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Anno 113 - N. 45
11 novembre 1977 - L. 200
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' Gruppo /70
biblioteca valdese
10066 TORBE PEIL ICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
IL 2 NOVEMBRE A TORINO
IL SOMMARIO DELLA LEGGE — 2
Un crisantemo per tutti Ama il tuo prossimo
Al ’’culto dei morti” della religiosità popolare si aggiunge la sconcertante iniziativa del Comune: deporre un fiore su ogni tomba disadorna
come te stesso
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Deporre un fiore su una tomba non fa male a nessuno e
quindi è una cosa che si può
fare tranquillamente, senza nemmeno bisogno di pensarci su
due volte. Soprattutto perché lo
fanno tutti.
In realtà non è affatto evidente che si tratti proprio di un
gesto assolutamente innocuo. Vi
sono molte cose che possono
essere assolutamente innocue e
che pure la Bibbia condanna o
che i credenti della chiesa primitiva hanno rifiutato con estrema chiarezza ed anche con assoluta decisione: pensiamo ad
esempio ai culti di Baal o al
profumo che i primi cristiani
erano invitati a bruciare sull’altare deH’imperatore.
Ho spesso cercato di capire
quale fosse il senso della « commemorazione dei defunti » nella teologia cattolica e, senza
con questo voler recare offesa
a nessuno, mi sono domandato
se questa consuetudine, che non
mi pare possa trovare alcun aggancio con il messaggio cristiano, non abbia la sua origine proprio in una religiosità popolare
che si è mantenuta intatta dal
paganesimo attraverso i secoli
per giungere fino a noi. E, proprio perché religiosità popolare, ha trovato facile esca anche
nella mentalità di molti protestanti (che in questo caso dimenticano di « protestare »).
Mi domando cioè se, nella cura che si pone nell’onorare i
morti, nel mantenerne viva la
memoria, neU’abbellire la loro
tomba, non vi sia proprio il desiderio di attenuare una realtà
che non accetta attenuazioni:
la morte. E nello stesso tempo
il desiderio anche di superarla,
di addomesticarla, l'intenzione
di produrre ciò che Dio solo può
produrre: la resurrezione e la
vita eterna.
Se le cose stanno in questi
termini, non si tratta più di un
gesto innocente, si tratta di
qualcosa di ben più grave: di
un tentare Dio.
Ma in questi giorni una notizia di cronaca torinese pone il
problema in termini altrettanto
sconcertanti: « Su ogni tomba
disadorna il Comune ha fatto
deporre un fiore » ha scritto il
giornale « La Stampa » del 2 novembre, intitolando una grande
fotografia in 5“ pagina « Nessuno è stato dimenticato ». I notiziari radio hanno precisato che
si trattava di fiori coltivati dai
giardinieri comunali nei giardini del comune, quasi a sottolineare che con questo non si era
gravato sulle casse comunali favorendo il commercio di crisantemi i. cui prezzi in questo periodo hanno raggiunto cifre da
capogiro.
Rimane comunque il fatto che
il Comune ha deciso di spendere (sia pure in una forma particolare, cioè chiedendo al servizio giardini di predisporre le
colture di fiori e di deporli sulle tombe e quindi distraendolo '
da altre incombenze) denaro
pubblico in un modo che non
credo fosse previsto dal bilancio di previsione e che non credo rientri nei compiti istituzionali di una amministrazione comunale. Rimane anche per il
Comune di Torino assolutamente valida la domanda se non si
debba impegnare il denaro pubblico a favore della cittadinanza ancora in vita, piuttosto che
per ornare le tombe dei morti.
Pensiamo ai molti problemi irrisolti della città, a cominciare
dall’assistenza alle persone anziane, ai doppi turni nelle scuole per mancanza di aule e a tanti altri. Si potrà obiettare che
la spesa non avrebbe risolto
nessuno di questi problemi e
quindi... un fiore su una tomba
non fa male a nessuno. Rimane
tuttavia il fatto che l'attenzione
si è concentrata su questo problema ed è stata distratta dalla ricerca di soluzioni per le altre questioni.
Una seconda osservazione da
fare è la seguente: non potrebbe anche essere che il Comune
abbia violato la libera scelta di
un certo numero di cittadini,
che deliberatamente avevano
voluto mantenere le tombe dei
loro congiunti disadorne, forse
anche solo per protestare contro la scandalosa speculazione
sui prezzi dei fiori e su questa
società che si occupa più volentieri dei morti che dei vivi? Oppure volevano mantenere la
tomba disadorna proprio perché rifiutano questo desiderio
di rendere eterno ciò che appartiene alla sfera della creaturalità e quindi della morte?
Proprio nel momento in cui.
con la revisione del Concordato, si ribadisce che il cattolicesimo non è religione di stato,
mi pare grave la decisione di
una amministrazione comunale
di adottare ufficialmente la mentalità cattolica, sia pure solo in
una piccola cosa. Ma come sarà nelle grandi cose?
Oppure dobbiamo constatare
che ci troviamo di fronte ad un
fenomeno ben più grave e cioè
di fronte alla incapacità degli
organi della pubblica amministrazione ad essere « laici », cioè
ad amministrare senza il supporto e il sostegno di una qualche forma di religiosità, cattolica o popolar-pagana che sia?
Mi pare che le chiese evangeliche debbano essere attente a
questa evoluzione e rendere accorti gli organi pubblici, per
una chiarezza e una coerenza
che non dovrebbero mancare e
per rendere allo stato ed ai suoi
organi periferici quel servizio
di cui sono loro debitrici.
Bruno Bellion
Sullo stesso argomento a p. 2
una "lettera aperta” al Sindaco
di Torino dell'Assemblea di
chiesa di Torino.
Anche questo comandamento,
come già il precedente, si trova
nell’Antico Testamento (Lev. 19;
18) e possiede una notevole carica di attualità: « Non opprimerai
il tuo prossimo e non gli rapirai
quel che è suo; il salario dell’operaio al tuo servizio non ti resti in
mano -fino al mattino. Non andrai qua e là facendo il diffamatore fra il tuo popolo né ti presenterai ad attestare il falso a
danno della vita del tuo prossimo. Non odierai il tuo fratello in
cuor tuo... non ti vendicherai e
non serberai rancore contro i figliuoli del tuo popolo, ma amerai
il prossimo tuo come te stesso.
Io sono l’Eterno ».
Quale rapporto esiste tra i due
comandamenti del Sommario, e
come possono essere considerati
come un tutto unico? Un rapporto più che significativo c’è; basta
ricordare queste parole dell’apostolo Giovanni: « Se uno dice: Io
amo Dio e odia il suo fratello, è
bugiardo; perché chi non ama il
suo fratello che ha veduto non
può amare Dio che non ha veduto » (I Giov. 4: 20).
Dire che il secondo comandamento è simile al primo non significa affermare che esso è « secondario » o di minore impor
tanza rispetto al primo. Non è
neppure « uguale » al primo, ma
piuttosto « simile » ad esso.
L’amore del prossimo non si
identifica necessariamente con
l’amore per Dio; tuttavia « amare il prossimo è cosa altrettanto
urgente quanto l’amore per Dio
Bonnard). Esiste un parallelismo fra i due comandamenti,
non un rapporto di inferiorità
o di superiorità. Non ci sembra
possibile porre il problema in
questi termini: « Dio è il prossimo, il prossimo è Dio ». L’esigenza delVamor del prossimo
non deve opporsi aU’istanza della fede e dell’adorazione di Dio.
Il vero amore del prossimo è
più che una qualsiasi forma di
umanesimo sociale o di attivismo religioso.
Ma insomma che cos’è l’amor
del prossimo? Chi è il prossimo?
Per l’ebreo antico non v’era
dubbio sulla risposta: il « prossimo» era il compatriota in contrapposizione con lo « straniero ». Ma oggi, in un mondo .talmente lacerato da violenze ed ingiustizie, è ancora possibile parlare di amore per il prossimo? E
Ermanno Rostan
(continua a pag. 8}
SETTE DEL NOSTRO TEMPO
I BAMBINI DI DIO
Alla conquista del mondo
con canti e sorrisi
« Vuoi cambiare il mondo con
amore? » L’invito, in un italiano spesso incerto, ti viene rivolto per le strade, ai semafori, da ragazzi in jeans dall’aria
educata, e sempre sorridenti.
Sóno i « Bambini di Dio », il
movimento più inquietante e
folkloristico nella mappa dei
nuovi movimenti « neocarismatici » giunti in Italia in questi
ultimi anni. Di loro, in questo
periodo, si è parlato a lungo sui
giornali per via di certe maniere abbastanza spregiudicate di
fare proseliti e soldi. Secondo
una testimonianza raccolta da
un settimanale tedesco — questa era la notizia — alcune
« bambine di Dio » attuerebbero
ima forma di prostituzione sacra per finanziare il movimento. La notizia è stata naturalmente smentita.
Fantastica, dunque, la notizia
delle « prostitute di Dio », come
oscura e fantastica la notizia,
venuta da Parigi a fine primavera, della misteriosa morte di
un giovane adepto italiano, una
storia dove pare fossero mescolati droga, omosessualità e delitto? Un altro fatto che fece
parlare molto di questo movimento, impostosi negli ultimi
anni proprio per la sua spregiudicatezza neH’agire, nel testimoniare, nel fare proseliti.
Il fondatore dei « Bambini di
Dio » è David Berg, un ex ebreo,
ex pastore protestante ed attualmente profeta del movimento.
Di lui si sa poco, è nota invece
la sua chilometrica « letteratu
ra », che è il vero e proprio cibo
spirituale e culturale del movimento. I suoi adepti lo chiamano Mosé David, o più familiarmente « Mo ». Si dice che usi
molto spregiudicatamente i fondi del movimento, per esempio
sperperandoli nei locali più costosi del turismo « bene » internazionale, dove si recherebbe
sempre accompagnato da splendide adepte e nerborute guardie
del corpo. Da qualche tempo è
scomparso : per continuare la
sua testimonianza nel silenzio
e nell’anonimato, dicono i suoi
fedeli; per sfuggire alla giustizia americana, che lo cerca per
farsi rendere conto della sua
immensa fortuna, replicano i
giornali.
La proposta dei « bambini di
Dio », in fondo, è semplice ; occorre che gli uomini accettino
« Gesù nel loro cuore ». Fatto
questo, è fatta la rivoluzione
cristiana. Le chiese istituzionali, tradizionali, hanno fallito prima di tutto nella parte più importante della testimonianza :
nell’esempio. Poi si sono corrotte con il mondo, dimenticando gli insegnamenti originari.
Per questo bisogna rovesciare
tutti i termini della predicazione. Bisogna, cioè, tornare non
solo alla predicazione della comunità primitiva degli Atti, ma
anche alla sua prassi, che era
una prassi di comunità di vita
e di fieni. È necessario perciò
che i nuovi adepti si dedichino
interamente a Dio, anche quando questo comporta alcune ri
nunce, come alla famiglia, per
esempio, od al lavoro. Diventano missionari; e finiscono sulla
strada, a distribuire ai passanti la « letteratura » di Mosé David ed a convincere la gente che
fermano a « prendere Gesù nel
loro cuore ».
Il loro rapporto con la fede
è volutamente ingenuo {occorre farsi « bambini » per essere
accetti al Signore): rifiutano
ogni tipo di teologia, rifiutano
ogni paternità delle chiese esistenti ed invocano la « riconversione » di tutti i cristiani. Ma,
pur rifiutando rapporti di parentela con altre chiese o teologie, predicano lo stesso verbo
delle chiese neopentecostali e rivelano anche alcune simpatie
con teorie scientiste e giudeocristiane. Rispetto ai cristiani
storici, dicevamo prima, affermano di avere qualcosa in più:
la coerenza evangelica, perché
non solo predicano Tevangelo
degli apostoli, ma lo vivono. Le
loro «famiglie» sono infatti organizzate in forma comunitaria: tutti i beni in comune, tutti uguali, l’unica diversità che
accettano è quella dei doni, e
vivono con un unico scopo —
affermano — che è quello di
portare al mondo il messaggio
di Cristo.
Respingono invece molte opeGiovanni Ribet
{continua a pag. 5)
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11 novembre 1977
APPUNTI E CRONACHE Di VIAGGIO DEL SEGRETARIO FGEI
Puglia evangelica
Assemblee di Circuito
Durante la seconda metà di
settembre ho avuto occasione di
visitare i gruppi della Federazione giovanile evangelica italiana
(FGEI) di Puglia e Lucania. Incontri che hanno spesso coinvolto la comunità nella discussione
di problemi che non sono certarnente ristretti all’ambito giovanile. Più che nelle nostre comunità del Nord l’attività di molti
gruppi giovanili è spesso trainante la vita della comunità stessa (Mottola, Cerignola, Foggia);
oppure, come a Grottaglie, la comunità è praticamente formata
da giovani.
Una prima valutazione positiva, riscontrata ovunque è la
volontà di fare, di costruire, di
essere presenti come evangelici
nella città, nel paese. C’è una capacità di mobilitazione straordinaria, La coscienza di essere
ovunque un piccolo gruppo circondato daH’indifferenza, talvolta daU’ostilità della gente, fa di
queste comunità dei gruppi ’’confessanti”. Certo non manca il fenomeno della secolarizzazione;
in certi casi è anche chiaramente
visibile un’incrostatura cattolica
(ad esempio il modo con cui si
« muovono i funerali » — espressione corrente nel Sud — e che
pone dei problemi di coerenza
evangelica) non sempre cosciente soprattutto nelle generazioni
più anziane.
Ed è precisamente su problemi
concreti come quello ricordato
ora che sorgono qua e là dei conflitti tra generazioni e che provocano anche delle spaccature
aH’interno della comunità.
Dicevo che spesso i gruppi giovanili sono l’elemento trainante
nella comunità: infatti là dove
ho notato una comunità viva,
presente, desiderosa di testimoniare, è precisamente dove esiste
un gruppo di giovani che dà una
dimensione di apertura alle attività della chiesa (per citare alcuni esempi: Grottaglie, Mottola,
Cerignola).
Ma vi sono due situazioni che
hanno particolarmente attirato
la mia attenzione: Orsara di Puglia e Rapolla (senz’altro non sono casi unici, ma i più evidenti).
Sia ad Orsara che a Rapolla la
comunità locale è oggi ridotta a
poche decine di persone attive.
Gran parte del paese è « simpatizzante » con gli evangelici; sia
perché vi è stato o vi è qualche membro del clan familiare
dive’itato evangelico, sia perché,
rispetto alla comunità cattolica,
gli evangelici rappresentano una
Orsara
di Puglia:
il mais
prima di
essere
insaccato.
posizione di apertura, di dialogo
con i problemi di oggi. Ad Orsara
in una conferenza pubblica organizzata dal collega Lupi insieme
alla biblioteca civica sono intervenute circa 80 persone, la maggior parte appunto « simpatizzanti ». Persone che non intendono forse avere un impegno preciso nella comunità (ciò che conta è Pimpegno politico) ed il cui
interesse risorge quando si tocca
qualche problema di attualità.
A Rapolla la stessa cosa, anche
se con dimensioni più ristrette.
Una realtà molto meno politicizzata rispetto ad Orsara, i giova
ni in ricerca (generale rifiuto di
lavorare nel partito), una larga
parte del paese che « simpatizza » con gli evangelici. Certo si
potrebbe dire che situazioni come queste in cui la predicazione
dell’Evangelo produce dei « simpatizzanti » e non degli « impegnati » è una predicazione carente. Si vorrebbe dei frutti maturi e non delle infiorescenze. Però questa « società dei simpatizzanti » oi fa anche capire quanto grande sia il lavoro da svolgere in questi paesi del Sud, quanta possibilità di contatti, di coinvolgimemti reali, là dove la predicazione è sensibile ai problemi
culturali, sociali e politici affrontati quotidianamente.
Ho accennato alla questione
dei funerali (legati alla religiosità popolare) ma ben più gravi sono i problemi che la gente affronta quotidianamente ed in cui la
presa di un discorso evangelico
è difficile. Nella campagna di Corato, Cerignola, molto diffuso è
il banditismo agricolo: dalle stalle degli agricoltori scompaiono i
muli, si rubano trattori e macchine agricole, pur sotto sorveglianza di ambigue figure di polizia
privata, in certi casi legati alla
malavita locale. Proprio mentre
LETTERA APERTA AL SINDACO DI TORINO
Un atto di pietà laica?
