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Anno VII
numero 39
del 8 ottobre 1999
Lire 2.00Ò - Euro 1,03
Spedizione in a. p. 45%
art. 2 comma 20/B legge 662/96
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CHI HA PECCATO?
«Se diciamo di essere senza peccato,
inganniamo noi stessi e la verità non è
in noi»
I Giovanni 1, 8
MI stupisco del gran rumore, anche
in campo laico, che ha fatto seguito alla catechesi papale sul perdono
del 1 ° settembre. Il papa non ha fatto
altro che ripetere qualcosa che ha già
detto altre volte, ma stavolta l’ha fatto
informa più organica, magisteriale: riconosce che esiste una «implicazione
comunitaria del peccato e si è pronti
ad assumerla, chiedendo perdono per
le colpe storiche dei suoi figli». Per arrivare a questo occorre però un gran lavoro di analisi storica, in modo da «verificare gli eventi così come sono realmente avvenuti, tenendo conto dei
condizionamenti costituiti dai singoli
contesti culturali, prima di attribuire
ai singoli specifiche responsabilità morali». La Chiesa «non teme la verità che
emerge dalla storia ed è pronta a riconoscere gli sbagli, là dove sono accertati da una onesta ricostruzione scientifica, libera da pregiudizi di tipo confessionale e ideologico» sia per gli addebiti che le vengono mossi, sia per i torti
che essa ha subito. Quando «sono accertate da una serie indagine storica, la
Chiesa sente il dovere di riconoscere le
colpe dei propri membri e chiederne
perdono a Dio e ai propri fratelli». Tutto questo nel contesto dell’anno giubilare e del perdono che esso proclama.
Due annotazioni a queste parole
impegnative ma non nuove. Si è
pronti a riconoscere le colpe del passato, ma solo dopo una seria analisi storica che tenga conto del contesto culturale e ideologico del tempo: questo corrisponde a una vera e propria assoluzione preventiva generalizzata, in
quanto se si agiva come anche gli altri
agivano, allora non si era troppo diversi dagli altri: il contesto era quello.
Se lo facevano tutti, la colpa è di tutti e
di nessuno: erano situazioni difficili
per tutti. Mentre si chiede una seria indagine storica sul passato, se ne fissano dei limiti molto angusti con dei parametri di valutazione ambigui. Se è
vero che «la Chiesa non tema la verità», allora bisogna lasciare l’indagine storica libera di utilizzare tutti gli
strumenti di analisi per avvicinarsi a
una lettura degli avvenimenti che abbia senso, senza pretendere di arrivare
alla verità storica, come se questa giustificasse una valutazione teologica.
U
'NA parola riguardo ^li «indizia
ti»: la catechesi papale fa espresso
riferimento «alle colpe dei suoi figli».
Questo è il vero punto del nostro dissenso: già in passato, in rapporto alla
tragedia della Shoà, si erano ascoltate
le stesse parole. Qualche figlio della
Chiesa può aver sbagliato, ma la Chiesa non può sbagliare. Questo modo di
ragionare non ci convince e lo rifiutiamo. Nel corso della storia non hanno
sbagliato soltanto alcuni singoli che
fanno parte della Chiesa, ma ha sbagliato la Chiesa, i suoi responsabili. Se
non si può sempre parlare di responsabilità soggettiva (ma ce n’è abbastanza
anche di questa), si deve almeno riconoscere una responsabilità oggettiva, o
almeno una responsabilità morale.
Quei singoli «figli» hanno sbagliato
perché si sono mossi in un contesto che
la stessa Chiesa ha alimentato. Ma perché è così difficile poter confessare
umilmente che la Chiesa ha sbagliato
qualche scelta e quindi chiede perdono
a Dio delle conseguenze? Se la Chiesa è
pronta a rimettere tanti peccati nel
corso del 2000, perché non inizia questo periodo giubilare con la richiesta
del perdono a Dio per le sue colpe nel
corso di questi 2000 anni? Solo una
Chiesa perdonata può sussistere dinanzi a Dio e perdonare in suo nome.
Domenico Tomasetto
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELlC^HE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
Il governo vara una legge finanziaria «leggera» per il 2000, ma i sindacati sono divisi
La difficile quadratura del cerchio
Occupazione e risanamento^ riforme strutturali e stato sociale più equilibrato in un orizzonte
europeo, ma l'inflazione risale e i partiti si concentrano soprattutto sulle prossime elezioni
DORIANA GIUDICI
Nessuno ha mai pensato che la
programmazione annuale delle
entrate e delle uscite (cioè la legge
finanziaria) abbia a che fare solo
con l’economia: ogni governo, al
momento del varo della Finanziaria
vi rispecchia se stesso, quindi il proprio elettorato con i suoi bisogni e i
suoi desideri. Questo spiega perché
quest’anno la Finanziaria per l’anno
2000, del governo D’Alema, voglia
essere poco dolorosa, cioè tagliare
poco sulle spese per lo stato sociale
e, inoltre, stanziare soldi per favorire l’occupazione. Si vuole infatti, attraverso questo tradizionale passaggio economico-istituzionale, ritrovare un consenso un po’ appannato. Però, sembra quasi che il diavolo
ci voglia mettere la coda... il varo
della manovra da 15.000 miliardi da
parte del Consiglio dei ministri, il 29
settembre, ha già prodotto un guasto: si è spaccato il fronte sindacale.
La Cisl prepara una manifestazione nazionale contro la manovra; la
Cgil invece la approva. L’unità sindacale, dopo anni di intensa collaborazione, si deteriora. È certamente un elemento negativo che accompagna la nascita di questa legge
che pure contiene alcune note positive: riduzione modulata di alcune
tassazioni (l’Irpef scende dal 27% al
26%) per i redditi fra i 15 e i 30 milioni; ulteriori sgravi per le famiglie
con redditi inferiori; detrazione
d’imposta per la prima casa; aiuto
finanziario alle nuove mamme. Attraverso la legge finanziaria, inoltre,
il governo ha voluto con alcune decisioni economiche a favore della
polizia lanciare un segnale della sua
attenzione e preoccupazione per
chi è in prima linea nella lotta contro la criminalità (altro tema che sta
molto a cuore ai cittadini).
Anche le risorse per favorire l’occupazione saranno aumentate ma,
soprattutto, attraverso questa legge
si punta a consolidare il risanamento dei conti pubblici. È per quest’ultima ragione che sia il presidente
della Repubblica, Ciampi, che il responsabile della Confindustria,
Fossa, hanno espresso un giudizio
favorevole. Il governo ha anche deciso di tener fermo il proprio proposito di introdurre un contributo
di solidarietà del 2% da sottrarre alle pensioni che superano i 138 milioni. Bisognerà vedere che cosa accadrà in Parlamento; magistrati, alti dirigenti statali e gli stessi parlamentari hanno già espresso la loro
contrarietà a questo provvedimento, che invece la maggior parte
dell’altra gente (che non raggiunge
questo tetto pensionistico) considera un segno importante per azzerare privilegi e ingiustizie salariali e
previdenziali. Sempre nel settore
previdenziale si prevede il prolungamento a 68 anni dell’età di pensionamento dei sacerdoti, al fine di
attenuare l’attuale già grave disavanzo del Fondo per il clero.
Sfuggirà all’attenzione dei più.
ma non alle imprese né alle lavoratrici, il fatto che in modo innovativo, in questa Finanziaria, si abbatta
di un punto il costo del lavoro femminile, per effetto della fiscalizzazione degli oneri di maternità. È un
piccolo ma significativo riconoscimento del valore sociale della maternità. In questo modo si rende un
po’ più «paritaria» la manodopera
femminile rispetto a quella maschile; un concreto tentativo per
non continuare a penalizzare chi,
lavorando, vuole diventare madre.
Molto problematico è invece il
punto della Finanziaria che si riferisce al pubblico impiego: il governo aveva inizialmente l’intenzione
di risanare decisamente uno dei
settori da sempre fonte di sprechi,
razionalizzando il metodo di acquisti di beni e servizi, da parte
della pubblica amministrazione. È
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il papa, le donne e l'Europa
Giovarmi Paolo II cerca sempre di valorizzare il
ruolo delle donne, a modo suo naturalmente. Così, il 1° ottobre ha proclamato «co-patrone» d’Europa tre sante, mettendole sullo stesso piano dei
tre santi che avevano già questo titolo: Benedetto
da Norcia (espressione del rinnovamento monacale latino), Cirillo e Metodio (gli «apostoli degli
slavi», espressione cioè deH’Europa orientale ortodossa). Le tre co-patrone sono: Edith Stein (di origine ebrea, uccisa ad Aushwitz), Caterina da Siena
(di nuovo il monacheSimo più schiettamente latino) e Brigida di Svezia (vissuta nel XIV secolo,
espressione di quell’Europa settentrionale passata
poi al luteranesimo). È chiara la visione del papa:
dopo le divisioni tra Oriente e Occidente, cattolicesimo e Riforma, donne e uomini e, se si pensa alla
Stein, chiesa e sinagoga, ecco un’Europa finalmente riunita in un’unica tradizione, quella cristiana,
quella autentica, cioè quella cattolica. Roba da brividi per chi, come noi, soffre per le divisioni ma
non per le diversità. Diversamente dal papa, noi
non abbiamo alcuna nostalgia di un’Europa unita
neH’uniformità cattolica (che non è mai esistita)
ma ci auguriamo un’Europa giusta, libera e solidale in cui i cristiani siano testimoni credibili. (e.b.)
Profughi dei Balcani
«Azione comune»
per l'accoglienza in Italia
È attivo da luglio il progetto «Azione comune»,
per fronteggiare l’emergenza umanitaria della
popolazione civile fuggita
dalle aree di guerra nella
Federazione jugoslava: il
programma di assistenza,
a cui partecipa fra gli altri
il Servizio rifugiati e migranti della Federazione
delle chiese evangeliche
in Italia (Fcei), è realizzato in Italia con il finanziamento della Commissione europea e del ministero dell’Interno. «Azione
comune» accoglie i profughi presso strutture
messe a disposizione da
dodici diversi enti, istituzioni e associazioni. Oltre
riuscito solo a modificare alcuni
meccanismi relativi al personale
dipendente, come bloccare la fuoriuscita dei dipendenti per i primi
sei mesi del 2000 e assumere anche
con contratti a part-time o a termine come già a'wiene nel privato.
Ma questa parte della finanziaria
può ancora subire cambiamenti:
bisognerà vedere cosa accadrà nella trattativa sindacale che ne seguirà (finora tutti i sindacati si sono dichiarati contrari) e anche in
Parlamento. Resta poco chiara tutta quella parte della Finanziaria
che avrebbe dovuto modernizzare
l’apparato pubblico. Preoccupano
soprattutto le imprevedibili ripercussioni nel campo dell’accesso al
lavoro. Non dimentichiamo che alcune recenti normative sui servizi
all’impiego (decentramento alle
Regioni, privatizzazione dell’avviamento, società miste pubblico-privato per il lavoro interinale ecc.) richiedono, con urgenza, personale
qualificato e innovazioni tecnologiche di tutto l’apparato pubblico.
Ma non basta. La Finanziaria per
l’anno 2000 deve fare i conti con almeno due grossi problemi: la situazione generale dell’economia europea e l’inflazione in forte risalita in
Italia, dove aumentano luce, gas,
acqua, carburante. Se non vi è dubbio infatti che in Italia urgono decise riforme strutturali vi è anche,
per una coalizione di centro-sinistra come è l’attuale compagine
governativa, l’esigenza di salvare le
regole fondamentali dello stato sociale. Una specie di quadratura del
cerchio: riformare e innovare, ma
garantendo nello stesso tempo giustizia e pari doveri fra i cittadini.
L’iter della legge già in queste settimane è stato difficile, e tormentata
è stata la stesura finale delle singole norme; i prossimi mesi non si
prevedono facili. Assisteremo, in
Parlamento, a un dibattito molto
duro. Infatti sappiamo che l’obiettivo di questo confronto non saranno tanto i contenuti della stessa
legge finanziaria quanto, piuttosto,
le prossime elezioni regionali e il
destino di questo governo.
ISPIRITUALITÀH
Se Dio volta le spalle
di ANNA MAFFEI
ITEOLOGIAI
Evangelici e cattolicesimo
all'alloggio si offre orientamento all’integrazione
e interventi in campo
medico, psicologico, legale. Al 31 agosto erano
state assistite 350 persone; si prevede un ampliamento della disponibilità
fino a 900 posti letto. Cinque sono i Centri delle
chiese evangeliche coinvolti nel progetto: sono
situati a Rocca di Papa
(Roma), Velletri (Roma),
San Marzano Uliveto
(Asti), Rapolla (Potenza),
Monteforte Irpino (Avellino), per un totale di 45
persone assistite. La disponibilità complessiva è
di 70 posti letto. Altre
informazioni a pagina 11.
di GINO CONTE
Da Gutenberg a Internet
di F.TOURNeF.SPANO
lEDITORIALEI
Uincubo nucleare
di GIORGIO NEBBrA
dài
■■■HCOMM ENTO ■■■■
Non c*è guerra giusta
di BRUNO GABRIELLI
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2
PAG. 2 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
venerdì 8 OTTOBRE IQqq
^Gesù si recò a
Nazareth, dov'era
stato allevato
e, com’era solito,
entrò in giorno
di sabato nella
sinagoga.
Alzatosi per
leggere, gli fu
dato il libro
del profeta Isaia.
Aperto il libro,
trovò quel passo
dov’era scritto:
“Lo Spirito del
Signore è sopra
di me; per questo
mi ha unto
per evangelizzare
i poveri;
mi ha mandato
ad annunziare
la liberazione ai
prigionieri,
e ai ciechi
il recupero della
vista; a rimettere
in libertà
gli oppressi,
a proclamare
l’anno
accettevole del
Signore”.
^°Poi, chiuso
il libro e resolo
all’inserviente,
si mise a sedere;
e gli occhi di tutti
nella sinagoga
erano fissi su
di lui. ^^Egli prese
a dir loro: “Oggi,
si è adempiuta
questa scrittura,
che voi udite”»
(Luca 4, 16-21)
«^Lo spirito del
Signore, di Dio,
è su di me, perché
il Signore
mi ha unto
per recare una
buona notizia
agli umili;
mi ha inviato per
fasciare quelli
che hanno
il cuore spezzato,
per proclamare
la libertà a quelli
che sono schiavi,
l’apertura
del carcere ai
prigionieri,
^per proclamare
l’anno di grazia
del Signore,
il giorno di
vendetta del
nostro Dio; per
consolare tutti
quelli che sono
afflitti»
(Isaia 61,1-2)
PREDICARE LA PAROLA DI SALVEZZA
La salvezza è nel concreto guarigione e la guarigione è il risultato dell'azione che
salva. Gesù non porta la salvezza in altro modo che con la sua azione guaritrice
MAURO PONS
C'
chiesa è chiamata a vivere
(’«esperienza messianica della
storia», iniziata con la missione
di Gesù (Le. 4,18s). Se è vero che
con Gesù è già iniziata la realizzazione del regno di Dio nella
storia dell’umanità noi, fin da
adesso, dovremmo già vedere il
superamento e l’eliminazione
del male a favore del bene; della
sofferenza a favore della felicità;
della schiavitù a favore della libertà. Secondo questa visione il
mondo dovrebbe già essere il
campo di sperimentazione del
regno di Dio, l’anticipazione del
«nuovo ordine di tutte le cose».
In questo senso, allora, alle
chiese è rivolta chiaramente la
vocazione ad essere esse stesse
dei luoghi dove sia possibile per
gli esseri umani vivere l’anticipazione di una nuova vita in Gesù Cristo. Infatti se la chiesa
agisse orientandosi verso il regno di Dio, ad essa toccherebbe
il compito di creare un rapporto
tra l’amore di Dio verso le sue
creature e la speranza di salvezza di queste. La chiesa può realizzare questa sua vocazione?
La missione messianica
SECONDO Luca la storia di
Gesù deve essere letta nella
prospettiva della missione messianica, che è interpretabile unicamente a partire dall’annuncio
dell’Evangelo. Se la missione di
Gesù è per la salvezza di una
umanità abbandonata e malata
(Isaia 35 e 61; Mt. 10,8; 11,5; Le.
4,18ss) e tutta l’opera di Gesù è
rivolta alla predicazione del suo
Evangelo, alle guarigioni, alla
vocazione e all’edificazione dei
credenti, allora anche per le discepole e i discepoli di Gesù la
Preghiamo
Dio del cielo, se mi vorrai amare,
scendi dalle stelle e vienimi a cercare.
Nelle strade di questa città,
in cui gli uomini comprano il mio corpo,
se scendi dalle stelle mi troverai.
Nella stanza di questo luogo di segregazione,
dove vogliono tenermi per non essere disturbati,
se scendi dalle stelle mi troverai.
Di fronte a questo muro bianco,
che consola la mia malinconia e la mia solitudine,
se scendi dalle stelle mi troverai.
Quando mi hai parlato e con la tua mano
mi hai toccato,
ho capito che sei venuto a liberarmi e a guarirmi,
grazie, o Dio, di essere sceso dalle stelle.
missione nel suo nome deve
avere una dimensione globale,
per cui si devono guarire i malati, cacciare i demoni, liberare i
prigionieri e illuminare i ciechi.
Inoltre non si deve dimenticare
che la fame di giustizia e la liberazione degli oppressi sono
aspetti ineliminabili della missione della chiesa nel tempo
presente, perché strettamente
collegati all’annuncio dell’Evangelo di Gesù Gristo (Me. 1,15).
L’awicinarsi di Dio all’umanità libera i servi, i malati, i poveri e i peccatori e li rende capaci di vivere la propria libertà.
In questo modo inizia anche
l’esodo finale verso la terra promessa della nuova creazione,
cioè l’uscita degli esseri umani
dalla schiavitù, da essi stessi
provocata, verso la libertà del
Regno. E come il primo esodo
d’Israele dall’Egitto era accompagnato da «segni e miracoli»,
anche il secondo esodo, quello
finale, deve essere accompagnato da «segni e miracoli», dei
quali possono raccontare qualcosa coloro che, partecipando a
questo esodo, ne hanno vissuto
l’esperienza storica nella storia
di Gesù e anche dopo.
L'avvicinarsi del Regno
E evidente che se la chiesa annuncia al mondo la realtà
del regno di Dio, non può che
farlo a partire dal riferimento alle opere degli esseri umani.
Dunque, in questa prospettiva,
l’Evangelo di Gesù Cristo ci invita ad avere uno sguardo critico
sull’agire degli esseri umani,
tanto che da esso riceviamo una
doppia consapevolezza; dalle
opere umane nasce un regno
umano, ma non il regno di Dio;
nemmeno la chiesa può fare di
questo mondo il regno di Dio.
In realtà se, come cristiani, si
vuole parlare del regno di Dio e
della sua sovranità si deve guardare soltanto a Gesù e alla sua
storia perché, nella comunione
dei credenti con Gesù, la sovranità di Dio diventa forza liberatrice e il suo regno diventa la
meta sperata da realizzare. Infatti il regno di Dio non è il desiderio di un aldilà totalmente diverso dell’aldiquà, ma piuttosto
l’entusiasmante realizzazione di
sé e della comunità di Dio nelle
lotte che l’aldiquà richiede per
essere riscattato dal suo peccato. Infatti la promessa del regno
di Dio è rivolta espressamente ai
poveri, ai prigionieri, ai ciechi,
agli oppressi, ma anche ai «pub
blicani» e ai peccatori. In questo
modo la testimonianza degli
Evangeli mostra con assoluta
chiarezza dove si trova il regno
di Dio; non in alto, ai vertici della società, dove i ricchi, i sani e
gli uomini di successo si autoglorificano, ma in basso, nell’oscurità sconosciuta a tutti,
perché lo sguardo liberatore di
Gesù si sofferma sulla parte più
bassa della società. In questa
prospettiva la malattia diventa il
segno della fragile costituzione
dell’essere umano.
Conseguentemente, dall’inizio dell’opera di Gesù fino alla
sua fine, compaiono davanti a
lui persone colpite da tutte le
malattie possibili. Con Gesù gli
indemoniati, gli storpi, i paralitici, i ciechi, gli affamati, i colpevoli escono allo scoperto dagli
angoli bui della società, nei quali erano stati banditi, nei quali si
erano nascosti per paura, perché essi avvertono quella vita
che Gesù diffonde intorno a sé
con il suo amore; lo riconoscono
come il Messia, perché egli diviene la loro speranza, per cui si
può concludere che non sono
loro a entrare nel regno di Dio,
ma è il regno di Dio che viene a
loro nella presenza del Figliuolo
dell’Uomo, che li accetta. A questo proposito si può notare che
di fronte al contrasto di un mondo di sani-malati, giusti-peccatori, ricchi-poveri, farisei-pubblicani, Gesù si colloca da un’
unica parte perché, in un mondo unilateralmente disumano,
anche la salvezza non può che
essere unilaterale.
Quando la chiesa incontra il
regno di Dio predicato da Gesù
Cristo, essa entra nella solidarietà con i poveri, i malati, gli infelici e i colpevoli; li riconosce
come cittadini del Regno e, soprattutto, li accetta come fratelli. Contemporaneamente essa
volta le spalle ai ricchi e ai sani;
critica coloro che sono contenti
e si autogiustificano. Poiché noi
spesso siamo i ricchi e i sani, noi
siamo coloro che sono soddisfatti di se stessi e del proprio
agire, noi siamo coloro che si inventano mille ragioni per giustificare l’immobilismo del nostro
statu quo, dobbiamo avvertire la
predicazione dell’Evangelo del
regno di Dio come un invito ad
assumere un atteggiamento personale che ci porti a rinnegare
noi stessi, a scoprire la nostra
«povertà», per potere essere accolti da Cristo e rispondere alla
sua vocazione con la nostra con
versione. Infatti solo per coloro
che sono consapevoli di essere
poveri, malati, colpevoli, Gesù è
il «Salvatore», colui che porta il
regno di Dio come la loro guarigione, perché solo chi proclama
con autorità il tempo della salvezza, sa anche guarire le nostre
piaghe. La chiesa non può dimenticare che questo processo
e il suo risultato, l’azione e il suo
effetto, sono indissolubilmente
legati, perché la salvezza è nel
concreto guarigione; la guarigione è nel concreto il risultato
dell’azione che salva. Infatti il
Salvatore non porta la salvezza
in altro modo che con la sua
azione guaritrice.
La Parola di salvezza
La chiesa che vive la sua esiÍ
(Stenza come «corpo di Cristo», la cui unione in Cristo è
espressa dalla fraternità che unisce i suoi singoli componenti,
deve interpretare la propria vocazione nei termini di una evangelizzazione che traduce la Parola di salvezza di Dio in una prassi
(diaconia?) che opera la liberazione delle donne e degli uomini
dalle sofferenze e dalla morte.
Perché la salvezza di Dio sia
efficace per gli esseri umani a
cui ci rivolgiamo nella nostra
predicazione e nella nostra testimonianza, è meglio evitare la riproposizione di antiche suddivisioni metafisiche (tempo-eternità; benessere-salvezza; azione-parola; stato-chiesa; ragionefede) perché chi opera delle divisioni divide ciò che Dio ha
unito e salvato; perché non esiste alcuna «miseria esteriore»
che sia soltanto esteriore (I Cor.
6, 13). Quando la chiesa continua a pensare secondo queste
categorie non propone una riflessione sulla salvezza, ma rispecchia soltanto la negatività
della divisione, perché non riesce a superare un modo di pensare che separa, isola e astrae
non solo a livello teorico, ma anche nella prassi. Invece «essere
salvato», «ristabilito», significa
che delle realtà separate, spezzate, tornano a essere «vivificate»; questo vale per ogni relazione compromessa, sia con Dio
che con se stessi e con la società.
Per questo, per la chiesa, la
salvezza deve essere considerata
soltanto in modo unitario e
l’azione salvifica richiedere una
sua azione globale.
(terza di una serie
di quattro meditazioni)
m Note
omiletiche
L'autore dell'Evangelo
di Luca cita un passo traito dal libro del profeta
Isaia (Is. 61, 1-2a) da cui
risulta che il compito del
profeta è quello di annunziare agli oppressi
che la loro liberazione è
ormai vicina. Nel suo contesto il discorso del profeta Isaia era rivolto a coloro che in Israele erano
oppressi, quelli considerati «umili» e/o «piccoli»
Nel testo di Luca Gesù
legge e fa suo il discorso
di Isaia e, così facendo
dichiara esplicitamente ii
senso della sua missione:
per i «poveri», per i «pn!
gionieri» e per gli «op.
pressi» è venuto il momento in cui Dio agisce
in loro favore.
Se è vero che la citazione del testo di Isaia da
parte dell'autore del Vangelo di Luca ha anche io
scopo di offrire ai suoi
lettori una interpretazione messianica dell'evento
del battesimo narrato nei
capitolo precedente (Luca
3, 21-22), per cui l'attività
terrena di Gesù ha il suo
fondamento in ciò che
Dio ha già operato in lui
al Giordano, si deve però
anche osservare che a
partire dal nostro testo
l'attività di Gesù si basa
su un «invio» (Luca 4, 43),
il quale non è e non può
essere raccontato, ma soltanto vissuto nella sua
manifestazione storicamente concreta, a cui Luca dà testimonianza nel
suo Evangelo (Luca 4, 21).
Infatti, secondo la concezione di Luca, l'«invio» di
Gesù non ha il suo fondamento nel suo battesimo
ma lo precede (cfr. Atti 3,
26), per cui si può concludere che Gesù «viene»
dal mistero di Dio.
Se la citazione di Isaia
61 indica il momento del
compimento dell'«anno
accettevole del Signore»
(un tempo stabilito da
Jahvè e da lui colmo di
salvezza, secondo l'interpretazione proposta di
questo tempo dall'«anno
giubilare» del rilascio, disposto da Levitico 25, 8ss,
ogni cinquant'anni), in
Luca la sua realizzazione
viene posta in atto con e
mediante la sua proclamazione, la quale risulta
così proclamazione efficace. Infatti se Gesù ora
si presenta come colui
che annuncia questo «anno di grazia» profetizzato da Isaia (e quindi il
compimento della salvezza) ciò va inteso in modo
ancor più ampio di quanto non dica il profeta con
le sue immagini.
Nel nostro testo, piuttosto, l'accento cade solo
sulla predicazione («pfO"
clamare»); non che pot
Luca non siano importatiti le guarigioni, gli esorcismi, il recupero della vista
da parte dei ciechi ma/
per lui, la predicazione
della salvezza rimanda al
di là di tutto ciò. Per Luca
Gesù è semplicemente u
portatore della salvezza.
In questo senso allora si
comprende anche l’«^'
dempimento della scrittura» a cui fa riferimento
Gesù (Luca 4, 21); la
nuta di Gesù è resa manifesta soltanto e anzitutto
nella sua parola, nella
quale viene espresso chiaramente il suo caratter
di «adempimento».
Per
approfondire
- H. Schurmann,
gelo di Luca, voi. Iscia, Paideia, 1983.
- G. Girardet, Il
lo della liberazione. L
tura politica di Luca,
no, Claudiana, 1975.
- J. Moltmann, Dif<^
nia. Il servizio crif' „
nella prospettiva ,
gno di Dio, Torino, c.
diana, 1986.
Per
voglia
SE qu
spali
vuole cor
trarietà,
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mani lì.
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tare, tr ar
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I La Bibbia ci insegna a parlare di Dio con immagini, metafore e parabole
Quando Dio ci volta le spalle
Perché fa cosìì Perché il nostro peccato e ¡a nostra infedeltà gli fanno venire
voglia di andarsene? Perché cammina davanti a noi per mostrarci la via? Perché...
ANNA MAFFEI
SE qualcuno ti volta le
spalle ce l’ha con te, ti
vuole comunicare la sua contrarietà, oppure ti volta le
spalle perché se ne va. E tu ritnani lì. Magari non sai che
fare, non sai come interpretare! ti arrabbi. Spesso ti senti
comunque più solo o più sola
di prima. La comunicazione
sembra interrotta, almeno
per il momento. Perché comunicare è guardarsi negli
occhi, potersi ascoltare interpretando i gesti, le espressioni del viso, le pieghe della
bocca. Ecco perché si dice
che bisogna sempre guardarsi le spalle, perché non si sa
mai bene cosa accade dietro
di noi, non abbiamo il polso
della situazione, non ci si può
fidare se non ci si guarda bene in faccia. Così accade fra
noi un po’ in tutte le culture.
C’è stato un momento in
cui anche Dio voleva voltar le
spalle al suo popolo. Era deluso e amareggiato e quasi timoroso della sua stessa santità a contatto con un popolo
duro e ostinato nella sua idolatria. Questa circostanza è
narrata nel libro dell’Esodo al
capitolo 33, subito dopo la
grave crisi del vitello d’oro. È
quando Dio ricomincia a
parlare dopo che l’ira di Mosè si era manifestata con
scioccante violenza in mezzo
al popolo così presto infedele. È lì che Dio manifesta la
sua volontà di andarsene: Io
manderò un angelo che vi
guiderà, sarà lui che vi condurrà nel paese che promisi
ai vostri avi. «Ma io - dice testualmente - non salirò in
mezzo a te, perché sei un popolo dal collo duro e potrei
sterminarti lungo il cammino». Eppure non se ne va. Almeno per il momento. Continua a incontrare Mosè nella
tenda che simbolicamente
viene spostata fuori dell’accampamento.
Dio prende le distanze ma
ancora non se ne va. Lo farà?
Il popolo non lo sa. Non lo sa
Mosè il quale però non si
rassegna e ingaggia con Dio
un serrato dialogo, un po’ simile a quello in cui cercava
di resistere al suo mandato
di guidare il popolo fuori
dall’Egitto: «Se la tua presenza non viene con me non farci partire di qui. Perché come
SI farà ora a conoscere che io
c il tuo popolo abbiamo trovato grazia agli occhi tuoi, se
hi non vieni con noi?». Dio
dunque rimane o se ne va?
No, non se ne va: «Farò anche questo che tu chiedi - risponde - perché hai trovato
grazia agli occhi miei e ti coni^co per nome».
E proprio in questo contesto che c’è la più audace delle
^chieste contenute nella Bibla. Mosè dice: «Fammi vedete, ti prego, la tua gloria»,
hissà perché questa richie3- Era Mosè in cerca di
sperienze estatiche che lo
nnmzassero al di sopra degli
tn. Non credo, non ne era il
Era stanco nella fede e
eva bisogno di straordinae conferme? Questo possiaiin *^®Pttlo di più. Chi almeno
« ^olta non ha desiderato
edere», per non essere sotla ^^tneno un attimo alfatica del «credere»? Eppuohe ci sia dell’altro:
su f ^ la sua gloria, la
«a taccia, era un tentativo di
g.P*te Dio, di carpirne il seLb j Proprio come quando,
profondamente
gli occhi qualcuno, proviaa intuirne i pensieri,
tp/r® pio si sottrae a questo
p.A^P'to. La sovrana libertà
pressa dalle parole: «Farò
grazia a chi vorrò far grazia e
avrò pietà di chi vorrò aver
pietà» sono il segno che Dio
esige che lo si rispetti nel suo
mistero. Dio non lo possiamo
guardare negli occhi, ci è solo
concesso guardarlo di spalle
quando è passato, proprio
come fu per Mosè nascosto
in una fenditura della terra.
