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Anno 123 - n. 14
10 aprile 1987
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
i.
Un film che gode di normale
distribuzione, che anche in Italia
fa registrare il tutto esaurito,
che resta alTinterno del cinema
cosiddetto « di guerra ». Ma allora? La saggezza di impostazione
da parte di Stone, reduce egli
stesso da foresta, serpenti, morte e violenze a tutti i liveili sta
altrove. Nel coraggio di dire (ed
è questo ad aver toccato lo spettatore medio americano, ed ir' ritato probabilmente la Gasa
Bianca) che quella fu una guerra « già persa in casa ». Che a
mandare i giovani di leva in Vietnam era un’assurda pretesa di
essere i salvatori deU’umanità,
che la realtà del Vietnam fu una
realtà di violenza in primo luogo airintemo delle stesse truppe americane. Che si uccidevano i civili e ci si mandava alla
morte pur avendo la stessa divisa. Che vennero mandati allo
sbaraglio migliaia di soldati a
cui non passò per la testa di
poter rifiutare. Quello che ora
è il Vietnam (e non si dirà abbastanza quanta tragedia vi si
viva) è un altro problema: a
Stone interessa guardare prima
di tutto le colpe interne, tramite la cronaca. Non vediamo mai
i Vietcong, ne intuiamo i ha^
gliori degli spari nel buio. « Questa — pare dire il regista ad
ogni inquadratura — era la vita quotidiana, laggiù: questi gli
spari, le bombe, gli stupri, queste le angherie dei più vecchi
sulle reclute ». Chi non rifletté
abbastanza su quanto andava
accadendo e sul poco che si fece per evitarlo (chi si mobilitò
poi, in occasione del blitz a Grenada, e chi si mobilita oggi contro l’opera di logoramento del
Nicaragua?) trova ora necessario fare un esame di coscienza.
E, dato che l’Oscar è il miglior
.lancio pubblicitario per mi film,
ih molti dovrebbero esservi sollecitati. Con la speranza che
non si tratti solo di un’« espiazione collettiva », o di un esorcismo,
praticato il quale si può ricominciare a sentirsi in pace con
se stessi.
A queste condizioni le parole
di Stone non saranno mai ripetute abbastanza. Non si tratta
di dire che il film mostra l’orrore della guerra: nessun film lo
Potrà mai mostrare. Può mostrare delle « scene », far rivivere e
trasmettere delle esperienze vissute ben precise, anche se furono al limite del disumano. E potrà forse (non è retorico l’augurarselo) contribuire ad evitare che altri debbano viverle.
IL PAPA IN URUGUAY ED IN CILE
« Dite che questo film vi mostra l’orrore della guerra? Il
mio vero augurio è che scene
come quelle di ’’Platoon” non
si possano mai più vedere in
alcuna parte del mondo».
Riconciliazione
o carabineros?
Queste parole del regista Oliver Stone, pronunciate al momento di ritirare l’Oscar, possono sembrare banaU, vecchie,
generiche, ma non credo che sia
così: in primo luogo perché esiste una vasta filmografia che,
all’opposto, esaltava le virtù
guerresche dei marines, uomini
« veri ». Poi per alcune precise
scelte su cui « Platoon » è stato
ideato.
La benedizione impartita al dittatore cattolico e alla
sua famiglia, i discorsi alla Moneda, allo stadio, la messa
nel parco, gli scontri tra i carabineros e la popolazione, i
feriti, il popolo cattolico che si attendeva dal papa almeno
una predicazione quale quella di Giovanni Battista di fronte ad Erode: sono le tante contraddizioni di un viaggio che
non ha voluto affrontare i nodi teologici del rapporto tra
la fede cristiana e l’oppressione dittatoriale.
La visita in Uruguay
(dal nostro corrispondente)
ROSARIO — Scrivo queste righe mentre Karol Wojtyla ha già
lasciato l’Uruguay e si trova in
Cile confrontato da una parte alla dittatura e dall’altra alle aspettative del popolo cattolico. E’ prematuro fare una valutazione completa del viaggio del pontefice nei
tre paesi del cono sud dell’America Latina, ma qualcosa è possibile dire sulla visita lampo nel mio
paese, l’Uruguay.