Egregio Signor Sindaco,
Abbiamo appreso dal quotidiano La Stampa che il giorno 2 novembre u.s. giardinieri del Comune hanno provveduto a deporre
un fiore su ogni tomba disadorna. Il titolo della relativa foto
(« nessuno è stato dimenticato »)
e la didascalia («I giardinieri del
Comune hanno deposto fiori su
tutte le tombe abbandonate »)
possono non essere espressione
diretta del Comune, ma appaiono essere oggettivamente la
spiegazione del gesto e comunque come tale sono stati ricevuti.
Intendiamo protestare per questo gesto che denota da parte del
Comune l’assunzione di una vaga
religiosità per la quale una tomba disadorna è intesa come la
tomba abbandonata di qualcuno
che è stato dimenticato, talché il
Comune si assume l’incarico di
svolgere una funzione vicaria al
posto di chi non ha potuto o voluto infiorare le sue tombe nel
giorno del 2 novembre. Ne si può
affermare che il gesto del Comune sia stato semplicemente un
gesto di umanità o di pietà laica,
perché, compiuto in un paese a
forte maggioranza cattolica e
nella data del 2 novembre, non
può non avere un preciso legame con la tradizione e la pietà
cattolica che è di molti ma non
certo — il Comune non dovrebbe
ci accingiamo a pranzare, a Ce- ■
Tignola, in casa deH’anziano Scarano, ci raggiunge la notizia di
uno scontro a fuoco, come in un
western, nella campagna di Cerignola tra un contadino ed il
guardiano assoldato per controllare le sue terre. All’origine del
conflitto il furto di un trattore:
il contadino accusa la guardia e
vuole il risarcimento dei danni.
La conclusione a colpi di fucile e
di pistola: restano entrambi ammazzati.
La subordinazione e lo sfruttamento della donna è un altro
elemento che si riscontra subito.
A Cerignola visito col pastore ed
un fratello di chiesa un centro
di lavorazione dell’ uliva: sono
tutte donne giovanissime quelle
che vedo alla catena di lavoro
per insaccare i prodotti. Il ritmo
di lavoro è pazzesco: otto ore di
lavoro con una simile cadenza è
veramente disumano. Il figlio del
padrone, sui 17 anni, osserva la
lavorazione con le mani sul sedere...
Ad Orsara le donne vanno di
buon’ora in campagna e lavorano
con gli uomini; non esiste settorializzazione del lavoro agricolo.
Esiste però in casa. A Cerignola
invece le donne non escono a lavorare nei campi: all’alba gli
uomini vanno nei campi e rientrano per il pranzo. Nel pomeriggio sono in piazza, per la passeggiata o per cercare lavoro. Le
donne restano in casa ad accudire ai ’’loro” lavori domestici.
(continua)
mai dimenticarlo — di tutti i cittadini. Così, in questi giorni in
cui si torna a discutere sulla proposta di un nuovo concordato
tra lo Stato italiano e la Santa
Sede, per il quale in teoria la religione cattolica cesserebbe di
essere la religione dello Stato, ci
sembra per lo meno singolare
che un’Amministrazione comunale come quella di Torino dia l’impressione di tenerla per religione
del Comune.
Per parte nostra, desideriamo
ricordarLe che la fede evangelica
a cui non senza incoerenza e infedeltà ci richiamiamo, oltre a
non riconoscere alcun valore a
suffragi, cerimonie, riti o gesti in
favore dei morti, annette ben
scarsa importanza a ciò che resta dei credenti dopo la loro
morte, nella convinzione che nel
legame della fede la loro realtà
vera appartiene molto di più al
mondo nuovo del Signore della
vita che non al mondo vecchio
della progressiva dissoluzione
della morte.
Non pochi di noi hanno perciò
sentito il gesto del Comune come
un’ingerenza indebita nella responsabilità dei singoli.
Distinti saluti.
L’Assemblea della Chiesa
valdese di Torino riunita
in sessione ordinaria il
6 novembre 1977.
V — SAVONA
Nel pomeriggio di sabato 22
ottobre si è tenuta l’Assemblea
del V Circuito.
La presidenza ha indicato i
temi proposti dalla Conferenza
e dal Sinodo: la Conciliarità, la
Liturgia, l’Educazione cristiana
in vista della fede, i Ministeri,
l’Evangelizzazione.
L’Assemblea si è soffermata
in modo particolare su quest’ultimo argomento proposto dalla
Conferenza metodista. A questo
riguardo l’ordine del giorno
chiede alle chiese di realizzare
concretamente l’attività evangelistica. Le delegazioni valdesi
del Circuito s’impegnano anche
a far proprio l’ordine del giorno.
Si discute brevemente, sempre in tema di evangelizzazione,
sulle radio locali e regionali, prevedendo la collaborazione con
la Federazione delle chiese della Liguria.
Si delibera poi di organizzare
incontri dei giovani con il segretario della FGEI, con il seguente programma: sabato 3 dicembre a Savona e domenica 4
a Genova - Sestri - Sampierdarena.
In riferimento al Collettivo
teologico si prevede di continuare nella linea del passato e
si fìssa il primo incontro per
domenica 20 novembre a Savona.
Sul problema della stampa il
presidente ricorda l’impegno assunto dalle chiese per la campagna di abbonamenti alla « Luce », la collaborazione alla cronaca e la diffusione del settimanale all’esterno e all’interno delle chiese.
Anita Simeoni
XV — REGGIO CALABRIA
C’è da comunicare anzitutto
il trasferimento del pastore Piero Santoro da Catanzaro a Corato-Bari; a lui auguriamo un
buon lavoro.
Il pastore Teodoro Magri da
Messina-Reggio Calabria è stato trasferito a Catanzaro.
Diamo un caldo benvenuto
nel nostro Circuito al pastore
Bruno Tron che dalla lontana
Eritrea è venuto in Italia ed è
stato inviato a Messina-Reggio
Calabria. L’insediamento di questi pastori ha avuto luogo rispettivamente il 18/9 e il 25/9.
Ad entrambi l’augurio d’un profìcuo lavoro nell’Opera del Signore e nelle Comunità affidate
alle loro cure e nel Circuito.
L’Assemblea di Circuito si è
svolta il 23/10 a Reggio Calabria. Tutte le Comunità sono
state ben rappresentate dai rispettivi Consigli di Chiesa e Responsabili delle attività collaterali. L’Assemblea ha avuto inizio con uno studio su «I giovani e la Chiesa » tenuto dal segretario del CC. Francesco Sagripanti : c’è stato un dibattito
interessante, anche se i giovani
erano pochi a partecipare a
questo incontro. Si spera prossimamente di organizzare un
Convegno Giovanile per far si
che i giovani stessi esprimano
quello che vogliono in vista della loro testimonianza nel mondo.
Alle ore 11 abbiamo avuto un
culto con la Comunità di Reggio presieduto dal pastore Bruno Tron.
Nel pomeriggio si sono ripresi i lavori dell’Assemblea di
Circuito, con all’ordine del giorno « I programmi che le Comunità si sono dati e i possibili incontri nel corso dell’anno ecclesiastico ». Si è anche abbozzato
un programma di manifestazioni per Guardia Piemontese. Si
sono ancora lette e commentate
le Disposizioni Sinodali in vista
di una loro attuazione in seno
alle Comunità.
Infine s’è parlato de « La Luce » apprezzandone i contenuti
e la impostazione, infatti c’è
stato l’aumento degli abbonamenti, però ci si lamenta per il
gran ritardo postale con cui il
giornale arriva nella nostra Regione.
Il nuovo Consiglio di Circuito è stato così eletto: Pastore
Teodoro Magri sovrintendente;
Anziano Ernesto Scorza membro ; fr. Francesco Sagripanti
segretario.
A tutti auguriamo un buon
lavoro sotto lo sguardo del Signore.
Vincenzo Sciclone
TRIBUNA LIBERA
Il torto e la ragione:
quando la chiesa si immischia di poliHca
Uno degli appunti più gravi
che si fanno al nostro giornale è
quello del molto colpevole « senso unico » che tende a strumentalizzare (ingenua pretesa) i lettori evangelici i quali (occorre
ribadirlo) hanno il pieno ed assoluto diritto di pensare come vogliono rendendosi con ciò direttamente responsabili dei loro
pensieri e delle loro azioni nel
cospetto di Dio.
Chi vuole darsi alla... partitocrazia, chi desidera fare in essa
conveniente carriera, chi è patito
di politica fino ad anteporla alla
propria fede cristiana, o mescolarla con essa, può trovare nelle
edico'le fiumi di giornali di tutti
i colori e nelle sedi dei partiti e
dei sindacati gli ambienti adatti
alle proprie libere tendenze e
teorie.
Non si comprende quindi che
cosa c’entri la fede evangelica
con la rubrica di Tullio Viola
(meno male che è sparita quella
del Nitti!) e perché la nostra
chiesetta valdese debba interessarsi tanto (ad esempio) del Cile
o del Brasile, ignorando completamente ciò che accade in Russia, in Cecoslovacchia ecc.
Riconosco ovviamente che spetta anche ai cristiani evangelici il
compito di opporsi idealmente
alla violenza, alla prepotenza, all’abuso di potere, alla mancanza
di umanità, di carità, di giustizia
ma questo atteggiamento deve
essere assunto contro tutti: bianchi, rossi, neri, verdi e celesti e
per questo dobbiamo farlo in
senso oggettivo senza prendere
posizione pro o contro nessuno
poiché non possiamo neanche sapere con certezza dove sta veramente il torto e dove la ragione
in quanto si tratta di eventi e di
fatti relativi a precetti umani, a
ideologie umane, a principi umani, tutti imperfetti, caduchi e
sempre opinabili che non possono pertanto essere mescolati con
l’eterna Parola di Dio.
Ho avuto occasione infatti di
leggere su di una rivista cattolica la risposta di un alto personaggio brasiliano al Papa Paolo VI che era intervenuto presso
l’ambasciatore a Roma di quel
grande paese sudamericano in
merito alle violazioni dei diritti
umani. Ebbene, secondo quella
risposta, il comportamento delle
autorità brasiliane sarebbe legittimo e giusto in quanto rappresenterebbe una contromisura ad
altrettante violazioni di diritti civili e legali. Come si vede, non si
può intrometterci nella vita degli
altri popoli poiché non possiamo mai sapere da quale parte sta
il torto e la ragione. In quella
lettera c’è anche un richiamo al
pontefice perché si occupi invece
di ciò che avviene in Russia, in
Etiopia e nel Vietnam, con tanto
di dettagliate descrizioni.
Tutto quello che ci resta da fare, come chiesa, se abbiamo veramente fede pura e sincera (cioè
non condizionata da ideologie
umane) nella onnipotenza di Dio
è pregare con fervore, con passione, con tenacia perché solo
per la volontà e la potenza di
Dio si può giungere alla soluzione di tutti i problemi del mondo.
Immischiarci di politica come
chiesa vuol dire renderci responsabili e complici di tante angherie, cattiverie, violenze e delitti
che si commettono ogni giorno
a destra e sinistra in nome e per
conto della politica e specialmente di quella così assurda e ridicola che si professa nel nostro
sfortunato Paese.
Nella «Luce» si mettono in evidenza malefatte di certi ambienti ma si tace di altre che sono
identiche o peggiori e questo non
è certamente evangelico ma semplicemente settario.
Si sta assiduamente dietro a
Pinochet (che è un cattolico) oppure ai capi del Brasile ecc.
mentre si finge di ignorare ciò
che accade al pastore evangelico
Georgi) Vins Petrovic condannato da un tribunale sovietico a
cinque anni di carcere per la sua
fervente fede cristiana e rinchiuso nella prigione di Tabaga in Siberia. E questo è un fatto che ci
tocca da vicino. Il Vins che fra
l’altro è anche ammalato di cuore, è riuscito a far pervenire al
pastore Giuseppe Laiso, Direttore della « Missione Cristiana per
la Chiesa perseguitata », una lettera implorante aiuto. Il Laiso a
nome della missione si è rivolto
all’ONU, all’ambasciatore sovietico a Roma ed anche aU’on. Berlinguer ma senza ottenere risposta.
Che ne pensa il vescovo di
Ivrea Mons. Bettazzi? E che cosa
ci possono dire i nostri politicievangelici con a capo il « fratello » onorevole senatore Vinay?
Ferruccio Giovannlni
3
11 novembre 1977
A SOFIA UN COLLOQUIO TEOLOGICO EUROPEO SULLA CONCILIARITA’
BOLOGNA
Una strada maestra con molti sentieri
Dopo la proposta, lanciata alcuni anni fa neH’ambito del Consiglio ecumenico delle Chiese, di
un concilio veramente universale, il tema della "condliarità” è
stato molto discusso a livello ecumenico e ora anche le nostre
Chiese membri del CEC sono state investite della questione. Alla
seduta del Corpo pastorale e poi
in sessione congiunta del Sinodo,
in agosto, una commissione ha
riferito e ora la sua relazione è
stata rinviata alle chiese, perché
10 studino e prendaijo posizione.
Nella prima decade di ottobre
11 servizio studi della Conferenza delle Chiese europee (KEK),
diretto dal past. Gyula Nagy, di
intesa con la segreteria della
KEK e con « Fede e Costituzione » del CEC e su invito della
Chiesa ortodossa bulgara, ha convocato a Sofia un colloquio teologico sul tema: « Conciliarità:
in cammino verso l’unità? ». Vi
ho partecipato come delegato
valdese; il prof. Paolo Ricca rappresentava la commissione teologica della Conferenza cristiana
per la pace.
Relazioni e gruppi
Il Colloquio si è svolto in tre
fasi. Anzitutto quattro relazioni
di base sul tema generale: del
vescovo anglicano O. Tomkins,
del docente ortodosso greco Zizioulas, del benedettino belga E.
Fanne, del luterano tedesco-orientale Chr. Hinz. Non per puntiglio confessionale, devo dire
REPRESSIONE IN SUDAFRICA
Si cerca di ridurre
al silenzio
ogni opposizione
La morte in carcere del leader
sudafricano Steve Biko ("padre
della coscienza nera”) non è passata sotto silenzio, anzi ha coinciso con la ripresa di forti agitazioni, negli ambienti anti-razziali
e nei quartieri ghetto di Johannesburg, a cui ha fatto immediatamente seguito il pugno di ferro del primo ministro John Vorster. Infatti il 19 ottobre, nella
repubblica dell’Africa del Sud,
con decreto governativo sono state messe fuori legge diciotto organizzazioni; tra queste il noto
« Christian Institute » e diversi
movimenti della "coscienza nera”
(filosofia nata negli anni ’60 per
riscattare la dignità dell’uomo di
colore). Tre giornali sono stati
chiusi dal governo: il « World »,
il « Weekend World » e il « Pro
Veritate ». Come se non bastasse, una cinquantina di dirigenti
neri sono stati incarcerati, rei di
essersi schierati, in questi ultimi
anni, contro l’apartheid.
A Soweto, città ghetto di Johannesburg (abitata solo da persone di colore) di colpo son aumentati gli affitti delle case: una
misura grave che cerca di cancellare, di colpo, un obiettivo
del movimento d’emancipazione.
« Ora per continuare a lottare
— così commentava un abitante
di Soweto all’indomani della
stretta governativa — non ci restano che le chiese ». Ma le chiese sono ancora divise tra l’acquiescenza al governo Vorster e la
protesta contro il razzismo e la
repressione sempre più gravi. I
cristiani (e sono tanti) che militano nel movimento « coscienza
nera » — così leggiamo in una
corrispondenza di Dominique
Tournier apparsa sul periodico
ecumenico SOEPI — vorrebbero
trascinare tutte le chiese nella
«resistenza passiva». In altre parole se le chiese rifiutassero d’inviare cappellani nell'esercito, rifiutassero d’applicare il divieto
di celebrare matrimoni inter-razziali. integrassero tutte le loro
scuole, il governo — data la consistenza sociale delle chiese —
dovrebbe scendere a trattative.