Sì, la bontà di Dio lascia una
scia che possiamo intravedere solo dopo che è passata.
E c’è da riflettere. Dio ci
volta le spalle perché una co
municazione totale con lui
non è possibile. Sicuramente
lo fa perché giudica la nostra
infedeltà e vorrebbe andar
via. Anche, forse. Ma ci volta
le spalle anche quando ci ha
perdonato e dopo che ciò è
accaduto rimane una scia
della sua grazia nella nostra
vita che noi possiamo riconoscere solo quando è passata,
e che possiamo poi ricordare
per molto tempo.
Dio ci volta le spalle perché
è un Dio ili cammino e pos
siamo conoscere la via solo
se cammina avanti a noi. Il
seguire, il camminargli alle
spalle è anche l’azione richiesta da Gesù ai suoi discepoli.
Possiamo considerare che
Gesù, tutta la sua vita, la sua
croce e la sua risurrezione, fu
la scia di Dio nella storia
umana. Fu scia di gloria, ma
soprattutto fu scia di grazia.
Da quel tempo quella scia è
aperta da Dio davanti a noi.
Spesso però siamo noi a voltare le spalle.
Strade mai percorse
lì seguo
Ti seguo in silenzio.
Non sono sola
ma oggi è un po’ come se lo fossi.
Ti guardo mentre cammini
proprio a un passo davanti a me...
e penso.
Penso ai passi incerti dei primi giorni.
Avevo sentito parlare di te
ma la tua voce non mi aveva
ancora mai raggiunto.
Poi, pian piano, ho imparato
a riconoscere la tua voce fra le tante
e ho preso ad amarla.
Nessuna parola mai ha avuto su di me
un impatto maggiore
che quel «seguimi»
che un giorno mi hai rivolto.
Senza una ragione, forse,
tihoseguito,
lanciandomi su strade nuove
Che non avevo mai percorso prima.
Non ero sola, come oggi,
c’erano altri con me sulla strada.
Neanche loro conoscevo
eppure la mia vita e la loro
fiirono strette insieme.
Come mai prima.
Qualche volta, da allora, mi stanco,
qualche volta ti perdo ,li vista,
qualche volta cammini troppo in fretta,
qualche volta incespico e cado,
qualche volta nel chiasso
mi confondo di nuovo.
Ma intanto lo so,
Tho imparato:
non ho da far altro
che tener d’occhio le tue spalle
davanti a me.
Così non mi perdo.
II popolo di fronte al Sinai
La voce scritta di Dio
Durante la grandiosa manifestazione fisica della presenza di Dio sul Sinai, il popolo di
Israele partecipa intensamente della scena. [,..] Nel capitolo quarto del libro da noi
chiamato Deuteronomio e
dagli ebrei «Parole», si rivela
un dettaglio di quel momento. Dio avverte al verso nove:
«Non dimenticherai le parole
che hanno visto i tuoi occhi».
Ma noi sappiamo che alle
pendici del Sinai gli ebrei
ascoltarono parole, non le videro. Pochi versi più avanti
leggiamo: «E parlò lod/Dio a
voi da dentro il fuoco: voce di
parole voi ascoltate e immagine non vedete, alTinfuori di
una voce». Ancora qui ritorna
una/Voce da vedere oltre che
da ascoltare. La Scrittura qui
non sbaglia verbi, ma narra
un’esperienza prodigiosa già
descritta nel libro detto da noi
Esodo e dagli ebrei «Nomi», là
dov’è scritto che il popolo vede voci, fulmini e la voce del
corno e il monte che fuma. In
questo verso, il 18 del capitolo
20, si mischiano sotto l’unico
verbo vedere cose che riguardano la vista e cose che dovrebbero riguardare l’udito.
Cosa significa?
[...] Rabbi Ishmaél cerca il
senso ragionevole e spiega
che il popolo vedeva ciò che
era visibile e udiva ciò che era
udibile. Rabbi Akivà invece si
tiene fermo al senso letterale
e spiega che vedevano la voce
di Dio fatta di parole di fuoco.
A sostegno riporta il verso del
salmo 29 dove si legge: «La
voce di lod/Dio scava fiamme
di fuoco», cioè forma con il
suo fiato una scrittura incandescente. [...] Rabbi Akivà
con lo scrupolo di attenersi al
senso letterale, insegna che il
vero ascolto quando è inteso
coincide con la visione. Chi è
profondamente attento ha
l’impressione di leggere, non
solo udire, le parole che ascolta. È un’esperienza vicina alla
tensione mistica.
Nel deserto la voce di Dio è
così potente, fragorosa, da
confondere i sensi, da procurare vertigine nell’orecchio
interno che in anatomia si
chiama labirinto. Quell’ascolto nessuno saprebbe più
reggerlo. A distanza di sicurezza, attraverso la piana
scrittura di un libro noi ci
facciamo ammonire: «Non
dimenticherai le parole che
hanno visto i tuoi occhi». Oggi vedere quelle parole è tutta
l’esperienza che può fare uno
che legge quelle avventure
sacre, con un po’ di nostalgia
per quella voce infuocata che
travolgeva i sensi di chi era
interamente, in carne e ossa
e nervi tesi, in ascolto.
(da: Erri De Luca, Ora prima,
Edizioni Qiqajon, Comunità di
Bose, 1997, pp 53-55)
Uno (degli elementi fondamentali della rivelazione
Le seconde tavole della Legge
In Esodo-Nomi 34 si manifesta uno dei culmini della rivelazione divina nell’Antico
Testamento. Siamo sul Sinai
al momento della consegna
delle seconde tavole della
legge. Le prime erano state
spezzate da Mosè di fronte
all’idolatria del vitello d’oro.
«Siamo»: potenza della Scrittura sacra è di rendere ogni
lettore contemporaneo e testimone delle cose narrate,
perciò anche noi siamo lì.
Siamo sul Sinai con Mosè che
ha in mano le due nuove tavole appena intagliate e non
ancora scritte. Il testo ebraico
adopera il nome segreto di
quattro lettere, il tetragramma, per indicare Dio. È segreto perché non sono state tra
mandate le vocali: chi lo legge Jahwè o Geova tira a indovinare. La prima lettera di
questo tetragramma è la iod e
perciò qui chiamo quel nome
Iod, per intendere che si tratta di quello e non di un altro
dei vari nomi di Dio, ricorrenti nella Scrittura sacra.
Quando Iod scende dentro
una nuvola e si ferma presso
Mosè, dalla gola del profeta
prorompe una raffica di aggettivi indirizzati a lui. La tradizione ebraica ne conta tredici nei versi 6 e 7 di questo
capitolo 34. Israele ripete
questi versi nelle preghiere
del suo giorno più solenne, lo
Yom Kippur.
Questi due versi contengono un particolare unico: solo
(Vedrai il mio dietro, il mio volto non si può vedere)
Quello che resta dopo il passaggio di Dio
Dopo l’episodio del vitello
d’oro, Mosè chiede a Dio di
mostrargli la sua gloria, e Dio
gli risponde: «Tu non potrai
vedere il mio volto, perché
nessun uomo può vedermi e
restare vivo... Vedrai il mio
dietro, ma il mio volto non si
può vedere» (Es. 33,20; 23).
Il volto di Dio è tutto ciò di
cui abbiamo sete e fame, è
gioia, riposo, gusto, ritrovamenti innumerevoli. Ed è anche spiegazione. Forse così
pensava Mosè, e così diceva
il Rabbi di Kozk: «Tutte le cose contraddittorie e storte
che gli uomini avvertono sono chiamate la schiena di
Dio. La sua faccia, invece, dove tutto è armonia, nessun
uomo la può vedere».
La schiena, il dietro, le
spalle; ma la parola ebraica si
potrebbe anche leggere «il
mio dopo»: quello che resta
dopo il passaggio di Dio. E
anche questo si può intendere in due modi: la sua presenza nella storia, o la sua assenza dalla storia. Oggi il tema
dell’assenza o, come pure si
dice, del silenzio di Dio corrode quello della presenza,
che pure è Tasse della fede
biblica (ma poi, che dire di
coloro che tale presenza continuano a individuare come
indistruttibile e distruttiva
certezza nelle Città di Dio,
nelle civitates christianae, nei
«Dio lo vuole»?).
I rassicuranti orizzonti metafisici di un Leibniz, di uno
Hegel, anche di un Tommaso
d’Aquino, di un Agostino, di
un Concilio Vaticano I, sono
svaniti come un miraggio davanti alle esperienze che
hanno polverizzato i loro
maestosi edifici della teodicea, della teologia razionale,
della apologetica, del trattato
De Deo: e la polvere è salita
fino a oscurare Dio. Quando
si è presa coscienza di questa
rovina, il problema del male
è apparso in tutta la sua rinnovata e inviolata grandezza.
Dopo Auschwitz (perché è
stata la Shoà a far «ricominciare» la teologia come affer
ma Johann B. Metz) la domanda sul male ha assunto
molte voci, secondo il credere o il non credere degli interroganti: c’è chi, come Elie
Wiesel, si è chiesto dov’era
Dio, e chi, come Primo Levi,
dov’era l’uomo. Se la spiegazione è forse in quel volto divino dal quale la morte ci separa, non per questo Dio ci
ha liberati dalla domanda:
anzi, vien quasi da pensare
che quell’alito insufflato nel
primo uomo altro non sia
che lo spirito di domanda.
(da: Paolo De Benedetti, Quale
Dio? Una domanda sulla storia,
Morcelliana, Brescia, 1997, pp
11-13)
qui il nome Iod viene ripetuto due volte, una dietro l’altra. Su oltre 6.000 volte che il
tetragramma è scritto nell’
Antico Testamento, solo qui
esso è accoppiato. C’è una
spiegazione e si basa sul fatto
che in ebraico le lettere dell’alfabeto sono anche numeri
e così due parole lontane tra
loro possono avere una stretta coincidenza, come una rima, attraverso il loro lavoro
numerico prodotto dalla
somma delle lettere. Attraverso un semplice raffronto
la tradizione ebraica insegna
che il numero del tetragramma coincide con la parola
uno, che è l’attributo per eccellenza di Dio, più la parola
amore. Ecco allora che attraverso quei tredici attributi e
questa ripetizione unica del
nome sacro noi impariamo
che queste seconde tavole
sono state date con ancora
più amore delle prime, da
parte di Iod, coperto in una
nuvola del Sinai.
Queste seconde, pur essendo uguali alle prime, contengono un più intenso amore. E
dev’essere un amore accecante se a Mosè splende di riflesso la pelle del volto quando quaranta giorni dopo
scende a valle dai suoi. Essi
vedono la luce sulla sua faccia e si spaventano, noi no,
perché diversamente da loro
noi che siamo lettori abbiamo seguito Mosè sulla montagna e quell’amore un po’
Tabbiamo letto e un po’ ce
Thanno spiegato gli antichi
sapienti.
(da: Erri De Luca, Ora prima,
Edizioni Qiqajon, Comunità di
Bose, 1997, pp 49-51)
Per la
pubblicità su
tei. 011-655278, fax 011-657542
4
T
PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 8 ottobre ioq„
La «Società cooperativa ecumenica per lo sviluppo» ha cambiato nome
Oìkocredìt una banca al servizio dei poveri
// nuovo nome non è soltanto un simbolo di unità, è anche il segno di una nuova
partenza nel nuovo millennio. Nel '98, finanziati 38 nuovi progetti nel Terzo Mondo
La «Società cooperativa
ecumenica per lo sviluppo»
(Scod), la banca del Consiglio ecumenico delle chiese
(Cec), ha deciso di cambiare
nome. Ora si chiamerà «Oikocredit», cioè «un mondo di
credito». Lo hanno deciso i
membri della Scod, durante
la loro Assemblea generale
annua svoltasi ad Abidjian
(Costa d’Avorio) nel luglio
scorso. Non solo il nome
«Oikocredit» è più facile da
memorizzare, ma rispecchia
meglio in che cosa consiste la
missione di cooperazione allo sviluppo della ex Scod: fare
credito ai poveri. 11 nuovo nome non è soltanto un simbolo
di unità, è anche il segno di
una nuova partenza nel nuovo millennio. Il prefisso
«Oiko» (che nel greco antico
significa «casa», «comunità» e
«mondo») è presente nei termini «ecumenismo», «economia», «ecologia», che tutti sono fattori essenziali del lavoro
e della vita della Scod. La parola «credito» non si riferisce
soltanto al fatto che l’organizzazione concede prestiti ai
poveri ma anche al fatto che
«credito» è derivato dalla parola latina «credere». «Oikocredit» significa infatti che i
suoi membri credono al potenziale dei più poveri: se si
dà loro una «chance», se si fa
loro credito, essi sono capaci
di costruirsi una vita migliore,
per sé e per i propri figli.
Era la prima volta che la
cooperativa teneva la propria
Assemblea generale nell’Africa francofona, il che è stato
un modo di sottolineare che
l’organizzazione ha raddoppiato in cinque anni il suo sostegno in Africa, dove conta
Un progetto di sviluppo agricolo in Africa
(Foto Eper)
ormai cinque uffici regionali,
l’ultimo dei quali è stato
aperto nel novembre 1998 a
Pretoria. Nel 1998, è stato dato il disco verde per il finanziamento di 38 nuovi progetti
per un ammontare globale di
circa 16 milioni di dollari. Fra
questi, otto progetti sono situati in Africa, di cui quattro
in Costa d’Avorio.
L’Assemblea ha accolto
con entusiasmo la notizia
che Oikocredit ha attratto un
ammontare record di azioni,
ovvero 17 milioni di dollari.
Alla fine del 1998, l’insieme
delle azioni ammontava a
123 milioni di dollari. Il fatto
che banche «convenzionali»
abbiano cominciato a investire in Oikocredit dimostra
che l’organizzazione suscita
sempre più il rispetto e la stima in tutti gli ambienti.
Altra buona notizia: nel
1998, malgrado molte difficoltà, i partner hanno aumentato l’ammontare globale dei propri rimborsi. Rimborsando insieme 8,3 milioni
di dollari, essi hanno fatto
passare l’ammontare globale
dei rimborsi a oltre 600 milioni di dollari, il che dimostra che i poveri possono essere partner fidabili e efficaci.
Remissione dei debiti
«ingiusti»
«Giubileo 2000» era il titolo
di uno dei seminari dell’Assemblea e i partecipanti venuti dal Nord e dal Sud hanno potuto avere scambi intensi: come può Oikocredit
partecipare alla campagna
«Giubileo 2000» che mira ad
annullare i debiti insopportabili di molti paesi del Terzo
Mondo? In quanto istituzione di credito alternativo,
Oikocredit può proporre una
remissione del debito senza
annullare prima quelli dei
propri partner? Per i partecipanti, il debito e il credito sono due nozioni del tutto diverse. I prestiti concessi in
passato ai dirigenti dei paesi
si sono trasformati in debiti
insopportabili che ora pesano sulle spalle dei più poveri.
In compenso, i prestiti concessi da Oikocredit intendono dare al semplice cittadino
una possibilità di liberarsi dal
circolo vizioso della povertà.
Se la cooperativa rimettesse il
loro debito ai propri partner,
porrebbe fine anche a un sistema efficiente di lotta contro la povertà attraverso i crediti concessi ai poveri. I suoi
attuali partner non lo auspicano, i futuri partner neanche. Per questo Oikocredit si
unirà alla campagna di annullamento dei debiti «ingiusti» che schiacciano i poveri
con il loro fardello e promuoverà allo stesso tempo un sistema nel quale i poveri avranno accesso a un credito
«giusto» che apra loro delle
porte e sia garante di un futuro migliore.
Il 2000 sarà anche l’anno
durante il quale Oikocredit
celebrerà il suo 25“ anniversario. Sarà un’occasione di
rallegramenti, ma anche di
bilanci. Una équipe incaricata della valutazione della Società è stata nominata per
analizzare le sue attuali strutture e i suoi metodi di lavoro
e per consigliarla circa miglioramenti possibili. Parallelamente, sono stati costituiti
dei comitati, comprendenti
membri del personale e del
Consiglio, per cercare i modi
di ridurre ulteriormente i costi pur allargando il portafoglio dei prestiti. Lo scopo di
tutti questi sforzi è di dare
aH’organizzazione tutti gli
strumenti necessari per fare
fronte alla sua missione nel
nuovo millennio.
(spp/apic/bip)
Margot Kàssmann è stata insediata all'inizio dello scorso settembre
La seconda donna vescovo della Chiesa luterana in Germania
«Qualcuno mi ha detto oggi: “Ora che è vescovo, dovrò
farLe la riverenza”. E io ho risposto: “Ma no!”». Così ha
raccontato Margot Kàssmann, seconda donna ad essere stata nominata vescovo
della Chiesa luterana in Germania, il 27 agosto scorso,
una settimana prima del suo
insediamento. Margot Kàssmann non intende essere
«distante», ma vuole essere
accessibile e accogliente.
Circa i cambiamenti che
l’elezione di donne vescovo
dovrebbe portare nella chiesa, Margot Kàssmann dice:
«Si comincia ora a scoprire la
pienezza del ministero. Le
donne e gli uomini sono differenti. Le chiese della Riforma scoprono aspetti del ministero che non avevano mai
visti prima».
Molti, nella chiesa del vescovo Kàssmann e non solo,
ripongono grandi speranze
in lei. Non solo è la seconda
donna a diventare vescovo
protestante in Germania ma,
a soli 41 anni, è la più giovane dei 20 vescovi della Chiesa evangelica di Germania
(Ekd), che raggruppa le chiese regionali luterane, riformate e unite del paese. Il fatto che sia sposata e che abbia
quattro figlie, la sua fama di
ecclesiastica che non esita a
difendere cause progressiste
e la grande visibilità di cui
gode da alcuni anni (è stata
segretaria generale del Kirchentag) sono altrettanti fattori che hanno focalizzato
l’interesse su di lei.
La Chiesa luterana evangelica di Hannover comprende
8 Landessuperintendenten
(incarico simile a quello di un
vescovo regionale), uno per
ciascuno degli 8 distretti della chiesa. Conta 3,3 milioni di
membri, compresi 2.300 pastori (di cui il 22,5% di donne). «Abbiamo trovato - dice
la Kàssmann - un giusto
equilibrio tra l’impegno sociale, la spiritualità e la tradizione. Ciò che mi piace è che
è una chiesa che ricerca il
consenso. Ci sono casi in cui
la chiesa deve optare per il
confronto. Quando si è cristiani, bisogna impegnarsi».
Secondo la Kàssmann coloro che si oppongono alla
nomina di donne vescovi dimenticano il ruolo di Maria
Maddalena e di altre donne
del Nuovo Testamento, e anche il fatto che sono state le
donne a sapere per prime
che Gesù era risuscitato dai
morti e che hanno ricevuto
l’ordine di andare ad annunciare la notizia al mondo.
Circa la sua vita personale,
Margot Kàssmann intende
dedicare un certo tempo alla
sua famiglia, compreso un
week-end al mese. Aggiunge
che dovrà ridurre alcuni impegni nel movimento ecumenico. Intende però restare
membro del Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), dove
siede dal 1983, e precisa che
il movimento ecumenico Tha
formata sul piano spirituale e
politico: «Penso che sia bene
che un vescovo tedesco mantenga relazioni ecumeniche.
Altrimenti, si rischia di pensare che la propria chiesa sia
l’unica che conti».
(eni)
Si terrà a Città del Capo dal T all'8 dicembre
Il «Parlamento delle religioni mondiali»
Centinaia di capi religiosi
di tutto il mohdo parteciperanno al «Parlamento delle
religioni mondiali», che si
terrà dal 1“ alT8 dicembre a
Città del Capo, in Sud Africa.
Il «Parlamento» fa eco a un’
altra riunione dello stesso tipo, tenutasi a Chicago nel
1993 per commemorare uno
storico incontro interconfessionale tenutosi nella stessa
città 100 anni prima, e che fu
il primo incontro ufficiale tra
religioni dell’Est e dell’Ovest.
Fra le centinaia di personalità religiose attese a Città
del Capo, ci saranno il Dalai
Lama, capo spirituale dei
buddisti tibetani di tutto il
mondo; Abdullah Omar Nasseef dell’Arabia Saudita, presidente del Congresso del
mondo islamico; sir Sigmund Sternberg, di Londra,
rappresentante della Conferenza internazionale del cristiani e degli ebrei; Maha
Ghosananda, grande patriarca del buddismo cambogiano; il Maestro Hsying Yun di
Taiwan, fondatore dell’ordine buddista Fo Kuang Shan;
il teologo cristiano tedesco
Hans Kùng, principale autore di «Verso un’etica globale», documento pubblicato
dal «Parlamento» nel 1993;
Swami Chidananda, dell’India, noto capo indù, e la teologa cristiana femminista
Chung Hyung Kyung della
Corea del Sud.
Jane Kennedy, portavoce
del «Parlamento» a Città del
Capo, respinge l’idea che
questo raduno di religioni
diverse porterà al sincretismo, cioè alla fusione di credenze differenti. Oltre ai teo
Francia: in preparazione un grande raduno
di giovani evangelici per Pentecoste 2000
ina
PATBIZ
logi e ai teorici, il «Parlamento» radunerà migliaia di laici.
«Ci sarà una grande varietà
di delegati - dice la Kennedy
- in modo che questo incontro interconfessionale si trasformi in una celebrazione
della nostra diversità piuttosto che in un livellamento
delle nostre credenze, perché dobbiamo celebrare le
nostre differenze anziché
averne paura. Danza, teatro
e musica di tutte le culture
del globo contribuiranno alla ricchezza di questo incontro interconfessionale».
Secondo gli organizzatori il
Sud Africa è stato scelto per
l’incontro perché esso rappresenta un simbolo eloquente e sta sperimentando
oggi una rinascita, dopo
essere uscito pacificamente
dall’apartheid. (eni)
VALENCE — L’Alleanza evangelica francese sta preparand il COI
una grande manifestazione che si terrà dal 10 al 12 '' ^
2000 a Valence (Drôme). Sono attesi migliaia di giovani ¡f
tutte le denominazioni protestanti. Il programma, preparato
in stretta relazione con tutte le chiese sorte dalla Riforma j
con numerose opere delle chiese, è concepito per favorire lo
scambio, l’incontro e la riflessione. Ci saranno riunioni plenj,
rie, concerti e atelier. «Come è possibile essere cristiani all’a). \TEL ^
ba del III millennio?»: questa sarà la domanda alla quale cet. /V Ito cu
cheranno di rispondere i vari interventi previsti. ^ yen
QfgüUîZZClt
-ë India: i protestanti chiedono la messa al
bando dei movimenti fondamentalisti indy
MADRAS — Convocati a Madras dal Consiglio nazionale
delle chiese dell’India (Ncci, 29 chiese protestanti e ortodosse
più numerose associazioni cristiane), il 12 settembre scorsoi
leader protestanti del paese hanno firmato un documento
che chiede la messa al bando dei movimenti fondamentalisti ’
indù «che conducono una spietata battaglia contro le mino. Ematina.
ranze religiose presenti in India». Il documento, firmato an- jß^tod
Usa: intronizzazione del nuovo
arcivescovo greco-ortodosso d'America
che dall’arcivescovo cattolico di Madras, specifica che «lìj.
dia non può essere controllata da fanatici intolleranti che tic- ^ ^
cidono chi non la pensa come loro». (nevìrni] ®
' tono di cc
testo storii
1 «moveni
che spinse
impresa,
quello di
NEW YORK — Il 18 settembre scorso, durante una cerimo- vanzinelli
nia solenne nella cattedrale della Santa Trinità a Manhattan, stmmenti
è stato intronizzato l’arcivescovo Demetrios, nuovo respon- ro di Diod
sabile dell’arcidiocesi greco-ortodossa d’America. Davantla rete di co
oltre 1.000 persone, fra le quali Hillary Rodham Clinton, per- rapporti cl
sonalità politiche di New York e responsabili di altre cùese bagaglio (
del paese, l’arcivescovo Demetrios ha chiamato la chiesa (la religioso e
maggiore chiesa ortodossa degli Usa, con 1,5 milioni dimetti- blematich
bri) a superare le divergenze e le controversie che l’hanno la- e rispetto
cerata di recente. Nato a Salonicco, in Grecia, ma con stretti rione. Il {
rapporti con gli Usa (ha insegnato all’Istituto di teologiadi traitestic
Harvard e a quello di Brooklin) il metropolita Demetrios, 71 duzioni e
anni, era stato nominato neil’agosto scorso per subentrai! menti a ci
all’arcivescovo Spyridon il quale aveva dovuto dimettersià (lessici, (
po tre anni di controversie. Alcuni dirigenti della sua chiesa! ebraico e ¡
molti laici avevano chiesto le sue dimissioni, contestandoglii lingue ar
suo modo di dirigere, ritenuto autocratico e contrario alletta- lingua voi
dizioni culturali americane.
Gli evangelici messicani: influenzare
democraticamente la cultura politica
di eviden:
natura de
te da Dio
significar
concetto
cui egli si
to interno
(le due il
CITTA DEL MESSICO — Per la prima volta i pastori
chiese evangeliche messicane sono stati invitati ufficialmeiK ^
ad assistere alla solenne apertura dei lavori parlamentariei
discorso del presidente, Ernesto Zedillo Ponce de Leon. Ilp» store Gabriel Sanchez Velasquez, presidente della Federazit
ne delle chiese evangeliche, ha sottolineato l’importanza di
riconoscimento e ha ribadito che le chiese evangeliche di
Messico intendono impegnarsi per «influenzare democrati
camente la cultura politica del paese». (nevlà
Brasile: appello dei pastori luterani
per la remissione dei debito
che Diod
mai vera
suo lavoro
Nel dih
doni che
tempo la (
ca protesi
nella na
Scritture i
sione si e
traduzior
RIO DE JANEIRO — Forte appello per la remissione del d* guente s
to internazionale dei paesi più poveri da parte dei pastori lutt studio de
rani del Brasile, riuniti a Rio de Janeiro dal 14 al 16 settembj scuola di;
scorso, proprio per definire una posizione unitaria in vista de# trario si o
celebrazioni del Giubileo. «L’importanza che nella Bibbia vie# namento
attribuita al lavoro dell’uomo e alla remissione dei debiti d( logia sull:
paesi più poveri - è detto in un documento - assume un parti Diodati si
colare significato per i paesi del nostro continente». (nevlm posizioni
adoni tei
& Austria: il ministro alle Finanze Soni
denigra pubblicamente l'ortodossia SesI
VIENNA — Johannes Famleitner, ministro austriaco allei
nanze, ha suscitato scalpore nel dichiarare pubblicamente^® ^
«l’Europa si ferma là dove comincia l'ortodossia». ’
incei
rrioaossia». , co-critic
dalla stampa, ha replicato di non avere nulla da rimproverai»
«Ho il diritto di dare la mia opinione e neanche il mio vesce
®t compo
non r
potrebbe farmi tacere». Ha detto di aver voluto sollevare
problema importante nel momento dell’allargamento a y,
dell’Unione europea. Il metropolita Michel, capo della dioC"
del patriarcato ecumenico d’Austria, ha lamentato la
za di comprensione dei responsabili occidentali nei conno.
Proprie i
UV.XXU X.UXLLXXU c uci pacai ucii cuiupa uci axx« - . tllOStr
Michel le affermazioni di Johannes Famleitner non j sioni ant
che nuocere alla costruzione europea; ha inoltre lamentato^^ Targum, ;
della cultura ortodossa e dei paesi dell’Europa del sud-est-^'^ mostra d
la stampa austriaca dia un’immagine sistematicamente n“6^^ so accog
va della Chiesa ortodossa serba. A questo proposito un spunto e
naie si è permesso di scrivere che «il nazionalismo serbo si , l’awersio
ijisur
merà solo quando la Chiesa serba sarà scomparsa», (spp''
Stati Uniti: «missione comune»
tra chiese luterana, episcopale e morava
^ello doti
°J?Prezzi
°l'ca: COI
Posizione
Oa» (che
riforniat;
DENVER — «Chiamati a una missione comune»: ?)]PPo
nome della proposta approvata dall’ultima Assemblea i inent ***
rale della Chiesa evangelica luterana in America tena-K-l.’
prevede una stretta collaborazione sia con la Chiesa ep^ , esqg“
prevede
pale chi
l’unificazione delle tre chiese, ma
bio di pastori e aprire la strada alla __________
muni. Con più di due terzi dei voti favorevoli TAssembI p. ^
la Chiesa luterana, riunita dal 16 al 22 agosto a Denver, a o .
provato la proposta di collaborazione ® '
pale che con la Chiesa morava. La proposta pianòV
l’unificazione delle tre chiese, ma intende facilitare lo hn|
bio di pastori e aprire la strada alla possibilità di missio» J, a sci
influ
Pfesup
5
, ^nì 8 OTTOBRE 1999
Cultura
PAG. 5 RIFORMA
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riforma e
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L'edizione Mondadori della Diodati propone un notevole apparato critico
Il metodo dì una «traduzione ispirata»
Il corposo saggio introduttivo di Milka Ventura Avanzinelli chiarisce il contesto
in cui operò il traduttore, le sue scelte teologiche e la sua strategia divulgativa
__BtTPIZIA M. SCIUMBATA
Nel mese di giugno il Centro culturale protestante
«p M. Vermigli» di Firenze ha
'organizzato una presentazione della edizione Mondadori
¿ella Bihhia di Diodati. Hanno partecipato, oltre al prof.
Salvatore Caponetto, Michele
'azionai, ^ Vf"'“™’
rurntnri deli onera.
ortodosse
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le minomato anche «rio.
ti che uc(nevleni
rica
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stori
cialmentt
due dei curatori dell’opera.
Questo articolo ripercorre le
linee individuate da Milka
Ventura nella genesi della
Eiodatina.
