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ECO
DELLE miXI VALDESI
prof.
ARMAND HUGOK AUSUSTO
Case Nueve
torre PELLICB
S e t t i m a n c 1 e
delia Chiesa Valdese
Anno XCII — Num. 8
Una copia Lire 30
ABBONAMENTI
{Eco: L. 1.300 per l’imemo
L. 1.800 per l’eslero
« Eco » e « Presenza Evangelica »
interno L. 2.000 * eotero L. 2.800
Spediz. aW). postale - I Gruppo
Cambio d’indirizzo Lire 50
TORRE PELLICE — 23 Febbraio 1962
Ammin. Claudiana Torre Pellice • C.C.P. 2-17557.
Gloria dei padri
GLORIA DI DIO
« A egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti...». Il mediocre entusiasmo con cui, al liceo, leggevo i « Sepolcri » del Foscolo non si
è punto avvivato con gli anni. Certo
perchè non ho un « forte animo », e
un poco per insofferenza alia retorica.
Ci ripensavo, notando l’annoso contrasto per cui attorno alle «urne dei
forti » della storia valdese si vedono
periodicamente confrontarsi e scontrarsi entu3ias«P«« scettici, anziani e
giova*à.i^ V' to'» M' t •
Í5’ elle i giovani vai
desi, oggi, conoscono poco e male la
loro storia; ma è anche vero che essi
hanno delle buone ragioni per ritenere che l’entusiasmo ’febbraiolo’ di molti (non tutti, certo) dei loro ’vecchi’
è fasullo, o quanto meno effimero, o
angustamente patriottardo: si spegne
come la scia luminosa dei mortaretti
e reco dei discorsi, e dice poco a chi
si abitua sempre più a pensare e a
vivere senza sentire la sacralità dei
confini etnici, nazionali, anche ecclesiastici (ed è, questo, un bene e un rischio -al contempo).
Ma in questo dibattito, in questo
sconirarsi di atteggiamenti, quanto
spesso si manca il nocciolo della questione; il pulsare del vero cuore della
storia — e della storia valdese che ne
è parte umilissima — rimane eluso,
inavvertito. Infatti, l’unico senso della storia è l’intervento di Dio. Soltanto perchè Die interviene nella storia
degli uomini, questa acquista un significato, una direzione, e può essere,
per la fede, « maestra di vita ».
In altre parole, quel che conta non
è la gloria dei padri: è la gloria
di Dio. Ogni popolo Ha i suoi grandi,
ogni patria i suoi « padri », ogni movimentò i suoi martiri. Osservati sul
piano orizzontale della storia umana,
non vedo, essenzialmente, alcuna differenza fra Varaglia, Gianavello, Arnaud, Giovanni Luigi Pascale e Socrate, ad esempio, o Tommaso Moro, o i martiri coscienti della Resistenza. E’ il sobrio, invitto coraggio
di resistenza spirituale dei pochi che,
in tante posizioni diverse, hanno accettato di soffrire e, se necessario, di
morire per la loro convinzione profonda. Mi commuove, umanamente,
altrettanto G. L. Pascale quanto il
cèco Pucik che, torturato e poi ucciso
dalla Gestapo a Praga, chiude il suo
diario (« Scritto sotto la forca ») : « Uomini, ricordate, vi amavo! ».
Tuttavia il senso della rievocazione
dei « forti » della storia valdese, va
assai oltre lo sgorgare di un sentimento di commosso rispetto. Nell’^
giografia valdese essi, pur chiamati «giganti della fede », sono stati disegnati
così grandi e maestosi da coprire Dio,
rinnegando la parola del Battista che
è norma per ogni testimone della fede : « che Egli cresca e che io diminuisca». Non che i valdesi di allora si
siano visti in questo deformante ed
esaltante specchio di gloria: essi anzi
sarebbero i primi ad insorgere contro
tante nostre commemorazioni; l’errore, quindi, non è soltanto tale nella
prospettiva della fede, ma anche sul
piano storico. E c’è da chiedersi se
l’indifferenza della (retoricamente)
antiretorica gioventù d’oggi non è in
parte da far risalire a questa falsa
accentuazione delle gloriose gesta e
delle avventure di fìonde e tùmpi’.
La posa delle dodici pietre commemorative del passaggio del Giordano
(Giosuè 4) è così commentata dal
« Manuel Biblique » delle Scuole Domenicali di Francia : « La Bible n’interdit pas de commémorare le passé, si
c’est pour raviver le souvenir des grâces de Dieu. Mais nos monuments et
nos fêtes ne sont-ils pas trop souvent
glorification de nos prouesses, eu lamentation sur les amertumes du passé? Or le passé n’est intéressant (comme le présent, comme l’avenir) quepar les actes de Dieu ».
Questo vale anche per l’Israele delle Alpi... e per quello delle Cévennes!
Ed è la nota con cui giustamente il
prof. Armand Hugon concludeva il
suo articolo nel numero scorso : « sono convinto che la storia valdese non
e soltanto storia degli uomini, e che
ineriti di essere conosciuta e meditat-.i
proprio per cercarvi i segni della volontà del Signore della storia».
E’ qui, poi, il cuore della lotta che
i padri hanno sostenuto contro Roma ;
alla ttìoiàgia del «pieno di grazia»
hanno contrapposto con biblica lucidità la teologia del « iavorito dalla
grazia ».
Noi rinneghiamo la loro sofferta testimonianza alla gloria del Signore,
quando gonfiando il petto ne facciamo
aei gloriosi « pieni di grazia », esaltando le loro virtù.
Noi riceviamo invece, nella comunione della fede, la loro sofferta testimonianza alla gloria del Signore,
quando li ricordiamo e li consideriamo — come furono e si sentirono —
.( favoriti dalla grazia » del Signore
che li aveva tratti dalle tenebre alla
sua meravigliosa luce.
Non solo il 17 febbraio 1848, ma nei
secoli precedenti, nei cuori di quegli
umili credenti, e nelle vicende ’misteriose’ e improvvise della grande e delia piccola storia, « il Signore ha fatto
cose grandi », per loro e per noi ; e
per questo, oggi ancora, « siamo nella
gioia » della sua presenza onnipotente, ricca di redenzione.
Gino Conte
Questa nostra scuola
Breve storia di una riforma
Gli sviluppi della recente crisi politica hanno riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica il problema della scuola, che, stando alle decisioni dei j)artiti convergenti, dovrebbe trovare finalmente una soluzione definitiva.
Non è forse inutile, oggi, fare il
punto ili una situazione, per altro
ancora fluida, e di formulare quelle
riserve o quelle adesioni che valgano a far sentire il problema nelle nostre famiglie.
Il principio fondamentale ormai
acquisito, è altamente lodevole: d
prolungamento obbligatorio dell’istruzione fino a 14 anni (^servizio
scolastico: quiìidi gratuito: lodevole
anche questo, pur se l’attuazione
[irocede a rilento). Ma, come spesso
succede in Italia, la riforma ha voluto affrontare e risolvere d’un sol colpo tutti i problemi, a tutti dare la
soluzione definitiva. Ed è così cominciata tutta una lunga dolorosa
storia di progetti, di circolari, di colpi di piccone, di rabberciamenti. Si
Gli Ortodossi e rEcumenismo
Il vero ecumenismo è quello che si
realizza alla base nell’amore di Cristo
Una prova di quanto le Comunità
possano essere sensibili all’ecumenismo quando questo scende dalle diplomatiche vette alla «base», la à è
avuta nel pomeriggio di Domenica 11
corr. a Torino.
Sono riuniti per un’affermazione di
fraternità in Cristo circa un centinaio
dì Ortodossi della vicina comunità
ortodossa di Montalto Dora ed alcune
centina'a di Valdesi della Chiesa di
Torino.
Scopo dell’incontro è proprio quello di dare una dimostrazione pratica
e vivente di cesa significhi incontrarsi come fratelli al di sopra delle differenze dottrinali, nel clima della carità di Cristo e nel riconoscimento
della Sua unica signoria.
A rendere più solenne e significativa la presenza nella nostra Chiesa di
un cosi cospicuo gruppo di fedeli ortodossi sono con loro, risalendo la scala della gerarchia, il loro parroco Don
Santo Pace, principale oratore della
giornata. Padre Gregorio Abate del
Monastero Benedettino (Ortodosso)
di Villemoisson e S. E. Rev.ma Mons
Alessio, Vescovo di Meudon e Vicario
di S. Em. l’Esarca del Patriarca Russo
per l’Europa Occidentale.
Ristorati gli ospiti con una tazza di
tea offerta dalla Lega Femminile e
un’oretta di fraterne conversazioni
nel salone adiacente la Chiesa di Corso Vittorio, eccoci nel tempio che si
riempie di un pubblico non solo nu
Í.
m eroso, ma anche particolarmente attento e disposto a prolimgare la sua
attenzione per tutta la lunghezza del
culto, protrattosi per quasi due ore
senza che si accenni alla minima stanchezza.
Il Pastore Ayassot presiede la prima
parte del Culto e da il benvenuto da
parte della Chiesa Valdese di Torino
agli ortodossi ed ai loro conduttori,
ringrazia il Vescovo Alessio e l’Abate
Gregorio d’avere contribuito con la
loro presenza a .sottolineare l’importanza di questo incontro destinato a
rimanere una data nella storia religiosa dltalia perchè « abbiamo qui la
prima Chiesa Evangelica Italiana,
fuori delle Valli Valdesi, che riceve
nel primo Tempio protestante aperto
al pubblico per gli italiani, la prima
comunità ortodossa di italiani. Non è
senza significato che sia proprio nel
nostro vecchio Piemonte che, a poco
più di cent’anni daH’ammissione dei
valdesi al godimento dei loro primi
diritti, sorga e reclami, in mezzo a
molte ostilità, i propri diritti alla testimonianza cristiana la prima Comunità italiana di Ortodossi. Non è senza significato che a questa laboriosa e
contrastata nascita di una ortodossia
italiana assista con simpatia cristiana
la Chiesa Valdese, la quale sa per
esperienza cosa vuol dire aprirsi il
varco alla libertà in un paese cosi irrimediabilmente educato all’intolleranza religiosa».
Mons. Alessio vescovo ili Meudon e vicario di S. E. ¡'esarca JSIicola iper gli affari
occidentali
Dopo il saluto del Pastore Ayassot
prende la parola Don Santo Pace,
Parroco Ortodosso di Montalto Dora,
al quale i Valdesi di Torino avevano
richiesto di esporre i termini della
posizione degli ortodossi dinnanzi al
problema ecumenico e particolarmente nella previsione della celebrazione
del Concilio Vaticano.
(segue in 3" pag.)
IL CATECHISMO DI HEIDELBERG • II
La miseria deii^uomo
è avuto l’impressione di un terremoto e del caos: le migliori intenzioni
e rimprevidenza più assoluta; ottime enunciazioni pedagogiche e scarsa conoscenza della realtà.
E’ stato abolito l’esame di ammissione alla scuola media; è stalo prolungato il servizio scolastico... ma le
aule, insuffìeienti prima, sono rima,ste quelle di prima!
Si è creato un nuovo tipo di scuola media (tipo della nuova scuola riformata), ma non si è pensato ad armonizzarne i programmi con quelli
dei vari istituti attualmente esistenti!
I riformatori ministri si sono giustamente preoccupati di dare una
scuola viva da cui escano giovani
preparati alla vita del nostro tempo,
anche sul piano delle applicazioni
tecniche; ma poiché queste non sono
semplici parole, dove sono ì miliardi necessari per creare, accanto ad
ogni scuola media, un efficiente anche se modesto laboratorio?
L A. Vaimal
(segue in 5» pag.)
- Donde conosci la^^tuo miseria?
- Dalla Legge di Dio
Non parliamo volentieri della miseria dell’uomo, tanto
più in un tempo come quello odierno, in cui l’uomo è già
fin troppo ossessionato da se stesso, per cui il bene supremo
è dimenticare, dimenticarsi, confondersi nel Nirvana sociale. Il tema della miseria dell’uomo è un tema impopolare
perchè di esso si è abusato, falsificandone i termini e quindi
compromettendone i risultati.
Un primo abuso è avvenuto in sede ecclesiastica e risale
a un certo tipo di predicazione in voga — ci si dice — nel
Medioevo e in certi settori pietisti della cristianità contemporanea. Vi è effettivamente un modo non evangelico
di parlare della miseria deH’uomo, che anziché consolare
l’uomo lo irrita, anziché guarirlo, gli fa nascere un’invincibile avversione per la medicina. E’ il modo di quei fanatici del peccato, che disgiungono il « no » del giudizio di
Dio dal « sì » della sua misericordia, che manovrano Dio
contro l’uomo, dimenticando che Egli é sì giusto, ma anche giustificante al tempo stesso (Romani 3: 26); che mortificano l’uomo sotto il « peso » di Dio, dimenticando che
il giogo di Dio é dolce e il suo carico leggero (Matteo
11: 30). E’ il modo di quei predicatori di tipo inquisitoriale che vogliono creare una specie di complesso permanente di colpa nell’uomo e predicano una Legge che non
é Evangelo, una Legge che intristisce l’uomo anziché soccorrerlo. Ne nasce un cristianesimo cupo, inibito, mortificato, un cristianesimo da Quaresima, che sfocia poi
fatalmente nel suo contrario, cioè nel carnevale. Gesù
però non ha prima spinto gli uomini nella disperazione
del peccato, ma li ha tratti fuori dal peccato. E’ la grazia
che ci svela la miseria della condizione umana. « Sono
neH’inferno, ma la grazia che me lo scopre mi trasferisce
in paradiso » (Lutero).
* * *
Un secondo abuso sulla miseria é avvenuto recentemente in sede laica e trova la sua espressione in molta letteratura contemporanea e in larghi settori del pensiero filosofico odierno. L’uomo é innocente. « Gli si vorrebbe far
riconoscere la sua colpa. Egli si sente innocente. In verità,
egli non sente altro che questo: la sua irreparabile innocenza » (Camus). « Gli uomini sono condannati per un
delitto sconosciuto » (Camus). L’uomo non é colpevole, é
vittima. Perciò egli é straniero alla realtà che lo circonda,
così come Dio è straniero all’uomo. La condizione umana
é disperata perché assurda ed é assurda perchè sfocia
nella morte, che è l’unica certezza incontestata e incontestabile. La vita è perciò apparenza (Sartre) e l’essere uma
no è un « essere per la morte » (Heidegger). La miseria,
la « colpa » dell’uomo è -di esistere.
Ma la miseria dell’uomo dì cui parla il Catechismo di
Heidelberg non è l’angoscia esistenzialista, l’essere per la
morte. Essa si situa in un quadro più ampio, è miseria
davanti a Dio, mentre l’angoscia esistenzialista è tale solo
in un lucido, sconsacrante esame di se stessa, è senza
vis-à-vis. è miseria che si nutre di se stessa e che, per
questo, si ignora. La miseria dell’uomo è, in realtà, di
poter restare impassibile di fronte a Dio, di considerare
la Legge di Dio come una limitazione della sua libertà,
quindi disobbedire per obbedire a se stesso, di non ascoltare Dio per ascoltare se stesso, di avere un cuore sordo
che non risponde alla Parola di Dio, «un cuore di pietra»
(Ezechiele 36: 26), di poter vivere senza Dio e considerare questo normale. Nasciamo senza Dio, dobbiamo
andare alla Scuola Domenicale per imparare il suo nome.
E dopo averlo imparato possiamo dimenticarlo. La miseria dell’uomo è di non poter credere, di non poter amare. di non poter sperare. La miseria dell’uomo del credo
cristiano non è dunque il frutto di qualche atavico complesso monacale. E’ una miseria reale; in essa si imbattono quotidianamente cristiani e non cristiani. Essa è dovuta al fatto che l’uomo ama se stesso sopra ogni altra
cosa. Dio, che è amore e proprio perchè è amore, vuole
essere amato come Egli ama, cioè nella libertà. L’uomo
preferisce se stesso e nella solitudine il suo amore diventa
egoismo. Vuole essere « come Dio » (Genesi 3: 5) e cessa
anche di essere uomo. Diventa disumano. Questa è la miseria dell’uomo. L’amore di Dio, invece, resta amore,
ricerca di comunione. Ma sarà amore crocifisso.
La miseria dell’uomo è dunque reale, e lo è proprio
e tanto più quando è davanti a Dio. Ma non è una miseria definitiva. « Si potrebbe parlare senza fine della miseria dell’uomo, ma grazie a Dio questa miseria non è
senza fine » (Barth).