Una visita di appena una giornata con discorsi all’aeroporto di
Montevideo, alla Cattedrale, al palazzo Taranco dove i ministri
degli esteri del Cile e dell’Argentina avevano accettato nel ’78 la
mediazione vaticana per le isole
Beagle, e la messa davanti a mezzo milione di persone nella grande spianata di Tres Cruces.
In questi discorsi Wojtyla, come
poi anche nei primi discorsi in Cile, ha ripetuto l’appello alla riconciliazione e all’esigenza che i cattolici serrino le fila attorno al Va
ticano evitando di farsi influenzare da ogni ideologia umana, sia
essa sociale che politica.
L’evangelizzazione cattolica deve toccare i cuori duri ed indifferenti degli uomini e non parlare
di liberazione dalle strutture economiche e politiche che opprimono l’uomo e neppure parlare di
cambiamenti sociali.
I discorsi dei papa sono stati
dunque una presa di distanza dalle
correnti della teologia della liberazione, ma avranno effetti diversi nei vari paesi. L’Uruguay, diversamente dal Cile e dall’Argentina, è un paese laico fin dai tempi lontani. Nessuna chiesa è riconosciuta come chiesa di stato, il
divorzio è stato introdotto nel
1907, la maggioranza degli uruguaiani non pone la croce sulle
tombe.
Una laicità dunque (ed una secolarizzazione) che pone numerosi problemi alla gerarchia cattolica.
Mi sembra perciò che la visita
di Wojtyla abbia principalmente
Augusto Pinochet mentre riceve l’eucarestia.
due significati: il primo è quello
religioso del rilancio dell’evangelizzazione cattolica nel mio paese.
Il secondo invece è tutto politico. Il governo uruguaiano ha, in
questo momento, estrema necessità di ottenere una buona pubblicità a livello internazionale. Una
buona immagine serve a trovare
nuovi crediti internazionali, al
dilazionamento nel tempo del debito estero. Poco importa se il prestigio interno tra la stessa popolazione scende con la miseria degli
insegnanti, dei pensionati, con
scuole e università che dispongo
DOMENICA DELLE PALME
Segno d’una eccezionale umiltà
no di venti sedie per duecento
studenti, con l’inflazione dell’80%
annuo, con l’approvazione di una
legge che perdona tutti coloro che
hanno violato i diritti umani durante la dittatura militare.
Per il governo uruguaiano è importante riacquistare il prestigio
internazionale ed infatti ha operato in tutti i modi perché il papa
venisse adesso e non nel 1988, come era inizialmente previsto dal
Vaticano che collegava la visita
in Uruguay a quella di altri due
paesi poveri dell’America Latina:
la Bolivia e il Paraguay.
Il governo è riuscito per qualche tempo a spostare l’attenzione della gente dai problemi quotidiani. I problemi sono andati in
ferie (qui siamo al termine dell’estate), anzi sono andati a... farsi
benedire.
La chiesa valdese in occasione
« Il giorno seguente, la gran folla «he era venuta alla festa, udito che Gesù' veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme, e
uscì ad incontrarlo, e si mise a gridare: "Osanna! Benedetto colui
che viene nel nome del Signore, il Re d’Israele!’’. E Gesù, trovato
un asinelio, vi montò su, secondo ch’è scritto: ’’Non temere, o fi
-gliuola di Sion! Ecco, il tuo Re. viene, montato sopra un puledro
d’asina!’’» (Giov. 12; 12-15).
Alberto Corsani
Come il seme portato dai
venti si disperde in ogni direzione, nel mistero di una
creazione che l’attende, così la Parola di Dio si disperde nel mondo della diaspora
giudaica: i templi possono
scomparire, ma la Parola
profetica esce dalle piccole sinagoghe delle grandi città,
da Alessandria a Antiochia,
dall’Asia Minore fino a Roma,
dalla Grecia alla Spagna. Lo
Spirito soffia dove vuole e
uomini nuovi ne sono creati,
suscitati, mandati. Così ac
canto e in seno all’antico popolo di Israele si delinea un
popolo di proseliti che accoglie le promesse in maniera
parziale o completa.
E’ una nuova gente, che
impara e trasmette i canti
messianici, partecipa alle
grandi feste, torna a Pasqua
alla città santa, attende la
trasfigurazione del mondo.