L’edizione mondadoriana
della Diodatina si segnala anche per i saggi introduttivi di
cui è corredata, che permettono di comprendere il contesto storico in cui si genera e
i «moventi» di varia natura
che spinsero Diodati a questa
impresa. Tra questi saggi,
quello di Milka Ventura Aa cerbio- vanzinelli indaga le teorie, gli
anhattan strumenti e il metodo di lavo3 respon- ro di Diodati, ricostruendo la
Davantia rete di conoscenze, letture,
iton, pei- rapporti che formavano il suo
:re cMese bagaglio culturale, umano e
chiesa (la religioso e i dibattiti e le proi di mem- blematiche in cui si inserisce
hanno la- e rispetto a cui prende posi:on stretti zione. Il paziente confronto
rologiaili trai testi originali e le sue traietrlos, 71 duzioni e tra queste e gli struibentraii menti a cui dovette attingere
ittersido- (lessici, edizioni del testo
a chiesai ebraico e greco, versioni nelle
tandogli lingue antiche, versioni in
0 alletta- lingua volgare ecc.) consente
feni) di evidenziare i percorsi e la
natura delle scelte via via fatte da Diodati, dipanando il
significato e i modi di quel
concetto di «ispirazione» a
cui egli si appella. Il confronto interno tra le varie edizioni
laui.vu.. italiane del 1607 e
1641 e la francese del 1644)
“on iipi Permette inoltre di capire
^ederadt Diodatl non considerò
veramente concluso il
VZl suo lavoro.
emocrai dibattito sulle tradufnevìà opponeva al suo
tempo la cosiddetta «scolastica protestante» in cui la fede
nella natura divina delle
Scritture e della loro trasmissione si estende anche alle
traduzioni (con una consee del dea guente svalutazione dello
istori lutt studio dei testi originali) alla
settemM scuola di Saumur (che al convista d® trario si oppone al «condiziobbia vieti namento esercitato dalla teodebiti« fasulla cultura», p. XLIII),
un pefi Diodati sembra porsi in una
posizione mediana: su questioni teologicamente rilevanti decide in base alle proprie convinzioni di fede, ma è
ancora influenzato dal modello esegetico che aveva
co alle fi '^P't^ato la prima Riforma,
mente d* ?■ coniugava con lo spirlnterrogs® “i ricerca filologica e storioroveraisi co-critica dell’Umanesimo,
io vesco< ™8uardo al testo ebraico non
nevate d ** comporta quindi da filoloento P’.^cin riporta in margine le
illa dioct* ic^joni varianti, ma solo i ria mancst a passi scritturali,
1 ronfrot* L ^’citiva le ragioni delle
d est.P< scelte. Tuttavia di
ri oossod di consultare le verentatoc» S antiche (LXX, Vulgata,
rate negsi' prn. Siriaca), di cui spesinsettitf* lezione o lo
»rbosif? Malgrado
App/stt?* per gli ebrei a li
^ dui dottrinale. Diodati non
b];P*^c^^a la loro cultura binno*'• condivide in questo la
«scuola rena)r3V2 fjf fche influenzava l’area
ocioi e che partiva dal
■ tra della continuità
\ di' mpnt c d Nuovo Testariconoscendo Tatsa.eP^j, e2*!lnà dei grammatici ed
"/"JeaJ’’ soprattutto sul
c P ni ce dello rr^Snistico, al contrario
iss’C^fipl Uk.. scuola di Wittenbere
«L’albero della vita» sul frontespizio della seconda edizione deiia
Diodatina
(et,»'- Ui Wittenberg
ha ey e ’rifluenza l’area luterana
■Pia -^'^PPcneva una dicoto
■ ha i due corpora), che ri
fiutava invece la cultura
ebraica. Ma anche in questo
caso Diodati non si preoccupa di segnalare sempre le
possibili interpretazioni diverse dalla propria.
Il Diodati che emerge dalla
ricostruzione di Ventura è un
autore attentissimo a tutta la
«scienza biblica» del suo tempo, tra cui si muove con rispetto, ma anche con autonomia di giudizio e valutazione.
Anche per la resa linguistica il
metodo di Diodati è di consultare varie fonti, senza «dipendere» però da alcuna. Gli
intenti perseguiti nel tradurre
sono a) l’aderenza all’originale (che però si coniugasse con
il rispetto della forma e quindi della chiarezza della lingua
italiana: Diodati evita la reverenza sacrale nei riguardi
dell’ebraico, che si rifletteva
nel calco delle sue strutture
grammaticali, sintattiche e
lessicali. Questa libertà lo
porta a tradurre in modo diverso, a seconda del contesto,
uno stesso sostantivo ebraico
o una certa forma e lo porta a
intuire aspetti della lingua
ebraica messi in luce dagli
studi linguistici più recenti):
b) la conferma dell’esegesi
protestante e dei temi teologici a lui cari (teoria della sostituzione, cristologia ecc.).
Il confronto tra le diverse
edizioni dimostra che Diodati
continuò a rivedere, correggere, ripensare, migliorare le
sue scelte. «Alla base della
versione del 1641 c’è sicuramente una conoscenza più
ampia, soprattutto del testo
biblico nel suo complesso,
ma anche di fonti esegetiche
e di sussidi di vario tipo» (p.
GII): ad esempio, appare
chiara una maggiore considerazione delle versioni antiche. Per quanto l’edizione del
1641 non sia completamente
rifatta, ha una diversa struttura complessiva, anche per i
diversi utenti cui si rivolge. La
prima (con proemi e sommari più brevi, riferimenti più ridotti e commenti essenziali)
aveva un intento di evangelizzazione, mentre la seconda
(con ampi proemi e sommari
per sottolineare i temi teologici di particolare rilevanza, e
con i commenti) era rivolta
alla catechesi delle comunità
protestanti italiane.
I cambiamenti nel testo sono dovuti a miglioramenti stilistici per conseguire una
maggiore chiarezza; alla ricerca di una maggiore aderenza all’originale; a un ampliamento delle fonti e/o a un
loro diverso uso; alla volontà
di sottolineare alcuni temi
teologici. In qualche caso si
vede come Diodati accolse le
obiezioni sollevate in campo
cattolico, una disponibilità
che offrì ai cattolici di un attacco contro le Bibbie protestanti, ma che «è forse una ulteriore dimostrazione di coerenza con la teoria, più volte
da Diodati appassionatamente sostenuta, che le traduzioni delle Scritture debbano essere costantemente migliorate e che le chiese protestanti
non debbano subire “la tyrannie papistique”, né permettere che le ragioni della
controversistica le facciano
arroccare nella difesa di versioni mediocri o comunque
perfettibili» (p. CXXV).
Le conclusioni che si traggono da questa analisi sono:
a) l’«ispirazione» di cui parlava Diodati non era una «dettatura» divina della Scrittura
in lingua italiana, perché al
contrarlo Diodati si muove
con competenza attraverso
una vasta rete di fonti e dedica al miglioramento di quest’opera tutta la vita. Va intesa invece come definizione
dello spirito di autonomia
che lo anima; b) non è corretto quindi, e non è neppure
fedele allo spirito di Diodati,
fissare nella Diodatina del
1641 il «testo canonico» sul
quale un credente può «riposare tranquillo». Diodati stesso continuò anche successivamente a cambiare, rivedere, ripensare, migliorare il
suo testo, né sembra attribuirvi uno statuto canonico;
c) in altri ambiti dell’universo
protestante è piuttosto la
«trasparenza» di questa versione che conduce i fedeli «a
riposare tranquilli» e a non
darsi troppa pena per risalire
il più possibile alle fonti originali. La volontà di «trasparenza» però non si attua di
per sé in un testo aderente
all’originale, perché lo stesso
originale è spesso plurimo,
oscuro, soggetto a valutazione e interpretazione, e anche
dove questo non accade le
coordinate culturali e religiose del traduttore possono costituire un filtro.
Il merito di questa edizione
è di offrire al lettore una
«Bihhia liberata» in tutti i
sensi, proprio perché lo rende cosciente della complessità del tradurre, cosa che oltre all’ammirazione dovrebbe ispiragli, da un lato, un atteggiamento meno supino e
reverenziale di fronte a qualsiasi traduzione e, dall’altro,
una «sacra fame di conoscere
più a fondo la parola di Dio».
L'ultimo libro di Piera Egidi
Donne evangeliche: diamo
più valore a noi stesse
RINA LYDIA CAPONETTO
Diamo più valore a noi
stesse: è questo il tema
che mi balza alla mente dopo
avere letto il nuovo libro di
Piera Egidi Voci di donne*, e
non solo: usciamo dall’ombra, rendiamo visibile ciò che
non è visibile, il nostro lavoro, il nostro essere donne oggi, il nostro impegno nel sociale, nel quotidiano. Di fronte a questa nuova fatica di
Piera Egidi il primo pensiero
che affiora è che potrebbero
esserci delle assenze, ma non
è così; man mano che si procede nella lettura ci si accorge che è un percorso che tutte noi abbiamo compiuto in
questi anni e ci identifichiamo molto facilmente con le
donne impegnate nel sociale
e nella storia del nostro tempo: ci sentiamo coralmente
tutte vicine.
Queste interviste rappresentano in realtà solo un Inizio e non una conclusione di
questi anni; Tinizio di un dialogo nuovo fra generazioni.
Vi sono infatti rappresentate
donne di 80, 60,40, 30 anni: a
nessuna di loro viene tolto
nulla: rimane a noi il piacere
di conoscerle più da vicino,
quindi un invito e proseguire
questo dialogo mettendo insieme le diverse esperienze.
Il libro è una forte spinta
ad andare avanti, a continuare questo bel dialogo corale
fra più persone. È una grande speranza che ciò che si è
cominciato non si interrompa; per noi che siamo nell’età
di mezzo è uno specchio per
rifletterci nella nostra giovinezza e sperare ancora nel
domani; ma è anche un valido specchio per le giovani
generazioni, per confrontarsi
e identificarsi con donne che
non hanno lasciato spazio a
rimpianti, a silenzi, ad abbandoni inutili del sociale
ma che ci offrono un insegnamento, una guida a imparare che la vita è conoscenza, come afferma Lidia
Maggi, è solidarietà verso gli
altri, come ci insegna Ade
Gardiol con la sua fondazione di borse di studio, a 85 anni: («...i figli non li ho avuti afferma - e questi sono i miei
figli»), è pazienza, attenzione, ascolto come testimonia
Emmina Gay.
Sono tante le lezioni che si
ricevono da questa lettura:
In questi anni si è fatto molto: l’impegno, l’aiuto per gli
altri, il servizio, il cammino
del femminismo che ha sve
gliato la coscienza di tutte
noi; ma molto ancora ci aspetta. Dal silenzio, dal lavoro nascosto di molte, direi
quasi nell’ombra, sia all’interno sia all’esterno della
chiesa, escono alla luce ritratti di donne, volti che ben
conosciamo, almeno di nome, ma che non sapevamo
quanto avessero lavorato,
donne di cui non sapevamo
quanto fosse stata dura la loro vita per mantenere fede al
loro impegno. Penso a Berta
Subilia, che non ebbe il permesso di seguire le lezioni
della Facoltà di teologia neppure come uditrice; penso alla vita di Francesca Spano, alle sue idee e alle sue scelte, a
Franca Long, Christine Spano, Mirella Scorsonelli e a
tante altre nelle quali mi sono ritrovata, ho scoperto
tracce del mio vivere e mi sono sentita all’unisono.
Anche questo libro, come il
precedente, è un «incontro»
con tante amiche e non, è
una conoscenza più profonda del cammino che tutte noi
abbiamo compiuto, perché
la storia delle donne in questi anni così complessi e variegati non rimanga nel silenzio. L’abilità di Piera Egidi
è stata proprio questa: rimettere in luce ombre, volti, persone e parole che avevamo
rimosso e dimenticato. Penso che dobbiamo esserle tutte molto grate per questo lavoro paziente che lei compie,
quasi di cesello, che fa di
ognuna di noi una protagonista del nostro tempo, e nella stessa misura ci accomuna
tutte in un percorso che insieme possiamo ancora compiere, perché il valore delle
donne, la loro storia, il loro
impegno diventi un dato di
fatto per molti.
{*) PIERA EGIDE Voci di donne-I. Torino, Claudiana, 1999,
pp. 220, £23.000.
^^■11 capolavoro restituito al pubblico evidenzia la dialettica tra Evangelo e ragione
Nel Cenacolo restaurato affiora il genio artistico di Leonardo
ELIO RINALDI
E di queste settimane l’attesa notizia che finalmente, dopo vent’anni di lavoro, sono terminati i complessi restauri del Cenacolo
leonardesco in Santa Maria
delle Grazie a Milano. Leonardo da Vinci, superate le
iniziali difficoltà incontrate,
sia nella Firenze medìcea sia
nella Roma papale e nel suggestivo rifugio di Amboise,
ebbe concrete possibilità di
sviluppare e perfezionare la
sua singolare immagine poliedrica, in una veste poetica
e scientifica.
Questo avvenne in un organismo mortale unico nella
storia dell’uomo mediante
una mente eccezionalmente
creativa espressa nella simultaneità delle sue complesse ricerche, specie nel periodo milanese. Va da sé che Leonardo, in seno aWentourage di
corte, poteva ben ripagare le
legittime aspettative del suo
protettore Ludovico il Moro,
grazie alla straordinaria versatilità in tutti i settori della
scienza umana e di una accurata preparazione nel campo
dell’ingegneria civile e militare. Singolarissimi appaiono
pertanto i disegni in prospettiva a «volo d’uccello» che, secondo Leonardo, è «...guida e
timone della pittura». A proposito di questa, non vanno
omessi i primi studi sulle teorie prospettiche che l’artista
conobbe attraverso le approfondite ricerche del De Divina Proportione dell’insigne
matematico Luca Pacioli.
Nei riguardi del Cenacolo,
soffermiamoci ora sull’originale impostazione in tutte le
scene che attorniano la nobile figura di Gesù; «leggiamo»
questo capolavoro direttamente come una pagina dell’Evangelo. Inoltre, l’intera
visione del Cenacolo è di
straordinario respiro spaziale
in una «progressiva ritmicità
di tipo musicale» (Kemp). Il
luminoso volto del Cristo,
già a torto ritenuto incompiuto, non è investito dalle
tenebre che avrebbero momentaneamente chiuso il
suo dramma umano finale.
Ci sembra di riascoltare
chiaramente Tawertimento
di Gesù: «...uno di voi mi tradirà»; è chiaro dunque che il
Cenacolo non è solo una
straordinaria opera artistica,
come apparirà a molti turisti
nell’anno giubilare, ma una
vera catechesi.
Pur nelle tristi condizioni
della pittura prolungatesi
per troppi anni (dovute alla
umidità della parete e ai ripetuti restauri spesso non rispondenti all’originale), citiamo tra gli altri, il professore Mauro Pelliccioni che ridette qualche anno fa «ossi
geno» all’affresco. L’opera
pittorica risulta come una
complessa scena evangelica
che il Vasari non esitò a definire «macchia abbagliata»,
intendendo riferirsi alle pessime condizioni dei supporto murario sul quale venne
realizzato Taffresco. Se oggi
possiamo «rileggere» quella
pagina viva non del tutto
spenta (con Ovidio diremmo
«non omnis moriar»), lo si
deve alla sapiente recentissima opera della nota restauratrice di nome Pinin Brambilla Barcition. Certo, studiando nuovamente la ricostruzione dell’intero Cenacolo, lo vedremo come una
vera «scintilla» divina.
Dalle cronache dei tempo
sappiamo che negli ultimi
anni di vita Leonardo fu ospite in Francia del re Francesco
I nelle cui braccia morì ad
Amboise nel 1515. Ricordiamo che le ossa andarono di
sperse durante le «guerre di
religione» tra ugonotti e cattolici. Vanno infine menzionati i preziosissimi manoscritti leonardeschi che ora
possediamo raccolti nel cosiddetto Codex Atlanticus;
dodici volumi nei quali sono
presenti le maggiori illustrazioni e le superbe intuizioni
di ingegneria oltre a scritture
non sempre decifrabili (con
lettura da destra a sinistra).
Inoltre sono raccolti disegni,
abbozzi in tutti i settori dello
scibile umano oltre a «rebus»,
allegorie in scenografie filosofiche e teatrali.
Ci piace concludere con
un’altra massima tratta da
uno dei tanti Pensieri leonardeschi: «...io ti ubbidisco Signore, prima perché per
l’Amore che ragionevolmente portar ti debbo, secondariamente che Tu con creatività prolunghi la vita e la
morte degli omini».
6
r
¿PAG. 6 RIFORMA
A
VENERDÌ 8 QT7 0BRF
Si sono tenute a Padova le «Giornate teologiche» promosse dall'lfed
Evangelici davanti ai cattolicesimo
Fermezza nel mantenere con rigore il senso dell'alternativa protestante ma anche
dialogo e confronto per conoscersi e «non dire falsa testimonianza sull'altro»
GINO CONTE
.."DENSARE il cattolicesi
1
mo»: un programma
non da poco, quello che 1’
Istituto per la formazione
evangelica e la documentazione (Ifed) di Padova si era
prefisso e ha svolto a un serio
livello e con buona partecipazione per la sessione 1999
delle «Giornate teologiche»
che organizza ormai da anni.
Non si sa molto, fra noi,
dell’Ifed, i mondi evangelici
sono spesso poco comunicanti. Ignoro quale pubblicità gli organizzatori abbiano
dato al convegno; è comunque peccato che queste due
ricche, intense giornate siano
state limitate a un pubblico
dell’area che si rifà alEAlleanza evangelica (un pubblico
attento e partecipe, folto,
ben oltre il centinaio di persone, da varie regioni) mentre ero praticamente l’unico
rappresentante dell’area federata: nemmeno tanto rappresentativo, dato il tema...
Il programma era fitto, in
un bell’auditorium funzionale, comunale: hanno guidato
i lavori i direttori dell’Ifed, i
proff. Pietro Bolognesi e Leonardo De Chirico, che sono
pure i conduttori di due comunità evangeliche, a Padova e a Eerrara. Una serie, varia, di relazioni seguite da discussione, una serata di dibattito sul giubileo, una tavola rotonda con largo intervento del pubblico sul tema:
«Evangelici davanti al cattolicesimo» e una relazione conclusiva e propositiva di Leonardo De Chirico.
Il prof. Alain Nisus, un giovane africano docente di
Dogmatica alla Facoltà teologica (evangelica!) di Vauxsur-Seine in Francia, ha sostenuto l’importanza e la necessità di conoscere a fondo
il cattolicesimo, realtà complessa e a suo modo grandiosa; se lo si vuole seriamente discutere e incontrare, esso va pensato e capito alle radici, senza fermarsi, come
spesso in realtà si fa nelle comunità evangeliche, ad aspetti superficiali o tutto
sommato secondari. Le opere
di Vittorio Subilia sono state
utilizzate e citate dall’oratore
e in vari altri momenti delle
«Giornate», come vorrei che
accadesse maggiormente fra
noi... Il giornalista Filippo
Gentiioni, laico cattolico,
acuto e critico analista, ha
dato una penetrante e affascinante presentazione de «Il
cattolicesimo nel XX secolo»,
con particolare riferimento
all’oggi. I lettori di una sua
recente opera. La chiesa postmoderna (Donzelli editore),
possono immaginare che cosa abbiamo ascoltato, e agli
altri non posso che consigliare vivamente tale lettura, e la
problematica, disincantata
osservazione di un cattolicesimo alla riconquista della
società, ma a rischio di perdere, come massa, l’anima.
Era stato invitato ed è stato
ascoltato seriamente Angelo
Maffeis, docente di Dogmatica all’Università cattolica del
Sacro Cuore e al Seminario di
Brescia: un invito mirato,
poiché il giovane studioso ha
fatto parte, almeno nella fase
conclusiva, del gmppo cattolico-luterano che ha elaborato la Dichiarazione congiunta
«Chiesa e giustificazione» e
che ha messo a fmtto questa
esperienza in un libro pubblicato ultimamente dalle
Paoline; Giustificazione. Percorsi teologici nel dialogo tra
le chiese. Maffeis ha parlato
su «Il cattolicesimo e l’ecumenismo: itinerari del passato e prospettive sul futuro»,
un plaidoyer per il dialogo
teologico, sì, ma affiancato
dall’afflato spirituale, dal
«verticale», dal senso della
necessità di conversione per
tutta la chiesa. Un intervento
pacato e schietto, che tuttavia elude, cattolicamente,
l’alternativa. Nota, quest’ultima, che ho invece fatto risuonare nella relazione che mi
era stata chiesta: «La dottrina
della giustificazione: dal
Concilio di Trento al dialogo
ecumenico». I lettori di Riforma sanno, forse, quello che
penso al riguardo. La vivace
serata, con dibattito’su «Quale giubileo?», Leonardo De
Chirico l’ha introdotta con
un intervento che condensava un suo bel volumetto [Il
Giubileo speranza del Terzo
Millennio, Roma, Italia per
Cristo editore, 1999), che affianca degnamente, con un
taglio diverso (più abbondante il riferimento biblico),
il «Cinquantapagine» Claudiana con il buon testo di
Laura Ronchi De Michelis.
Pietro Bolognesi, Gaetano
Sottile, presidente dell’Alleanza evangelica italiana, e
io stesso abbiamo dialogato
fra noi e con il pubblico in
una tavola rotonda su «Evangelici davanti al cattolicesimo». Forse si può condensare in due linee quanto è risultato: fermezza nel mantenere
con rigore il senso dell’alternativa protestante, in una riscoperta sempre nuova della
sua radice profonda; dialogo
e confronto sono però ineludibili, e occorre conoscersi,
appunto, alla radice, badando a non «dire falsa testimonianza sull’altro» ed esigendo
che così ci sia fatto. Per questo occorre studio, attenzione, approfondimento: e questo era appunto il senso e lo
scopo di queste «Giornate
teologiche», tanto più notevole considerando l’ambiente al quale erano proposte:
pensare il cattolicesimo, e
:ll vento ci porterà via», ultimo film del grande regista iraniano
Lo scorrere del tempo nel cinema di Abbas Kiarostami
ALBERTO CORSANI
UN’AUTOREVOLE rivista
cinematografica francese pubblicò anni fa un articolo provocatorio: vi si sosteneva che bisogna essere molto
cauti nel valutare film provenienti da paesi lontani, perché le differenti tradizioni religiose, di costume e culturali
possono portare a giudizi
fuorvianti. Si facevano gli
esempi dell’ambiente ortodosso del sovietico Andrei]
Tarkovskij, del giapponese
Akira Kurosawa e di alcuni altri registi di fama. In questa
tesi estrema c’è del vero, eppure essa non convince. Tutti
riconosciamo che non riusciremo a cogliere tutti i significati profondi che emanano
da un film di un paese lontano: tuttavia esso sarà sempre
un testo che ci interpella e
che ci rinvia a confrontarci
con la cultura nostra; forse
che i mondi extragalattici di
molta fantascienza possono
«parlare» indistintamente a
spettatori diversi fra loro per
cultura e formazione? E i western del periodo d’oro, fra gli
Anni 30 e 50, così intrisi di
una particolare cultura di
matrice (anche) puritana, potevano essere capiti allo stesso modo da italiani, tedeschi,
austriaci? Eppure furono successi in tutto il mondo.
Riflessioni di questo tipo
vengono in mente con l’ultimo film di Abbas Kiarostami,
esponente di punta della cinematografia iraniana, una
delle più vive di questo ulti
mo decennio, a cui ha accennato Giorgio Bouchard («La
Grande Persia», Riforma del
30 luglio). Il vento ci porterà
via (il titolo è desunto da un
verso di una poesia evocata
dal protagonista) mette in
scena un ingegnere che arriva in un villaggio sperduto
nella «Valle nera». Nonostante la qualifica professionale,
il protagonista e i suoi collaboratori (di cui sentiamo solo
le voci fuori campo) sembrano essere sul posto per filmare una cerimonia funebre
tradizionale: una nonna centenaria è infatti gravemente
malata. Ma i giorni si susseguono, la vegliarda sembra
riprendersi, i committenti
del film tagliano i finanziamenti, stufi di mantenere
una pur piccola «troupe» in
una località sperduta, i collaboratori spariscono.
Il film vive allora dell’incontro, scandito da cerimonie quotidianamente reiterate (la barba, la ricerca del latte appena munto, l’ascesa
sulla collina per poter captare
le telefonate sul cellulare),
che mettono l’ingegnere a
contatto con un modo di vivere di cui probabilmente
non sospettava Resistenza.
Ogni personaggio (attori non
professionisti, veri abitanti di
un villaggio del Kurdistan iraniano), dal ragazzino che accoglie i forestieri alla megera
che gestisce la locanda, dalla
madre di 10 figli (uno nasce
dalla sera alla mattina) che
ospita la troupe all’uomo immerso nel pozzo che sta sca
vando, fornisce all’ingegnere
un’immagine di una vita perfettamente integrata in splendidi e immobili paesaggi.
Con queste premesse sarebbe stato facile cadere
nell’oleografia, nella tentazione di presentare come alternativo un mondo dimen
ticato, più vero e più autentico di quello di oggi. Kiarostami evita questa insidia: ci
mostra le durezze di quella
vita, la precarietà di una civiltà agricola in cui le donne
fanno un figlio all’anno e gli
scavatori finiscono sotto le
frane; un mondo che sembra
senza aperture, ma che basta
a se stesso. E qui sta il punto:
l’ingegnere, il cittadino ha
bisogno del confronto con
una società diversa. Non vale
l’inverso. E il fascino del film
sta proprio in questa mancanza di reciprocità. L’ingegnere uscirà cambiato da
questi incontri, gli altri no.
Sono a loro agio nella vita
dura che conducono, non
aspirano a cambiarla. Vivono
in un paesaggio che agli occhi del forestiero è sempre
uguale, ma che ai nostri
cambia, perché cambia la luce, cambiano gli ortaggi raccolti nelle tinozze, le tracce
sul selciato, le strade che si
coprono di polvere.
L’attesa della morte della
signora ci mette di fronte a un
tempo lineare, che è anche il
nostro, poiché nella tradizione ebraica e poi cristiana il
corso degli eventi è dotato di
un fine (l’evento morte, conclusivo per il non credente, è
fase transitoria per il credente); ma, nell’atteggiamento
degli abitanti del villaggio
questo evento è ricorrenza di
un tempo ciclico, di un flusso
continuo. E i due piani si sovrappongono continuamente. Nessuno ci dice nel film
che una concezione sia migliore dell’altra, l’importante
è vivere produttivamente
questa dialettica, trovarvi un
senso; adeguare alla propria
vita le spiegazioni che si danno di essa. Non è problema
da poco, non è folclorismo né
moralismo. Non si può dire
come finisce il film: si può dire invece che, a costo di perdere qualche dettaglio che solo un pubblico a conoscenza
di cultura e tradizioni di quei
paesi potrebbe avvertire, gli
stessi interrogativi del protagonista diventano i nostri.
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L'Editore
Un incontro nel corso della Settimana di preghiera per l’unità di ‘L
cristiani (foto Zibeccti
(ri)pensare il nostro protestantesimo, nella sua realtà
profonda e non come semplice funzione anticattolica.
Un bell’intervento di De
Chirico, critico e propositivo,
ha chiuso le Giornate: ribadi
re e se necessario ritrovare i
solus-sola della Riforma; prestare attenzione ai teologi
neocalvinisti Kuiper, Doyeweerd, Van Til, F. Schaeffer;
valutare o rivalutare i contributi italiani, Vittorio Subilia e
Fausto Salvoni; marcare la
collocazione evangelica rispetto al cattolicesimo e ribadire la necessità perdurante dell’alternativa evangelica. Come si vede, si era abbastanza lontani da quella
«mansuetudine ecumenica»
che è stata osservata e da
molti apprezzata e lodata,!
proposito di prese di pos»
ne dell’ultimo Sinodo di
chiese valdesi e metodiste;«
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trovarmi più «a casa», spii
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vinti. E me ne sono tornati
Firenze lieto di averli un |
meglio conosciuti.
Gli altri film di Kiarostami
Una ricerca continua
su un soggetto inesauribile
Abbas Kiarostami (1940) è
il più conosciuto regista iraniano (l’altro grande nome è
quello di Mohsen Makhmalbaf). Di lui come di pochi altri registi o scrittori si può dire che lavori per tutta una
carriera allo stesso soggetto o
allo stesso film. Non solo perché in molte delle sue opere
l’impianto narrativo è simile,
spesso legato a viaggi in auto
attraverso il deserto o le colline: Il sapore della ciliegia
(1997) rendeva conto dei dialoghi di un aspirante suicida
con diversi personaggi incontrati lungo il tragitto; E la vita
continua (1992), per metà
della durata, anche.
Ma il tratto che più profondamente accomuna questi
film è quello di concepirli®
me elaborazioni successi*
da diversi punti di vista, o®
stesso soggetto. Noncn*
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dell’altro, ma piuttosto og#
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TEMPO DI CASTAGNE — Anche quest’anno è arrivato il tempo delle castagne; feste, sagre, «castagnate»; ogni
occasione è buona per mettere in campo le Pro Loco, i Comuni e associazioni varie nell’organizzare le manifestazioni
d’autunno. Domenica sarà la volta di Torre Pellice, Angrogna e Lusernetta, il 17 toccherà a Angrogna, il 31 a Bobbio,
tanto per citare alcuni appuntamenti. Ma c’è anche un’economia della castagna, un’occasione che le valli alpine a volte non riescono a valorizzare appieno perché sono soprattutto gli anziani a lavorarci o perché i prezzi spuntati all’ingrosso sono bassi. Quest’anno la produzione, avviata con
una settimana di anticipo, appare decisamente interessante.
All'ospedale civile E. Agnelli di Pinerolo
Aumenta la sicurezza
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I responsabili del Tribunale
dei diritti del malato hanno
scelto l’ospedale Agnelli di
Pinerolo come prima tappa
della campagna «Ospedale sicuro 1999» che prevede ispezioni in una sessantina di
ospedali italiani e che ha come intento quello di verificare
il grado di sicurezza dei nosocomi stilando anche una graduatoria a punti. Il punteggio
assegnato all’ospedale di Pinerolo dai tecnici del Tribunale alla fine della verifica, avvenuta martedì 28 settembre,
è stato di 76 punti su cento
con un giudizio generale buono in particolare su alcuni reparti anche se sono stati evidenziati settori in cui vi sono
ancora delle carenze. In generale la sicurezza della struttura pinerolese nel giudizio dei
tecnici è migliorata anche rispetto all’anno scorso quando
il Tribunale aveva fatto un’altra verifica all’interno di una
sua precedente campagna.
«Il punteggio assegnato ha spiegato l’ing. Alessio
Terzi, responsabile nazionale
della sicurezza del Tribunale
- è stato determinato attraverso 220 indicatori vagliati dopo una ventina di interviste
agli operatori e quattro ai responsabili dell’ospedale e infine attraverso sopralluoghi.
La graduatoria finale non mira tanto a dare un voto quanto
a sensibilizzare e a valutare
effettivamente la situazione
della sicurezza nei nostri
ospedali». Il problema oggi,
hanno voluto sottolineare gli
esponenti del Tribunale, è
trovare una logica di governo
della sicurezza che abbia conie protagonisti i cittadini che
di queste strutture sono utenti. «La collaborazione da parte della direzione a Pinerolo ha concluso Terzi - è stata
completa. I responsabili si sono dimostrati molto disponibili nei confronti delle verifiche che abbiamo compiuto
che sono le prime nel nostro
Viaggio che durerà un mese e
mezzo e che toccherà in Piemonte altri 7 ospedali».
