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Anno 116 - N. 26
27 giugno 1980 - L. 300
■)c?dizione abbonamento postale
GrubPO bis/70
ARCHIVIO TAVOLA VALDESE
10066 TORRE PELLICE
ddk valli valdesi
9 punti
di vista
Per ben tre volte, nello spazio
di sette mesi, un computer del
Norad, il comando della difesa
aerea statunitense, ha dato un
falso allarme atomico denunciando erroneamente un attacco
nucleare sovietico contro l’America. Aerei intercettatori si sono
alzati in volo ed i missili sono
stati messi subito in posizione.
Secondo le spiegazioni del Pentagono, il primo incidente è avvenuto a causa della errata immissione nel computer dei dati di
un esperimento, mentre i due
SMcessivi (avvenuti negli ultimi
giorni) pare siano imputabili —
sempre secondo le dichiarazioni
dei responsabili — ad un guasto.
È andato fuori uso un microcircuito grande come una monetina, sostituibile con una spesa di
100 dollari: come a dire che per
80 mila lire abbiamo rischiato
la terza (e probabilmente «definitiva») guerra mondiale.
Nel primo caso ricordato, l’equivoco durò « solo » sei minuti
e negli altri la metà. Si tratta
pero di minuti nei quali devono
essCTe prese deUe decisioni quasi istantanee. Si calcola infatti
che un missile impieghi mezz’ora
dall’URSS agli USA, ma gli occorrono solo dieci minuti se lanciato dal più vicino dei sottomanm sovietici. In effetti, il meccanismo di allarme ha un sistema automatico di verifica, per
cui lo sbaglio viene abbastanza
sollecitamente denunciato, ma è
altrettanto vero che il presidente americano dovrebbe prendere
una decisione, fatale per il mondo intero, in pochi secondi. Vi è
anche un altro pericolo e che
cioè a sua volta l’URSS si creda
attaccata e, ignorando i retroscena, reagisca davvero colle sue
armi atomiche.
Questa serie di incidenti ha
però rimesso in discussione non
tanto le strutture « difensive »
degù USA quanto il principio
stesso che ne è alla base. Infatti,
u principio di « difesa », secondo
il sistema della « rappresaglia su
segnalazione » non contempla il
contrattacco all’impatto dei missili sovietici sul suolo americano, ma_ non appena essi vengano
lanciati. Parte del Congresso
americano vorrebbe infatti che
1 eventuale contrattacco scattasse solo ad aggressione concretata. Questo, anche nel ricordo di
un noto caso avvenuto negli anni 50, quando uno stormo di anatre fu scambiato da un radar
per una formazione di bombardieri sovietici.
Ma non si può ignorare un
altro stato di fatto e vale a dire che il possibile scoppio di
un conflitto planetario può essere provocato da elementi di
notevole labilità: un errore uma“d un guasto, anche banale.
Di_ fronte a queste situazioni
tragicamente grottesche, ci è dato un nuovo motivo di riflessione sulla follìa degli armamenti
e sulla esasperata tecnologìa, di
cui l’America e l’occidente cristiani sono così tenaci asserton. Ci pare particolarmente pertmente l’anpello dei fratelli battisti in Italia al battista presidente Carter (pubblicato su questo
giornale nel n. del 13 giugno):
« mentre confessiamo la nostra
carenza in iniziative concrete di
pace e di giustizia, ti richiamiamo alla responsabilità che hai
per^ la vita^ di milioni di uomini
tuoi fratelli, al dovere che hai di
obbedire a Dio e non agli interessi di coloro che premono verso la guerra».
Roberto Peyrot
___________ MESSAGGIO ALLE CHIESE DALLA CONFERENZA Dt MELBOURNE
Il volto dei poveri è quello di Gesù
Si^amo stati messi in questione dalla sofferenza dei poveri. Preghiamo che essi possano udire
bvangelo e che noi tutti possiamo proclamarlo degnamente mediante la parola e gli atti
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
ci siamo riuniti — più di 500
cristiani provenienti da molte
delle nazioni del mondo — a Melbourne, in Australia, dal 12 al 24
maggio, a formare la Conferenza del Consiglio Ecumenico delle Chiese sulla Missione e Evangelizzazione nel mondo. Siamo
venuti nel nome di Gesù Cristo
e la nostra attenzione si è concentrata sulla preghiera che Gesù ci ha insegnato: « Venga il
tuo regno ». Questa preghiera,
che nello stesso tempo ci turba
e ci conforta, è ciò che ci unisce.
Ci siamo incontrati sotto le fosche nubi della minaccia nucleare e deU’annientamento. Il nostro mondo è profondamente ferito dalle oppressioni che i potenti impongono su chi è senza
potere. Queste oppressioni riguardano la nostra vita economica, politica, razziale, sessuale
e religiosa. Il nostro mondo, così
orgoglioso delle realizzazioni
umane, è pieno di gente che soffre per la fame, la povertà e la
ingiustizia e intere popolazioni
ne sono devastate.
« Son essi senza conoscenza
tutti questi operatori d’iniquità,
che mangiano il. mio popolo
come mangiano il pane?»
(Sai. 14: 4).
I poveri e gli affamati gridano
Una veduta dell’Assemblea organizzata dalla Commissione Missione
e Evangelizzazione del CEC che si è tenuta a Melbourne dal
12 al 24 maggio.
a Dio. La nostra preghiera « Venga il tuo regno » deve essere rivolta a Dio nella solidarietà col
grido dei inilipnL di esseri umani che vivono nella povertà e nell’ingiustizia. Dei popoli interi
soffrono le pene di un tormento
sopportato in silenzio; i loro volti rivelano la loro sofferenza. La
chiesa non può tenersi lontana
da questi volti, perché in loro
vede il volto di Gesù (Matteo 25).
In un ' tale mondo a tutti è rivolto rannuncip del re^o di Dio.
È’ rivolto ai poveri e in essi genera la foréa di affermare la loro dignità umana, la liberazione
e la speranza. Agli oppressori è
rivolto come un giudizio, ima sfida e un appello al ravvedimento.
DALLA PREDICAZIONE ALLA CONFERENZA DEL 4° DISTRETTO
Convertirci per primi
Isaia 30: 15-16
Proveniamo da diverse realtà
del sud.
Chi proviene da zone dove è
in atto un processo di industrializzazione e cooperazione produttiva, chi vive in zone ancora lasciate in un totale abbandono.
Ognuno di noi si sente parte
di questo sud, ma innanzitutto
dopo i vari viaggi intrapresi, ci
sentiamo dei viandanti che da
più parti convergono in una località e costituiscono l’immagine
di una tribù che raccolta nel suo
insieme fa i conti con la sua storia, con le sue tradizioni. Questo
nostro essere, penso che genera
in noi sensazioni per le quali
ognuno di noi acquista coscienza
di essere uomini e donne strappati da un senso comune e di
considerarsi dei chiamati, dei
convertiti, degli ex-cattolici.
La storia di un drappello di
uomini e donne, come siamo del
resto nei confronti della totalità
ddla popolazione italiana, è storia che non si colloca nel vuoto
nel campo delle idee, ma nei fatti attraverso il nostro impegno
le nostre istituzioni, costituisce
un vissuto nel mezzo di una storia più generale, più viva, che è
quella del nostro paese, del nostro sud e di quanti come noi
conoscono gli affanni di una vita assediata da molteplici istanze
Irnmersi e travolti da questa
storia, ognuno di noi avverte ed
è sensibile^ al fatto che questa
nostra società così com’è strutturata e come procede ha bisogno di una reale svolta, di una
generale conversione.
Questa'chiara presa di coscienza si spande a macchia d’olio.
quando poi come credenti ci lasciamo determinare dall’annuncio del Regno di Dio.
Una società che partorisce terroristi e terrorismo, un governo
che si attarda, oltre i limiti di
una umana sopportabilità, nel
dare concrete risposte alla vita
del paese, sono nei fatti una società, un governo, una storia che
impone una conversione, un ravvedimento.
Ritornando ora al nostro essere tribù di viandanti, alle nostre
certezze, alle nostre istituzioni,
all’impatto con la storia del nostro paese, penso che naturalmente noi tendiamo a rivolgere
termini come conversione, ravvedimento non a noi stessi, alle nostre comunità ma agli altri. Iniziano le galoppate, si cavalcano
non solo i nostri destrieri ma anche quelli degli altri. Alcuni si
attardano ma poi volenti o nolenti si trovano anch’essi a galoppare.
Attivismo per attivismo, pullulare di attività che diventano dei
corpi separati con propria autonomia tanto da ignorarsi a vicenda.
Non vorrei generare una levata di scudi, ma accettando l’errore e i limiti di ogni umana considerazione, avverto il tema della evangelizzazione, l’alternativa
da presentare ai nostro paese,
come un destriero che stiamo cavalcando.
Ad un tratto si diventa colportori, i pastori diventano apostoli
o si sforzano di esserlo, per giunta da soli perché la comunità tarda a riconoscerli in questa nuova dimensione. Non passa giorno in cui non si dia alle stampe
un pieghevole, un opuscolo, nel
la cui fatica altri entrano ricercando a loro volta nuove proposte.
Ritornano con sentita partecipazione termini come conversione, proselitismo, emotività, animazione.
Francesco Carri
(continua a pag. 10)
All’insensibile giunge come un
appello alla consapevolezza e alla responsabilità. La chiesa stessa ha spesso abbandonato il suo
Signore ostacolando la venuta
del suo regno. Noi riconosciamo
questo peccato e il nostro bisogno di ravvedimento, perdono e
purificazione.
Il Dio trinitario, rivelato nella
persona e nell’opera di Gesù Cristo è il centro di tutti i popoli e
di tutte le cose. Il nostro Salvatore Gesù Cristo è stato posto a
giacere in una mangiatoia « perché non v’era posto per loro nell’albergo » (Luca 2: 7). Egli è al
centro della vita eppure si muove verso coloro che sono ai margini della, vita. Egli afferma la
sua signoria rinunciandovi. E'
stato crocifisso « fuor della porta » (Ebrei 13: 12). In questa rinuncia al potere egli fonda il suo
potere di guarigione. La buona
notizia del regno deve essere presentata al mondo da parte della
chiesa, il corpo di Cristo, il segno del regno in ogni tempo e
luogo. E’ per mezzo dello Spirito Santo che il regno è porta- to avanti fino al suo compimento finale. Quelli che soffrono per
l’ingiustizia sono ai margini della vita ijazionale e socime. Moltitudini di esseri umani sono oppressi economicamente e politicamente, spesso questa è gente
che non ha mai udito l’Evangelo
di Gesù Cristo. Ma Gesù Cristo
viene a loro ed esercita il suo
potere di guarigione ai margini
della società.
Noi, partecipanti di questa
Conferenza sulla Missione ed
Evangelizzazione nel mondo, siamo messi in questione dalla sofferenza dei poveri. Preghiamo
che essi possano udire l’Evangelo e che noi tutti possiamo proclamare degnamente l’Evangelo
mediante la parola e gli atti. Siamo sotto il giudizio e la speranza di Gesù Cristo. La preghiera
« Venga il tuo regno » ci avvicina a Gesù Cristo nel mondo di
oggi. Vi invitiamo a unirvi a noi
nell'impegno nei confronti del
Signore per la venuta del cui regno preghiamo. Venga il tuo regno, o Signore.
Sinodo delle chiese
Valdesi e Metodiste
Il Sinodo, secondo quanto disposto dall’Atto n. 82 della
Sessione sinodale europea 1979 è convocato per
Domenica 3 agosto 1980
I membri del Sinodo sono invitati a trovarsi nell’Aula
smodale della Casa valdese di Torre Pellice alle ore 15. Il
culto di apertura avrà inizio alle ore 15.30 nel tempio di Torre
Penice presieduto dal pastore Roberto Comba.
Il Moderatore della Tavola Valdese:
Giorgio Boucbard
Corpo pastorale
Il Corpo pastorale è convocato
per sabato 2 agosto alle ore 9 nell'Aula sinodale nella Casa valdese
di Torre Pellice col seguente o.d.g.:
1) Esame di fede del candidato
pastore locale Claudio Martellt;
2) Situazione dei matrimoni interconfessionali;
3) Varie.
Se l'esame di fede del candidato
avrà esito positivo il sermone di
prova sarà tenuto nel tempio del
Ciabas alle ore 17.
Il presiderite del Corpo pastorale
Giorgio Boucbard
Tutti I membri delle chiese valdesi e metodiste e gli invitati al Sinodo sono cordialmente pregati di
assistere all'esame di fede e di
partecipare al sermone di prova.
2
27 giugno 1980
RIUNITA DAL 30 MAGGIO AL 1« GIUGNO A MESSINA LA CONFERENZA DEL 4» DISTRETTO
Un’assemblea sensibile
alla vita travagliata del paese
« Non poteva che essere una
assemblea di credenti attenta e
sensibile ai temi che travagliano
la vita del nostro paese ».
Così si è espressa ima delegata
al termine dei lavori della conferenza del IV distretto riunitasi
a Messina dal 30 maggio al 1°
giugno c.a.
L’affermazione non è gratuita
e deve essere inserita nella realtà di ogni singola chiesa locale,
impegnata nonostante difficoltà e
debolezze a costruire una minoranza qualitativamente significativa.
L’incontro di vaxie esperienze
di fede non avulsa dalla realtà
sociale non ha significato, con
un colpo di spugna, abbandonare
l’esame di quelle che rimangono
« preoccupazioni di carattere interno » tra le quali fanno capolino problemi della diaspora, delle
vocazioni al pastorato, del legame opera-chiesa locale, del culto, delle finanze ecc.
A riguardo non è venuto meno
l’intervento da parte di giovani e
meno giovani sulla riforma del
nostro modo di essere chiesa.
Questo ha arricchito il dibattito sulla evangelizzazione in modo
che l’annuncio stesso non corra
il rischio di essere « uno squillante cembalo » e che termini come
ravvedimento, conversione, niorte e risurrezione, siano punti di
riferimento per la vita stessa delle singole chiese locali.
La stessa meditazione nel culto di apertura è stata recepita
come un fraterno tentativo per
non incorrere in facili fughe in
avanti e per non sottovalutare
10 stacco che c’è tra le intenzioni, le proposte e la sostanziale
struttura delle nostre comunità
attraverso le quali progetti ed
impegni giusti e seri nella loro
formulazione devono ricevere
una certa operatività.
11 lavoro della CED
Per parte sua, molto ha fatto
la Commissione esecutiva distrettuale (CEP), che nel redigere e presentare alla conferenza
la sua relazione, ha evitato ogni
superfina perdita di tempo e ha
fornito la giusta e dinamica direzione ai lavori della assemblea.
Scorrendo i titoli dati alle varie sezioni contenute nella relazione CED a nessuno è sfuggito
questa utile volontà operativa;
Problematiche dell’ora presente;
Evangelizzazione ; Cattolicesimo ;
Diaconia; Chiese.
Su questi temi si è aperto un
dibattito che ha posto le varie
commissioni nelle condizioni di
redigere e presentare degli o.d.g.
che nell’ambito delle singole comunità saranno oggetto di ulteriore riflessione e sprone per
una pratica azione evangelistica.
In questo « essere pratici » anche la commissione d’esame (C.
d’E.) e anzitutto il desiderio della maggior parte dei delegati
hanno fornito il loro contributo.
Un esempio tra i tanti, è quello fornitoci dal dibattito sulle
opere che, anche se non ha soddisfatto pienamente gli animi dei
delegati, ha avuto una svolta: le
schede informative preparate
dalla CED, le indicazioni della
C.d’E., gli interventi dei responsabili delle opere, hanno dato
nuovo interesse e vivacità al dibattito che non è stata la solita
panoramica delle singole attività, ma l’inizio di una seria analisi di quei problemi che investono lo svolgersi di una diaconia
che si concretizza nell’esistenza
di numerose opere nel IV distretto.
Questioni interne
Parlando durante le pause, con
i vari delegati nei locali messi a
disposizione dalla comunità messinese e ben fomiti di singoli di
ristoro con bevande e dolci, è
stato indicativo e significativo
ascoltare interventi di questo tipo:
« Pensavo che il tema della
Evangelizzazione comportasse lo
annuncio del « Gesù Salvatore »
invece mi rendo conto che impone un confronto più serio con
la quotidianità della nostra esi
stenza sottoposta a varie ansie,
signorie, schiavitù».
« Tu che ne pensi Giovà... E
che t’aggia dì... la politica ci rientra sempre... Porse cussi ha da
essere ».
La conversazione e il tenore
del dibattito ovunque è stato
franco, e in certi momenti passionale evidenziando l’ora e il
momento che la nostra esistenza di credenti sta attraversando.
Il momento attuale, alla luce
del mandato che il Signore stesso ha dato alla Sua chiesa, al
cospetto della vita di comunità
sparse in una realtà geografica
caratteristica come è quella meridionale, non ha eluso, nel corso
dei lavori assembleari, una seria analisi e dibattiti su questioni come quella del cattolicesimo,
violenza, armamenti, mezzogiorno, emigrazione.
Gli o.d.g. non possono esprimere appieno sia la ricchezza
del dibattito avutosi, sia anche
i silenzi, i dubbi, le incomprensioni che ci sono stati, anche
se non molti, che ancora indicano un cammino da compiersi dal
quale nessuno deve sentirsi escluso.
Tra i vari o.d.g. che qui riportiamo a fianco non sono da
considerare meno importanti degli altri i due sull’insegnamento
religioso nella scuola pubblica,
ambito in cui è necessario far
sentire la nostra voce affinché un
contributo nel senso di ima scuola laica e democratica venga apportato.
L'assemblea attenta e sensibile ai problemi che l’ora attuale
pone all’attenzione delle comuni
tà, non è venuta meno dall’esaminare quelle questioni che riguardano più da vicino la vita
interna delle stesse comunità.
Impressioni
Molto si è discusso nell’ambito delle assemblee di circuito. A
seguito di questo lavoro, la Conferenza ha tenuto in debito conto
gli o.d.g. del 13°-14‘’-16” Circuito
concernenti la cura d’anime e la
sistemazione del campo di lavoro nella diaspora con riferimento all’art. 6 del RO 5 che invita
implicitamente ogni comunità a
mettere a disposizione del circuito il proprio pastore.
Tutto questo comporta una
nuova comprensione del ruolo
pastorale ma anzitutto la vita
di comunità segnate da una solidarietà e cooperazione reciproche.
Queste devono esprimersi anche negli imi>egni finanziari presi per il 1980 ed in vista del
1981; a tal fine non è stato superfluo o fiscale far riferimento
al proprio reddito in vista di
una contribuzione, tenuto conto
di 22/SI/79, in proporzione del
2-3%.
, Chi ha redatto questa breve
nota non può che affermare insieme ad altri di aver ricevuto
molto dal fraterno confronto e
scambio di esperienze che il corso dei lavori assembleari ha
comportato in vista di un costante impegno e presenza evangelica nel nostro paese.
Francesco Carri
____________IN OCCASIONE DEL SINODO
Dibattito in piazza
In occasione del Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste
vi invitiamo ad un pubblico incontro sul tema: «L’Italia di
oggi : ricostruzione o trasformazione? Religione o Evangelo? ».
In questo momento il Paese si interroga sul proprio avvenire.
Gli evangelici italiani sentono il dovere di partecipare alla ricerca comune per un’Italia più giusta e più autentica. Non
basta tornare alle «tradizioni religiose» del nostro paese:
si tratta di riscoprire Gesù Cristo nel contesto della vita e
dei problemi dell’uomo di oggi.