♦ * *
Parliamo dunque della fine della miseria dell’uomo
La sua fine avviene là dove la miseria dell’uomo, con
tutta la sua carica di disperazione, la sua cupa solitudine,
l’angosciosa sensazione di essere senza Dio e la sua desolante impotenza di fronte a Dio, sembra concentrarsi,
esprimendosi in quel grido che sale dal fondo della natura e della storia e sgorga dal petto di ogni uomo trovando infine in Gesù crocifisso il suo portavoce (ma sulle
labbra di Gesù il grido è già preghiera): Dio mio, Dio
mio perchè mi hai abbandonato? Questo grido, che è
il grido della nostra miseria, della nostra condizione perduta, avviene già in Dìo, a motivo di Gesù Cristo. La nostra miseria è una miseria che trova posto in Dio, che è
compresa, abbracciata da Lui. E’ una bassezza cui Dio
ha riguardato (Luca 1: 48). Paolo Ricca
2
P««- i
N. 8 — 23 febbraio 1962
• JÚ'i i
AMéMSADEURS
POUR CHRIST
2 Cor. 5; 20
Tu n'aimes pas beaucoup qu'on te rappelle ce qu'est le témoignage
d'un chrétien; la Vérité sanctionnée par la vie, parfois — lorsqu'il le
faut — scellée par le martyre. Pourtant, tout comme un autre, tu es
fait pour la ¡oie formidable, sinon de subir le martyre, du moins d'être
témoin, de parler haut de ce qu'on sait de Dieu, de diré son message
à la face du monde, de s'appeler « ambassadeur du Christ ».
L'ambassadeur se sait couvert par le prestige de celui qui l'envoie;
son propre nom peut être obscur, lui très modeste et même insignifiant,
il s'appuie sur son prince; mandaté par un roi, il est fort de sa force
et brillant de sa gloire. Un vrai témoin de Jésus-Christ n'oublie jamais
qu'il est l'ambassadeur du plus puissant des rois. Toi, la plupart du
temps, tu crains de montrer tes couleurs, tu te caches; tu fais quelques observations, puis tu vas retrouver tes amis bien pensants pour
déplorer comme eux « la vague de matérialisme qui recouvre le monde »,
pour affirmer l'urgence d'un « renouveau spirituel » que par ailleurs tu
semblés disposé à attendre longtemps.
C'est là agir non en ambassadeur mais en timide espion.
Or ton Maître n'a pas besoin d'espions, pour la bonne raison qu'il
connaît mieux que nous tous les besoins du Monde. Il te demande de
Lui servir de porte-parole et non d'informateur, de représentant déclaré, non d'émissaire secret.
Observe les apôtres et tous les vrais chrétiens, jusqu'aux plus humbles : ils se distinguent par un air de noblesse, une façon ferme de
parler, une assurance enfin qui trahissent en eux les envoyés plénipotentiaires du Maître souverain. Philippe Vernier
Un fenomeno iToggi:
i “paras,,
— L’IUustré protestant (febbr. 1962) dedica un’interessante inchiesta al « fenomeno paras », sulla faLsariga di un libro recentemente pubblicato dalle Eìditions du
Seuil, « Les parachtitistes », di Gilles Perrault, egli stesso ex basco rosso ma pronto ad una riflessione lucida e coraggiosa.
Egli ricorda agli ’anziani’ la loro responsabilità verso questi giovani: « Tutto è
possibile, perchè con i giovani si può prò.
.spettare qualsiasi mutamento. Ma se nulla
fosse intrapreso, se la speranza non fosse
rianimata, se il cantiere non venisse aperto, se le forze di vita non venissero a disputare la sua preda al romanticisano della
morte, la Francia badi, allora, alla sua immensa gioventù! ». E si cita questa frase
di un discorso di De GauUe (6.6.1953);
« Per i paracadutisti, la guerra fu il pericolo, raudacia, risolamento... Giocando il
tutto per tutto, comipletamente abbandonati a sè stessi in mezzo alle linee nemiche,
ecco dove persero i loro morti e raccolsero
la loro gloria. Lo scopo fu raggiunto, la
vittoria conquistala. Ora, dilaghi pure la
bassezza! Essi guardano il cielo senza ini
pallidire e la terra senza arrossire ». Quali
lo tale retorica possa essere disastrosa, ri
salta con una sobrietà pensosa e struggen
le, lucida e rispettosa dallo stupendo ro
manzo di Carlo Cassola: «La ragazza di
Bube », la più bella, umana, onesta e umi
le presentazione dell’epopea partigiana,
con le sue luci e le sue ombre, a nostra
conoscenza.
Si avvicina la fine delia
guerra in Algeria?
— Il numero del 15 febbraio di ^Adesso*
dedica un articolo all^avvicinarsi della
fine della guerra d’Algeria: « Il compilo dei cristiani». « ...la Cliiesa di Francia
«i è rifiuitata di dare la sua cauzione al
conservatorismo coloniale. Ora i dadi ?H)no
gettati. Perchè è chiaro che i cristiani sono i più adatti a comprendere il vero senso della decolonizzazione... Mentre gli ’uliras’ tentarono di predicare all’esercito e
alla nazio<ne un nazional-cattoìicesimo assolutamente imbecille, numerosi cristiani
si Sichieravano apertamente per una politica di giustizia e di ragionevolezza. Parecchi di eissi sono stali messi in prigione; alcuni giornali sono stali sequestrali, si è
fatta la guerra ai cristiani che volevano
una giusta pace fin dentro la Chiesa. Malgrado tutto la loro influenza è crescinla a
'-■nano a mano nella Chiesa, perchè il lento
e doloroso confronto tra la fede e gli avvenimenti co-nfermò la giustezza della loro
scelta... Durante più di quindici anni i
cattolici francesi più vivi hanno consacralo alla decolonizzazione il meglio del loro
tempo, dei loro affetti, dei loro pensieri ».
L^abbiamo documentalo più d’una volta,
noi pure, sulle nostre colonne. Ci avrebbe
emmenicaniente rallegrati se, da parte di
« Adesso », fosse stato ricordato pure che,
accanto a questi cattolici, ci sono stati
molti protestanti a condividere, con loro
e con molti laici (i cristiani ncn hanno
mai r« esclusiva »), la « resistenza » spirituale francese.
Spigolature di attualità
iimiiiiiimiuiiimiiiiMMiiiiiiiiuimiiiiiiMi
iiiiiiiiiiiliiiiiiiimiiMiiiiiiiii
Proprietà di IMuadgio nell’ordine ecclesiastico
ossia : dove si chiariscono alcuni termini
La ricerca di una terminologìa appropriata nella rispondenza dei vocaboli e delle locuzioni ai concetti die si vogliono
esprimere, è doverosa andie nell’ordine
ecclesiastico, soprattutto quando nel discor.so affiora un problema di fondo come quello dei rapporti, competenze e prerogative
dei pastori e di coloro die tali non sono.
Problem.i questo reso più complicalo appunto da difficoltà tecniche di linguaggio.
“ Laico „
Per convincersene basta considerare la
parola « laico » die non è certo la più indicata in un simile discorso; poiché il termine dice male e non dice tutto, pur essendo di largo impiego anche nei nostri
ambienti. La contrapposizione «laici» e
« pastori in una Chiesa come la nostra
falsa i rapporti ecclesiastici, impostandoli
secondo una linea che non è la nostra, in
quanto la Chiesa non è costituita soltanto
da « pastori » e « laici ». In essa, per fortuna, vi sono anche altre persone thè non si
possono più oltre denominare « laici » nel
senso di « popolo indistinto », di « vnlgus
pecum » (fenomeno sempre presente purtroppo in una Chiesa per poco che essa sia
moltitudinistica), nè tanto meno nel senso
di « ignoranti ed inipreparati nelle cose ecclesiastidie », di « non iniziati o disinteressali nelle questioni religiose ». Tutti coloro
die « laici » non sono e « pastori » neppure cercano, nel quadro di una rivalutazione
dei « ministeri ecclesiastici », il loro legittimo posto in relazione al proprio impegno
nella vita e nell’ordine della Chiesa. Su
questo problema di merito mi fermerò
un’altra volta; per ora basta sottolineare
che il termine « laico » è certamente quello di cui nella nostra Chiesa si avverte oggi maggiormente rimproprietà ed il disagio nell’impiegarlo fuori del suo significato tecnico.
Ma non è « laico » il solo vocabolo suscettibile di ingenerare equivoci. In un recente articolo apparso su queste colonne
(Eco-Luce del 26-1) alcuni termini, che erano stati precedentemente impiegati nel convincimento della loro proprietà tecnica,
sono invece stati giudicati male a proposi
iimiiimiminmihi
Cahiers BiblUjues de « Foi el Vie »:
O. CuLi.MANN — L« royauté de Jésus-Christ
et l’Eglise dans le Nouveau Testament,
PP- 48, L. 300.
K. Barth — La doctrine ecclésiastique du
baptême, pp. 50, L. 301).
J. Ellul — Le Hure de jouas, no. 104,
L. 400.
D. L. Moodï: La via che mena a Dio.
Ediz. Centro Biblico, Napoli 1961,
pp. 184, L. 350.
F. Michaeli: Textes de la Bible et de
l’Ancien Orient. Cahier d’archéologie
biblique 13. Deladiaux et Niesllé,
Neuidiaiel-Taris 1961, pp. 134, L. 1.200.
A. Trocme: Jésus-Christ et la révolution
non violente. Labor et Fides, Genève
1961, pp. 206, L. 1.280.
R. Mehl: Société et amour. Problèmes
éthiques de la vie familiale. Labor et
Eides, Genève 1961, pp. 231, L. 1.280.
M. Martini; Pierre Valdo. Le Pauvre de
Lyon. L’épopée vaudoisc. Labor et Tides, Genève 1%1, pp. 178, L. 1.280.
K. Barth: Dogmatique 3-2-2. La doctrine
de la création. Labor et Eides, Genève 1961, pp. 356, L. 4.350.
V. Lossky: Vision de Dieu. Un nuovo volume della « Bibliothèque orthodoxe »
di Delacbaux-Niestlé, Neuchâtel-Paris
1962, pp. 142, L. 1.360.
to, e non consentanei con il rispetto dovuto a persone e cose, fatti e rapporti, nelFambito della Chiesa. Vale quindi soffermarsi su di essi nel tentativo di chiarirne
il senso.
“ Paludamento „
Il primo di tali vocaboli è « paludament-j » riferito alla toga pastorale, per la quale sì riterrebbe più conveniente il termin-t « indumento »- Orbene, stando ai vocabolari, Se « indumento » può apparire più
consono avendo riguardo alla sobrietà delLt toga, tuttavia è evidente che con esso
si suole per lo più indicare un capo di
vestiario e non una sopravveste, quale è
invece una Ioga. Ed infatti l’espressione
« sacri indumenti » si usa ad indicare quelle vesti sacerdotali che non si usano nella
nostra Chiesa. « Paludamento » indica propriamente sopraveste; pomposo, in quanto
si adopera nei riguardi della clamide imperiale e del manto regale la ricchezza dei
quali contrasta con la foggia modesta della
toga che i pastori indossano sul pulpito,
non lo riterrei tuttavia usato fuori luogo
e sproporzionato nei suoi confronti, attesa
quella nota di decoro che è propria della
toga.
“ Pastorìzzazione „
Quanto all’altro vocabolo, incriminalo
per presunta mancanza dì rispetto per la
« ( ategoria » dei pastori, la questione è di
maggior momento, poiché investe i rapporti tra pastori e coloro che pastori non sono,
su cui sì discute da tempo nei nostri ambienti.
Anzitutto sia chiaro che « pastorizzare »
e « pastorìzzazione » sono termini che nulla hanno a che vedere con il processo di
sterilizzazione dei liquidi fermentabili inventato dal chimico francese Pasteur; processo questo die è técnicamente indicato
con il termine « pasteurizzazione ». Mi ren
do conto che in italiano « pasteurizzare » e
« pastorizzare » vengono adoprati alternativamente nei confronti del detto procedimento e quindi valgono come identici, ma
in un ambiente bilingue ccnie il nostro è
(la attendersi che in sede tecnica la differenza possa esser colla. E ciò tanto più che
m-lla loro formazione letterale « pastorizzazione » e (( pastori-zzarc » non sono glossemi impossibili, ma semmai neologismi
rcltamente costruiti dal sostantivo « pastori » e dalle appropriate desinenze atte ad
indicare esattamente il medesimo fenomeno
e la stessa azione ('he i corrispondenti vocaboli « laici-zzazione » e « laici-zzire » indicano nei riguardi dei « laici », intesi nel
duplice senso tecnico di cui ho più sopra
fatto cenno. Vocaboli questi ultimi che,
per essere già introdotti da tempo nel linguaggio ecclesiastico son ben compresi da
tutti nella loro portata e nel loro significato quando li si adopera in riferimento
alla vita della Chiesa.
L’uso dei quattro vocaboli sopra indicali mi sembra consentaneo, tanto più nella
loro contrapposizione, quando si abbia come oggetto del di.scorso la vita ecclesiastica, non solo nell’ambito del nostro piccolo
mondo valdese, ma in genere nel quadro
delle Cinese riformate, dove l’azione promossa e le potestà ecclesiasliolie sono perennemente esposte al rischio opposto, o di
essere « laicizzate », o « pastorizzate ». Convengo che questi vocaboli, come tutti quelli di pari desinenza, sono foneticamente
sgraziati, ma non è facile sul piano tecnico trovarne altri altrettanto appropriati.
Quel che non vedo è perchè « pastori-zzare » sarebbe irrispettoso e « laici-zzare »
no! tanto più poi se si considera che «laico », inteso come alternativo alla condizione di pastore, non è affatto indicativo, nè
legiiiiinamente adoprato nei confronti di
quei molti ohe « laici » non sono c, pur
non essendo « pa.stori », sono egualmente
inseriti, piaccia o no, nei quadri ecclesiastici unitamente ai pastori e condividono
varie responsabilità a causa del « ministero » a cui sono stati chiamati.
Considerando la cispondenza del lermim'
al concetto che si vuole esprimere, è il caso di vedere in cosa possano consistere il
fenomeno della cosidetla « pastorizzazione »
e quello parallelo ed opposto c non meno
pericoloso della « laicizzazione » nelle cose ecclesiastiche.
« Pastorizzare » anzitutto non esprime
un’azione tendente ad una trasformazione
dello status pastorali® per farne una casta,
un « clero » ; poiché, se ciò av venisse —
qiiod Deus avertat — i nostri pastori non
sarebbero più « pastori », ma chierici e sacerdoti; e la nostra Chiesa non sarebbe più
quella che è. Premesso quindi che non ci
si riferisce ad una tal « degenerazione del
ministero e dell’autorità pastorale », che
nei nostri ambienti per fortuna non si riscontra, è di tutta evidenza che i termini
« clericalizzare » e « clericalismo », riferiti
al ministero dei nostri pastori non hanno
alcun senso nella nostra Chiesa e non li
possiamo quindi adoperare in vece e luogo
di quelli impiegati, malgrado che in ultima
analisi vi sia chi li preferisca.Essi comporterebbero una frattura costituzionale tra
« laici » e « clero » che nel quadro di un
ordinamento presbiteriano è inconcepibile.
Di poi detti termini sarebbero veramente
irriverenti verso i nostri pastori, poiché
« clericalismo » indica non tanto un fenomeno interno dell’ordine ecclesiastico, ma
l’adoprarsi nell’ordine temporale perchè la
vita e le strutture della società civile abbiano a conformarsi alle direttive del clero, unico docente ed imperante in un quadro confessionale che tende ad invadere il
terreno politico. Ora, un’azione del genere
ì nostri pastori non l’Iianno mai neppure
pensata !
« Pastorizzare » ha invece ad oggetto soltanto gli atti della vita erclesìastica ed in
ispecie quanto non è pertinente o non
esclusivo del ministero pastorale. Il termine vuole indicare il processo con cui sì viene ad addossare ai pastori l’esercizio e l’onere di ogni azione ecclesiastica, conglobando nel « ministero pastorale » le responsabilità ed i compiti propri anche di
altri « ministeri ecclesiastici », assommando
in esso quelle potestà che nella Chiesa sono invece proprie di organismi collegiali.
Sotto il suo aspetto più saliente quindi,
tale processo — che nel nostro ambiente
non ha alcunché di drammatico — «ì nianife.sta nella tendenza di conferire al pasloralo, in esiJusiva più o meno operante,
quel potere di giurisdizione che i pastori,
a differenza del « clero » di altre confessioni, non hanno; perchè detto potere nella nostra Chiesa è esercitato collegialmente da appositi organi: Conristoro ed Assemblea, Commissioni Esecutive e Conferenze, in sede locale; Sinodo, in sede di
incontro unitario di Chiese; e Tavola, per
delegazione sinodale pro tempore. Organi
costituzionali questi dove si trovano insieme, concorremlo individualmente con pari
potere, autorità e responsabilità, per l’appnnto pastori ed altre persone investile (li
ministeri diversi od aventi doni specifici,
ma che « pastori » non sono e « laici » neppure.
Una tal polarizzazione pastorale della vi
t.c ecclesiastica non è sana per la Chiesa.
Non è «onforme infatti al nostro sistema
presbiteriano-sinodale che la giurisdizione,
e ad un tempo alcuni poteri d’ordine e di
magistero comuni anche ad altri ministeri
ecclesiastici, siano condensati nel solo ministero pastorale; e che di conseguenza
ogni cosa pertinente alla Chiesa sia innanzitutto inserita nell’ambito della colnpeten
za dei pastori e per ogni attività si ricorra
aU’opera pastorale.