La graduatoria finale, se da
un lato ha posto in risalto con
88 punti su cento la relativamente alta sicurezza dell’edificio deir Agnelli, ha evidenziato dall’altro una scarsa consapevolezza negli operatori
nei rischi in cui possono incappare nel corso del loro lavoro. Ma al riguardo è stato
chiarito da parte dei responsabili del nosocomio che sono in
atto corsi di formazione indirizzati al personale che dovrebbero al più presto porre
rimedio a quest’inconveniente. «La sicurezza nella nostra
struttura è in progresso - ha
sottolineato il dott. Ferruccio
Massa, direttore generale
dell’Asl 10 -. Occorre tener
conto infatti che l’edificio
dell’Agnelli risale al ’32 e che
si arriva da un periodo in cui
la cultura della sicurezza era
poco diffusa. In questi ultimi
anni si è cominciato a investire sulla sicurezza ma questa
necessita di molti soldi a quindi necessariamente la progressione avviene poco per volta;
inoltre alcuni progetti sono
stati presentati e giacciono in
attesa di finanziamento in Regione o a Roma».
venerdì 8 OTTOBRE 1999
C9 era una volta la Lega
Nord. La frase è indubbiamente una forzatura
ma la si sente ripetuta in queste settimane nei mercati e sui
treni; la spaccatura (ennesima) consumatasi con la nascita del «Piemont» dell’on.
Cornino e di molti altri segna,
più in Piemonte che altrove,
un momento di forte crisi. La
ribellione a Bossi giunge dopo una sconfitta elettorale,
quella di giugno, pesante. E
poco importa se i militanti
«duri e puri» tappezzano le
strade, le cabine elettriche o i
muri di scritte contro il «traditore Cornino»; rispetto al
recente passato anche nel Pinerolese le defezioni dal movimento bossiano sono tante;
nei primi Anni 90 c’erano
POLITICA E PARTECIPAZIONE
DOPO LA LEGA
PIERVALDO ROSTAN
gruppi consiliari o rappresentanti della Lega in molti Consigli comunali, anche nella
Comunità montana vai Pellice. Oggi la rappresentanza
amministrativa è ben più ridotta e in effetti vien da pensare che nella Lega della prima ora, individuata come un
possibile carro dei vincitori,
siano saliti in molti (tanti ex
De, ma non solo) che piano
piano si sono dileguati.
Restano però sul tappeto
molti dei nodi e dei temi su
cui ha fatto le sue battaglie la
Lega, ad esempio federalismo
e rapporto più diretto fra cittadini e classe politica. Non è
per nulla scontato che la Lega
effettivamente abbia portato
avanti concretamente queste
battaglie; Bossi e i suoi si sono persi sulle strade della secessione di cui importava
davvero poco alla stragrande
maggioranza; c’è stato anche
chi si è lanciato sulle piste dei
leghisti, scoprendo proprio il
federalismo, a parole, cercando a tutti i costi un dialogo
improbabile. Ma quale federalismo si è realizzato? Il decentramento voluto dagli ultimi governi è risultato ben poca cosa, il federalismo fiscale
è stato vissuto come un’imposizione comunale aggiuntiva a
quella statale. La stessa cosa
si potrebbe dire della partecipazione; se c’è stato un partito capace, al di là dei contenuti spesso discutibili, di
scendere in piazza e cercare il
dialogo con i cittadini questo
è stata la Lega; una storia che
sembra volgere al tramonto,
ma chi altri ha voglia di scendere in mezzo alla gente?
A Pinerolo anche il presidente Ciampi
1150 anni della
Scuola di cavalleria
DAVIDE ROSSO
Si è svolta alla presenza del
presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, la
giornata conclusiva delle celebrazioni dei 150 anni della
Scuola nazionale di cavalleria
di Pinerolo. Domenica 3 ottobre infatti il Capo dello stato
ha presenziato alla cerimonia
di consegna degli stendardi
all’Arma di cavalleria in piazza Vittorio Veneto, ultima delle manifestazioni che avevano
preso il via giovedì 30 settembre con il concorso ippico Criterium militare che era poi
proseguito anche il venerdì e
il sabato. In queste due giornate si sono tenuti anche al
Museo nazionale dell’Arma di
cavalieri^ due convegni rispettivamente su «Scuola italiana
di equitazione» e su «Cavalleria come componente pesante
della funzione combattimento
e truppe corazzate».
La giornata di domenica
inizialmente è stata caratterizzata in qualche modo dalla
notizia del ritiro dei finanziamenti da parte del Coni alla
nascente scuola di equitazione che dovrebbe sorgere alla
periferia della città e su cui
da anni molti, sindaco Alberto Barbero compreso, avevano puntato per rinverdire i fasti equestri di quella che era
stata «la città della Cavalleria». Ma la cerimonia di consegna degli stendardi in sostituzione delle rispettive bandiere di guerra all’Arma di
cavalleria avvenuta alla presenza di Ciampi e soprattutto
il discorso del ministro della
Difesa, Carlo Scogniamiglio,
anche lui presente alla cerimonia con il presidente della
Camera, Luciano Violante, il
ministro al Commercio estero, Piero Fassino, e a molte
altre autorità nazionali e regionali, sembra aver un po’
rinfrancato gli animi e anche
il sindaco Barbero nel suo discorso ufficiale ha ricordato
oltre alla storia gloriosa della
Scuola di cavalleria di Pinerolo «l’importanza del portare
avanti il progetto di una nuova scuola anche nell’ambito
di uno sviluppo complessivo
del territorio pinerolese».
Ma al di là della scuola, domenica è stata soprattutto la
giornata della Cavalleria. Il
36° raduno nazionale dell’Associazione Arma di cavalleria,
che faceva da cornice alla cerimonia di consegna degli
stendardi, ha visto persone
giungere da ogni parte d’Italia
accolti con calore dai cittadini
pinerolesi che hanno partecipato numerosi alla manifesta
Ai conti Lascaris, il casato di origine
greca che imparentatosi con i conti
di Ventimiglia e Tenda resse con alterne
vicende la valle Roya e i territori circostanti dal XIII secolo fino all inizio del
XV, quando si unì ai Savoia che ne mantennero il nome, è dedicata una via ferrata attrezzata sulle alture di Tenda, in alta
vai Roya. Molto diffuse sulle Dolomiti,
dove furono realizzate durante il primo
conflitto mondiale per facilitare lo spostamento e il rifornimento delle truppe
alpine, da una decina d’anni a questa
parte le vie ferrate stanno riscuotendo un
discreto successo sul versante francese
delle Alpi, dove decine di itinerari permettono ogni anno a migliaia di turisti di
provare l’ebbrezza della scalata e il brivido del vuoto. Si tratta di percorsi alpinistici attrezzati con scalini e mancopenti in ferro, passerelle e ponti sospesi che
facilitano la progressione, tramite un minimo di attrezzatura individuale e la presenza di persone esperte, anche a persone
IL FILO DEI GIORNI
LA FERRATA
MARCO FRASCHIA
che non praticano l’arrampicata. Pure in
vai Pellice esiste una mini via ferrata: il
percorso attrezzato per facilitare la discesa al Bars d’ia tajola, sotto Castelluzzo,
altrimenti raggiungibile solo per mezzo
di una carrucola, la tajola, appunto.
La via ferrata dei conti Lascaris, che
percorre una lunghezza di circa un chilometro e un dislivello di oltre 300 metri
sulle creste e le pareti rocciose dominanti a ovest l’abitato di Tenda, secondo
una formula piuttosto usuale in Francia
abbina sport e cultura, storia e natura.
Infatti oltre che da un paesaggio molto
bello è caratterizzata dalla presenza di
alcuni luoghi e monumenti storici: i resti
del castello dei signori di Tenda, risalente al XIV secolo, la Chapelle du SaintSauveur del XIII secolo, da poco ristrutturata, e, ai piedi deH’ultima parete attrezzata, quella che il dépliant illustrativo chiama «Grotte des Hérétiques»; il riparo in cui si dice che i protestanti perseguitati nel XVI secolo si riunissero per
il culto. Al suo interno, accanto alle indicazioni della via ferrata che esce dalla
grotta per proseguire in piena parete, un
cartello col titolo «Un peu d’histoire!»
descrive la grotta e ne spiega la funzione
aggiungendo, a quanto già conosciamo
tramite lo scritto di Degiovanni, solo la
precisazione che la caverna fu usata come lazzaretto durante Tepidemia di peste del 1630.
Ttuttavia è un peccato che le guide su
Tenda, alle quali spetterebbe un approfondimento storico sui luoghi descritti, non facciano un benché minimo cenno
alla presenza protestante in alta vai Roya.
zione che si è snodata, dopo la
cerimonia in piazza Vittorio
Veneto, per le vie della città in
un corteo storico di cavalli e
cavalieri preceduti dalla nuovissima Ferrari Modena 360
presentata nell’occasione in
prima nazionale. «Per la città
è stata un’occasione unica, irripetibile - ha detto il gen.
Angelo Distaso, anima dei
concorsi ippici e sostenitore
da sempre della rinascita della
Scuola di cavalleria -. La presenza del Capo dello stato ha
reso unica non solo la cerimonia di consegna degli stendardi ma l’intera giornata».
Una manifestazione riuscita
insomma in cui si sono uniti
momenti altamente ufficiali a
situazioni di incontro e di
scambio fra le varie associazioni di ex cavalleggeri.
24 ottobre
In gita con
«La beidana» a Tenda
sulle tracce di una
comunità valdese
di inizio '900
Informazioni presso la
segreteria del Centro culturale valdese in orario
9-12; tei. 0121-932179
e segreteria telefonica
0121-932566.
Iscrizioni entro il 18 ottobre, costo lire 30.000.
8
i PAG. II
Delle ¥^lli moEsi
VENERDÌ 8 OTTOBRF
RONACHE
BOBBIO «CHIUDE» LE NOMINE IN COMUNITÀ
MONTANA — Ultimo Comune della vai Pellice, anche
Bobbio ha nominato la scorsa settimana i propri rappresentanti in Comunità montana. La maggioranza ha indicato il
sindaco Charbonnier e il consigliere Eric Charbonnier, la
minoranza Piervaldo Rostan. Nella stessa seduta del Consiglio è stato approvato all’unanimità un progetto, per il quale
verrà chiesto un contributo regionale, per l’ampliamento
della scuola e in particolare per il servizio mensa.
ALIMENTAZIONE NATURALE — Un’intera giornata dedicata all’alimentazione naturale si svolgerà sabato 23 ottobre,
sotto i portici comunali di Lusema San Giovanni. Alle 15 si
apriranno gli stand per il pubblico, con test gratuiti di incompatibilità alimentare, alle 19 seguirà buffet di prodotti biologici-biodinamici e di preparazioni tipiche di varie correnti
alimentariste; alle 21, alla sala d’arte, tavola rotonda sul tema
«Quale alimentazione?», con l’iridologo Fernand Peyrot, il
naturopata Tamio Yogisawa e l’agronoma Roberta Forte.
CONTRATTI DI AFFITTO ASSISTITI A PINEROLO —
Il 22 settembre scorso il Comune di Pinerolo, insieme alle
associazioni di categoria dei proprietari e inquilini, ha approvato la proposta di introdurre i contratti di affitto assistiti. Questi ultimi intendono costituire un incentivo per i proprietari a porre in affitto un immobile attraverso una riduzione sul pagamento delfici, producendo al tempo stesso
un effetto calmieratore sui prezzi di locazione, a vantaggio
di inquilini con un reddito familiare insufficiente a sostenere il canone mensile di affitto.
TORRE: LA MINORANZA INTERROGA — Alcune inter
rogazioni sono state presentate dal gruppo consigliare di
minoranza al sindaco di Torre Pellice; le richieste, corredate
in alcuni casi da eloquenti fotografie, riguardano la sicurezza stradale su corso Gramsci e una serie di «inadempienze»
su panchine distrutte da mesi e mai sostituite, fontane, e soprattutto marciapiedi sconnessi sui cui da tempo, sostiene la
minoranza, non sono stati eseguiti interventi di ripristino.
DANZE OCCITANE A SAN GERMANO — «Mouzico e
Dansa d’oc» organizza a partire da mercoledì 13 ottobre, un
corso di danze eccitane e francesi a San Germano, presso la
palestra comunale, ogni mercoledì alle ore 20,30. Il costo è
di 100.000 lire per dieci lezioni, più 20.000 per la tessera
associativa Arci; le iscrizioni saranno raccolte la prima sera.
«NON SOLO MAIS» — Dal 16 al 24 ottobre, al Palafiere di
Vigone, si svolge la rassegna «Non solo mais», con oltre 100
espositori del settore agroalimentare, per valorizzare il mais,
prodotto che ha un posto di riguardo nell’alimentazione.
«UNITRÈ» — Fino al 16 ottobre è possibile iscriversi ai corsi
dell’Università della terza età di Perosa Argentina e valli. Si
svolgeranno tra l’altro corsi su cultura religiosa, diritti del
consumatore, storia locale, medicina, informatica, attività
manuali, francese, diritto. Ci si può rivolgere al municipio
di Perosa, dal lunedì al venerdì ore 15-17, il sabato 9-11.
CONCERTO
PRO COLLEGIO DI TORRE PELLICE
CORALE EVANGELICA
DI TORINO
direttore Flavio Gatti
Brani di:
J.S. Bach, S.S. Bach, Deà Bardos,
F. Gatti, J. Hairstone, H. Schütz,
SABATO 9 OTTOBRE ORE 21
TEMPIO VALDESE DI TORRE PELLICE
Corso di formazione giornalistica
RADIO BECKWITH EVANGELICA
in collaborazione con il settimanale
Riforma-L’eco deile valli valdesi
promuove la formazione di due giornalisti collaboratori.
Il periodo di formazione durerà un anno, eventualmente rinnovabile, e si svolgerà in parte presso la sede di Radio
Beckwith a Lusema, in parte presso la redazione de L’eco delle
valli valdesi a Pinerolo e in parte «sul campo».
Sono previsti incontri di studio sulla realtà pinerolese e sulla
Chiesa valdese e attività di preparazione di articoli e trasmissioni radiofoniche di tipo informativo: ai due partecipanti all’attività di formazione sarà garantito un rimborso spese;
• è richiesta la residenza in uno dei Comuni delle Comunità
montane valli Pellice, Chisone e Germanasca o di San Secondo, Prarostino e Pinerolo;
• i partecipanti dovranno essere automuniti;
• sarà motivo di preferenza un’età compresa fra i 20 e i 3S anni.
Le domande degli/delle interessati/e dovranno pervenire, entro il 23 ottobre 1999, a Radio B<K:kwÌth, casella postale,
Torre Pellice, presentando curriculum vitae, titolo di studio,
eventuali esperienze già maturate nel settore giornalistico locale.
Un’apposita commissione valuterà le singole candidature mediante incontri, test e prove pratiche.
La data indicativamente prevista per l’inizio del periodo di
formazione è il 1“ dicembre 1999.
Il direttore
di Radio Beckwidi Evangelica
Piervaldo Rostan
Il rilevatore installato a Porte di Pinerolo
Un monitoraggio
sugli inquinamenti
DAVIDE ROSSO
A Porte, un laboratorio
mobile messo a disposizione dalla Regione sta rilevando, e proseguirà fino al 21
ottobre, in piazza Martiri del
XXI, di fianco alla nuova sede del Comune, il livello di
inquinamento acustico e dell’aria dovuto al traffico di automezzi sulla statale 23.
L’iniziativa accoglie una richiesta avanzata ad agosto
dal «Comitato provariante, le
tartarughe» che aveva presentato un esposto al Dipartimento di Torino chiedendo
che venisse valutata la situazione dell’inquinamento sulla
statale 23 nel tratto che attraversa Porte anche con l’intento di accelerare i tempi del
progetto di costruzione della
circonvallazione del paese.
«Il Comune - dice il sindaco
di Porte, Laura Zoggia - ha
subito fatto sua questa richiesta del Comitato e abbiamo
collaborato con l’Agenzia regionale per l’ambiente (Arpa)
perché fosse realizzata». Per
circa un mese periodicamente
i tecnici faranno delle rilevazioni su aria e situazione acustica e nel mese di dicembre,
garantiscono all’Arpa, i risultati dell’indagine verranno divulgati con un’assemblea
pubblica che probabilmente si
terrà nel municipio di Porte.
La situazione della «variante» di Porte (la circonvallazione che dovrebbe alleggerire il
Torre Pellice
Un padiglione
per la sclerosi
al S. Giuseppe
Con il Duemila, alla Casa di
riposo per anziani San Giuseppe di Torre Pellice potrebbero partire i lavori per la costruzione di un nuovo padiglione, destinato all’accoglienza dei malati di sclerosi
multipla. Il progetto prevede
una spesa di 3.800 miliardi
per un padiglione che ospiterebbe 20 posti letto più qualche posto «di sollievo» per i
malati che vivono in famiglia.
L’impegno, innanzitutto finanziario, è considerevole: al
momento la parrocchia di San
Martino è impegnata a coinvolgere la comunità nel progetto, per capire se esistono
concrete possibilità di incominciare i lavori all’inizio
dell’anno nuovo. «Tutta la
parte burocratica è già stata
espletata - dice il parroco, don
Armando Girardi - e ora stiamo valutando seriamente la
possibilità di cominciare l’opera. In ogni caso inizieremo
ia costruzione solo se potremo
portarla a termine».
L’ampliamento del San
Giuseppe è l’impegno che la
parrocchia di San Martino si
è assunto per il Giubileo: «È
da più di un anno che lavoriamo a questo progetto - spiega
don Armando - vorremmo
celebrare l’anno santo non
con delle processioni ma con
un impegno di carità che non
finisca con il 2000 ma continui nel tempo».
RADIO BECKWITH
EVANGELICA
FM 91.200-96.550
traffico in transito da e per la
vai Chisone) intanto sembra
evolversi con la notizia della
scorsa settimana che finalmente è stata fissata la data, il
14 ottobre, in cui si riunirà la
Conferenza dei servizi, organismo che dovrebbe dare il
via libera definitivo alla variante, cosa che fa ben sperare
per la realizzazione dell’opera. L’attuale progetto di circonvallazione, che fa proprie
alcune osservazioni avanzate
anche dagli altri Comuni interessati dal percorso della nuova strada (San Secondo, San
Germano e Pinerolo), prevede che questa si colleghi alla
tangenziale di Pinerolo con
uno svincolo all’incirca all’altezza dell’ipermercato
Continente e, dopo aver attraversato il Chisone, in galleria
giunga in località Chauina e
quindi riattraversi il fiume e
rientri nel vecchio tracciato
della statale all’incirca all’altezza del Malanaggio.
Martedì 28 settembre il sindaco di Porte ha incontrato
r ingegner Luigi Gambardella
dell’Anas (azienda che ha preparato il progetto e che dovrebbe poi provvedere alla
realizzazione e alla gestione
dell’opera) in un’ultima riunione in preparazione della
Conferenza dei servizi del 14
quando saranno ben 34 gli enti che si confronteranno e che
dovranno dare l’ok definitivo
al progetto che nella sua globalità costerà 80 miliardi.
Nel Pinerolese
Enti locali
nomine in via
di definizione
Dopo le elezioni amministrative del giugno scorso diversi enti devono rinnovare i
propri organismi dirigenti; le
tre Comunità montane vanno
avanti nel confronto fra Comuni, sindaci, forze politiche
e nello stesso tempo si agitano le acque per la presidenza
del consorzio Acca, fin qui
appannaggio del geometra
Santiano in quota Ccd.
Proprio mentre si stava profilando un ballottaggio fra il
presidente uscente e l’ing. Daviero una parte dei Ds ha proposto la candidatura del presidente uscente della Comunità
montana valli Chisone e Germanasca, Erminio Ribet, non
più rieletto a Inverso Pinasca
né eletto in Consiglio provinciale. Fermo al palo, per lui si
è parlato in estate di un possibile avvicendamento con
Chiabrera alla guida dell’Atl
dopo che anche la possibile
nomina in giunta provinciale
era sfumata a vantaggio di
Marco Bellion.
Per le Comunità montane
non c’è ancora nulla di deciso: in vai Chisone alla fine
dovrebbe spuntarla il sindaco
di Villar Perosa Roberto
Prinzio, nella Pedemontana il
candidato più accreditato è
l’arch. Paolo Foietta, Ds di
Cumiana, al posto di Veltri
diventato sindaco di Prarostino, mentre in vai Pellice Comuni e forze politiche devono fare i conti con tre candidature alla presidenza: Giorgio Cesano Ppi, Ezio Borgarello proposto dai Ds e Claudio Bertalot, Ds proposto dal
gruppo civico di sinistra.
Perosa Argentina
Progetti
di svilupppo
turistico
ULIANA VIGLIELMO
In attesa della convocazione del nuovo Consiglio
della Comunità montana valli
Chisone e Germanasca, sono
ritornati per una breve seduta,
nella sala consiliare di Perosa
Argentina, i consiglieri in carica nel passato quadriennio
per gli ultimi adempimenti
d’obbligo: approvazione delle
variazioni provvisorie alle
dotazioni di competenza del
bilancio ’99 e la salvaguardia
degli equilibri di bilancio,
con l’esame dello stato di attuazione dei programmi.
Quest’ultimo punto è passato velocemente, lasciando al
Consiglio futuro la discussione sulla sostanziosa relazione
che lo illustrava. Anche il prospetto delle variazioni di bilancio, era accompagnato da
alcune note sulle proposte più
significative. La somma più
elevata, 500 milioni, è destinata alla sistemazione del
Centro socioterapico di Perosa
Argentina, per consentirne
l’uso notturno, con dieci posti
letto. Nella cifra di 157 milioni che finanziano interventi
disparati, trova posto il contributo di 50 milioni per il trasporto scolastico della scuola
dell’obbligo. Fra le altre voci,
un trasferimento di 263 milioni, incerto, delTAsl 10 e un
mutuo di 277 milioni per l’acquisto di mezzi sgombraneve.
I progetti di valorizzazione
turistica relativi all’Ecomuseo
tessile, minerario e industriale
e al Forte di Fenestrelle avranno 18 milioni e il progetto Interreg «L’anziano» sarà finanziato da fondi vari per 104 milioni. Anche la vendita delle
stelle alpine ha reso 20 milioni destinati all’acquisto di un
automezzo per disabili.
Patto territoriale
I sindacati
non firmano
il protocollo
Le organizzazioni sinda«
Cgil-Cisl-Uil di Pinerolo?
hanno firmato il Protocol!
d’Intesa sul Patto territorial!
del Pinerolese, già sottoscritl
dalle associazioni imprendi
riali e dagli enti locali. 1 sjj
dacati lamentano infatti ^
mancanza totale di un i
programmazione su cui si sj
rebbero dovuti innestare i
getti, pubblici e privati dd
Patto stesso con il risultato, j
legge in un comunicato sta®
pa, che si hanno «tanti potei,
ziali progetti senza alcuna i,
nalità precisa e con Punici
obiettivo di ottenere Pappri,
vazione, da parte dei ministcì
competenti, del Patto territa
riale del Pinerolese con le n,
lative ricadute economiche».
«Sono state presentate oh
200 manifestazioni di inte®.
se presentate dai soggetti ptivati con i relativi investime«
- prosegue il comunicato-j
risposta al bando pubblicati
sul Sole 24 ore dello scot»
giugno, senza che si comprej
desse il contenuto dei singoi
progetti e quali ricadute posi
tive avevano sul territorio»,!
seguito sono stati presentai:
progetti definitivi già appio
vati e finanziati dai singoi
enti locali, non essendo posi
bile per ragioni tecniche e pt
il poco tempo a disposizia
presentare progetti pubbit
collegati a iniziative privali
«A questo punto - concluè
no i sindacati - non solot
chiediamo qual è il ruolo è
sindacato in un Patto conqu
ste caratteristiche, ma and
se era necessario far passi
un anno e mezzo per svolgo
un lavoro in cui la partecip
zinne dei vari soggettiti
hanno aderito formalmente i
la costruzione del Patto è t
talmente disattesa».
Massimo Long lascia la vai Pellice
Animatore in viaggio
verso Pisola dTIba
Massimo Long, diacono
della chiesa valdese e dal
1990 animatore giovanile in
vai Pellice, sta per lasciare il
suo incarico, in partenza per
l’Isola d’Elba, dove continuerà a lavorare con i giovani
nell’ambito di un progetto che
coinvolgerà il territorio, e avrà
anche la cura pastorale della
comunità isolana toscana.
- Che cosafa e come si forma un animatore giovanile?
«Quando io ho cominciato la
formazione non era strutturata, per cui ho seguito dei corsi
per la preparazione specifica
in ambito giovanile e altri per
la formazione teologica pastorale; attualmente coloro
che desiderano lavorare con i
gruppi giovanili nelle nostre
chiese studiano all’istituto
“Gould” di Firenze, che offre
una preparazione specifica
per lavorare con gruppi e in
comunità giovanili. Per rispondere al “cosa fa” un animatore giovanile dovrei invece raccontare tutti questi anni,
ricchi di tante esperienze, ai
quali si sono sempre accompagnate l’amicizia, la fede, la
speranza di trovare le soluzioni ai problemi che di volta
in volta andavano affrontati.
Lavorare con i giovani significa secondo me imparare
continuamente, essere dispo
impegno e responsab i ^
diverse generazioni o ^
ni valdesi, sarà Cns«n“ .
to, alla quale certamente
verà la lunga esperieni^,
qui accumulata come
ce di vari coretti.
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animatore giovanile infa®^
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solo nelle valli valdesi»
- Quali attività hai
e portato avanti con i ginv
della vai Pellice?
«Ho seguito attivanif»
tutti i gruppi di precatechiL
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dei monitori e dei catec
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Molte iniziative nelle Valli puntano sul «mangiar bene» nel recupero della tradizione
Quando l^arte culinaria porta turismo
PIEBVALDO bostan
LJ autunno è, tradizionalmente, la stagione del
raccolto; ben lo sanno gli
agricoltori che al termine di
una annata ne valutano 1’
andamento sulla base della
quantità e della qualità dei
frutti ottenuti. E in qualche
modo collegandosi con questa
tradizione le vallate pinerolesi
propongono in queste settimane tutta una serie di incontri,
feste e appuntamenti in cui il
territorio presenta le proprie
ricchezze, i propri frutti, sapientemente trasformati e utilizzati. Frutta, vini e «galuperie» saranno protagonisti dei
prossimi week-end; sapori antichi, oggi rinnovati con fantasia e nel rispetto della tradizione (e delle norme sanitarie)
vengono portati al centro
dell’attenzione. «È una stagione felice - dice Ezio Giai,
dell’Atl di Pinerolo e Susa -;
siamo di fronte a giovani imprenditori che sanno ritagliarsi uno spazio di lavoro che valorizza le produzioni tipiche.
Le nostre vallate non hanno
solo cultura, storia 0 impianti
sciistici ma anche la strada del
turismo gastronomico sta diventando importante, anche a
livello economico».
Così crescono gli agriturismi, i produttori si consorzia
no per offrire insieme il meglio delle valli, i ristoranti, se
sanno puntare su qualità e tipicità diventano veri e propri
attrattori turistici. Il caso principe è quello di Walter Eynard del ristorante Flipot di
Torre Pellice: citato e premiato da tutte le piià importanti
guide o riviste di cucina, ha
recentemente lanciato una
nuova, coinvolgente, idea.
Una rassegna sulle minoranze
in cucina nelle vallate alpine:
così cuochi ladini, walser,
delle valli valdesi e occitane
si ritroveranno dal 15 al 17 ottobre a Torre Pellice, per presentare piatti tipici, ma anche
per confrontarsi e stimolare
gli enti pubblici sul valore di
questo settore. «E ancora possibile distinguere in piatti e
prodotti tipici delle valli alpine i tratti peculiari di minoranze che hanno mantenuto
nel tempo una loro identità
autonoma?» è una domanda
che si pongono gli organizzatori. Walter Eynard ha infatti
coinvolto Comune e Comunità montana, agriturismi della zona, i rifugi alpini per discutere questo argomento, per
cercare di mettere in relazione
cultura, storia e cucina.
Perché se è vero che ogni
zona ha una sua storia particolare, così è anche per la cucina; a patto che non si mitiz
zi la cucina della povertà. I
piatti di fine ’800, quelli della
gente delle nostre montagne
erano generalmente molto
semplici, quelli della prima
metà del nostro secolo anche
molto poveri; solo le giornate
di festa portavano la carne
sulle mense, e neppure su tutte. Il recupero di una tradizione culinaria, così come è stato per la tradizione musicale,
può passare attraverso la fedele e spartana riproposizione
di ciò che fu; l’intervento della fantasia, di risorse nuove e
l’inserimento di elementi di
novità nelle combinazioni alimentari è in grado di arricchire un settore che sta conoscendo un momento di gran
II10 ottobre a Pinerolo, scortata dal «cavaliere D'Artagnam
Arriva la «maschera di
ferro
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GIAN MABIO GILLIO
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da semf
"Der ordine di sua mae>>Jl stà Luigi XIV re di
Francia, domenica 10 ottobre
arriverà nella città di Pinerolo
un misterioso personaggio
che dovrà essere rinchiuso
nelle prigioni della fortezza
situata sul monte Pepino».
Il mistero della maschera
di ferro, personaggio che ha
ispirato molte leggende e
molti film, come The Iran
Mask del 1929 fino all’ultima
produzione del 1998, La maschera di ferro, che vede come protagonista Leonardo Di
Caprio, continua a creare interesse. Personaggio dai molti volti (sono 48 le ipotesi attribuitegli sino a oggi: la più
nota sostiene che sotto la maschera si celasse il fratello di
Luigi XIV) in realtà nessuno
desidera conoscere la sua vera identità, per non dovere
rompere l’incantesimo del
mistero. Per circa un ventennio la maschera di ferro è stata rinchiusa nel carcere di Pinerolo e poi trasferita nella
fortezza di Exilles, e successivarnente alla Bastiglia di
Parigi, dove mori nel 1703.
In nessun film viene segnalato questo passaggio nelle
carceri pinerolesi. Pinerolo ha
quindi deciso di riappropriarsi
di tutto ciò che è storia, cultura e anche la maschera di ferro
può diventare un modo per indagare il proprio passato con
1 intento di interessare tutto il
territorio. L’associazione pinerolese «Il mistero della maschera di ferro», da poco corittuita, ha organizzato la prima edizione della rievocazione storica, con una serie di
iniziative che, iniziate il 4 ot|obre, proseguiranno fino a
domenica 17 e riporteranno
Pinerolo nell’atmosfera della
seconda dominazione francese, intorno al 1670. Il clou
della manifestazione si avrà
domenica 10 ottobre con la
rievocazione storica: saranno
presenti i gruppi storici di Ca
nelli, Ivrea e Asti, oltre ai cittadini di Pinerolo che nunierosi si sono resi disponibili per
collaborare con l’associazione. Quattrocento figuranti in
costume d’epoca aspetteranno
per le vie del centro, e in particolare in via Principi d’
Acaia, l’arrivo del personaggio misterioso accompagnato
dai quattro moschettieri. Si
potrà poi vedere la «maschera» imprigionata nelle carceri
di Pinerolo per tutta la giornata, pagando con una «gamella» (moneta di Luigi XIV); a
fine giornata sarà rivelata
l’identità dell’uomo 0 della
donna del mistero.