L’evoluzione in senso multirazziale delle chiese, anche se conosce azioni corr»ggiose, non è
priva di difficoltà. Segnaliamo
due episodi significativi: nelle
parrocchie cattoliche, la domenica dopo il decreto governativo,
al momento della lettura di una
denuncia di Monsignor Fitzgerald
contro gli abusi di Vorster, molti fedeli bianchi — in segno di
protesta (non si fa politica in
chiesa) — lasciavano i .banchi.
Durante la recente conferenza
annuale metodista, i delegati di
colore hanno respinto la proposta d’inviare la tradizionale lettera di circostanza al presidente
della Repubblica.
In sede internazionale, non è
mancata, la protesta del Consiglio Ecumenico delle Chiese di
Ginevra (C.E.C.) che con un comunicato, emesso subito dopo
gli arresti e le perquisizioni, denuncia « gli arbitrari arresti dei
neri e la espulsione di persone e
organizpzioni note per la loro
opposizione al razzismo. Noi condanniamo — prosegue il comunicato — molto energicamente
questo estendersi della repressione che elimina le attività organizzative dei neri e quelle che si
muovono sulla stessa linea ». La
dichiarazione del C.E.C. termina
con un invito a tutte le 293 chiese membro presenti in più di 90
Paesi di far pressioni sui loro rispettivi governi affinché protestino fermamente contro questa
« flagrante violazione dei diritti
dell’uomo ».
In una lettera inviata da Parigi al primo ministro Vorster
(firmatari: la commissione francese di lustitia et Pax, il gruppo
contro il razzismo della Federazione protestante francese, il comitato cattolico contro la fame
per lo sviluppo, l’organizzazione
CIMADE) si domanda: « il governo sud-africano davvero pensa che riducendo con la violenza
al silenzio le organizzazioni democratiche si possa instaurare
la pace e la giustizia? ». La lettera conclude con una richiesta al
primo ministro Vorster di « rilasciare le persone arrestate il cui
unico crimine consiste nel voler
cambiare una situazione fondamentalmente ingiusta e conosciuta ormai in tutto il mondo ».
Il governo Vorster forse pensava di poter annullare, nel silenzio, i mezzi d’espressione della
comunità nera e degli organismi
multirazziali. Ma questo crimine
contro la libertà non è passato
sotto silenzio, a denunciarlo e
renderlo noto ci hanno pensato,
per prime ,le chiese.
(g. p.)
che è mancato un contributo specificamente riformato, e lo si è
risentito nei lavori successivi, anche se alcuni riformati erano
presenti nelle quattro sezioni.
Relazioni interessanti, ma troppo
poco sagomate in vista del successivo lavoro a gruppi. L’affermazione più netta è venuta nel
rapporto cattolico: la comunità
conciliare si manifesta nel « rispetto della diversità dei carismi a tutti i livelli, misurati sulla fede apostolica e sugli stessi
sacramenti, articolati sull’episcopato e sulla comunione delle
Chiese i cui vescovi sono, insieme, i servitori, in riferimento alla comunione del vescovo di Roma, erede della testimonianza di
Pietro e di Paolo ». Qui siamo su
un terreno chiaro e preciso, anche se naturalmente rifiutiamo
di starci!
Ci si è poi divisi in quattro sezioni, di una quindicina di membri ciascuna, lavorando su questi
sottotemi:!) I fondamenti biblici di una comunità conciliare;
2) Conciliarità in Europa: considerazioni storico-teologiche; 3)
Eucaristia e comunione conciliare; 4) Compiti pratici in vista di
una più profonda comunione preconciliare e conciliare in Europa.
Ogni gruppo ha preparato una
breve relazione conclusiva, da
presentare alla sessione plenaria
finale, con alcune raccomandazioni. Le brevi relazioni — forzatamente insufficienti a rendere la
ricchezza degli spunti emersi in
ogni gruppo — sono state comunicate e non discusse in plenaria, le raccomandazioni sono state discusse, emendate e approvate, sicché solo queste ultime costituiscono documenti ufficiali
del Colloquio.
Consiglio universale:
ipotesi inattuabile
Una cosa è emersa chiara: un
concilio veramente universale è
oggi un’ipotesi inattuabile e improponibile. Non si è parlato di
concilio, ma di conciliarità: « è
in primo luogo rinuncia a ogni
mondano "pensare in termini di
gruppo”, per cui ogni individuo
e ogni Chiesa vedono se stessi solo nella prospettiva del gruppo
in cui sono nati e han ricevuto i
loro fondamenti specifici. È disponibilità a considerare se stessi da meno, anziché da più degli
altri, a evidenziare la ricchezza
altrui e a impegnarsi perché siano rispettati la dignità e il diritto deH’altro. Essa corrisponde
alla mentalità di Cristo, che si è
spogliato di tutto ciò che era suo
e si è abbassato » (dal Rapp. della sez. 2). Discutibile: Cristo si
è abbassato e spogliato, ma non
certo per valorizzare le nostre
"ricchezze”; anche se il richiamo
è moralmente giusto, la definizione ha carattere psicologico più
che teologico: e la questione della verità?
Il dibattito è stato tutto a livello ecclesiologico (e abbastanza introverso, con scarsa attenzione alla prospettiva missionaria), anche se le divergenze teologiche erano continuamente sog
NOVITA’ CLAUDIANA
Günther BORNKAMM
PAOLO APOSTOLO DI GESÙ’ CRISTO
Vita e pensiero alla luce della critica storica
pp. 256, L. 3.600
— Il tentativo più serio di ricostruire il « Paolo della storia »
liberandolo dalla stratificazione teologica posteriore.
Una figura restituita in tutta la sua radicalità e originalità
che continua a far paura alle caste religiose di ogni epoca.
Henry MOTTU, Miriam CASTIGLIONE
RELIGIONE POPOLARE
IN UN’OTTICA PROTESTANTE
Gramsci, cultura subalterna e lotte contadine
pp. 112, L. 2.000 (P.C.M., n. 32)
—• La critica di Gramsci e la lezione di Bonhoeffer sulla riscoperta del « nucleo sano » della religiosità popolare.
— Repressione di lotte contadine e fioritura di movimenti di
tipo pentecostale in Italia.
— Una puntuale analisi del grave distacco tra fede popolare
e « teologia » dei ceti colti.
CLAUDIANA EDITRICE
Via Pr. Tommaso 1
c.c.p. 2/21641
10125 TORINO
giacenti. Il grosso nodo, ovviamente non sciolto, è stato l’episcopato: le varie Chiese "episcopali” hanno detto una volta ancora con tutta la chiarezza desiderabile che per loro l’episcopato è irrinunciabile, costitutivo
della Chiesa, quindi anche di ogni vera conciliarità; c’è vera
Chiesa, nella sua pienezza, solo
là dove c’è il vescovo, inserito
organicamente nella successione
apostolica. Su quale fondamento
scritturale? Abbiamo chiesto invano risposta, noi protestanti.
Esso potrebbe essere per noi una
struttura ecclesiastica "indifferente”, storicamente condizionata: ma cessa di essere indifferente e va combattuto quando lo si
considera teologicamente essenziale e, peggio, lo si propone come necessario « ministero d’unità » anche in prospettiva conciliare. Per noi Vepiskopé è svolta
collettivamente dal collegio presbiterale degli anziani e diaconi,
che ne risponde all’assemblea
(elettiva) e non solo direttamente al Signore che suscita i carismi (tanto meno a un papa o a
un patriarca). Tensioni e lacerazioni non sono più presenti nelle
nostre chiese che in quelle di tipo
episcopale; e in queste non di
Gino Conte
(continua a pag. 1)
Caso fcEnssIinii
cosa c’è di vero?
Nell’ultima Assemblea la chiesa di Bologna ha votato il seguente ordine del giorno:
« La comunità evangelica metodista di Bologna venuta a conoscenza dell’atteggiamento assunto dal Consiglio superiore
della Chiesa evangelica tedesca
nei confronti del pastore a riposo Helmut Ensslin per avere egli espresso pubblicamente la
propria convinzione che la sua
figlia Gudrun non si sia suicidata, invita il consiglio della
FCEI ad accertare se corrisponde a verità l’apertura di una inchiesta contro il pastore Ensslin,
a chiedere alla Chiesa evangelica tedesca di . chiarire circostanziatamente i motivi del proprio atteggiamento,
esprime fin da ora la propria
indignazione se, come sembra,
il Consiglio superiore della Chiesa evangelica tedesca ha agito
in modo repressivo e intimidatorio contro il pastore Einsslin;
ricorda prima di tutto a se
stessa che la parola di Dio richiama la Chiesa a ricercare la
verità nella libertà e non ad accordarsi acriticamente alle posizioni ufficiali del potere ; si
impegna ad approfondire la conoscenza delle situazioni repressive dell’attuale società al fine
di potere indirizzare con maggiore chiarezza la propria testimonianza all’Evangelo nel tempo presente ».
_________ROMA - CONFERENZA STAMPA
La «Nota» della Tavola
presentata ai giornalisti
In una sala degli uffici della
Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, presenti una ventina di persone, attente ed interessate alla competente ed arguta esposizione di Giorgio Peyrot,
ha avuto luogo la conferenza
stampa sul significato della Nota
della Tavola Valdese circa la bozza di revisione del Concordato
tra la S. Sede e Tltalia. Abbiamo
notato rappresentanti delle agenzie di stampa: ADISTA, ANSA,
ASCA; dei giornali: Avvenire, La
Stampa, Repubblica, TUnità, Il
Giorno; delle Chiese: dei Fratelli, Pentecostali, Avventisti, Chiese libere.
Un dossier suirargomento, il
volumetto edito dalla Claudiana:
« Valdesi e Metodisti di fronte
alla revisione del Concordato »
era a disposizione degli intervenuti ad integrazione della presentazione fatta dal prof. Peyrot.
Delle tre domande poste: sulle
intese, sugli enti ecclesiastici e
sulle convenzioni tra Chiese e
Regioni, solo rultima, di carattere non meramente informativo, poneva il problema della tentazione di trasformare il servizio reso dalle chiese in sede regionale alla società e regolato da
« convenzioni », in occasione per
la stipulazione di « concordatini » in cui i principi, sostenuti
e difesi a livello generale e talvolta teorico, avrebbero potuto
rischiare di perdere di forza dissolvendosi dinnanzi a situazioni
particolari.
I punti fermi: dibattito pubblico sul Concordato, perché materia di interesse nazionale e non
più ambito di trattative riservate ai vertici; libertà per tutti senza privilegi; denaro pubblico usato ai soli fini dei servizi che lo
Stato è tenuto a rendere a tutti
i cittadini, ripetutamente ribaditi
da Peyrot, sono stati recepiti dai
presenti e riproposti, sia pure
con varie sfumature dalla stampa quotidiana.
G. Zizzola (Il Giorno 27-10) nell’articolo dal titolo: ’Un’iniziativa delle Chiese evangeliche - Per
il Concordato dibattito riaperto’,
cogliendo il significato di prova
chiarificatrice delle posizioni e
della volontà delle parti, che la
stipulazione delle intese tra Stato e confessioni religiose diverse
dalla cattolica, e la eventuale ricezione della « Nota » della Tavola, potrebbero avere per il di
battito sul Concordato in Italia,
nota: « E significativo che la
nuova fase del dibattito sul Concordato sia avviata dalle minoranze religiose del Paese, poiché
è opinione abbastanza diffusa
che dal modo con cui i loro diritti verranno riconosciuti e regolati dipende in definitiva la risposta del nuovo Concordato ai
principi della libertà religiosa,
consacrati sia dal Concilio Vaticano II, sia dalla Costituzione
della Repubblica ». Ripropone
inoltre ai lettori due punti della
conferenza Peyrot: il fatto che il
dibattito sul Concordato non riguarda i vertici, ma coinvolge
tutta la nazione, e l’affermazione
che l’insegnamento religioso nella scuola, qualora dovesse essere
mantenuto, dovrebbe essere impartito solo a richiesta anche ed
in particolare nelle scuole materne ed elementari.
Da parte sua L. Fumo « Modifiche del Concordato: le tesi degli evangelici » (La Stampa 27.10),
coglie nella volontà di pubblicizzazione, lo spirito che ha indotto la FCEI a promuovere la conferenza stampa, sottolineando
che con essa si è inteso presentare « ai giornalisti la richiesta al
Governo di pubblicare gli emendamenti finora segreti alla bozza
di revisione e una "Nota critica”
della Tavola Valdese agli stessi
emendamenti ». Quindi sintetizza le posizioni evangeliche circa
l’istruzione religiosa che va ricondotta nelle sedi proprie: la
famiglia e la Chiesa; l’opposizione al "matrimonio claudicante",
cioè valido solo in sede religiosa,
perché equivoco ed anacronistico; gli enti ecclesiastici di cui
nessuno finora ha fatto un inventario e che non sempre perseguono fini di culto, ma coprono attività concrete che dovrebbero
essere sottoposte alle normali
norme fiscali e giuridiche che lo
Stato fissa per esse se gestite da
laici. Da ultimo il Fumo, rifacendosi al Peyrot, ricorda la preoccupazione di una « possibile permanenza di privilegi normativi
e finanziari » dovuta ad emendamenti apparenti e non sostanziali del testo concordatario. Infatti se è vero che ogni Chiesa deve
avere libertà di ministero, è altrettanto vero che deve sostenerne gli oneri senza ricorrere all’erario dello Stato.
Giovanni Scuderi
4
V
11 novembre 1977
4
CROCE E RESURREZIONE NELLA VITA DEL CREDENTE
Perdere e salvare la vita Il Gesù
dalla propria parte
In mezzo ad un tempo di sofferenza (1941) una voce evangelica sul Caro direttore,
senso del dolore - Concludiamo la ristampa di «Perfetta Letizia»
a colloquio con I lettori
La croce
Per il dolore santificato di chi
vive con ¡Dio, l’Evangelo ha un
altro nome: la croce. Non nel
senso impareggiabile che questa
parola riveste p>er il Cristo: a lui
solo è stato dato di soffrire, compiendo nelle sue sofferenze la nostra redenzione; ma in un senso
affine e derivato, per partecipazione.
La croce sulla quale è morto
Gesù Cristo ha portato il mistero del dolore ad im vertice insuperabile: essa è per eccellenza
il fatto che. non avrebbe dovuto
accadere, in cui la volontà divina
che lo permise sembra avallare
tragicamente l’iniquità degli uomini che lo commisero. Ma nella
croce il mistero della sofferenza
si capK>volge in una gloriosa evidenza di salvazione. E da quando
la croce è stata piantata sul Calvario, innumerevoli persone hanno imparato, ai suoi piedi a far
sorgere dalla prova la benedizione, per sé e per altri. Il glorioso
mistero si rinnova, per imitazione, in coloro, che accettando di
soffrire con i «sentimenti che
erano in Cristo Gesù » (FH. 2: 5),
vengono a « partecipare alle sue
sofferenze » (1 Pietro 4: 13); e se
la Chiesa è il suo corpo perpetuantesi sulla terra « finché egli
venga» (1 Cor. 11: 26; 10: 17),
non è impensabile che in qualche
modo si prolunghi in essa quello che è 'Stato compiuto, in un
giorno senza eguali e in modo
pienamente sufficiente, dal suo
Capo. In tal senso l’Apostolo sentiva di portare a compimento nel
suo corpo, in qualche modo, le
sofferenze di Cristo (Col. 1: 24).
E Gesù stesso, quando ci esorta
a « prendere ogni giorno • la nostra croce » (Matt. 10: 38; Luca 9: 23), non c’invita soltanto a
sopportare con rassegnazione i
mali della vita, ma a portarli in
modo che diventino uno strumento di santificazione per noi,
e di edificazione per coloro che
stanno intorno a noi. Non è concepibile una vittoria più alta di
questa, in cui non soltanto la
prova è superata 'dalla sopraggiungente liberazione, ma la prova stessa diventa uno strumento
di liberazione.
(2 Cor. 4: 16), e accettare che la
tua vita sia riedificata soltanto
sul piano della risurrezione (Colossesi 3: 1), come vita « nascosta con Cristo in Dio » (Col. 3: 3).