Parleranno Franca Long, Sergio Aquilante e Giorgio Bouchard. Presiederà Giorgio Tourn. L’incontro avrà luogo
MARTEDÌ’ 5 AGOSTO
ore 20.30 in Pjza Muston, Torre Pellice.
la Tavola Valdese
VALLECROSIA
Céline Ribet
Al Rifugio ’Carlo Alberto’ di
Luserna S. Giovanni è morta Céline Ribet, originaria di Maniglia. Desidero ricordarla ai credenti, ed in particolare a coloro
che hanno usufruito e fruiscono
della Casa Valdese di Vallecrosia.
Quella Casa è risorta dallo sfascio del dopoguerra, è stata ampliata e resa adatta ad accoglien
ECO-LUCE
ESTIVO
Come gli altri anni l'EcoLuce rallenta il ritmo e in
parte riduce il contenuto
nel periodo estivo. Ecco il
calendario:
n. 27-28: 11 luglio, a 8 pagine;
n. 29-30: 25 luglio, a 10 pàgine;
n. 31: l" agosto, a 8 pag.
n. 32: 8 agosto, a 10 pag.
n. 33: 15 agosto, a 4 pag.
n. 34-35: 29 agosto, a 8 pag.
dal n. 36, 5 settembre, riprenderà la cadenza settimanale a 10 pagine.
A tutti un cordiale augurio per un’estate serena.
za per la devozione all'Opera e
l’operosità di un nucleo, confortato dalla famiglia dei credenti
di Ventimiglia - Vallecrosia - Bordighera. Prima a lasciarci è stata la sig.ra Elisa Banovaz. Adesso è ’tata Céline’, come la chiamavamo.
Era una donna eccezionale. Solo lavorando e vivendo per anni
con lei ho capito — almeno lo
credo — il popolo valdese delle
Valli. La sua fede lineare e brusca nell’esprimersi poteva dispiegarsi in una sovrabbondanza di
sentimenti, di atti che rifuggivano daH’ostentazione, dal fiiori
misura. E il suo lavoro era umana fatica consumata con un
grande senso di responsabilità,
in un autentico diaconato evangelico. Come era naturale, comunicava la sua nostalgia per la
terra di casa, per il dialetto che
rendeva bene i pensieri ed era
musica al suo orecchio. Gli umili
non tradiscono la loro terra, non
si vergognano della loro origine.
Senza tata Céline non so come tanti traguardi si sarebbero
raggiunti, tanta tenacia avrebbe
accompagnato anni di impegno.
E’ in personalità di questa tempra che la Chiesa ha una benedizione, e guai a noi se dimentichiamo la loro fedele testimonianza, noi che apparteniamo alla razza dei servi chiamati in
Cristo a libertà.
L. S.
Ora di religione
(...)
La Conferenza ritiene che la scuola
pubblica non abbia il compito di includere fra le sue attività l'Insegnamento della religione in quanto tale, e
tanto meno secondo impostazioni confessionali. Ove tuttavia si volesse dare
spazio all'insegnamento religioso nella
scuola pubblica, questo dovrebbe: a)
tenere conto delie diverse esperienze
ed espressioni dal fatto religioso, nel
rispetto reale di tutte le componenti
deila società, senza dar luogo a discriminazioni neppure di fatto; b) essere impartito da insegnanti che siano
equiparati agli altri anche per quanto
attiene alla loro assunzione (pubblico
concorso anziché designazione da parte del vescovo).
La Conferenza, inoltre, a conoscenza della possibilità che il processo di
revisione del Concordato sia concluso
mediante accordi diretti tra ii Governo
italiano e la S. Sede, chiede al Parlamento e a tutte le forze politiche dell'arco costituzionale di esercitare la
necessaria vigilanza affinché questo
processo sia concluso nel pieno rispetto della Costituzione repubblicana.
La Conferenza, infine, chiede che —
fino a quando sia conservata l'attuale
impostazione catechistica dell'insegnamento religioso — esso sia reso opzionale e che vi sia provveduto senza
oneri per lo Stato.
Carta da bollo
La CD, considerato che la recente
circolare del Ministero delle Finanze
che condiziona I'« esenzione » dall'insegnamento religioso nella scuola pubblica alla presentazione di un'istanza in
carta legale (...)
esprime il proprio pieno appoggio
all'azione intrapresa dalla Tavola valdese per far dichiarare la totale iilegittimità della circolare;
Impegna i membri delle nostre chiese a rifiutarsi di dare applicazione a
detta circolare, limitandosi a dare comunicazione alle autorità scolastiche
competenti della loro volontà di non
fruire dell'insegnamento religioso;
sollecita le forze politiche e le organizzazioni democratiche ad esprimere con azioni concrete una netta condanna, e ad impegnarsi perché la
circolare in questione venga senza indugio revocata, e venga riaffermato il
pieno ed incondizionato diritto dei cittadini a non usufruire dell'insegnamento religioso nella scuola.
Lavoro pastorale
La CD, richiamandosi agli odg delle
assemblee del 13°, 14“ e 16“ circuito
che ribadiscono la necessità di migliorare la sistemazione del campo di lavoro pastorale nei Mezzogiorno, valuta
positivamente la proposta della CED,
che trae spunto da alcuni dì essi, che
alcune comunità mettano a disposizione
del circuito, a turno e per un tempo
determinato, il proprio pastore, invita i
consigli di circuito a curare che questa proposta sia realizzata al più presto, dove possibile;
propone al Sinodo di valutare se non
sia possibile tentare esperimenti analoghi anche negli altri distretti, per superare, attraverso una trasformazione
sia pur parziale, del rapporto pastore/campo di lavoro, le difficoltà che nascono dalla attuale carenza di operai
a pieno tempo.
Dagli atti
Cattolicesimo
La CD, di fronte ad un cattolicesimo
che, deludendo fortemente le aspettative di quanti, all'interno e all'esterno
delia chiesa romana, avevano creduto
ohe con il Concilio Vaticano ii si fosse innestato un irreversibile processo
di democratizzazione, e che venisse
accettato un aperto confronto con le
vecchie e nuove posizioni di dissenso,
riafferma la concezione della chiesa
gerarchica, della centralità del papato e
del sacerdozio ministeriale, sulle cui
contestazioni fra l'altro è nata la riforma protestante;
ritiene che la prosecuzione del dibattito ecumenico si manifesta estremamente difficile, in quanto sulla ricerca deH'unità non può che prevalere
la predicazione della verità;
rileva altresì che la netta chiusura
nei confronti di ogni ricerca in materia
di fede pone il movimento delle comunità di base nella necessità di definire in termini nuovi la sua collocazione;
invita le chiese a mantenere e rafforzare i fraterni rapporti già esistenti
con le comunità di base; esprime il
convincimento che da tali rapporti possa derivare alle nostre chiese la positiva esperienza di confrontarsi con
un movimento attento all'esigenza di
predicare l'Evangelo in una società in
rapida espansione, e che, d'altra parte,
il movimento delle comunità di base,
a contatto con le nostre comunità, possa avere diretta conoscenza di una
chiesa che ha elaborato una propria
confessione di fede che, senza avere
valore assoluto, costituisce, tuttavìa,
riferimento irrinunciabile per una chiesa che voglia testimoniare fedelmente
e durevolmente l'Evangelo.
Armamenti
e terrorismo
La CD, posta di fronte alla crescita
degli armamenti nucleari, che sono
una costante minaccia di distruzione
totale del nostro pianeta e nello stesso
tempo contribuiscono a mantenere un
equilìbrio, fondato sul terrore, tra le
massime potenze,
e di fronte al fenomeno del terrorismo, che condiziona ormai da anni il
corso della vita politica del nostro
paese, rallentandone lo sviluppo democratico, bloccando il funzionamento
delle istituzioni e condizionando la coscienza polìtica dei cittadini,
(...)
pone in guardia le chiese e ì singoli
credenti dal lasciarsi strumentalizzare
da tutti coloro, gruppi di potere, partiti, potenze, movimenti ecc., che tendono a distruggere nell'uomo l'amore
per l'uomo e il senso della speranza, e
le invita a non credere che la pace e la
sicurezza siano garantite ed assicurate
dalla qualità e dalla potenza delle armi,
ma ad inrvpegnarsi piuttosto per ogni
iniziativa, possìbile a favore del disarmo e contro la logica della forza, della
violenza, della sopraffazione;
le invita a saper guardare con serena fiducia al futuro, non per un facile
ottimismo, ma perché esso è singolarmente illuminato dalla risurrezione di
Cristo, segno e garanzia della vittoria
di Dìo su ogni potenza di morte, e ad
indicare, soprattutto alle nuove generazioni, la reale possibilità di costruire
una società nella quale i rapporti tra
gli uomini e quelli tra le nazioni siano fondati non sulla sopraffazione, ma
sulla solidarietà, non sulla violenza,
ma suH'amore, non sul terrore, ma
sulla libertà.
Unione predicatori
L’Assemblea dell’Unione Predicatori locali è convocata,
secondo il disposto dell’art. 67/SI/1979, a Torre Pellice per
il giorno 2 agósto, alle ore 10, col seguente ordine del giorno ;
1. Culto.
2. Discussione e approvazione deilo Statuto dell’UPL.
3. Elaborazione delle linee di lavoro.
4. Elezione del Comitato ed, eventualmente, di un rappresentante al Sinodo.
All’assemblea partecipano come membri a pieno diritto
tutti i predicatori locali inclusi negli elenchi tenuti dai circuiti e che riceveranno il materiale preparatorio. Sono, inoltre, invitati tutti i candidati predicatori locali metodisti e
tutti i valdesi che prestano occasionalmente la loro collaborazione nella predicazione.
La Commissione
COMMISSIONE PERMANENTE STUDI
La sessione di esami per gli aspiranti predicatori locali
e per i pastori in servizio straordinario in pròva avrà luogo
sabato 2 agosto alle ore 18 nella biblioteca della Casa valdese
di Torre Pellice.
3
27 giugno 1980
DURANTE LA VISITA IN FRANCIA
UN DOCUMENTO PREPARATO AD ECUMENE
I protestanti sottopongono
due questioni a Papa Wojtyla
Razzismo latino
La recente visita in Francia di
Papa Wojtyla ha suscitato, sulla stampa internazionale, ima serie di commenti, analisi, interpretazioni che, nell’insieme, tendono a sottolineare il sostanziale successo del viaggio, anche se
inferiore al previsto in fatto di
partecipazione popolare. Una volta di più Giovanni Paolo II, attore consurnato, ha saputo sfruttare il suo indubbio talento nell’arte della comunicazione di
massa, riuscendo a impressionare questa volta un popolo cartesiano e laico come quello francese. Anche la stampa protestante francese ha ceduto al fascino
di questo papa, per la sua « presenza », la sua semplicità, la sua
sicurezza. Questo per la forma.
Diverso — per fortuna ! — il giudizio sulla sostanza dei numerosi discorsi che il papa ha pronunciato in questi cinque giorni
densi di incontri di ogni tipo. Il
pensiero teologico-dottrinario di
Papa Wojtyla, già fortemente
criticato da una parte consistente di cattolici, non poteva trovare consenzienti i protestanti
francesi.
A questo proposito, è doveroso segnalare rincontro che il papa ha avuto con i rappresentanti delle Chiese non cattoliche,
il 31 maggio, a Parigi. Eppure,
in quell’occasione, il past. MaxAlain Chevallier, portavoce delle
Chiese protestanti francesi, ha
posto due precise questioni alle
quali il papa non ha risposto.
L’Osservatore Romano del 1° giugno riporta solo il testo dell’intervento del Papa, preceduto dalla nota ; « Dopo aver ascoltato
alcuni indirizzi di omaggio, il Papa... ». E’ un segno della volontà
di non prendere sul serio le due
questioni sollevate dai protestanti francesi? Per questo, riterùamo importante far conoscere le
parti del discorso di Max-Alain
Chevallier in cui sono espresse
le due domande;
affermazioabbastanza
alla lettera
documento romano,
ni che ci sembrano
differenti (allusione
ai vescovi « Dominicae cenae »
di Giovanni Paolo II dal contenuto fortemente conservatore,
N.d.r.). Ma la questione che poniamo è questa: è legittimo rifiutare l’accesso alla tavola del
Signore a coloro che non ne
condividono totalmente le definizioni dottrinali? Certo non bisogna sottovalutare la dottrina,
ma conviene assegnarle il suo
giusto posto. La divisione dei
cristiani, quando si tratta di ricevere umilmente il dono di Cristo, appare incomprensibile ed
insopportabile a fedeli sempre
più numerosi, alle giovani generazioni in particolare. Come possiamo fermare la generosità di
Dio ai limiti delle nostre interpretazioni? La posta in gioco
non è soltanto l’unità dei credenti, è anche la testimonianza
che rendiamo al di fuori: è l’intervento redentore del Signore
che fonda la salvezza degli uomini oppure la comprensione
che noi ne abbiamo?
dei lavoratori immigrati. E’ in
questo modo che cerchiamo di
rendere insieme una testimonianza non equivoca al nostro
Signore. Capisce quindi il nostro
timore: non bisognerebbe che la
Sua visita, con i movimenti di
folle e le manifestazioni pubbliche che la circondano, ingannasse un’opinione francese nella
quale alcuni sognano ancora l’antica potenza della Chiesa mentre altri, protestanti compresi,
ne serbano tristi ricordi. Crediamo che l’Evangelo ci perderebbe,
quest’Evangelo che ci pone sempre prioritariamente dalla parte
dei senza-potere, degli oppressi,
dei poveri. Perciò speriamo che
la Sua intenzione pastorale sarà
per tutti più evidente delle interpretazioni politiche. Ne va,
secondo noi, dell’avvenire della
testimonianza comune dei cristiani nella società francese, testirnonianza comune alla quale sappiamo che Lei è attaccato ».
Si è svolto dal 19 al 23 maggio un incontro organizzato da Ecumene e Piet Bouman che in vista della consultazione mondiale sul
razzismo del 16-21 giugno (Amsterdam) ha preparato il seguente
docmnento che Ramina il problema del razzismo dal punto di vista
che ci è più vicino, quello della emigrazione e immigrazione.
Perdono reciproco
Senza potere
ci
La Cena del Signore
...Lei ha voluto che il vertice
del nostro incontro con i cattolici di Francia fosse la celebrazione di una messa ed è in Francia che avrà luogo, fra qualche
mese, il prossimo (Congresso eucaristico internazionale. Lei capirà che non possiamo considerare questi avvenimenti come se
non ci riguardassero. Certo, voi
avete importanti riserve rispetto
ad alcuni aspetti della nostra
dottrina della Cena e noi abbiamo importanti riserve rispetto
ad alcuni aspetti della vostra
dottrina dell’Eucaristia. Eppure,
i recenti colloqui tra Luterani e
Cattolici sulla « Cena del Signore » hanno permesso notevoli
chiarimenti. E’ vero che non tutti
i protestanti si riconoscono interarnente nel testo emerso da
questi colloqui, è vero che da
parte nostra siamo perplessi
quando scopriamo, in un altro
La seconda domanda che
permettiamo di sottometterLe
riguarda l’impatto che può avere la Sua visita sui nostri impegni nella società. Noi viviamo da
75 anni in uno Stato laico in cui
le Chiese sono senza autorità riconosciuta. Alcuni diranno che
ciò ha riavvicinato i cristiani gli
uni con gli altri, il che, probabilmente, non è sbagliato. Cattolici, Ortodossi e Protestanti di
Francia hanno, da anni, l’abitudine di prendere certe posizioni
comuni nei confronti delle autorità politiche ed economiche o
nei confronti dell’opinione pubblica; si potrebbe fare un buon
elenco di queste iniziative e di
queste dichiarazioni. Non vorremmo però che questa associazione apparisse come una specie
di « sacra unione » mirante a recuperare alle Chiese un certo
potere nel paese. Il nostro común denominatore è unicamente la preoccupazione di servire
il Cristo in mezzo a tutti i nostri concittadini. La nostra forza è di appoggiarci sul solo Vangelo per interpellare, per esempio, il nostro governo sulla sua
politica di vendita delle armi o
sulla sua politica nei confronti
Nella sua risposta, il papa si è
espresso in questi termini : « Prima di tutto, e nella dinamica del
movimento verso l’unità, bisogna purificare la nostra memoria personale e comunitaria dal
ricordo di tutti gli scontri, le ingiustizie, gli odi del passato. Questa purificazione si attua col perdono reciproco, dal fondo del
cuore, condizione della realizzazione di una vera carità fraterna, di una carità che non serba
rancore e che perdona tutto
(cfr. 1 Corinz. 13: 5-7). Dico questo perché so i crudeli avvenimenti che, ilei passato, hanno
segnato, in questo paese, i rapporti tra cattolici e protestanti.
Essere cristiani oggi ci chiede di
dimenticare questo passato per
essere interamente disponibili al
compito al quale il Signore ci
chiama ora (cfr. Filip. 3/13). Siete confrontati a questo compito
e mi rallegro in modo particolare della qualità della collaborazione che esiste tra di voi, specialmente per quanto riguarda
il servizio dell’uomo, servizio
compreso ili tutta la sua dimensione e che richiede, in modo
urgente e fin da ora, una testimonianza di tutti i cristiani sulla cui necessità ho già insistito
nell’enciclica Redemptor hominis ».
Jean-Jacques Peyronel
1 - Il razzismo è l’atteggiamento (l’ideologia) di un gruppo etnico che — per una pretesa superiorità nei riguardi di altri
gruppi etnici o per la paura di
perdere ima posizione di predominio — cerca di mantenere i
suoi privilegi, mediante la discr>
minazione, lo sfruttamento e l’oppressione di altri, avvalendosi di
strumenti legislativi, sociali, economici e culturali.
2 - Non bisogna dimenticare
che daH’inizio deirindustrializzazione il fenomeno del razzismo
si organizza e si manifesta largamente nelle varie fasi e crisi di
sviluppo del capitalismo (colonialismo, tratta dei negri, grandi
emigrazioni dal Sud).
Attualmente ci troviamo di
fronte ad una nuova fase del capitalismo, caratterizzata sia dalla difficoltà di approvvigionamento di materie prime e di energia,
sia dal preteso elevato costo della manodopera organizzata.
3 - NeH’Europa occidentale
questi atteggiamenti razzisti hanno trovato espressioni nei sentimenti popolari.
Gli atteggiamenti razzisti nei
confronti dei lavoratori migranti dal Sud verso il Nord e più
recentemente provenienti dal
Terzo mondo, trovano le loro
origini nell’incapacità e nella
non volontà dei paesi di immigrazione di prendere, nei confronti dei lavoratori migranti,
quelle misure economiche, sociali e culturali necessarie tali da
assicurarne Tinserimento, l’accettazione, il rispetto dell’altro e
il diritto alla loro identità.
I paesi europei hanno considerato gli immigrati quale forza
di lavoro da, sfruttare in funzione di bisogni economici e da ri
fiutare allorquando non se ne ha
più bisogno.
Con l’inizio della crisi economica degli anni settanta, si è
sviluppata una nuova forma di
razzismo alimentata soprattutto
da forze politiche reazionarie. I
governi se ne sono serviti ed hanno addotto pretesti di natura
economica, politica, culturale ed
altre ancora, per far rientrare i
lavoratori migranti nei loro rispettivi paesi d’origine, sostituendoli talvolta con altri migranti
del Terzo mondo, con dei clandestini e ricorrendo anche al lavoro nero.
4 - I partecipanti al colloquio
lamentano che le chiese europee,
di fronte all’arrivo consistente
di lavoratori migranti, non abbiano saputo affrontare efficacemente il complesso problema, abbiano avviato con ritardo l’analisi
delle conseguenze sociali e morali e'che si siano lasciati superare dagli avvenimenti.
I partecipanti constatano, inoltre, che lo stesso fenomeno si
sta riproducendo nei paesi latini, con l’arrivo di masse emigrate dal Terzo mondo. Fanno pertanto appello alle chiese affinché ricerchino e realizzino delle
concrete forme di impegno, tenendo presente l’urgenza del problema.