Questa rievocazione dovrà
diventare un appuntamento
fisso, ha dichiarato il sindaco
di Pinerolo, Alberto Barbero,
e l’assessore al Turismo, Giu-seppino Berti, conferma che i
commercianti hanno capito il
valore della manifestazione
dedicando le vetrine alla
«maschera». Il gruppo Prompicai cura i canti, le ghironde
di Pragelato suoneranno per
le vie del centro storico. A
cornice dell’evento, 40 artisti
tra pittori e scultori haniio accolto l’invito delTassociazio
ne e ognuno presenta il proprio lavoro nella mostra visitabile nel salone dei Cavalieri
in viale Giolitti 7 a Pinerolo.
Maria Luisa Freiria Camusso
e le sue allieve proporranno
la mostra di ceramiche artistiche in un itinerario che conduce alla corte del Re Sole
nella saletta della Pro Pinerolo in piazza Vittorio Veneto.
de interesse ed espansione.
«Minoranze in cucina» porterà anche una tavola rotonda
senza cibi ma destinata a mettere a confronto proprio la
tradizione e l’attualità, una
mostra mercato dei prodotti
tipici delle quattro minoranze, spettacoli, balli, proposte
di materiali editoriali. I cuochi delle quattro minoranze
(Walter Eynard, Bartolo Bruna, Sergio Rossi, Giorgio Patrone) prepareranno, domenica a pranzo al parco «Le betulle» di via D’Azeglio di
Torre Pellice un menù degustazione, il sabato sera, su
prenotazione, gli agriturismi
Lou Chardoun di Luserna,
Turina di Bricherasio, Frutto
permesso di Bibiana, Sibourgh di Rorà, Cascina Muston e
Bacomela di Torre Pellice
prepareranno piatti tipici della cucina valdese; nella stessa
serata, ai rifugi Barbara Lowrie, Willy Jervis e Vaccera gli
chef ospiti proporranno menù
dalle rispettive tradizioni.
Torre Pellice
La pittura
di Perosino
FBANCO CALVETTI
L9 attuale ricerca artistica
di Sergio Perosino, alla
Sala Paschetto del Centro
culturale fino al 18 ottobre, è
un modello di esemplificazione di quanto l’arte contemporanea si propone. La sua originaria impostazione figurativa di ascendenza espressionista si è viva via precisata nel
scegliere l’informale, l’astratto. Il tessuto narrativo delle
sue opere, in cui si rivela una
poetica del silenzio, elabora
una visione del mondo come
se questi venisse indagato attraverso un prisma, un cristallo di rocca, una lente che
scompone il soggetto per ricomporlo in segmenti, figure
piane, accostamenti di colori.
Il soggetto, di preferenza il
paesaggio, si impone così alla
nostra vista e alla nostra psiche non più con tratti descrittivi tradizionali ma con visioni trasformate da interiorità,
emotività e razionalità.
Il paesaggio diventa con
Perosino una raffigurazione
mentale, una mappa concettuale che non perde nulla della sua attrazione. Una mappa
ottenuta anche grazie al colore modulato in bande ottiche,
con sfumature e a volte trasparenze che la pittura con
acrilici enfatizza. L’artista,
simpatico nella sua modestia
tanto rara fra i pittori, si dichiara cosi libero da tanti
condizionamenti, dalle mode
e dalle tendenze di mercato.
Fondazione «Doti. Enrico Gardioi»
Via Beckwith 1 -10066 Torre Pellice (To)
Bando di concorso
per l’assegnazione di borse di studio per l’università
Gli studenti valdesi che intendano avviarsi agli studi universitari per esercitare nelle Valli le attività professionali conseguenti,
possono richiedere una borsa di studio per fa.a. 1999/00, entro il 20 ottobre 1999, indicando:
- facoltà universitaria prescelta
- condizioni economiche personali e familiari (copia della dichiarazione dei redditi)
- previsione delle spese che intendono pagare con la borsa
di studio
Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Presidenza del Collegio Valdese, via Beckwith 1 - It 10066 Torre Pellice (To) - tei.
0121-91260, fax 0121-932272, e-mail collegio@tpellice.it
Nelle
Chiese Valdesi
SAN SECONDO — Domenica 10 ottobre, alle ore
10, culto con assemblea di
chiesa: alTodg relazioni dei
deputati alla Conferenza distrettuale e al Sinodo. Domenica 17 ottobre, nella sala attività, vi sarà il consueto bazar della Festa del raccolto alle ore 14,30, con
ampia esposizione di prodotti agricoli. La comunità
è invitata a partecipare.
1" CIRCUITO — Venerdì
15 ottobre, alle 20,30, a
Rorà, è convocata l’assemblea del r circuito.
CORETTI — Tutti i martedì si incontra, alla Casa unionista, il coretto dei più grandi (ragazze/i dai 15 in su);
dalle 20,30 alle 22,30. A Villar Pellice, tutti i lunedì,
incontro del coretto per bambini/e e ragazzi/e dagli 11
anni in su, alle 20,30 fino alle 21,45. Per tutte le informazioni sulle attività dei coretti ci si può rivolgere a
Cristina Pretto, tei. 0121-930927. DalT8 all’11 ottobre
il coretto dei più grandi sarà in visita a Roma: età minima richiesta per la gita 12 anni, costo lire 250.000, rivolgersi a Cristina Pretto.
BOBBIO PELLICE — Sabato 9 ottobre, alle 15, incontro
della scuola domenicale e del precatechismo nella sala
delle attività per un benvenuto alle nuove monitrici e ai
nuovi arrivati, e per le prove di canto per il culto di domenica 10 ottobre. Domenica 10 ottobre, alle 10,30,
culto per la ripresa delle attività, sono invitati a partecipare i membri di tutti i gmppi che svolgono un’attività
e i genitori dei bambini e dei ragazzi della scuola domenicale, precatechismo e catechismo.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Giovedì 7 ottobre, alle
20,45, al presbiterio, incontro per quanti vogliono riprovare a far nascere una corale, con l’aiuto di Cristina
Pretto. La scuola domenicale inizia sabato 9 ottobre, alle 14,30. Domenica 10 ottobre festa del raccolto: alle
10, culto di riconoscenza al Signore per i doni che elargisce; alle 14,30, nella sala Albarin, esposizione e vendita dei prodotti offerti: la sala sarà aperta fino alle 19
del sabato precedente per consentire a quanti lo desiderino l’offerta dei doni per la festa; alle 19 di domenica
10, «merenda sinoira», prenotarsi presso l’Asilo (0121900285), Berutti (tei. 0121-954478) o Pasque! (tei.
0121-900271), prezzo indicato lire 20.000. Giovedì 14
ottobre, alle 14,30, nella sala di Bricherasio, primo incontro deU’Unione femminile di Bricherasio. Il gruppo
giovani si ritrova per un incontro di programmazione
venerdì 15 ottobre, alle 20,45.
FERRERÒ — La scuola domenicale comincia sabato 9 ottobre, alle 15.
PINEROLO — Giovedì 7 ottobre, alle 15, primo incontro
deU’Unione femminile. Domenica 10 ottobre, alle 10,
culto di apertura delle attività; seguirà un pranzo comunitario, preparato dalla commissione stabili: prenotarsi
presso Vera Long tei. 0121-71597. Martedì 12 ottobre,
alle 20,30, incontro con i genitori dei ragazzi/e che frequentano il catechismo.
POMARETTO — Giovedì 7 ottobre, alle 20,30, studio biblico sul tema «Il Padre Nostro». Domenica 10 ottobre
culto di inizio attività, con la partecipazione della scuola
domenicale. Domenica 10 ottobre, alle 15, riunione autunnale a Combavilla, alla scuola di quartiere.
FRALI — Domenica 10 ottobre, alle 10, culto; segue assemblea di chiesa sulle relazioni della Conferenza distrettuale e sul Sinodo.
PRAMOLLO — Sabato 9 ottobre, alle ore 17, nel presbiterio si tiene rincontro dei coralisti.
PRAROSTINO — Domenica 10 ottobre, alle 10, culto di
apertura delle attività, con la partecipazione della corale
e della scuola domenicale.
RORÀ — Domenica 10 assemblea di chiesa con elezione
cassiere. Tutti i membri elettori sono invitati a partecipare. Durante la giornata bazar del gruppo donne. Domenica 17 culto di inizio attività con la partecipazione
della scuola domenicale e dei catecumeni. I canti saranno guidati dall’animatrice giovanile del 1“ circuito Cristina Pretto. Tema del culto la fiducia. Seguirà un pranzo comunitario.
SAN GERMANO — Giovedì 8 ottobre, alle 20,30, culto
nella sala di Porte. Domenica 10 ottobre, alle 10, nel
tempio, culto con Santa Cena per apertura delle attività.
TORRE PELLICE — Domenica 10 ottobre, alle 10, nel
tempio del Centro, culto di apertura delle attività, con la
partecipazione della scuola domenicale e dei catecumeni. Domenica 10 ottobre, alle 15, alla Casa unionista, incontro dell’Unione femminile, con le sorelle di Bobbio
e la Società missioni Cevaa di Torre Pellice. Mercoledì
13 ottobre, alle 20,30, riunione quartierale ai Chabriols.
VILLAR PELLICE — Domenica 10 ottobre, alle 14,30,
primo incontro dell’Unione femminile.
VILLASECCA — Venerdì 8 ottobre, alle 20, inizio delle
attività della corale. Giovedì 14 ottobre, alle 14,30, incontro delTUnione femminile.
10
PAG. IV
IDE! .¡.IK ^LLi Valdesi —
VENERDÌ 8 OTTOBRE 199q
venef
SPORT'
HOCKEY GHIACCIO
LA VALPE INIZIA VINCENDO — Inizio festoso per la
Valpe Caffarel che sabato scorso ha ripreso un cammino
nell’«olimpo dell’hockey» interrotto 15 anni fa con la retrocessione in serie B. I biancorossi, nella nuova maglia rosso vivo,
hanno fatto un solo boccone dello Zoldo arrivato in via Filatoio
con soli 8 uomini di movimento e dunque costretti a cambiare
solo tre giocatori per volta. Valpe con due assenze (Cintoli
infortunato e Grannonico squalificato) di fronte a un pubblico
come al solito folto. Appena il tempo di vedere la disposizione
delle linee (Dorigatti, Marziale e Stevanoni in prima, Melotto,
Tomasello e Scapinello in seconda, Marauda, Malan e Orsina
in terza) che la Valpe è già in vantaggio grazie a Stevanoni; dopo un minuto (siamo appena a 3’44”) Tremolaterra mette dentro il secondo gol. I valligiani che vanno a segno ancora quattro
volte nel primo tempo (Marziale 2 volte. De Zordo e capitan
Scapinello); l’allenatore Darin dà spazio anche ai giovani locali
e c’è gloria anche per Gonin, Pons, Carignano e Viglianco;
quest’ultimo in particolare nel secondo tempo realizza la sua
prima rete in serie A. Nel secondo tempo vanno a rete anche
Dorigatti e Marziale. Altro 6-0 nel terzo tempo (De Luca, Pons,
Scapinello, Stevanoni, Tomasello e il solito Marziale) con esordio anche, a cinque minuti dalla fine, per il portiere locale Andrea Malan al posto di un pressoché inoperoso Rossi. Finisce
15-0. Martedì arriva il Renon e sabato, ancora in casa, il Val
Venosta. I risultati; Val Venosta-Como 3-4; Fassa-Auronzo 144; Bolzano-Brunico 6-1; Alleghe-Varese 9-2; Asiago -Merano
7-1; Appiano-Renon 4-6; ha riposato il Vipiteno.
TENNIS TAVOLO
EN PLEIN DEL VALPELLICE — Seconda giornata di
campionato e secondo en plein delle squadre della polisportiva
Valpellice, che viaggiano così a punteggio pieno in classifica. In
CI prima giornata, vittoria a Vigevano per 5 a 4; seconda giornata, in casa, 5 a 2 sul Lainate, tre punti Davide Gay, 2 punti
Paolo Rosso, Fresch assente per indisposizione, ha giocato al
suo posto Malano. In C2 prima giornata di riposo, seconda in caso 5 a 2 sul Cambiano, tre punti Migliore, 2 punti Giuliano Chiri, terzo giocatore Gino Piras. In DI «A» prima giornata 5 a 1 a
Cambiano, seconda in casa 5 a 2 sul Crdc, tre punti Franco Picchi, 2 punti Andrea Girardon, con loro hanno giocato Mauro Gasano e Giuseppe Ghirardotti. In DI «B» prima giornata 5 a 2 a
Ivrea, seconda sempre in casa 5 a 2 con Telecom, due punti Giuliano Ghiri e Riccardo Rossetti, con loro Simone Odino e Massimo Battaglia, autore di un punto.
Alla scuola «Ferruccio Farri» ó\ Pinerolo
Abbecedari in mostra
MASSIMO GNOME
Inaugurata venerdì 1° ottobre, resterà aperta fino alla
fine del mese una mostra davvero particolare: l’esposizione è infatti dedicata agli abbecedari, i primi libri destinati all’apprendimento. Sede
dell’iniziativa la Biblioteca
transculturale delle scuole
elementari Patri a Pinerolo.
«La mostra - spiega Bruna
Ricca, insegnante e responsabile della biblioteca - è stata
organizzata e ideata dalla biblioteca Globlivres di Losanna con cui siamo in contatto;
questi abbecedari sono in tutto 168 e seritti in 98 lingue
diverse; lo scopo è quello di
far conoscere i diversi tipi di
scrittura nel mondo». I volumi, raccolti con la collaborazione deirUnesco e di numerosi amici della biblioteca
svizzera, si possono osservare
e consultare liberamente: carte geografiche, lista delle lingue e degli alfabeti delle varie regioni completano questo
insieme di indubbio valore
divulgatico e didattico.
«Gli abbecedari - sottolinea Bruna Ricca - sono così
importanti perché sono i primi libri con cui i bambini si
confrontano con la scrittura,
quindi passano dalla lingua
parlata alla lingua scritta e alla lingua letta. Con questo
materiale tutti possono imparare a conoscere realtà e cul
ture diverse attraverso i libri:
questo è anche lo scopo della
nostra Biblioteca transculturale. Avere dei libri in lingua
straniera da un lato è utile per
gli italiani che si confrontano
con le diverse tipologie di lingue, dall’altro per gli adulti e
i bambini che arrivano sempre più numerosi nel nostro
paese è un’occasione per continuare a leggere nella propria
madrelingua».
Quella della mostra non è
la prima iniziativa della biblioteca transculturale: «In
aprile - continua Bruna Ricca
- c’è stato un convegno aperto alla cittadinanza e un corso
di aggiornamento per gli insegnanti sul tema dell’educazione interculturale inteso come rapporto con il territorio.
La nostra è una scuola sorta
in una zona di prima immigrazione dal Sud al Nord; oggi l’immigrazione sta cambiando e il nostro obiettivo è
di andare a far conoscere queste nuove realtà. In futuro vogliamo sviluppare un punto
d’incontro per insegnanti e
organizzare un corso d’aggiornamento dell’italiano come seconda lingua».
Sarà possibile visitare l’esposizione degli abbecedari
in via Rocchietta a Pinerolo
dal lunedì al venerdì dalle 17
alle 19 per tutto il mese di ottobre. Nel mese di novembre
i libri saranno spostati al centro Cidis di Torino.
Tacabanda
Stagione di
musica etnica
in vai Pellice
La musica etnica toma protagonista in vai Pellice dal 15
ottobre all’ 11 dicembre in occasione della nona edizione
del «Tacabanda». La rassegna, un po’ più corta del solito, sconta fra l’altro la limitatissima disponibilità di luoghi
adatti a ospitare concerti. In
attesa della sala di Villar in
costruzione e di quella di
Bobbio (chiusa da oltre due
anni per lavori di adeguamento) la rassegna viene riproposta fra molte difficoltà in templi, palestre e chiese.
Si inizia di venerdì, a Torre
Pellice, con un intrigante serata di musiche dell’area del
Medio Oriente e del Nord
Africa grazie all’Ensemble
Sannin; «Chantelebre», musiche tradizionali del Limousin
con puntate nel Cajun, animerà la serata del 23 alla palestra di Lusema; nella stessa
palestra si esibiranno il 19
novembre i «Compagnon
roulant» che presenteranno il
loro Cd «Jan senso tero». Altra presentazione il 6 novembre; nel tempio di Torre Pellice con l’Ariondela che offre
in anteprima il Cd «Beica»,
canti polifonici del Piemonte.
Il chitarrista americano Isaac
Guillory sarà il 13 alle scuole
di Lusemetta con i suoi ritmi
folk, blues e swing. Tacabanda arriva il 26 novembre al
tempio di Villar Pellice con
Robin Williamson che presenta musiche di matrice celtica per arpa e chitarra; la rassegna chiuderà i battenti TU
dicembre nella chiesa di Santa Maria a Bricherasio con gli
«Alphorn & baghet», musiche per corno e cornamusa
delle Alpi centrali. L’ingresso
ai concerti, salvo a Bricherasio dove la serata è gratuita,
costa 10.(XX) lire.
Posta
L'amico Abate
Ho partecipato giovedì 23
settembre al tempio di Torre
Pellice all’ultimo saluto a Domenico Abate, una persona alla quale ero molto affezionato.
Ho molto apprezzato gli interventi dei pastori Bruno Rostagno e Giorgio Toum e di Paolo
Favout. Mi legava a Domenico
Abate una salda amicizia, nonostante la notevole differenza
di anni che ci divideva.
Avevo conosciuto Mimmo
all’inizio degli Anni 80: era
ancora pieno di energie e di
passioni. Era siciliano come
mio padre, con moglie occitana (come mia madre). Mi incuriosiva quel suo essere passato
dalla Chiesa cattolica a quella
protestante. Stavo sovente lungamente ad ascoltarlo mentre
ricordava episodi del suo passato ricco di esperienze e di
conoscenze. In particolare ritornava spesso, con grande
sofferenza, sulla manifestazione svoltasi nella sua Catania
all’inizio degli Anni 20, un
corteo di giovani socialisti
contrastato dalla polizia: durante lo scontro erano morti alcuni giovani (non sarebbe male un approfondimento di quell’episodio: a casa sua conservava una cartellina con un ritaglio di giornale dell’epoca).
Quando lo conobbi aveva
quasi 80 anni ma non viveva di
ricordi: era ancora pieno di iniziative e di progetti. Mi aprì gli
occhi (con la collaborazione di
Bruna Peyrot) su un capitolo
un po’ ignorato del nostro passato, quello della presenza protestante nel Marchesato di Saluzzo. Qualcosa abbiamo fatto
in questi anni per ricordare
questo capitolo di storia, per
avviare il confronto ecumenico
(con incontri, convegni, concerti, mostre). Altre iniziative
sono in cantiere. Mi coinvolse
negli incontri al Colle della
Croce che si svolgono nella
terza domenica di luglio (in
particolare nel 1990 chiedendomi un intervento), un’esperienza di grande respiro (che
proprio Abate aveva con altri
contribuito ad avviare nel
1933) e che ci ha ispirato una
analoga iniziativa, proprio quest’anno in alta valle Gesso in
provincia di Cuneo (per ricordare l’esodo biblico di mille
ebrei che dopo T8 settembre
del 1943 cercarono, purtroppo
per molti di loro inutilmente,
salvezza in Italia).
Mi mancherà molto il suo
calore, la sua prorompente vitalità, la sua fede incrollabile,
il suo impegno politico (fra
l’altro nel ’94 mi era stato, a
88 anni, molto vicino in una
impegnativa campagna elettorale nei Progressisti), Perché il
prossimo anno in occasione
dell’incontro al Colle della
Croce non pensiamo a una iniziativa specifica per ricordarlo
degnamente, magari in una
delle sere precedenti a Torre,
per consentire anche la parteeipazione di persone che non
possono più salire al Colle?
Gigi Ferraro - Saluzzo
Welfare?
Dopo l’approvazione della
riforma sanitaria ter che prevede un unico livello dirigenziale
per i medici, i requisiti per
l’accreditamento delle strutture
sanitarie sia private che pubbliche e una diversa attenzione
al territorio, si profila il decesso del ministero della Sanità.
Riparte un nuovo e ennesimo cambiamento per la tutela
e l’erogazione del servizio sanitario. Per questa serie di repentini cambiamenti, sorge il
dubbio che non vi sia ancora
chiarezza (o forse troppa) sul
tipo di assistenza sanitaria del
Duemila e che una «giusta sanità» i cittadini non possano e
non debbano mai conoscerla.
Già oggi, con la morte del
vecchio servizio sanitario, vincitori e vinti sprecano parole:
chi avanza dubbi, ma continua
sulla strada delle privatizzazioni e aziendalizzazione della sanità (toccasana dell’assistenza?), chi è contrario, ma si è
convinto di garantire una sanità migliore attraverso il federalismo e le assieurazioni pri
vate e chi rimpiange il vecchio
Welfare perché questo nuovo
sistema, squisitamente economicistico e iperliberale, mette
in crisi l’equità sociale e il diritto al livello minimo di assistenza previsto per tutti.
Sono profondamente convinto che tutti stiamo perdendo. La sicurezza all’assistenza
non vuole precarietà e costringe ad assieurarsi. Questa ennesima riforma sanitaria è già
pronta per essere superata o
non applicata per mancanza di
fondi (il contratto dei medici è
fermo per questo motivo). La
qualità dei servizi sanitari è negativa (relazione governatore
della Banca d’Italia). La professionalità degli operatori è
annichilita. La spesa sanitaria
rispetto al Pii è uno dei più
bassi d’Europa con meno di tre
milioni Tanno procapite che
con un’incidenza sul Pii nel
’97 pari al 7,6% si colloca al di
sotto della media europea
dell’8% (Ocse ’99).
Nonostante qualsiasi tipo di
deroga apportata al nuovo sistema sanitario, qualsiasi tentativo di salvataggio, aggiustamento o perfezionamento che
facciano al vecchio ministero
della Sanità una cosa è ormai
assodata: un altro pezzo si stato sociale è stato smantellato,
se non altro sul piano della
credibilità sociale. Chi meglio
di questo governo sta difendendo gli interessi dei capitali?
Agostino Valenti
responsabile regionale
Rdb-Cub Sanità
Personalia
A Jean-Pierre Davit vadano le più vive congratulazioni
da parte dei genitori, parenti e
amici per il conseguimento
della laurea in «Ingegneria per
il territorio e l’ambiente» ottenuta al Politecnico di Torino,
con valutazione di 107/110, discutendo la tesi su «Valutazione della qualità e del grado di
protezione delle acque sotterranee nella sona compresa tra i
torrenti Chisola e Lemina».
Villar Pellice ¡‘’ottobre 1999
7 ottobre, giovedì
ANGROGNA: Fiera autunnale. Alle 21, nel tempio del
Serre, incontro su «Non c’è
memoria senza futuro; le esperienze culturali di Levi Buffa»,
proiezioni di video e interventi
di Mariena Gaietti e del pastore
Giorgio Tourn.
TORRE PELLICE: Alle
21, in piazza Muston, concerto
della banda cittadina.
TORRE PELLICE: Alle
21, alla civica biblioteca «C.
Levi», incontro di programmazione per le attività del gruppo
di amici della biblioteca; tutti
sono invitati a partecipare.
8 ottobre, venerdì
TORRE PELLICE: Alle
21, in piazza Muston, esibizione di arti marziali.
9 ottobre, sabato
FENESTRELLE: Nel piazzale del Sagnas, al Chambons,
rassegna zootecnica.
TORRE PELLICE: Alle
21, in piazza Muston, si esibisce il gruppo Carisma.
PINEROLO: In occasione
della giornata mondiale della
salute mentale, l’Associazione
per la promozione della salute
mentale, in collaborazione con
il dipartimento e Centro di salute mentale di Pinerolo, Diapsi
vai Pellice e Arci Nuova Associazione, organizza una tavola
rotonda su «Malattia mentale e
il ruolo della famiglia», nel salone della Regione Piemonte,
via San Giuseppe 39.
10 ottobre, domenica
RORÀ; Fiera della castagna.
LUSERNA SAN GIOVANNI: Alle 21, nella chiesa di San
Giovanni Battista, concerto
d’organo con Silvano Rodi, organista titolare di Santa Devota
nel Principato di Monaco: musiche di Cardano, Facoli, A.
Gabrieli, Trabaci, Storace, Frescobaldi, M. Rossi, Pasquini,
Galuppi, Grazioli.
14 ottobre, giovedì
ANGROGNA: Alle 21, nella biblioteca comunale, incontro-dibattito sul tema «Legge
regionale 8 luglio 1999 n. 18;
interventi regionali a sostegno
dell’offerta turistica, nuova
possibilità di sviluppo per le
valli alpine?», introduce Marco
Bellion, assessore alla Montagna della Provincia di Torino.
15 ottobre, venerdì
TORRE PELLICE: Dalle
8,30 alle 11,30, all’ospedale
valdese, prelievo collettivo di
sangue a cura del Gruppo donatori vai Pellice.
INFORMAGIOVANI
VAL PELLICE
Luserna S. Giovanni
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Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
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Ferrerò: Farmacia Valletti Via Montenero 27, tei. 848827
Ambuianze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
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Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
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Torre Peliice: Farmacia Internazionale - Via Arnaud 8
tel. 91374
Ambuianze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
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Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 167-233111
Ambuianza:
Croce Verde, tei. 322664
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telefono 118
Cinema
BARGE — Venerdì 8, alle
21, Cube, il cubo, sabato 9,
alle 21, Cruel intentions, domenica 10, ore 15, 17, 19 e
21, lunedì 11, martedì 12,
giovedì 14, ore 21, Austin
powers.
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma, giovedì 7, venerdì 8, lunedì 11, martedì 12 ore 21,15,
sabato, ore 20,10 e 22,10, domenica, ore 16, 18, 20,10 e
22,10, Tutto su mia madre.
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SCUOLA DI MUSICA
DELLA VAL PELLICE
A partire dal 4 ottobre è
possibile iscriversi ai corsi
proposti dalla Scuola di
musica della vai Pellice.
Come avviene da anni, ci
saranno sia attività collettive che individuali, sia
strumentali che vocali. Tra
i corsi di gruppo ricordiamo il coro di voci bianche
(dai 5 ai 15 anni), musica
gioco (dai 3 ai 5 anni),
propedeutica musicale,
(dai 5 ai 7 anni), laboratori
musicali, teoria e solfeggio, educazione al ritmo,
coro polifonico, armonia e
arrangiamento, insieme fiati, musica d’insieme. La segreteria, in via Roma 4L
secondo piano, a Luserna
San Giovanni, è aperta il
lunedì, mercoledì e venerdì
dalle ore 16,30 alle 19.
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via dei Mille, 1 -10064 Pinerolo
tei. 0121-371238; fax 323831
recapito Torre Pellice
tei. 0121-933290; fax 932409
Sped. in abb. post./50
Pubblicazione unitaria con Riforma
non può essere venduto separatamente
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. ai sensi di legge Piera Egiòi
Stampa; La Ghisleriana Mondovì
Una copia L. 2.000
D
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Vita Delle Chiese
PAG. 7 RIFORMA
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Resoconto del viaggio di studio organizzato dalla Chiesa valdese di Torino
Sulle tracce di Jan Hus
Oal W ai 20 settembre, attraversando sette stati, si è andati alia ricerca delle
radici più antiche e meno conosciute del protestantesimo mittel-europeo
uibELLA argentieri BEIN
Non è facile riferire succintamente di un viaggio tanto denso. Molti aspetti
di questo «pellegrinaggio» rimarranno perciò forzatamente in ombra. Venerdì 10
settembre un comodo pullman ci porta, nell’arco di una
giornata, alla cittadina medioevale di Herrenberg nel
Württemberg previo attraversamento della Svizzera e dei
suoi deliziosi paesaggi lacustri. Il pastore luterano del
luogo ci incontra alla Casa
delle diaconesse che ci ospita
e ci porta a visitare la Stiftkirche sulla collina del castello
la cui caratteristica torre con
cupola a cipolla ospita un
museo di campane.
Herrenberg è molto bella,
con una piazza-salotto da
non dimenticare. Il pastore
ci parla con entusiasmo del
suo lavoro. Sabato 11 un lungo percorso ci conduce a Tabor nella Repubblica ceca,
roccaforte della rivoluzione
hussita che riassume la vicenda del «maestro» Jan Hus,
antesignano della Riforma in
Boemia, arso sul rogo nel
1415, e dei suoi successori
che si divideranno presto in
taboriti, radicali (con cui i
valdesi avranno rapporti fraterni) e moderati. Saranno i
primi a soccombere nel 1434.
Si affermerà quindi la Chiesa
unita dei fratelli moravi, il
cui simbolo è il calice (per
l’importanza data dagli bussiti alla comunione in «utraque specie»). Ma nel 1620, la
«sconfitta della montagna
bianca» a opera dei cattolici,
segnerà la fine del protestantesimo in Boemia e Moravia.
Solo 300 anni dopo esso riacquisterà piena legittimità.
Oggi a Tabor la chiesa che
ci accoglie, rinata all’inizio
del secolo per l’azione evangelizzatrice di lavoratori delle
ferrovie venuti da fuori, costituisce una presenza significativa nella città, pur nella sua
esiguità numerica. Nella sera
stessa ripartiamo per Praga
dove ci fermeremo fino a
martedì. Non parlerò della
raffinata bellezza della città,
ma voglio ricordare il grandioso monumento a Jan Hus
che, pur appartenendo alla
categoria dei vinti, è considerato, per la sua statura morale, l’eroe nazionale. Nella
stessa piazza il calice che ornava il frontone della cattedrale ora dedicata a Maria è
stato sostituito da una madonnina dorata.
Con emozione visitiamo la
bella chiesa gotica di San
Martino e la «cappella di Betlemme» dove Hus predicava
davanti a 3.000 persone in
lingua ceca. Nella prima assisteremo al culto tenuto da
una pastora e la sera dopo a
un concerto di musiche ceche offertoci da un noto innologo con strumenti tipici e
nel costume dell’epoca (il primo innario boemo fu stampato nel 1501). Da ricordare il
percorso nei siti ebraici, alla
sinagoga «vecchia-nuova», al
tnuseo e soprattutto al vecchio cimitero con le sue tombe gotiche, rinascimentali e
barocche. Della vitalità del
protestantesimo praghese abbiamo un saggio in un Centro
del quartiere Kolibisi dove aleggia una parte di noi. Il pastore ce ne illustra l’intensa
attività svolta a favore delle
categorie poste ai margini
della società per un loro recupero sul piano sociale e spirituale. In una conferenza il
tuartedì mattina il pastore
completa la storia dell’odierba «Chiesa protestante dei
catelli cechi» e ce ne descrive
’attuale organizzazione. Ap
prendiamo che oggi i protestanti rappresentano il 6%
della popolazione di fronte al
39% di cattolici. Gruppi minori e agnostici costituiscono
il rimanente.