“ Laicizzazione „
Il verbo « laicizzare » denuncia invece
un processo opposto, ma non meno grave;
e cioè Fazione che, reclamandosi ad un errcneo e male inteso concetto di sacerdozio
universale o con l’intento di rinnovare sotto la spinta dei tempi, mira, anche se in
coscientemente, ad annullare ogni difieren
za tra i caratteri e la natura propria dei
vari ministeri ecclesiastici, livellando tra
gli altri anche il più tipico di essi e cioè
il « ministero pastorale ». Cosi operando si
confondono le prerogative spirituali del
sacerdozio universale dei oredenti e la loro eguaglianza dinanzi a Cristo con i ministeri ed i doni di cui la Chiesa ha necessità per la sua condotta nella vita terrena e la cui varietà ci è assicurata dalla
Scrittura. Un tale processo di riduzione di
tutta l’Opera ad un denominatore indistinto di laicità ne abbassa il livello snaturando le competenze specifiche, e tende ad
annullare in definitiva le prerogative autentiche dei pastori centrate nel « ministero
della Parola » e nella « cura spirituale delle anime » che, per vocazione divina e riconoscimento della Chiesa, competono w>
ro in via ordinaria, principale e continua.
Una polarizzazione
eccentrica
Mi sembra quindi evidente che l’impiego dei verbi anzìdetli per denunciare tali
fenomeni di polarizzazione eccentrica, sempre latenti nella vita ecclesiastica, eompor
ta un pieno riconoscimento della validità
del ministero pastorale e degli altri ministeri nella Chiesa e non svilisca per nulla
nè persone, nè cose.
Una tale denuncia poi è sempre opportuna perchè — anche se non ce ne rendiamo
conto sul momento in cui si produce un.i
concentrazione dì funzioni, poteri e responsabilità nel pastorato, o, all’opposto, una
avocazione di funzioni pastorali autentiche
da parte di coloro che pastori non sono —
l’uno e l’altro fenomeno rende difficile e
scarso di fruiti l’esercizio di quei compiti
che son propri dei pastori e che nessun
altro nella Chiesa è chiamato a svolgere in
loro vece se non sotto la spinta dello stalo
di necessità, e con la dovuta preparazione.
Ma in fondo il punclum pruriens dell’irritazione terminologica insorta sta in quel
velo di leggera e pur cortese bizzarria che
può rinvenirsi nel termine « pastorizzare «
per via delFassonanza con il termine scientifico di analoga pronunefia; velo questo
però che, appunto nella sua piacevolezza
garbala, vale a rendere più attenti al fenomeno elle si vuole indicare nella sua ricorrente pericolosità.
Infine poi quella parola, nel suo aspetto
di dato inconscio, l’avevo usata solo come
avvertimento nei riguardi del gruppo redazionale dì « Diakonia », per significare
come fosse difficile spogliarsi del tutto di
un abito antico e come, anche senza volerlo, sì potesse agire nel senso di una « polarizzazione pastorale della vita ecclesiastiru », nonostante tal gruppo redazionale sia
notoriamente impegnato proprio nella direzione opposta, in una campagna di studio e di chiarificazione per la rivalutazione
dei vari ministeri nella Chiesa, quindi in
una opera di « delaicizzazione » e ad un
tempo di « depastorizzazione » che tutti
dobbiamo augurarci porti i frutti migliori,
dando alla Chiesa un nuovo apporto di
lavoro vocazionale ed impegnato a fianco
ed in ausilio ai pastori, onde ad essi, nell’interesse di tutti, sia consentito di darsi
intieramente e sempre più all’opera negli
as-pettii autentici del loro ministero.
Giorgio Peyrot
Il resto
verrà dopo
Una volta i giornali avevano un limitato numero di pagine (quattro,
sei; otto nei giorni festivi) e le notizie e gli articoli venivano stampati
in corpo dieci: si faceva presto a
leggerli.
Oggi fanno a gara a superarsi per
il numero delle pagine e per i caratteri microscopici; chi vuole fare
il confronto fra due o tre giornali di
indirizzo politico diverso o aggiornarsi con le pubblicazioni periodiche
specializzate, deve avere la pazienza
di Giobbe e gli occhi di lince e disporre di un tempo molto ragguardevole.
Dò ragione a quanti si lamentano
(le eccezioni si contano .sulle dita di
una mano) della troppa carta stampata che ricevono a domicilio, senza
intermittenza e... sepza pietà.
Per fortuna, editpi^listi avveduti
e cronisti che conoscono il méstiere,
oltre al titolo degliT'4)kritti^^:ffifP^tampano, ci fanno elargizione di sottotitoli: ci risparmiano, così, il tempo
che richiederebbe la lettura della
prolissa prosa ed evitano a se stessi
.ti e.s.sere colti in castagna per qualche contraddizione o ’’lapsus” (o
peggio ancora).
Ma i giornali — a saperli .sfogliare
senza impazienza — ci offrono, fra
tante note in gramaglie, anche dei
rilievi spassosi. Ci sarebbe da fame
un antologia, forse non del tutto imitile, e certo più vantaggiosa delle inchieste ’’campione” delle varie agenzie ’’Gallup”.
Basta soffermarci — ora — .sui premi che i fabbricanti di prodotti di
ogni genere regalano agli acquirenti. I più attraenti — perchè collegati ai sogni che fermentano in fondo
a ciascuno di noi — sono costituiti
dalle crociere, gratuitamente offerte:
a Capri, alle Àzzorre, alle Haivuy,
e così via.
Si acquista il prodotto, si .spedisce
il tagliando; poi, un bel giorno, ecco
una telefonata e... « ciao, mamma;
ciao, papà », e si parte col primo aereo.
Ho rilevato che a beneficiare dei
premi, di solito, è la donna; forse
perchè l’uomo, nell’officina o in ufficio, sta sudando le proverbiali sette camicie, sia per sbrigare il proprio lavoro, sia per ricacciare i tristi pensieri di un bilancio familiare,
che non quadra mai.
In un determinato giorno, poi, si
in.seri.sce anche il pensiero della figliola che parte per la crociera.
’’Mah! Come si fa — pensa il pnver’uomo — ad opporsi?”.
Dinanzi alla realtà di un matriarcato, non meno imperante anche se
non codificato, non c’è che da curvare la schiena.
’’Ricordati di sorridere ai giornalisti — raccomanda insistentemente
la madre, mentre la figliola sale la
scaletta dell’aviogetto —. La fortuna
è nelle tue mani. Sai: al ritorno...
Un concorso di bellezza, la vailetta
della TV, un film... Basta cominciare, sia pure con ’Carosello’ ; il resto
verrà dopo...”.
La ragazza parte, con tanti bauli
di vestiti e un più cospicuo bagaglio
di speranze.
E’ felice. Basta incominciare-. «Il
t'pslo verrà dopo ».
Alberto Guadalaxara
Un film protestante
sul Madagascar
Paris, — Il film « Madagascar au bout
du monde », girato dal regista svìzzero Henry Brandt, per conto deUe Missioni protestanti, è stato proiettato a Parigi nella
seconda metà di gennaio, all’ambasciata del
Madagascar, davanti a numerose personalità fra cui il presidente malgascio, Philibert Tsiranana. L’accoglienza è stata entusiastica, e il presidente della Repubblica
malgascia ha detto ; « Questo è il più bei
film sul mìo paese che abbia mai visto.
Evoca tutte le sue bellezze, ma anche le
sue difficoltà. Sono assai colpito dalla sua
grande sincerità. Formulo l’augurio che
possa essere conosciuto da tutti coloro che
desiderano conoscere il Madagascar ».
3
23 febbraio 1962 — N. 8
PM
Gli Ortodossi e l'Ecumenismo Posizione personaio
0 ministero deiia chiesa?
Don Santo Pace ci ha dato una conferenza magistrale, ricca di tono e di
precisazioni sia teol(^che che storiche, irenica, ma ferma e risoluta in
modo tale da dare ima lezione a certi ecclesiologi protestanti dei tempi
nostri.
L’oratore chiarisce ohe per quanto
concerne il futuro Concilio Vaticano
II,
Detto Concilio non potrebbe essere considerato « ecumenico » nel
senso ortodosso dell’espressione,
dal momento che non avrebbe lo
stesso carattere dei sette ^rimi
Concili della Chiesa cattolica indivisa. Occorrerebhe anche evitare
che una eventuale partecipazione
della Chiesa Ortodossa possa sottintendere un tacito riconoscimento del primato «jure divino » del
vescovo di Roma e ddla sua pretesa giurisdizione universale... (omissis).
Il Patriarca Ecumenico, malgrado l’irenismo col quale considera
la rottura fra Oriente e Occidente,
non potrebbe mai accettare le condizioni che dovrebbe sottoscrivere
per partecipare al Concilio bandito dalla Chiesa di Roma. Ciò significherebbe tradire il « sacro deposito » che l’Ortodossia custodisce
gelosamente attraverso i secoli della sua tormentata storia e che strenuamente difende dagU assalti e
dalle profonde deviazioni dottrinali dell’Occidente eterodosso.
Staccatasi dalla Ortodossia, la
Chiesa di Roma si è fatalmente incamminata verso rinfalUbilità personale del vescovo di Roma, dogma
ufficialmente sancito dal Concilio
Vaticano I nel 1879. 816 anni dopo
la separazione. Tanti ce ne vollero?
Essendo impossibile per Roma
un’evoluzione dogpnatica regressiva, dobbiamo escludere radicalmente la possibilità, per un Concilio
del cattolicesimo romano, di ritornare su tale definizione « ex cathedra», dunque — de fide —. Perciò stesso, e indipendentemente da
numerose altre ragioni non meno
gravi, noi ortodossi non vediamo
la possibilità di un’unione fra Roma e l’Ortodossia.
Inutile, e ciò sia ben chiaro, attendere un « ritorno » dell’ortodossia; inutile ed assurdo. All’ortodossia si ritorna.
Roma sente sempre più chiaramente che senza la partecipazione
delle Venerabili e Antiche Chiese
d’Oriente l’ecumenicità dei suoi
Concili non è reale.
La Curia Vaticana vorrebbe, lo
confessi o no, un nuovo Concilio
di Firenze. Quel Concilio (14381439) fu un fallimento perchè Roma intendeva ottenere puramente
e semplicemente ü consenso degli
Ortodossi che avrebbero dovuto
sottoscrivere tutti gli sviluppi dogmatici della Chiesa latina vale a
dire accettare tutte le deformazione dell’antica tradizione dottrinale comune aU’Oriente ed all’Occidente.
Gli Ortodossi sono pronti a venire, come allora, ma soltanto se
l’unione sarà fatta suUa base dell’Antica tradizione che mai viol^
rono. Roma è pronta a questo rij
torno. L’Enciclica « Aeterna Dei
Sapientia» lo prova ampiamente
se pur ce ne fosse stato bisogno.
Essa segna il trionfo della Curia
Vaticana sullo stesso Vescovo di
Roma.
Il problema dell’unità è profondamente sentito dagli ortodossi;
Nessun altra Chiesa ha tanto
pregato per l’unità quanto la nostra; nessun altra prega altrettanto ardentemente. La supplica « per
la tranquillità delle Sante Chiese
di Dio e l’unione di tutti » è antica
quanto la nostra più antica Litur
P. Gregorio, abate del monastero henedettino (ortodosso) di Villemoisson e, a
destra, don Santo Pace, parroco di (Ifon*
tolto Dora.
già. Ma situa chiaramente ed inequivocabilmente l’unione sulla sua
vera base teologica. La Chiesa è
una, ma i cristiani sono separati.
La Chiesa rimane Una malgrado
la separazione dei Cristiani. Si è
dentro, o fuori da questa Chiesa
Una, Santa, Cattolica ed Apostolica. L’Unione è un atto, non un
concetto astratto. E’ una specie di
innesto sul tronco, il Corpo di Cristo.
Per l’Ortodossia, l’unità è una
realtà assoluta che viene da Dio
e di conseguenza non può risultare
da un accordo umano. Soprattutto
se questo accordo umano non ha
uno scopo positivo ma ha in vista
un « contro ».. Per esempio contro
una determinata politica. Esso diviene allora uno strumento del
mondo, una forza di questo mondo. Non sarebbe l’unità per cui il
Cristo ha pregato : « Affinchè siano uno come siamo noi ». Si perde così la fiducia nel Cristo che
ha vinto definitivamente U mondo.
Non ci è possibile a questo punto
riassumere la presentazione teologica
che l’oratore fa deU’unità della Chiesa come « riflesso della unità trinitaria di Dio».
Il dogma trinitario è per noi la
chiave di volta, la struttura assoluta, la salvezza del mondo. Noi
siamo battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ndì cristiani siamo quindi uniti in lina sola Natura e all’immagine delle tre Persone. Questo principio si riflette in tutte le forme
sociali ed ecclesiali. La società vera deve essere costituita da ima
volontà nella molteplicità delle coscienze.
Segue un esame dei ripetuti inviti
di Roma alla Chiesa Russa dinnapzi
ai quali il Patriarcato è costretto a
rispondere i suoi non possumus.
Tuttavia il non possumus ortodosso non significa nè inimicìzia
nei confronti dei cattolici romani,
nè desiderio di sottometterli, nè
indifferenza nei riguardi dell’unità
cristiana. E’ soltanto la concezione
romana di questa unità in quanto
riunione universale dei cristiani
sotto l’autorità del Papa che non
possiamo accettare. Non l’accettiamo perchè il nostro Signore Gesù
Cristo,^ prima di consacrarsi agli
uomini, ha respinto la tentazione
diabolica del potere (Matteo 4: 511) e, col suo atto espiatorio ha
mostrato' al mondo l’amore divino.
E nella Sua Chiesa Egli non domina sulle anime dei credenti, ma lì
unisce neH’unìone d’amore, nel suo
corpo che è la Chiesa.
Ecco perchè la base dell’unità
cristiana ci ^mbra incompatibile
col principio della centralizzazione
monarchica del potere della Chie
miiniimiiiiiimiiiiiiiiiMiiiiiiiMHiMitiiiiiiiiim
iiiiiiuiiiiiiiniiitiiKiniK
iiiiiiimiiimiimiii
Caccia e pesca
Come IVOIH si deve impostare il problema
— Secondo L’Osservatore Romano (5-6
febbr. ’62), in occasione deirOttavario per
l’unità al Centro di raltura e apiritualità
di Torino ha tenuto una conferenza il PCaloyeras, O.P., che Ita detto fra l’altro :
« ...Sua Entità Giovanni XXIII non solo
attende tutti i cristiani con la candeletta
aioeesa, simbolo del suo immeniso amore,
ma li attira facilitando loro il cammino ed
aiutandoli a portare il peso della loro sorte {sic!). Quanto sarebbe giovevole se lutti
facessimo la stesisa cosa! Se i circa 500 mi
lioni di oattolioi avessero gli stessi sentimenti a riguardo dei loro fratelli in Cristo,
Perchè II Collegio viva I
sottoscrizione lanciata qualche
settimana fa a favore del nostro Istituto ha raggiunto, a tutto il 16 febbraio, la somma di L. 1.225.000.
Ne sarà data più ampia informazione prossimamente su queste colonne, meati« è In corso di spedizione apposita drooliu« di invito.
La sottoscrizione continua!
L’Associazione amici del Collegio
sa... Non è l’antorità ma l’amore
che deve riunire i cristianL
Nella seconda parte del suo discorso l’oratore ha illustrato la portata
degli incontri di Rodi dove tutti i rappresentanti delle Chiese Ortodosse
hanno trovato una armoniosa base di
accordo in vista della convocazione,
nei prossimi anni di un Concilio PanOrtodosso. Nel frattempo le Chiese
Ortodosse hanno deciso di intensificare i loro rapporti con le Chiese An
glicane e con quelle protestanti Episcopali alle quasi sono maggiormente
vicine per la comune accettazione dell’istituto episcopale.
Ma anche con le altre chiese evangeliche c’è e ci può essere un riawicinamento nello spìrito di Nuova Delhi, ossia dell’adesione della Chiesa
Russa al Consiglio Ecumenico di Ginevra. A questo grande avvenimento è
dedicata l’ùltima parte del discorso di
Don Pace che pone in luce la sincerità e l’alto valore del contributo ortodosso aH’ecumenismo.
Dopo la conferenza la Comunità ha
udito il messaggio, purtroppo assai
breve, del* Vescovo Alessio pieno di
fraterna simpatia irenica e dell’Abate
Gregorio che hanno ambedue sottolineato il valore deH’affermazione torinese di oggi per la quale, per la prima
volta in Italia dopo nove secoli di sci.sma tra Oriente e Occidente, è pc^ibile un incontro di Comunità orientali e occidentali, rappresentate le prime dagli Ortodossi di Montalto Dora
e le seconde dalla Chiesa Valdese di
Torino.
L’ecumenismo diventa davvero una
cosa interessante, che appassiona le
comunità, quando dal livello dell’alta
diplomazia ecclesiastica, che interessa
così poco i fedeli, scende alla base e
si manifesta nell’amore fraterno che
permette ai credenti di incontrarsi
i.'ell’amore di Cristo. E. A.
Il missionario Roberto Coisson ha
dato ai nostri lettori una relazione dettagliata dell’Assemblea Generale della Società delle Missioni di
Parigi. Le due domande che egli pone alla fine del suo scritto attendono
una risposta che dipende però dalla
nostra concezione dell’opera missionaria in genere. Perchè la nostra chiesa non è rappresentata nell’Assemblea
Generale? — si domanda il missionario Coisson. Perchè la nostra chiesa
si accontenta di seguire il cammino
tradizionale che lascia l’interesse alle
« Società missionarie » e si accontenta di permettere visite di missionari e
collette in loro favore ma nulla di più.