I partecipanti richiamano l’attenzione delle chiese sulla necessità di:
— tener conto delle analisi politiche e sociali del fenomeno
migratorio fatte dal Consiglio
ecumenico delle chiese, dal
Comitato delle chiese per i lavoratori migranti in Europa
(Cetmi) e di altri organismi;
— avviare un’analisi dei meccanismi generatori di razzismo
al fine di combatterli;
— impegnarsi ad operare in vista di un cambiamento di
mentalità^ nei confronti degli
immigrati e di contribuire al
riconoscimento dei loro valori culturali;
intervenire presso le forze politiche, sociali e culturali per
Tabolizione delle norme disorirninatori© e restrittive esistenti o di quelle in corso di
elaborazione; promuovere azioni per il riconoscimento
dei diritti e il rispetto dell’identità dei migranti;
— agire in o^ caso con i rappresentanti dei diversi gruppi
etnici dei lavoratori migranti;
— aiutare, ovunque sia possibile, le organizzazioni degli immigrati a meglio strutturarsi,
mettendo a loro disposizione
libali, materiale di informazione e di documentazione;
— aiutare i rnigranti ad ottenere
una migliore informazione
giuridica ed una difesa legale.
Il bollo
secondo
_____________CONVEGNO A ECUMENE 13-15 GIUGNO ''l'AWOnlre”
L’Evangelo in radio e¿TV
CAMPO FGEI 1980
Droga:
scelta di vita
scelta di morte
Ecumene (Velletri) 10-18 agosto
Direttori del campo: Ermanno
Genre e Francesca Spano.
Iscrizioni: entro il 27 luglio
(possibilmente) presso: Ermanno Genre - 10060 Rorà (Torino);
tei. 0121/93108.
Costo del campo: L. 44.000 -I2.500 di iscrizione.
Richieste di borse viaggio vanno rivolte all’indirizzo di cui sopra per iscritto.
Il programma comprenderà
interventi di carattere medico,
sociale, politico, etico (tra gli
oratori Luciano Griso, Rosanna
Nitti, Saverio Merlo) ampio spazio per il lavoro dei gruppi, 4
studi biblici sul tema del senso
della vita.
Richiedere a E. Genre il programma dettagliato e istruzioni
per l’arrivo.
Organizzato dal servizio «stampa-radio-televisione » della Federazione delle chiese evangeliche
in Italia e da alcuni esponenti di
altre chiese evangeliche non aderenti, ha avuto luogo presso il
centro metodista di « Ecumene »
(Velletri), nei giorni fra il 13 e
il 15 giugno U.S., un convegno sul
tema « Evangelizzazione attraverso la radio e la televisione ».
Scopo deH’incontro, a cui hanno
partecipato un’ottantina di fratelli e sorelle delle comunità
evangeliche italiane, era quello
di « realizzare un primo scambio
di esperienze di evangelizzazione
fatte da varie comunità evangeliche in Italia attraverso radio e
televisione pubbliche, private e
condotte in proprio ».
I lavori hanno avuto inizio venerdì 13, in ritardo suU’orario
prefissato a causa del ritardato
arrivo di alcuni partecipanti, con
un culto presieduto dal professore Domenico Maselli, sul testo
di 1 Cor. 1: 21-25 e 2: 1-5. I punti
salienti della predicazione sono
stati; a) la centralità di Cristo
come unico contenuto di ogni nostra evangelizzazione; b) la necessità di un continuo collegamento con la comunità; c) la
scelta di un linguaggio che sia
comprensibile da tutti e che non
sia solo teorico ma agganciato
a fatti concreti. Molti degli interventi successivi hanno preso lo
spunto proprio da queste affermazioni.
A dirigere i lavori sono stati
chiamati il pastore Affuso, Fulvio Rocco (presidente) e Paolo
Spanu. Si è iniziata un’ampia
carrellata delle diverse esperienze fatte nelle varie zone e dalle
singole chiese. Questa panoramica, durata per tutta la sera
del venerdì e la mattina di sabato, ha fatto emergere tutta una
serie di problematiche, che Fulvio Rocco ha bene riassunto nei
seguenti punti: 1) Problemi generali (coralità del messaggio, contesto in cui si predica, rapporto
con la cultura cattolica, rapporto con l’emittente che ci ospita,
rapporto con le comunità); 2)
Strutturazione delle trasmissioni
(diretta o registrata, indice di
ascolto, orari, scambio di programmi e materiali, rapporto col
pubblico degli ascoltatori, tipi di
programmi); 3) Problemi di ordine giuridico (rapporto con la
3* rete TV, diritti d’autore, regolamentazione delle TV e radio
private, gratuità o meno degli
spazi concessi); 4) Problemi finanziari (fonti di finanziamento,
pubblicità); 5) Problemi tecnici
professionali (potenza degli impianti, loro sviluppo e utilizzazione, preparazione professionale); 6) Possibili iniziative comuni (fonti di notizie, incontri, consulenza di esperti); 7) Risultati
(verifica della incidenza delle trasmissioni e dell’interesse o meno
suscitato fra gli ascoltatori).
Sulla traccia di questi spunti
si è articolata la discussione generale durata per tutto il sabato
pomeriggio e conclusasi domenica mattina con una mozione finale, approvata da tutta l’assemblea. Questa discussione ha trovato un suo completamento nell’ascolto di alcuni stralci significativi di trasmissioni; ciò è avvenuto nella serata di sabato, in
cui è stato presentato anche un
brano di una delle trasmissioni
di « Protestantesimo ».
La mozione finale, il cui testo
verrà integralmente pubblicato
sul prossimo numero, esprime
sostanzialmente i seguenti punti:
1) L’affermazione che lo scopo
delle nostre trasmissioni è annunciare Gesù Cristo alla nostra
gente; 2) Il riconoscimento che
abbiamo bisogno gli uni degli
altri; 3) L’impegno a una collaborazione più stretta e fattiva;
4) Il desiderio di avere altri momenti di confronto come questo.
Se possiamo esprimere un giudizio generale sul convegno, al
di là di quello che è stato l’argornento specifico in discussione,
riteniamo che sia stato estremamente positivo ed utile rincontro
e il confronto con fratelli evangelici di diversa provenienza e
denominazione, da cui non può
non derivare per tutti un arricchimento nella fede e nella speranza in vista della nostra testimonianza.
I lavori si sono conclusi con
un culto con S. Cena.
Marco Ayassot
Attilio Fomerone
Alcuni giornali (Il Messaggero, La Stampa, L'Avvenire) hanno pubblicato sabato 21 la notizia di una «apposita norma»
predisposta dal ministro delle
Finanze Reviglio, per garantire
la carta Ubera per la dichiarazione di dispensa dall’insegnamento della religione cattolica. Si
tratta, a quanto e dato di capire, del presupposto per risolvere
la questione, ma non ancora della sua soluzione che si attende
per l’inizio del prossimo anno
scolastico.
Naturalmente c’è chi, non solo
non attende, ma avversa questa
soluzione. Ecco come L,*Avvenire
(quotidiano cattolico) riporta la
notizia in un trafiletto dal titolo
« Non c’è più religione ».
Il nostro paese è ormai talmente burocratizzato che per un nonnulla è necessario fare domanda su regolare carta da boUo. Meno che un nonnulla, a
quanto sembra, considera il Ministro
delle Finanze Reviglio l’insegnamento
della religione cattolica. Il ministro ha
infatti predisposto una apposita norma
affinché le domande di esonero da tale
insegnamento non siano più presentate
in carta bollata, ma in carta libera.
Non è chiaro se l’iniziativa, presa —
ci pare — senza consultare altri colleghi, nasca dal desiderio di incentivare
gli esoneri (cose non di « competenza »
di Reviglio), o da quello di diminuire
le entrate (decisione ovviamente autolesionista per un ministro delle finanze). In ogni caso, non c’è davvero più
religione. V. S.
Ora è chiaro per lo meno da
dove veniva la manovra per imporre la « tassa sulla coscienza »
e scoraggiare di conseguenza gli
esoneri.
4
27 giugno 1980
LA VOCAZIONE AL PASTORATO
Ma sono adatto?
di Paolo Ricca
UNIVERSITÀ’ DI PAVIA: COMMEMORATO MARIO A. ROLLIER
“Non posso altrimenti”
Se qualche giovane (maschio o
fettina non importa, perché in
Cristo « non c’è né maschio né
femmina » come dice l’apostolo
Paolo), dopo aver letto l’articolo
precedente « Chi verrà quest’autunno in Facoltà? », o anche senza averlo letto, sta prendendo in
considera2àone l’ipotesi di studiare teologia e dedicarsi al ministero pastorale, sarà probabilmente combattuto in se stesso e pur
desiderando intraprendere questa via si starà chiedendo se è
proprio questa la sua via. Ecco
allora un dialogo immaginario
ma vero che potrebbe aver luogo
uno di questi giorni tra im giovane o una giovane e un pastore.
Giovane - Ho una mezza idea
di andare in Facoltà ma mi chiedo se sono adatto, o adatta, a
fare il pastore. Studiare teologia
va bene, ma fare il pastore è ancora un’altra cosa.
Pastore - Anch’io mi chiedevo
se ero adatto, è difficile saperlo
prima. Le persone che nella Bibbia Dio chiama a un servizio particolare non si considerano adatte e fanno molte obiezioni. Dio
le chiama lo stesso e le rende
adatte lui. Perciò la vera domanda non è se siamo adatti ma se
siamo adattabili. È normale non
essere già adatti. È però necessario essere adattabili. Non conta tanto quello che siamo ma
quello che saremo, quello che
Dio ci farà diventare.
Giovane - Per fare il pastore
o un servizio afBne, bisogna essere un uomo di fede. Mi interrogo sulla mia fede chiedendomi se ne ho abbastanza...
Pastore - Racconta D. Bonhoeffer, il pastore e martire della
resistenza tedesca a Hitler, che
un giorno ebbe una conversazione con iin giovane pastore francese. « Ci eravamo molto semplicemente posti la questione:
che cosa vogliamo fare della nostra vita? Lui disse: Vorrei diventare santo (e ritengo possibile che lo sia diventato). La cosa
mi fece allora una grande impressione. Tuttavia replicai, dicendo pressappoco: Io vorrei imparare a credere. Per molto tempo non ho afferrato la profondità di questa replica.... Più tardi
ho capito... ». Può sembrare strano, in bocca a un pastore, questo discorso suH’imparare a credere. Eppure credo che ogni
cristiano (non solo ogni pastore) faccia nella sua vita proprio
questa esperienza: non si finisce
mai di imparare a credere. Perciò non mi chiederei se ho abbastanza fede, come se la fede
fosse una quantità. Gesù ha paragonato la fede a un piccolo
seme («se aveste fede quanto
un granel di senape... »). Mi chiederei piuttosto se desidero imparare a credere, cioè se concepisco la fede come un cammino,
un movimento. Mi chiederei se
la mia fede è viva e non fossilizzata — piccola o grande che sia.
Meglio ima fede « piccola » ma
in movimento, che una fede
« grande » ma immobile.
Giovane - Mi interrogo anche
sulla chiesa — questa vecchia
istituzione non molto attraente...
Fare il pastore significa anche
diventare, per così dire, funzionari deH’istituzione ecclesiastica.
Non è molto allettante.
Pastore - Sì, la chiesa è anche un’istituzione e non può non
esserlo. Tutti gli organismi collettivi, per esistere e resistere
nel tempo, e anche per incidere
durevolmente nella realtà, si istituzionalizzano. Qualunque cosa
si faccia nella vita, la si fa in
un ambito istituzionale. Non si
sfugge alle istituzioni. Piuttosto
bisogna vedere come sono e soprattutto se sono dei luoghi di
libertà oppure delle « camicie di
forza», per così dire, che impediscono il movimento, le iniziative, la creatività. La nostra istituzione ecclesiastica valdese-metodista, anche per le sue modeste proporzioni ma soprattutto
per il suo carattere non autoritario, non mi sembra una « camicia di forza ». Ogni chiesa e,
al suo interno, ogni ministero,
a cominciare da quello pastorale,
dispongono di un massimo (e
non di un minimo) di libertà.
Non è la nostra istituzione che
mette i bastoni tra le ruote della nostra libertà, siamo noi che
utilizziamo poco la libertà che
abbiamo. Una volta il problema
dei valdesi era quello della libertà che non avevano; oggi mi
sembra quello della libertà che
non utilizziamo abbastanza.
Dici che siamo dei funzionari
dell’istituzione ecclesiastica. In
un certo senso è vero. Ma la cosa più vera è un’altra: l’istituzione è solo la cornice, il quadro
sono gli uomini e le donne, nella
chiesa e fuori, ai quali cerchi di
rendere il servizio dell’Evangelo.
Lavoriamo in una istituzione ma
non lavoriamo per essa, bensì
per gli uomini. Il rapporto con
gli uomini, non con l’istituzione,
è la sostanza del ministero pastorale.
Giovane - La Facoltà è a Roma. Dovrei andare là, ci saranno dei costi, non so se li posso
sostenere.
Pastore - Gli studenti in teologia a Roma vivono nel Convitto della Facoltà. C’è il costo della retta mensile, da metà ottobre
alla fine di giugno circa. Ci sono
poi le tasse di studio, per la verità molto contenute. La Facoltà
e la Chiesa vengono incontro a
tutti quelli che ne hanno bisogno. Ci sono borse di studio
parziali e totali. La questione
finanziaria non sarà un ostacolo
per nessuno. Non lo è stato fino
ad oggi e non lo sarà in futuro
— almeno per i prossimi anni.
Paolo Ricca
« Valdese, fu educato dal padre in' quella fede protestante
(secondo il filone che va da Calvino a Barth) che è stata il pane spirituale dei Rollier, padre'
e figli ». « La passione per la libertà e la giustizia gli veniva
dalla sua fede religiosa ». « Più
tardi al Consiglio comunale di
Milano difese sempre le minoranze: era la sua vocazione di
valdese ». Sono alcuni dei riferimenti alla fede protestante che
hanno intessuto la rievocazione
di Mario Rollier fatta dal sen.
Leo Valiani lunedì 9 giugno nel
corso della commemorazione
promossa daH’Università di Pavia dove Rollier fu professore
di chimica generale e inorganica
per vent’anni. Ed un ultimo riferimento al protestantesimo, un
protestantesimo mediato ad un
vasto mondo culturale e politico, ha concluso in modo commosso e pieno di partecipazione
la rievocazione di Leo Valiani:
« Tutte le religioni hanno i loro
pregi e i loro difetti, ma qualunque sia la nostra religione —
o non religione come è il mio
caso — tutti dobbiamo ricordare il motto dell’iniziatore della
Riforma protestante, Martin Lutero: ’Hier stehe ich’, qui sto, e
non posso altrimenti, (juesta fu
la divisa di Mario Alberto Rollier ».
La linea politica
Ma non solo per questi riferimenti è stata ricca e intensa la
rievocazione del sen. Valiani. In
essa, tra una fitta trama di nomi, di episodi'e riferimenti che
esprimevano un’intera generazione di impegno politico nel ramo
G,L. della Resistenza, è emersa
con più chiarezza che in altri ricordi di questi mesi la linea politica di Mario Rollier in riferimento a quegli Stati Uniti che
aveva conosciuto durante un anno di studio nel ’35-’36 e a cui
fece costante riferimento come
ad un modello in. diversi campi:
per l’assenza di divorzio tra
scienza e religiosità, per l’impostazione di una politica economica infiuenzata dal New Deal roosveltiano, per la separazione scrupolosa e netta tra chiesa e stato.
Tutto questo riassunto, se così
si può dire, nell’ideale federalista
e nella elaborazione dei lineamenti politici del federalismo
europeo. Il « socialismo liberale » da fondare non in un solo
paese ma negli Stati Uniti d’Europa è stato quindi un sogno centrale nella vita e nell’impegno di
Mario Rollier che lo ha accompagnato nella sua attività antifascista prima, durante e dopo la Resistenza.
Soprattutto del pensiero del
Rollier federalista ha parlato il
prof. Mario Albertini commentando il libro « Stati Uniti d’Europa » che Mario Rollier pubblicò nel ’44 con una ristampa nel
’50. Un libro, ha affermato, che
ancor oggi meriterebbe di essere ristampato per il senso del
traguardo, il senso dei criteri
dell’unificazione e per le anticipazioni che contiene.
La commemorazione, che era
stata aperta dal Rettore prof.
Alberto Gigli Berzolari con alcuni ricordi personali, è stata conclusa dal prof. Sandro Meloni
che è stato per diversi tinni assistente di Mario Rollier. Accanto
ai dati tecnici del lavoro del Rollier scienziato (che ha promosso
e installato a Cagliari il primo
reattore nucleare sul suolo italiano) egli ha ricordato la sua attività di docente basata sulla convinzione che compito del docente è di preparare i cittadini per
l’età della scienza, non perché
tutti diventino scienziati, ma perché tutti abbiano gli strumenti
fondamentali per comprendere il
tempo in cui vivono. E illustrando la « filosofia della scienza » di
Mario Rollier, ha concluso con
una citazione tratta dal contesto
che forse più di ogni altro caratterizza la figura complessiva
di questo convinto protestante,
uomo di scienza e di cultura: le
giornate teologiche del 1959 su
« La teologia in presenza della
visione scientifica del mondo ».
Franco Giampiccoli
a colloquio con i lettori ]
CHI AGGREGA?
In risposta all’articolo di Giorgio Bouchard « Costruire una minoranza significativa », pubblicato su ,« La Luce » del
mese di febbraio, come gruppo giovanile della FGEI di Reggio Calabria, anche se con un certo ritardo, abbiamo
pensato di inviare la presente lettera
cercando di chiarificare alcuni concetti
espressi, di non reciproca condivisione.
L’airticòlo di Bouchard offre alcuni
spunti significativi di, riflessione, cedendo ed auspicando l'unificazione di
tutte le chiese, come primo passo veramente cristiano per tutti i credenti.
Costruire una minoranza significativa
cristianamente, secondo Bouchard, è un
fatto realizzabile in tre tempi: rilancio
dell'Evangelo, costruzione di un fronte protestante, riforma delle chiese e
della nostra vita. Il punto di partenza
è « Voi siete il sale della terra » (Matteo 5: 13-16). Da questo si parte pe:
una riflessione che conduce ad alcu
ne interessanti conclusioni e proposte
Bisogna, prima di tutto, vedere co
sa si intende per « rilancio dell’Evan
gelo » (e qui viene automaticamente
toccato il delicatissimo tasto dell'Evangelizzazione). Per Evangelizzazione intendiamo apertura, uscita al di fuori
delle comunità, azione nella Società in
cui viviamo in base al messaggio di
Cristo che è » lievito per la pasta » e
« luce del mondo », al fine di risultare
« sale della terra ». Quali passi intendiamo fare per la ■■ costruzione di un
fronte protestante » e per una « riforma delle chiese e della nostra vita? ».
II fronte protestante vogliamo forse
crearlo per porlo dinnanzi a quello
cattolico a mo' di sfida, sperando che
qualche pecorella buona lasci quell'ovile per trovare nuovo rifugio nel nostro più organizzato, più cristianamente basato? O come riforma delle chiese e della nostra vita intendiamo meglio una riscoperta dell'Evangelo in
modo da poterlo applicare in un contesto sociale che richiede l'impegno di
noi tutti cristiani?
Bouchard sostiene che quattro sono
i cardini sui quali poggia un possibile
fronte protestante: confessione di fede,
concetto di unione di chiese locali, assemblea sinodale, presenza nella nostra società.