Ripartiamo dopo pranzo
per la Polonia e arriviamo in
serata a Bielsko-Biala dove
incontriamo il protestantesimo luterano e dove esiste
l’unico monumento a Lutero
in terra non tedesca. La giornata del mercoledì è dedicata
a contatti con varie chiese
della Slesia, con l’accompagnamento del giovane pastore giornalista J. Below. Ovunque siamo accolti con calore,
che ricambiamo (come già in
precedenti e successivi incontri) con il dono di una
grande croce ugonotta in legno. Ci troviamo in una «diocesi» che raggruppa la metà
degli 80.000 luterani polacchi. La loro situazione di piccola minoranza presenta
molte analogie con la nostra
anche dal punto di vista storico. Anch’essi, a esempio,
sopravvissuti alla Controriforma, si nascondevano
nelle montagne: si visita infatti un luogo (siamo nei Carpazi) dove si celebravano culti clandestini.
Due aspetti tuttavia ci differenziano. Il primo riguarda
la partecipazione ai culti: nella grande basilica barocca di
Ceszny si sono resi necessari
due culti per poter accogliere
tutti, altre due parrocchie sono sorte da pochi anni. Il secondo concerne la presenza
di statue, dipinti e addobbi
vistosi in varie chiese. Ci vie
ne spiegato che la cosa non è
teologicamente importante
in quanto queste figure non
sono oggetto di preghiera. Rileviamo infine l’inesistenza
in Polonia di donne pastore.
La mattina del giovedì ci
rechiamo ad Auschwitz. Dei
problemi che pone alla fede
ebraica e cristiana questa
sconvolgente realtà parleremo in pullman sulla base di
alcune letture e riflessioni.
Nel pomeriggio un lungo
viaggio ci conduce in tarda
serata a Budapest. Il primo
contatto con il protestantesimo ungherese avviene il venerdì in un Centro sociale
nel quartiere di Budapest 8
dalle molteplici attività a cui
la Tavola valdese destina una
parte dell’otto per mille. Particolarmente apprezzabile
l’accoglienza a bambini che,
per le situazioni non vivibili
delle loro famighe, finirebbero sicuramente sulla strada.
Nella successiva visita della
città la colta guida ci narra la
storia della nazione magiara
attraverso gli imponenti palazzi, monumenti e chiese.
Come già per Praga non posso affrontare l’argomento: ricorderò solo l’eroe nazionale
Kossuth che, morto in esilio
a Torino, fu membro della
locale Chiesa valdese.
L’indimenticabile giro notturno sul Danubio ci ha permesso di ricollegare mentalmente le cose viste e udite.
Nel pomeriggio vi è pure stata
la visita al Liceo protestante.
L’ultima mattinata a Budapest, prevista come libera, ci riserva la scoperta di un piccolo museo del protestantesimo
sorto 20 anni fa. Nel viaggio
pomeridiano che ci porta in
Austria il pastore Aldo Comba
ci presenta una panoramica
del protestantesimo ungherese. L’Ungheria, in passato
protestante al 90%, subì la
dura repressione degli Asburgo e tuttavia a tutt’oggi calvinisti e luterani raggiungono
ancora un quarto della popolazione cristiana. Esiste a Budapest la piazza Calvino, una
Facoltà di teologia e una
grande chiesa calvinista con
6.000 posti a sedere.
Vorrei chiudere con qualche breve considerazione in
quanto partecipante a questa
bella avventura. Anche se il
gruppo si presentava abbastanza eterogeneo e di diverse provenienze (suggerirei in
un’eventuale prossima occasione la presentazione dei
componenti) direi che il «clima» è stato buono, quasi
all’altezza di quello atmosferico davvero eccezionale!
L’apporto di quattro pastori
(Comba, Platone, Taccia e
Stretti) sul piano culturale e
teologico è stato prezioso e
tanto più apprezzabile in
quanto non disgiunto da
momenti di intrattenimento
a base di autoironia e sano
umorismo.
Infine non è per dovere di
circostanza che termino esprimendo ancora un vivo
ringraziamento e una sincera
comprensione a chi ha organizzato e condotto questo
ricco percorso di ricerca (a
Giuseppe Platone, a Alberto
Taccia, maestro «Kantor», a
Luisella e a chi li ha aiutati
nel corso del viaggio).
Repubblica ceca: sulla strada verso Tabor
La tappa più significativa del viaggio
Steyr, un'importante
sede del valdismo medievale
Meta privilegiata del nostro
itinerario era la cittadina di
Steyr, in Austria, noto centro
industriale alla confluenza di
due fiumi, di grande interesse per noi in quanto sede importante del valdismo medioevale. Steyr vide nel 1397
la distrazione del movimento
grazie ai metodi violenti a noi
ben noti. Solo recentemente
(come ci dirà il sindaco ricevendoci con il pastore locale)
la città ha riscoperto questa
pagina della propria storia
grazie a uno straordinario
monumento del giovane
scultore Brandstotter (che
avremo il piacere di conoscere) raffigurante i 100 martiri
arsi sul rogo 600 anni fa. Come informa l’iscrizione, «ancora oggi esistono dei valdesi
in una zona del Nord Italia».
Nel culto bilingue della domenica, nella piccola chiesa
luterana, la predicazione (in
tedesco) del pastore Platone
metterà in evidenza il colle
gamento che la nostra presenza stabilisce con la lontana vicenda di Steyr. Nella
piazza quattrocentesca di
questa bellissima città visiteremo anche la Bummelrhaus,
pregiato edificio di stile gotico, antico luogo di ritrovo dei
valdesi e più tardi prima
scuola protestante in Europa.
Infatti Steyr, cattolicizzata nel
Medioevo, diverrà protestante durante la Riforma, ma di
nuovo nel 1627 la repressione
cancellerà questa realtà.
A seguito dell’impressione
suscitata dal monumento, il
pastore Platone ha concepito
il sogno di riprodurlo ad Angrogna aU’inizio del classico
percorso ai luoghi storici.
Pensiamo che sia un’idea da
condividere con entusiasmo
sia perché la raffigurazione è
«parlante» nella sua tragicità,
sia perché indicherebbe il legame ideale tra credenti lontani che hanno dato la vita
per la stessa fede.
Un particolare del monumento ai valdesi di Steyr
(serv. fotografico di Sandra Ribet) | Una veduta di Budapest
Di grande attualità il tema del campo invernale che si svolgerà a Agape intorno a Capodanno
Tre generazioni a confronto su democrazia e partecipazione politica
NICOLA ROCHAT
SONO richiesti almeno 14
anni, voglia di discutere,
disponibilità a mettersi in
gioco, desiderio di trascorrere in modo comunitario gli
ultimi giorni di dicembre. Il
prossimo campo invernale
intergenerazionale del Centro
ecumenico di Agape (26 dicembre ’99-1° gennaio 2000)
si propone di (ri)discutere e
(ri) pensare il problema della
partecipazione politica identificando nella parola democrazia il punto di partenza su
cui ragionare e interrogarsi.
Un percorso di cinque giorni all’interno del quale intendiamo confrontarci sui presupposti soggettivi e collettivi
della democrazia, sui meccanismi di partecipazione e delega, sul legame tra equità
giustizia e democrazia, sulle
forme dell’agire politico e sul
ruolo che l’informazione e la
comunicazione giocano in un
sistema democratico.
Il titolo del campo è: «Democrazia ideale, democrazia
reale, democrazia virtuale:
tre generazioni a confronto».
La democrazia ideale è quella
con la D maiuscola, quella
che vorremmo, che si teorizza, che forse sognavano le
donne e gli uomini che hanno scritto la Costituzione. La
democrazia reale è quella che
viviamo tutti i giorni, in cui
anche il diritto minimo di
partecipazione politica, il voto, può apparire svuotato di
significato di fronte ai meccanismi reali di governo. La
realtà della nostra democrazia occidentale, piena di difetti e ben lontana da quello
che dovrebbe essere nel nostro immaginario, resta ancora il privilegio di una ristretta
fetta della popolazione globale al cui benessere aspira la
maggioranza degli esclusi. La
democrazia virtuale è quella
dei sondaggi di opinione,
quella dove il detersivo e la
riforma costituzionale si contendono lo share televisivo,
dove i conflitti esistono solo
se nominati dai mezzi di
informazione. Questo è il
programma indicativo:
27- 12; / presupposti della
democrazia. Mattino: introduzione al campo-lavori in
gruppi; pomeriggio; intervento esterno.
28- 12: / meccanismi di interazione e partecipazione.
Mattino e pomeriggio; attività e animazioni per riflettere su due filoni tematici, e
cioè leadership, delega, voto,
equità e solidarietà.
29- 12: Le forme deU'agire
politico. Mattino: intervento
esterno: pomeriggio; lavori
in gruppi.
30- 12: La democrazia virtuale: il ruolo di informazione e comunicazione. Mattino
e pomeriggio; gioco di simulazione.
31- 12: Conclusioni e valutazioni. Mattino: conclusioni
tematiche; pomeriggio: valutazioni, preparazione festa finale.
Una proposta che si inserisce in un contesto particolare,
quale quello intergenerazionale sperimentato ormai da
diversi anni al campo invernale, in uno spazio in cui persone appartenenti a generazioni diverse possano esplicitare, nominare ed eventual
mente affrontare i conflitti generazionali, a partire dai più
banali che insorgono quando
persone di età diversa sono
«costrette» a convivere nel
medesimo luogo per arrivare
a questioni più di fondo, di
contenuto, lavorando nel merito non dimenticando il metodo. Le Tre generazioni a
confronto del sottotitolo non
sono certo definibili esclusivamente in base al parametro
età, ma semplificando possiamo indicarle in quella degli
adolescenti (i «minorenni»,
dai 14 in su), quella dei giovani (fino a 30 anni?) e quella
degli adulti (qui non ci sono
limiti di età...).
Per informazioni e iscrizioni dal 15 ottobre ’99: Agape,
centro ecumenico, 10060 Frali
(To) tei. 0121-807514. E-mail:
agape@perosa.alpcom.it
12
r
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 8 OTTOBRE 199^ \/ENERC
Il 25 e 26 settembre si è svolto a Ecumene il primo «forum della cultura:
Da Gutenberg a Internet
/ vari enti e istituzioni culturali valdesi e metodisti si sono riuniti per riflettere
sull'identità culturale protestante in Italia e sulle possibili strategie e sinergie
FEDERICA TOURN
CHE cos’è lo «specifico
protestante»? E in che
modo può incidere nella società di oggi? La necessità di
un momento di confronto sul
rapporto tra il messaggio che
vogliamo portare e gli strumenti di comunicazione a
nostra disposizione, è stato
alla base del primo Forum
della cultura, organizzato dal
Centro culturale valdese e
dalla Tavola e riunito a Ecumene il 25 e il 26 settembre
sul tema «Da Gutenberg a Internet. Il mezzo comunicativo e la cultura riformata».
La riflessione sull’identità
culturale protestante si è sviluppata a partire dall’analisi
della storia e del contributo di
quattro fra i soggetti di produzione culturale del nostro
ambito; i Centri di Ecumene e
di Agape, la rubrica televisiva
«Protestantesimo» e la Facoltà valdese di teologia. Sergio Aquilante ha così tracciato brevemente il percorso di
ricerca affrontato a Ecumene,
dallo studio della questione
meridionale al dibattito sullo
stato democratico e sull’egemonia cattolica in Italia,
mentre Daniele Bouchard ha
messo in evidenza le caratteristiche di Agape e la connotazione che il Centro ha assunto negli ultimi anni. «Agape da sempre si trova sulla
frontiera - ha detto Bouchard
- in particolare oggi cerca un
modo sensato di vivere all’incrocio tra moderno e postmoderno, con la consapevolezza che l’ascolto aperto al
cambiamento è condizione
per la rivendicazione della
propria identità e viceversa».
A questo proposito è interessante notare come ad Agape,
durante i campi, si sia verificata una riduzione della centralità dell’elaborazione intellettuale a favore di quella
esperienziale, con il conseguente incremento del lavoro
in gruppi rispetto alla discussione in assemblea plenaria.
Gianna Urizio ha poi rimarcato come a «Protestantesimo» si sia passati, da un primo momento in cui il contenuto prevaleva sulla forma,
alla linea attuale che intende
valorizzare la televisione come luogo di comunicazione
con precise regole (e categorie culturali) da rispettare.
L’intervento di Daniele Garrone ha sorvolato invece
sull’attività della Facoltà per
andare dritto al cuore della
questione: che cosa dobbiamo comunicare all’esterno e
di che cosa ci dobbiamo occupare per coprire le nostre
lacune? E soprattutto: quando e come dobbiamo esplicitare la nostra fede? «Dobbiamo definire il clima culturale
in cui viviamo e poi lasciare
che il nostro protestantesimo
si chiarisca liberamente a se
stesso», ha detto Garrone,
proponendo alcuni temi su
cui varrebbe la pena interrogarsi: dalla fine del comunismo al pacifismo (ammettiamo che esiste un uso legittimo della forza?), dal dibattito
su modernità e postmodernità alla dimensione, tutta da
riscoprire, dell’etica; senza
dimenticare l’ecumenismo e
lo studio delle attuali dinamiche economiche.
Nel dibattito, che ha rilanciato e approfondito le proposte di Garrone, non sono
mancati spunti e indicazioni
di lavoro. Dovendo scegliere,
metterei l’accento sull’appello lanciato da Samuele Bernardini alle chiese (che sono
«pattuglie in movimento»,
come le ha definite Sergio
Aquilante) affinché vivano
nelle realtà metropolitane,
dove nascono le comunità religiose interetniche e il cristianesimo è in minoranza: «I
nostri centri nelle città fanno
alfabetizzazione biblica e teologica perché sono sempre
meno le persone che conoscono la Bibbia». La sfida è allora non fare cultura per V élite, ma imparare a parlare con
chi non ha i nostri stessi strumenti culturali, senza banalizzare il messaggio, perché,
come puntualizza Paolo Ricca,«il nostro debito primario
è dire la Bibbia». Il nostro
compito è infatti innanzitutto
annunciare Gesù Cristo, come ha ricordato Francesca
Spano riprendendo la distinzione fra moderno e postmoderno, «che non sono periodi
storici ma strutture del sentire che attraversano noi e il
nostro tempo. A livello culturale dobbiamo distinguere fra
il nostro personale modo di
esprimere la fede e il nucleo
di questa fede, Gesù Cristo».
L’intreccio fra moderno e
postmoderno può anche essere posto a spiegazione del
fatto che, come ha rilevato
Gianni Gente, le nostre proposte culturali ci procurano
simpatia ma non adesioni: se
la modernità è finita, anche il
protestantesimo, che alla modernità è legato, non è attuale, non risponde alle esigenze
di chi oggi cerca spazi per
percorsi personali. «Le persone non vengono da noi perché non vogliono congregarsi,
non vogliono fare scelte definitive - ha spiegato Giorgio
Tourn, che durante la serata
di sabato ha tenuto una relazione sulle attività culturali
protestanti in questo secolo per il Duemila dovremo prepararci ad essere una congregation di resistenti».
IA margine del «forum:
La debolezza collettiva
e la carica dei singoli
FRANCESCA SPANO
IN queste pagine si riferisce
('■ ■ ■ ■■
dei contenuti e delle prospettive di questo Forum della cultura che ha raccolto a
Ecumene numerose agenzie
culturali valdesi e metodiste:
il Centro culturale valdese di
Torre Pellice pubblicherà le
relazioni e il dibattito che ne
è seguito; altri racconteranno
contenuti, polemiche, i temi
individuati per la futura elaborazione, le suggestioni e le
richieste. Io mi limito qui,
piuttosto, a fermare sulla carta un’atmosfera, un comune
sentire, perché non vada disperso il ricordo di quello che
è stato, a mio giudizio, il risultato più prezioso dell’incontro.
Le quaranta persone riunite a Ecumene hanno tutte incarichi e responsabilità sul
piano culturale: dalle più gravose (la Facoltà di Teologia o
il giornale Riforma o la rubrica Protestantesimo) alle (apparentemente) più semplici
(il Centro culturale di una
città di provincia o il lavoro di
guida per i visitatori delle Valli). Ognuno con il peso della
fatica di ogni giorno e con il
disorientamento di questo
tempo: che cosa stiamo dicendo al paese? Che cosa dovremo dire? Che cosa arriva
di quel che diciamo? E come
dirlo? Mi è sembrato che in
due giorni di lavoro intensissimo (in questo i protestanti
non si smentiscono mai) siamo riusciti a costruire la consapevolezza che le domande
sono comuni, e i vuoti, di
analisi e di intuizione, anche.
E che ognuno, nell’isolamento a tratti doloroso della propria fatica, ha bisogno dell’altro, che l’altro pensi e agisca
in uno scenario, differenziato
Contro assimilazioni e arroccamenti, il centro della fede evangelica è la risorsa a cui attingere
Ciò che più attrae della cultura protestante è il mistero della Grazia di Dio
ANTONIO DI GRADO
N
EL ricco dibattito di Ecumene su cultura e comu
nicazione, mi sono insinuato con un certo imbarazzo,
da neofita quale sono della
Chiesa valdese. Ma da neofita
godo del privilegio di guardare a queste realtà e a questi
tèmi dall’interno ma pure
dalTesterno, con gli occhi
cioè del mondo (quello laicoprogressista della cultura,
della politica e dei media) in
cui fino a ieri militavo e mi
identificavo.
Ebbene: questo mondo
non «vede» la realtà evangelica, non prende in considerazione la presenza protestante
in Italia. Tutt’al più si ricorda
dei valdesi come «dabbenuomini» a cui affidare l’otto per
mille meglio che a Marcinkus
e a Sindona ma per il resto, e
anche ai livelli più alti della
cultura e dell’informazione,
confonde gli eredi di Lutero e
di Calvino con i ciarlatani
apocalittici 0 addirittura con
le sette sataniche (vedi qualche prestigioso quotidiano,
vedi qualche recente procedimento giudiziario). Questo
«mondo», infine, si è consegnato a una subalternità senza precedenti alla Chiesa cattolica, al suo pontefice e ai
suoi vescovi: da D’Alema ai
sindaci, dagli intellettuali laici agli opinionisti, tutti (0
quasi) tremebondi vassalli di
una autorità temporale, quella ecclesiastica, mai così egemone e mai così «politica».
Di contro, mi pare di vedere una duplice tentazione
protestante. Da una parte c’è
la tentazione dell’arroccamento in un’identità che
coincide con la tradizione
(una tradizione che è la storia
di una sconfitta, orgogliosamente accettata e impersonata; la sconfitta della chance
evangelica nella lunga e acrimoniosa eclisse del cattolicesimo dalla vita pubblica,
dall’unità d’Italia fino al Concordato). Ne discendono la
rinuncia implicita all’apostolato, la chiusura di certe chiese nella continuità «familiare», la rinuncia a dire una parola protestante, e cioè coerentemente cristocentrica, e
cioè fortemente responsabilizzante, sul mondo.
Dall’altra parte c’è la tenta
Ognl settimana...
RIFORMA ti fa conoscere un mondo evangelico più grande
di quello che puoi conoscere con la tua esperienza diretta.
L’abbonamento ordinario costa 105.000 lire (invariato dal
1997); se il tuo reddito famiiiare non te lo consente, puoi utilizzare liberamente l’abbonamento ridotto di 35.000 lire,
oppure puoi fare un abbonamento semestrale che costa
55.000 lire; se, invece, hai qualche risorsa in più, aiutaci con
l’abbonamento sostenitore di 200.000 lire 0 inviandoci una
qualsiasi cifra in dono; aiuterai chi non se lo può permettere.
zione dell’assimilazione operosa a una tradizione «altra»,
e magari alla più nobile tradizione laica, quella azionista e
liberalradicale, ovvero a filoni più marcatamente antagonistici (0 viceversa alle suadenti sirene del «pensiero debole»), ma perdendo il senso,
il movente, il fondamento
della propria specificità e del
proprio compito.
Io invece vorrei dire che a
un neofita, a un convertito
come me (e come altri, anche
potenziali), la via d’accesso
alla fede evangelica e alla religione riformata, ciò che attrae e coinvolge, è ancora e
più che mai l’origine e il cardine di quella fede, è il mistero della Grazia e dell’elezione,
è il principio della giustificazione per mezzo della fede, è
la straordinaria possibilità, alla luce di quel principio, di
comprendere (cioè di accogliere e insieme di intendere)
i segni di quella Grazia disseminati e occultati, fuori da
tutte le chiese, nella cultura e
nelle tensioni di questo secolo che davvero è stato, nonostante tutto (e nonostante noi
protestanti?), il «secolo protestante» di Tillich.
È stato infatti il secolo della solitudine dell’uomo, spoglio di tutte le certezze, dei
«fondamenti» mondani del
sapere e delTagire, delle sue
arroganti «qualità» (nell’accezione di Musil), di fronte a
Dio: spoglio e solo, senza
mediazioni rassicuranti e deresponsabilizzanti, consapevole di una condizione che è
quella della relatività e dell’indeterminazione, dell’assenza di centro e di fonda
ij Di
Ai
r
u
Nelle foto due momenti di pausa ali’incontro di Ecumene
menti, di «dimore» terrene.
Lina condizione, perciò, di
vuoto, di inerme disponibilità, di attesa e di resa, di
fronte all’insondabilità di un
silenzio che la grande letteratura, il grande cinema, gli
artisti più eterodossi e apparentemente più remoti da
approdi salvifici, hanno sondato, e magari, come l’ultimo
Sciascia del dUreriano (e luterano) Il cavaliere e la morte, rispettosamente arrestandosi davanti al «cancello della preghiera».
Oltre quel cancello c’è il
conforto delle chiese e delle
religioni, ma al di qua c’è
l’azzardo delle fedi, al di qua
(quel che più conta) si stende
l’ala della giustificazione del
peccatore e del dubbioso, di
chi continua a cercare e nella
«terra desolata», nell’infinita
spirale della sua ricerca si imbatte nel mistero della Gra
dossia di certe chiese
che di
fede sono fin troppo sazie,
questa capacità di compt®”'
dere, cioè di individuare qu®'
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«secolo protestante». E allo
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assolutamente irriduciD^^^
può essere la risorsa
stante, può essere lo s ,j
mento più straordinari
evangelizzazione.
nelle risposte, ma comune
nella ricerca. Abbiamo condi.
viso nostalgie (la memoria di
quel che a livello culturale in
questo secolo abbiamo, come
protestanti, prodotto) e misurato la diversità dei nostri
sguardi (perché anche sul
passato le valutazioni si sono
differenziate); abbiamo condiviso l’esigenza di costruire
insieme i futuri scenari di
azione, senza nasconderci il
valore antitetico di alcune
delle nostre prospettive. 0gnuno torna a casa più consapevole della nostra debolezza collettiva, e per ciò stesso più caricato e più forte e
meno solo.
L’altro elemento importante del Forum è stato il temacentrato sul come il protestantesimo, nato e strutturato nell’era Gutenberg, si colloca e liberamente si ripensa
nell’era di Internet. La riflessione sul rapporto messaggio
e mezzo, contenuto e forma,
parola e immagine, proposta
e contesto è stata finalmente
sollevata e credo assunta, anche se non, ovviamente, risolta. Spezzata una tradizionale ostilità protestante verso
il secondo elemento di queste polarizzazioni, abbiamo
capito (e capito insieme) che
è soprattutto questo che dobbiamo studiare, pensare, capire, ed è su questo infine
(ma solo dopo e senza ansia
di prestazioni operative) che
dovremo anche saper proporre. Non mi sembra poco.
Nel frattempo, per un anno, ognuno torna a casa suae
al lavoro che lo attende con il
cervello pieno di stimoli e il
cuore colmo di riconoscenza
per la fraternità del clima e
per la compresenza delle generazioni e con un arriveder
ci al prossimo settembre.
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i Otto temi di riflessione nella sintesi di uno degli interventi al «forum»
Il protestantesimo nella cultura presente
La trasformazione politica del mondo, il pacifismo e la nonviolenza, la fine
delle ideologie, l'economia, la modernità, il femminismo, l'etica, l'ecumenismo
PtNIELE GARRONE______
Senza voler tentare di definire il «clima culturale»
(ji oggi vorrei tentare di evocare alcuni «temi» o ambiti
fondamentali dai quali a mio
avviso il ripensamento del
«nostro protestantesimo» non
può prescindere.
^ 1) Per oltre un trentennio,
«cultura» ha voluto dire per la
maggioranza di noi un sapere
volto alla trasformazione politica del mondo: «fede e politica», come si diceva. Marxismo, comunismo e socialismo sono stati riferimenti
fondamentali per diverse generazioni, se non per tutti almeno per ampi settori del
protestantesimo «storico» italiano. Se c’è un campo in cui
il mutamento culturale è palpabile è proprio quello della
politica. Qual è il bilancio del
nostro vissuto in tema di «fede e politica»? Quali criteri ci
possono orientare oggi per vivere responsabilmente, cioè
assumendo la questione della
giustizia (nella pregnanza biblica del termine) in una polis
che ha ormai i confini del
«villaggio globale»?
2) Gli ultimi anni del bipolarismo hanno visto crescere
tra di noi le parole del pacifismo e della nonviolenza. Senza risalire ai valdesi medioevali, è un filone presente nella
nostra cultura fin dalle battaglie a favore del riconoscimento dell’obiezione di coscienza. Gli ultimi anni (e
massime le vicende nei Balcani) hanno posto in maniera
nuòva e per alcuni inattesa il
problema «classico» (pensiamo a esempio al discorso dei
riformatori) dell’uso della forza come argine alla violenza e
a difesa delle vittime, ma hanno anche formulato problemi
nuovi. Mi sembra che l’etica
della responsabilità che è uno
dei nostri patrimoni (penso in
particolare alla lettura che ne
ha dato Dietrich Bonhoeffer,
ma non solo) ci spinga e al
tempo stesso ci aiuti ad assuinere lucidamente i drammatici interrogativi che il Peace
makingProcess ci pone oggi.
3) La cosiddetta «fine delle
ideologie» sembra aver lasciato il posto solo al liberismo di mercato. Come ripensare in questa situazione il
termine «libertà», fondamentale nella Bibbia, centrale nel
«nostro protestantesimo»? Il
protestantesimo ha vissuto
sia l’adesione, sia la critica al
liberalismo «classico». E oggi?
Come ripensare il nesso legge-libertà nel quadro del liberismo odierno? Nella frenetica deregulation odierna, il
concetto biblico di «legge»
come garanzia dell’universalità della libertà non rappresenta forse uno strumento
critico irrinunciabile? Insieme allo sviluppo e alla crescita, non bisogna pensare anche il concetto di limite?
4) Mi sembra che l’economia sia una delle questioni
più urgenti, personalmente
direi «la» questione dei prossimi anni. Alla gravità del problema, mi sembra oggi corrispondere un deficit di riflessione da parte della cristianità, che è in contrasto con lo
spazio che ha nella Bibbia la
problematica economica, da
Levitico 25 ai discorsi di Gesù
su Mammona.
5) Viviamo, si dice, in una
epoca «post-moderna». Che
cosa implica questo per un
discorso (come quello del
«nostro protestantesimo»)
così «tradotto» nelle categorie
della modernità? Da un lato,
non siamo disposti a «liquidare», insieme alla modernità, alcune sue conquiste per
noi irrinunciabili; la democrazia, la laicità. Ci sta a cuore
che si vada oltre la modernità, senza che questo significhi però tornare indietro alla
premodernità: e i rafforzamenti identitari basati sull’appartenenza o sull’integrismo non sono un bel segnale.
In Italia poi, paese meno segnato di altri dalla modernità
(pensiamo a esempio a quanto poco la laicità è tenuta in
conto da noi!), la liquidazione
della modernità prima di
averla assorbita appare quanto mai avventata. E d’altro lato la modernità non può sottrarsi a quell’occhio critico
che essa stessa ha statutariamente eletto a criterio. Proprio il nostro secolo tragico
mostra con evidenza quanto
sia necessario un rendiconto
critico della modernità. Non
siamo, come più d’uno pensa
nel nostro paese, semplicemente la versione religiosa
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MOTTOLA — Il periodo estivo nella chiesa battista di Mottola
è stato ricco di avvenimenti. Come ogni anno, la comunità
ha salutato e accolto calorosamente i tanti fratelli e sorelle
emigrati e non residenti che trascorrono il proprio periodo
di ferie in Puglia. A loro va il nostro vivo ringraziamento per
la costanza con la quale ci fanno visita.
• Domenica 25 luglio sono stati presentati al Signore i piccoli Daniele Acquato, Maristella De Michele e Noemi Libraro. La comunità si è stretta intorno a loro e ai genitori.
• Si sono uniti in matrimonio due giovani coppie: Piero
Ciccone e Rosaria lacobino, il 29 luglio; Giacomo Colavito
e Tania Lupoli, il 4 agosto; la benedizione del Signore è stata chiesta per loro a nome di tutta la comunità.
• Sino alla metà di settembre, durante il periodo di vacanza
pastorale, gli studi biblici e i culti sono stati tenuti da divep
si fratelli e sorelle; la comunità, inoltre, ha partecipato attivamente al programma di evangelizzazione svolto dalla vicina comunità di Gioia del Colle.
San SECONDO — II 14 settembre gli anziani dell’Asilo San
Germano e di Casa Turina sono stati graditi ospiti al pranzo curato dall’Unione femminile e nel pomeriggio sono
stati allietati dalla presenza dei bambini della scuola domenicali. Il 19 settembre la corale ha invece partecipato alla
festa dell’Asilo valdese di Luserna San Giovanni.
• È mancato all’affetto dei suoi cari il fratello Italo Codino;
rinnoviamo la nostra solidarietà alla famiglia.
San germano — improvvisamente ci ha lasciati il mese
Scorso la sorella llda Giaiero ved. Ferrier, per anni mernbro
della nostra corale. AI figlio Remo e ai parenti l’espressione
della nostra cristiana solidarietà.
• n 5 settembre è stata battezzata Lara, di Marina e Tiziano
Giustetto. A lei e al fratellino Davide auguriamo che il Signore conceda nella vita le sue preziose benedizioni e dia ai
genitori la forza di testimoniare la fede in Cristo.
Da sinistra Donateila Sommani, Danieie Garrone, Giorgio Tourn
della modernità. Per questo il
dibattito sulla modernità non
ci inquieta anche se vi siamo
pienamente coinvolti.
6) Un’altra parola che penso dobbiamo includere in
questa elencazione dei termini che tentano di definire il
clima culturale in cui siamo
chiamati a ripensarci è «femminismo», non solo e non
tanto nel senso classico di discorso emancipatorio da parte delle donne, quanto nel
senso della critica alla pretesa neutralità del concetto di
universalità elaborato dalla
modernità e di affermazione
del fatto che le differenze, a
partire da quella di «genere»,
vanno non solo ammesse ma
valorizzate anche nel pensiero filosofico.
