bolla han risposto semplicemente che il
duca era troppo buono e nobile per trattarci così
male come i preti vorrebbero.
Questo era un elogio per il duca, ed un elogio ben
meritato. Ma si vede che quei ciarloni eran messi lì
a insidiare i nostri, coihe J'Fìtrisei tentavano insidiar
nostro Signore ; e subito sono andati a riferire a modo
loro quelle poche parole dei Valdesi, presentandole
come ingiuriose per il duca.
Ed ecco una nuova insidia : Il conte Guglielmo fa
chiamar mio marito a Luserha « per certi lavori da
affidargli > ; e Pietro tutto contento lascia ogni cosa
ed accorre. Il conto lo trattiene a cena ; e poi, venuta
la notte, invece di rimandarmelo, lo serra nelle sue
carceri... per avere detto male del duca l t he infamia
per un gentiluomo, tradir così un galantuomo e rovinare una famiglia ! Ma già, per loro è un atto meritorio far male agli eretici, con qualsiasi mezzo.
Oh ! quella notte, in cui 1’ aspettai invano, sorpresa
e spaventata della sua prolungata assenza ! E l’indomani, ed i giorni seguenti |n cui supplicai e feci supplicare invano quella belva di rendermi mio marito!.
Lo voleano perduto ; tanto più ohe avean lasciato
scappare il Bolla, fuggito la notte stessa in cui seppe
che non era tornato Pietro da Luserna ; o trasferirono mio marito nelle carceri di Torino. I pastori
tentaron tutto per farlo liberare, suppliche, deputa
zioni, raccomandazioni di alti personaggi... tutto fu
vano. E intanto passavan le settimane ed i mesi e
Pietro languiva sempre in fondo a una cella, e i
cattolici dicevano che non l’avrebbe lasciata che per
andare in galera.
Oh ! se non m’avesse sostenuta Iddio e 1’ amor della
mia creatura, credo che sarei impazzata !
Ma un’ ispirazione mi venne, dall’alto senza dubbio, una risoluzione Che mi diede una forza che non
avrei mai sognata. Lo salverò io, povera donna, colr aiuto di Dio, poiché gli uomini nulla possono
per lui.
Partii un hel giorno con mio figlio in braccio, per
Torino. Mi credettero pazza, e mi volevan trattenere ;
ma ninna forza umana mi poteva arrestare. Udivo
una voce dirmi : Va, va, tu lo strapperai al carcere,
se puoi giungere fino al duca !
Che viaggio ! che arrivo in Torino ! Anche li, le
poche buone persone in cui m’imbattei mi consigi iavan di desistere dall’impresa, di aspettare ancora... Aspettare ! risposi e Pietro geme nel carcere,
e domani forse lo conducono in galera ! No 1 mi farò
insultare e schiacciare, ma arriverò fino al duca. E,
come Iddio volle, ci arrivai ; e prostrata ai suoi
piedi gli narrai tutto e piangendo lo supplicai di
rendermi mio marito innocente. Egli mi rialzò e disse
di non saper nulla del fatto e di volersene interessare per farmi rendere giustizia ! Gli baciai la mano
con ringraziamenti ardenti, ed andai ad appostarmi
vicino alla porta del carcere, nella speranza di poter presto vederne uscire mio marito.
Qui m’aspettava il più amaro disinganno, il quale
minacciava di togliermi ogni speranza, ogni vigore.
Il duca avea promesso di farmi render giustizia, ed
10 contavo sulla sua parola come su quella di Dio.
Ma ahimè ! passa un giorno, ne passano due e giunge
11 terzo, e giustizia non è fatta, e non appare il prigioniero che il mio cuore attende con ansia febbrile.
Non aspetto più oltre ; sfinita, singhiozzante, mi
trascino a palazzo ; e non so come ancora, ma certo
per intenvento dell’ Onnipotente, mi ritrovo davant i
al duca, e prostrata ai suoi piedi gridò : « Altezza»
pietà! ancor non l’han/liberato il mio sposo; rendete
il padre a questo pargoletto !» Ed il bimbo quasi
ad unirsi inconscio alla mia preghiera, piangendo
alzava anche lui verso il duca le sue manine... A tale
spettacolo, vidi il duca commuoversi, e chinandosi
verso di me, con tono paterno disse : Non piangete
più, vostro marito sarà libero oggi stesso. E chiamato
un ufficiale, scrisse è gli consegnò una carta con
queste parole: Vogliamo che entro un’ ora il prigioniero Cairus sia libero e possa partirsene con sua
moglie.
— Altezza, gridai, Dio vi benedica ! e ratta mi slanciai dietro all’ ufficiale, più non sentendo stanchezza
alcuna.
Era vero questa volta ! Quella porta sulla quale
avevo fissato gli occhi ansiosi per tre giorni invano,
poco dopo si schiudeva, e ne usciva il mio buon
Pietro trasecolato, e nelle sue braccia mi stringeva
col nostro delizioso pargoletto.
Oh! quell’istante mi compensò delle angoscie, delle
fatiche, delle » lagrime passate. Piangevamo si, ma
dalla gioia e non badavamo ai carcerieri ed ai curiosi che ci osservavano, mentre lentamente ci allontanavamo da quel luogo di dolore.
Ma com* era svenuto e macilento il mio Pietro ! I
mesi di prigionia 1’ avean reso quasi ir reconosci bile ;
ma non di sè si lamentava, bensì di me eh’ ei ritrovava pure sfinita dai patimenti.
Tutto questo è passato ora, e pare un brutto sogno I
Ma non è un sogno l’esser qui nella nostra casetta
di Bibiana, di nuovo felici come prima; anzi più
felici ancora, perchè ci amiamo di pi^. Pietro mi è
più. caro ancora dopo che 1’ ho strapfiato io al. carcere, ed eif dice che gli sonò assai piu preziosa dacché mi son rivelata un’ eroina !
Non dico che il mio amore non m’ abbia dato una
forza sovrumana, ma il mio piccino pure ha fatto
qualcosa pel babbo ; e il duca s’ è mostrato quel buon
padre ohe ben sapevamo.
Ma è Dio ohe ha fatto tutto perchè Egli tiene in
mano ì cuori dei re, e ci ha mostrato una volta ancora che « tutto le cose cooperano al bene di coloro
che lo amano ».
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