Da anni attende una soluzione il problema posto all’attenzione del Sinodo
che domandava una integrazione dei
missionari originari delle nostre comunità nel corpo pastorale. Si tratta
di un provvedimento urgente, che potrebbe favorire quell’inserimento della missione nella vita della chiesa nostra come sta avvenendo ovunque,
come dovrà avvenire nel prossimo
futuro in modo più radicale ancora.
I missionari oriundi delle nostre chiese non hanno che un legame sentimentale con le loro comunità ma nessuno con la chiesa nel suo insieme: è
evidente in quelle condizioni che il
problema non è sentito, non è nostro.
In queste condizioni anche il secondo
interrogativo del missionario Coisson
rimane senza risposta, si tratta di un
appello concepito, da noi. secondo
gli schemi antichi, si tratta di una
questione personale rivolta a quei
giovani di buona volontà che sentono l’appello di Dio a consacrarsi all’opera missionaria. Quelli che si sentono chiamati mettono spontaneamente la loro vita a disposizione della
missione, ma la chiesa nel suo insieme
non vi ha parte alcuna.
E’ questo modo di intendere il problema ancora attuale o non dovrebbe
essere decisamente riveduto? Non si
tratta di sentire se fra noi ci sono alcuni giovani di buona volontà disposti a mettersi a disposizione delle missioni, ma di rendere anche le nostre
comunità attente al problema. Forse
è giunto il tempo di non rimanere
anche su questo punto alla retroguardia ma di passare decisamente alla
avanguardia e sarebbe certo una testimonianza ecumenicamente efficace
se la chiesa valdese considerasse la
sua opera missionaria presso le chiese
giovani sullo stesso piano della sua
opera in Italia. Sarebbe doppiamente
efficace che la giovane menzionata dal
missionario Coisson, la sig.na Nisbet,
fosse considerata e si potesse considerare un ministro della Chiesa Valdese
presso una chiesa giovane e che la
Chiesa considerasse la possibilità di
incoraggiare altri a seguire il suo
esempio come espressione della nostra opera di evangelizzazione.
Giorgio Tourn
MIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIJII
Offensiva a Boulevard Arano
se avessero la stesso carità del ’dolce Cristo in terra’! Io sono sicuro che l’unità
dei cristiani diventerebbe allora una realtà, uenchè la carità vince tutti gli ostacoli
e compie dei miracoli ». Ecco un esempio
di come — malgrado le fraterne intenzioni — NON si deve impostare il problema
dell’unità cristiana: col sentimentalismo.
Dobbiamo aiutare i nostri fratelli cattolici
a raggiungere questa chiarezza. E, al riguardo, non ci pare fuori luogo di trascrivere parte di uno ’sfogo’ un poco intemiperante ma essenzialmente giusto di un
lettore: « --E adesso quel... del Moderatore della Chiesa di Scozia che va dal papa,
il quale dice che proprio da tutte le parti
lo vengono a trovare, e si vede che c’è
proprio una gran nostalgia... ». In effetti,
questi rappresentanti di Chiese protestan
lj _ come già l’arcivescovo di Canterbury
__ sembrano non rendersi conto non solo
di come il loro atteggiamento viene, a
basso livello, sfruttato a scopo propagandistico, ma soprattutto di quale pessimo servizio essi rendano cosi ad un cattolicesimo
che deve rendersi conto che la «nostalgia»
ecumenica verso Tunità della Chiesa non
ha nulla a ohe vedere con una sedicente
nostalgia verso Roma.
Ormai, ogni volta che si apre il
giornale, ci .si aspetta di leggere il
resoconto delle uccisioni e degli attentati avvenuti il giorno prima a
Parigi. Eppure in quella città è in
corso un’altra ofi'ensiva, oltre a quella deirOas. Ks.sa certo meno spettacolare della prima, meno rumorosa, pili umile nelle prtfporzioni, ma
soprattutto è, a differenza della prima, pacifica (anche se i due termini
sembrano escludersi). Il quartier generale delle operazioni si trova appunto in boulevard Arago. L’avrete
indovinato, amici delle missioni, si
tratta della Casa della Società delle
Missioni evangeliche. E’ qui che,
dall’inizio dell’anno scorso, si diri‘
ge, si incoraggia, si sostiene la pacifica « offensiva dei 65 ». Gli attenti
lettori dell’Eco-Luce sanno benissimo chi sono o stanno per essere i 65 :
altrettanti missionari inviati nei piu
disparati campi della Missione di
Parigi. Cerchiamo di vedere insieme
cosa effettivamente significa per questi credenti, per le chiese dalle quali provengono, questa partenza in
massa. Questo al di là della prima e
giustificata impressione: che si tratti cioè di gente che ha risposto all’appello del Signore.
Partenza in missione :
un trasferimento?
Sotto gli occhi il numero di ottobre del « Journal des Missions ». In
un articolo vengono tra l’altro pre
sentati una ventina dei partenti. Col
pisce subito il fatto che non si trat
ta per nulla di una schiera compatta
di giovani o giovanissimi. Pastori
con parrocchia, talvolta già piatto
sto anziani, ’specialisti’ dell’evange
lizzazione che hanno già reso molti
servizi alla Chiesa europea, infer
miere ed insegnanti di provata espe
rienza, affiancano i giovanissimi che
iniziano la loro ’carriera’ ed il lavo
ro in missione nella stesso tempo
Vien fatto di pensare che l’atmosfe
ra del lavoro missionario è assai cam
hiata. Il missionario non è più per
così dire di ima razza diversa dal
pastore o dal professionista che lavorano in Europa.
E’ ormai pensabile di dedicare
parte della propria vita al lavoro in
seno ad una delle giovani chiese senza per questo mancare alla propria
vocazione missionaria o a quella
’continentale’ (questo ben inteso
.senza escludere che ci sia ancora chi
compia la sua parabola di servizio
in qualche chiesa di recente aiilono
mia!). Questo perchè? Non perche
1)011 ci si sente piii di impegnarsi per
tutta la vita. Ma piuttosto perchè .si
è acuito in tutti o in parte dei credenti il senliinento che, quello che
conta, è che la Chiesa, la stessa Chiesa qui o a Papeete o a Lomé o a Morija, deve poter servire, qui e là.
Quasi d’un tratto siamo stati messi
di fronte al fatto che, l’andare in
missione, sta diventando o deve diventare per molti un semplice trasferimento in una sede altra che
quella originaria della stessa Chiesa.
Il che suona assurdo se teniamo conto delle nostre complicatissime ramificazioni confessionali e burocratico-ecclesiastiche, ma rimane pur
sempre vero alla luce dei più recenti sviluppi missionari.
E’ ormai veramente la Chiesa, non
sono più soltanto i singoli, che deve
tenere dinanzi ai suoi occhi tutto
l’immenso campo di lavoro e domandarsi costantemente dove il Signore
destina il suo ’clero’ ed i suoi ’laici’,
onde non vi sia alcun campo, nè qui
nè altrove, che soffra di penuria di
lavoratori e non vi sia alcun campo,
nè qui nè altrove, che si possa permettere il lusso di avere più uomini
del necessario. E questo discorso potrebbe avere delle ripercussioni anche nella nostra Chiesa (che pure
non sembrerebbe abbondare di braccia...).
Molti
doni in portanza
Rimane il fatto che, coi 65, molti
doni sono in partenza per le più remote destinazioni... E non possiamo
nè dobbiamo facilmente consalarci
dicendoci che tlopotutto questi uomini e queste donne possono fare
del bene anche altrove. Dobbiamo
renderci pienamf:nte conto che le comunità europee, inviando dei lavoratori altrove, agi.scono in perdita e
ne avranno forse talvolta anche a
soffrire assai. Ma dobbiamo renderci conto che si tratta anche in questo
senso del perdere la propria vit.a di
cui parla Cristo. Ed allora a questo
agire in perdita si accompagna la
promessa che riceveremo dal Signore un senso nuovo, allargato, ingigantito del nostro servizio e che, assieme ad esso, riceveremo delle forze nuove per ifttuarlo.
65:
un ridimensionamento
Per questo è molto significativo
che partano, in così poco tempo, ben
sessantaeinque nuovi missionari. Non
perchè .sono molti, più di quanti
non ne siano mai partiti in una volta, ma perchè stiamo finalmente ridimensionando il nostro modo di
considerare la Chiesa e la Missione,
che sono una sola ed unica cosa. Non
risuona più un appello isolato di uomini isolati ad altri uomini isolati.
E’ invece il Signore stesso che rivolge il suo appello alla Chiesa tutta
perchè trovi in sè la forza e gli uomini per rispondere alle innumerevoli richieste di chi vuoi conoscere
l’Evangelo. Ed allora dobbiamo riconoscere che il ramo europeo della
Chiesa ha una responsabilità immensa dinanzi a sè: servire senza discutere o... continuare ad inviare col
contagocce pochi uomini tanto per
dare l’impressione che non dimentica « gli altri campi di lavoro ». In
questo senso i 65 potrebbero anche
essere molto pochi!
Qiovatmi Conte
TICIIQO
Dalla Comunità Riformata
di Lugano e dintorni
Questa Comunità evangelica di lingua
italiana e francese, costituitasi nel febbraio
1961 mercè l’attivo interessamento del pastore A. Lavancliy di Losanna, col benestare e sotto il patronato del « Protestantisch-kirchlicher Verein, Basel-Stadt » (Comitato protestante ecclesiastico A BasUea
città), ha avuto la gioia di aoeogHere il suo
nuovo Conduttore spirituale.
Nel culto particolarmente solenne di domenica, 28 gennaio, davanti ad un’assemblea numerosa, allietala dalla presenza di
molti giovani, dai presidenti Sig.ri Prof.
E. Staehelin, Hochstrasser, Sclmider, da un
delegato del Comitato della Diaspora del
Ticino, da rappresentanti della Chiesa sorella di lingua tedesca, il pastore Maurice
Neri è stato presentato alla Comunità dal
presidente Sig. A. Malley con brevi e vibranti parole.
Nonostante la carenza dei suoi pastori, il
Sinodo della Chiesa di Neuchâtel ha voluto
compiere un gesto di fraterna solidarietà,
destinando a noi uno dei suoi migliori operai. Ad essa pure esprimiamo la nostra profonda gratitudine.
La Comunità riformata di Lugano ha accolto il pastore Neri con viva riconoscenza
al Signore per l’esaudimento di tante preghiere; ma anch’j lon senso di cosciente
responsabilità che vuole ispirarsi ad un’attiva collaborazione nel cristiano ecumenismo, in cui — come opportunamente venne
sottolineato nel sermone di presentazione
— il Dio di Gesù Cristo ha da essere: «Tutto in tutti». a. f.
Per assoluta mancanza di spazio e
malgrado il n<> sia stavolta a 6 pagine,
siamo costretti a rinviare vari articoli e corrispondenze. red.
4
(Mg. 4
H N. 8 — 23 f^ibraio 1962
/ lettori ci scfirono
...e dialogano fra loro
Il " mistero deU'indurimento
fl
La "giustificazione.
Alla mia lettera nella quale ribattevo la
solita areuea di deicidio rivolta agli Ebrei
di ogni tempo e d’ogni luogo. La Luce ba
fatto seguire una breve nota in eui, dopo
aver dirbiarato di condannare ogni atteggiamento antisemitico, ba soggiunto che
« evidentemente il cristiano ha una visione
diversa del « mistero dell’indurimenito »
di Israele di fronte al suo Messia ».
Ora anche questo delVindurimento è un
tema angoscioso ed insieme un capo d’accusa e un titolo dispregiativo del vocabolario cristiano nei riguardi degli Ebrei. Indurimento vorrebbe dire: ostinazione irremovibile, resistenza irragionevole nell’ammettere una rosa, che in questo caso sarebbe la divinità di Gesù; insistenza invincibile e caparbia nel negare un dogma del
Cristianesimo incompatibile colla religione
monoleistica, colla rivelazione biblica, coll’idea che costituisc^e la base e l’essenza
dell’Ebraisino. Questa costanza, questa fedeltà, questa ostinazione anziché essere
considerate virtù grandi, virtù rare, sono
considerate un grosso peccato ed un incomprensibile fenomeno di cocciutaggine, perchè quando si parla degli Ebrei anche le
virtù più singolari diventano difetti e colpe inespiabili.
Uno scrittore cristiano, per quanto non
cattolico, R. Travers Herford, ha affermalo
che « profe.ssando la loro fede in Cristo,
essi (gli Ebrei discepoli di Gesù), lo sapessero o no, venivano a mutare, per così dire, il centro di gravità della loro religio
ne » (7 Farisei, trad. it. Laterza, 1925, p.
19). Per quali ragioni gli Ebrei non potevano acconsentire alla nuova parola, secando lo s*’ritlore inglese?« Soprattutto per
due ragioni: prima perchè esso (il Vangelo
di Paolo) si basava «opra premesse che essi non ammettevano; secondariamente perchè egli preferì presentare un giudaismo
come qualche cosa di molto diverso da
quello ihe essi conoscevano. L’ebreo non
poteva accettare Cristo senza sconfessare la
Torah. Ma perchè l’Ebreo avrebbe abbandonato la Thorah? Non poteva farlo prima
di essersi convinto che essa era insufficiente e questa convinzione egli non l’aveva nè
mai l’ha avuta di poi, fino ad oggi, eccettuali i casi di conversione individuale.
Nessuna esperienza interiore poteva stabilire la verità di questo fatto (cioè che la
passata storia del genere umano era stata
tale che l’avvento di Cristo aveva il significato particolare che Paolo gli attribuiva);
era una pura speculazione che i fatti della
storia potevano confermare o contraddire.
Egli (Paolo) non fece altro che porre l’nna
concezione contro l’altra, con questo risultato : che da quei giorni ad oggi il giudaismo ha sofferto tali crudeli ingiustizie
che neppure la protesta di Paolo, che il
desiderio del suo cuore per Israele era che
fosse salvato (Romani, X, U, è mai riuscita ad evitare nella più piccola misura. La
Chiesa cristiana, come era naturale, ha seguito Paolo ed è andata anche più oltre
nella condanna del giudaismo, continuando in questa ingiustizia per diciannove secoli ». (7 Farisei, p. 201-203).
Certo gli Ebrei hanno dimostrato una tenacia insuperabile, quella che nello stile di Paolo (Romani, XI, 25) e in quello
del giornale valdese è chiamata « mi.stero
dell’indurimento » ed è costata lacrime ed
eroici sacrifici, perchè in conclusione —
come dice lo stesso Herford — « quanti
milioni di Ebrei sono stati uccisi da mani
cristiane, tormentati e perseguitali da principi cristiani, eppure gli ebrei rimangono
ancora invitti e invincibili » (ig. p. 205).
Gl Ebrei sono da circa venti secoli l’olocausto volontario di quel « mistero dell’indurimento » di cui parla il redattore della
Luce, senza pesarne la portata e le angosciose conseguenze.
Quella degli Ebrei era un’opposizione,
una fedeltà, una resistenza tutt’altro che
inesplieabUe e misteriosa. Era logico, naturale e necessario che fosse così. L’ebreo
non poteva credere che un uomo potesse
proclamarsi ed essere figlio di Dio e Dio
egli stesso. Tutti gli Ebrei (Deut. IV, 1),
anzi tutti gli uomini (Amos, IX, 7) erano
figli di Dio secondo la Bibbia.
« 1 re che governano sulla terra hanno
un padre ed un fratello, ma il Santo, benedetto sia, dice: — Io non sono come loro.
10 sono il primo, cioè non ho padre. Io
sono l’ultimo, cioè non ho alcun figlio e
accanto a Me non v’è alcun Dio, cioè non
ho fratelli ». Così predicavano i Farisei interpretando il verso d’Isaia XLIV, 6: « Così dice l’Eterno, re d’Israele e suo redentore, l’Eterno Zevaoth: Io sono primo. Io
sono ultimo, e fuori di Me non esiste Dio».
L’unità e l’unicità di Dio era ed è il dogma primordiale dell’Ehraismo. L’apostrofe
biblica: «Ascolta, Israele, l’Eterno Dio nostro, l’Eterno è Unico » (Deut., VII, U è
commentata nella predicazione farisaica come se Dio avesse detto agli Ebrei: « Figli
miei. Osservate che tutto quanto ho creato,
1 ho crealo a coppie; il cielo e la terra, il
sole e la luna ; Adamo ed Èva ; il mondo
presente e quello futuro: ma Io sono Uno
ed Unico nel mondo ».
Se per i cristiani Gesù era l’alfa e l’omega, per gli ebrei Dio era il Principio alef.
11 mezzo la mem, e la fine, la tau, le tre
lettere che comjiougono la parola emèth
(verità) e ripetono l’affermazione di Isaia
XLIV, 6. Mantenere fede a questa idea, di(enderla contro tutto il mondo, patire per
essa tutte le pene e sfidare per essa tutti gli
odi, sarebbe dunque questo il «mistero dell’indurimento », di cui parla Faposlolo delle genti e il redattore della Luce? Certo il
Cristiano — ammettendo la divinità di Gesù — ha ancora una visione differente da
quella dell’ebreo, come è differente da
quella dell’ebreo la fede del musulmano o
del buddista. Ma questa differenza, presentata agli uomini come difetto, è diventata
poi ragione di odio, fonte di persecuzioni,
di massacri e di roghi.