Non sono queste delle affermazioni
un po' troppo categoriche e presuntuose? La confessione di fede, che do
vrebbe essere necessariamente calvinista, e comunque passare attraverso
il podio di Bobbio, come punto di unione, non adempie certamente i bisogni
delle comunità poiché pone una discriminante non facilmente superabile, in
quanto si addita la chiesa Valdese come esempio da seguire e come punto
di incontro di tutte le chiese protestanti, senza considerare le peculiarità diverse di ognuna di esse. La storia Valdese ha anch'essa un'importanza determinante nell'ambito dei movimenti riformati, forse più degli altri, ma così facendo non si corre il rischio di far
apparire l'unione delle chiese alio scopo di conseguire solo l'obiettivo di
unificazione“ sotto quella Valdese? Piuttosto dovremmo cominciare a lasciar
perdere le varie denominazioni, come
sbarramenti a carattere protettivo. Ciò
che ci deve unire a Cristo non è Bobbio 0 il suo Sinodo Valdese, ma ciò
che c'è di vero e di testimoniante
nelI'Evangelo, al fine di portare avanti
un lavoro di concretizzazione del suo
messaggio.
In definitiva conveniamo che il nostro aggregante è, e rimane. Cristo, il
quale ci porta al superamento di tutte
le barriere per una lotta comune da
portare avanti come cristiani impegnati.
Per il gruppo giovanile EGEI
di Reggio Calabria:
Sandra Spuri
Francesco Cardone
_________Testi teologici
Il patto nell’A.T.
J. Alberto Soggin, Il "patto"
nell'Antico Testamento. Dispensa
del corso monografico di teologia deU’Antico 'Testamento tenuto alla Facoltà Valdese di Teologia nel II semestre 1979-80.
Estratti del corso sono stati presentati al corso di aggiornamento per pastori nell’aprile 1980.
L. 2.500 (spese postali in più).
Le dispense della Facoltà teologica valdese possono esser richieste alle librerie evangeliche
o alla segreteria della Facoltà,
via P. Cossa 42, 00193 Roma,
c.c.p. 24717001 intestato a Facoltà Valdese di Teologia-segrete
Nel leggere le osservazioni di T. Cassano (EcoLuce del 2 maggio) ad un mio precedente scritto,
ho avvertito un profondo senso di disagio e perfino di frustrazione per la mia manifesta incapacità a farmi capire dai lettori (o parte di essi) e
quanto sia difficile « comunicare » col prossimo,
visto che non si riesce nelFintento, neppure tra
noi che ci diciamo « fratelli » in fede.
Cercherò dunque in questa — che vuol essere
soprattutto una replica esplicativa — di essere
estremamente chiaro anclie se non esauriente
come sarebbe desiderabile perché, per esaurire
un tema come quello che abbiamo affrontato non
basterebbero neppure due interi numeri del giornale.
.Accetto, per me. e con vivo senso di umiliazione per la mia indegnità, la qualifica di « seguace solo a parole » del Cristo, usata a mo’ di
tìtolo del suo articolo da Cassano, ma la mia
fede e la mia speranza nel Salvatore non vengono meno, per questo, poiché so che Gesù Cristo non è venuto per salvare i giusti ma i peccatori come me.
Poiché, però, il mio contestatore sembra coinvolgere nel suo giudizio l’intero mondo cristiano
(o pseudo-cristiano) per contrapporgli in forma
decisamente manichea il « mondo comunista » o
comunistizzato, il quale sarebbe nella realtà, più
autenticamente ubbidiente alTevangelo di Cristo — anche se ateo di nome — dichiaro di respingere come assolutamente inaccettabile tale
contrapposizione, perché falsa e antistorica.
Sia chiaro, però, che il mio giudizio critico sul
TRIBUNA LIBERA
Mondo comunista e
comunismo non si riferisce affatto alla sua ideologia (o filosofia » ohe dir si voglia) ■— tranne
che per quanto concerne il dogma dell’ateismo —
né ai suoi fini... escatologici, la sua « teleologia »
come la chiamava Siniawskij, ossia: la giustizia
sociale, l’eguaglianza fra uomini e razze, la liberazione dell’uomo da ogni forma di sfruttamento, la pace fra le nazioni, il progresso civile ed
umano etc. etc.
Tutti questi valori ideali costituiscono, tra
l’altro, anche il substrato del messaggio evangelico. Le teorie marxiste sono dunque belle, nobili e condivisibili, ma ciò che conta, ahimè,
sono i fatti, cioè le loro realizzazioni nella « prassi », nella storia. E questa dice, in maniera categorica e incontrovertibile, che finora non s’è
visto un solo regime comunista che rispetti ^—
per quanto è umanamente lecito attendersi —
uno solo di questi conclamatissimi ideali sempre posti a base e giustificazione delle rivoluzioni
o delle conquiste ”manu militari” di tali regimi.
E’ dimostrato invece con evidenza indiscutibile
(fuorché -per i ciechi e sordi, per ignoranza o
fanatismo) che essi agiscono sovente in modo dia
metralmente opposto ai propri postulati ideologici.
Altro punto decisamente inaccettabile della
lettera di Cassano è questo: chi critica o condanna i regimi comunisti non lo fa per amore di
verità ma perché vorrebbe « instaurare un regime nazifascista »! In altre parole chi è anticomunista è necessariamente un nostalgico fascista.
Aut aut. Tertium non datur! Ritengo semplicemente mostruosa una affermazione del genere...
e non meritevole di confutazione.
Se agli scampati dai lager di sterminio nazisti
qualcuno avesse chiesto un parere sulla veridicità
di quelle realtà, la risposta più che ovvia sarebbe stata che chi è passato attraverso tali esperienze non ha « opinioni » non esprime « pareri », ma certezze. Non si dice di credere, ma di
sapere. Il mondo intero ha preso atto con orrore
delle prove inoppugnabili del genocidio hitleriano. Perciò non crede, ma sa. Cosi pure il mondo
intero deve prendere atto delle inconfutabili prove finora raccolte sui vari genocidi perpetrati dai
comunisti (in URSS nel solo periodo staliniano
decine e decine di milioni di vittime) nel Vietnam, in Cambogia, in Etiopia e altrove, senza
contare i massacri sovietici in Ungheria, l’invasione e occupazione della Ceeoslovacehia, la « rivoluzione culturale » cinese etc. Ed ora siamo al
l’invasione militare dell’Afghanistan.
Non c’è differenza sostanziale fra dittature di
destra o di sinistra. Le tirannie devono essere féspinte dalla coscienza universale.
Diseorso analogo — mutatis mutandis — si
può fare anche a livello nazionale. Non c’è differenza, se non numerica e quantitativa, fra il terrorismo « nero » — erede più o meno spurio del
fascismo — (che sembra ormai debellato completamente) e quello rosso di cui invano il PCI e le
formazioni politiche ad esso contigue tentano un
tardivo disconoscimento di paternità. Troppo a
lungo le uova da cui sono nati i cobra delle
brigate rosse e formazioni terroristiche dello stesso stampo sono state amorosamente covate — in
nome dei loro comuni ideali — dal partito comunista e gruppi affini. D’altronte come ho letto recentemente su l’Espresso in un allucinante racconto autobiografico di un giovane brigatista, i
« compagni » del partito armato dicono e credono di essere loro i veri comunisti, i più autentici seguaci delle teorie marx-leniniste e...
non è detto che abbiano tutti i torti. E’ ben vero
che i coccodrilli nostrani — con e senza pipa —
che indicono oceaniche adunate di lavoratori
(previ adeguati scioperi per meglio rafforzare
Teconomia nazionale) inondano di lacrime i
palchi donde tuonano il loro sdegno contro i
« terroristi assassini » che vogliono minare le
basi della nostra società democratica e antifascista » etc. etc. etc. Ma chi presta loro fede?!
A. Long
5
27 giugno 1980
ECHI DALLA CONFERENZA DEL CEC SU MISSIONE ED EVANGELIZZAZIONE NEL MONDO
I limiti inevitabili
di un compromesso
« Molti qui considerano la ricchezza come una benedizione, altri come un merito, ma non vedono 0 non vogliono vedere che
è semplicemente il frutto della
povertà». Parole colte al volo,
dalla bocca di un giovane pastore pentecostale all’Assemblea del
Consiglio Ecumenico sul tema
« Venga il tuo Regno ».
Dal 12 al 24 maggio a Melbourne, Australia, la Commissione
Missione ed Evangelizzazione del
CEC ha tenuto la sua massima
assemblea, destinata a fornire le
linee per l’evangelizzazione negli
anni ottanta.
Bisogna dire che le parolé
chiare precise e vere come quelle del pastore pentecostale citate all’inizio sono state poche. Si
è parlato molto di « regno » e di
« poveri » ma si è spesso rimasti
nel vago. O forse, come diceva
una delegata portoghese, molti
non hanno il coraggio di dire
ciò che realmente pensano. Nessuno osa dire « convertiamo le
anime e i poveri rimangano pure poveri e i ricchi, ricchi », come invece lasciano intendere i
loro atteggiamenti. E d’altra parte nessuno dice che senza una
buona analisi economico-politica
le parole « ricchi » e « poveri »
possono significare tutto e nulla.
Ma una analisi del genere spaccherebbe la Conferenza, che ha
invece precisamente tentato di
dimostrare come nel Consiglio
Ecumenico tanto i progressisti
quanto gli « evangelicals », i risvegliati conservatori, possono
trovare un loro spazio.
Asia e Africa
In quest’atmosferà sono inevitabili i compromessi. In una seduta di Commissione è venuta
fuori la questione dei diritti
umani: subito qualcuno propone
una denuncia dell’Unione Sovietica per l’invasione dell’Afghanistan; ma perché non denunciare
gli Stati Uniti per i loro interventi nei Caraibi o la Francia
per i suoi interventi in Africa?
E allora, come in ogni predica
classica, si indica il peccato ma
non il peccatore: si criticano gli
interventi, ma non quelli che li
compiono e ciascuno poi applica
Incontro fra
delle chiese
la dichiarazione come meglio crede. Ma sarebbe possibile fare altro? Basta pensarci un momento per accorgersi quanto sarebbe
diiHcile.
Per rimanere ancora un istante nel campo delle impressioni
critiche, si può osservare che la
Conferenza, pur essendosi tenuta
in Australia, era troppo europea.
L’Africa era poco rappresentata,
l’Asia e il Pacifico lo erano di
più ma sono rimasti molto silenziosi. Vivace la delegazione latino-americana ma — mi è sembrato — più impegnata ad affermare le sue posizioni, che a mediarle a un’Assemblea così diversificata. Che cosa sarebbe — mi
domando — una Conferenza in
cui Africa e Asia dominassero
veramente e facessero vedere
agli altri continenti « bianchi »
che cosa l’Evangelo è per loro?
Ma le attuali dirigenze ecclesiastiche sono veramente rappresentative del sentire e della fede della base o sono ancora troppo occidentalizzate?
Evangelizzazione
e poveri
La Conferenza, d’altra parte,
ha avuto molti momenti positivi: la denuncia degli aborigeni
australiani che il razzismo più
bieco non vige solo in Africa del
che il fatto che accanto alle solite « facce ecumeniche » vi fossero parecchie facce nuove, sono
tutti elementi positivi.
I documenti delle quattro sezioni in cui si è suddivisa la Conferenza risentono dell’atmosfera
di compromesso di cui parlavamo all’inizio e soffrono di molta prolissità e di qualche contraddizione. La Conferenza ha
ricevuto una quantità impressionante di apporti (interventi, relazioni, informazioni, ecc.) e non
ha avuto abbastanza tempo per
elaborare a fondo tutto ciò e
dare ai suoi documenti una stesura stringata e rigorosa; ma
molti contenuti sono buoni e
possono servire come punto di
partenza per successive rifiessioni.
Porse il fatto più positivo è
che oramai, senza contraddizione, la realtà dei poveri è definitivamente associata all’evangelizzazione. Questo è un buon
punto di partenza per analizzare
più attentamente come e perché
ci sono dei poveri, e per chiedersi più in profondità che cosa
significa quella solidarietà con
chi soffre povertà e ingiustizia,
di cui parla il Messaggio finale
della Conferenza.
/f
f
Aborigeni e donne
Tra le cose buone di questa
esperienza a Melbourne va anche
contata la grande generosità' e
ospitalità delle famiglie australiane: tanto quelle « vecchie »,
stabilite qui da due o tre generazioni, quanto quelle dei cosiddetti « nuovi australiani » immi
Due dei responsabili della Conferenza: i pastori Philip Potter (Segretario generale del CEC) e Emilio Castro (Segretario della Commissione Missione e Evangelizzazione).
Un incontro inserito
neila realtà locale
Arrivare a un aeroporto all’altra estremità del mondo dopo
due giorni di un viaggio piuttosto faticoso e trovare una famiglia che tiene in mano un cartello con il vostro nome e che,
appena finite le presentazioni vi
Sud, ma anche qui in Australia;
l’appassionato sermone di Philip
Potter (un Potter uscito poche
ore prima da un improvviso ricovero in ospedale e ancora affaticato nel fisico ma vivissimo
nello spirito) rivolto ai cristiani
dell’Australia nel Festival Hall
di Melbourne pieno all’inverosimile di migliaia di persone; an
Í delegati
riformate
Ogni grossa Conferenza ecumenica (qui siamo almeno 400
persone) oflre l’occasione per
una serie di incontri settoriali.
Abbiamo organizzato una serata
di incontro per Riformati e Presbiteriani. Si è presentato un
buon gruppo, dal Brasile, Cuba,
Stati Uniti, Uruguay, Svezia, Portogallo ed altri paesi europei,
Ghana, Libano, Thailandia, Indonesia e Nuova Zelanda. Altri si
sono scusati perché impegnati in
altre attività della Conferenza e
li abbiamo poi incontrati individualmente.
Tema della serata: la necessità di comunicazioni tra le chiese
riformate e il significato di una
presenza riformata nel momento ecumenico attuale.
La necessità di maggiori comunicazioni, cioè di maggiore conoscenza reciproca tra le chiese riformate è urgente. Quando un
presbiteriano cubano ha parlato
della nuova confessione di fede
della chiesa del suo paese, molti
sono caduti dalle nuvole, non ne
avevano mai sentito parlare. E
chi tra noi ha letto la confessione di fede che la Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti ha pubblicato nel 1967? Eppure sono
documenti che riguardano da vicino l’espressione della nostra
fede riformata nel mondo d’oggi.
Ma anche su un piano più semplice e spicciolo, molte chiese riformate ignorano quasi del tutto
resistenza e i modi di vita e i
problemi di chiese sorelle. Eppure quasi tutte le chiese riformate sono chiese di minoranza,
spesso emarginate o in crisi di
identità. Avrebbero tutto da guadagnare a comunicare di più le
une con le altre: acquisterebbe
ro la coscienza di appartenere a
una grande famiglia mondiale e
ne ricaverebbero appoggio e senso di sicurezza. Le pubblicazioni
delTAlleanza Riformata Mondiale hanno precisamente lo scopo
di favorire tale conoscenza reciproca. La riunione intendeva appunto illustrare questo problema
e incoraggiare le varie chiese a
inviare più frequenti informazioni di sé all’Alleanza Riformata.
L’altro tema della serata è stato il significato che può avere
una alleanza confessionale come
la nostra in un’epoca ecumenica.
Due, si è detto, sono le motivazioni ecumeniche delTAlleanza
Riforinata: in primo luogo le
145 chiese che la compongono sono quasi tutte — come abbiamo
detto — piccole, minoritarie e
spesso emarginate. Occorre aiutarle a vivere tale situazione non
come un triste destino, ma come una vocazione positiva che
permette loro meglio di occuparsi e di predicare agli altri emarginati.
In secondo luogo sembra importante oggi affermare un’ecclesiologia fondata rigorosamente
sul sacerdozio universale dei credenti, di fronte e contro una ecclesiologia gerarchica di tipo
cattolico, o ad altre ecclesiologie
più o meno confuse. Queste considerazioni, menzionate rapidamente in un incontro serale, andrebbero evidentemente elaborate più ampiamente alTintemo
delle chiese riformate stesse.
L’incontro dei Riformati ha
permesso, pur nella sua brevità,
un contatto utile e fruttuoso tra
credenti altrimenti separati da
grandissime distanze.
a. c.
grati negli ultimi venti o trenta
anni. Ho chiacchierato con qualche operaio italiano che lavorava alla manutenzione stradale e
con qualche famiglia che sono
andato a visitare appositamente.
In genere stanno bene. Ma nell’esposizione di libri che ha accompagnato la nostra Conferenza c’è un volume intitolato « I
poveri d’Australia », quasi a ricordarci che in un soggiorno di
due settimane si vedono solo le
cose luminose di un paese, ma
gli angoli bui ci sono; un soggiorno più lupgo e una precisa
intenzione permetterebbero di
scoprirli.
Quello che andrebbe scoperto
e conosciuto sono le reali condizioni degli aborigeni australiani, presenti alla Conferenza
con un loro intervento di protesta, con alcuni rappresentanti e
con qualche lavoro artigianale.
Quasi sterminati dalla popolazione europea, sono oggi ancora fortemente discriminati e maltrattati dalle grandi compagnie minerarie, che li cacciano senza complimenti dai loro territori tradizionali appena si scopre qualche
giacimento di minerale da sfruttare: i profitti del grande capitale passano davanti a qualsiasi
considerazione di umanità e di
civiltà.
Andando in centro per riconfermare il mio biglietto aereo
mi sono imbattuto in una manifestazione femminista: protestavano per il tentativo attualmente in atto di reintrodurre una legislazione restrittiva che annullasse le conquiste ottenute negli
ultimi anni. Anche qui, come nel
resto del mondo, si cerca di tornare indietro... ma ha ragione
chi resiste senza lasciarsi intimorire.
Anche alla Conferenza le donne hanno letto un loro documento: è stato accolto piuttosto tiepidamente dai delegati e ha provocato le solite proteste da parte degli ortodossi. Ma occorre
vigilare, in questo come in molti
altri casi, che l’ecumenismo non
diventi un pretesto per infirmare in qualche modo quella fondamentale parità che ci è data nel
sacerdozio universale dei credenti, e che non pratichiamo abbastanza.
Aldo Comba
tratta come un vecchio amico, è
un’esperienza che non avevo an-cora mai fatto nel corso di una
conferenza internazionale di questo tipo.
Questa è forse la parte più
« umana » di una Conferenza dove l’anonimato, può diventare la
norma in mezzo a tanti «fratelli » così diversi. Il contatto con
le chiese australiane è stato, per
quelli di noi che lavorano in una
comunità locale, la parte più significativa della nostra partecipazione alla Conferenza. Anch’io,
come tutti gli altri delegati, ho
avuto la possibilità di visitare,
durante il fine settimana, una
chiesa locale, partecipando poi
ad alcuni incontri ecumenici che
erano stati organizzati tenendo
conto della nostra presenza.
Contatto umano
Ho passato un palo di giorni in
una famiglia che avrebbe potuto
essere quella di un membro di
uno dei nostri concistori. Ho assistito a un culto nel quale il pastore ha battezzato quattro bambini, chiedendomi poi di parlare
a quegli altri bambini che erano
venuti con le famiglie dei battezzati.
La presentazione era basata —
e non poteva essere diversamente — su una delle « parabole del
Regno». Poi ci sono state altre
riunioni con i membri di chiesa
per spiegare che cosa significa
« valdese » e per parlare di ciò
che ci aspettiamo da questa conferenza. Infine un gran culto ecumenico con cattolici, anglicani,
battisti e luterani; qui, come accade di solito, si è dovuto mettere nel culto qualche elemento di
ciascuna denominazione per ottenere un risultato che avesse un
qualche rapporto con la vita dei
partecipanti, riuniti per l’occasione sui banchi di una moderna
chiesa cattolica con una piccola
madonnina da un lato.