Il significato della prova, quale si rivela alla luce della croce,
è un aspetto della grande antitesi evangelica della morte-risurrezione. Appunto jjerché la prova
è una prossima parente della
morte, una sorta di morte anticipata e provvisoria, può elevarsi
alla dignità di una croce, sulla
quale il tuo « vecchio uomo » sia
inchiodato con Cristo (Rom. 6: 6;
Gal. 5: 24), affinché tu risorga
con lui, in questa stessa vita, ad
una vita nuova.
Perfetta letizia
Gli scritti apostolici sono pieni
del senso della risurrezione, e
perciò sono in grado di raccomandarci di considerare come
« argomento di completa allegrezza le svariate prove » in cui
veniamo a trovarci (Giac. 1: 2);
non già che la prova abbia perduto per essi la sua gravità, ma
perché il loro punto di vista si è
trasferito al di là della croce, e
la presuppone. La loro letizia è
quella « allegrezza nella speranza » (Rom. 12: 12), che rende pazienti nelle afflizioni coloro che
sono perseveranti nella preghiera: e la speranza è quella della
« gloria », che ha da essere manifestata al loro riguardo, ed è
« senza proporzione con le sofferenze del tempo presente » (Romani 8: 18); il « sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria » (2 Cor. 4: 17), che la momentanea, leggera afflizione »
presente « produce » per coloro,
che hanno « lo sguardo intento
alle cose che non si vedono », e
che sono « eterne » (2.Cor. 4; 18);
e le cose eterne si riassumono
nell'« amore di Dio, che è in Cristo Gesù nostro Signore » (Romani 8: 39): l’amore manifestatosi per noi sulla croce di Cristo,
nel quale è la base e la sussistenza della nostra « vita nascosta con Cristo in Dio » (Col. 3: 1),
e dal quale nessuna forza mai
potrà separarci (Rom. : 8: 36 38);
fino al giorno in cui, giunti al ter
mine della nostra « assenza dal
Signore » in queste spoglie mortali, saremo con lui ricongiunti,
secondo il santo desiderio, che
non ha nulla di comune con la
disperata invocazione pagana della morte, anzi è il normale anelito della vita ad una vita più
alta (2 Cor. 5: 6-8; FU. 1: 21, 23).
Nella « completa allegrezza »
degli scritti apostolici si avvera
la promessa fatta da Gesù ai
suoi discepoli la sera del Giovedì
santo: « Io vi lascio pace; io vi
do la mia pace» (Giov. 14: 27).
Questa promessa, connessa con
quella del «Consolatore» (v. 26),
si riferiva manifestamente ad un
prossimo futuro, da cui li separava ancora la Passione non avvenuta. Gli Apostoli scrivono
dopo la Passione, con Tanimo
pieno delle grandi certezze che
si connettono con la Croce ed il
Sepolcro vuoto. Non dobbiamo
dimenticare questo punto di vista, che dev’essere anche il nostro, se vogliamo intendere il loro atteggiamento verso la sofferenza. Soltanto al di là della croce, nel crepuscolo mattutino della risurrezione, è possibile una
vera liberazione dalle angosce
della « prova », e un’allegrezza,
che è veramente completa, perché ha imparato, ai piedi di Ge,
sù, la dolcezza dell’abbandonototale e la speranza infinita che
lo corona.
Soffrire ai piedi della croce,
con Tanimo illuminato dai rifiessi ultraterreni dèlia risurrezione: nella grigia esperienza quotidiana, questi pensieri appaiono
come un vertice che domina la
Via segnando la direzione, più
che uno stato in cui si possa rimanere e 'riposare. La rinunzia
non è mai completa, la croce non
è mai consumata, la risurrezione è sempre in un im'minente futuro; perciò le angosce dei santi
dell’Antica Alleanza non sono risparmiate ai credenti in Cristo,
ed 11 problema del dolore conserva la sua asprezza sconcertante. Ma al tempo stesso sappiamo,
che, la perfetta letizia è nella risurrezione che segue la croce, è il
dono di Colui, che ha voluto essere la « nostra primizia » (1 Corinzi 15: 23).
Giovanni Miegge
ho letto con ramm-arico l’articolo
« Gesù dice no » del n. 45 di EcoLuce, in modo particolare per quello
che riguarda il manifesto del Gruppo
EGEI di Bologna.
Dico con rammarico perché è triste
vedere un integrismo cosi sfacciato,
quale giustamente si rimprovera alla
Chiesa cattolica, su di un giornale protestante. Mettere Gesù Cristo così baldanzosamente dalla propria parte e
servirsi di versetti dell’Evangelo (sempre poi quelli che danno agli altri dei
farisei e mai quelli altrettanto taglienti contro il proprio giudizio) per difendere le proprie opinioni (poiché di
opinioni si tratta) significa travisare
completamente l’Evangelo e non avere
la minima fiducia nella propria ragione.
Gesù non dice no al fermo di sicurezza (o meglio non c’è bisogno di farglielo dire); sono io che dico no al
fermo di sicurezza; cosi come non dice
si al socialismo, ma sono io che reputo
che qui ed ora il socialismo sia una
delle forme migliori di convivenza e
quindi — indirettamente — di militanza cristiana. Ma queste sono mie
opinioni che saranno giudicate dalla
storia, sono scelte che cadono sotto la
mia responsabilità e non sotto quella
di Gesù Cristo. E poi — ammettiamo■ lo — -la perversità di Reale non è così evidente come quella di Hitler tanto
da poter meritare una condanna per
eresia dei nostri fratelli — in fede —
repubblicani o forse i fratelli di Bologna reputano anche me — tesserato del
PSI — uno scriba e fariseo ipocrita che
tradisce Gesù Cristo rafforzando il regime borghese coU’accordo -programmatico?
Con molti fraterni saluti
Luigi Panaroni
Pisa
dir poco è da incoscienti e da potenziali imputabili per strage! Mah! dico!
Abbiamo tutti ben presente cosa significhi una centralé nucleare? La
medesima in un anno di funzionamento, o anche meno, produce un autotreno di scorie radioattive pericolosissime,
che verranno tranquillamente, come
tutto del resto, in Italia, avviate tramite strade e autostrade con normale
circolazione, in un punto qualsiasi della penisola per essere avvolte, dicono i
tecnici, da lastre di piombo e spessori
di bitume, per poi essere calate in mare (e la salsedine?) Lo sappiamo che
se uno di questi autotreni ha un incidente salta per aria mezza regione?
Sappiamo che queste scorie radioattive impiegano come minimo SOLTANTO la sciocchezza di 2000 anni, giorno più giorno meno, prima di essere
inoffensive? Sappiamo che un qualsiasi atto di terrorismo fatto da sabotatori (anche pagati all’uopo da chi già
paga per un certo disegno politico)
ad una di queste centrali potrebbe paralizzare tutto il paese ed il medesimo
essere in balia di costoro, poiché in
caso contrario si rischierebbe di eliminare dalla faccia della terra mezza Italia?
L’indignazione che mi pervade non
mi permette di continuare, perché una
decisione di questo genere presa consciamente, senza la dovuta informazione air elettorato, da opportunisti
trafFicanti con dollari USA, arrivisti
ed incoscienti, sulla pelle di 60.000.000
di anime e per 2000 anni di generazioni future, mi farebbe scrivere delle
cose non pubblicabili.
Ringrazio deirospitalità e mi chiedo
se come credenti ci poniamo il problema alla luce del Vangelo perché
guidi le nostre scelte e ci faccia tornare
a dimensioni umane e attenti alle conseguenze di un pericoloso giro di miliardi.
Attilio Sibille
Torre Pellice
Risurrezione
La via di questa vittoria è indicata da Giesù quando, dopo
averci 'esortati a « prendere ogni
giorno la nostra croce », égli aggiunge (Luca 9: 24): « Poiché chi
vorrà salvare la sua vita la perderà, ma chi avrà perduto la sua
vita per me, esso la salverà ». Le
parole « per me » indicano chiaramente, che Gesù allude al martirio subito per la fede, e la promessa gloriosa non può trasferirsi senza riserve alla sofferenza
in generale. Ma vi è un soffrire
con Cristo, ai piedi della croce,
che è ima testimonianza resa a
lui e perciò, nel senso etimologico, un .martirio. Non importa, dopotutto,se il dolore .sia prodotto
dalla tortura o da una causa naturale, e se l’invito a tradire Cristo venga da un giudice pagano
o dalla tua propria debolezza.
Quel che importa è che, posto
nel cimento, tu riesca a tener
duro e serbare la fedeltà. Soffrire con Cristo, ricevendo da lui
la forza -di soffrire degnamente, è
soffrire per lui; e a una tale
« perdita della vita » si può riferire la promessa che quella vita
« sarà salvata ».
La tua vita sarà salvata, se
avrai saputo cederla con fiducioso abbandono a Colui, che sa
meglio di te dove ti conduce; se
invece di aggrapparti come un
disperato alla tua esistenza compromessa, ai tuoi affetti minacciati o infranti, alla tua felicità
perduta, e di far centro in te
stesso, nutrendoti del tuo dolore,
saprai rompere il cerchio che ti
imprigiona, dimenticare te stesso: lasciare che la sofferenza
compia tutta intera la sua opera
di demolizione, anche quando significa manifestamente una perdita di valore umano, assistere
senza proteste al « disfacimento » del tuo « uomo esterno »
RIVISTE IN ARRIVO
Gioventù
evangelica
E arrivato in questi giorni il
n. 47 (nuova serie) di « Gioventù
Evangelica ». L’editoriale, firmato dal segretario nazionale della
FGEI, pone il problema dei rapporti con il cattolicesimo del dissenso e con le nostre comunità.
Segue il testo della predicazione
(«La regola del mendicante ») di
Sitta Campi. Un ampio servizio, di Marco Rostan, sulle
intese valdo-metodiste con lo stato (qui segnaliamo la chiara pagina riassuntiva dei contenuti
delle intese) e un « dossier » curato dalla comunità evangelica
di Bochum sul problema della
repressione in Germania Occ.
(un’informazione di prima mano), sono le due grosse documentazioni del numero. Tre interventi, sul problema dei giovani, delle donne e « a che cosa serve studiare teologia? » costituiscono la parte più viva ed
attuale del numero i cui temi ci
auguriamo di veder più ampiamente ripresi (anche attraverso
lettere al direttore) e ancora discussi. Un’ampia nota sulla professionalità rispetto alla formazione scolastica e all’organizzazione del lavoro riporta il discorso sui corsi delle « 150 ore »: tema di grande interesse. Tra le segnalazioni di libri o documenti
apparsi su questo numero della
rivista sottolineiamo Tinteresstmte recensione di G. Rochat sul libro di Nuto Revelli: « Il mondo
dei vinti», e gli apporti delle
commissioni Bibbia e chiesa che
operano aH’interno della FGEI.
Protestantesimo
Il numero 3/1977 della rivista
« Protestantesimo », trimestrale
della Facoltà Valdese di Teologia, si apre con un lungo saggio
(dedicato ai proff. Subilia e Vinay) del pastore Gino Conte
su : « La missione tra critica sociologica ed esigenze teologiche ». Al solito documentato.
Conte, destreggiandosi in una
ingombrante bibliografia internazionale, sul tema della missione (« cuore della vocazione
cristiana ») cerca di coglierne
gli sviluppi, specie gli ultimi, su
scala mondiale. Leggendolo, al
di là del linguaggio tecnico, si
riceve la netta impressione di
quanto sia complesso e ricco di
speranza (si pensi all’ecumenicità della missione) un terreno
in questi anni troppo facilmente misconosciuto. Vittorio Subilia, nella pagina Studi Critici,
presenta un’attenta ed equilibrata analisi dell’antologia : « Il
cristiano marxista » : serie di
scritti di cattolici marxisti contemporanei.
Sull’argomento « Chiese - Stato», Giorgio Peyrot, in linea
con le intese votate dal nostro
ultimo Sinodo, riprende i principali nodi della questione, approfondendoli.
Chiude la rassegna l’angolo
dei dibattiti tutto occupato da
una documentata rettifica (ricca di frecciatine e fuochi d’artificio) di, J. Alberto Soggin sulla recensione di un libro di Jacques Ellul sul tema delTantisemitismo.
Una cosa mi dispiace
Sig. direttore,
visto che l’Eco mi ha fatto Teccessivo onore di dedicare un pezzo di prima pagina a una persona insignificante
come me, mi conceda due righe di risposta. Non entrerò nella questione
per la quale Giorgio Tourn mi ha cosi
strapazzato; noterò soltanto che, se
molti protestanti da anni discutono il
concordato dei cattolici — ovviamente, e sempre, per condannarlo — do
vrebbe essere permesso a un cattolico
una volta tanto di fare qualche osservazione sulle vostre future Intese, senza dipingerlo subito per reprobo.
C’è una cosa che mi dispiace : ed
è che Tourn, anziché liquidare le mie
ragioni, abbia preferito liquidare me,
insinuando che se a il Concordato mi
sta bene » (e non è vero) si è che
« ci trovo il mio tornaconto (spirituale) }), dove la parolina tra parentesi
serve a far capire a tutti che si tratta
invece di tornaconto materiale. E infatti Tourn aggiunge che <ì. don Trombotto continua a fare religione nelle
scuole di Stato, magari solo tre o quattro ore con stipendio da professore... »
Ebbene, sig. direttore, questo è falso:
io non faccio religione da anni, né poche né molte ore. Su questo punto c’era
stato in settembre un equivoco che fu
pacificamente chiarito.
Mi dispiace che gli informatori di
Tourn, che hanno anche violato il loro
doveroso riserbo professionale, lo ab
biano ingannato. Posso aggiungere che
in 13 anni dacché sono prete ho fatto
qualche ora di religione per cinque anni in tutto, e cioè quando proprio non
m’è riuscito di dìsobbedire al vescovo.
Infine, poiché Tourn spiega che don
Trombetto « non lo interessa esistenzialmente », in altre parole — come
appare da tutto l’articolo — che mi
disprezza, io vorrei dichiarare a mia
volta che invece lo apprezzo mollo,
come studioso, come giornalista e come pastore d’anime. La stessa stima
nutro per molti valdesi che mi onorano della loro amicizia.
sac. Franco Trombotto
Pinerolo
Antinucleare
Spett.le Direzione de L’Eco-Luce
Ho letto l’articolo di Giorgio Peyrot
su : « Compromesso atomico ». Natu
ralmente concordo su tutto. Ciò che
vorrei puntualizzare è che su un problema cosi grave vi siano state solo
due forze politiche a dare un giudizio
umano e logico; mentre le altre forze
politiche, anche ben viste o difese a
spada tratta da decine di migliaia di
« buoni valdesi » e milioni di « benpensanti » hanno dato un voto che a
Radicale dissenso
Caro Giampiccoli,
vorrei esprimere il mio radicale dissenso dall’editoriale : « PCI : cosa va in
soffitta?... », apparso sul n. 43 dell’Eco.
In particolare i titoli a commento dell’articolo, sono pura e semplice agiografia d’ufficio del PCI.
Nella sua lettera al vescovo Bettazzi,
Berlinguer liquida la cultura di tradizione laico-risorgimentale come produttrice di « istituzioni anti-clericali e
massoniche ». Come protestanti questo
ci sta bene? Non abbiamo niente da
dire?
Mi sembra che il credente possa militare coerentemente in due soli tipi di
partito : nell’integrale partito « cristiano » (Pillusione D.C.), oppure nel partito laico, cioè senza una propria filosofia, una particolare visione del mondo (che il cristiano già possiede), e di
cui condivida il programma politico.
Ora, prima Berlinguer dice che il PCI
vuole essere un partito laico, ma poi
dice che non rinuncia al marxismo
ma solo al leninismo, cioè all’aspetto
per cui il marxismo è materialismo e
ateismo.
Ciò è nient’altro che un compromesso ideologico, un Concordato dei
principi, un polpettone di marxismo e
cattolicesimo, di Marx e Lamennais o
al massimo di Marx e Gioberti.
Infatti il PCI si sente in dovere di
dare garanzie al cattolicesimo, ma le
uniche garanzie doverose e legittime
verso di esso, sono le garanzie che il
partito deve verso tutti gli altri. Ci
troviamo invece di fronte a garanzie
del tutto privilegiate. Cioè siamo in
presenza della vecchia politica del PCI,
quella che ha portato al voto sull’art. 7
della Costituzione e, quindi, aU’immissione del Concordato nella Costituzione stessa. Anche su questo noi protestanti non abbiamo niente da dire? E
questo organizzare il futuro dell’Italia
con trattative tra i vertici di due potentati, ci va anche bene?