Un moderno studioso ebreo ha scritto
che « la parola mistero (mustèrion) che è
passata nella lingua ebraica durante il periodo ellenistico ed è diventala parola
ebraica, significa (in Romani. XI, 25) qualche cosa di più di quello che il termine mi
stero significa oggi. Significa cioè in che
modo e in che cosa il « Dio ignoto » diviene « conoscibile » e il segreto divino diventa, in qualche modo e in qualche luogo, visibile (Karl Barth dice che mustèrion
corrisponde al nostro parado.sso; ciò che
non sembra esatto). Così nella letteratura
talmudica si dice che il profeta si trova nel
mistero di Dio, e la legge orale è chiamala
mistero, come la circoncisione. Quale parte della manifestazione di Dio e come appartenente alla sfera del mistero, il popolo
ebraico è parte essenziale della fede
di Paolo » (Leo Baeck. Judaism and Christianity. 1958). Paolo — secondo questo
scrittore — desiderava spiegare agli uditori cristiani di Roma e di Corinto come mai
gli Ebrei, che avrebbero dovuto essere i
primi a riconoscere Gesù messia e Dio, vi
si rifiutavano. Per dirla con parole volgari,
essi si erano intestarditi in una loro, secondo Paolo, inesplicabile ed incomprensibilc
negazione. Per noi, invece, rimanendo irrevocabilmente fedeli alla parola data, alla
credenza, alla legge, all’idea, al patto un
giorno accettato, mostravano un’eroica virtù, una suprema fedeltà. La loro era una
dote rara e degna di molto encomio; era
l'antica virtù di tenacia irremovibile che
la letteratura rabbinica riconosce ed esalta
in luro.
« Perchè — domandava un grande mae
iiiiimiimiimiimiiiiiiMiiiiiiimiiit
Precisazione sulla pace
confessionale elvetica
Caro Direttore,
Berto da Qmola ti scrive annunciando la
prossima fine della pace confessionale elvetica: speriamo vivamente che il profeta sbagli. 1! .segno della fine sarebbe l’incarico
dato dalla chiesa riformata di Zurigo al pastore Mattbey di occuparsi dei mimerosi
lavoratori italiani del cantone. Opera fatta
del resto da anni dal pastore Eynard, che
viene così ad essere sollevato nella sua fatica. E Berto da Omola coglie l’occasione
per denigrare questa pace confessionale, fra
altro accusando gratuitamente i pastori svizzeri (che non lo meritano) di lasciare nella
più crassa ignoranza i catecuimeni e presentandoli come giocatori di boccie mentre
quel gioco è notoriamente latino e non zurighese. Vi sono ironie che vorrebbero essere bonaccione ma che non mi pare giusto
stampare: diventano presunzione di chi
trincia giudizi su tutto e su tutti.
La pace confessionale elvetica che speriamo continui significa convivenza pacifica di
persone di diversa confessione religiosa, tolleranza cristiana, il potersi incontrare in
opere sociali e di carità, usare a volte anche il* medesimo tempio (comunale) per il
culto delle due confessioni: non vediamo
perchè si Jovrclibe cambiare e che ciò sia
in contrasto con gli scritti dell’apostolo
Paolo. Che sotto pretesto di pace confessionale vi sia chi nasconde la lampada sotto
il moggio è possibile ma allora esortiamo
ad una franca confessione della nostra fede.
in Isvizzera come in Italia come ovunque,
senza tirare in ballo cose più grandi di chi
scrive e che non sa intendere: la pace confessionale. Non è molto sul nostro settimanale è apparsa una nota che diceva come
nel Ticino il Consiglio di Stalo ha accollo
la domanda che da tempo avevo rivolto,
concedendoci l’uso delle aule scolasiiiche
per l’istruzione religiosa evangelica: la pace confe-ssionale non è venuta meno nel riconoscimento dei diritti della minoranza.
Tempo fa avevamo richieslo una convers.izione evangelica da Radio Monte Ceneri,
ci è stata concessa e la pace confessionale
non è stata turbata, e vorremmo che questa
pace si introducesse anche in Italia dove vi
son segni precursori come ad esempio il
culto radio e dove la testimonianza evangelica vorremmo potesse manifestarsi serenamente, ma non meno fedelmente, in un
clima di tolleranza cristiana e di vita fraterna fra cattolici e protestanti.
Al pastore J. R. Mallhey che ricordo- con
affetto quale catecumeno e poi collaboratore nella n-o»tra Chiesa di lingua iitaliana di
Lugano, l’augurio di fedele attività nel
cantone di Zurigo, nella pace confessiona
le e nella fenna predicazione dell’evangelo. Piuttosto vi è un altro argomento sul
quale col permesso del Direttore vorrei
scrivere, ed è il pericolo del nazionalismo
che sottilmente si insinua con notevoli danni nelle nostre chiese .storicihe iiformale.
Guido Rivoir
stro d’Israele, Rabbi Meir (li sec. E. V.) —
è stata data la legge ad Israele? Rispondi'
perchè sono tenaci, ostinati ». Eld un altro
maestro diceva: Tu credi che questo loro
carattere sia una brutta qualità, un difetto No, è invece un pregio e una lode. O
ebreo o crocifisso. Difatti anche oggi gli
Ebrei sono chiamati « popolo dalla dura
cervice ». Questa, che è una storica dote
degli Ebrei, è fatta ingiustamente ed illogicamente passare per incomprensibile testardaggine, per ingiustificata cocciutaggine. Ed
è cosi che gli Eìbrei sono stati perseguitati,
chiusi nei ghetti, bruciati nei rechi, cacciali ed odiati. Non sarebbe giunta l’ora di
deporrc questa dolorosa incomprensione
cristiana?
Dante Lattes
deir antisemitismo ?
Siamo veramente grati al dott. Lattes per
tpiestn sua così bella e appassionata difesa
dell’ebraismo. Ma egli ci ha fraintesi, quando parlavamo del ’’mistero dell’indurimento”: non volevamo affatto dire che il rifiuto di riconoscere Gesù come il Messia e
Figlio di Dio era semplicemente dovuto all'ostinata. caparbia, irragionevole resistenza ad ammettere una realtà e una verità logica ed evidente. Paolo — non si può certo
contestare che egli abbia dolorosamente
provato in tutta la sua vita l’intimit lacerazione causata dalla constatazione che il popolo della promessa — il SUO popolo! —
aveva nella sua maggioranza ’mancato’, per
il momento, l’adempimento — Paolo parla
nel cap. 11 della lettera ai Romani (vv.
zSss.ì di un ’’mistero” (un evento incomprensihile — paradossale — in cui tuttavia
la volontà e il disegno di Dio si comunica
alla fede): l’indurimento di Israele, pertnes.so, voluto dal Signore, per far saltare
i quadri di un tempo ormai concluso, nel
quale Israele era il portatore esclusivo —
anche se missionario — della promessa.
Che Gesù sia il Figlio di Dio non è — per
i Giudei più che per i pagani — affatto una
iosa logica ed evidente: è un fatto di fede,
di cui la fede riconosce però le radici profonde proprio nell’Antico Testamento.
Questo ’’mistero” non ha nulla da vedere con l’odio, il disprezzo, l’ostilità, il sospetto e anche la .sufficiente indifferenza di
cui i cristiani hanno circondato e con cui i
cristiani hanno fatto soffrire Israele, nei
secoli e fino ad oggi ; si tratta qui di una
forma — ’'cristianamente” mascherata, talvolta — di razzismo: abominevole, proprio
da parte cristiana, ¡>iù di ogni altra. Ed è
un distoreere la verità farla risalire a Paolo. o al Nuovo Testamento. Poiché vediamo che. il problema, almeno da alcuni, è
vivamente avvertito, pensiamo di dedicare
alcuni articoli che lo inquadrino davvero
biblicamente.
Firenze, 10-2-1962
Il Vamgelo (Matt. 27: 25) lo scrive chiaramente: « Tutto il popolo, rispondendo,
disse: 11 suo sangue sia sopra noi e sopra i
nostri figliuoli ».
Probabilmente non sarà stato TUTTO il
popolo, ma solo gli sfaccendati e i facinoro.sì, quella feccia che generalmente prende parte a scene simili.
Secando la logge ebraica il nome di Dio
non poteva essere pronunciato (3» comandamentol; il nome di Dio poteva essere
pronunciato solo dal Gran Sacerdote e solo
una volta all’anno, nel Santissimo. Chiani'arsi « Figlio di Dio n doveva essere per
il sacerdote israelita perciò la massima bestemmia che richiedeva la pena di morteli Sommo Sacerdote -non poteva perciò che
credere in Gesù Cristo o condannarlo all.i
morte.
Per il cristiano invece il non ricono.scire in Gesù il Cristo, figliuolo di Dio, è
il peccato più grave, quello contro lo Spirito Santo.
Se noi confessiamo che il Cri.sto verrà a
giudicare i vivi e i morti, confessiamo che
non siamo noi a giudicare ma il Crislocioè Dio. E noi non possiamo arrogarci il
diritto di prescrivere a Dio come Egli debba giudicare i vivi e i morti.
Ma Gesù stesso ha già giudicato, e proprio nel momento in cui ha pregato Dio,
il Padre; «Perdona loro perchè non «anno quel che fanno »... Dio stesso ha riconosciuto incoscienti quelle masse turbolenti e ha PERDONATO. E non poteva
che perdonare perchè è il Dio della Carità.
Se il 2“ comandamento ci presenta un
Dio « vendicativo » (confermato dai notissimi fatti dell’ereditarietà I, il comandamento stesso prosegue immediatamente con
la promessa della grazia « fino alla millesima generazione»!
La posizione del popolo ebraico nella
storia del mondo, è molto singolare. Un
piccolo popolo senza alcuna importanza politica, vinto e disperso da due millenni,
esiste ancora, l’unico nella storia dei popoli che ha mantenuto le «ue caratteristiche,
cioè la sua religione ed i suoi riti e costumi, basati sulla sua fede in Dio.
Ha sofferto durante questi due millenni,
ha avuto alti e bassi, ma sempre sotto una
continua minaccia. Sparso fra i popoli della terra, solo pochi anni fa ha armto, per
una esigua parte, una sede, minuscola e
sempre minacciata.
L’incarnazione di Dio è avvenuta in mezzo a quel popolo. Lì è venuta a splendere
nelle tenebre la Luce del mondo. Lì ha
sofferto ed è morto Gesù. Questo popolo
è stato prescelto da Dio. E lì è stato crocifìsso Gesù.
Ma poteva avvenire ciò che è avvenuto
senza o contro la volontà di Dio? E le parole dell’Autore dell’Epistola agli ebrei, 12.
che ricordano che Dio punisr'e colui che
considera Suo figliuolo?
La Chiesa crist’ana universale, con tutti
i suoi dogmi e santi, era arrivata ad un
rinnegamento di Dio che costrinse diversi
cristiani a ribellarsi. Ed essi furono perseguitati e uccisi.
A sopravvivere fu Lutero, e con l’aiuto
di Dio, potè iniziare una Riforma che tuttora è in cammino.
La forza di Lutero e dei Riformato-ri è
stata la Bibbia, e Lutero è ritornato alla
Bibbia, al testo originale ebraico e quello
greco. 11 popolo ebraico come Anteo, ha
sempre ritrovata la sua forza per superar-^»
i massacri, ricorrendo alla Bibbia. Dio
stesso l’ha sempre risollevato. Il popolo
ebraico, sotto il moggio, nascosta per altri,
ha mantenuta la fiaccola, la Luce di Dio.
Si è fatto uccidere per difendere la Parola
di Dio. E’ salito sul rogo avvolto dalla
Legge di Dio.
Gesù ci previene: Non giudicate per non
e,ssere giudicati! E S. Paolo ri ricorda le
basi della nostra vita: la Fede, la Speranza e la Carità e che è la Carità che supera
la fede e la speranza. Senza carità non siamo nulla. G. Neumann
RICORDIAMO
Poiché si rivela un forte interesse
per la questione ebraica, ricordiamo
a quanti vorranno approfondirla
F. LOTSKY
Israël et les chrétiens
un quaderno speciale della rivista
« Foi et Vie » (il X « Cahier d’études
juives»), che riporta pure un’abbondante bibliografìa ragionata. Può essere richiesto alla Claudiana (L. 750).
Un lettore, da Oslo, a .proposito della discu.ssione suscitata da un articolo di G.
Tourn:
« ...per me, a priori, approvo qualsiasi
sforzo inteso a « -demitizzare » la nostra
storia, ancora troppo carica di pie leggende e di piseudo-eroiismii, e di conBeguenza
Il ’’scoraggiare” i molli o pochi fra noi
che ancora indulgono verso ormai sorpassate simipatie aipologetiche... ».
Giovanni Gönnet
Perchè me la prendo a cuore
Credo di non andar errato dicendo che
una buona maggioranza del popolo cristiano crede neU-a seconda venuta del Cristo,
ehi in un modo chi in un altro.
Diversità di vedute che non incidono però minimamente sullo svolgimento di quel
Piano di Dio, di cui lutti ammettiamo la
esii-stenza. Esso compie i suoi -sviluppi nel
solco della volontà di Dio, noi volenti o
nolenti.
Ma non possiamo, per questo, astrarci da
esso, per adagiarci in un fatalismo colpevole, e ignorare le tappe del suo svilu-p-po,
almeno per quel tanto che ci è permesso
di individuare. Sentinella, che ne è della
notte?
Il cristiano-sentinella scruta i segni dei
tempi, affinchè gli avvenimenti non lo sorprendano e non rechino un danno impre.
visto al popolo che Dio gli ha affidato; segnala in tempo utile, l’avanzarsi inesorabile del :-3inpo; e non si lascia sfuggire, possibilmente, quegli elementi òhe, opportunamente accostati, offrano l’estro di interpretazioni della storia, com’-esisa vada inquadrandosi nel grande mo-sai-co del piano
di Dio.
Naturalmente deve aspettarsi incompren
sione e ostilità!
Poiché presumibilmente dovremo torna
re -suU’argomento, è necessario, prima,
sgombrare il terreno di ciò che impedisce
la visuale di as.»ieme. Perciò ho consultato
il -Luzzi nell’epistola ai Romani cap IX,
X, XI: Titolo o riassunto del capitolo IX:
11 dolore di Paolo per via della incredulità d’Israele ed al versetto 27, citando Isaia
dice: Quand’anche il numero dei figliuoli
d’Israele fosse come la rena del mare, .soltanto il residuo sarà salvato.
Il capitolo X ha come titolo: l Giudei
hanno respinto la giustizia che vien dalla
fede. Poi, commenta il versetto 4 così •
« con la apparizione di Cristo sulla scena
della storia, la Legge ha comipiuto la sua
missione. Comincia un nuovo ordine di cose ». Poi continuando il suo commento il
Luzzi, ai versetti 19, 20, 21 dice: « Non
può darsi che Israele non l’abbia saputo?
No! L’ha saputo. Mosè aveva già profetato
che Dio avrebbe fatto grazia ad una nazione pagana » e cita ancora Isaia LXV : 1 e 9.
Come titolo del capitolo XI il Luzzi scrive: L’avvenire di Israel. Al versetto 1, Paolo scrive: Iddio ha egli reietto il tuo popolo? Certo che no!
Nella parabola del Figliuol prodigo, troviamo questi, infelice, affamato, disprezzato, lontano dalla Casa del Padre. E’ egli
stato ripudiato dal Padre? Certo che no!
E" lui che si è messo in quella condizione!
E' lui che ha abbandonato la casa. Ed egli.
ancora nella manifestazione della sua libera
e spontanea volontà, vi farà ritorno, come
l'aveva abbandonata; ma occorre che quest-d
decisione sia determinata dal desiderio di
perdono, (piando avendo riconosciuto il
proprio torto si mostrerà pentito.
Al versetto 14-15 Paolo «piega perchè e
come, richiamare il suo popolo alla giusta
vi.sione della realtà evangelica dicendo:
«cerco se è possibile, di eccitare la gelosìa
di quelli del mio popolo e di salvarne qualcuno... ».
Il Luzzi in tutti quest! commenti, mette
in evidenza come la elezione antecedente
fosse rivolta a tutto il popolo, giacché era
necessario che tutto il popolo fosse leso,
alla venuta del Cristo.
Assolto questo compito, non restava, della elezione, altra incombenza -se non quella di proclamare la signoria dì quel Gesù
di Nazaret che Dio ha fatto Cristo e Signore.
Difatti furono dei giudei che .si fecero
portatori di questa Buona Novella, la quale fu innanzi tutto rivolta ai giudei, senonchè i giudei contraddic-evano ed ingiuria
vano Paolo, per questo loro messaggio ; ecco perchè deciaddero aniohe da questo residuo di vocazione spirituale. ...« e allora
Paolo e Barnaba dissero risolutamente: Era
necessario che a voi per i primi si annunziasse la parola di Dio; ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco, noi ci volgiamo ai Gentili ;
poiché così ha ordinato il Signore » (Falli
Xlll: 46).