Che valore può avere uno spettacolo del genere per le chiese
locali? Probabilmente un valore
molto relativo. Ma mi sembra
importante soprattutto il fatto
che, attraverso questo contatto
umano concreto, tutta la conferenza ha assunto per me — e
per altri — una nuova dimensione. Abbiamo passato questi
giorni insieme con persone che
hanno gli stessi nostri interrogativi, le stesse frustrazioni, e forse solo una casa e un’automobile
un po’ migliori delle nostre. Questi contatti con le comunità locali hanno fatto perdere alla
Conferenza Intemazionale il carattere di «grande avvenimento»
e l’hanno avvicinata alla gente
comune: hanno messo le chiese
locali in una situazione favorevole per capire che noi, delegati,
pensiamo a problemi che sono
, comuni a tutti, pur guardandoli
da un punto dì vista concreto,
ossia dal contesto in cui si svolge la vita di ciascuno di noi.
Fratelli simili e
insieme differenti
Credo che da questi incontri
abbiano tratto beneficio tanto le
chiese locali quanto la Conferenza stessa. È come quando un sinodo o una conferenza distrettuale si svolge in una comunità
locale. Quel contatto concreto
ha obbligato noi, membri della
Conferenza, a considerare il nostro lavoro sotto una più ampia
prospettiva ed è probabile che
le chiese d’Australia e specialmente di Melbourne, non rimarranno con la sensazione che nel
maggio 1980 quattrocento delegati se ne sono andati come erano venuti, senza lasciar traccia.
Anzi, una serie di nomi, di indirizzi, di fotografie e di volti da
ricordare, daranno un’altra dimensione alla Conferenza Internazionale.
Perciò possiamo dire che questa Conferenza ha avuto essa
stessa un volto umano molto concreto, che per me si identifica
con quello, di un professore di
francese che si informava delle
conseguenze della disoccupazione in America Latina; si identifica con una signora che dopo
aver parlato di tutte le sue operazioni e i suoi malanni diceva
di non poter comprendere come
mai in certi paesi latino-americani i bambini muoiono all’età
di cinque anni per insufficiente
alimentazione. E non potremo
fare a meno di associare questa
Conferenza con Timmagine delle
case di riposo della Chiesa battista e con le abitazioni appositamente studiate per persone anziane sole. Tutto ciò in un paese in cui i veicoli tengono la sinistra e forse non tutti pensano
a destra.
L’impressione che ci rimane è
quella di aver pregato « Il tuo
Regno venga » con i fratelli di
cinque continenti, ma specialmente con i fratelli di questo
paese, che sono così simili a
noi e così differenti. Non credo
che Gesù abbia voluto dire qualche cosa di diverso quando insegnò il Padre Nostro ai suoi discepoli. Questa preghiera, che abbiamo studiato tutti i giorni durante gli studi biblici di questa
Conferenza, ha avuto un’eco nuova e stimolante quando Tabbiamo ripetuta insieme con i fratelli australiani in un fine settimana qualsiasi del maggio 1980.
Carlos Delmonte
6
27 giugno 1980
ALLE VALLI OGGI
cronaca delle valli
VAL CHISONE: BILANCIO DI UNA SPERIMENTAZIONE DI TEMPO PIENO
Gli extra- Quale scuola vogliamo?
partito
I consigli comunali usciti dalle elezioni dell'8 giugno contano
un gran numero di “indipendenti” tra gli eletti in liste di partito o in gruppi autonomi.
Quello dell'indipendentismo è
un fenomeno vecchio che però in
questi anni ha assunto un carattere diversificato e una rilevanza
tale da meritare una riflessione.
Innanzitutto, occorre osservare che vi sono due tipi di indipendenti:' coloro che si considerarlo "autonomi" dalla influenza
dei partiti, e coloro che invece
si conjsiderano “indipendenti” in
una lista di partito.
La prima categoria di questi
indipendenti, gli autonomi, porta una critica ai partiti politici,
e questa critica a volte è molto
dura al punto di negare la validità dello strumento partito. « La
politica è una còsa sporca — dicono gli esponenti di questa corrente — noi facciamo gli amministratori nell’interesse di tutti». Non viene fatta una distinzione tra questo o quel partito,
tra questo o quel programma e
tutto viene messo nello stesso
sacco da buttar via.
In genere però le liste che
esprimono questi consiglieri indipendenti sono di tendenza conservatrice e — a volte — sono
ispirate dalla DC.
L’elezione degli « indipendentiautonomi » avviene quasi sempre
facendo leva su problemi reali,
non risolti e la politica che viene perseguita è quasi sempre
una contestazione pressappochista dell’azione dei partiti a livello
governativo e regionale.
Il secondo tipo di indipendenti, quello collegato ai partiti, ha
un’esigenza diversa. Vuole colmare una carenza reale del sisterna dei partiti rispetto alla società civile. Si individua l’opportunità di un’azione in campo
politico o amministrativo attraverso una presenza che permetta uria collaborazione coi partiti
politici. E’ questo il caso di molti eletti in liste di sinistra o laiche. Questi “indipendenti” vo-'
gliono superare alcuni aspetti
della vita dei partiti, e hanno la
pretesa di unificare il “civile”
col “politico”, il movimento col
partito. Sono in genere espressione di una esigenza di partecipazione e di istanze democratiche.
Il fenomeno degli indipendenti nei consigli comunali, deve
inoltre far riflettere i partiti politici.
Il fenomeno infatti sta ad indicare la necessità che le giunte
siano capaci di una nuova vitalità che contrasti la tendenza al
conformismo culturale ed ideogico che ha caratterizzato in questi anni la politica, anche dei
partiti di sinistra, nei comuni
delle valli. E’ possibile per esempio, condurre una politica che
sia laica fino in. fondo? Senza
cercare rapporti privilegiati con
confessioni religiose e contrastare un’impostazione concordataria
della politica?
E’ possibile un rapporto non
gerarchico, partecipato coi cittadini? E’ possibile una gestione
non burocratizzata dell’amministrazione del comune e delle comunità montane? E’ possibile in
definitiva una valorizzazione dell’autonomia locale, quale quella
stabilita dalla nostra costituzione? Essere capaci di rispondere nei fatti, positivamente a
queste domande è la condizione
per far sì che il fenomeno degli
indipendenti sia solo un campanello d’allarme e non si trasformi in una sfiducia, goliardica e
folkloristica, della politica e che
non si diffonda il qualunquismo,
che è sempre un fenomeno di
destra. E gli indipendenti eletti,
sapranno essere di stimolo ai
partiti?
Giorgio Cardio!
Siccome la fine dell’anno scolastico si presta a considerazioni e bilanci da parte di molti,
vorremmo esprimere alcuni grossi interrogativi che ci derivano
dal lavoro che facciamo e dall’ambiente socio-culturale nel
quale è inserita la scuola dove
insegniamo.
La Conferenza del I Distretto
ritiene che « l’annuncio dell’Evangelo deve confrontarsi innanzi
tutto con i grossi problemi che
toccano da vicino ogni famiglia:
lavoro, scuola, sanità, diaconia
ecc. ».
Per questo ci chiediamo se i
lettori di questo giornale, nel
portare avanti il discorso sulla
evangelizzazione, non potrebbero iniziare un dibattito sui temi
che vqrremmo sottoporre loro
col presente articolo, visto che
sul problema della qualità della
scuola c’è un grosso ritardo di
approfondimento sia da parte
dei partiti che dei sindacati.
Parleremo di S. Germano solo
a titolo di esempio.
A S. Germano Chisone esiste,
ormai da quattro anni, una scuola elementare a tempo pieno. Gli
insegnanti sono titolari e quindi non c’è il problema dell’alternarsi di metodi e contenuti diversi a causa del cambiamento
continuo dei docenti. Ogni anno
la scuola inizia regolarmente; alcuni insegnanti della sperimentazione non hanno mai fatto un
giorno di assenza, altri ne hanno fatto al massimo 7 per malattia. L’adesione agli scioperi indetti dai sindacati confederali è
stata, questa sì, compatta ed i
motivi degli scioperi sono sempre stati comunicati alle famiglie mediante volantini affissi
sulla porta. E’ vero anche che la
classe che non lavora nella sperimentazione non ha mai perso
lezioni a causa degli scioperi. Gli
insegnanti titolari delle varie
classi hanno tutti 15 o 20 anni
di servizio, quindi si presume
che la loro professionalità possa esser fuori discussione.
Effettivamente dunque la scuola a tempo pieno, per essere portata avanti come si è fatto a San
Germano (ed in altre classi del
circolo di Villar Perosa) ha richiesto un impegno professionale quantitativo e qualitativo molto superiore a quello della scuola normale. I risultati positivi,
come ha potuto verificare chi è
venuto a visitare le due mostre
(una didattica ed una dei lavori
manuali) di fine anno, sono stati
sicuramente evidenti.
Per quel che riguarda inoltre
lo « spirito » col quale si è cercato di far scuola, non ci sarebbe neppure bisogno di elencare
quali siano stati i principi che
si è cercato di applicare. Vogliamo tuttavia dime alcuni, perché
sia chiaro che scuola statale non
è sinonimo di disimpegno e di
mancanza di « valori ».
E’ stato sempre ovvio che:
1) la scuola non solo è
« aperta » a tutti, ma è di tutti
e per tutti (non solamente per
chi ha già dei libri a casa o dei
genitori che gli vogliono pagare
le lezioni private di ginnastica,
nuoto, musica, lingua);
2) a scuola non debbono essere sottolineate differenze di
tipo confessionale, quindi essa
deve essere laica;
3) i bambini vanno educati
più alla collaborazione che alla
competitività;
4) la vita scolastica deve avere un aspetto che noi chiameremmo « comunitario », deve
cioè essere un momento piacevole e coinvolgente e suscitatore di rapporti personali, e non
una palestra per le proprie capacità di affermazione individualistica. (Quindi no all’emarginazione degli svantaggiati nell’apprendimento, degli handicappati,
e no al voto selezionatore; sì al
lavoro di gruppo, all’insegnamento individualizzato in rapporto
al tipo di difficoltà dell’alunno,
alla collaborazione fra i bambini, aH’inserimento delle attività
manuali ed espressive nell’insegnamento, alla valutazione globale dei singoli alunni fatta in
collegamento con le famiglie).
Questo tipo di scuola, che generalmente si tenta di attuare nelle
classi a tempo pieno, avendo più
tempo a disposizione, ma che viene applicata anche da insegnanti
che lavorano nel tempo normale,
ha sp>esso avuto grosse resistenze da parte di settori consistenti
del mondo cattolico (anche politiche). A Villar Perosa e S. Germano, per esempio, l’opposizione
più intransigente (e calimniosa)
è venuta fin daU’inizio dalla D.C.
dir destra. Ebbene, sembra strano che questa opposizione si vada estendendo con estrema facilità anche nel mondo valdese.
I genitori che non hanno i figli
nelle classi della sperimentazione cercano di screditarne gli insegnanti in tutti i modi e, da
parte loro, i genitori i cui figli
hanno invece frequentato tali
classi con ottimi risultati, non si
pronunciano mai pubblicamente
in favore di questa esperienza
(mentre a tu per tu con l’insegnante esprimono la loro soddisfazione).
A questo punto sorgono gli interrogativi: perché una scuola
che attua una sperimentazione
di « avanguardia » sia riconosciuta come valida, deve essere una
scuola non statale? Visto che c’è
un rappresentante dei genitori
per ogni classe, se le critiche agli
insegnanti sono fondate e motiva
te, non potrebbero essere discusse pubblicamente? Se effettivamente, come è stato detto al
Consiglio di Circolo da parte di
un genitore di un’altra classe, le
famiglie non sono per nulla soddisfatte di questo tipo di scuola.
perché non ne vengono spiegati
i motivi? Perché invece ogni anno le assemblee di interclasse
continuano a richiedere l’istituzione dei posti di tempK) pieno
in organico?
Crediamo che tutti gli insegnanti potrebbero lavorare con
più serenità se si chiarissero
questi punti.
Graziella Tron Lami
Vanda Petrone Long
Gino Long
DIBATTITI
Valdesi - DC
Nei numeri scorsi sull’ EcoLuce è stato sollevato il problema di valdesi presenti in liste
DC o comunque di chiara ispirazione democristiana, in occasione delle elezioni amministrative
dell’8-9 giugno scorsi. Noi vorremmo riprendere 1’ argomento
portando, con la nostra esperienza di S. Secondo, un contributo
ad un dibattito chiarificatore che
crediamo dovrà svilupparsi se
vogliamo che i discorsi sull’identità protestante non rimangano
sulle nuvole.
A S. Secondo, fino alle elezioni
del ’70, si sono sempre contrapposte una lista di ispirazione liberal-DC e una di ispirazione più
laica.
Nella lista liberal-DC (sempre
vincente) era sempre stato precluso l’ingrèsso ai valdesi.
Nel '75 si ebbe una spaccatura
della maggioranza in due liste e
la presentazione di una terza di
sinistra; si iniziò allora la « caccia » al valdese in quanto i vaidesi rappresentano circa un terzo dell’elettorato sansecondese.
Fu così che alcuni valdesi furono cooptati nelle due liste in
cui si era divisa la maggioranza
senza peraltro modificare la linea politico-amministrativa di
dette liste.
Questo ecumenismo elettorale
allora non piacque molto tant’è
vero che nel seggio n. 2 a maggioranza valdese prevalse nettamente la lista di sinistra (peraltro perdente nel resto del Comune).
Quest’anno invece, e questa è
la cosa che più ci preoccupa,
l’entrata di valdesi in liste chiaramente DC (sia pure presentate come indipendenti) è apparsa
una cosa normale.
Questa impressione è stata
confermata dal voto nel seggio
sopracitato che ha registrato un
massiccio spostamento verso
queste liste.
A nostro parere « l’indipendenza » rivendicata da dette liste ed
in particolare dai valdesi in esse
presenti, nei cinque anni scorsi
non ha retto alla prova dei fatti.
Un esempio Tabbiamo avuto
dalle elezioni comprensoriali di
2° grado dove 14 su 15 consiglieri
votarono per la lista democristiana benché i valdesi in consiglio fossero quattro e benché ci
fossero presenti anche una lista
laica e una di sinistra.
Ci pare innegabile che il voto
per il comprensorio è un fatto
politico e non amministrativo
come si vuol far credere.
Nel ’76 con la raccolta di firme contro la « politicizzazione »
della chiesa si cercava di convincere la gente che la militanza
di un credente in un partito di
sinistra coinvolgesse la chiesa,
mentre ora sembra che stare con
un partito come . la DC sia un
fatto privato che coinvolge solo
il singolo.
In modo strumentale si invitava a firmare per « tornare come
una volta », sostenendo che fede
e politica sono due cose inconciliabili.
Qra alcune di queste persone,
particolarmente attive in quella
raccolta di firme, le troviamo in
liste « indipendenti » indicate dal
« Popolo pinerolese » (il giornale della DC locale) come proprie.
Il dibattito che si sviluppò attorno alla candidatura del past.
Vinay e di altri in partiti di sinistra, al di là del modo in cui venne portato avanti da alcune frange della chiesa, era comunque
un sintomo di vivacità e di partecipazione, mentre ora attorno
a questo fenomeno legato alle
elezioni amministrative quasi
non si parla; eppure è attraverso
a queste liste « indipendenti » che
passa la linea politica della DC
nei piccoli paesi con riflessi nel
comprensorio e nelle comunità
montane.
Pensiamo allora che l'argomento vada dibattuto e non solo
sulla stampa, ma anche nelle comunità perché non si possono
fare dei bei discorsi sulla tassa
sulla coscienza o sul Concordato
sorvolando sul fatto che a livello
di base, succedono queste cose.
Mauro Gardiol
Luciano Martinai
Piero Griglio
Benvëngu a lì Vódouà d’Americco vëngu
a la deicubérto dà país d’Iour reire
Le chiese delle Valli riceveranno nei giorni 29 giugno-2 luglio
la visita di un gruppo di fratelli
della cittadina di Valdese nella
Carolina del Nord. L’avvenimento è di notevole significato perché è la prima volta che tm fatto del genere avviene; molti vaidesi emigrati o loro discendenti,
sia nell’America del Nord che in
quella del Sud, visitano spesso
le Valli, tornando a riallacciare
relazioni e ricordi, ma non si era
ancora avuto il caso di un vero
e proprio pellegrinaggio dagli
Stati Uniti.
Questo incontro con il paese
d’origine è stato organizzato nel
quadro della più importante e
numerosa comunità di origine
valdese, quella di Valdese nella
Carolina del Nord, sempre visitata da tutti i pastori e moderatori in visita negli Stati Uniti,
sempre fortemente legata alle
Valli. A Valdese è stato organizzato un Museo con documenti ed
oggetti recati dalla prima generazione degli emigranti, si tiene
una giornata annua di corame
Programma della visita
Domenica 29: arrivo della comitiva da Milano a
Torre Pellice (Hôtel Gilly) fra le ore 20 e le
20.80. Un gruppo di coralisti e di fratelli delle
chiese e naturalmente di parenti, accoglierà il
gruppo a cui il vice Moderatore darà una parola di benvenuto.
Lunedì 30: Visita a Pra del Torno; Ricevimento
al municipio di Torre Pellice, saluto del Sindaco (mattino); Visita alla vai d’Angrogna (pomeriggio); Culto (ore 21) nel tempio di Torre, presieduto dal vice Moderatore, scambio di
saluti.
Martedì 1°: Visita a Prali, la giornata è organizzata
dalla chiesa di Prali con pranzo, visita ai vil
laggi di origine, museo ecc.
Mercoledì 2: Visita a Pinerolo - San Secondo Prarostino nella mattinata.
Visita a S. Germano e Pramollo nel pomeriggio.
Alle ore 21 ricevimento offerto all’Hótel Gilly
dagli ospiti agli amici e parenti. Con questo
incontro termina la parte ufficiale del pellegrinaggio che si prolunga con il rientro a Milano per la partenza per gli U.S.A.
Chi intende partecipare al ricevimento è pregato di dare il suo nome al pastore Deodato
presso la Foresteria.
morazioni, del tipo il nostro XV
agosto, nel corso della quale viene recitata una rievocazione della storia valdese, si mantengono
insomma vivi altrettanto, e forse
più che da noi, i ricordi del
passato.
L’organizzazione del « pellegrinaggio alle Valli » è stata accuratissima, come sempre in America, da mesi i partecipanti si sono preparati con incontri, letture, lo studio del patols, che sarà
probabilmente l’unica lingua con
cui si cercherà di comunicare in
quei giorni, e nulla è stato lasciato aH’improvvisazione.
Il programma che pubblichiamo qui appresso è indicativo ma
ci auguriamo che alcuni momenti quali il culto del lunedì a Torre, la visita a Prali (da cui la
maggioranza dei valdesi di Valdese è oriunda) ed altresì le visite
alle altre parrocchie siano momenti di incontro e di fraternità
perché a questi fratelli d’oltre
Oceano le Valli non appaiano solo un museo éd un insieme di
luoghi storici ma una casa abitata da fratelli in fede.
7
27 giugno 1980
CRONACA DELLE VALLI
si
4.000 OPERAI IN CASSA INTEGRAZIONE
Crisi all’Indesit
L'Indesit, il secondo gruppo
industriale italiano per la costruzione di elettrodonrestici, ha
messo in cassa integrazione
speciale a partire da mercoledì
19 giugno e fino al 31 ottobre
oltre 6.000 tra operai ed impiegati, di cui 4.200 degli stabilimenti del Pinerolese.
L'Indesit, un'azienda sorta nei
'56 quando la Fiat ha smesso di
costruire frigoriferi, ha avuto
un grande sviluppo.
In pochi anni dal nulla gli occupati sono diventati circa 13
mila e la produzione si è differenziata: non solo più frigoriferi, ma anche cucine, lavatrici,
lavastoviglie, congelatori, televisori in bianco e nero e a colori, ed altri piccoli elettrodomestici.