Giorgio Montesanto
Perrero
Riconosco che titolo e sottotitolo dell’articolo in questione erano poco felici. Avendo di mira prevalentemente
le reazioni cattoliche, di cui non si parlava nell’articolo, potevano dare l’impressione di accettazione acritica del
documento ( mentre l’articolo esprimeanche perplessità e critiche). Al di
là di un titolo infelice è tuttavia necessario discutere la sostanza della questione che l’articolo di Sergio Ribet introduce. Sarebbe importante aprire un
dibattito con interventi che si sforzino
di guardare al problema con un punto
di vista che non sia in primo luogo
comunista o anticomunista, ma di credenti evangelici in Italia.
Franco Giampiccoli
5
Si
li novembre 1977
SETTE DEL NOSTRO TEMPO
L’ambigua semplicità
dei Bambini di Dio
Al seguito di un ex pastore protestante,
che unisce simpatie totalitarie
a proposte etiche incredibili,
questo recente movimento di tipo
neo-pentecostale si muove nell’ambito
della sete di serenità spirituale
che è in continua crescita nella società
contemporanea.
->
Nella seconda metà degli aijni ’60 i giovani americani che
avevano fatto le esperienze antiistituzionali ed anticonsumistiche dei movimenti hippies e della « contestazione » marcusiana,
scoprono anche la mistica. Nascono i « Jesus movements » (Jesus People, Jesus Power ecc.).
Su questa matrice, tipicamente
giovane, che aveva preso moltissime nuove leve della borghesia medio-alta degli Stati Uniti,
si inserisce silenziosamente un
ex ebreo, ex pastore protestante, David Berg, che comincia a
predicare la necessità di «farsi
bambini » per entrare meglio in
comunione con Dio. Nasce il
movimento dei « bambini di
Dio ».
In un primo momento l’iniziativa ha un successo enorme :
centinaia di giovani, disadattati
ed alienati da esperienze traumatizzanti (l’impatto con la società dei consumi, i suoi modelli culturali o, addirittura, la
droga e la guerra in Vietnam)
si gettano in questo movimento dall’ideologia incerta, che da
una parte propone palesemente
modelli di vita hippy (vita in
comune, libertà sessuale, una
certa carica anti-istituzionale)
offrendo, però, anche la garanzia di serenità spirituale nella
pratica di un cristianesimo vis
La teologia del sesso
di Mosé David
La carne può soddisfare la
carne, ma solo lo spirito può
soddisfare lo spirito, e ben
presto scoprimmo che dovevamo dare di entrambi per
« supplire ad ogni loro bisogno secondo le Sue ricchezze e con gloria» (Fil. 4; 19)
(...)
Scoprimmo ben presto che
non v’è punto d’arresto, non
v’è limite a cui Dio si spingerebbe per salvare una povera anima perduta con il
Suo infinito amore e la Sua
illimitata Misericordia ! Scoprimmo ben presto i nostri
cuori attirati irresistibilmente nel vuoto dei loro cuori
per soddisfare i loro spiriti,
proprio come i nostri corpi
venivano irresistibilmente attirati insieme e risucchiati
l’uno nell’altro per soddisfare la loro carne!
Non v’era alcun punto in
cui tracciare una linea tra i
due, carne e spirito. Non v’erano mezze misure, non v’era
« quasi ». Doveva essere « tutto o niente del tutto » o non
avrebbero potuto credere che
era vero amore. Non potevano capire come tu potessi offrire di riempire il loro cuore
ma non il loro corpo, soddisfare la loro anima ma non
la loro carne affamata.
Le due cose erano inseparabili, runa non poteva andare senza l’altra e dovevamo
nutrirle entrambe insieme.
Come l’Apostolo San Giacomo afferma cos’i chiaramente in quel brano nel suo secondo Capitolo, i versi dal
15 al 17 citati sopra : « Se un
fratello o una sorella son nudi e mancanti del cibo quotidiano (un bisogno fisico necessario come il sesso) e un
di voi dice loro; Andatevene
in pace, scaldatevi e satollatevi, ma non date loro le cose necessarie al corpo, che
giova? ».
(dalla lettera N. 502 R
di Mosé David)
suto « sui modelli della comunità primitiva».
Sottilmente, David Berg, diventato « Mosé David », comincia però ad inserire nelle sue
« lettere », che sono il vero vangelo di questo movimento, un
progetto di società teocratica
che comincia a sconcertare la
gente. Sul plano etico, le sue affermazioni sono incredibili; insegna alla donna come fare a
« piacere » all’uomo, la invita a
portare abiti aderenti che le
mettano in risalto le forme, convincendola sottilmente a riconoscere il suo ruolo di subalterna
e, perché no?, di strumento di
piacere. In molte lettere, il linguaggio è scopertamente provocatorio, spesso scjirrile, con abbondanti riferimenti sessuali.
L’amore di Dio verso l’uomo è
colorato non tanto di sentimenti di amore paterno quanto di
richiami erotici. Sul plano politico, c’è apparentemente la condanna di tutti i regimi, con le
invettive contro tutti i governanti (da Hitler a Nixon) per il
loro malcostume. Ma dietro le
righe appaiono evidenti racceso antisemitismo di David Berg
e la sua simpatia per le « tirannie teocratiche». Da qui gli apprezzamenti per Gheddafl (si
dirà successivamente che la Libia è il maggior finanziatore
del movimento) e per Amin, i
quali — secondo una sua lettera — sono due dei tre grandi
uomini del mondo di oggi. Il terzo, naturalmente è David Berg.
Mentre avveniva questa «precisazione » delle linee ideologiche del movimento, le autorità
federali degli Stati Uniti avevano cominciato a ficcare il naso
negli affari di Berg, il quale
risultava apparentemente il leader carismatico di un movimento religioso, ma di fatto sembrava condurre una vita da nababbo. Da dove gli venivano queste possibilità? Dietro all’inchiesta giudiziaria sul capo del movimento, venne anche l’inchiesta sull’organizzazione, e la decisione di tagliarle l’erba sotto
i piedi. Impossibilitati a racco
II richiamo sessuale è parte integrante della propaganda dei
Bambini di Dio: nella loro concezione dell'amore svanisce ogni
distinzione tra « carne » e « spirito».
gliere elemosine, respinta la richiesta di avere una veste ufficiale di ente morale, i «bambini di iDio» sono stati in pratica costretti a lasciare gli Stati Uniti. Questo è stato il vero
motore dell’espansione del movimento nell’area occidentale.
Infatti molti aderenti hanno deciso di darsi al missionariato,
fondando centri, famiglie e «catacombe» in Europa. In Italia
sono giunti in punta di piedi
nei primi anni ’70. Prima come
« missionari turisti », poi, con
l’apertura dei primi centri, in
forma più organizzata. Attualmente contano una decina di
centri in tutta Italia, ma la loro presenza è avvertita soprattutto a Firenze, Roma, Milano
e Torino. La sede nazionale è
in provincia di Firenze; prima a
Certaldo, poi — recentemente
— il movimento è stato ospitato
in una villa a Poggiosecco, di
proprietà dei conti Canevaro
(uno dei rampolli di questa nobile famiglia è simpatizzante del
movimento; è stato lui a conce,
dere loro l’uso della villa).
A Roma sono presenti con
due centri ed una discoteca,
r«OK club», che hanno aperto
un anno fa. interamente eretta
da loro, è condotta da aderenti
del movimento che vi lavorano
a pieno tempo. Costi di gestione zero, enormi utili, soprattutto sul piano della «testimonianza». A Milano esiste im centro
organizzato soprattutto per le
«pubbliche relazioni», a Torino
un altro grosso centro, cui è
collegata la fattoria che occupano a Bricherasio, vicino a
Pinerolo.
Una presenza dunque abbastanza agguerrita e ramificata
ma numericamente inconsistènte. In tutto il mondo i «bambini di Dio » a pieno tempo soho
poco più di seimila. In Italia
sono una fisarmonica ; tra 150
e 200. Attorno a questi, un numero consistente, ma sempre
sull’ordine delle sette cifre, di
simpatizzanti.
INTERVISTA AD ALCUNI ADERENTI
Alla conquista dei mondo
Incontri in «famiglia»
Sorridono sempre. È il fatto che ti colpisce
subito, se hai a che fare con loro. Si chiamano Joseph, Jonathan, Sara, Daniele, Deborah; quando
entrano in una « famiglia », infatti, cambiano il
loro nome, assumendone uno biblico. Anche a questo fatto danno il senso di una « nuova nascita ».
E poi parlano di cambiare il mondo, di amore, di
Cristo. A vederli come vivono, come si comportano, come si abbracciano quando si incontrano, anche non conoscendosi, ma per il solo fatto di essere
della « famiglia », sembra che abbiano veramente
risolto tutti i loro problemi. Parlando a lungo con
loro ci si accorge però che le cose che dicono non
sono poi così originali come loro vorrebbero farle
intendere. È lo stesso linguaggio, la stessa gestualità che vediamo in una qualunque chiesa neopentecostale. Però è facile comprendere come questi giovani, di cultura e « religione » cattolica, vengano
scioccati da un messaggio così diverso da quello al
quale erano abituati.
« Ero musicista, ed è stato proprio a causa della mia professione che sono venuto a conoscere questi ragazzi- Mi era infatti capitato di suonare con
loro — ci dice Angelo Giardinelli, uno dei militanti
più attivi del movimento, a Roma — e così, suonando, si parlava. Ho voluto provare anch'io l'esperienza di cui mi dicevano, ed ho aperto il mio cuore a Cristo. E la mia vita è cambiata ». Un fatto
che sorprende, a parlare con questi ragazzi, è il
loro accento straniero. Soltanto quando vai a chiedere di loro, della loro vita, ti accorgi che sono italiani.
Anche questo fatto ha una spiegazione; dei
150 « bambini di Dio » che circolano in Italia, una
grossa percentuale sono americani. E sono proprio questi ultimi a dirigere occultamente il movimento. Gli italiani sono stati costretti ad imparare
l’inglese, che serve loro anche per gli « scambi »
che avvengono tra le organizzazioni di tutto il
mondo. Segno, però, anche di un condizionamento
culturale ancora molto forte, che fa dei giovani
adepti italiani una sorta di popolo colonizzato. Ma
come vivono, questi ragazzi, chi li finanzia? Hanno
aloune attività economiche, ma principalmente vivono sulle donazioni di adepti facoltosi, e sulle elemosine.
« Sul piano sociale, non vi viene in mente che
potreste essere presi non tanto per missionari, come pretendete, ma piuttosto come "parassiti"? ».
« Se vuoi, siamo parassiti. Ma ci sembra giusto che la società, che ha chiuso le porte a Dio, ci
permetta di vivere a nostro modo, che è poi un
esempio per tutti. Del resto, tieni presente che
molti di noi lavorano. Non chiediamo mai ai nostri
adepti di lasciare il lavoro. Questa è una scelta di
alcuni di noi ».
« Un'altra domanda. Non vi pare che nella vostra testimonianza insistiate troppo su Mosé David,
dimenticando che dovreste invece testimoniare
Cristo? ».
« Noi pensiamo che ogni epoca abbia i suoi
profeti. Oggi Mosé David, secondo noi, ha questa
missione. Ma anche altri potrebbero avere questo
dono, allora terremmo presenti anche le loro parole. Comunque al centro del nostro messaggio, naturalmente, c'è Cristo ».
Forse è vero, ma jxìtrebbe anche essere una
dichiarazione di intenzioni. Resta il fatto che la
loro testimonianza è fortemente personalizzata dalla figura carismatica del loro « profeta ». Quello
che predicano è il Cristo di David Berg. Ma che
leggano la Bibbia è vero; nella « famiglia » (che è
la loro comunità) si incontrano spesso per leggere
assieme le Sacre Scritture. Si ritrovano e cantano
(cantano sempre; questo è uno dei dati caratteristici della loro vita in comune), poi leggono un
passo biblico, pregano e poi cominciano un attento rendiconto della giornata, raccontandosi esperienze di testimonianza, dandosi consigli è suggerimenti. Poi leggono insieme una « lettera » del loro
profeta...
(segue da pag. 1)
re del demonio; il consumismo,
l’evoluzionismo, interi capitoli
della storia della scienza, il marxismo.
I « bambini di Dio » hanno
trovato un loro spazio. La loro
predicazione insistente, la loro
effettiva coerenza nelle scelte e
nella volontà di portare a termine i loro progetti, ne hanno
fatto un movimento « salvagente » per molti giovani, attratti
soprattutto dalle « sicurezze »
che il movimento garantisce.
Ma, tutto questo, è positivo?
Secondo noi — al di là della sicura buona fede dei giovani aderenti, soprattutto italiani,'per i
quali, abituati alla « religione
cattolica», anche una predicazione neopentecostale è sicuramente un fatto rivoluzionario —
il movimento maschera molte e
pericolose ambiguità. Il Gesù
che essi predicano è un Gesù
astorico, disincarnato. Perciò
anche la loro «prassi» è completamente disincarnata (fatta
eccezione per quella di David
Berg, se le notizie di stampa sono vere) dalla storia di tutti. In
un servizio televisivo, il prof.
Paolo Ricca osservava giustamente che questi movimenti, invece di inserirsi « nella » storia,
come richiede la prassi cristiana, sembrano situarsi « accanto » alla storia.
« Il centro del cristianesimo
è l’incarnazione; cioè — commentava Paolo Ricca — il fatto
che Dio si è fatto uomo, entrando ’nella’ storia. E non nella mia
storia personale di credente, ma
nella storia di tutti. Che cosa
significa questo? Significa che
il cristianesimo si realizza in
rapporto alla storia, alla storia
dell’umanità ».
I « Bambini di Dio » negano
però — formalmente — di essere « accanto » alla storia ; affermano di esserci completamente
dentro. Ma in che misura? Ipotizzando uno stato teocratico,
l’intervento di Dio sui potenti,
la loro « redenzione ». Cioè rovesciando i termini ; portando
non Dio nella storia, ma la storia « dentro Dio ». E questa è
una fuga dalla realtà, ed anche
le « risposte globali » che questo movimento vuole fornire ai
giovani sono viziate nella stessa misura.
« Al centro del cristianesimo
— prosegue Paolo Ricca — non
c’è infatti il bisogno dell’uomo
religioso. Non è alle ’mie’ esigenze che il cristianesimo risponde, il cristianesimo non è
centrato su di me; i due poli
sono invece Dio da una parte ed
il prossimo dall’altra. Da un lato mi fa capire le esigenze di
Dio su di me e per me, e dall’altra mi dice che cosa devo
fare io per il prossimo e con il
prossimo. Non divento dunque
cristiano perché sono soddisfatto ’io’, ma perché Dio prende
possesso di me e conseguentemente il prossimo diventa importante per me».
Non è dunque un problema
di salvezza personale o di soddisfacimento dei miei bisogni.
«Dice Cristo; chi cerca la propria vita la perderà. Allora —
conclude Paolo Ricca — come
fa l’uomo a recuperare il proprio ’io’, la sua ’anima’, come
si diceva una volta? Non ’ricercandola’, non interiorizzandosi,
ma ’dandosi’, immergendosi nel
confronto e nell’Incontro con
gli altri uomini».
pagina a cura
di GIOVANNI RIBET
6
11 novembre 1977
cronaca delle valli
ALLA WIDEMANN - SAN GERMANO CHISONE
Trattative ad una svolta?
Continua l’occupazione dei dipendenti
La vicenda della Widemann
dovrebbe avere nella prossima
settimana una svolta. Siamo ormai al ventunesimo giorno di
occupazione e l’atmosfera che
vi regna è di moderata fiducia,
condizionata dalla attesa di notizie più sicure sull’andamento
delle trattative.
I sindacati si muovono in due
direzioni: una sul piano più
immediato è quella di ottenere
dalla controparte il pagamento
delle retribuzioni arretrate, l’altra in previsione del futuro, che
punterebbe alla richiesta della
cassa integrazione per i trecento dipendenti, proposta che verrà dibattuta in un’assemblea con
le maestranze che avrà luogo
luned'-. 7 in mattinata.