E’ per questo che venne pe,scato (reclutato) dagli Apostoli, un popolo di testimoni fra tutte le nazioni della terra che ha
completamente preso il posto del popolo
Giudeo nella incombenza di annunziare a
lutti i popoli il vangelo della grazia di
Dio.
Paolo «pera tuttavia di « salvarne qualcuno ». Anche -perdiè è evidente che se
i Giudei avessero accettato Gesù di Nazaret
quale loro Salvatore, avrebbero tolto molte
perplessità dal cuore e dalla mente degli
oppositori.
Ed anche noi oggi pensiamo che se il popolo giudeo abbracciasse il cristianesimo,
la missione di testimonianza delle Chiese
cristiane ne sarebbe agevolala immensamente, talché sottoscriviamo entusiasti anche la
affermazione di Paolo al versetto 15 e ló
di questo capitolo: « Poiché se la loro reiezione ha portato la riconciliazione del mondo, che sarà la loro ammissione, se non
una resurrezione di fra i morti? ».
E pensiamo che non sono di aiuto al
popolo giudeo quelli che lo cullano nella
perniciosa fallace credenza di essere tutt’o
ra detentori di chissà quali privilegi di carattere temporale-imperiale; la quale credenza non potrà che portarlo ancora verso
delusioni, amarezze e sofferenze.
Gesù di Nazaret ha pianto su questo lato
negativo del popolo giudeo e della cìllà
che lo simiboleggiava, cokì come « lnva.so
dalla tristezza nel constatare che quelle ani
me non avevano ancora trovato il Messia,
innalzavo a Dio questa preghiera: Signore,
vieni tosto a far brillare la tua luce .sul tuo
popolo d’Israele » scrive un giudeo diventalo pastore protestante in mezzo al popolo
israeliano, raccontando di una sua visita in
una sinagoga nel ghetto di Gerusalemme,
un venerdì sera, e ivi constatando con quanto fervore giovani e vecchi pregavano, cantavano e recitavano la Thorà (dal libretto:
Lsrael. Pays promis, Peuple choisi. Preuve
vivante de la fin des temps. Signe cerlain
de la venne du Messi e).
(Jnalcuno mi dice ; Perchè te la prend i
così? Che t’imporla?
Importa perchè i Giudei sono figli dì Dio.
come tutti gli altri nonoli, e li amiamo e
desideriamo la loro felicità, come quella di
tutti i popoli della terra, verso i quali abbiamo un mandato preciso (Matt. XXVIII:
19 e 20).
Così non ci sarà più nessuno che vanti
qualche privilegio, ma tutti e Giudei c
Greci, neri e bianchi, gialli o rosai, orientali ed occidentali saranno uno nel Signore
e daranno gloria a Dio in un grande risveglio spirituale infra tulle le nazioni (Isaia
LXVI : 19) e ci ricordiamo sempre per tutta la durata del tempo « per omnia »accula
saeculorum », che dal popolo giudeo ci è
venuta la fede ed è lui che ba dato al mondo il suo Salvatore
Che il tuo regno venga! Sì! Vieni, Signor Gesù. E. A. Beux
PREDICAZIONI
DI QUARESIMA
Parigi — Per la 27“ ed ultima volta, il
Past. Marc Boegner terrà a Parigi, dal 9
marzo al 13 aprile, una serie di sei predicazioni di (Jnaresima su « Acune parole di
Cristo ai cristiani del nostro tempo ». Quest" predicazioni saranno, come gli anni
scorsi, radiotrasmesse ogni domenica dalle 18,15 alle 19 nel programma France IH.
•fc Secondo un annuario pubblicato dal1’« Action de solidarité chrétienne », vi sono a Parigi 424 parroochie crietiane, così
ripartite: 292 cattoliche, 106 protestanti,
26 ortodosse.
5
23 febbraio 1962 — N. 8
W
IVni sconoscinti
POSTA IN ARRIVO
Gli incontri organizzati al Centro
S. Fedele di Milano tra sacerdoti cattolici e pastori evangelici si sono svolti in un clima sereno e fraterno contribuendo a una reciproca conoscenza
nel campo cristiano. In modo particolare abbioino notato con viva soddisfazione il profondo interesse che le
parole dei nostri pastori suscitavano
nell’uditorio cattolico. Soddisfazione,
ripeto, ma aggiungo anche: tristezza.
Scorgevamo su troppi volti un’espressione di vivo stupore, quasi di incredulità. Molti cattolici, moltissimi, si
meravigliavano nell’ ascoltare dalla
bocca di un protestante una fervida
professione di fede cristiana, di amore
evangelico, esaltanti nel nome di Cristo l’unità di tutta la Sua Chiesa. E
abbiatno capito, una volta di più, quale grande distanza ci separi ancora dai
nostri fratelli cattolici. Distanza forse
più di mente che di cuore ma non per
questo meno dolorosa e nociva.
Ricercare le origini di tante barriere e incomprensioni sarebbe inutile,
forse, e senz’altro dannoso. Unica utilità che può derivare ai fratelli in Cristo è quella della distruzione di tali
barriere affinchè si giunga ad una
completa chiarezza. Tempo fa la direttrice di un settimanale femminile,
una colta ed esperta giornalista, mi
chiese se i protestanti praticano il Battesimo. Se interpellassimo tutti i cattolici fedeli o sedicenti fedeli, gli agnostici, gli atei stessi, sul conto degli
evangelici, l’inchiesta attraverserebbe
indubbiamente tutta, la gamma degli
effetti, dal drammatico al ridicolo e la
somma dei dati raccolti risulterebbe di
una laconicità assai sconfortante: noi
sconosciuti.
La rivista francese « Esprit » nel
numero del dicembre scorso presentava ai suoi lettori una larga inchiesta
condotta tra i cristiani a proposito dell’imminente Concilio Ecumenico. Un
parroco con oltre 34 anni di esperienza pastorale ha così risposto: ’’Dal
tempo della Riforma la Chiesa cattolica vive su posizioni di difesa per cui
la disciplina ha annullato qualsiasi
pos.sihilità di rapporto con l’esterno”.
Da allora dunque la muraglia ha impedito le infiltrazioni ’’avversarie” ma
ha precluso anche ogni possibilità di
conoscenza e d’intesa con l’altro campo. Oggi in clima di incontri e di
scambi, tra interessanti e profìcue iniziative cristianamente organizzate, la
’’base”, quella che potrebbe determinare il corso degli eventi e chiedere a
buon diritto un cambiamento è, per la
maggior parte, ignara, peggio ancora,
su una falsa strada di conoscenza. Il
fratello cattolico in buona fede, al primo incontro, sbarra gli occhi, si disorienta rimane quasi deluso, ascoltando
dalla bocca di un evangelico messaggi
di fede genuina e di carità, quasi si
fosse atteso la rivelazione delle più
strane teorie di religioni barbare e misteriose.
Nel ’’Dialogo tra cattolici e protestanti” il teologo gesuita Daniélou
spiega come le dttc ’’famiglie” procedano contemporaneamente verso il
punto d’incontro, sì che i cattolici stanno riscoprendo l’Antico Testamento e
i protestanti l’Evangelo. Nel ’’Nocciolo della questione” lo stesso Daniélou
dice ancora: "La Bibbia che non ha
mai cessato di essere il tesoro comune
dei cattolici e dei protestanti...”. Riteniamo di poter trarre alcune considerazioni da questi due concetti. Sarà
bene che i cattolici ’’scoprano” l’Antico Testemienlo ma non ci sembra
esatto auspicare per i protestanti la
’’scoperta” del Nuovo, almeno nel senso in cui l’ha inteso l’autore. La Bibbia che i nostri colportori perseguitati
e ostacolati fecero passare a ma’ di
contrabbandieri per le strade della cattolicissima Italia non ha mai goduto
le simpatie dei nostri fratelli separati.
(Mi è concesso usare questo termine
una volta tanto?}. Ignorato nelle famiglie, nelle chiese, nei seminari, nelle
scuole: sconsigliato, proibito, sequestrato, il Libro comincia soltanto ora
ad essere accolto e divulgato. Da parte nostra, quando Valdo 600 anni fa
iniziò la predicazione dell’Evangelo
che fu la fonte viva della confessione
di Fede sgorgata sulle Valli minacciate, ci sembra che fosse piuttosto in anticipo sulla ’’scoperta” auspicata dal
Daniélou.
Conosciamoci di più, e conosciamoci meglio. Il valore dell’Evangelo ci è
già noto du secoli come compiutezza
della grande Promessa profetica dell’Antico Testamento. Per noi la Bibbia non termina al libro di Malachia
ma prosegue fino all’Apocalisse, là
dove la Parola incide l’ultimo segno.
Prova lu, fratello cattolico, se finalmente puoi aprire quel Libro senza incorrere nei fulmini del tuo parroco, e
leggi, dal peccato di Adamo all'ultimo
Sigillo; tutto ti dirà che la storia della
Chiesa di Cristo non passa soltanto
per Rama ma imprime le sue orme
per ogni strania del Mondo.
Marco
-Ar Cliifisa riformata evanjjelira del
Vailese ha designato una commissione cantonale per i culti nelle stazioni di villeggiatura e adottato un regolamento che precisa i compiti del nuovo organo.
di ITIaviai I
Un lettore, da Taranto,, sollecita risposta
ad una lettera della scorsa estate andata
smarrUa per un disquido, in cui chiedeva
a chiarimenti circa una riunione tenuta a
Dreada da teologi luterani. Nella leUera
vi avevo aocluiso un foglio del settimanale
deirAzione Cattolica: ’La Famiglia Cri*
iStìana', in cui si asiseriva che i nrotestanti
avevano riscoperto la Madonna. Ci tenevo
ad avere risposta su ’La Luce’, poidiè volevo rassicurare l’amico catitolico, che mi
aveva fornito il foglio, del fatto che, con
molta probabilità ciò i*he era stampato nel
foglio non rispondeva a verità. Comunque,
s!c;*ome nella notizia del fo^o v’era un
comunicalo emesso dal concilio dei teologi
luterani, il mio amico cattolico, e con lui
molli altri, hanno veramente creduto che
i protestanti stanno riscoprendo la Madonna ». Giuseppe Barchetto
Questa nostra scuola
Siamo veramente spiacenti di non avere
sott’occhio il foglio in questione. E non
abbiamo presente alcun sinodo luterano
tenutosi a Dresda, in cui si sarebbe discusso della madre del Signor Gesù. Sappiamo
però che spesso e volentieri (ultimamente
documentammo come anche l Oisservalore
Ramano indulga talvolta a queste generalizzazioni falsificatrici della verità) da parte
di molta stampa cattolica certe posizioni
'estreme' di singoli o di gruppi isolati, nel
protestantesimo, sono presentate come rappresentative di tutto il protestantesimo;
ora è evidente che certe isolate posizioni
filo-cattoliche, nella chiesa luterana o in
quella anglicana, non sono affatto rappresentative di quelle chiese, come il movimento liturgista o quello di Taizé non è
rappresentativo della posizione riformata.
Quanto a Maria di Nazaret, ¡non abbiamo
alcun bisogno di 'riscoprirla , perchè essa
è nella Bibbia aperta in ogni nostra chiesa
ed è nel credo apostolico che confessiamo
nella comunione della chiesa universale ; è
sempre stata ed è, per noi, l ancella del
Signore, a cui, nella sua bassezza. Egli ha
riguardato, il tipo dell'umile creùer.te che
ha conosciuto la grazia della rivelazione
potente di Dio e l’ha accettata, ma che ha
conosciuto pure il dubbio e l incomprensione, l'umanissimo recalcitrare sulla via
della croce.
(segue dalla 1“ pag.)
E così l’opinione pubblica rimane
disorientata e segue con passione discussioni su problemi marginali (per
es. l’insegnamento del latino).
* * ^
Per rendersi conto delle intenzioni della « riforma » bisogna rifarsi
alla fondamentale « Introduzione al
piano di sviluppo delia scuola » di
Giusep|)e Medici, allora ministro della Pubblica Istruzione: piano decennale, che ora sembra dover diventare quinquennale. A pag. 30 il ministro impostava lucidamente il problema della scuola d’obbUgo postelementare (le attuali scuole medie
e di avviamento) segnalando le due
alternative:
1) ... « Una scuola assolutamente
unica, uguale per tutti della durata
di tre anni; una specie di elementare prolungata sia pure ad un livello
secondario... La scelta del successivo
corso di studio o di attività professioìiale verrebbe così rinviata alla fine del 14 anno ».
2) ... « Altri invece, e questa sembra Topinione più diffusa, ritengono
opportuno che, pur mantenendosi
nella scuola 11-14 anni anni la base
fondamentale unitaria, s’introduca
in essa una qualche specificazione o
indirizzo a carattere orientativo che
aiuti Tallievo stesso a diventare consapevole, in qualche modo, delle sue
naturali inclinazioni. Scuola unitaria solo parzialmente orientativa,
non preclusiva in alcun modo, ma
non scuola unica ».
Le preferenze del ministro sembravano in questa prima fase orientarsi
Himiiiiiiimiiixiii
A proposito della purezza
e della santificazione
Evidentemente neirarticolo di V. S. M.
i( Esiste ani oni oggi la purezza, la santificazione? I), apparso su « La Luce « del 2
fehhraio, rargomento del sesso è presentato in modo perieolosamente unilaterale. Per
poter iniziare una conversazione in proposito, dobbiamo lasciare da parte un mora
lismo sterile che si riduce a contrapporre
la corruzione di « oggi » alla costumatezz.i
di « una volta ».
E’ estremamente facile dare addosso ad
un’immoralità evidente come quella che
sembra oggi caratterizzare i rapporti ses
suali. Ma quello che conta veramente, per
dei cristiani quali vogliamo essere, è di
comprendere il senso profondo di questa
immoralità. Aniztutto, che ros’è questo benedetto « sesso » di cui a quanto pare si
parla tanto? E’ un istinto umano. Comunemente nella natura umana si identificano
tre istinti fondamentali: ristinto di conservazione, di procreazione e di dominio, l
cristiani credono ebe Gesù Cristo è venuto
per liberare Puomo dal peccato insito nella sua natura e radicato proprio in questi
tre istinti, più direttamente nell’istinto di
conservazione ed in quello di dominio, indirettamente nell’istinto sessuale, come a
me pare e come cercherò di dimostrare piu
avanti. Quindi non solo l’istinto sessuale,
ma anche gli altri due fondamentali istinti
umani sono posti sotto giudizio. Percliè
nessuno si leva a protestare contro l’istinto
di conservazione? Eppure è quello elle ti
suggerisce pensieri del tutto poco cristiani come: «Non prestare i soldi a quello,
certamente non te li restituirà... », oppure: «Non metterti nei guai per quello Et,
dopo tutto sono faccende che non ti riguardano... » e così via. Perchè nessuno protesta contro l’istinto di dominio? Esso assume le forme più subdole cd apparenlemeiite più innocue, eppure nega la libertà a!
fratello quanto l’istinto di conservazione
SEGNALAZIONI
Sul Journal de Genève (30-1-19621
Jean-Daniel Candaux presenta il saggio del
prof. Valdo Vinay: «Evangelici italiani
esuli a Londra durante il Risorgimento ».
Dall’ampia e cordiale recensione riportiamo: « Nel momento in cui la Chiesa cauoliica si fa quasi tollerante e abbozza un flirt
con il Consilio ecumenico, il ricordo delle
sofferenze e delle ingiustizie sopportale dai
protestanti italiani nei secoli passali non è.
forse, inutile. Tanto più che, sotto la penna di uno storico del valore di Valdo Viuay, revocazione degli italiani ’evangelici’
rifugiati a Londra nel XIX sec. non ha
nulla d’amaro nè rabbioso ma costituisce
a! contrario un solido appassionante capitolo di storia europea...
« ...Studiando quest’episodio così particolare della storia del protestantesimo e
della storia del ’risorgimento’, V. Vinay
ha saputo giungere al cuore dei problemi.
Descrive con mano maestra la fede di quest’ ambienti evangelici, fede tutta pietista,
concentrala sul ravvedimento e la santificazione personale, senza molto preoccuparsi di teologia. Se cercano d’inserirsi in
una data tradizione, che dai primi cristiani
giungerebbe al Risveglio, passando per 1
Savonarola e i Valdesi del Piemonte, gli
evangelici di Londra (come del resto gli
altri Italiani del Risveglio) non ban saputa
operare l’unione o l’inserimento nella vec(hia e valorosa ’Chiesa Valdese', rimasta
aggrappata nelle sue valli e isolala dal resto d’Italia.
« Sola ai giorni nostri quest’integrazione
si è operata: non per questo le difficoltà
degli esuli del Risveglio erano meno degne di essere ricordate aH’attenzione dei
contemporanei ».
— Dopo l’edizione inglese e quella americana, è ora uscita pure 1 edizione francese di una delle oipere migliori del Prof.
Giovanni Miegge: vEa Vergine Marini) ; è
stata pubblicata nella collezione «1^ Bergers et les Mages», edita dalla Sociélé Centrale d’Evangélisation di Parigi. Ci rallegriamo profondamente di questo graduale
e non certo concluso estendersi della fama,
del ministero teologico del nostro docente
scomparso.
gli nega il diritto ad un aiuto disinteressato die reclameremmo volentieri per noi.