Oltre che a Orbassano sono
sorti stabilimenti a None e a
Terverola (Caserta).
La mano d’opera, per il 70%
femminile, è costituita — al
Nord — di immigrati dal Sud o
di persone provenienti da famiglie contadine del Pinerolese.
Il basso contenuto tecnologico (gli stabilimenti Indesit sono
per io più officine di montaggio
col sistema della catena) ed un
intensivo sfruttamento dei lavoratori, hanno permesso all'indesit di offrire sul mercato un prodotto a prezzi decisamente competitivi, specie all’estero.
Oggi le condizioni del mercato
sono cambiate e l’Indesit ha
grosse difficoltà di smercio. Di
qui una politica di progressivo
disimpegno dell’azienda dali’italia e una ricerca di nuovi mercati in USA o di più bassi costi
di produzione con la creazione
di stabiiimenti in Costarica e
Nigeria.
Per la direzione Indesit i liveili di produzione richiesti in
Italia richiedono 1.200 operai in
meno, altrimenti si ha una sovraproduzione.
Di qui la crisi, che si accompagna al ritiro del fido bancario, e la richiesta di cassa integrazione per il personale.
Per l’occupazione della zona
questa decisione è molto grave,
se si aggiunge al fatto che non
vi sono concrete prospettive di
ripresa dopo il 31 ottobre.
Sulla vicenda, pubblichiamo
una intervista ad una operaia.
g. g.
M. è un’operaia Indesit,
lavora in uno stabilimento di None e risiede a Pinerolo.
Quale è stata la tua
prima reazione alla decisione dell’azienda di mettere in cassa integrazione
per quattro mesi e mezzo
più di 4.000 operai?
— La prima reazione è
stata quella di rabbia. Una
rabbia contro tutti: contro
i dirigenti, contro il governo, contro il sistema industriale. A noi chiedono di
lavorare: loro dovrebbero
fare il loro mestiere, cioè
organizzare la produzione,
le vendite. Ma se loro fanno male il loro mestiere,
non vengono licenziati: chi
ci rimette siamo noi, che
possiamo trovarci senza lavoro.
Poi la paura. Paura di
perdere il lavoro. 'Vedi, anche mio marito lavora alrindesit. Se ci viene a mancare il lavoro come faremo a mantenerci: abbiamo due figli!
Ci dicono che non ci sono i soldi e che non ci pagheranno in anticipo la
cassa integrazione. Con un
po’ di risparmi pagheremo
Taflìtto, la luce e il gas e
mangeremo per qualche
mese. Ma poi?
Non vorrei farlo perché
non è giusto, ma sono tentata: cercherò qualche lavoretto (anche senza libretti) perché dobbiamo pur
continuare a vivere...
— L’Indesit dice che tra
di voi c’è il 24% di assenteisti e che la vostra produttività è bassa, cosa rispondi?
— L’Indesit può dire
quello che vuole, la realtà
è che qui ci si ammala. I
sindacati hanno fatto un’inchiesta ed hanno riscontrato che la stragrande maggioranza delle donne che
lavorano (all’Indesit il 75
per cento del personale è
femminile) ha disturbi,
malattie dovute al lavoro
jO conviene
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stressante alla catena, senza contare gli aborti bianchi, cioè aborti per le
condizioni di lavoro. È naturale che se si è malati si
resti a casa. Forse ci sarà
qualcuno che ne approfitta, ma sono pochi.
Bisogna pensare che le
visite mediche dell’azienda
e della mutua hanno scoperto che almeno un terzo
di operai sono diventati
inidonei dopo alcuni anni
di lavoro all’Indesit!
— Il sindacato denuncia
il fatto che l’Indesit .sta
investendo aU’estero: in
Stati Uniti, in Costarica, in
Nigeria: cose ne pensi?
— Penso che anche nel
terzo mondo si debba poter
lavorare. Non penso però
si debba investire lì, togliendo il lavoro agli occupati qui. I soldi per investire lì vengono dal nostro lavoro. In primo luogo i soldi devono essere
investiti qui per rendere
più facile il nostro lavoro
e per adeguare i nostri prodotti a quelli della concorrenza in fatto di durata e
qualità.
In realtà si va nel terzo
mondo perché lì si può
sfruttare meglio i lavoratori e avere margini di guadagno più alti che da noi.
— Cosa farete per trovare una soluzione alla questione?
— Io, ho un presentimento. Nessuno lo dice, ma
può darsi che questa cassa integrazione così lunga
voglia significare un tentativo di liquidare la fabbrica. Chi ci dice che non si
voglia approfittare di questo periodo per portare
via non solo le merci ma
anche le macchine? Per cui,
io-mi batto contro lo smantellamento della fabbrica.
Siamo operai e nella fabbrica abbiamo il nostro lavoro e una parte importante della nostra vita. Sono
sedici anni che lavoro lì,
non è facile ricominciare’
da un’altra parte. Neppure
posso tornare al mio pae
Per cui a turno farò
il presidio della fabbrica. E
poi cercherò solidarietà: i
comuni devono chiedere
conto a Campione ( l’amministratore dell’Indesit - n.
d.r.) di cosa vuol fare. Non
possiamo -diventare tutti
disoccupati...
a cura del Centro Sociale
Protestante di Pinerolo
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TORRE PELLICE
PERRERO - La festa delle comunità del 3® Circuito
Pentecoste '80
è sei^hra ritrovate per una valutazione deUa festa; ci
eioriSie coinvolgere in questa riflessione anche i lettori del
menti ’ ^ intento di ricevere pareri, impressioni, critiche e suggeri
* giornata denso di iniziative e ricco di spunti e di ri
lo , l? spazio agli incontri personali... Peccato! Ci ha però
lasciato la voglia di mncontrarci. ^
* interesse. lÈ stato apprezzato l’accostamento fra le tematiche interne ed esterne alle comunità. (Perché la CIO'F non
presentare il lavoro della Casa di riposo di S. GermLo?)
futirsufficiente”^^^ ^ disposizione per la vìsita completa non è stato per
* Ì®', Proiezione del filmato delle corali. Ben
quattro proiezioni nel corso della giornata! r
* Quanti erav^o? È difficile dirlo con certezza. Al mattino oltre 500 Nel
pomeriggio e continuato l’afflusso. Si sono valutate a più di 1 000 le prlsenze, proba,bilmente 1.200 (per i più ottimisti 1.500). Oltre 200 le- persone
stand)^*^ organizzazione nei vari settori, (organizzazione, cucina, canti,
* nr^te polenta salsiccia e spezzatino pre
df^vfflò °^®P®s. 40 Kg. di panini. Oltre 900 bibite. 115 litri
* <^tre al bifflet i presenti si sono anche interessati ai libri. Fra i vari ban
Sre'^SoSto’ e^^PPO pace) sono stati fatti acquisti per
* corto dell’Asilo di S. Germano ha fruttato l’imItorto di L. 410.000. Allo stesso scopo e stato destinato l’utile delle varie
imziative promosse per la giornata — circa L. 1.600.000.
* Molto lavoro ^che per gli addetti al parcheggio. Oltre 250 auto tutti gli
spazi interni ^ esterni esauriti. ^
* materiali (tavoli, panche, attrezzature) rastrellati nelle co
torn Ipnf ^ Ferrerò e riportati nella stessa serata alle
loro sedi grazie all équipe incaricata ed ai camion di Bernard e Poet.
E adesso?
Si è lavorato bene insieme. Perché non continuare? Sviluppando la collaborazione nel circuito a tutti i vari settori di attività'?
E Stato bello passare una giornata insieme. Perché non ritrovarsi al prosdi tutto il circuito al Colle delle Fontane domenica
preparazione vi era spesso del pessimismo. Il risuitato non ci Invita forse ad essere un po’ più ottimisti? Ed a guardare
P™ speranza il futuro delle nostre comunità e della nostra valle?
Abbiamo incontrato dei pentecostali e degli zigani. Perché non aumentare
incontro wn questi fratelli che esprimono in modo diverso
la nostra stessa fede in Cristo?
Pentecoste ’80 ■ Non è un punto d’arrivo
(li siamo ritrovati INSIEME nella prospettiva di COSTRUIRE il domani,
fi su^mattm^!^^ fondamenta, ora ciascuno di noi è chiamato a portare
Qui è necessario approfondire la rìfiessione nelle comunità che nella fase
di preparazione e stata un po’ carente.
A questo scopo stiamo pensando di realizzare un audiovisivo sulla festa
che potrebbe essere lo spunto per continuare questa riflessione. Possiamo
contare sulla collaborazione di tutti coloro che in quel giorno hanno scattato fotografie, diapositive eoe.? (Il materiale in prestito, dopo duplicazione verrà restitmto. Rivolgersi al past. Renato Coisson, Via Balziglia, tei. 81288
oppure ad Adriano Longo, Via C. Alberto 59, tei. 81273 - POMARETTO)
Ci sarà un’altra Pentecoste ’80?
Alcuni vorrebbero ripeterla già il prossimo anno. Altri pensano che sia
meglio ogni tre anni.
Perché non alterniamo con gli altri circuiti del Distretto'?
E stato anche proposto di ricostituire gli stands, in altra occasione Ad
esempio per il prossimo Sinodo?
Tramite il nostro giornale attendiamo di conoscere i vostri pareri
La Commissione Coordinamento
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8
8
CRONACA DELLE VALLI
27 giugno 1980
DAL VALDISMO MEDIEVALE ALLA RIFORMA - 2
Le “dispute” di Chanforan
Ancora dal racconto dellaspirante barba Pietro Griot pubblicato recentemente
Di un evento così importante per la storia valdese
come l’Assemblea di Chanforan del 1532 mancava sinora qualsiasi resoconto
contemporaneo. Un manoscritto conservato a Dublino ci dà soltanto un elenco in italiano delle « proposizioni » su cui la maggioranza dell’Assemblea si è
trovata d’accordo, « in presenza di tutti i ministri ed
eziandio del popolo », cioè
dei «capi-famiglia», come
precisa il Perrin (1618).
L’unica brevissima memoria era sin qui quella
scritta nel 1562 dal pastore
Scipione Lentolo nella sua
Historìa delle gravi e crudeli persecutioni... (rimasta inedita fino al 1906),
che, ripresa dal Crespin
nella sua notissima Histoire des Martyrs a partire
dal 1564, divenne la fonte
principale degli storici successivi. Ma il Lentolo si limitava a dire che: « ferono venire fin di Puglia e di
Calabria de’ Principali, acciocché di comim consiglio
e consentimento si desse
ordine di riformare le chiese loro ». Non una parola
di più.
Il primo ad informarci
sulla presenza all’Assemblea di due Riformatori
provenienti dalla Svizzera
(Vaud): Guglielmo Farei
e Antonio Saunier, ambedue originari del Delfinato, è lo Scultetus nel 1620.
Sarà solo il Gilles a fare un resoconto più completo di Chanforan, ma ormai in un’ottica decisamente « riformata », ben
112 anni dopo l’evento.
Tanto più importanti sono quindi le notizie di un
testimone oculare come
Pietro Grlot, date pochi'
giorni dopo la conclusione
dell’Assemblea '. Cosa ci dice di nuovo?
I partecipanti
All’Assemblea parteciparono degli importanti
« chierici e dottori ». Conferma la presenza di due
« gentiluomini del paese
di Grenoble »: « Charles et
Adam », pseudonimi certi
di Farei e Saunier, giunti
appositamente dal cantone
di Vaud, dove predicavano
l’Evangelo per incarico dei
Signori di Berna. Conferma pure l’assenza dell’Olivetano, cugino di Calvino,
che parteciperà solo ad Assemblee successive.
Ma la maggior « novità »
è che il ruolo più deciso
di difensori della dottrina
luterana della giustificazione per fede spetta a due
« religiosi », un agostiniano e un domenicano di nome Agostino e Tommaso
(forse pseudonimi), che
vestivano ancora i loro abiti. La loro influenza per
convincere il popolo valdese sembra sia stata determinante. Non è stato purtroppo ancora possibile
identificarli è probabile
che si tratti di «convertiti»
alla Riforma provenienti
dall’Italia o dalla Francia,
perché le fonti confermano che dalla Svizzera sono
venuti solo i due Riformatori. In ogni caso la notizia dimostra uno stretto
contatto del movimento
valdese con la Riforma anche nelle località in cui
esso operava.
Le ’’dispute”
Ecco come Griot descrive alcuni momenti della
« disputa »:
Dicono i « religiosi » riformati: « Solo la fede giustifica! Le buone opiere non
servono a nulla per la giustificazione! Tutt’al più
possono essere solo una te
Il prato del Sinodo di Chanforan, con la stele che lo
ricorda, al Serre di Angrogna.
stimonianza della fede. Dio
non richiede affatto quelle
opere esteriori (che sono
solo una superstizione inventata), ma vuole unicamente il cuore degli uomini ».
E, volgendosi ai barba e
ai « capi-famiglia » valdesi,
essi tuonano: «Voi siete
più impegnati e impediti
da questi vostri riti ed
opere esteriori di quanto
10 siano quelli della chiesa
romana! ».
« Come se volessero dire
— aggiunge Griot — che
dedicarsi a quelle opere
non è altro che perdita di
tempo, un carico inutile.
Dio non lo gradisce affatto, perché esse impediscono di lavorare e di compiere le opere temporali »
(cioè il proprio lavoro terreno, sentito come vocazione divina!).
Ma a queste parole i barba reagiscono indignati:
« Ma come! Vorreste dunque sostenere che la nostra antica usanza di pregare prima dei pasti o prima di fare qualcosa di importante non sarebbe altro
che vana superstizione?
E ne rimasero tutti scandalizzati, dice Griot.
I riformati insistono ancora: « II servizio che si
deve rendere a Dio è quello del cuore e non delle
membra esteriori, perché
quest’ultimo Dio non lo richiede ». Ma i barba non
sono affatto convinti; per
loro ciò significherebbe
cancellare ogni traccia 6i
spiritualità e rendere tutti
troppo « carnali ».
La seconda questione che
solleva vivi contrasti, secondo, Griot, è quella del
matrimonio dei predicatori. I barba — com’è noto
— pronunciavano i tre voti
di povertà, castità e obbedienza, anche se, quanto
al secondo — come dice
Morel — « per confessare
11 vero, non sempre viviamo castamente ».
Dicono i « riformati »:
« Fate male a pronunciare
voto di castità: dovete invece sposarvi tutti perché
San Paolo dice che colui
che insegna deve essere
marito di una sola moglie
e così pure il diacono » (I
Tim. 3: 2 e 12).
E ancora una volta —
aggiunge Griot — i barba,
che non usavano prender
moglie, ne furono tutti
scandalizzati. E i più anziani tra loro dicevano con
sgomento: « anche noi che
siamo vecchi dovremmo
forse sposarci? ».
Il dissenso
dei barba
dove speravano che vivesse ancora il grande teologo
Luca da Praga. Volevano
sottoporre alla loro critica
le nuove dottrine riformate e controllare, di persona se i Fratelli boemi avevano conservato tutte le
antiche usanze fra cui il celibato dei pastori. Ne ricevettero solidarietà, esortazione a non abbandonare
il loro patrimonio dottrinale senza un attento esame
delle Scritture, una fraterna lettera firmata dal loro senior Jan Augusta (pervenutaci) ed un’altra lettera, forse di contenuto teologico, purtroppo perduta.
La lettera dei boemi con
ferma la scissione avvenuta a Chanforan: « [i due
barba] ci hanno fatto sapere fino a qual punto certi Svizzeri, che non sappiamo se giochino con le Sacre Scritture e la dottrina
cristiana o le corrompano,
si siano intromessi tra voi;
vi abbiano turbati con varie questioni riguardanti la
dottrina della salvezza, sì
che hanno provocato un
doloroso scisma anche tra
voi, che per tanti secoli
siete stati uniti... » ^
Ma appena scioltasi l’Assemblea di Chanforan e ripartiti gli « ospiti », era naturale che i barba riprendessero il sopravvento
esercitando la loro influenza sul popolo. I Valdesi
« riformati » se ne allarmarono e richiamarono subito indietro i Riformatori.
Saunier si rimise immediatamente in viaggio e, dopo
varie vicissitudini e pericoli, giunse nuovamente alle Valli ai primi di novembre dello stesso anno 1532,
quando il nostro Griot era
ormai finito nelle maglie
dell’Inquisizione in Provenza.
In una lettera a Farei datata 5 novembre 1532, dalle
Valli, Saunier fa un quadro realistico delle difficoltà: «i fratelli di Moretta e
Tulino [località delle Valli] ci accolsero con piacere
e così pure il popolo, mentre i principali di questo
[i barba], circuiti da falsi
fratelli, ci sono ostili e restano riluttanti in alcune
cose... ».
(segue)
Carlo Papini
‘ Ci riferiamo sempre ai processo di Pierre Griot edito da
Gabriel Audisio, Le barbe et
l'inquisiteur, Aix-en-Provence,
Edisud, 1979.
^ Per « Agostino » si potrebbe pensare ad Agostino Mainardo, anche se questi, nel 1532,
era ancora lontano da una rottura completa con la gerarchia
romana. L’età del Mainardo coinciderebbe con quella di 50 anni
indicata da Griot.
^ La lettera dei Fratelli boemi
è edita in V. Vinay, Le Confessioni di fede dei Vaidesi riformati, Claudiana, Torino, 1975.
ITINERARI ALLE VALLI - 2
Da Traverse a Muret
A cura (Ji Raimoncio Genre
PUNTA MIDI’ O MURET
2210 m.
Traversata Traverse-Punta
Midi o Muret 2210 m.
Località di partenza:
Traverse (Perrero) 1083 m.
Dislivello in salita: 910 m.
Tempo complessivo: h. 3,30
Molto importante la conferma deH’ampiezza della
dissidenza dei barba. Se
non proprio « tutti », almeno la maggioranza dei
barba fu decisamente contraria alle proposte dei
« riformati » e proprio sulle questioni centrali della
salvezza e della vita morale che ne consegue.
Per quanto possiamo intuire, si verificò una insanabile spaccatura fra i barba (« anziani » e non) che
rimasero fedeli alle loro
dottrine ed usanze tradizionali, ed alcuni « progressisti » (Gonin, Guido, forse Morel e altri già « convertiti » da tempo alle nuove dottrine riformate) che,
insieme al popolo (su cui
l’oratoria accesa dei « riformati » dovette avere facile presa), fecero prevalere la tesi dell’adesione alla Riforma.
È però sintomatico che
sul punto più scottante e
— come abbiamo visto —
ampimente dibattuto, la
giustificazione per fede,
non si sia raggiunto alcun
accordo: gli articoli di
Chanforan non ne fanno
parola.
I barba, messi in minoranza, e privi forse degli
strumenti culturali e teologici necessari per controbattere le argomentazioni contrarie, decisero di inviare due di loro: Daniele
di Valence (il « governatore » del Delfinato di qua
dai monti) e Giovanni di
Molines (nel Queyras) per
riprendere contatto con i
loro « maestri » spirituali
in Boemia: i Fratelli dell’Unità a Mladà Boleslav,
Questo itinerario è stato
inserito nella nostra prima
selezione per la particolare bellezza della zona (un
vero balcone su tutta la
vai Germanasca e su parte
della vai Chisone), per la
ricchezza della flora e della fauna, perché può essere interrotto in qualunque
momento senza nulla - togliere al suo interesse
escursionistico, perché può
essere compiuto durante
quasi tutto l’arco dell’anno, grazie alla felice esposizione a sud, anche se i
periodi migliori sono, a nostro parere, l’inizio dell’estate e l’autunno.