7) Indubbiamente una delle
maggiori sfide di pensiero ci
viene nel campo dell’etica, in
primo luogo perché emergono nuovi problemi, ma anche
perché sempre di più si avverte la necessità di criteri per
guidare oggi la nostra azione
responsabile e di valori per i
quali abbia senso vivere. Siamo refrattari alla casistica e
alla precettistica, che ci appaiono come rassicuranti
semplificazioni del problema
etico, nel quale non si sfugge
alla complessità da affrontarsi
nella libertà e con responsabilità. Mi sembra però che dovremmo osare di dire che cosa significa concretamente,
oggi, per noi, prendere sul serio il comandamento di Dio,
pensare all’etica non solo come possibilità, ma anche come proposta. Non penso solo
al Decalogo, ma alle molte pagine legali e profetiche della
Bibbia in cui emerge con
chiarezza il profilo di un’esistenza illuminata dalla volontà di Dio. Come ascoltiamo oggi queste parole? In che
modo ciò che noi crediamo
diventa orientamento per la
nostra vita, scoperta di un’
azione «sensata»?
8) Oggi abbiamo molti interlocutori, l’ecumenismo è
sia un fronte su cui siamo impegnati sia una «cultura» che
si va sempre più radicando,
nonostante tutte le lentezze e
gli ostacoli. Accanto all’ecumenismo, vi sono il dialogo
con l’ebraismo e quello interreligioso, nel quale stiamo
muovendo i primi passi. La
scelta dell’ecumenismo e del
dialogo ha importanti conseguenze, tanto più per una minoranza. La definizione dell’identità non è più sostenuta
dalla differenziazione, anche
polemica, non è più rafforzata
dalla contrapposizione. Non
solo il dialogo non è più considerato un «affievolimento
identitario», ma il presupposto di una identità serena e
convinta. Non mancano però,
in tutto il mondo, nelle chiese
come nelle società, spinte a
tutelare l’identità con la separazione e la contrapposizione.
La nuova situazione di ecumenismo e dialogo influisce
sul modo in cui concepiamo il
nostro rapporto con l’unico
Dio e con la verità, non rivendicando altro status che quello di un soggetto tra gli altri,
in una discussione plurale,
senza per questo cadere nel
relativismo. Siamo al chiaro
sulla natura, la portata e le
implicazioni della nostra opzione ecumenica?
.»V.J chiesa metodista di Bologna
«Chiesa aperta» con
il contributo della musica
GIOVANNI ANZIANI
La Chiesa metodista di Bologna ha organizzato, sabato 25 settembre, un concerto per organo nell’ambito delle manifestazioni previste
dall’attività «Chiesa aperta». Il
fratello e maestro Jolando
Scarpa ha eseguito con grande passione alcuni brani di
Trexell, Albinoni, Pachelbel,
Chaumont, Gabrieli e un inedito brano di Storace.
«Chiesa aperta» è un’attività di evangelizzazione che
già da alcuni anni organizza,
di sabato pomeriggio, momenti di accoglienza per visitatori e concerti di musica sacra. Sono impegnati in questa
attività diverse sorelle e fratelli di chiesa. Il programma delle manifestazioni prevede ora
il «Concerto della Riforma»
per l’ultimo sabato di ottobre.
Il fratello Jolando Scarpa,
oltre a essere impegnato nella
comunità come organista e
predicatore locale, è concertista d’organo e clavicembalo, direttore musicale di ensemble strumentali e vocali
da camera. Tra le sue molte
attività professionali ricordiamo l’imminente pubblicazione di una sua revisione dell’Opera omnia per organo di
padre Giovan Battista Martini
per le edizioni Döblinger di
Vienna. Nell’ambito delle attività culturali della nostra
chiesa, il fratello Scarpa ha
preparato un ricco cartellone
con dieci appuntamenti, musicali e teatrali, intitolato
«Cultura protestante a Bologna nella musica e nel teatro».
Sono previsti, tra l’altro, due
concorsi per giovani organisti
e lo spettacolo teatrale Lutero
di John Osborne. Il programma è stato inserito dal Comune di Bologna tra le manifestazioni di «Bologna 2000»: infatti la città è stata nominata
capitale della cultura europea
per il prossimo anno.
Agenda
10 ottobre
ROMA — Alle ore 16, nell’Aula magna della Facoltà valdese di teologia (via P. Cossa 40), il gruppo Sae, per il ciclo su
«Ecumenismo e dialogo; doni di un tempo problematico»,
si tiene un incontro sul tema: «Dall’antigiudaismo al dialogo cristiano-ebraico: una svolta per l’ecumenismo». Intervengono Marco Morselli, Holger Banse, Giuseppe Sorani.
MESTRE — Alle 9,30, nella Casa Cardinal Urbani (via Castellana 16/A) inizia rincontro organizzato dal Sae Triveneto. Alla meditazione biblica di Philp Panter seguirà un
dibattito sul tema: «Presentazione della bolla di indizione
del Giubileo e relative considerazioni» a cui partecipano il
past. Renzo Bertalot e don Giuseppe Toffanello.
PISTOIA —A partire dalle 11 (culto presieduto dal past.
Piero Bensi), nei locali della Chiesa battista, si tiene una
giornata di evangelizzazione a cura dell’Associazione delle
chiese barriste della Toscana. Alle 15, 45, nella Sala maggiore del palazzo comunale. Fon. Domenico Maselli parla
sul tema: «Il Giubileo nella Bibbia e nella storia».
11 ottobre
MILANO —Alle ore 18, in piazza San Fedele 4, il Sae dà il
via al corso «Una Bibbia molte letture». Il prof. Paolo De
Benedetti parla sul tema: «Letture tradizionali ebraiche».
TORINO — Alle ore 16, nella sala del Palazzo dell’Antico
macello di Po (via M. Pescatore 7), il Comitato torinese per
la laicità della scuola organizza un dibattito sul tema:
«Quale parità? Il disegno di legge sulla parità scolastica».
Intervengono Attilio Tempestini, Beniamino Lami, segret.
nazionale Cgil-scuola, Antonia Sani e Ugo Spagnoli.
MANTOVA —Alle 20,45, nella sala Isabella d’Este (via G.
Romano 13), il teologo Armido Rizzi parla sul tema: «Bibbia e dominio tecnologico del mondo» per il seminario del
Sae su Bibbia e scienze moderne.
TRIESTE — Alle 20,30, nella basilica di San Silvestro (piazzetta San Silvestro 1), per la rassegna Ottobre organistico
1999, concerto dell’organista Giuliana Maccaroni.
12 ottobre i
MILANO — Alle ore 18, nella sala attigua alla libreria Claudiana (via Sforza 12/a) il Centro culturale protestante organizza il secondo incontro curato dal past. Eric Nof^e su
«I cristiani e l’Impero romano». Tema del giorno è «“Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare...” (Matteo
22,21)- Gesù e il potere romano».
14 ottobre
MILANO — Alle ore 18, nella sala attigua alla libreria Clau
diana (via Sforza 12/a), il Centro culturale protestante organizza una conferenza della past. Elizabeth Green sul tema: «La teologia femminista: un bilancio».
TRIESTE — Alle 17,30, nella basilica di San Silvestro (piazzetta San Silvestro 1), per il corso di aggiornamento per insegnanti su «Trieste nell’Ottocento-II», organizzato dal
Centro culturale «A. Schweitzer», la prof. Anna Millo parla
sul tema: «Sviluppo economico e conflitti sociali». Per
iscrizioni tei. 040-632770 (ore 10-12).
Fondo Di Solidarietà
conto corrente postale n. 11234101
intestato a La Luce, via San Pio 15, 10125 Torino
Viviamo uno di quei momenti in cui si accavallano
le cattive notizie dal mondo
cosicché gli appelli di ieri
sono presto dimenticati: figuriamoci un conflitto vecchio come quello etiopicoeritreo! Eppure le notizie
che ci giungono dai giornali
locali (Internet ci permette
di consultarli facilmente) e
da eritrei evangelici giunti a
Roma in questi ultimi giorni
ci confermano che la guerra
continua con fiammate improvvise come quelle della
città di Bauma presa, perduta, ripresa e distrutta e
con il quotidiano stillicidio
di bombardamenti, di feriti
e di morti. Finora a nulla sono servite le mediazioni
dell’Onu e dell’Organizzazione per l’unità africana
come pure le iniziative del
Consiglio ecumenico e della
pur molto influente Chiesa
ortodossa, che hanno riunito a più riprese le chiese cristiane e rappresentanti dell’Islam per sollecitare la pace e pregare per essa. Oltre
alla guerra combattuta, i
molti campi di mine disseminati nella prima fase del
conflitto continuano a mietere giornalmente vittime
fra la popolazione. Il numero dei mutilati è quindi in
continuo aumento.
Se poi aggiungiamo ancora la situazione economica
che continua a degradarsi
dalle due parti del fronte
con scarsità di derrate ali
mentari, aumento vertiginoso del prezzo della vita, diminuzione delle libertà personali e reclutamento forzato di giovani per il fronte, il
tutto accompagnato dalle
due parti da pesanti campagna propagandistiche per
scatenare l’aggressività e gli
odi di due fra le popolazioni
più povere dell’Africa, ci
rendiamo conto di quanto
l’azione che sosteniamo per
questi mutilati organizzati
in cooperative di panettieri
sia sempre più utile e vi
chiediamo di non dimenticare questi fratelli che lavorano non solo per sé e per le
loro famiglie, ma che migliorano il livello di vita del
loro villaggio e portano un
contributo, minimo ma reale, per la pace, (f.d.- m.l.b.)
OFFERTE PERVENUTE
IN MAGGIO-GIUGNO
LUGLIO-AGOSTO
£ 200.000: Mirella Argentieri Bein. £ 110.000: A. Coisson e B. Bein. £ 100.000;
Helga Bongardo; Ester La
Scala. £ 75.000: Primo Violo. £ 50.000: Maria Luisa e
Franco Davite.
Totale £635.000
Totale precedente
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In cassa: £ 1.426.264
5° invio a saldo a Casa
Lovran, Istria: £ 1.000.000
Imposta bollo: £ Ì8.000
Fornitura bollettini
e buste: £ 2.750
In cassa; £ 405.514
14
PAG. 10 RIFORMA
Commenti
VENERDÌ 8 OTTOBRF.
Riforma
L’incubo nucleare
Giorgio Nebbia
Nei giorni scorsi si è parlato a lungo della fuga di radioattività durante ii funzionamento delio stabilimento chimiconucleare di Tokaimura, in Giappone; come al solito le «autorità» hanno rilasciato dati contraddittori sulla contaminazione esterna e delle persone esposte; per lo più operai
della fabbrica e vigili del fuoco, poche decine di persone nel
grande quadro degli omicidi di lavoratori che hanno luogo
ogni anno nel mondo nelle fabbriche, sulle strade, nei campi, nei cantieri, nelle miniere. Poi i livelli di radioattività sono diminuiti e fra qualche giorno, forse anche quando avrete queste pagine fra le mani, l’episodio sarà dimenticato,
come è stato ignorato o dimenticato l’altro incidente, con
contaminazione nucleare, verificatosi nello stesso stabilimento giapponese nel marzo 1997, come è quasi dimenticata la catastrofe al reattore di Cemobil del 1986.
L’incidente di Tokaimura è avvenuto in un pezzo del «ciclo nucleare»; un ciclo che comincia dal minerale (radioattivo anch’esso) di uranio, comporta la trasformazione del
minerale in ossido di uranio e poi in esafluoruro, un sale volatile necessario per separare l’uranio naturale in due frazioni, una «arricchita» nell’isotopo 235, commercialmente
utile, e in una coda di uranio «impoverito», radioattivo. Un
residuo che costa poco, di cui ci sono grandi depositi e che
si presta bene a fabbricare proiettili durissimi, che si incendiano quando colpiscono una corazza o un carro armato, il
«metallo del disonore» usato nelle guerre in Iraq, Jugoslavia
e chi sa dove ancora. Nel ciclo nucleare la principale merce
utile è l’uranio arricchito; nelle centrali nucleari, oltre 430
in funzione nel mondo, i nuclei di uranio 235 nel liberare
energia si frantumano in frammenti e in composti laterali
fra cui il plutonio, tutti altamente radioattivi.
Il buon senso vorrebbe che, una volta scatenati, questi
materiali radioattivi fossero sepolti, segregati dalle acque e
dalla natura, per secoli e millenni, (tanto dura la loro radioattività). Ma alcuni componenti del combustibile residuo dalle centrali (il «combustibile irraggiato») sono riutilizzabili e vendibili se vengono separati chimicamente e poi
trattati e rimessi in ciclo. Una parte di questo lavoro veniva
svolta nella fabbrica di Tokaimura, quando si è avviata una
reazione chimica e nucleare «imprevedibile», con liberazione di radioattività. Dopo il «ritrattamento» del combustibile
irraggiato resta una frazione di elementi che non possono
essere utilizzati, che rappresentano delle scorie; anche
aH’interno delle centrali, alla fine della loro vita utile, restano elementi radioattivi che non si sa come sistemare. Per
ora mettiamo tutto lì, in fusti e depositi, e a sistemarli ci
penseranno quelli che verranno dopo di noi. Dopo ogni
giorno di funzionamento di una delle centrali nucleari commerciali, e di quelle che preparano i materiali «esplosivi»
per le bombe atomiche, aumenta la quantità di scorie pericolose con cui dovranno fare i conti te generazioni future.
Tutte le produzioni industriali e agricole comportano pericoli per i lavoratori e per i cittadini, ma il «ciclo nucleare»
è l’unico che consente di ottenere cose commercialmente
«utili», si tratti di elettricità o di bombe atomiche, per la
nostra generazione a un costo che sarà pagato per decenni
o secoli, in futuro, da chi non ci ha chiesto nessun parere.
Il «ciclo nucleare» è la prima invenzione tecnica che pone
un problema di responsabilità morale estesa nel futuro. Rischi futuri per che cosa, poi? Per consentire a noi di moltiplicare l’energia e l’elettricità per alimentare sempre più
telefoni cellulari, per fabbricare automobili e divani, oggetti sempre più numerosi che si «devono» comprare per
non essere arretrati, che incantano non solo le classi abbienti ma il proletariato a cui viene fatto credere che la liberazione dalla miseria passa attraverso il possesso delle
merci e che per la loro conquista tutto è possibile, anzi doveroso. Dalle trappole rappresentate dal nucleare e da tutte le altre fonti di contaminazioni e pericoli si può uscire
soltanto con una nuova moralità, con il «coraggio di dire
no» alla violenza delle merci, alle guerre e ai confini alimentati dalla «necessità» di avere più petrolio o uranio,
più «cose», con la conseguenza di lasciare alle generazioni
future un mondo più povero, più contaminato, più pericoloso. Non è il caso di fermarsi? È «sabato», domani!
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Riforma è il nuovo tìtolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1' gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 38 del l*’ ottobre 1999 è stato spedito dall’Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 29 settembre 1999.
I Dai Balcani a Timor Est, urge una nuova riflessione
Non c'è guerra giusta
/ cristiani si trovano tra la tentazione di non sporcarsi le
mani e quella di rassegnarsi alle leggi di questo mondo
BRUNO GABRIELLI
Temevo che il nostro Sinodo, sulla recente guerra dei Balcani, non riuscisse
a esprimere molto più del
travaglio, delle divergenze e
dell’imbarazzo che avevano
ampiamente caratterizzato la
riflessione e il dibattito dei
mesi precedenti, nelle nostre
chiese così come nelle società dei paesi occidentali.
Anche noi infatti, con poche
eccezioni, avevamo rimosso
la nostra attenzione dallo
scenario di un gravissimo
conflitto, geograficamente
alle porte di casa ma culturalmente non molto meno
lontano di Timor, che fra fasi
«conclamate» e fragili tregue
dura ormai da dieci anni, per
non dire da secoli. Quel che
sinceramente non mi aspettavo era che, insieme con le
coordinate necessarie alla
condivisione di un minimo
di analisi di questo particolare conflitto e del mutato quadro politico mondiale che ne
ha favorito la riesplosione,
smarrissimo anche le coordinate teologiche ed etiche che
non molti anni fa ci avevano
portato in prima fila a predicare Gesù Cristo e la sua pace dentro le lotte del movimento pacifista italiano e intemazionale.
Da quell’esperienza, pur
legata alla straordinaria emergenza degli euromissili e
dei «tre minuti alla mezzanotte nucleare» e già rivisitata in chiave autocritica da
molti di noi in occasione della guerra del Golfo del 1990/
91, ritenevo infatti che avessimo imparato almeno una
lezione duratura: che non è
mai esistita e mai esisterà
una «guerra giusta». Non agli
occhi del Dio di Gesù Cristo.
Non per chi crede nel Dio di
Gesù Cristo. Proprio questa
affermazione è invece caduta
dalla prima parte «teologica»
dell’ordine del giorno infine
approvato dal Sinodo, trascinata via senza più spazio per
la discussione (al termine di
un’estenuante seduta serale)
dal rifiuto di una seconda
parte «politica» inaccettabile
anche da parte mia, sia per
l’approssimazione dell’analisi e per il velleitarismo delle
proposte, sia per il linguaggio
assai poco evangelico.
Non c’è guerra giusta. Perché la guerra, programmaticamente, uccide, violenta e
distmgge, e non solo i corpi e
le cose, ma anche le coscienze, individuali e collettive.
Perché la guerra fa il lavoro
del diavolo: divide, scava fossati più profondi di qualunque altra cosa fra i popoli e le
persone. E perché è sempre
HO ricevuto giorni fa una
lettera di un’amica di
gioventù che non vedo da decenni. La lettera termina con
una frase molto severa: «Oggi
io vivo male il rapporto con il
mio prossimo. Sono insofferente all’arroganza, all’ignoranza crassa, all’indifferenza,
alla cupidigia, al cinismo, alla
superficialità dilagante. Una
società feticistica in cui non
solo non mi riconosco, ma
che aborro». Raramente mi è
successo di leggere in una
lettera una descrizione più
realistica della società nella
quale siamo costretti a vivere. Un giudizio severo che ci
riporta ai versi disperati del
nostro Leopardi.
Ma è anche il giudizio che i
profeti d’Israele pronunziavano migliaia di anni fa sulla società del loro tempo: «L’uomo
pio è scomparso dalla terra;
la conseguenza, se non altro,
di colpevoli distrazioni e ritardi, di mancate attenzioni e
azioni precedenti di riconciliazione, di giustizia, di pace.
Soprattutto oggi, chi ha il potere di vincere una guerra ha
anche il potere di vincere altrimenti. E non penso tanto a
una diplomazia tradizionale
fondata comunque sulla minaccia militare o economica
e perciò «continuazione della
guerra con altri mezzi», per
invertire i termini della vecchia tesi di von Clausewitz.
Mi riferisco invece al lavoro
profetico (e in quanto profetico altamente politico) di
tanti piccoli (ma non invisibili) soggetti di base impegnati,
in qualche caso da diversi decenni e con competenze e
professionalità di tutto rispetto, a studiare, prevedere,
prevenire i conflitti nei diversi contesti fornendo all’occorrenza progetti di cooperazione o di scambio economico equo e solidale o di educazione alla pace, alla riconciliazione, alla lotta democratica e nonviolenta. Movimenti,
organizzazioni non governative, piccoli gmppi di uomini
e più spesso di donne, la cui
opera può ancora essere considerata (non sempre a ragion veduta, e comunque ingenerosamente e in funzione
autoassolutoria) di pura e
semplice «testimonianza» solo perché quasi mai abbracciata con convinzione dalle
principali forze politiche e
dagli stessi governi e istituzioni anche sovranazionali
che pure, qua e là, garantiscono loro qualche sostegno
finanziario.
Non c’è guerra giusta. Si
può, si deve continuare a
confessarlo. Non significa affatto dare ragione al senatore
Scalfaro, all’onorevole Bertinotti 0 al papa che ci hanno
ripetuto fino alla noia il ritornello «la guerra non ha mai
risolto nulla». Questo, purtroppo, non è vero. Sia pure a
un prezzo altissimo, la guerra
è spesso servita a restaurare
un ordine preesistente e altre
volte a stabilire un ordine
nuovo, talvolta ancor più ingiusto, ma comunque preferibile al caos, se non do una
lettura troppo fondamentalistica di Romani 13 e di I Pietro 2. Se il discorso valeva per
l’impero di Cesare può ben
valere per tutto il nostro passato, con l’unica eccezione
dei quarant’anni della guerra
fredda durante i quali (per altro solo nelle regioni «strategiche» del mondo) la prospettiva dello scontro nucleare rendeva improponibile
ogni soluzione bellica.
Ma vale anche per il pre
sente e per il prevedibile futuro, per l’impero di Clinton
e di chi verrà dopo di lui così
come per la democrazia
mondiale che al momento
possiamo solo cominciare a
sognare e che a sua volta avrà
bisogno di una qualche forza
di polizia. Con il crollo del
muro di Berlino la guerra torna a poter essere, in determinate circostanze e a determinate condizioni, il male minore, la scelta meno sbagliata
quando l’unica alternativa
appare la resa alla barbarie.
Ma Dio non giustifica alcun
male minore. Dio giustifica il
peccatore e lo esorta a non
peccare più.
Non c’è guerra giusta. Se è
giusto reagire alla tentazione
di «chiamarsi fuori» senza
sporcarsi le mani quando anche noi condividiamo, in una
qualunque misura, le colpevoli disattenzioni e ritardi del
nostro paese e della nostra
parte di mondo, è almeno altrettanto giusto reagire alla
tentazione opposta, quella di
rassegnarsi alle leggi di questo mondo così com’è, quasi
fosse il migliore dei mondi
possibili. 11 regno di Dio ci reclama già qui e ora. Spezzare
la tensione fra vecchio e nuovo innescata da Dio in Gesù
Cristo vuol dire morte senza
resurrezione, per noi e per il
mondo. Se da una parte c’è la
«paura di peccare» che Lutero rimproverava a Melantone, dall’altra c’è il conformismo di Romani 12 o di I Pietro 1. Non c’è gran differenza
fra l’illusione di potersi tener
pulite le mani quando gli altri
intorno a noi se le sporcano e
quella di potersele lavare a
buon mercato dopo essersele
sporcate. Di mani pulite o ripulite davanti al giudizio non
hanno avvertito il bisogno né
Henri Arnaud, né Dietrich
Bonhoeffer, né i nostri partigiani. La grazia del Signore è
loro bastata: «Pecca fortiter,
sed fortius crede»!
Contro la guerra del Golfo
f Abat
dica
La notizi
iȃjKij.giiiparsa '
n&ittà gl
Religione? No, religioni ¿proS
In un’intervista sul supni(,.>iigl'®
mento(«Scuola & formazio.wbiM
ne, 15 settembre), Luciano
Pazzaglia, docente di Storian,
della scuola airUniversitìì®*'^^’'
Cattolica di Milano, chiarisco®
il proprio pensiero a /Uceste®®
Santini in materia di «religio,
ne a scuola». Pazzaglia, pi. Negli Ani
ma della stipula del Concor-dess
dato del 1984, evidenziò in.del
sieme allo storico cattolico
Pietro Scoppola il problema una
che allora si stava affacciai], molti
do: «Dicemmo (...) chePinse-loroespesi
gnamento della religione cat-meniun P°
tolica, come si configura nel oontra™ P
Concordato, avrebbe risolto andato a gi
solo una parte del problema, iu noi Pose
Mentre è un fatto che glistii-Plaia davai
denti che non sanno nuDacatail,'®^^
poco delle grandi religioni capacità, p
sono sempre più numerosi dva, per co
La nostra proposta voleva, fin
da allora, colmare questa la-di teologia
cuna (...). I giovani non rie-ónne magi
scono sempre a capire lemo-dteimto tit
tivazioni religiose che sonoPato a 'a
dietro certi fatti politici». 0H®anca d’It:
la proposta di Pazzaglia è «iiagtande de
insegnamento di cultura reli-che aumer
giosa che approfondiscalaiacntti esil
specificità di questa formala citta cor
dello spirito (...). La storiatultura, d
delle religioni (...) nel sensiuno spazi
della storia dei grandi movi-scussione e
menti religiosi». «Questo in- Quegli :
segnamento dovrebbe essesmente dif
affidato a docenti di forma-evangelic
zione universitaria comiuropagan
quelli di altre materie». scuole eie
Diversità, (
Aj** xxxxìrLXiniYa un cor
, più alto di
Il papa in Grecia delle leggi
. . j . A.u,anni durai
I monaci del Monte Atnoijj^
chiedono che il papa si
per la Quarta Crociata e laèg fag^ista
struzione di Bisanzio. Allevi Qg[jgoq
ste del viaggio m Grecia nJ .
2000, che sarebbe il primu“(.Q[{^
un papa dopo lo scisma
1054, scrive Silvia Ronchi! -p . ’
(17 settembre), «il Sinodij^^.^.
della Chiesa ortodossa g®
nostra ind
ca ha opposto un tifiuton« ]ggj.gj. .
to e una motivazione stoiici^j,
chiarissima», ribadita d ^.
metropolita del Pireo f®'kegaard e
nikos: «"Costantinopoli
è caduta nel 1453, ma giàf un saggio
1204, per colpa dei crociat Vujtone
Prosegue l’articolo: «c fnuegi;
leanza della Realpolitik
papi di Roma con l’E®oggg„ ¡
dei traffici, delle repubbl*
mercantili (...) ^“Vodeli
l’aiuto dei turchi, alla dist®'
zione di una realtà politit*
che aveva garantito per secO’
li prosperità e pace». Ora *
papa estenderà il suo traboC'
cante pentimento alla c®
data contro CostantinopO"
si scuserà per Bisanzio?»
ìì' -ì.. V»
C
PIERO bensì
non c’è più fra gli uomini
gente retta; tutti stanno in agguato per spargere il sangue
(...). Le loro mani sono pronte
al male per farlo con tutta cura; il principe chiede, il giudice acconsente mediante ricompensa, il grande manifesta la cupidigia dell’anima
sua e ordiscono così le loro
trame» (Michea 7, 2). Sono
trascorsi i millenni, ma la
creatura umana, fondamentalmente, è sempre uguale.
Un tempo si facevano le guerre con le spade e le lance; oggi si fanno con i missili cosiddetti intelligenti: la sostanza
delle cose è sempre quella.
Violenza, cinismo, sfruttamento ed egoismo feroce: basta seguire le lotte senza
quartiere fra i colossi finanziari del nostro paese, come
sono descritte dai nostri quotidiani in questi giorni.
Allora, che possiamo fare?
È la domanda angosciata di
tanti. Dobbiamo forse rass^
gnarci e ridurci a coltiv^®
nostro piccolo orticello?
so proprio di no. Consapa'”
li delle nostre debolezze- a
biamo tuttavia ricevuto
tesoro da seminare a p®'.
mani: l’Evangelo di
sto, l’Evangelo della
Una
delia giustizia. Gran
seme, Gesù ce l’ha detto,
drà dispersa e calpe®
dall'indifferenza e
tervia umane. Ma „5.
anche la promessa dell V
stelo Paolo: «Non ci
giamo nel fare il
ché se non ci stanti“’
mieteremo a suo tetoP
(Calati 6,9).
(Rubrica «Un fatto, uti r*’
mento» della trasmissioni
diouno «Culto evangehen’’
ta dalla Federazione
evangeliche in Italia ano
onda domenica 3 ottobre)
Ve
15
r
„.»ni«OTTOBRE 1999
PAG. 1 1 RIFORMA
v.< • W*-"
¡(Abate ai tempi
di Catania
-■^«E 1« notizia dell’improvvisa
^iparsadiDomenicoAbaEmiha respinto nel mare dei
Ldi della mia adolescenza.
' “andò nel 1931 fui ainmes
. ,Ì nella Chiesa valdese di Ca
glOni ^.¡o provenendo da una faloiia cattolica, vi conobbi
^“PPls ®“iÌo Mimmo Abate che era
dell’Associazione
Sin 'cristiana dei giovani (Acdg;5Ìfflca),dellaqualeentraiafaiS reparte, inizio allora un lega
i,ni segretario dell’Associazione
s?”“ r sdana dei giovani (AcdgvSÌmca), della quale entrai a fariar re parte. Inizio allora un legaSsìmidi amicizia e di idee, mai
rplioi venuto meno
ia m NegliAnni 30 la Chiesa valWordesedi Catania, nel periodo
iziò in del pastore Eugenio Revel e
noi,. O“'““' ““
Iblea una comunità numerosa con
accia, molti giovani, molto uniti fra
‘ l’ins loro e spesso insieme. La dome cat menica pomeriggio ci si inora nel centrava per una gita, o per
risoltoandareagiocareapallaavo
,blemi lo nel boschetto di pini della
gli sili Plaia davanti al mare. Abate
nuUao® il leader indiscusso per
ligioni capacità, per spirito di iniziaTieroàtìva, per coraggio. Rifiutatagli
eva, fili l'iscrizione alla nostra Facoltà
està la.di teologia, perché l’abilitaon rie.óone magistrale non fu allora
! le mo-ritenuto titolo sufficiente, ente sonotreto a lavorare presso la
ci». Ori Banca d’Italia, si dedicò con
iaèdfflgrande dedizione all’Acdg,
ira refi.che aumentò il numero degli
lisca ijiscritti e si fece conoscere neiforivia città come un ambiente di
i stotiitultura, dove vi era ancora
li sensottno spazio di libertà di dii movi-seussione e di riflessione,
ssto in- Quegli anni erano vera5 esseainente difficili per i giovani
formaevangelici, martellati dalla
i comipropaganda fascista dalle
I. scuole elementari fino all’Università, e turbati dalla prerpilIInaziQne evangelica che ne
Ll!jft;raun controcanto, divenuto
. più alto dopo l’approvazione
la delle leggi razziali. Erano gli
.anni durante i quali una rivi®.A™sta di cultura scrisse dell’in, ^compatibilità fra protestante
=>cia ni studiarono
irimoi^ poi si laurearono nella fadi''“''-® Lettere di Catania tre
’ 1°’ Salvatore Navarria
Sinodi® Raima. Le nostre
„(.Issi di laurea attestarono la
ito net-indipendenza cultura; storici'^ ® religiosa. Io discussi la teiita riforma religiosa in Si
jjjlj.silia»; Navarria «Soren Kierli e l’irrazionalismo di
_ij,od*^®rl Barth» e Raima presentò
3ciati''r” saggio su Celio Secondo
. I^Immo ci ebbe in
itik fra i suoi collabo
Piii impegnati nel mes
,bblicr®®?'°i^"*o"ista.
tò, con, 3l 1939 Abate, mem
I distW'i^^II’usecutivo nazionale.
fu il grande organizzatore dei
campeggi unionisti in Sicilia.
Vi fu invitato come oratore
Ernesto Buonaiuti, sacerdote
scomunicato, già professore
di Storia del cristianesimo
nell’Università di Roma, privato della cattedra per non
avere ottemperato al giuramento imposto dalla dittatura fascista. Quegli incontri
sull’Etna o a Taormina furono
una scuola di educazione
evangelica e democratica.
Abate aveva nella città una
rete di amicizie con persone
dell’antifascismo e della massoneria, che guardavano ai
protestanti con simpatia. Mi
sembra che fu lui a organizzare una conferenza di Ugo
Janni, tenuta nel circolo artistico dinanzi a un numeroso
pubblico.