Forse l’ambiente evangelico italiano ha assimilate) più di quel che si crede qualcosa
della dottrina cattolica, per cui il peccalo
originale sarebbe un peccato sessuale. Vediamo cosa dice la Bibbia a proposito di
Adamo ed Èva: essi volevano essere uguali
a Dio (istinto di potenza), invece scopersero di essere nudi come vermi (sarebbe
questo il peccato sessuale?); quando Dio
li chiamò, si nascosero (istinto di conservazione e, -se vogliamo, pudore); tutto questo forse non sarebbe stato sufficiente a provare la caduta definitiva deH’uomo se non
si fosse aggiunto un ultimo gravissimo peccato contro Dio e la vera natura umana:
chiamati a rispondere del proprio atto,
Ad.amo ed Èva declinarono la propria responsabilità, addossando la coìpa l’uno alla donna, ed indirettamente a Dio che glie
l’aveva messa accanto, e l’altra al serpente.
Dovette così iniziare il travagliato cammiao dcU’uomo sulla terra, verso la redenzione. Gesù Cristo venne, nuovo Adamo,
nella persona del quale Dio ci offrì la riconciliazione, in Cristo dovendo essere
sconfitti quegli istanti che avevano allontanato Puomo da Dio. Cosa dice il Nuovo
Testamento a proposito delle tentazioni di
Gesù? Satana gli propose di appagare Pistinto di conservazione degli uomini (trasformare le pietre in pane), di imporsi con
una spettacolare dimostrazione di potenza
(buttarsi dal tempio senza morire) e di rinunciare alla propria responsabilità in cambio del dominio sugli altri (adorare Satana per averne in cambio i regni di questo
mondo). Dove sta la tentazione sessuale?
Forse anche Satana, come le persone pie
di « una volta », non osava neppure sfiorare l’argomento.
Probabilmente l’argomento « sesso » era
del tutto secondario. Perchè il Nuovo Testamento dà così poche indicazioni al riguardo? Secondo me, anche se Gesù avesse preso moglie, nulla nelPEvangelo cambierebbe, tull’al più avremmo qualche indicazione in più riguardo alla vita mairiluoniale, indicazione preziosa per coniugi
privi di fantasia etica. 11 fatto che Cristo
non si sposò, secondo me, è spiegabile non
ili virtù di una inumana verginità, ma considerando il breve spazio di tempo nel
quale egli era chiamato ad operare e che
gli imponeva di rinunciare ad un campo
cosi limitato come quello della propria famiglia, per poter essere completamente disponibile per la più grande famiglia di
Israele. Anche oggi, per il cristiano, non
SI tratta di scegliere fra matrimonio o castità, ma fra interessi personali e interessi
più ampi, cioè fra un impegno di maggiore o minore portata, fermo restando che
in ogni caso può trattarsi di vero e insostituibile impegno. Ma anche certe Iraviazioni sessuali non sembrano avere eccessivo
peso sulla bilancia dei nostri peccati : vediamo Gesù essere indulgente verso le prò
stitute e chiamare invece « razza di vipere » i Farisei. La prostituta, per quanto in
modo sbagliato, ama ed è più umana dei
Fariseo, il quale a buon diritto può essere
considerato discendente di quel famoso serpente della Genesi, poiché per il Fariseo
ciò che conta è solo la propria conserva
zione e la propria potenza. Adamo ed Eva
prima della caduta probabilmente si amavano come si amano oggi tutte le coppie
del mondo; fu la loro trasgressione ad intossicare la purezza del loro amore e dell'amore dì tutta la razza umana. Secondo
me è completamente errato voler vedere la
grandezza di Gesù Cristo nella sua castità :
la sua grandezza è piuttosto là dove egli
vince l’istinto di conservazione (Getsemani) e dove rinuncia alla sua potenza (« Se
sei Figliuol di Dio, scendi giù di croce!»i.
Quindi sostengo che se noi superiamo la
schiavitù dell’istinto di conservazione e di
potenza, il nostro istinto sessuale verrà automaticamente messo sulla giusta strada ed
Eros farà posto ad Agape. Poiché cosa è
altro Eros se non desiderio di possedere
l’altro per assoggettarlo al proprio eapriceio, e desiderio di soddisfare la propria
fame sessuale per un oscuro impulso di
eonservazione? E’ facile mostrarsi solleiiti neH’areusa dei peccati sessuali, dai quali,
;i virtù di un temperamento amoroso nor
male e di una solida educazione, siamo
esenti; è ben più difficile insorgere contro
quei peccati derivanti dal nostro egoismo
profondo, perchè lì sì dovremmo allora rimetterci un po’ delle belle penne di cui
ci orniamo! D’altra parte questo atteggiamento unilaterale di fronte al « sesso » è
anche quello della società e di alcune cbies» cristiane, specialmente quella cattolica.
La società umana, fondata sulla divisione,
tollera, oserei dire tutela, l’istinlo di conservazione e quello di dominio die creano
appunto divisione fra uomo e uomo, fra
l'uomo e Dio; mentre mostra di scandalizzarsi quando si tratta di istinto sessuale,
perchè è un istinto die, seppur disordinatamente, crea unione, comunicabilità al di
sopra delle convenzioni più rigide, mette
in questione sovrastrutture ipocrite. Così
certe chiese, e soprattutto quella cattolica
romana, hanno buon gioco a sventolare la
bandiera della castità sessuale per stornare
rallenzione da quegli istinti di conservazione e di dominio, nei quali esse sono
forlemcnle radicate.
Spero die nessuno sarà stato tanto maldisposto da voler interpretare ciò che ho
scritto come un’apologià della sessualità
come fine a sè stessa. Ha cenato di portare un contributo aH’inquadramento della
discussione, che spero sorga viva ed obbiettiva. Per quel che mi riguarda personalmente, posso affermare che anch’io vedo
ed odo cose preoccupanti riguardo ai pro
blêmi sessuali; ma, primo, so che la morbosità fa sempre più chiasso del buon senso e non per questo si può dire che essa
abbia oggi il sopravvento; secondo, avverto in alcuni aspetti della sessualità moderna un profondo turbamento, un’esigenza di evasione alla paura, un’angoscia umana die non può non toccarmi profondamente e farmi pensare. Secondo me il veroproblema è questo: le masse hanno paura
e si rifugiano nella sessualità, perchè non
sanno cercare di meglio. I cristiani hanno
qualcosa da offrire alle masse, ai loro fratelli, qualcosa contro la paura e l’angoscia: la Verità che rende liberi. Ma cosa
fanno i cristiani? Si direbbe che anch’essi
hanno paura. Forse hanno tradito la Verità? Margrit fVyss
verso una scuola media unitaria con
quattro indirizzi, agilmente intesi in
modo da favorire l’orientamento dei
ragazzi (di 11 anni). Numerose critiche accolsero questo primo orientamento; si osservò che « la scuola
unitaria si dissolveva in una scuola
sezionata e che permaneva una impostazione classista nella gerarchia
degli indirizzi: prevalenza umanistica (latino) sulla tecnica ».
I riformatori non rimasero insensibili a queste osservazioni; passiamo così ad una seconda fase. Dalla
scuola unica passiamo alla scuola
unitaria. E dalla fase di studio passiamo all’azione: viene abolito l’esame di ammissione alla scuola media:
un primo passo che dovrebbe aprire
la via all’abolizione della sperequazione tra scuola media e scuola di
avviamento.
Ma a questo primo passo non segue il secondo; e le aule delle scuole medie sono affollate da ragazzi
che si trovano alle prese con i vecchi programmi ed il vecchio nemico
ereditario latino. Questa seconda fase della riforma prevede un primo
anno che potremmo definire postelementare: scomparsa la distinzione
tra scuola media e avviamento, i ragazzi studiano italiano, storia, geografia, matematica, disegno, canto;
scompare il vecchio latino, che riappare in seconda come materia a scelta (opzionabile), insieme a osservazioni scientifiche.
Anche qui sorgono evidenti le criticlie.
* Í! *
Si passa così ad una terza fase,
particolarmente legata al nome di
Giacinto Bosco. Non più scuola unitaria, ma unificata. E si passa decisamente all’azione. Abbiamo così un
j’irimo anno con italiano, storia, geografia, educazione civica, matematica, disegno, educazione fisica.
Nel secondo anno entra in gioco
ancora e sempre « l’orientamento »
del ragazzo. « Allo scopo di meglio
coltivare determinati germi attitudinali e inclinazioni », il buon Pierino
potrà scegliere una delle materie
orientative (latino o applicazioni
tecniche, che non conosce); cc materie
che possono essere, ovviamente, tra
loro scambiate allorquando lo stesso
alunno riconosca, nel corso dello studio che quella prescelta non soddisfa, in effetti, le sue reali attitudini ». Nessuna « valutazione determinante » (precisano le Avvertenze) dovrà essere attribuita a cpieste materie a scelta (latino ecc.).
Ecco dunqpie Pierino. terminati
gloriosamente i 5 anni della scuola
elementare, entra nell’aula della
scuola media unificata. Nessun timore di mali passi: non c’è più l’esame
(li ammissione. Sta bene, perchè la
legge proibisce che ci siano più di
25 alunni. Dopo un anno, i « germi
attitudinali » sono diventati teneri
germogli; le a inclinazioni » ardenti passioni: Juventus, Fiorentina,
Milan. Egli deve scegliere, come i
suoi genitori hanno da lungo tempo
deciso. Però, niente paura. Il ministro è un buon cristiano; conosce il
valore del pentimento!
Il latino non gli va? Ebbene, in
terza cambierà: studierà, che so io,
materie tecniche.
Che perda del tempo, non importa ; quello che conta è il diploma :
la licenza; e questa nessuna gliela
toglierà perchè al risultato (in que
ste materie) non si attribuisce (( valutazione determinante ».
E Pierino è soddisfatto: non studia ed è promosso: la scuola facile
lo jtrepara per la vita facile.
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6
pag. 6
N. 8— 23 f^raio 1962
A Genovam^m
... continuano mensilmente, ineontrando
notevole interesse e il favore di un buon
numero di membri e di aderenti gli « incontri della Comunità ’ : in gennaio la Signorina Elena Peyrot ha svolto un’interessante relazione sul suo lavoro negli Stati
Uniti con un’équipe impegnata nel servizio
cristiano fra le popolazioni di colore.
... l’Unione giovanile ha condotto un piccolo referendum, da cui sono risultati temi più richiesti : « marxismo e cristianesimo >1, « l’immortalità », « il problema del
male », che saranno vìa via svolti. Continuano anche le altre forme di attività, in
particolare le visite ad ammalati e isolati
della Comnnità (curate da un apposita
gruppo di unionisti) e una nuova forma di
impegno volta per ora soprattutto ad aiutare il Servizio cristiano a Riesi.
... il Consiglio di Chiesa, che ha partecipato al Convegno dei Consigli della Riviera ligure per studiare un piano di presenza evangelica nei centri di villeggiatura,
sta studiando in particolare con i Consigli
di Sampierdarena e di Sestri un’azione concreta d’evangelizzazione nella città.
...nell’attuale ciclo di riunioni quartierali saranno studiati in particolare i problemi presentati dalla Commissone per i ministeri, partendo intanto dall’opuscolo testé edito : « Complesso d’inferiorità dei laici? ».
... si è tenuto un riuscito bazar di beneficenza.
A Comorn^.
... « serata d’eccezione », quella del 18
febbraio. Il Moderatore Rostan, dopo l’agape fraterna, ha tenuto una conferenza,
illustrata da diapositive, sull’Assemblea
ecumenica di Nuova Delhi e sul suo recente viaggio in India.
... si diffonde, anche qui, l’opuscolo
« Complesso d’inferiorità dei laici? ». Il 14
gennaio, dopo un’agape fraterna, il Past.
Franco Gianipiccoli ha presentato d problemi connessi al nuovo « centro per i ministeri laici» sorto ad Agape; ne è seguila
un’interessante conversazione, e già si delineano impegni concreti in alcune inizialive (gruppi di categoria).
... con la prima domenica di marzo un’or.i prima del culto sarà dedicata ad una
serie di lezioni per un corso responsabili
di Chiesa
... gli Anziani G. Quaglia, F. Tancredi e
Fr. Wyss hanno sostituito il Pastore e la
Comunità ha molto apprezzato i loro messcgsi.
... il Gruppo del Vangelo segue nella let
tura comunitaria l’Evangelo di Giovanni.
A Verona,,.
... l’agape del 17 febbraio si è tenuta
quest’anno nelLi saletta della chiesa, con
meno « comodità », forse, ma in modo tanto più familiare.
... in riunioni periodiche nelle famiglie,
prosegue la lettura comunitaria del Vangelo, preziosa anche come mezzo di contatto
con persone (familiari, amici) non raggiunte ancora dalla predicazione domenicale.
... al C.A.R. di Montorio sono giunti,
come istruttore, il Ten. Reynaud, da Vallecrosia, e come reclute i giovani Romano
Puy, da Villar Pollice, e Remo Verdoia, da
Rorà.
... il Consiglio di Chiesa ha procetluto,
su indicazione di un’Assemblea, ad una
nuova ripartizione dei quartieri, affidati in
modo particolare ai vari membri del Consiglio, per agevolare l’esercizio del ministero a loro affidato e una maggiore conoscenza reciproca.
A Mantova,,,
... l’agape fraterna si è tenuta la domeni
(M 11.
... per rispondere alle richieste di più
frequenti riunioni deirUnione giovanile,
queste hanno ora luogo quattro volte mensilmente: due la domenica, dopo il cullo,
e due il martedì sera presso famiglie.
A Trieste,,,
...dopo l’agape fraterna del 17 febbraio,
il Pastore F. F. Scopa-casa, delle comunità
metodiste di Gorizia e Trieste, ebe per alcuni anni è stato pastore della comunità
riformata di Pbsicbiafvo, nei Grigioni, ba
parlato della Riforma nella Svizzera italiana, illustrando la sua esposizione con belle
diapositive a colori. Si ricorderà che un
settore notevole della comunità riformata
triestina è, talvolta alla lontana, originaria
della Svizzera, e precisamente dei Grigioni.
...molti sono i membri della comunità
ebe vivono, temiporaneameute o ormai stabilmente aU’esitero, e questo risulta dal
messaggi ohe « Unione e Forza », il bollettino di chiesa, sempre riporta. Anche
nella nostra comunità il problema economico triestino ha avuto forti conseguenze.
Ma il legame rimane stretto.
...mentre le riunioni del Gruppo del
Vangelo sembrano languire per scarsità di
partecipanti, intensa è invece Fatiività dell’Unione femminile, sebbene anche qui la
partecipazione non sia oceanica... 11 7 mar.
zo, in occasione della Giornata mondiale
di preghiera delle donne, avrà luogo un
incontro femminile ecumenico.
...come forse altrove, il pastore è indotto a malinconici soliloqui, considerando i
posti vuoti del tempio.
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
uiiiiiiMtiiiiiiiiiitiitiiiiiiiiiiiiimiMiiiimtiiiiiiKiiiiii
Micio per rassistcnza giuridica
e amministrativa del lavoro
italiano all’estero (A.lì.A.L.Ii.)
L’Uffiicio aiuta e consiglia gli italiani
all’estero nelle loro pratiche amministrative e legali attraverso valenti legali e corrispondenti in vari centri d’immigrazione
italiana.
Scrivere in qualunque lingua al Direttore Dolt. Paolo Alberto Rossi — Ministro
Plenipotenziario a r. —■ Via Oslavia, 14 —
Roma — tei. 313.444.
BOBBIO PELLICE
La sera della vigilia del 17 febbraio,
mentre risnonavano a distesa nella valle i
rinloiccbi della campana del tempio, due
grandi fuochi di gioia venivano accesi a
Sibaud ed alla diga CromweU, alimenitati
dal forte vento. Sulla punta del campanile
illuminato a giorno, due bandiere garrivano al vento mentre da ogni parte razzi
multicolori solcavano il cielo e mortaretti
scoppiavano tra la gioia dei fanciulli. A
Sibaud i convenuti cantavano il « Giuro ».
La mattina del 17 giungeva tra noi, accolto con vivo affetto, il Pastore sig. Giovanni Beriinatti il quale, con la prontezza
che gli è solila, aveva risposto aU’invito
della Commissione Distrettuale di sostituire il pastore locale. Questi infatti, dato che
la sua figlia minore era stala colpita alcuni giorni prima da scarlattina, era stato invitato dall’uffilciale sanitario di Bobbio a
non frequentare assolutamente luoghi ove
vi fosse affollamento, soprattutto di bambini, ed a non visitare nè malati nè convalescenti fino al giorno 19 febbraio. Verso
le 9,30 si formava il corteo dei bambini
che dopo un rapido giro in paese, guidato
dalle Insegnanti, faceva il suo ingresso nel
tempio tra lo sventolio delle bandiere. Nel
tempio gremito, il Pastore Bertinatii rivol.
geva un fervido messaggio ai bambini ed
agli adulti; indi i bambini, sotto la guida
delle loro brave Insegnanti, svolgevano il
tradizionale, ricco programma di jKiesie,
dialoghi, canti, rondes che interessava
vivamente i convenuti. Purtroppo anche la
Corale non poteva eseguire gli inni e cori
preparali con diligenza per il 17 febbraio,
dato che la signora Aime andi’essa si
trova isolala al capezzale della figlia ammalala! Dopo il canto del «Giuro» eseguilo dalla Assemblea, il dono del 17 febbraio veniva distribuito a circa 170 bambini. La colletta alla uscita della festa ha
fruttato L. 10.300 che sono stale devolute
a sanare il deficit.