Gli evangelisti, e soprattutto
revangelista Giovanni, ne attestano la presenza nella
« grande folla che era venuta alla festa ». E, di fronte ad
essa, di un uomo che viene
dalla cittadina di Betania e
va verso Gerusalemme: avanza in umiltà, non su un destriero, ma su un asinelio. E’
il segno d’una umiltà eccezionale, benché il segno del
re messianico. Le palme sono
il segno dell’incontro gioioso
tra quella folla e quell’uomo. E il canto antico echeggia quale riconoscimento: la
gente canta il salmo 118 (vv.
25-26). Osanna a colui che
viene nel nome del Signore,
il re d’Israele!
E la profezia di Zaccaria
diventa realtà: « Non temere, figliuola di Sion! Ecco il
tuo re viene, montato sopra
un puledro d’asina! ».
di questa visita ha redatto un comunicato stampa che è stato ampiamente ripreso da giornali, radio, televisione. Nessuna critica al
richiamo all’evangelizzazione, ma
critiche alle modalità, all’opportunità di questo viaggio, e al modo
con cui è stata organizzata l’accoglienza. Per accogliere il «padre
della chiesa», «il messaggero della
pace», «l’atleta di Dio», «il successore di Pietro » (come è stato
definito dai giornali di qui il
papa) forse occorreva, oltre alla
tranquillità e all’allegria, anche la
confessione di fede in Gesù Cristo
il Signore.
Intanto nell’Uruguay del dopo
Wojtyla continua a mancare il rispetto per la costituzione, per la
laicità dello stato, per la dignità
e per la verità.
« Wojtyla, hai dato un’aspirina
agli uruguaiani, la malattia però
non è curata »: hanno detto molti
commentatori.
■'N^y-r
Carlo Gay
Ruben Artus
2
2 commenti e dibattiti
10 aprile 1987
DIBATTITO SUL « CASO BARBERO » * 1
Difendiamo la libertà delia
ricerca teologica
Presentiamo in questa pagina tre
interventi su quello che la stampa ìiazionale ha definito come il "caso Barbero” (anche se avremmo preferito
un'altra definizione). Ospiteremo nel
prossimo numero altri interventi. Già
in questo caso abbiamo usato le forbici. Chiediamo ai lettori che desiderano intervenire di essere concisi.
Vorrei intervenire sul problema scatenato dalla « lettera a
Maria » di F. Barbero, e sul dibattito che si è aperto all’interno della Chiesa Valdese.
Credo infatti ohe la risposta
cattolica di censura fosse abbastanza scontata nel quadro attuale della gerarchia e del trinceramento dietro a valori tradizionali.
Mi è molto più difficile accettare invece che daH’area valdese
giungano delle proteste come
quella del pastore A. Bertolino.
Proteste che pongono ancora una
volta dei limiti insuperabili alla
ricerca di fede, che vedono i dogmi e la loro interpretazione letteralista come lun blocco ohe
non può essere scavato dalla ricerca teologica.
Dopo anni in cui si è parlato di,
e praticato un ectunenismo di base, nella ricerca di una testimonianza ohe non fosse soffocata
da gerarchie e dogmi, non possiamo oggi prendere le distanze
dalla ricerca di Barbero e delle
comunità di base che tocca il
linguaggio della nostra fede. In
tale ricerca siamo coinvolti anche noi.
Il richiamo alla confessione di
fede della Chiesa Valdese (1655)
e al iSimbolo apostolico (Il sec.)
non mi pare possa essere usato
come autorità di censura.
Quella confessione valdese e
quel Credo apostolico non pretendevano altro che confessare
la fede in Gesù come figlio di
Dio, nel linguaggio che era il più
significativo nel loro tempo.
Io ohe ho firmato la confessione di fede valdese due anni fa,
non l'ho fatto per adesione dot
trinale, ma perché essa esprime
la fede di coloro che mi hanno
preceduta — padri e madri nella fede —; con quella confessione io vengo inserita nella storia
che mi lega al passato ma ohe
mi dà anche la responsabilità di
confessare oggi la mia fede come loro l’hanno fatto allora.
Ma questa fede in Gesù Cristo
come Signore, che è il vero criterio del nostro essere cristiani,
non è stata contestata da Barbero.
Mi pare poco coerente con il
cammino delle chiese riformate
ohe noi ci mettiamo oggi a difendere il linguaggio con il quale le cose sono state dette, quando sappiamo ohe il contenuto resta identico.