In merito al primo punto, già
lunedt mattina dovrebbe essere
ritirata la somma concordata
per un primo acconto. In effetti questo, avrebbe già dovuto avvenire ieri a Milano, al termine
di un incontro con il legale della controparte, ma le banche
hanno chiesto una dilazione a
scopo cautelativo.
Inoltre già nei giorni scorsi
Mr. Forsyth aveva autorizzato
l’apertura della corrispondenza
■che comprendeva, tra l'altro, assegni bancari di forniture del
periodo precedente all’interruzione della produzione, e della
liquidazione del magazzino.
Naturalmente non mancano le
fatture da pagare: purtroppo
esse non riguardano solo spese
di manutenzione o comunque
relative alla fabbrica, ma anche
quelle inviate da negozi di scarpe, da hôtel di lusso, per non
entrare nei particolari di altre
spese e lussi personali. Ai danni si aggiungono ' dunque anche
le beffe. Qual’è l’opinione degli
occupanti? Facendo con alcuni
di loro una analisi retrospettiva
su ciò che è successo da marzo,
data della stipulazione del contratto tra Gùtermann e il gruppo americano, ad oggi ci è stato fatto notare come la progressiva disorganizzazione a livello
dirigenziale e amministrativo,
vada fatta risalire alla fine del
periodo della gestione Widemann quando si trattava non
solo di procedere ad un ammodernamento degli impianti ma
anche di programmare un piano di produzione che sfruttasse
al massimo le risorse dello stabilimento.
Quando, allora era il 1967,
uscendo dalla amministrazione
controllata fu fatta rilevare l’urgenza della trasformazione della Widemann, in S.p.a. da Soc.
in acc. quale ancora è il problema fu sempre rimandato
benché la signora Gùtermann
che era l’accomandataria, fosse
alquanto avanti negli anni.
Ci si chiede poi perché molti
possibili acquirenti che mostravano anche una buona disponibilità economica e soprattutto
interesse a riportare la Widemann ad un livello accettabile
di produzione, siano stati scartati a priori o esclusi dalla minima trattativa. Il rimprovero
maggiore è quello di avere sempre escluso una via italiana, anche quando non essendo ancora
in crisi il settore tessile, ciò era
possibile. Invece si è preferito
aspettare fino a rischiare il collasso, aspettando quei capitali
stranieri che si sono affacciati
non si sa con quali intenzioni
negli ultimi due anni.
Già nel ’75 arrivavano i primi americani che giravano indisturbati nella fabbrica, tra la
curiosità dei dipendenti.
Furono iniziati addirittura lavori di restauro all’interno, per
dare allo stabilimento un aspetto gradito senza tener conto che
le scorte di cotone diminuivano
e che in esse avrebbero dovuto
convergere le spese. Gli Aparo,
i nuovi padroni, furono contattati nell’aprile del ’76 ed arrivarono nell’agosto eppure passarono sette mesi prima che il
contratto fosse firmato: durante questo periodò girarono negli uffici insediandovisi di fatto,
ostentando un certo benessere
economico che ha illuso tutti
sulla loro copertura finanziaria:
solo oggi ci si è accorti che era
fumo negli occhi. Eppure allora, nonostante il cotone continuasse a diminuire, essendo l’ultimo ingente approvigionamento risalente al 75 nessuno poteva metterne in dubbio la reale
consistenza.
Ci dice un’operàia che alcuni
anni fa si era proposto che la
commissione interna eseguisse
dei saltuari controlli sui bilanci e avesse incontri con la direzione sulla gestione. Ma proprio
la latitanza di questa direzione,
e al vertice del proprietario, ha
reso inefficace questa intenzione. I dipendenti non hanno mai
capito chi fosse veramente la
loro controparte e hanno sempre sperato che al vertice le cose si chiarissero.
Quella della Widemann appare quindi una vicenda anomala
caratterizzata dall’assenza della
figura dell’imprenditore moderno cioè di colui che guida l’a
zienda con impegno e capacità
professionale, con scelte economicamente e tecnicamente valide dal punto di vista industriale.
Quello che rivendicano i dipendenti è il diritto al lavoro,
chiedono che non si arrivi al
fallimento, sperano cioè che
questi americani non siano dei
truffatori ma che messi alle
strette tengano fede ai loro impegni. Per questo non si sbilanciano in illusioni che potrebbero anche essere gratuite.
Dice un impiegato : « Dobbiamo aver fiducia in gente che finora non ci ha dato motivo di
averne ». Ci si augura che dopo
questa scottatura i dipendenti
acquistino maggior coscienza e
che premano sugli attuali o futuri proprietari perché non si
ripeta un’analoga situazione.
(dai nostri corrispondenti)
« IL MONDO DEI VINTI » DI N. REVELLI: DIBATTITO APERTO
E se cominciassimo
la storia dei
anche noi a scrivere
nostri vinti?
Il libro di Muto Revelli, recensito recentemente sul nostro
giornale da Giorgio Rochat, ci fa
venir voglia di parlare di noi.
Capita come quando si incontrano i vecchi e cominciano a enumerare le loro magagne e fanno
quasi a gara a chi ne può lamentare di più. Anche noi abbiamo
subito oppressione — anche religiosa, contrariamente agli abitanti del Cuneese di questi ultimi
secali —; anche noi abbiamo avuto nelle nostre file superstizione, miseria, mortalità infantile,
emigrazione.
E oltre a questo eravamo
una minoranza. Ci manca solo
una letteratura che descriva queste sconfitte. Non abbiamo avuto fino a questo momento un
Verga, come la Sicilia del tardo
Ottocento, né un Fenoglio o un
Revelli. Forse il Gruppo-Teatro
Angrogna è un po’ un’espressione neoverista degli aspetti tristi
e politicamente negativi della nostra storia, che ha qualche punto in comune o in parallelo con
questi e con altri letterati di analoga ispirazione. Anche assistendo alle sue rappresentazioni vien
voglia di parlare di noi, per integrare, correggere, completare la
visione che ne vien fuori. E vien
voglia di parlarne a lungo.
I nostri vinti
e la nostra storia
Dobbiamo innanzitutto dire
che ogni pastore valdese sa della
sua gente tutto quello che sa Revelli di quelli di cui parla nel suo
libro. E non ha avuto nessuna
fatica a sapere queste cose. Il
mirrimo straccio di visita pastorale è altrettanto produttivo, sul
piano della conoscenza della gente, quanto la più raffinata e avvertita ricerca storica, letteraria
o giornalistica. Lo diciamo come
pura constatazione, senza trionfalismo. E un pastore sa anche
tante altre cose certamente
che nel libro non figurano, dalle
filastrocche, ai proverbi — del
resto diligentemente raccolti da
un paziente e silenzioso antesignano della valorizzazione delle
culture popolari, proprio per
questo tanto più ammirevole: il
Prof. Teofilo Pons —, alla sofferta meditazione intima della gente valdese. È facile conoscere la
rabbia, le delusioni, le prove della gente. Non lo è sempre altrettanto sapere come a queste cose la gente reagisce.
Tuttavia colpisce il fatto che,
pur sapendo tutte queste cose i
nostri pastori e laici intellettuali.
pur così inclini a mettere per
iscritto il loro pensiero, ne hanno scritto poco. Della nostra storia sappiamo certamente molto
più di quello che sanno altre minoranze della nostra stessa consistenza numerica, ma non conosciamo molto le sconfitte, se non
per intuito o ricordi tramandati
a voce. Prendiamo, per esempio,
il volume « 100 anni di storia
valdese » pubblicato dalla Claudiana in occasione del centenario della concessione dei diritti
civili. Se cerco che cosa dice della mia comunità, di Massello, leggo che la frequenza ai culti era
nel secolo scorso totalitaria, che
si esercitava la liberalità cristiana a favore delle missioni o per
gli aiuti fraterni, che c’era qualche nroblema per il presbiterio
che fu ospitato successivamente
da tre fabbricati diversi, che ci
fu nel 1889 una mirabile celebrazione del bicentenario del Rimpatrio, che Massello ha dato alla
Chiesa Valdese molti pastori. Pochi cenni sull’emigrazione e sugli avvenimenti della prima e seconda guerra mondiale.
Più ottimista ancora mio zio,
il pastore Carlo Alberto Tron —
Tonde Charles, o « barbo Charle », per la famiglia —, che scrive le sue memorie nel 1928, pubblicate dalla Claudiana. Per lui
Massello è « una delle rocche forti del Valdesismo »; è stata curata da pastori e maestri di prima
qualità, tra i quali spicca il mio
bisnonno: « Gian Giacomo Tron,
scrive mio zio, mio caro padre,
che, con pochi altri privilegiati,
ebbe la fortuna di recarsi a Losanna per perfezionarsi nella carriera magistrale. Uomo pio, sindaco, anziano della Chiesa, membro della Tavola, maggiore della
Guardia Nazionale, finì la sua
missione a 44 anni soltanto, quale segretario della Valle di S.
Martino. Egli esercitò una influenza benefica sui bambini, come in tutte le sfere della sua
attività. Cristiano convinto fu
sempre un valido aiuto del pastore ». II comandamento di onorare il padre è stato preso dall'autore forse fin troppo alla lettera. Delle miserie della bisnonna rimasta vedova, delle difficoltà derivanti dal fallimento del
mio trisnonno, nemmeno l’ombra. I poveri compaiono nel discorso solo quando si dice che
Filippo Cardón, pastore a Massello dal 1860 al 1867, li soccorse.
Questa è la storia vista dai nostri scrittori. Eppure non è tutta lì. Perché sia stata vista così
non lo so. C'è forse un desiderio
inconscio di mascherare le nostre miserie, dettato dai complessi derivanti dal fatto di essere
una minoranza. C’è forse la ca
pacità di soffrire in modo dignitoso, senza mettere in mostra i
nostri guai e sollecitare compatimento. C’è forse anche la coscienza che nulla potrà separarci dall’amore di Cristo. Nel dolore, nelTangoscia, nella persecu
zione, nella fame, nella miseria,
nei pericoli, nella morte violenta
otteniamo la più completa vittoria grazie a colui che ci ha amati. (Rom. 8: 35 ss.). In Cristo siamo il mondo dei vincitori.
Tuttavia merita anche riconoscere su che cosa siamo vincitori e quando lo siamo. Per la no
stra infedeltà.non lo siamo stati
sempre. La nostra storia è anche
storia di vinti. Appena i miei figli
cesseranno di saltarmi sulle ginocchia non appena prendo in
mano un libro protestando « Papà, non studi; adesso giochi un
po’ con noi », avrei piacere di
poter riprendere una ricerca iniziata per caso Tanno scorso e di
scrivere la storia delle Chiese di
Massello, Perrero, Rodoretto, ripresentando anche le sconfitte.
Ho iniziato la ricerca per caso,
quando uno di quei cercatori di
un’identità perduta che tornano
al paese di origine dei loro genitori dopo vari decenni per averne la genealogia, mi ha chiesto di
consultare per lui l’archivio ecclesiastico. Ho trovato Tatto di
battesimo di « un enfant de sexe
féminin », presentato alle 10 delTll novembre 1857, all’età di un
mese e otto giorni. Si chiamava
Caterina ed era figlia di Pons
Jean Pierre de Pierre, delle Alasse e di Tron Catherine d’Abraham. di Salza, che era seconda
moglie di Jean Pierre, che era rimasto vedovo di Pons Marguerite, morta sei anni prima alTetà
di 31 anni.
Al posto della firma della sposa, c’è una croce. La sposa è
« illétrée », analfabeta. E come
lei ce ne sono tante. E anche come la prima moglie. Gli atti di
sepoltura sono in numero impressionante di donne tra i venti
e i trent’anni o di bimbi al di sotto di un anno. Non è difficile immaginare di che cosa sono morte le donne. Il Jean Pierre e la
Catherine hanno, in parte vivi e
in parte morti, altri sette figli. Di
alcuni ho rilevato Tanno di nascita: 1854; 1855; 1857; 1859; 1861;
1862; 1864. Non c’è bisogno di
commento. Né alle Alasse, né tra
i più vecchi di Massello ho trovato alcuno che sapesse qualcosa di questa famiglia, evidentemente emigrata, con un discendente che vive oggi a Marsiglia.
Non solo vinta, ma cancellata dal
ricordo del mondo in cui viveva.
E forse ce ne sono tante, più o
meno così.
I nostri vinti
e il nostro oggi
Mi si perdonerà se indulgo ancora a parlare di noi, di me.
Quando salgo alle Grangette con
la neve, per la riunione quartierale, devo andarci a piedi, almeno per Tukimo tratto. Lungo il
costone che limita il vallonè di
Faetto verso occidente, è dato
di vedere quasi tutto il territorio
della chiesa di Ferrerò. Sopra la
testa — letteralmente—, c'è il
Poumarat, con la sua scuola crollante, inerpicato su per la montagna, disabitato. A metà costa a
sinistra si vede la mulattiera per
Roccia Indritti, dove pure c’era
una scuola ancora attualmente
in stato non pessimo, disabitata.
A destra lontano, vedo il tempio
di Maniglia; la stradina che sale,
tratti del valloncello col Boucet,
Clot daa Zors, Quins, che un tempo faceva quartiere, oggi disabitato. Penso ai pastori che giravano a piedi fino agli anni del secondo dopoguerra da un’estremità all’altra di questa zona a visitare le famiglie nelle case ancora in parte illuminate col petrolio. Penso al Crosetto, che non
appare alla mia vista, pure disabitato d’inverno. Erano i vinti
quelli che ci stavano o sono vinti
quelli che non ci possono più stare oggi? Non lo so. Quello che mi
sembra certo è che non erano
vincitori quelli che ci abitavano
nelle condizioni che conosciamo,
né quelli che oggi non ci stanno
più e che rischiano, più di quelli,
di essere continuamente travolti
nella loro dignità di uomini, nella loro libertà, nella loro fede.
Se non lo sono, allora, oggi come ieri, possono vedersi per fede, più che vincitori. « Come
moribondi, eppure ben vivi »
(II Cor. 6: 9-10). Sappiamo anche, però, che quando c’è questa
vittoria le cose non possono restare come sono.
c. tron
Assemblea delle cerali
Tutti i responsabili o delegati delle
Corali sono invitati a partecipare alTAssemblea delle corali che avrà luogo domenica 13 c.m. alle ore 15 nei locali
del presbiterio della chiesa di Pinerolo.
L'ordine del giorno prevede, tra Tal*
tro, la strutturazione deH'Assemblea e
suoi eventuali organi esecutivi, l'organizzazione delle feste di canto e di un programma televisivo per la F.E.l.
Considerata l'importanza dei vari argomenti in discussione si raccomanda la
partecipazione di tutte le corali e la
puntualità.
IL COMITATO DIRETTIVO
7
II novembre 1977
CRONACA DELLE VALLI
Alle scuole elementari di Ahgrogna
Per ora niente
tempo pieno!
Alle scuole elementari di Angrogna-Capoluogo, per ora, niente tempo pieno!
Non è uh caso isolato la situazione della nostra scuola, ma
rispecchia la linea politica portata avanti dall’attuale governo
e dal ministro della P.l. Malfatti. In tutta Italia si è verificato
per il corrente anno 1977-78 un
« taglio » a tutte le nuove richieste di sperimentazione e anche,
come il caso di Angrogna, a
quelle in atto già da alcuni anni. La scusa? Quella di sempre :
c’è la crisi, occorre ridurre le
spese, il personale, limitare i
nuovi posti di lavoro agli insegnanti... tanto i precari possono
aspettare nelle liste di collocamento! e il tempo pieno della
scuola si garantisce magari con
i doppi turni.
Si dimentica che la crisi viene pagata solo da qualcuno, in
primo luogo dai lavoratori, dagli operai e dai contadini che
oltre a subire l’aumento dei
prezzi (dalla spesa quotidiana
agli affitti, ai trasporti...) e la
precarietà del lavoro in fabbrica, pagano anche il disservizio
della scuola per i loro figli, a
cui il tempo pieno dava una
prima risposta positiva.