Alle 12,30 ha avuto luogo la tradizionale agape nella sala unionista. Circa una
settantina i partecipanti. Ottima Tatmosfera fraterna che ha regnato tra i convenuti.
Ma — lo diciamo senza reticenze — il loro numero è suscettibile di forte aumento
ed esso aumenterà quando da tulli si sarà
compreso lo spirito di nnioue e di vera
frateniilà in Cristo che l’agape del 17 febbraio vuole creare tra noi. Con gioia abbiamo visto al pranzo un certo numero di
operai Bobbiesi lavoranti a Torino che
avevano, per l’occasione, avuto vacanza o
che, purtroppo, avevano dovuto rimanere
a casa per causa di scioperi. Ottimo il
pranzo preparato con la cura ormai nota
dai signori Grand coadiuvali dalla sig.ra
Maria Cliarltonnier e da Unionisti ed Unioniste che si sono adoperali jjuire per assicurare il servizio, svolto encomiahilmente.
Al levar delle mense prendevano la parola il Paistore BertinaiUi ed il nostro Sindaco che interessavano vivamente i commensali. Avevano inviato, scusandoisi per
l’aissenza, la loro adesione, il x>arroco di
Bo-hbio Don Barotto, R signor Vacca, Maresciallo deUa Finanza ed il sig. Gabriele
Bernardino, Brigadiere della Forestale.
I sigg. Grand, con gentile pensiero, devolvevano i>er sanare il deficit la colletta
tradizionale loro destinata aUa fine del
pranzo.
Alla sera, una trentina di convitati si
fermavano nella sala nnionisita per consumare insieme una cenetta mentre più tardi
veniva proiettato neUa nuova sala il film
« I figli di nessuno » davanti ad un numeroso pubblico. Per tutto il pomeriggio e
sino a notte inoltrata sono echeggiati i
canti di montagna e deUa piccela patria
valdese, accomipagnati magistralmente dai
suonatori della ex banda musicale di Bobbio Pellice che ringraziamo per la loro
presenza e collaborazione.
La domenica 18 febbraio era nostro gradito ospite il Pastore sig. Elmilio Ganz accompagnato dalla signora e da un architetto uruguayano in visita alle Valli. Il Pa.
store Ganz presiedeva la Scuola Domenicale ed il nostro culto di commemorazione
del 17 febbraio, molto ben frequentato
dalla comunità, mentre la signora, gentilmente aveva accettato di accompagnare gli
inni all’barmomum. Seguiva la celebrazione della Santa Cena cui partecipava un
buon nucleo di fedeli. Siamo molto lieti
«he la comunità abbia intieso lo spirito di
questo culto particolare che per Bobbio
rappresentava una novità. Il culto è stato
celebrato in lingua francese ed abbiamo
notato con gioia entrare nel tempio un
buon numero di sorelle con costume e cuffia valdese.
Ringiraziamo ancora una volta di vivo
cuore il Pastore G. Bertinatli, il Pastore
E. Ganz per aver accettato di venire tra
noi in questa occasione e per i loro messaggi, come pure il Pasture Cipriano Tourn
elle aveva preisiedulo il culto di domenica
11 febbraio. 11 nostro vivo ringiraziamento
anii'ora ai .sigg. Grand, alla sig.ra Charhonnier, agli Unioiiisti ecl alle Unionislc
ed a lutti coloro che in vario modo, ma
sempre con oltiiino spirito di servizio, hanno (lato tempo e fatica onde assicurare l’ottimo svolgimento e la piena riuscita della
nostra festa; alle nostre Insegnanti che
hanno preparato con cura i bambini c li
lianno diretti nelle recile e nei canli. Nè
vogldamo dimenticare tutti coloro che, con
le loro offerte, ci liano permasso anche in
questa oocaisionc di offrire a tutti i bimbi
della nostra comunità' un paicco ben fornito.
II Signore ci conceda di aver inteso il
luasisaiggio di grazia ed insieme ravverlimenlo e resortazione che scaturiscono dalla celebrazione di ogni 17 febbraio e di ri.
«pondere per parte nostra al messaggio del
suo amore con uno zelo ed ima consacrazione rinnovati.
Il Pastore ringrazia vivamente tutti coloro che in questo periodo difficile lianno
manifeslalo in vario modo a lui ed alla
sua famiglia il loro affetto e la loro simpatia.
il cronista
Un incontro giovanile
a Torre Pellice
Sabato 27 gennaio 19ù2, ore 20.30, Aula
Magna del Collegio Valdese.
Già si nota un movimento insolito sia
air.interno che aU’estemo. Stamio arrivando i giovani di tutta la valle per il preaiinunciato incontro.
Poco a poco l’Aula Magna si riempie, e
di giovani, e di rumore. Intanto aspettiamo con ansia l’arrivo del pastore Aquilante, segretario del Movimento Giovanile
Metodista, e del past. Alberto Taccia, capogruppo.
Ad un certo punto vediamo l’uscio aprirsi ed ecco che giungono accolti calorosamente.
La serata ha inizio con un breve culto
tenuto dal pastore Sig. Sommani. Prende
poi la parola il presidente dell’Unione del
Centro, il quale dà il benvenuto a tutte
le Unioni presenti, ed espone il iwogramma della serata; infatti ora sarà presenlato dall’U.G.V. (centro) lo scherzo in un
allo di A. Cecov: « Una domanda di matrimonio ». II pastore Aquilante ci parlein seguito dei problemi delle nostre
Chiese Evangeliche attualmente e delle
nostre posizioni rispetto alla Chiesa Cattolico-Romana. Per finire si prenderà lutti
aissieme la tradizionale tazza di thè, cui
seguiranno giochi vari. A questo punto,
mentre gli attori si stanno preparando per
andare in scena, il che richiede alcuni
minuti, il pastore Sommani ha la buona
idea di presentare le varie Unioni; abbiamo quindi fra di noi le Unioni di Bobbio Pellice, Villar Pellice, Torre Pellice
( Coppieri), Luserna S. G., Peyrot, Rorà
e le varie Unioni di Angrogna.
di Palermo
Il 1,3 ilicembre u. s. è deceduto a Caserta all’età di 31 anni il Capitano Marra Elio.
Figlio di Marra IVancesco e di Longo Maria era membro della Chiesa Evangelica e
per qualche tempo Presidente dell’Unione
Giovanile di Messina. Aveva frequentato i
campi di Agape e si era fatto apprezzare
per la sua serietà e l’impegno che porUva
in ogni cosa.
Istruttore presso la Scuola sottufficiali di
Caserta aveva davanti a sè una brillante
carriera militare, ma purtroppo durante
una operazione chirurgica è mancato improvvisamente all’affetto dei suoi genitori,
del fratello Manlio, della moglie e della fi
gliololta. Iddio consoli i cuori afflitti.
tPOMARETTO
— Nel mese di febbraio il Pastore Ri*
voìxa Lorenzo ha celebrato il servizio funebre del Signor Soster Alberto. In giovane età e dopo lunghe sofferenze soipportate
con serenità egli è stato richiamato dal Si*
gnore. Al servizio funebre ha preso parte
una folla di amici e parenti dello scomparso. Il messaggio della Speranza e del
conforto cristiano è stato annunzialo da
parte del Signore. Che Ilio conforti la giovane apoisa Emilia Soster Grio-t nella sua
prova e benedica il piccolo Moreno. A
lutti ì familiari la noaira simpatia cristiana.
— Domenica 11 febbraio sera un gruppo
di fratelli tzigani guidati dal Pastore Le
Coisisec ed accompagnati dal Pastore Roberto Jahier, dal dr. Mario Gherardi e dal signor Arghittu hanno rivolto messaggi e
d’anti alla comunità pomarina. L’impressione è stata molto favorevole ed i messaggi coi canli e la musii'a hanno lasciato
un ricordo benefico. La chiesa ha offerto
una cena fraterna ed una tazza di thè prima della partenza; un gruppo di giovani
ed aidulti ha ancora gioito di udire durante
il trattenimento le testimonianze ed i cori
dei nostri visitatori.
— Ringraziamo di cuore i nostri collahoratori laici Gianni Jahier e Tron Claudio per aver presieduto il culto e la Scuola domenicale rispeUivamente il 4 e TU
febbraio. La comunità è stala arricchita dai
messaggi dei nostri fratelli. Siamo pure lieti per la collaborazione dei giovani alle
riunioni quarlierali che essi hanno presieduto di recente in vari quartieri.
— Ricordiamo che la domenica 25 febbraio avrà luogo una inleressante manifestazione preparata dalla sezione cadetta
con recite, canti e muislca preparati con
cura dalle reaponsabili della sezione cadetta: Laura Micol e Emilia Griol e dal direttore del corso di musica il signor Marsura.
Dopo di che, finalmente la soispirata recita, che si svolge passabilmeinte, a detta
degli attori, e bene a detta degli spettatori. Prende ora la parola il past. Alberto
Taccia, il quale, dopo un breve discorso
ci presenta il past. Aquilante, che, con
un vibrante messaggio ci informa sul significato della parola Ecumenismo in seno
alla Chiesa Cattolico-Romana, e sulla nostra mdissione di testimonianza come Chiese Evangeliche. Egli ci dice infatti che
dobbiamo essere uniti e compatti avendo
una conotscenza approfondita dei motivi
che abbiamo per dire ancora no al Cattolicesimo come esso è attualmente. Noi
infatti non possiamo prendere in considerazione soltanto il fatto che la Messa verrà forse detta in lingua accessibile a tutti,
e che il clero potrà avere, forse, più libertà di quella attuale in seno al suo ministero. Noi dobbiamo tenere in massima
conisiderazione quanto sta scritto nella Sacra Bibbia, e non fare caso a qualche interpretazione, o un po’ larga, o troppo
stretta di qualche passo di essa. Infatti la
Chiesa Cattolico-Romana vede una unità
di Chiese ed unità di religioni, esclusivamente a Roma sotto il suo dominio. Ora
noi non possiamo accettare simili condizioni, perchè la nostra fede non ce lo consente; nè si può concepire una unità di
Chiese in queste condizioni.
Noi giovani dobbiamo <*ercare di capire
queste cose e farci una solida base, poiché
saremo la Chiesa di domani e bisogna che
questa viva e prolifichi anclìe più di quella d’oggi. Ognuno di noi ha un impegno
da assolvere e da portare al termine;
ognuno dì noi deve prendere a cuore la
propria situazione e quella della nostra
Chiesa, cerchiamo quindi, nelle nostre
unioni, di infondere un senso di responsabilità, ma una responsabilità che sia veramente sentita sempre, e non soltanto
la sera della riunione; ma ogni giorno,
ogni ora, ogni minuto.
Il past. Taccia ringrazia quindi a nome
di tutte le unioni il past. Aquilante per
il suo interessantissimo e mollo proficuo
colloquio con noi.
Si passa quindi alla lazza di thè ed ai
giochi. Verso le 24 ci lasciamo convinti
che quest’incontro non è stato vano avendoci permesso di conoscerci, visto che, pur
stando a pochi chilo'metrì dì disianza eravamo quasi estranei.
A questo punto non mi rimane che ringraziare e porgere una lode al Signore die
ci ha concesso di trovarci qui questa sera.
Attilio Sibillp
{ritardato per mancanza di spazio)
— Nel corso della riunione quartierale
agli Odili, il lo gennaio è stala battezzala
la piccola Renata ArnouU di Aldo e Monnei Frida. Il Signore benedica questa bambina e faccia sì ebe col volgere degli anni
coniprenda quanto è grande la grazia del
Signore che accoglie chi gli è presentato
sin da bambino.
— Il 29 gennaio è stata sepolta nel dmilero di Torre Pellice Fraschia Sus<tnna vedova Coisson, abitante alla Cròni, ma deceduta all’Ospedale dove era stata trasportata per un improvviso peggioramemo della sua già da lungo tempo malferma salute. Ai familiari, e particolarmenie al figlio
Alfredo rimasto solo, rinnoviamo ancora
l’espressione della nostra viva simpatia cristiana.
— Domenica 11 febbraio il cullo a Pradellomo è stato prasiedulo al Dott. Guido
Ribet di Torino, salilo tra di noi con una
fitta schiera di amici della nostra valle. Li
ringraziamo tutti per la loro presenza e la
loro collaborazione.
A Torino
Corso PHnolpe OMomo
— Recita 17 Febbraio. - La cel^razione
del 17, quest’anno, è stata organizzata dal
la Scuola Domenicale con la collaborazio
ne dei oatecomeni confermati lo scorso an
no. Il pomeriggio di Domenica 11 si è co
sì avuta la « recita » tradizionale, che pe
rò portava il nome, data l’ora, di « pome
riggio ricreativo ». Oltre al diacorso e agl
inni di circootanza, vi sono state delle poe
sie ispirate alla storica data, quindi gli
alunni della S. D. hanno cantalo il « Fino
aUa morte saremo fedeli ». La « recita »
vera e propria è stata la presentazione del
« distintivo valdese », già noto nei nostri
ambienti ma sempre vivo; quindi del
dramma storico in tre atti brevi « I martiri di Lione », ambientato ai tempi di Galvino. E’ stata molto apprezzata la fatica
dei giovani attori, e anche quella dei loro
registi, Enrico Long e Aldo Ribet. Il pubblico presente ha manifestato il suo consenso con ripetuti applausi.
— Fiori d’arancio. - Nel nostro tempio
pieno di fratelli e di amici degli sposi è
stalo celebrato il matrimonio della sig.na
Sara Giolitto con il sig. Sauro Gottardi,
enlraimbi monitori, da alcuni anni, della
Stuoia Domenicale di San Donato. La cerimonia è stata caratterizzata da un vivo
spirito comunitario per la notorietà degli
sipoisi e la partecipazione di numerosi col
leghi nell’insegnamento religioso. Ci augu
riamo che i non evangelici presenti abbia
no potuto avere una testimonianza della vi
ta e del cullo della nostra chiesa, dato che
la cerimonia è stata anche allietata, per
desiderio degli sposi, dal canto di alcuni
inni. Rinnoviamo a questi cari amici e
collaboratori ì nostri auguri di ogni bene.
Direttore resp. : Gino Conte
Sede e Amministrazionp
Editrice Claudiana
Torre Pellice - c.c.p. 2/17.337
Reg.
al Tribunale di Pinerolo
n 175, 8-7-1960
Tiposrafia Subalpina - s. p.
Ttirre Pellice (Torino)
— Soggiorno a Si. Georgen. Per invilo del
M" Stober, il Pastore è stalo nella Foresta
Nera per una setliinana ad un corso per
direttori di fanfare evangeliche coi nostri
giovani trombettieri Mario Geymonat e
Gioele Garnier i quali hanno suonalo con
! tronihettieri del Baden superando con
onore la prova.
Tutti e tre sono stali fatti segno a con
tinue gentilezze da parte dei presenti ; due
volte il Pastore ha parlato di Storia Valdese e due altre Ita presieduto riunioni di
operai italiani.
Al ritorno si è fallo una lappa a Friburgo per salutare la nostra giovane sorella
Alberta Gönnet ohe studia nel Seminario
Evangelico e sta preparandosi per gli esami
finali di febbraio. L. S.
La famiglia Bounous, profondamente commossa e riconoscente delle num.erose attestazioni di affetto e di simpatia ricevute in occasione del lutto
che l’ha colpita, ringrazia tutti coloro
che si sono uniti a lei nell’ora del dolore e tutte le numerose persone che
hanno preso parte aU’accompagnamento funebre della sua Cara
Valentina
sposa, mamma, nonna e suocera teneramente amata.
Un ringraziamento particolare rivolge al Dott. Bertolino; ai Pastori
Micol, Bert e Deodato; ai vicini di casa e a tutti coloro che, nella triste
circcstanza, si sono prodigati per essere d’aiuto e per alleviare un po’ le
grandi sofferenze della cara Scomparsa.
« ... nulla potrà separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù» (Romani 8:28)
Garde Inferiori (S. Germano Ch.)
8 febbraio 1962
La famiglia della compianta
Jenni Cairus
ved. Fontana
riconoscente ringrazia quanti hanno
preso parte al suo dolore in occasione
della dipartenza per la patria celeste
della cara mamma, suocera e nonna.
Un grazie particolare al Pastore Geymet, alla Ditta Crumigre, al Dott. Coucourde ed ai vicini di casa.
« Fattosi sera Gesù disse ; passiamo all’altra riva».
(Marco 4; 35)
Invito
a una conferenza
Domenica 25 febbraio, alle ore 15,
nella sala della Chiesa Valdese di Pinerolo il Pastore A. Ribet, vice-moderatore, parlerà sul tema: «I Valdesi
fra New Delhi e il Concilio Vaticano
II ». I membri delle nostre chiese delle Valli sono invitati a parteciparvi.
E’ organizzato un servizio di pullmann
per la Valle del PelUcc e uno per la
Val Germanasca-Chisone.
In Val Pellice: partenza da Bobbio
ore 13,30; da VUlar 13,50; da Torre
14,10; dagli Airali 14,25.
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