In secondo luogo però so che
il senso profondo della nascita
verginale vuole esprimere insieme la piena umanità (nato da
donna) e la piena divinità di Gesù Cristo.
G. iMiegge parlava della nascita di Gesù come di un momento di creazione, di rottura degli
schemi e delle continuità umane, ohe vengono spezzate dall’azione di Dio che interviene nella storia.
In questo senso esiste il rischio
di banalizzare il senso profondo
della nascita verginale negandone il « linguaggio ». Ma questo
linguaggio non vuol dirci niente
su Maria (sulla sua moralità così conveniente ad una morale
piccolo-borghese, sulla sua passività, sulla cancellazione della
sua identità per diventare madre di un figlio a lei estraneo),
ma vuol parlarci invece di Gesù.
Ricordiamoci anche ohe ogni
donna in Israele sperava di dare alla luce il messia: anche per
questo per una donna la sterilità era maledizione (v. Anna,
I Sam. 1; 5-6) e morire vergine
altrettanto (v. la figlia di Jefte,
Giudici 11: 37-39).
L’obiettivo di Barbero non era
però di parlare di Gesù, ma dell’uso e dell’abuso di Maria. In
pieno anno mariano è bene ohe
si alzi una voce a parlarci della
normale vita di Maria, credente
ma anche piena di dubbi, simile a noi nella passione di certe
sue risposte di fede e nella debolezza di non saperle vivere. Ed
è altrettanto importante che questa voce non venga isolata.
In questo non possiamo ohe
essere solidali con Barbero, e
non demonizzarlo, nè tanto meno metterci a fianco del censore
cattolico.
Esiste poi un altro aspetto del
problema. Quando parliamo di
verginità di Maria, da quale punto di partenza ne parliamo? C’è
una differenza notevole fra l’immagine della verginità elaborata
da un punto di vista maschile
o femminile.
Da ima parte, quella maschile, la verginità è intesa nella dimensione della purezza, della
protezione,- della chiusura e dell’ostacolo ohe attende di essere
superato: ecco il senso della verginità come garanzia di un intervento esterno, dell’intervento
di Dio.
Ma daH’altra parte, quella femminile, l’idea della verginità è
collegata a quella dell’autonomia, deU’indipendenza, della forza e dell’affermazione di sè tutt’altro che passiva: e qui non
si corre il rischio, insistendo su
questo linguaggio, di divinizzare
il femminile per voler umanizzare Cristo?
La nostra confessione di fede
ha qualcosa da dire su Gesù Cristo, non su Maria sua madre.
E questo non ci vieta di scavare intorno ai modi possibili di
testimoniare l’incarnazione di Gesù. La battaglia per la libertà
di ricerca teologica che è in atto nel mondo cattolico deve poter trovare l’appoggio nelle nostre chiese riformate, perché
stiamo percorrendo un cammino comune.
Letizia Tomassoioe
DIBATTITO SUL « CASO BARBERO » - 2
Non è peccato
In merito alle precedenti lettere sull’argomento del concepimento di Gesù ed a ciò che n’è
seguito, desidero esprimere alcune mie riflessioni.
Se è vero che « Quel che è nato dalla carne, è carne e quel
che è nato dallo Spirito, è spirito » (Giov. 3: 6) ne seguono
tre considerazioni.
La prima: che ciò che è carne, è nato dalla carne.
La seconda: che ciò che è spirito, è nato dallo Spirito.
La terza: che tra queste due
’’nascite” non vi è possibilità di
interscambio né di confusione
alcuna.
E questo, non per amore del
razionalismo, ma per rispetto a
quella parola di verità, vivificante, che Gesù stesso ha detto a
Nicodemo; parola, la cui radicalità ne garantisce l’autenticità.
A questa parola di Cristo ed
alle altre, che il nostro Salvatore ci ha insegnato, seno rimasti fedeli i primi cristiani; tant’è che nelle epistole, che sono i
primi scritti della Chiesa, accolti poi nel canone, non c’è traccia alcuna di uno « speciale »
concepimento di Gesù. Paolo
stesso — ritenuto giustamente
il primo teologo della Chiesa —
non ne fa cenno, sebbene parli
di Gesù Cristo in mille modi,
fino a ri trarlo « al vivo » (Gal.