Di particolare interesse e
ricchezza la flora. La viola, la genziana, l’arnica, l’anemone, sono così abbondanti in questa zona da innondare di colore le vaste
praterie che da alcuni anni sono state recuperate
al pascolo bovino dopo anni di abbandono quasi completo.
Nella parte bassa predomina il bosco ceduo con
prevalenza di faggio di cui
si possono ammirare alcuni magnifici esemplari. Nella parte mediana si possono ammirare ricchi boschi
di conifera (pino silvestre
e larice) mentre nella parte alta, superato il limite
della fascia arbustiva, si
estende una ricca prateria
che un tempo era interamente sfalciata a fieno che
veniva trasportato sulle
slitte fino ai villaggi per
foraggiare il bestiame durante la stagione invernale.
Molto ricche sono anche
l’entomofauna e l'avifauna
minore, tanto da giustificare da sole una gita nella
zona. Ma i più fortunati
ed attenti potranno avere
la sorpresa di imbattersi
in lepri, fagiani, scoiattoli,
marmotte, cinghiali o camosci.
verse - S. Martino - Bovile.
Superati i due tornanti e
la zona franosa che minaccia l’abitato di Perrero, si
raggiunge il bivio ed il piazzale posto a valle dell’abitato di Traverse (1083 m.)
adagiato in bella posizione
soleggiata che domina tutta la bassa vai Germanasca.
Raggiunto il piazzale e
parcheggiata l’auto, imboccare aU’inizio del piazzale,
vicino alla vecchia scuoletta di quartiere, la mulattiera che attraversa il villaggio e portarsi sul piazzaietto posto presso le ultime case, a levante, dove
ha inizio la mulattiera (222
EPT) che sale a Parant.
Data un’occhiata al vecchio
forno, iniziare la salita con
passo lento dato che la mulattiera è piuttosto ripida.
In breve la mulattiera raggiunge l’arido crostone e
supera le vasche del Due
per inoltrarsi nel bosco
prima rado, poi sempre più
fitto. Alcuni brevi tornanti
e si perviene ai ruderi di
Romberge (1270 m.) ormai
invasi da alberi e cespugli
che li nascondono alla vista del passante distratto.
Appena a monte dei ruderi, sulla destra della mulattiera, ai margini di una
radura pianeggiante, si possono osservare alcune coppelle (di dubbia autenticità) poste su un grosso
masso.
ha creato un piccolo rifugio capace di 12 posti letto
cui tutti possono accedere.
(Chiavi presso la trattoria
Montecastello a Perrero).
Chi non fosse intenzionato a proseguire può trovare nei dintorni sufficienti
motivi di interesse: una
vecchia miniera di talco, la
fornace a calce (ha fornito
la prima calce utilizzata
per la costruzione di Agape) e soprattutto un panorama vastissimo e una fioritura incomparabile.
Chi intende proseguire
deve imboccare la mulattiera che si diparte dai pressi della bella fontanina e
risale la prateria fiancheggiando prima i Longhi
(1450 m.) poi inoltrandosi
nel bosco caratterizzato
da un alternarsi di ampi
pianori e brevi salite. Circa duecento metri più in
alto si perviene a Castelletto (1648 m.), piccola baita composta da due distinti gruppi di case. A ponente delle casette più a monte, nella piccola comba,
sgorga una bella sorgente.
La mulattiera prosegue
costeggiando un piccolo
impiantamento di abete
bianco ed in breve si perviene alla strada sterrata
proveniente da Bovile che
è stata costruita in funzione dell’alpeggio. Lasciata la strada sulla destra,
seguire la mulattiera che,
poco più in alto, attraversa
la pista carrozzabile e risale i ripidi prati dell’Oulivo fino a pervenire all’inizio dell’ampia prateria del
Muret. Da qui in pochi minuti si raggiunge la bella
fontana del Muret 1993 m.
(ore 2), posta appena a
monte del sentiero proveniente da Bovile e che prosegue per il colle Clapier.
Da qui si può raggiungere la punta Midi o Muret (2210 m.) in circa mezz’ora seguendo il sentiero
che, poggiando a sinistra,
contorna il versante sud
del Muret fino a pervenire
nell’amplissimo pianoro di
Clot Valloun e quindi sulla
cresta spartiacque tra la
vai San Martino ed i valloni di Bourset e di Gamier.
Superato l’abitato di Perrero, proseguire sulla provinciale per Frali fino al
ponte Rabbioso. Qui giunti, senza attraversare il
ponte, svoltare a destra
sulla strada che conduce a
Chiabrano-Maniglia. Ad un
chilometro dal ponte, poco
oltre il tornante « delle vigne », tornare a svoltare a
destra sulla strada per Tra
Ripreso il cammino sulla mulattiera, ora più agevole e ben ombreggiata, in
pochi minuti si perviene
alla vasta prateria di Parant 1388 m. (ore 0,45) che
contorna una delle più belle miande della valle, purtroppo completamente in
disuso ed irrimediabilmente in rovina. Nella casetta
meglio conservata la sezione Valgermanasca del CAI
Da questo punto molto
panoramico si gode di una
vista di 360 gradi su tutta
la vai Germanasca e su
parte della media e bassa
vai Chisone.
Il ritorno si compie sullo stesso itinerario di salita.
Per guide e cartografia
vedere itinerario precedente (Eco-Luce n. 24).
9
27 giugno 1980
CRONACA DEILE VALLI
CONVEGNO FGEI-VALLI
La speranza
Come testimoniare della speranza che è in noi oggi, questo è
il tema del convegno che la PGEIValli organizza per sabato 28 e
domenica 29 giugno a Chiotti.
I problemi che stanno dietro
a questa frase, che a prima vista
sembra quasi uno slogan, sono
molteplici :
— Il primo punto fondamentale è: quale speranza è in noi
oggi; di fronte a centinaia di
giovani che scelgono l’autodistruzione del loro corpo attraverso la droga, di fronte alla violenza che è diventata parte integrante del nostro modo di vivere : nei nostri rapporti personali,
col terrorismo, con la violenza
dei nostri rapporti di produzione
(pensiamo alla cassa integrazione alla Indesit, che rischia di diventare licenziamento per migliaia di operai).
Si tratta cioè di capire cosa
vuol dire per noi oggi la grande
promessa di salvezza che Dio ci
ha fatto attraverso Gesù Cristo
e di saper vivere concretamente
oggi questa dimensione di speranza.
— Un secondo problema è invece di come testimoniare questa nostra speranza; occorre capire le forme e i modi in cui
questa speranza è comunicabile,
le forme ed i modi in cui si può
testimoniare la nostra fede. C’è
quindi anche un problema di comimicazione, di rapporto con la
« gente », che dobbiamo risolvere per rendere comprensibile e
« interessante » la « buona novella » che ci viene dalla Bibbia.
Per confrontarci e discutere su
questi problemi abbiamo organizzato questo convegno a cui
tutti sono invitati e che ha il seguente programma:
Sabato 28: ore 16,15: apertura
del convegno con relazione sul
tema di F. Barbero.
Domenica 29; ore 9: lavoro a
gruppi; ore 10,30: culto con la
comunità; ore 18: chiusura del
convegno.
Segreteria FGEI-Valli
POMARETTO - ANGROGNA
Concistori a confronto
Sabato sera, 7 giugno, incontro
tra il Concistoro di Angrogna e
quello di Pomaretto.
Ma da questo incontro cosa è
emerso effettivamente?
Pomaretto e Angrogna. Due
realtà molto diverse. Una Chiesa di fondo valle ed una di montagna. Una comunità che riceve
una emigrazione dalla montagna,
cioè una comunità in espansione, e una comunità che pian pianino si spopola, tipico fenomeno di tutte le nostre comunità di
alta montagna.
Ma se queste realtà sono molto diverse, contrariamente a
quello che si potrebbe pensare,
i problemi sono gli stessi, pur
con qualche diversa sfumatura.
Uno dei grossi problemi emersi è quello della frequenza ai
culti. Se Angrogna ha dei motivi per piangere, Pomaretto non
ride, anzi, direi che a Pomaretto
la situazione analizzata da un
punto di vista geografico e di
viabilità è molto più drammatica, non perché non ci siano le
strade, perché di strade ce ne
sono e dappertutto, al contrario
di Angrogna. Se durante il periodo invernale ad Angrogna cade
un metro e più di neve a Pomaretto sono soltanto 20 cm. Una
delle scuse avanzate da coloro
che non frequentano il culto è
questa: «al culto non ci vado perché non ci va nessuno ». È questa una scusa senza fondamento
alcuno e oltretutto puerile. Sarebbe molto più onesto se dicessero veramente quello che
pensano e sentono in loro verso la loro chiesa e specialmente
verso il loro Dio. Ma forse il loro
dio è il bar, il flipper, il jukebox; per loro chi frequenta la
chiesa e dedica parte della sua
esistenza ai problemi della fede
è soltanto un debole, non è im
vero uomo. Questo non vuol dire però che le nostre comunità
sono completamente inattive, anzi delle attività ne abbiamo e
molte. Ci sono dei gruppi che lavorano, che cercano di portare
avanti in qualche modo delle proposte e dei problemi che coinvolgano la totalità della comunità. Questo è un dato confortante per le nostre chiese. Quello
che è meno confortante è che
questi gruppi lavorino ognuno •
per conto proprio, staccati dagli
altri, in compartimenti stagni.
Ognuno fa la propria strada, bene o male, anche tribolando e
faticando. Dall’esterno questi
gruppi sembrano quasi dei club
d’élite, e forse qualche gruppo
lo era fino a qualche tempo fa.
È forse questa impressione che
ha impedito e impedisce che ci
sia un rinfoltimento numerico
nelle nostre attività?
L’impressione però che è venuta fuori è questa: nelle nostre
comunità purtroppo si è radicata la mentalità della delega. Finché c’è il Tizio o il Caio che lo
fanno, perché dobbiamo uscire
dal nostro guscio? Perché dobbiamo metterci noi? Non è bello
togliere la soddisfazione di quell’impegno a coloro che lo fanno,
potrebbero offendersi, non sia
mai detto.
Certo che questo modo di ragionare e di comportarsi non è
protestante, non è evangelico. Il
protestante non delega, agisce,
si rimbocca le maniche e lavora
per revangelo.
Angrogna rispetto a Pomaretto ha una realtà di invecchiamento molto più consistente. Il
problema dei fratelli anziani è
più grave. Ed è logico perché i
giovani vanno altrove, per motivi di lavoro. E malgrado questo
l’attività giovanile dei rimasti,
funziona molto meglio che a Pomaretto. La comunità di Pomaretto non ha penuria di giovani,
però qui il discorso va capovolto
e questo è un dato molto preoccupante.
Una cosa però è chiara: dietro
a questi giovani fratelli ci sono
delle grosse responsabilità da
parte delle famiglie. Possiamo
pretendere da un giovane un determinato comportamento, quando questo cresce in un ambiente
totalmente estraneo alla vocazione evangelica e al di, fuori di
ogni problema che riguarda la
propria fede personale?
In altre parole nelle nostre comunità manca il senso vero dell’agape. Non sappiamo più essere
insieme. Ognuno è affaccendato
in mille cose, ma per le cose del
Signore non troviamo il tempo
necessario, nemmeno un’ora alla
settimana per il culto domenicale che deve veramente essere il
centro, il fulcro della vita comunitaria.
Un altro motivo di riflessione
è la scarsa diffusione dell’Eco
delle Valli. È veramente strano e
difficile da capire perché non ci
sia il nostro giornale in ogni famiglia della nostra chiesa, dico
ogni famiglia. In ogni famiglia
troviamo ogni tipo di giornale:
da quello a fumetti di dubbio
gusto a quello politico, troviamo
anche quello della diocesi di Pinerolo, ma l’Eco delle Valli, no!
Leggere il giornale della nostra
chiesa è un trait-d’union per non
perdere i contatti, è un modo di
entrare nella vita stessa della
chiesa, è una realtà di comunione con i. nostri fratelli.
Ci siamo lasciati con la promessa di ritrovarci un altro anno e con l’augurio che, al nostro
prossimo incontro, il nostro, diciamolo pure, pessimismo, su
molte cose sia ridimensionato
in meglio.
Ma questo sarà se il Signore
lo vorrà e opererà potentemente
nel cuore di ognuno di noi.
Flavio Micol
, TORRE PELLICE
Il battesimo è stato impartito
domenica ai Coppieri ad Elisa
Cesano di Giuseppe e Malvina
Pizzardi ed a Leonardo Giordano
di Ezio e Flores Tomasini.
• Sabato 8 alle ore 21 alla Casa Unionista sono convocati tutti
coloro che intendono far parte
del Gruppo Evangelizzazione per
mettere a punto un programma
di lavoro.
• Lunedì 30 si ricorda il culto
nel tempio alle ore 21 per incontrare i fratelli di Valdese.
VILLAR PERORA
Domenica 8 giugno la Scuola
Domenicale ha terminato la sua
attività con una gita a Prarostino, dove ha partecipato al culto con la locale comunità. La
pioggia persistente ha costretto
i bambini a consumare il pranzo nella sala, gentilmente messa
a disposizione, dove nel pomeriggio hanno anche potuto incontrare la Scuola Domenicale prarostinese e prendere visione delle magnifiche diapositive presentate dall’anziano Bruno Avondetto. Un sentito ringraziamento
agli amici per la loro fraterna
accoglienza, ai monitori ed alle
madri di Prarostino per l’apprezzata merenda offertaci.
• Lunedì pomeriggio, 16 corr.
m., si sono svolti i funerali del
fratello Edvico Beux deceduto
all’Ospedale di Pomaretto all’età
di 74 anni dopo lunghe sofferenze. A tutti i familiari rinnoviamo
la nostra fraterna solidarietà nel
dolore della separazione ma anche nella speranza della risurrezione in Gesù Cristo.
• Le nostre' case stanno ospitando una trentina di giovani del
Centro Diaconale della Chiesa
Evangelica del Baden, che ha la
sua sede a Karlsruhe. Diretti
dalla Signorina Doris Fehle, che
da diversi anni viene alle Valli
con un gruppo diaconale, hanno
preso contatto con i vari Istituti
Ospedalieri e Diaconali della
Chiesa alle Valli, dove hanno anche svolto il loro servizio durante tre giorni di questa settimana.
Ringraziamo questi giovani per
quanto ci hanno dato ed auguriamo loro di portare con sé un
buon ricordo dei giorni trascorsi in mezzo a noi.
• Durante il culto di domenica scorsa è stata battezzata Manuela Tron di Elvio e di Rostagno Graziella. Il Signore benedica questa bambina ed aiuti i genitori a mantenere con fedeltà
le promesse fatte.
Se volete
sentir cantare
Con questo titolo, che richiarna la prima strofa di alcrmi canti e complaintes delle Valli Vaidesi, la Badia Corale di Val Chisone presenta una serata di canti e musiche a Lusema San Giovanni, sabato 28 giugno. Lo spettacolo, organizzato dalla Filodrammatica Valdese di Lusema,
si terrà presso la Sala Albarin,
alle ore 21. L’ingresso è libero.
^ Dopo nemmeno sei mesi dall'ultima apparizione a Torre Pellice, la Badia Corale si ripresenta al pubblico competente ed appassionato della Val Pellice con
un programma molto vario. Contraddistinguono, infatti, gli speL
tacoli della Badia Corale sia i
molteplici modi d'esecuzione (coro femminile, maschile, misto,
gruppo strumentale, coro con
strumenti) sia le diverse realtà
culturali, linguistiche è musicali
rappresentate. Verranno eseguiti
canti ispirati alle tradizioni musicali valligiano e della pianura
pinerolese: interpretazioni ed
elaborazioni di documenti ed informazioni raccolti sul campo e
su testi diversi. Il gruppo strumentale presenterà alcuni brani
di antiche musiche provenzali,
eseguite con uno stmmentario
sempre più ricco. Jn questa occasione, infatti, verrò tenuta a
battesimo la nuova tromba marina, costruita, su disegni scovati
in un antico testo tedesco, da
Sergio Griva. •
Nell’estendere l’invito a tutta
la popolazione, la Badia Corale
rivolge uno speciale invito ai giovani, sempre più interessati alla
musica, ai temi ed ai modi delle
tradizioni musicali locali.
Badia Corale
Val Chisone
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Il tradizionale Bazar avrà luogo domenica 29 c.m. alle ore 15
nella Sala Albarin.
Oltre all’esposizione-vendita di
lavori femminili preparati dalle
sorelle della Società di Cucito
« Le Printemps », funzionerà un
servizio di buffet con vendita di
pane casereccio.
Tutti sono cordialmente invitati.
• Domenica 6 luglio alle ore
15 a Famolasco (Bibiana) avrà
luogo l’ultimo incontro della serie di studi biblici sul libro degli Atti degli Apostoli. Il pastore
Taccia introdurrà lo studio su
Atti 5: 17-42: « Liberazione e testimonianza ».
Gli incontri hanno carattere
ecumenico e sono pertanto aperti
a tutti.
• Venerdì pomeriggio si sono
svolti i funerali di Stefano Gay
dei Gay, di anni 80, cavaliere di
Vittorio Veneto.
Al familiari la comunità esprime la sua fraterna solidarietà e
simpatia.
ANGROGNA
Tre brevi ma «succose» relazioni del nostri delegati alla Conferenza ci hanno permesso di
avere rm culto d’informazione,
bén frequentato, sui lavori del
Distretto. È sperabile che nel futuro possiamo avere altri culti
dlnformazione su temi specifici
avendo in apertura la predicazione su un testo biblico che
possa orientare il dibattito.
• Il gruppo giovanile del Prasuit-Vemé ha concluso sabato
21 la propria attività con ima
agape alla Vaccera. Prossimo appuntamento il 23 luglio per definire le collaborazioni nel quadro della giornata del XV agosto che si svolgerà al Bagnau
(Vaccera) a partire dalle ore 10.
• Quest’anno due giovani catecumene d’Angrogna partecipano
al Campo Cadetti ad Agape; ci
auguriamo che l’interesse nei
confronti di Agape si allarghi
sempre di più nelTambito della
nostra gioventù.
• Sono iniziati i lavori di restauro e posa grondaie al Tempio di Pradeltorno dopodiché dovremo pensare al rifacimento del
soffitto del Tempio del Capoluogo parzialmente crollato e poi...
speriamo di preoccuparci meno
degli stabili e di più delle persone.
• Culti; in luglio e agosto al
Serre culto tutte le domeniche
ore 9.30, a Pradeltorno quindicinaie ore 10.30. I culti all’aperto
al Bagnau si terranno in luglio
il 13 e il 27, in agosto il 15 e il
24 con inizio alle 14.30 (portarsi
l’innario e l’ombrello), alternativamente con Pradeltorno.
SAN GERMANO
• Domenica 8 giugno è stata
la volta della gita di chiesa a
Bordighera-Vallecrosia. Ci siamo lasciati alle spalle una coltre di pioggia ed abbiamo trovato in riva al mare quel sole che
da tempo è quasi sconosciuto
alle Valli, Abbiamo partecipato,
con la comunità di Bordighera,
al culto presieduto dal pastore
Peyrot. Dopo, un buon momento di incontro fraterno col pastore Mathieu, che ha fatto un
po’ di ottima propagganda per
la missione contro la lebbra, col
pastore Cipriano Tourn e la Signora, con tanti altri fratelli, per
lo più oriundi delle Valli. Per il
pranzo siamo stati accolti con la
ospitalità che ben conosciamo
dai coniugi Nisbet e da tutti i
responsabili della Casa Valdese
di Vallecrosia, già simpaticamente piena di ospiti. Nel pomeriggio tutti al mare, dove parecchi
hanno potuto bagnarsi in un’acqua non propriamente tropicale
ma dalla temperatura tollerabile.
Grazie, cari amici di Bordighera-Vallecrosia, per questa
bella giornata che ci avete permesso di passare tra voi!