Non sono in grado di riferire gli episodi più rilevanti
dell’attività di Domenico
Abate a Catania fino ai primi
anni del dopoguerra, quando
organizzò la mia conferenza
«Cristianesimo e socialismo», seguita con grande interesse dai vecchi socialisti.
Ma una delle nostre piccole
avventure giovanili non può
essere dimenticata. Nell’aprile 1934 fu invitato Ernesto
Buonaiuti per una conferenza sul messaggio di san Paolo, da tenere nella sala di via
Naumachia. Abate curò la
notizia sui giornali e si preoccupò di invitare gli evangelici delle varie comunità. La
sera della conferenza i numerosi intervenuti, oltre un centinaio, trovarono chiuso il
cancello di accesso alla nostra sala da uno schieramento
di polizia inviato dal prefetto.
Il vescovo aveva fatto affiggere sulla porta delle chiese un
avvertimento per i cattolici di
non andare ad ascoltare il
prete scomunicato. La conferenza si tenne la sera dopo
nel tempio valdese dinanzi a
una decina di persone.
Non posso continuare a riferire sull’attività instancabile
di Abate a Catania e poi continuata a Torre Pellice, dove
si stabilì con la cara Elsa Revel, anch’essa, come le sorelle
e mia moglie, del gruppo dei
giovani della comunità. Accanto al dispiacere per la perdita di uno dei pochi amici
della mia vita vi è un sentimento di riconoscenza per
quanto egli ha fatto per me e
per tantissimi giovani negli
anni della nostra formazione
umana e culturale. Mi rimane
il ricordo vivo dei nostri ultimi incontri a Torre Pellice,
sempre gioiosi, venati di nostalgia, ma pieni ancora di
speranza per il protestantesimo italiano, da noi visto sempre unito al di là delle barriere confessionali.
Salvatore Caponetto
Firenze
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10
OTTOBRE 1999
Timor Est
Una strage da tempo annunciata (e ignorata)
Cattolicesimo
Wojtyla, uno strano «mea culpa»
Donne
Il femminile nel teatro della giustizia
Religioni
Tra Sarajevo e Gerusalemme
Ecumenismo
Verso una «Charta oecumenica» europea
(sosto una copia lire 8.000; abbonamento annuo lire 65.000;
lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sul ccp 61288007
^ coop, Com Nuovi Tempi, via Firenze 38, 00184 Roma,
«ledete una copia omaggio telefonando allo 06-4820503, fax 4827901,
'indirizzo Internet: Http://hella.8tm.it/market/sct/home.htm)
L'intervento del Servizio rifugianti e migranti della Fcei per il Kosovo
L'assistenza a 1200 «profughi interni» Rom
«Progetto di assistenza socio-educativa e ricreativa nel campo temporaneo
di accoglienza per i “profughi interni”
Rom colpiti dalla giierra in Kosovo-Krushevac. Pristina» è il titolo di un nuovo
progetto preparato dal Servizio rifugiati
e migranti (Srm) della Federazione delle
chiese evangeliche in Italia, la cui durata presumibile è dal 1° settembre al 31
ottobre 1999 per un periodo di 2 mesi
rinnovabili. Il principale partner della
Fcei nel progetto è l’Ics (Consorzio italiano di solidarietà), organizzazione
non governativa presente in Albania e
nella Repubblica federale jugoslava nella gestione di centri per rifugiati nelle
località di Burrel, Rubic e Golem, Durazzo, Korca, Valona, Kavaja. L’Ics collabora sin dal 1993 con L’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Acnur).
Contesto
Una missione di pre-fattibilità è stata
svolta da Daniela Mangione, responsabile della Federazione evangelica per il
progetto, dal 19 al 28 agosto 1999 scorsi. /UTinterno del campo temporaneo di
Krushevac vicino a Pristina, che attualmente ospita circa 1.200 persone, si registrano tensioni e un forte senso di
precarietà dovute alla difficoltà di garantire una condizione di sicurezza per
gli ospiti del campo, a causa dell'altissimo livello di conflittualità e intolleranza con la popolazione albanese che vive
nelle aree circostanti. Gli ospiti del
campo sono fortemente limitati nella
libera circolazione al di fuori del campo
stesso in quanto rischiano rivendicazioni, aggressioni e maltrattamenti.
Questa situazione acuisce il disagio e il
desiderio migratorio. Il principale bisogno è quindi quello di ricreare un ambiente sereno, nel quale le categorie più
vulnerabili (donne, bambini, giovani)
possano esprimersi nei modi ad esse
più consoni e mitigare, per quanto possibile, gli effetti del conflitto.
I beneficiari diretti del progetto
Circa 400 minori in età scolastica (615 anni) che frequentino la scuola
informale ih lingua albanese e serba;
circa 50 adulti che frequentino i corsi di
prima alfabetizzazione; circa 30 persone sia giovani che adulti che partecipino alle attività di un laboratorio musi
cale; circa 50 ragazzi che partecipino
alle attività di un laboratorio d’arte; circa 20 donne che partecipino alle attività di un laboratorio di sartoria; circa
50 giovani che frequentino il corso di
lingua straniera; circa 30 giovani che
partecipino alla stesura e alla redazione
del giornalino del campo.
I servizi erogati
- Servizi scolastici per ragazzi in età
compresa tra i 6 e i 15 anni. Sono previsti 3 livelli di studio suddivisi per fasce
di età. Nell’ambito di ciascun livello
Tinsegnamento verrà impartito nelle
due lingue madri serba (per i Rom kosovari) e albanese (per gli ashkdjia-kosovari), per un totale di 6 classi. Le lezioni, ciascuna della durata di due o tre
ore giornaliere, si svolgeranno sei giorni alla settimana;
- alfabetizzazione per adulti. Sono
previste una, al massimo, due classi nel
caso di difficoltà nel conciliare le esigenze dei partecipanti per quanto riguarda l’orario delle lezioni;
- laboratorio musicale per giovani e
adulti. Su base settimanale, a seconda
delle disponibilità di spazi e delle preferenze dei partecipanti;
- laboratorio d’arte per ragazzi. Tre
volte a settimana, ore pomeridiane;
- laboratorio di sartoria. Tre volte alla
settimana in orari compatibili con gli
impegni familiari;
- corsi di lingua straniera. Tre volte a
settimana nelle ore pomeridiane;
- giornalino del campo. Raccolta di
testimonianze e diffusione di notizie
interne al campo.
Tutte le attività previste verranno
condotte con l’impiego su base volontaria di insegnanti e animatori del campo, in collaborazione con i volontari ed
il personale espatriato.
Il progetto prevede la presenza delle
seguente figure professionali
Personale espatriato:
- IJn coordinatore del progetto, con il
compito di collegare l’organizzazione
proponente con l’ente erogatore dei
fondi, monitorare l’andamento del progetto, fare il rendiconto delle spese, selezionare e preparare i volontari, organizzare il soggiorno e U viaggio dei volontari, mantenere i contatti con il re
sponsabile locale e relazionare regolarmente sull’andamento del progetto;
- un responsabile locale del progetto
con il compito di coordinare tutte le attività in loco, gestire i volontari, collegare il coordinatore del progetto con l’operazione sul campo, fare il rendiconto
delle attività svolte e le spese sostenute,
ricevere eventuali carichi di prodotti
umanitari indirizzati al progetto;
- gruppi di due volontari, che seguano
le attività previste dal progetto per tutta
la durata dello stesso.
Personale locale:
- scuola per i minori tra 6 e 15 anni: 4
insegnanti, di cui due di lingua serba e
due di lingua albanese;
- alfabetizzazione degli adulti: 2 alfabetizzatori volontari, di cui uno di lingua
serba e uno di lingua albanese;
- laboratorio musicale: 6 maestri;
- laboratorio d’arte: 2 animatori;
- laboratorio di sartoria: 2 animatrici;
- corsi di lingua straniera: 1 insegnaiite
volontario (espatriato) per le lingue inglese e italiana:
- giornalino del campo: 2 animatori.
Insegnanti e animatori verranno individuati tra gli ospiti del campo e lavoreranno su base puramente volontaria.
- 1 traduttore-facilitatore per il coordinatore del progetto;
- 2 traduttori-facilitatori per i volontari.
Il personale locale stipendiato (i traduttori dei volontari espatriati) verrà impiegato mediante contratti privati secondo le procedure vigenti in Kosovo. Al
termine del periodo stabilito per il progetto le attività sin a quel momento attuate potranno essere trasferite nel luogo di destinazione delle famiglie Rom e
ashkaljia e proseguire per tutto il corso
dell’anno scolastico dietro la presentazione di un aggiornamento del budget.
Il lavoro della Federazione a favore
■ dei profughi del Kosovo viene sostenuto dalle offerte di chiese e opere italiane ed estere tra cui l’Opera umanitaria
delle chiese evangeliche svizzere
(Heks), le Chiese presbiteriane americane (Presbiterian Church-Usa), le
Cooperative battiste tedesche (Baptist
Co-operatives). Per ulteriori informazioni rivolgersi a Daniela Mangione:
Servizio rifùgiati e migranti, via Firenze
38, 00184 Roma; tei. fax: 06-48905101.
La «Carta
ecumenica»
Caro direttore.
Ho letto la notizia riguardante una «Carta ecumenica
per la collaborazione tra le
chiese in Europa». Come tanti membri delle chiese evangeliche riformate, sono convinta che lo scopo della «Carta» (come del lavoro ecumenico) sia molto importante
per la nostra vita in relazione
con tutti i nostri prossimi. Intanto, vorrei fare alcune osservazioni: a livello dottrinale, il dialogo con l’Islam non
può onestamente andare oltre una reciproca conoscenza
e rispetto, tutti e due molto
importanti oggi. Il dialogo
con l’ebraismo, oltre il necessario rispetto e conoscenza
reciproci, può essere più
profondo in quanto abbiamo
in comune le Scritture e il fatto non indifferente che il nostro Signore Gesù Cristo era a
tutti gli effetti un ebreo.
Per quel che concerne il
dialogo con il cattolicesimo
romano e con le chiese ortodosse, le cose dovrebbero essere più chiare. Per esempio,
mi domando se basta affer
mare genericamente, come fa
la «Carta», che il Vangelo di
Gesù Cristo è «l’anima e il
cuore di ogni sforzo ecumenico». Giudicando dalla nostra
lunga esperienza ecumenica
direi che bisogna essere molto più specifici. Dobbiamo sapere se la Parola canonica è o
non è la norma del nostro dialogo. Se non lo è (come sembra essere a volte) il nostro
dialogo non può andare oltre
il livello di quello con l’Islam
o con l’ebraismo, come presentato sopra. Per contro, dove tutto il dialogo avviene sotto il criterio della Parola scritta come norma e base, c’è la
possibilità di una vera crescita
spirituale e un ritrovarsi fratelli e sorelle in Gesù Cristo.
Peggy Bertolino - Terni
■ Nuovi indirizzi
Il candidato Jean-Félix
Kamba comunica il nuovo indirizzo: Torre Pellice, v. Coppieri 10, tei. 0121-9533992.
Il pastore Francesco Carri
comunica il nuovo indirizzo:
74100 Taranto, via Generale
Messina 71, tei. 099-4774680;
celi. 0349-7534805.
PARIGI — Istituto italiano di cultura - 50, rue de Varenne
De Turin à Paris: Piero Gobetti
et la Révolution Libérale
Venerdì 8 ottobre - ore 15-18
- presentazione del libro di Alberto Gabella Elogio delia libertà, biografia di P. Gobetti, ediz. Il Punto;
- dibattito sull’edizione francese dell’opera più importante
di Gobetti, La Rivoluzione Liberale, ediz. Allia e degli atti
del convegno «Piero Gobetti» (1996), Tra Riforma e Rivoluzione, ediz. Franco Angeli.
Presiedono Maurice Aymard e Pierre Milza.
Intervengono Ersilia JUessandrone, Alberto Gabella, Fabrice
d’Almeida, Marco Gervasoni, Marc Lazar, Robert Paris, Marilène Raiola, Eric Vial.
Questo pomeriggio ci ha lasciati, all’età di 97 anni
Tea Rivoir n. Ginoulhiac
Al marito Guido, alla sorella
Margherita, ai figli Roberto, Eugenio, Elena, Sergio, Laura, Dario,
Sonia e a tutti i parenti e gli amici
ha chiesto di essere ricordata con
queste parole di Gesù: «Amatevi
gli uni gli altri, come io ho amato
voi» (Giov. 15, 12).
Lugano, 28 settembre 1999
RINGRAZIAMENTO
La famiglia ricorda con affetto
Daniele Contessi
improvvisamente mancato all’affetto dei suoi cari il 9 - 9 - '99.
Riconoscente, ringrazia tutte le
persone che con presenza e parole di conforto hanno preso parte
al loro dolore.
Pinerolo, 21 settembre 1999
RINGRAZIAMENTO
I familiari del caro
Italo Codino
nell’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che
hanno partecipato al loro dolore
per la scomparsa del loro caro; si
ringrazia il pastore Vito Gardiol.
San Secondo, 13 settembre 1999
«Poi la parola deH’Eterno
mi fu rivolta, dicendo:
«Geremia che vedi?”.
lo risposi: “Vedo
un ramo di mandorlo»
Geremia 1,11
È mancata all’affetto dei suoi
cari
Amalia Oudry
ved. Artus
Ne danno l’annuncio, a funerali
avvenuti, la figlia Jeannette, le
sorelle Emilia e Alma con le loro
famiglie, i nipoti e i parenti tutti.
Torre Pellice, 28 settembre 1999
RINGRAZIAMENTO
«Venite a me, voi tutti che
siete affaticati e oppressi,
e io vi darò riposo»
Matteo 11,28
I familiari della compianta
Maria Massai
ved. Rostan
deceduta all’età di 94 anni
ringraziano tutti coloro che l’hanno sostenuta e che sono stati vicini alla famiglia nel periodo della
malattia della loro cara e che, infine, hanno partecipato in diversi
modi al lutto in occasione della
sua dipartenza.
Trossieri di Perrero
20 settembre 1999
Radio & Televisione
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attudità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il lunedì della
settimana seguente alle ore 9,30 circa. Domenica 17 ottobre
(replica lunedì 25) andrà in onda: «Il Kosovo e la Serbia del
dopo guerra: quale futuro? Quale riconciliazione?».
16
PAG.
12
RIFORMA
fi*
Villaggio Globa:
Nella lotta che oppone le milizie di Sassou Nguesso, Kolelas e Lissouba
Congo-Brazzaville: massicciamente violati i diritti dei bambini
I diritti dei bambini vengono «massicciamente» violati
nel Congo-Brazzaville da
parte del potere e delle milizie. È quanto rivela il Centro
congolese per la promozione
e la difesa dei diritti del bambino (Ccpde), un’organizzazione della Chiesa cattolica
romana, in un rapporto di 30
pagine pubblicato il 16 settembre scorso a Pointe-Noire. Il rapporto fa osservare
che l’Atto fondamentale che
legittima il potere attuale
non garantisce la protezione
del bambino, conformemente all’art. 3 della Convenzione relativa ai diritti del bambino, promulgata dal Fondo
Onu per l’infanzia (Unicef) e
firmata dal Congo-Brazzaville. Il che spiega la manifesta
mancanza d’interesse del
potere nei confronti dei
bambini dopo la vittoria militare delle forze del presidente Denis Sassou Nguesso
nell’ottobre 1997.
Sulla base di testimonianze
delle vittime o dei loro parenti, e di diverse inchieste, il
Ccpde ha individuato un centinaio di esecuzioni sommarie ed extragiudiziali di giovani minorenni in diverse località del sud-ovest del paese. A
Mouyondzi, circa cinquanta
giovani adolescenti rifugiati
nelle foreste vicine sono stati
scambiati per esploratori al
servizio dell’esercito, quindi
passati per le armi il 20 aprile
1998. A Mindouli, sette giovani fra i 14 e i 16 anni sono
stati uccisi dall’esercito nell’agosto 1998 mentre tentavano di allontanarsi dalla zona dei combattimenti. In
molte altre borgate centinaia
di giovani, sospettati di essere dei ribelli, sono stati uccisi
dall’esercito. Le esecuzioni
massicce di bambini e di giovani si sono verificate a Brazzaville tra dicembre 1998 e
gennaio 1999, durante la riconquista dei quartieri sud
da parte dell’esercito.
II Ccpde denuncia inoltre
l’arruolamento forzato dei
minorenni nelle varie milizie.
La milizia «cobra» di Denis
Sassou Nguesso conta 105
bambini soldati tra i 15 e i 17
anni. Circa 400 bambini soldato combattono nelle file
dei «cocoye» e altri 200 fra i
«ninja». «Nel Congo-Brazzaville i bambini vengono detenuti per piccoli delitti - affer
•...
Un gruppo di bambini congoiesi
ma il rapporto che rileva le
cattive condizioni di detenzione -. Responsabili dei cattivi trattamenti dei bambini e
dei casi di tortura sono poliziotti che vi ricorrono come
mezzi per ottenere da un minore la confessione delle sue
colpe». Le forme di torture
più diffuse fra i bambini sono
il «kilimandjaro» che consiste
nel picchiare il minore con
una bacchetta di liane. Anche
i bambini abbandonati che
vivono nelle strade sono vittime di abusi da parte dei poliziotti che li picchiano.
Continuano inoltre le violenze sessuali dei combattenti dei due campi nei confronti
delle ragazze. Nessuna stati
stica è stata stabilita ma il fenomeno è in costante aumento, perfino su bambine
di 10 0 12 anni. La scuola è il
settore più colpito. Secondo
il Ccpde, «su un totale di
510.000 ragazzi in età dell’obbligo, circa 224.000 evadono
la scuola. Oltre 6.000 allievi
non hanno potuto dare l’esame di terza media». Tutte le
scuole delle zone sud-ovest
del paese sono chiuse; alcune
sono distrutte. Molti bambini
rimasti traumatizzati dalla
guerra sono diventati sordomuti, altri soffrono di grave
malnutrizione.
Il Ccpde denuncia il cinismo delle autorità che affermano «di pulire le città e i vil
laggi» a colpi di cannoni per
«controllare il Sud del paese».
Si assiste a «un vero e proprio
massacro delle popolazioni
che si potrebbe senz’altro
chiamare pulizia etnica»,
precisa il rapporto. Nel designare Denis Sassou Nguesso,
Bernard Kolelas, Pascal Lissouba e le loro rispettive milizie come «responsabili» di
questa situazione, il Ccpde fa
una serie di raccomandazioni: ritiro degli eserciti stranieri, scioglimento delle milizie,
aiuti multiformi da portare
alle migliaia di bambini senza futuro, istituzione di una
giurisdizione tenuta a sanzionare gli autori delle violazioni
dei diritti dei bambini, (eni)
MH Un'iniziativa dovuta a un pastore della Chiesa riformata
Losanna: accogliere i senza casa della città
Nella piazza del «Vallon» a
Losanna, è in funzione da alcuni mesi un luogo di accoglienza chiamato «Le passage» (il passaggio). L’inaugurazione ufficiale ha avuto
luogo il 27 agosto scorso, alla
presenza di numerosi responsabili sociali e politici
della città. Questo Centro,
dovuto all’iniziativa del pastore Jan de Haas, titolare
della Pastorale di strada della
Chiesa riformata del Cantone
di Vaud, accoglie quotidianamente, tra le 9 e le 19, i «visitatori» senza casa, vittime
della nuova povertà, tossicomani, e altri ancora.
Una équipe di educatori,
assistenti sociali, infermieri e
medici, senza dimenticare il
cuoco intendente, riceve, in
locali ben illuminati e confor
HHI dati di un opuscolo dell'Istituto statistico europeo
Aumentano le nuove povertà in Europa
Circa un abitante dell’Unione europea su cinque vive
al di sotto della soglia di povertà: il 20% dei più ricchi si
spartisce il 40% circa dei redditi, mentre il 20% dei più
poveri dispone solo dell’8%.
E questo, in breve, il problema della ripartizione delle
ricchezze nella Ue, come appare da un opuscolo dedicato
alle condizioni di vita in Europa, recentemente pubblicato da Eurostat, l’Istituto
statistico europeo.
Nel 1994 il 18% degli abitanti Ue disponeva di un reddito inferiore al 60% del reddito medio del suo paese di
residenza. La percentuale delle persone che si trovano al di
sotto della soglia di povertà
varia molto da un paese all’altro: essa spazia dal 9% della
Finlandia e dal 10% dell’Olanda al 22% dell’Irlanda e al 24%
del Portogallo. La categoria
più colpita dal problema è
quella dei genitori (padre o
madre) che vivono soli con figli a carico: nell’insieme della
Ue, il 35% di costoro si trova
al di sotto della soglia di povertà. Anche in questo caso si
rilevano differenze enormi tra
stati membri: si passa dall’8%
della Danimarca e della Finlandia al 51% del Regno Unito
e al 56% dell’Irlanda.
Quanto alla ripartizione dei
redditi tra i cittadini, anch’
essa varia molto da un paese
all’altro: cosi al 20% più povero della popolazione spetta
in Portogallo solo il 6% dei
redditi, mentre in Finlandia
quasi due volte di più (11%).
Inversamente, il 20% più ricco si spartisce in Portogallo il
44% dei redditi, mentre in
Danimarca e in Finlandia riceve solo il 33%. Gli esperti di
Eurostat si servono di una cifra speciale che misura la disuguaglianza dei redditi: più
essa è elevata, più la disuguaglianza nel paese è grande.
Tale formula permette di designare la Finlandia come il
paese più egualitario della
Ue, seguita da Danimarca e
Svezia. All’estremità opposta,
il Portogallo appare come lo
stato membro meno egualitario, seguito da presso da Irlanda e Grecia.
La povertà non si misura
solo dai redditi, ma anche da
problemi pratici, come l’impossibilità di acquistare oggetti importanti per la vita
quotidiana o di pagare le fat
ture; ma in tal caso ciò che
conta è il modo in cui ognuno risente la propria situazione: il 6% degli europei ritiene
ad esempio di non avere i
mezzi per mangiare carne o
pesce un giorno su due; in
Grecia, la percentuale raggiunge il 37%, ma ovunque
altrove non supera il 10%.
Il 14% degli abitanti Ue
pensa di non potersi permettere nuovi vestiti: in Portogallo essi sono il 49%, in Grecia il
35%, ma in Danimarca e Lussemburgo soltanto il 4%. Circa un europeo su due afferma
di non essere in grado di trascorrere una settimana di vacanza all’anno fuori casa; la
proporzione supera nettamente la metà degli interrogati in Portogallo, Svezia e
Grecia, ma resta inferiore al
15% in Germania, Lussemburgo e Olanda. Nel 1995, il
9% delle famiglie della Ue si è
trovata nell’impossibilità di
pagare l’affitto in tempo debito: è stato il caso di una famiglia greca su tre. Anche in
questo caso, le persone maggiormente in difficoltà sono i
padri 0 le madri che vivono
soli con i figli.
(Eurofocus 25/99)
tevoli, le persone che hanno
bisogno di cure mediche, di
consigli amministrativi, o
semplicemente di un buon
pasto o di vestiti. Con questa
inaugurazione, seguita da due
giornate di porte aperte, i responsabili del «Passage» intendevano permettere al pubblico di rendersi conto dell’utilità di una tale iniziativa, resa possibile grazie all’impegno delle chiese di Losanna,
ma soprattutto all’ampio appoggio delle autorità della
città, le quali hanno coperto
circa il 50% delle spese di realizzazione e provvederanno
all’80% dei costi di gestione.
Il consigliere comunale
Pierre Tillmanns ha ricordato
le difficoltà di trovare locali e
la necessità di attutire le reticenze dei vicini con contatti
costanti. Il pastore Jan de
Haas ha presentato ogni
membro della sua équipe e
ha reso omaggio alla «Piccola
madre», madre Sophia, che
ha indicato il cammino della
solidarietà con gli esclusi fin
dagli Anni 80, a Losanna. De
Haas ha ringraziato il centinaio di «piccole mani» che
hanno portato il loro aiuto alla realizzazione del Centro, i
donatori dei mobili e di altre
sistemazioni.
Jan de Haas ha inoltre tenuto a salutare la concertazione con la polizia, il che
permette a ognuno di compiere meglio il proprio lavoro.
Gli animatori hanno elaborato una «Carta» che mira a stabilire un rispetto reciproco
nei locali per permettere ai
visitatori un tempo di serenità e di calore umano. È ad
esempio vietato usare droga
nel «Passage», mentre un angolo per bambini e una piccola biblioteca invitano alla
ricreazione. Un sito Internet
sarà aperto prossimamente
per presentare questa struttura: www.lepassage.ch (spp)
venerdì 8 OTTOBRE!
Petizione da presentare all'Onu
Le donne dell'Afghanistan
Il governo dell’Afghanistan sta portando avanti una guej,
ra nei confronti delle donne. La situazione sta degenerando
al punto che un editoriale del Times ha paragonato il feno.
meno a quello degli ebrei nella Polonia del preolocausto.
Da quando 1 talibani hanno preso il potere nel 1990^ [g
donne hanno dovuto coprirsi con un burka e vengono pie.
chiate e bastonate in pubblico perché non devono attirare
l’attenzione, e per questo devono coprirsi completamente
compresi gli occhi. Una donna è stata picchiata a morte da
un fondamentalista per avere esposto accidentalmente le
sue braccia mentre stava guidando. Un’altra è stata bastonata a morte per avere provato a lasciare il paese con un
uomo che non era suo parente. Le donne non possono lavorare 0 uscire in pubblico senza essere accompagnate da
un parente maschio; donne professioniste come insegnanti, traduttrici, artiste, avvocati e scrittrici sono state forzate
a lasciare il loro lavoro e a chiudersi nelle loro case. Questo
provoca depressioni e crea una situazione d’emergenza.
Non esiste nella società islamica estremista una statistica
attendibile sui casi di suicidio, ma degli specialisti del settore stimano che i suicidi tra le donne che non possono avere
dei farmaci e una terapia adeguata per la depressione sono
aumentati notevolmente. Le case in cui c’è qualche presenza femminile hanno i vetri dipinti, in modo tale che le donne non possano essere viste dall’esterno e devono indossare scarpe silenziose per non essere udite. Le donne vivono
nel continuo timore di perdere la loro vita per ogni minimo
errore. Dal momento che non possono lavorare, se non
hanno parenti maschi o mariti che le possano sostenere vivono nell’indigenza o chiedono l’elemosina per strada anche se sono laureate.
Non ci sono cure e assistenza sanitaria per le donne. In
uno dei rari ospedali per donne, un giornalista ha trovato
dei corpi esanimi, immobili sopra i letti, coperti con i loro
burka; non riescono a parlare, mangiare, o fare altro. Sono
abbandonate e destinate a consumarsi lentamente. Altre si
sono nascoste in angoli, barcollando e piangendo per la
paura. Un medico sta considerando, quando le poche medicine saranno esaurite, di lasciare queste donne di fronte alla
residenza del Presidente come forma di protesta pacifica.
Siamo arrivati al punto in cui la definizione di «violazione
dei diritti umani» è diventata un’affermazione troppo modesta. Il marito ha il potere di vita o di morte sulle proprie
donne, specialmente sulla propria moglie; se è arrabbiato,
ha il diritto di assalire, bastonare o picchiare una donna a
morte per aver esposto un pollice di pelle 0 per averlo minimamente offeso. David Cornwell ha detto che l’Occidente
non può giudicare il popolo afgano in quanto questi trattamenti costituiscono «un fatto culturale», ma questa non è la
realtà. Solo fino al 1996 le donne hanno goduto di una relativa libertà: potevano lavorare, vestirsi come volevano, guidare e apparire in pubblico da sole. La rapidità di questo
mutamento è la ragione principale della depressione e dei
suicidi; le donne che erano educatrici, medici o professioniste ora sono severamente vincolate e trattate come soggetti
subumani nel nome dell’ala destra del fondamentalismo
islamico. Ciò non appartiene alla loro tradizione 0 «cultura».
Se giustifichiamo questo come fatto culturale, non possiamo inorridire quando pensiamo ai sacrifici umani, ai milioni di donne e bambine che vengono mutilate in alcune
parti dell’Africa, ai neri che nel 1930 negli Usa del sud venivano impiccati, non ammessi al voto, e forzati a essere sottomessi a leggi ingiuste. Ognuno ha il diritto a una vita decente. Noi non possiamo restare muti di fronte all’oltraggio,
all’oppressione, all’assassinio e all’ingiustizia commessi
contro le donne dai talibani.
Il modulo per raccogliere le firme può essere scaricato dal
seguente sito internet: www.avventisti.org/spazio/donnt
htm. Copie delle liste con più di 50 firme vanno inviate via email a: Mary Robinson, Alto Commissario dell'Onu (mailto:webadmin.hchr@unorg.ch) e a: Angela King, consiglittt
speciale per le questioni di genere e per la promozione dellt
donne (mailto:daw@undp.org)
■H Campagna appoggiata dalle chiese
India: no alla diga gigante
Il Consiglio nazionale delle
chiese dell’India (Ncci) appoggia la campagna contro
un progetto di diga gigante
nella valle del Narmada, all’ovest del paese. Coloro che
militano contro questo progetto hanno recentemente
minacciato di annegarsi in
segno di protesta. Secondo
loro, saranno soprattutto le
popolazioni tribali e 1 Dalit a
essere colpiti dalla costruzione della diga, l’ultima di una
serie di 30 dighe lungo il fiume Narmada. All’inizio dello
scorso agosto, la polizia ha
arrestato 61 manifestanti guidati da Medha Patkar, fondatrice del «Narmada Bachao
Andolan» (Movimento per la
salvaguardia del Narmada,
Nba). Raggruppati in una capanna, avevano acqua fino
alla vita e rischiavano di annegare per via dell’innalzamento delle acque provocato
dalle piogge del monsone e
dalla costruzione della diga.
La campagna contro il progetto va avanti da 14 anni.
All’inizio, il progetto aveva ricevuto fondi dalla Banca
mondiale, ma sei anni fa qu®'
st’ultima ha ritirato il suo appoggio dopo la campagna de
Nba. Le proteste hanno raggiunto il loro punto culnj|'
nante dopo la decisione dell
Corte suprema deU’lndia. n®
febbraio scorso, di autorizzi'
re lo stato del Qujarat a so
praelevare le pareti della dig^
fino ad un’altezza di 88 nio^l
mentre erano di 81
quando i lavori sono stati 1
terròtti nel 1994 su ordine
tribunale presso il quaia
Nba aveva fatto causa. .
Secondo il Nba, 66
saranno sommersi e 12 «
persone saranno costrett ^
spostarsi a causa di ‘iHGi
sopraelevazione. Cosi, p'“
un milione di
idi
le saranno cacciate via '
loro case per via di
Da parte sua, il goff""
ga. ua jjaiic CJUU, ■. a „r.
afferma che solo 200.000 P
sone verranno colpite. H
sigilo nazionale delle chi®*
dell’India, che raggrupP“
chiese protestanti e ortod®^
se, ha pubblicato una di
razione di solidarietà c ~
lotta del Nba.
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