3: 1).
Pertanto, qualsiasi opinione
formulata da un credente sul
concepimento di Gesù, dev’essere accolta con rispetto — anche se non necessariamente condivisa — soprattutto quando tale opinione è il frutto di una
onesta ricerca teologica.
Va invece sempre disapprovato ogni tentativo, da chiunque
perpetrato, di ergersi a giudice
del fratello in questioni di tal
genere, che non sono fondamentali né per la fede, né per la
salvezza; e ancor più è da condannare, senza esitazioni — in
nome del Vangelo che ci dà il
diritto di farlo — ogni espressione di quello spirito clericale
che non perde mai l’occasione
di ostacolare, perfine col ricatto, la libera ricerca teologica,
legittima per ogni credente; lasciando, per contro, passare le
più grandi aberrazioni in fatto
di fede, quando seno pronunciate « ex cathedra » senza che nessun vescovo osi esercitare —
non dico la riprensione — ma
neppure il consiglio fraterno,
da pastore a pastore, limitandosi a subire passivamente ogni
’’vento di dottrina” che spira dal
vertice; così come sta avvenendo un’altra volta con la promulgazione dell’anno mariano, in
complete dispregio del Vangelo
di Gesù Cristo.
No, assolutamente, Topinione
di Barbero non è peccato; ma
tutto ciò che esce dal presunto
’’magistero” della sua chiesa, in
genere lo è; e coinvolge tutti coloro che non vi si oppongono,
in rapporto alla responsabilità
che in quella chiesa esercitano.
Sergio Cozzi
CONOSCERE
I MUSULMANI
Gentile redazione,
essendo vissuta per molti anni in
ambiente islamico e in contatto quotidiano con questa realtà, sia nella vita
domestica sia per motivi professionali, mi ha molto interessata l'inserto sull'IsIam in Europa di Cesare Milaneschi, e mi permetto alcuni commenti.
In primo luogo tutte le foto sono
di uomini (i ritratti non saranno stati
graditi in molti stati islamici poiché
il Corano vieta la rappresentazione
della figura umana).
In secondo luogo non ci sono foto
(e non si fa menzione) delle donne
musulmane (circa la metà della popolazione!). La posizione della donna
nel mondo islamico pone forse il
maggiore di tutti i problemi di comprensione e di rapporto con i musulmani, il cui credo religioso afferma
che la donna non ha anima e finisce
con la morte (le "PERI” del paradiso
islamico hanno forma femminile solo
per la gioia degli uomini nell'aldilà).
La modernizzazione in corso nel mondo (p.e. il rinunciare al velo tradizionale, il lavoro fuori casa, la poligamia, eoe.) delle donne in alcuni
paesi islamici è una delle maggiori
cause di rivolgimento delle credenze
religiose e sociali ed è una grande
parte del turbamento del mondo islamico in questi tempi.
Terzo: Quando noi cristiani vogliamo
entrare in contatto con i musulmani
che vengono in Italia non dobbiamo
prendere per scontato che, vivendo essi qui e parlando la nostra lingua, abbiano anche familiarità con le nostre
abitudini sociali e domestiche, poiché
essi hanno prevalentemente contatti
con altri musulmani e sono piuttosto
Isolati.
I primi contatti è bene che siano
uomini con uomini e donne con donne. Anche un invito ad un pasto è meglio che cominci fatto tra uomini, le
donne servono a tavola ma mangiano
a parte. E' anche troppo facile che musulmani semplici si mettano in testa
l'idea che contatti facili con le donne
"liberate" significa che le donne siano "disponibili".
Ricordiamo che, siccome la carne per
i musulmani religiosi dev'essere macellata in modo rituale, un invito a prendere un thè e dolci è più apprezzato, per quanto in seguito si possa
appurare se essi seguono tutte le pratiche della loro fede. Il fatto che noi
cristiani siamo "waatu wa kitab" (il
popolo del libro, cioè la bibbia) come anche gli ebrei e, come a noi,
siano familiari i nomi di Abramo,
Mosè, ecc. costituisce un buon punto
di partenza per una conversazione
sulla fede; più tardi verrà il parlare di Gesù che loro considerano come
un grande profeta.
Insomma, se i soli musulmani con
cui possiamo avere I primi contatti
sono commercianti, questa è una
ottima occasione e opportunità di servizio per i signori evangelici!