La scuola non deve rimanere
subordinata alla crisi che, comunque, non si risolve con una
restrizione delle spese, ma con
una diversa qualificazione degli
interventi, anche per la scuola
dell’obbligo, e una diversa distribuzione delle risorse e della
spesa pubblica.
Il Consiglio di interclasse di
Angrogna, su proposta dei rappresentanti del capoluogo ha ribadito già nella seduta del 3 ottobre scorso il suo disappunto
e il suo rammarico contro la
decisione ministeriale, interessando le organizzazioni sindacali e tutte le forze sociali disponibili ad appoggiare la richiesta.
La stessa interclasse tuttavia
voleva conoscere, ancora una
volta, con precisione, quali sono le posizioni di tutti i genitori degli alunni del capoluogo, riguardo alla sperimentazione. Per
questo motivo, gli insegnanti
hanno distribuito una letteraquestionario alle undici famiglie interessate, per un totale di
tredici bambini. Hanno risposto SI al tempo pieno 7 su 11
e 1 motivi principali di tale risposta sono stati : « Perché i
erano più seguiti »,
« Perché c’era più tempo per le
diverse attività (musica, pittura, drammatizzazione ecc.) » e
« Perché non si davano compiti
a casa ». Quelli che hanno ri
ANGROGNA
• L’assemblea di chiesa, svoltasi — dopo un breve culto — domenica 6, presenti una trentina
di elettori, ha ascoltato le relazioni (ampie e precise) dei nostri delegati alla Conferenza e
al Sinodo. Inoltre, sulla questione finanziaria, i presenti accogliendo l’invito del Sinodo ad
adeguare le proprie contribuzioni sull’ordine del 15%, hanno richiesto d’informare tutta la comunità, sui dati di consuntivo e
preventivo riferiti alla documentazione finanziaria della
Commissione Distrettuale, attraverso le riunioni quartierali.
• Nel pomeriggio di domenica 6
SI sono svolti i funerali di Rivoira Maria Caterina (detta
Margherita), deceduta all’età di
88 anni, alle Casse (Cumin). Alla comunità raccolta per le esequie è stato annunciato l’Evangelo della risurrezione. Ai familiari la nostra simpatia e solidarietà cristiane.
• Domenica 20 si terrà, presso
il tempio del Capoluogo una
giornata, organizzata nell’ambito del Circuito, sul tema della
« educazione cristiana alla fede»; tema sinodale proposto alla riflessione delle comunità.
Dopo il culto, ci si trasferirà
nella Sala Unionista per un’agape fraterna (pranzo al sacco) e
alle 14,30, dopo una breve introduzione, si avrà uno scambio di
idee ed esperienze su questo argomento.
sposto NO, cioè quattro, come
motivo hanno addotto principalmente : « Perché il T.P. va
bene solo per i più grandi », infatti sono genitori di bambini
del primo ciclo. Non è risultato
quindi una opposizione totale
alla scuola a tempo pieno, con
i suoi contenuti, i suoi nuovi
metodi e le diverse attività.
Continueremo, quindi, come
insegnanti e con i genitori ad
impegnarci affinché ci VENGA
RESTITUITO il tempo pieno,
non permettendo che si dimentichino tre anni di lavoro, di
sperimentazione, che fra l’altro,
dava la possibilità ai bambini
di stare insieme per cinque giorni la settimana, per tutto il
giorno.
Bruna Peyrot
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Assemblea di chiesa
Come già notificato, domenica 13 c. m. alle ore Ift, dopo il
culto, avrà luogo l’Assemblea di
chiesa, chiamata ad esprimere
la sua volontà perché il pastore
Taccia prosegua o meno il suo
ministero nella nostra comunità, essendo per scadere il primo settennio.
Il concistoro richiama ogni
membro elettore al proprio senso di responsabilità perché non
venga a mancare il numero legale dei votanti al fine di non
pregiudicare la validità dell’Assemblea.
VILLAR PEROSA
Sabato pomeriggio si sono
svolti i funerali della sorella
Justet Alma Adeje, deceduta improvvisamente a Piano Maurino
all’età di anni 71.
Rinnoviamo ai familiari la
fraterna solidarietà della chiesa.
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE
Aperto il dibattito
sul piano di sviluppo
Il Consiglio della Comunità
Montana si è riunito il 26 ottobre per dibattere il piano di sviluppo della Val Pellice e presentare la costituzione del consultorio familiare.
Il piano di sviluppo è stato
presentato dal presidente arch.
Congo. Un’esposizione chiara,
ricca di punti interessanti che
ha provocato, subito, una discussione fra consiglieri della
maggioranza e della minoranza.
Questo primo confronto, del resto era inevitabile poiché il piano di sviluppo viene a toccare
tutta una serie di problemi importanti nella vita della nostra
valle. Si pensi all’agricoltura,
agli insediamenti industriali, al
turismo... non abbiamo lo spazio per passare in rassegna tutti gli aspetti di questo piano che
dal consigliere C. Martina è stato definito « un libro dei sogni »
(una battuta che ci vede in parte d'accordo). Un punto si è rivelato subito « caldo », e a questo vorremmo brevemente ac
cennare anche perché è stato
ripreso, due sere dopo, nell’incontro fra Comunità Montana e
popolazione sul Distretto scolastico (che si voterà il 15 dicembre). Si tratta del capitolo scuola pubblica e/o scuola privata
emerso, dalla lettura del piano,
per due volte. La prima quando si viene a parlare della scuola materna statale che dev’essere potenziata ed estesa; la seconda quando, parlando delle
scuole medie presenti nel territorio, si accenna, in prospettiva, ad un ’riassorbimento’ della
scuola privata.
Lo schieramento DC (con l’intervento del sindaco di Luserna) ha criticato sia il progetto
di espansione della scuola materna statale (critica scontata
per un democristiano, meno
scontata per un amministratore
della cosa pubblica) sia, per coerenza — come è stato detto —
il ventilato progetto che riguarda la scuola media pareggiata.
Per quel che ci concerne, ritenendo che sia motto importante chiarire al nostro interno i
terniini del problema e far luce
sugli aspetti autenticamente
evangelici della questione (che
possono voler dire disponibilità
a rinunciare alle proprie istituzioni), non si capisce bene però
perché il discorso del ’riassorbimento’ non dovrebbe ugualmente riguardare allo stesso modo
tutte le scuole non statali della
fascia dell’obbligo, presenti in
valle.
Sul Consultorio familiare, l’assessore Marco Armand-Hugon
(subentrato all’avv. Ettore Beri)
ha letto i nomi di coloro che
faranno parte del comitato di
partecipazione che dovrà gestire il Consultorio (la prospettiva
finale rimane l’Unità locale dei
servizi) insieme agli operatori
della Comunità Montana. A far
parte del comitato di partecipazione sono stati ammessi rappresentanti di Comuni, di organizzazioni di base, di organizzazioni femminili, di forze sindacali (UIL), forze sociali (ACLI),
di organi collegiali della scuola etc.
L’assessore ha comunicato
i nominativi dell’équipe del consultorio, di cui fanno parte un
ginecologo, un’assistente sanitaria, due assistenti sociali e una
applicata. Il Consultorio s’aprirà il 1“ dicembre e la sua funzióne è direttamente collegata
con la partecipazione popolare,
specialmente delle donne. A Torre, Lusema, Bricherasio si apriranno tre centri consultoriali. Il
decentramento dovrebbe aiutare il positivo sviluppo di questa
struttura sanitaria.
(g- P.)
SAN SECONDO
Due famiglie sono state colpite dal lutto in questi ultimi tempi. Fiorenzo Montaldo (Bricherasio) ha perso il padre Beniamino, deceduto all’età di 75 anni. Il padre di Graziella Griotto
Romano (Pinerolo) è stato vittima di un mortale incidente sul
lavoro.
A queste famiglie così duramente colpite la Comunità invia
il suo pensiero fraterno e solidale.
POMARETTO
• La sig.na Laura Micol sarà
affiancata nel suo lavoro di archivista della chiesa dal sig. Guido Baret.
• Nel primo turno di riunioni
quartierali sarà presente con il
pastore un membro della commissione finanziaria della chiesa allo scopo di illustrare il bilancio preventivo della tavola
per Tanno 1978.
• Sabato sera 5 novembre ha
avuto luogo in Porósa Argentina, nella sala Lombardini, un
incontro con i genitori dei catecumeni. Ospiti il gruppo Abele, psicoioga Laura Noce. Tema
della riunione : « La droga ».
Malgrado l’importanza primaria del tema trattato la presenza del pubblico era molto
scarsa.
Doni ricevuti per l’Uliveto
(da giugno a ottobre 1977)
Silvio e Stellina Mariotti, Torino
25.000 Giuseppina Balsamo Colombo
2.000; Unione Femminile S. Secondo
200.000; Unione Femminile S. Germano 200.000; Missioni Chiesa Avventista, Roma 100.000; Aldo e Dolores
Arese 10.000; famiglia Lenani in memoria di Mario Lenani 50.000; Istituto Bancario S. Paolo 50.000; N.N.
10.000; Scuola Domenicale di Pinerolo
64.500; Brusco Gay Emestina 12.500;
Giuseppina Balsamo 1.500; N.N., Torino 100.000; Chiesa Valdese New
York 35.080; Gardiol Ada Vicino, ricordando i suoi cari 5.000; Paschetto
Gino 2.000; Forneron Sergio e Mirella 5.000; Godino Ernesto e Cecilia
5.000; Romano Paschetto Evangelina
1.000; Chialvo Ruggero e Norma
3.000.
Ricordando Aline Ribotta
La conobbi all’inizio della guerra
quando era una ragazzina di quindici
anni, ipiena di brio e di buon senso, allegra, gioiosa, servizievole, con una
grande volontà di far qualcosa di utile
e costruttivo; cominciò a lavorare nell’Unione dei Coppieri, per poco però,
perché si dovette chiudere TÙnione per
la guerra e quegli anni li passò con
trepidazione e ansia, per i suoi fratelli coinvolti nel conflitto. Appena finita la guerra, ecco Aline in testa ad
aprire TUnione per fare qualcosa di
utile e soprattutto per trovarsi insieme, per gioire un po’, dopo tante sofferenze e patimenti, e si cominciò a
lavorare insieme in tanti modi nella
corale, nella filodrammatica, nelle visite alle altre Unioni della valle e della parrocchia, per scambiarsi opinioni
ed esperienze; furono gli anni più prosperi dell’Unione dei Coppieri in cui si
aiutò la Chiesa in tanti modi, coi proventi delle recite. Tutto era da rifare.
Poi si sposò e TUnione perse uno dei
suoi membri validissimi; fu una buona sposa e madre, e la nostra amicizia
continuò e fu sempre collegata all’Unione a cui si interessava. Ogniqualvolta
che passavo da lei, la sua casa era
sempre aperta e mi riceveva col suo
sincero fraterno gioioso sorriso, che
non vedremo più, però non potremo
dimenticarla, lei non è più in mezzo
a noi materialmente ma lo è spiritualmente. Una parola di conforto giunga
da queste righe al suo compagno e
sposo da tutti i vecchi unionisti, e alla
famiglia che è stata privata della loro
cara e che tanto avrebbe ancora avuto
Hanno collaborato a questo
numero: Marco Bounous Franco Davite - Paolo Ferrerò - Marco Garrone - Dino
Gardiol - Luigi Marchetti Silvio Martinat - Teofilo Pons
- Enrica Rochon - Paolo
Sbaffi.
bisogno del suo affetto e aiuto, ma noi
ci inchiniamo alla volontà del Signore.
S.M.
BOBBIO PELLICE
Durante l’assenza del pastore
Bellion, che si è recato in Isvizzera per una serie di conferenze sulla Chiesa Valdese per incarico della Tavola, i culti del
23 e 30 ottobre sono stati presieduti dal predicatore laico
anz. Dino Gardiol di Luserna
San Giovanni. La chiesa lo ringrazia per i suoi messaggi attuali e concreti.
Durante il culto di domenica
6 novembre, culto della Riforma, abbiamo avuto con noi il
pastore Paul Kühn, della Repubblica Democratica Tedesca,
che ci ha indirizzato un breve
messaggio. Egli si era precedentemente incontrato con i catecumeni e dopo il culto ha ancora accettato di rispondere ad alcune domande sulla situazione
della Chiesa nel suo paese. La
comunità gli ha espresso il suo
saluto e l’augurio che, seppure
in condizioni assolutamente diverse dalle nostre, il Signore dia
alla sua chiesa di poter essere
fedele annunziatrice delTEvangelo.
AVVISI ECONOMICI
CEDESI a Rorà negozio generi alimentari e di monopolio. Rivolgersi ad
Aladino Rivoira, 10060. Rorà.
Una strada maestra
con molti sontiori
(segue da pag. 3)
rado il « ministero d'xmità » è stato, nei fatti, ministero di scomunica più che di equilibrata messa
in valore di doni emergenti.
All’attivo
All’attivo del Colloquio: 1) si
è potuto parlare chiaro, ma si è
rimasti in un'atmosfera di cordialità non formale, vi sono stati
momenti di comunione, anche se
frantumata e piena di contraddizione; e questo fra persone provenienti da tutte le tradizioni
confessionali e da tutte le Europe, Est e Ovest, Nord e Sud (anche se con vistosi ’’buchi”); la
Parola di Dio ci ha ripetutamente interpellati, insieme; 2) il nocciolo ecclesiologico (e quello teologico, anche più profondo) delle diversità è emerso con chiarezza scomoda ma netta; 3) si è
accantonato il progetto ambizioso di un concilio e si sono richiesti con più sobrietà passi modesti ma concreti verso un atteggiamento conciliare (v. soprattutto le raccomandazioni del 4°
gruppo: colloqui e incontri interecclesiastici a livello locale,
scrivere e insegnare la storia
ecclesiastica in prospettiva ecumenica, confrontare criticamente il rispettivo materiale per Tinsegnamento cristiano, intercessione, scambio regolare e intenso d’informazioni, cooperazione
nel servizio in Europa); 4) l’incontro con la spiritualità e la
teologia ortodosse, a noi così poco nóte. L’accoglienza della Chiesa ospite è stata delle più calde
e generose.
RINGRAZIAMENTO
La moglie e i figli del compianto
Guido Pons
commossi e riconoscenti ringraziano
tutti coloro che in qualsiasi modo,
hanno preso parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare al Pastore Platone, al Dott. Avanzi, al cugino Bertalot Alessio e moglie e ai vicini di casa.
Angrogna, 11 novembre 1977.
RINGRAZIAMENTO
I figli della compianta
Long Lidia ved. Long
di anni 86
sentitamente ringraziano tutti coloro
che con scritti e di presenza hanno preso parte al loro dolore; in modo particolare il Pastore Genre e Signora, il
Dott. Bertolino, i partigiani sangermanesi, i vicini di casa, gli amici del nipote Aldo, i compagni di lavoro di Ermanno e di Guido.
Ciotti di PramoUo, 29 ottobre 1977
RINGRAZIAMENTO
I figli della compianta
Adelina Coìsson ved. Tomasini
con le rispettive famiglie, non potendolo fare personalmente, ringraziano
tutti coloro che di presenza o con
scritti hanno preso parte al dolore per
la scomparsa della cara Mamma; un
ringraziamento particolare alla Direzione e al personale dell’Asilo dei vecchi e al Dottor Avanzi.
Torre Pellice, 26 ottobre 1977
SERVIZIO MEDICO
Comuni di ANGROGNA - TORRE
PELLiCE - LUSERNA S. GIOVANNI
- LUSERNETTA - RORA'
Dal 12 al 18 novembre 1977
Dott. PIERO SCAROGNINA
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Luserna S. Giovanni
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festivo e notturno
Domenica 13 novembre
FARMACIA MUSTON
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Via della Repubblica, 25 - 91.328
Martedì 15 novembre
FARMACIA INTERNAZIONALE
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Domenica 13 novembre
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Torre Pellice: Tel. 90118 -91.273
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Torre Pellice: Tel. 91.365-91.300
Luserna S. G. Tel. 90.884 - 90.205
8
I
1%.
8
Il novembre 1977
GERMANIA FEDERALE
Da cittadini a sudditi?
Il "Berufsverbot" e lo "Stato forte"
La vecchia corrente anticomunista degli anni ’30 sta risorgendo nella Germania del 1977?