Come sempre, dobbiamo dire
grazie a chi, rimasto a casa, ha
tenuto il culto in quell’occasione. Daniele Garrone ha tenuto
una predicazione sul testo dei
« talenti », che i presenti hanno
vivamente apprezzato. Glie ne
siamo riconoscenti.
RINGRAZIAMENTO
« Io ho pazientemente aspettato
l’Eterno ed Egli si è inclinato
a me ed ha ascoltato il mio
grido » (Salmo 40 : 1)
Nell’impossibilità di farlo singolarmente i familiari del compianto
Edvico Beux
ringraziano sentitamente tutti coloro
che con la loro presenza, con scritti e
parole di conforto hanno preso parte al
loro dolore per la dipartenza del loro
caro.
Un particolare ringraziamento al personale infermieristico, ai medici e soprattutto al Dott. Diego Sappé dell’Ospedale Valdese di Pomaretto, agli
anziani RIV-SKF, ai vicini di casa
Sigg. Borei ed al Pastore Pons.
Inverso Pinasca, 16 giugno 1980
RINGRAZIAMENTO
« Io sono persuaso che né morte
né vita potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo
Gesù nostro Signore »
(Rom. 8: 38)
I familiari e i congiunti del caro
Carlo Giai
riconoscenti e commossi per le moltissime attestazioni di affetto e simpatia
ricevute in occasione della dipartenza
del loro caro, nell’impossibilità di farlo direttamente ringraziano tutte le
persone che hanno preso parte al loro
dolore con lè loro parole, la loro presenza 0 con offerte come c< fiori » per
l’opera del Signore. Un grazie particolare alla famiglia MiUanesio, ai medici
e al personale dell’Ospedale E. Agnelli,
al pastore Marco Ayassot, Renzo Turinetto, alla Corale, ai condomini, alla
ditta « Gilardini - Corte Cosso » e ai
compagni di lavoro.
Pinerolo, 17 giugno 1980
Renzo Turinetto aspetta di rivedere
il suo fratello e amico Carlo.
Per esigenze di fatturazione chi invia
un annuncio (economico, mortuario,
ecc.) è pregato di indicare ii n. di codice fiscale personale, della chiesa,
dell’azienda, a cui la fattura va intestata.
COMUNITÀ' MONTANA VAL PELLICE
SERVIZIO
GUARDIA MEDIGA
notturna - prefestiva - festiva
— dal sabato ore 14 a! lunedì ore 8
— dalle ore 14 della vigìlia del giorno festivo infrasettimanale alle ore 8
del giorno successivo presso l'OSPEDALE MAURIZIANO - Lusema San
Giovanni - TEL. 90684
-— bella notte dei giorni feriali, dalle
ore 20 alle ore 8 (escluso sabato, domenica e vigilia dei festivi) presso
l'OSPEDALE VALDESE - Torre Pellice TEL. 932433.
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farmacia Muston. giovedì chiusa la
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chiusa la farmacia Preti, giovedì
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Torre Pellice: Tel. 91365 - 91300
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— dal sabato ore 14 al lunedi ore 8
— dalle ore 14 della vigilia del
giorni festivi alle ore 8 dei giorni successivi al festivi
— le notti-dalle ore 20 alle 8.
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Croce Verde di Perosa - Tel. 81000
Hanno collaborato a questo
numero; ■ Giovanni Conte Dino Gardiol - Teofilo Pons Luigi Santini - Aldo Sbaffi Giorgio Toum.
10
10.
27 giugno 1980
_______L’URUGUAY A SETTE ANNI DAL COLPO DI STATO
Impegno per Tamnistia
* el Uruguay, no hay »
(Non c è niente come rUruguay).
Questo slogan era molto usato
negli anni 60 per marcare la difj esisteva col resto
dell America Latina. In apparenza tutto andava bene in Uruguay:
1 partiti politici esistevano, il diritto di voto era garantito a uornmi e donne maggiori di 18 anni ed anche agli stranieri, dopo
tre anni di residenza nel paese.
Dall inizio del secolo l’Uruguay
aveva avuto un solo militare al
potere per cinque anni, il generale Baldomir dal 1938 al 1943 e
per il resto governi, che rimanevano in carica per i quattro anni
costituzionali.
In politica estera l’Uruguay
era un paese neutrale, rispettoso
del diritto di asilo, che dava ospitalità a tutti i presidenti cacciati dalle dittature militari dell’America Latina. Il servizio militare non era obbligatorio ed esisteva un piccolo esercito di mestiere.
Lo stato non aveva una sua
religione ufficiale e la libertà di
culto era assicurata a tutti. Sul
piano dei diritti civili esisteva
la legge sul divorzio che, caso
raro in America Latina, poteva
essere richiesto anche da uno solo dei coniugi, quindi anche dalla donna.
L’insegnamento era laico e gratuito per la scuola primaria e
ciò aveva fatto abbassare il tasso dell’analfabetismo aH’8%. La
Università, finanziata dallo stato, era autonoma.
L’Uruguay era anche il paese
del foot-ball: due volte campione olimpionico e due volte campione del mondo. Lo stadio di
Montevideo, costruito nel 1930, è
capace di 100.000 posti.
L’economia era centrata attorno aH’allevamento del bestiame:
vi erano 3 vacche e 8 pecore ogni
abitante, un cavallo ogni cinque
abitanti, un porco ogni dieci abitanti.
Era un paese ricco, nel contesto dell’America Latina.
L’Uruguay era anche il paese
delle banche. Insamma era la
« Svizzera dell’America Latina ».
Aveva leggi avanzate in campo
sociale: 40 ore di lavoro la settimana, diritto alla pensione di
vecchiaia a 60 anni, comprese le
casalinghe, madri di due figli. Le
ferie pagate erano obbligatorie,
l’assistenza medica gratuita.
La stampa era libera senza
censure: a Montevideo esistevano 14 giornali, 26 radio, 5 televisioni.
La situazione
odierna
Ma tutto questo è finito il 27
giugno 1973, col colpo di stato
militare. Colpo, che è stato la
risposta della oligarchia uruguayana appoggiata dagli Stati
Uniti a una decina di anni di lotta di classe, anche armata, che
aveva fatto pensare alla possibilità della costruzione di uno
stato socialista.
Oggi in Uruguay regna l’orrore di un regime dittatoriale. I
suoi abitanti emigrano per ragioni politiche e per ragioni economiche all’estero. Vi sono code
per i generi di prima necessità,
per il latte, il pesce, il riscaldamento. L’inflazione ha tassi altissimi. Il salario reale è stato
più che dimezzato dal ’68 ad oggi. Il tasso di disoccupazione è
attorno al 16% (senza contare
gli emigrati). Il debito con l’estero ammonta ad una cifra pari
ad oltre tre anni di esportazioni
nette.
La Confederazione nazionale
del lavoro (CNT) è messa fuori
legge, come pure tutti i partiti
politici. L’università è sotto il
controllo dei militari, la stampa
sottoposta a censura. Anche le
chiese — compresa quella valdese — hanno restrizioni di funzionamento.
Oggi l’Uruguay è occupato dalle proprie forze armale ed è diventato un enorme campo di
concentramento: assassina e sequestri sono all’ordine del giorno e la tortura è praticata contro tutti gli oppositori del regime. I militari al potere hanno
elaborato una strategia per « democratizzare » il paese: è il cronogramma.
Lo stesso dittatore Aparicio
Mendez ha spiegato cosa significa. Il paese verrà « normalizzato » per tappe successive: prima della fine di quest’anno ci
sarà un plebiscito costituzionale.
Poi nell’ ’81 ci saranno le prime
elezioni presidenziali con un candidato unico presentato dalla
giunta militare. Poi le elezioni
nell’ '86 con due candidati e così di seguito ogni cinque anni:
nel 1991, nel 1996, nel 2001.
Ma Se il ’cronogramma’ è il
programma politico della giunta
militare, la situazione politica
attuale è drammatica. Forse nessuna delle dittature sud-americane è così spietata: un prigioniero politico ogni 400 abitanti
(il 20% sono dorme), un poliziotto ogni 4() abitanti, un abitante
su cento è stato un periodo in
prigione, il 55% del bilancio statale è spèso dalle forze armate
e dalla polizia, il 60% del petrolio è consumato dalle forze armate. Ogni cittadino è schedato.
Ma la resistenza a queste cose
si organizza. All’estero è nata la
« Convergencia Democratica », un
accordo tra le personalità di tutte le forze politiche e aH’intemo
una « Commissione per i diritti
sindacali ».
Organizzazioni internazionali
quali il Parlamento Europeo, la
Organizzazione Internazionale del
Lavoro, le Nazioni Unite sono
state investite della questione
della democrazia in Uruguay e
hanno preso significative decisioni di condanna dell’attuale regime.
A livello internazionale, il 21
giugno, vi sarà una giornata internazionale di lotta per l’Amnistia in Uruguay, cui aderiscono
anche i sindacati italiani.
Infatti l’amnistia generale in
Uruguay significa:
— liberazione di tutti i prigio-,
nieri politici e sindacali;
— l’abolizione del carcere speciale e della tortura;
— il ritorno degli esiliati.
In questo senso l’amnistia è la
premessa indispensabile per un
processo di ricostruzione e di pacificazione nazionale, prima tappa per la riconquista della democrazia.
Ma il successo di questa iniziativa intemazionale dipende anche
dalla nostra disponibilità a partecipare, qui in Italia, alle manifestazioni che ci saranno.
a cura del
Centro Sociale Protestante
di Pinerolo
RODELLI RISPONDE A PEYROT
A sostegno del
progetto dell’ALRI
Confronto statistico
Popolazione (in milioni)
Superfìcie (migliaia Kmq.)
Densità (ab/Kmq.)
Calorie quotidiane per ab.
Prodotto lordo per ab. (lire)
Uruguay
3,1
178
17
3.070
1.116.000
Italia
56,2
301
186
3.544
3.042.000
La tortura
La tortura in Umguay non è un’eccezione, un fenomeno
marginale, ma uno strumento quotidiano, persino banale.
La tortura va dalla privazione di acqua e degli alimenti,
a bruciature in tutte le partì del corpo, a scosse elettriche, a
strappare le unghie, a colpi con il piatto delle due mani sulle
orecchie. Ma la vera specialità della polizia uruguayana è il
« sottomarino » ; il prigioniero viene immerso in una vasca
di escrementi fino a che abbia l’impressione di asfissiare. Ve
ne è una variante, il « sottomarino secco » che consiste nel
coprire la testa del prigioniero con un sacco di naylon legato
attorno al collo e lasciarlo lì fin quando non diventa viola.
Inoltre a volte i prigionieri vengono sospesi per le braccia
o per i piedi per molte ore.
Tra i più orribili sistemi usati in Uruguay vi è quello di
torturare un familiare, in genere bambini, davanti al genitore perché questo parli.
Mi pare che non sia possibile
mettere sullo stesso piano l’Intesa ed una proposta di riforma
della legislazione scolastica generale in materia di religione
formulata dall’ALRI.
La Proposta dell’ALRI ha lo
scopo di spezzare il legame esistente tra insegnamento della religione cattolica e programmi,
orari e orientamento generale
della scuola pubblica, a cominciare da quella « materna » ed
elementare. La Proposta non
crea alcun obbligo per la Chiesa
valdese di organizzare lezioni di
religione evangelica, dal momento che queste « lezioni » sono
previste solo su domanda degli
interessati. Né la Proposta costituisce impedimento all’attuazione dell’art. 10 dell’Intesa. Va
benissimo — e fa onore alla Chiesa Valdese — che gli evangelici
siano disponibili solo al « dibattito sul fatto di religione » nell’ambito dell’agibilità scolastica
e che in quell’ambito soltanto
affermino i loro diritti. I cattolici sono ben lungi dall’avere
questa posizione; e di questo
fatto non si può non tener conto, a tutt’oggi.
La Proposta dell’ALRI risponde all’esigenza attuale di mettere sotto gli occhi dei parlamentari italiani un progetto alternativo di legge generale, in un momento in cui il Parlamento ha
(o dovrebbe avere) di fronte a
sé l’ennesima bozza di revisione
del Concordato con la S. Sede.
La Proposta dell’ALRI concorre
a mettere in evidenza la non disponibilità della S. Sede a soddisfare l’esigenza della controparte di « armonizzazione costituzionale » del Concordato.
L’ALRI col suo Progetto vuol
mettere in chiaro che per attuare la Costituzione in questo campo occorre in questo momento
un intervento legislativo che, preso atto della indisponibilità della
S. Sede, stabilisca due punti almeno, che sono irrinunciabili:
1) l’estraneità dai programmi e
dall’orario scolastico delle lezioni di religione; 2) l’attribuzione
alle Chiese dell’onere finanziario
delle lezioni di religione, qualora desidérino organizzarle alle
condizioni sub 1).
Tu mi dirai che questo schema non inquadra « il dibattito
Convertirci per primi
(segue da pag. 1)
Chi aveva un perenne spirito
di contraddizione, di -fronte all’evangelizzazione ha rimosso
ogni ostilità.
Anche se siamo agli inizi, stiamo galoppando e come, ma terribilmente facciamo i conti con la
nostra debolezza, avvertiamo
maggiormente di essere inseguiti, assediati, decimati e nella corsa cerchiamo di dimenticare chi
siamo e come siamo strutturati.
Qualcuno avverte che le direttive d’azione generano compiti e
preoccupazioni di altri tempi,
forse per nascondere un evidente disimpegno o affermando inconsapevolmente una verità. Ho
la sensazione che siamo in sintonia con la seconda parte del
testo preso in esame. Talmente
in sintonia che evitiamo ogni interferenza che venga a proporci
di sintonizzarci su altre bande
di frequenza.
Non la conversione degli altri,
ma la nostra sarà la nostra salvezza e la nostra forza.
Per alcuni di noi, pensando alla vicenda personale, all’inserimento nella storia della nostra
tribù, può essere anche un dato
acquisito, ma non deve essere
tale.
Bisogna che ognuno di noi diventi oggetto di una cotidiana
conversione così come la chiesa
locale che insieme ad altri si costituisce.
Mettere seriamente in discussione se stessi significa domandarsi se la vita stessa di ciascuno e della comunità abbia una
matrice di autenticità o di ipocrisia; considerare, alla luce di
nuove istanze, se esiste una verace corrispondenza tra quello che
proponiamo e quello che realmente siamo.
Tutto questo deve avvenire non
nel campo insindacabile della
propria individualità, ma nel
mezzo di quei rapporti umani
dove trova spazio il nostro essere cristiani evangelici.
Tutto questo deve avvenire e
avviene quando in primo luogo
più che convertire gli altri ciascuno si converte all’Eterno, cioè
compare a faccia a faccia in un
rapporto autentico con l’Iddio
biblico.
Non s’intenda questo come
gratuito rilancio di chissà quale
concetto di alterità, né come presuntuosa scalata che mira all'incontro estatico con la divinità.
E’ da intendersi come incontro con quello che veramente
rende Dio Dio, non dimenticando
che questo confronto ha avuto
un inizio e una direzione ben precisi perché desiderato e voluto
da Chi vuole esserci di nuovo
Padre e non lasciarci orfani o
travolti da progetti per cui ognuno ha l’impressione di aver risolto con uno slogan, la propria
infedeltà senza accorgersi che
ancora una volta si corre il rischio di accantonare l’esigenza
di una profonda conversione vissuta al cospetto del Santo d’Israele.
Per ciascuno di noi, per la chiesa convertirsi all’Iddio biblico,
al Santo, non significa un ulteriore utilizzo ecclesiastico di Dio
per essere alleggeriti da qualche
peccato o calamità. E’ necessario collocarsi su un altro piano.
cioè abbandonarsi e credere alla
eventualità che Egli possa utilizzare noi, la nostra esistenza e
quella delle singole chiese locali
organizzate e^ custodite all’ombra
di una Santità di cui bisogna
aver timore, temendo soltanto
Lui il Santo d’Israele.
Ora la conversione della chiesa o di se stessi, vissuta giornalmente al cospetto dell’Iddio biblico, penso che imprima un’altra direzione rispetto a quella
che il richiamo alla evangelizzazione detta alle nostre esistenze.
Più che a partire in quarta nell’intento di convertire gli altri,
o comunque essere considerati
dalla stragrande maggioranza
del popolo italiano, lo si voglia
o no, come coloro che nascondono fini proselitistici, occorre camminare e vivere la nostra quotidianità con uno spirito di libertà e verità autentiche, dimostrate da comportamenti segnati da
una salda speranza e ferrea volontà nel rimuovere quelle cause, o assediare e attaccare quei
centri di potere, che continuano
a produrre nella gente timore,
menzogne, delusioni e apatia.
Prima di evangelizzare, o meglio contemporaneamente a questo mandato, occorre dar segni
di una vita veramente vissuta
con autenticità, e questo è possibile non quando ci confrontiamo con noi stessi, con i nostri
programmi, con le nostre debolezze, ma quando in primo luogo
avviene un dialogo, un confronto con il Santo d’Israele che non
accetta mezze misure o una vita
vissuta con ipocrisia, davanti al
quale la nostra esistenza è chiamata in causa in tutti i suoi
aspetti per essere impegnata e
vissuta in rapporti autentici con
Dio e con gli uomini.
Francesco Carri
sul fatto religioso », in modo non
istituzionale. Personalmente apprezzo moltissimo la tesi valdese,
proprio perché non istituzionalizza nulla, ma per tradurla in
legge dello Stato italiano occorre una spinta culturale e pedagogica che, purtroppo, oggi è limitata a poche minoranze. L’ALRI, se hai ben notato, ha assunto l’Intesa valdo-metodista come
punto di riferimento molto significativo, che potrà sempre essere messo a confronto con le
tesi giuridiche e pedagogiche dei
cattolici.
Detto questo, mi pare chiaro
che, nell’art. 1 della Proposta,
abbiamo usato l’espressione « rispetto fra soggetti di differenti
posizioni in materia di religione », perché ci siamo messi dal
punto di vista dello Stato, di uno
Stato che voglia riformare la legislazione scolastica in materia
di religione in base ai principi
della Costituzione della Repubblica, tenendo conto della realtà
effettuale, cioè di una società
composta di credenti appartenenti a diverse confessioni religiose e di non credenti, di teisti
e di atei, di umanisti cristiani e
di umanisti atei, tutti aventi diritto ad essere rispettati singolarmente per le loro opinioni in
materia di religione. Su quest’ultimo punto, che corrisponde alTart, 1 della Proposta delTALRI,
lo Stato deve dare garanzie primarie e specifiche: di qui l’uso
dell’espressione « in materia di
religione ». Le particolari richieste delle diverse confessioni religiose — quelle sancite dall’Intesa coi Valdo-metodisti sono infinitamente più apprezzabili di
quelle che sono tipiche della
(3hesa cattolica — rientrano nello schema indicato dalTALRI, alle condizioni stabilite dall’art. 2,
che non intacca le leggi vigenti
sull’agibilità scolastica.
Forse è il caso di dare, per così dire, l’interpretazione autentica dell’art. 2, dove il « saranno
organizzate », riferito alle lezioni di religione, va inteso come
un « potranno essere organizzate », che si ricava dalla condizione a cui devono sottostare di essere richieste, su domanda degli
alunni o dei loro genitori o tutori.
Concludendo: la Proposta delTALRI è concepita dal punto di
vista della legislazione generale
dello Stato (e non da quello di
una Intesa con una determinata
Chiesa). D’altra parte, la Proposta delTALRI, qualora fosse tradotta in legge, non farebbe che
valorizzare la posizione che i
Valdo-metodisti hanno preso con
l’Intesa, perché questa costituirebbe pur sempre un termine di
confronto più avanzato.
Luigi Rodelii
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