Ho a disposizione degli opuscoli di
testi biblici in scrittura araba e lingua marocchina.
Con fraterni saluti.
S. Diana Beerbohm, Torre Pellice
” COLLETTIVO” E
COMUNITÀ’
Leggo su « La Luce » del 27 febbraio scorso nell'intervista fatta al
Moderatore pastore Franco Giampiocoli, questa sua constatazione: « Il primo
problema che scorgo è il rapporto, all'interno della vita delle nostre chiese,
tra immagine e realtà... Ma se l'immagine si è ingrandita, non si è ingrandita la nostra realtà che rimane
piccola. E non vorrei che fossimo tentati di curare più l'immagine della
realtà ».
Leggo poi sulla circolare della mia
Chiesa: Collettivi della Federazione
delle Chiese Evangeliche della Liguria: 24-25 gennaio (sabato e domenica); 14-15 marzo (sabato e domenica).
Per il Collettivo (maiuscolo), condotto dalla FGEI, si pensa di renderlo
pubblico nella prima parte di sabato
pomeriggio 14 marzo.
Il termine .-collettivo» usato come
sostantivo viene attribuito ad organismo consultivo o deliberante; come
aggettivo ha significato di radunaticcio, di « insieme » e quindi è il contrario di individuale, da cui il neologismo « collettività », cioè comunità sociale.
Detto questo e pensando alla realtà delle nostre comunità che dovrebbero essere un « vero » collettivo, non
comprendo questi raduni che sottraggono all'unico incontro collettivo delle
comunità, ohe è fissato nel culto do
manicale, una buona parte di « comunicanti » tra cui anche quelli P'ù
impegnati pd autorevoli.
Si viene così a determinare in questi giorni un'atmosfera di abbandono
delle comunità che si ritrovano in
numero ridotto e si sentono avvolte
da un clima frigido.
Inoltre non comprendo come si
possano svolgere riunioni, che si ritengono di alto livello, a <■ porte chiuse » e si « pensi », magari, di renderne pubblica solo una parte.
Già il rapporto nella comunità è
molto aleatorio.
Mi chiedo se è proprio necessario
organizzare questi « collettivi » alla
domenica. Non ci sono nel corso dell'anno giorni festivi? Non ci sono periodi più o meno lunghi di ferie? Ma
qui mi sovviene che non bisogna togliere giorni di vacanza e di riposo a
nessuno, meglio « collettivarsi » alla
domenica.
Il risultato è che dal « collettivo »
si sta scivolando nell'astratto, perché così stanno trasformandosi le
comunità in cui II vecchio - ceppo »
sta esaurendosi e non si scorge un
opportuno ricambio.
E non mi si venga a dire: Meglio
pochi, ma buoni! Perché dal poco al
nulla il passo è brevissimo.
Edoardo Travi, Savona
DIBATTITO SUL « CASO BARBERO » - 3
Una “lettera” stupenda
Ho sempre pensato che, per i
protestanti, la libertà di spirito
fosse esigenza altrettanto essenziale, tuttavia li ho quasi sempre trovati più vincolati di me.
Ultimamente, ad es., leggendo il
n. 8 de « La Luce », a pag. 2, son
venuta a sapere che un pastore
valdese, al momento della sua
consacrazione pastorale, firma
una «confessione di fede»; io
non potrei farlo mai: io potrei
firmare solo una dichiarazione di
fiducia in Dio e intenzionale fedeltà a Lui, giorno per giorno,
senza nulla stabilire a priori, per
sempre; ritenendo tuttavia che
quella fiducia e quel desiderio
—- autentico — di fedeltà siano
garanzie assai più solide che singoli pronunciamenti di fede, essendo questi — penso — sempre, in potenza, rivedibili e correggibili, come tutto ciò che —
anche provenendo da Dio — passa però attraverso l’umana accoglienza.
Tanto più, poi, mi sono stupita, sempre leggendo quel numero de « La Luce », nel cogliere il turbamento del pastore
Bertolino circa il tono e il contenuto dell’articolo di Franco
Barbero, prete di una « comuni
tà di base»: conoscendo, di persona, Franco, la coerenza e profondità della sua ricerca di
fede, nonché la forza della sua
mitezza e il suo abituale, deciso rigetto di ogni ipocrisia, pensavo che almeno un protestante — se non un Vescovo cattolico — avrebbe potuto apprezzarne il tono (sbocco di tanti, inutili, toni più « sfumati ») e fermarsi un po’ di più, o più pensosamente, sul contenuto di quella — per me — stupenda « lettera a Maria».