Da cinque anni, da quando è
passato il decreto contro « gli
estremisti nei pubblici impieghi» (un ’errore madornale’
ha dichiarato, l’anno scorso,
Willy Brandt, cancelliere al
tempo del decreto), universalmente noto come ’Berufsverbot’,
la democrazia tedesca non ha
fatto che peg^orare. Impossibile enumerare i casi reali colpiti
dal ’Berufsverbot’; secondo alcuni solo poche decine, secondo
altri alcune migliaia. Mancano
dati ufficiali. Ma al di là delle
cifre ciò che conta è l’atmosfera incombente di paura che grava sulle forze democratiche di
questo Paese.
Nato come filtro per garantire a funzionari d’ordine l’accesso a posti statali contro l’immissione delle masse politicizzate degli anni ’67-’68, che s’affacciavano ormai sul mondo del
lavoro (e quindi ai pubblici impieghi), il decreto non ha certamente deluso le aspettative del
Nel prossimo numero:
■ UNA VOCE DALL’AMERICA LATINA — Due pagine a cura delta «Federación Femmina Vaidense »
del Rio de la Piata.
■ Il documento del "Gruppo di Bellerive" sul proble-ma energetico con l’adesione del presidente onorario
del CEC Dr. Visser’t Hooft.
m DUE DONNE SPERANO ANCORA, il premio
Nobel della pace alle fondatrici del movimento irlandese « Peacé People »,
la Gestapo era stata installata
una rete di delazioni così vasta» (Rinascita, n. 40/’77).
Secondo Heinrich Boell, scrittore democratico (il Moravia
dei tedeschi), il decreto d’interdizione « impedisce ogni discussione radicale, politica e intellettuale, teorica e pratica: scoraggia i giovani desiderosi di
lavorare nei pubblici servizi, li
obbliga a umilianti adattamenti o all’ipocrisia. È un decreto
contro la speranza che introduce l’ipocrisia e la disperazione »
(Réforme del 15.2.’75). Le conseguenze del giro di vite tedesco si sono avvertite, con maggiore intensità, con il raid di
Mogadiscio e il giallo del carcere di Stammhein (vedi EcoLuce, n. 44). Al di là della cronaca dei fatti che ormai tutti
conosciamo (e il cui commento
finisce inevitabilmente per contrapporre lo ’Stato di diritto’
ad uno ’Stato totalitario’) ciò
che preoccupa la coscienza democratica è il modello attuale
della Germania e la sua forza
d’imporsi nel quadro europeo.
Intanto non va dimenticato che
l’economia tedesca, in Europa,
è la più forte e lo stesso vale
per il suo esercito nell’ambito
della NATO; non si tratta quindi di osservare il destino di un
Paese a rimorchio (economicamente e politicamente ricattabile come il nostro) ma di un
Comitato di Redazione : Bruno Bellion, Giuliana Gandolfo Pascal, Marcella Gay, Ermanno Genre, Giuseppe Platone, Paolo Ricca, Fulvio Rocco, Sergio Rostagno, Roberto Sbaffi,
Liliana Viglielmo.
Direttore: FRANCO GIAMPICCOLI
Dirett. Responsabile : GINO CONTE
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- economici 150 per parola.
Fondo di solidarietà : c.c.p. 2/39878
intestate a : Roberto Peyret • Corso
Moncatieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175,
8 luglio I960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
Paese fortemente trainante, capace cioè d’invadere i mercati
con i suoi prodotti accompagnati dalla garanzia- dello « Stato
forte ».
In questi giorni è stato reso
pubblico l’incartamento governativo sulle vicende di quest’ultimo periodo in Germania Occ.
(rapimento Schleyer e dirottamento a Mogadiscio), ma prima
ancora di commentare la ’verità di Stato’ il dibattimento al
Parlamento di Bonn si è spostato sulla schedatura dei «simpatizzanti» dei terroristi. Tra i
primi nomi figura quello del
teologo evangelico Helmut Gollwitzer che, sulla lista, si trova
in buona compagnia con altri
colleghi pastori compreso il luterano Scharf, vescovo di Berlino. Avviata, ormai con certezza da qualche anno, la lista dei
comunisti, degli anticostituzionali dichiarati, dei manifestanti
anticapitalisti si apre ora quella dei loro « simpatizzanti ». Il
« Berufsverbot » colpirà anche i
simpatizzanti? Simpatizzare può
diventar reato? Certamente, questa volta, la nuova discriminante che i reazionari vogliono introdurre è talmente grossolana
che socialdemocratici (SPD) e
liberali (FDP) non gliela faranno passare nel tentativo di salvare (ma bisognerà dare battaglia) un minimo di libertà
alla critica del sistema. Nel frat
tempo, comunque vadano le cose, il « Berufsverbot », questo
decreto liberticida, ha acquistato diritto di cittadinanza e tenta ora, facendo leva sulla paura
deH’opinipne pubblica di fronte
al terrorismo ( sapientemente
coltivata dalla stampa del colosso Springer: solo il ’Bild Zeitung’ tira 4,5 milioni di copie),
di allargare i suoi confini.
In questo quadro, mi pare,
ne deriva un conseguente potenziamento dei servizi segreti
di sicurezza che, nell’ultimo dopoguerra, (si pensi al ruolo della CIA o al nostro SID) in alcuni Paesi capitalisti hanno fatto la parte del leone, pur muovendosi tra le quinte.
Eppure, paradossalmente, oggi in Germania, le speranze democratiche sono tutte puntate
sul governo Schmidt, considerato l’ultima diga contro le richieste di nuove leggi repressive. Se
nella prossima tornata elettorale la maggioranza dei seggi se
la prendessero i democristiani
(al cui mulino il terrorismp ha
portato molta acqua) capeggiati dal bavarese Strauss, dall’attuale coalizione governativa basata sulla paura si passerebbe
ad un governo del terrore, che
ha già pronte nel cassetto le liste dei condannati, ’simpatizzanti’ compresi.
G. Platone
[
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Violai
le forze reazionarie che l’avevano proposto. Da decreto è diventato poi, nell’ottobre ’75, esame
obbligatorio per sincerarsi della « fedeltà alla Costituzione »
dei candidati agli impieghi pubblici. Ed è proprio allora che
nasce la versione più subdola
del « Berufsverbot » : non solo
scacciare l’impiegato preso con
le mani nel sacco (basta partecipare ad una qualsiasi manifestazione anti-imperialista) o con
in tasca la tessera del. DKP
(partito comunista tedesco) ma
scartarlo fin dall’inizio, sulla base di un preciso interrogatorio
accompagnato '^dal suo ’dossier’
personale, per lasciare libero il
posto a-uomini dell’ordine. Inutile dire che chi è bollato dal'
’Berufsverbot’ non ha migliori
possibilità d’impiego nell’industria privata. Esiste inoltre, accanto a tutto questo, un’incredibile organizzazione, sorta sull’onda del decreto, d’informazioni e schedature e — come
ha osservato Lucio Lombardo
Radice —- « neanche nel 1933 per
“Venne a mettere la spada”,
quale spada?
ma
La teologa tedesca Dorotea Solle ha tenuto, nell’ottobre
scorso, un esposto alla facoltà
teologica protestante di Parigi,
ove si è svolto un colloquio sul
tema: « Diversità delle teologie
e edificazione della Chiesa » (in
occasione del centenario della
facoltà stessa). Riportiamo da
« Le Monde » (del 26.10.’77) la
parte finale di quell’esposto.
« Gesù Cristo non è venuto a
portare la pace, ma la spada
(Matt. 10: 34), com’è scritto nel
contesto della preparazione alla
croce. Egli non ha portato una
pace alla Kissinger, non una pace in cui l’ingiustizia dominante si trovi garantita dalle forze
di polizia. Non è possibile la
pace fra quelli che sono affamati da una parte, e quelli che hanno malattie di supernutrizione
dall’altra. L’assenza di guerra,
che noi abbiamo l’abitudine di
chiamare pace, non è possibile
che al prezzo delle forme violente e brutali della repressione. (...)
Esistono, nella nostra società,
degli uomini che divengono invisibili, delle persone che vengono trasformate in non-persone. Tutto ciò con la forza di certe strutture economiche, sociali
e politiche, che sono rivelatrici
ed occultanti, che scoprono e
nascondono al tempo stesso. Così accade che certe persone possiedono titoli ed azioni delle
ditte sudafricane, ignorando per
lo più che il loro denaro contribuisce a mantenere a caro
prezzo la vita, e a poco prezzo
la mortalità infantile.
Per render visibile ciò ch’è
invisibile, bisogna partecipare
alla "guerra" di Gesù, ma ciò
non implica necessariamente la
violenza armata. Infatti esistono diverse forme di lotta, e il
terrorismo individuale di alcuni
"ultras”, quale attualmente si
manifesta nella Repubblica Federale Tedesca, non ha il minimo rapporto con la lotta di classe, né coi fini né coi metodi di
questa. (...) Si arriva così al
concetto d’“impegno collettivo”,
che é una delle dimensioni della croce. Non basta sognare un
sogno individuale di vita miglio
re: occorre che un tale sogno
venga annunziato e comunicato
agli altri. (...) Io parlo qui nel
nome di tutti coloro, che sono
in questo momento torturati, o
che nella loro prigione attendono il prossimo interrogatorio. Si
tratta del numero crescente di
preti e di monache, di cristiani
e di altri che, da molto tempo,
non trovano più accoglienza e
patria nella Chiesa. Ma essi hanno seguito la chiamata di Gesù
ed hanno caricato sulle proprie
spalle il legno della croce. Se
esìste, da qualche parte, una
speranza per la Chiesa, ebbene
tale speranza s’incama in quegli uomini ».
Queste splendide, profonde e
commoventi riflèssioni ci hanno
indotti a meditare su un vizio
ovunque diffuso: quello di accusare sempre gli altri, considerando se stessi implicitamente superiori. Quest’estate, per
es., all’epoca della campagna, su
certa stampa tedesca, a base di
« rivoltelle sugli spaghetti » (la
vignetta, apparsa su un rotocalco tedesco e riprodotta come
documentazione anche in Italia,
è nota a tutti), un professore
tedesco ci diceva: « Wir sind fùr
Italien sehr besorgt n (=Noi siamo molto preoccupati per l’Italia). Certo son degni di gratitudine coloro che si preoccupano
delle nostre pene e dei nostri
dolori, e guai a noi se non ci
preoccupassimo affatto delle pene e dei dolori degli altri!
Ma è questione di tono: c’era,
in quell’esclamazione del professore tedesco, un accento di
sufficienza che non ci piacque.
Come se avesse aggiunto: « Wir
aber... » ( = Noi invece...).
Inversamente anche noi italiani incorriamo nello stesso vizio, quando ci atteggiamo a superiorità nei confronti dei tedeschi: «Riconosciamo i difetti
degl’italiani, ma in ogni caso
preferiamo essere italiani piuttosto che tedeschi » (Eugenio
Scalfari). È questione di tono,
per l’appunto.
Il difetto è diffuso, del resto,
anche all’intemo dell’Italia stessa. Personalmente non abbiamo
ancora avuto l’occasione di co
noscere un solo torinese che non
sarebbe disposto a sottoscrivere
la dichiarazione: « meglio torinesi che siciliani ».
A parte la questione morale,
una cosa è certa: la solidarietà
dell’Italia con tutte le nazioni
che la circondano nel bene come nel male. Il pericolo del terrorismo degli estremisti è fortemente contagioso: esso tenderà a dilagare in tutta Europa,
e perciò è necessario che le forze sane di tutta Europa si uniscano, non per combatterlo con
l’opposto terrorismo (quello di
Stato), ma per convincere noi
stessi e gli altri fiella necessità
del rispetto della legge e del costume democratico. Poiché democrazia e libertà esigono lo
sforzo, costante e tenace, da
parte di ognuno, di convincere
tutti, sia italiani che stranieri,
con le idee e con la parola, non
con il mitra né con le bombe.
’Protestantesimo’
Testimonianza
dei diaiogo:
ia taoiogia di
Giovanni Miagge
Trasmissione di domenica 13 novembre dopo il
telegiornale della notte.
Nel filmato che la rubrica Protestantesimo presenta questa sera viene ripercorso l’itinerario intellettuale e umano di questa fondamentale figura
della cultura italiana protestante dalle esperienze
di pastore in una comunità rurale nelle Valli vaidesi alle giornate teologiche del Ciabas all’insegnamento alla Facoltà valdese di teologia di Roma.
Fondata
la “Lega
antinucleare”
La Lega è sorta ai primi di luglio nel corso del convegno internazionale organizzato a Roma e
si è costituita come sezione italiana degli « Amici della terra ».
Il programma consta dei seguenti punti-base: l’avvio delle
prime iniziative legali;' un’attività editoriale sia di libri di divulgazione. che di elaborazione del
problema energetico; la raccolta di firme per una proposta di
legge di iniziativa popolare per
la modifica della legge n. 393/75
(individuazione dei siti per le
centrali nucleari); la formazione
di un archivio di documentazione; un ciclo di dibattiti in varie
città; la raccolta di adesioni ad
un appello per la moratoria nucleare.
L’iscrizione costa L. 10.000 all’anno e più ampie informazioni
si possono avere presso la Lega
per l’energia alternativa e la lotta antinucleare, sezione italiana
de « Gli Amici della terra », Piazza Sforza Cesarini 28, Roma - telefono 655308.
Ama il tuo
prossimo
come te stesso
(segue da pag. 1)
nella chiesa cristiana chi è e
dov’è il prossimo? E’ forse l’amico tuo, il tuo vicino? Un attento
esame della parabola del buon
samaritano ci mostra che colui
il quale ha posto la domanda sul
prossimo se la vede ora riproporre in forma diversa: « Chi fra le
persone che sono passate per
quella strada, è stato il prossimo
dell’uomo assalito dai briganti?
La domanda « chi è il mio pros
simo? » si capovolge in un'altra
domanda: « Di chi sono io il.
prossimo?» (Borknamm).
« Sì, a distanza ognuno sa chi è
il suo prossimo; ma Dio solo sa
quanti lo sappiano veramente, da
vicino. E invero, a distanza, il nostro prossimo è una pura fantasia, il suo nome significa colui
che è vicino, l’uomo a portata di
mano, ogni uomo in assoluto. A
distanza il prossimo è un’ombra
che passa come un fantasma nella nostra mente. Forse, purtroppo, non scopriremo mai che proprio colui il quale in questo stesso istante ci passa accanto è il
nostro prossimo » (Kierkegaard
■ cit. da Borknamm).
Proprio così: riconosciamo pure che, molte volte non siamo
stati il prossimo degli altri e, imperturbabilmente, siamo passati
oltre, dal lato opposto. Eppure,
scrive l’apostolo Paolo: « L’amore non fa male alcuno al prossimo; l’amore, quindi, è l'adempimento della legge. Infatti il non
commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non concupire
e qualsiasi altro comandamento
si riassumono in questa parola:
« Ama il tuo prossimo come te
stesso ». Non abbiate alcun altro
debito con alcuno, se non d’amarvi gli uni gli altri; perché chi
ama il prossimo ha adempiuta
la legge » (Rom. 13: 8-10).
Rimangono da segnalare tre
brevi parole: Ama il tuo prossimo « come te stesso ». Qual è il
loro significato? Forse che dobbiamo presentarci agli altri come un perfetto modello di amor
del prossimo? Chi è da tanto e
chi, volendo immedesimarsi nella
situazione altrui, non prova un
senso di inadeguatezza e di egoismo personale?
Effettivamente, l’amore per se
stesso è una cosa che l’uomo riesce sempre a comprendere molto
bene. Per quanto ci riguarda,
sappiamo sempre trattarci bene,
renderci facile la vita per quanto possibile, accettare rinunzie e
sacrifici. Conoscendo a fondo
cosa sia l’amore di sé, sappiamo
anche quali sono i nostri doveri
verso gli altri. L’amore supera
molte barriere per amore di Dio
e del prossimo, ci affranca dalla
.schiavitù dell’egoismo e ci rende
facitori della regola d’oro che dice così: « tutte le cose dunque
che voi volete che gli uomini vi
facciano, fatele anche voi a loro » (Matteo 7: 12).
Ermanno Rostan