Vera Lezzi
C.d.b. ’’Vomere”, Napoli
3
10 aprile 1987
chiese e stato 3
DIBATTITO SUI FINANZIAMENTI ECCLESIASTICI
I. Artus-Martinelli;
la defiscalizzazione
non è un privilegio
Nel dibattito sulla defiscalizzazione (il non pagare tasse allo
Stato sui contributi volontari
versati alla Chiesa), sull’utilizzo
deH’8 per mille del gettito IR
PEP, sull’esenzione dall’INVIM
(almeno l’anno scorso) si parla
sempre, generalmente, di «finanziamenti dello Stato », di « privilegi » e di « spirito concordatario », definizioni che non mi
convincono molto mentre sento,
in diversi scritti, una sensazione di ritrosia nel trattare di
denaro.
poverso t) del « Testo unico delle imposte sui redditi » che entrerà in vigore il 1M.1988 (DPR
22.12.1986, n. 917), testo che non
riguarda la Chiesa cattolica o
altre confessioni religiose, ma
riguarda tutte le « persone fisiche e giuridiche » aventi un reddito.
Con la scomparsa delle definizioni di culti « tollerati » e/o
« ammessi » e della « religione
di Stato », si sono pienamente
realizzati gli artt. 3 e 19 della Costituzione Italiana, mentre con
la firma dell’Intesa fra Stato
Italiano e Tavola Valdese si è
iniziato un rapporto fra le due
parti che non si è fermato, né
si deve fermare al 1984 (firma
dell’Intesa).
Ora, anche nella legislazione
corrente, devono sempre essere
equiparati i cittadini aventi differenti confessioni religiose.
Non dimenticando che viviamo in un paese a schiacciante
maggioranza cattolica e che le
inveterate abitudini ed i comportamenti tradizionali non si
cancellano da un giorno all’altro,
i « privilegi » sopra citati sono
invece residui di « discriminazioni » verso cittadini italiani
non dichiarantisi cattolici.
In particolare la defiscalizzazione (argomento meno sviluppato) si ritrova nell’art. 10, ca
Poiché anche l’art. 53 della
Costituzione Italiana non differenzia i cittadini nel concorrere alle spese pubbliche, ecco che
si evidenzia una « discriminazione » fra contribuenti che effettuano erogazioni liberali alla
Chiesa cattolica e contribuenti
non cattolici che operano egualmente con la loro Chiesa non
cattolica.
Qui, a mio parere, non si tratta di finanziamenti dello Stato,
di ordinamenti ecclesiastici vaidesi e metodisti e nemmeno di
privilegi, ma si tratta di un argomento puramente fiscale é, se
vogliamo, anche sociale, che riguarda una discriminazione dei
singoli contribuenti che, ovviamente, se ne possono avvalere
oppure no.
Nelle secolari vicende dei Vaidesi, è costante il loro anelito
alla « libertà nella giustizia » e
questa deve sempre essere continuamente perseguita anche nel
campo fiscale, senza alcun timore di interferenze dello Stato, che non vi saranno; cambiati i tempi ed i mezzi, si continui
il discorso con lo Stato aperto
con l’Intesa e sia la Tavola Valdese anche la nostra « Corte
Costituzionale » nei riguardi del
Vorrei, per ultimo, considerare la grande diversità fra « Chiesa » ed associazioni culturali e
simili che non sono minimamente paragonabili fra di loro, anche in campo fiscale.
Con la stessa lettura, diciamo,
civile e sociale possono essere
considerati gli altri argomenti
in discussione anche se con sfumature diverse; ma ciò richiederebbe ulteriore spazio.
Italo Artus-Martinelli
U. Zeni: contribuzioni
e riconoscenza ai Signore
Se l’accettazione dell’8 per mille mi sembra trovi la sua ispirazione in Luca 10 vers. 37 e cioè
nella conclusione della Parabola
del buon Samaritano che fa dire
a Gesù; « Va’ e fa’ tu lo stesso »,
non sembra si possa trovare nella S. Scrittura un passo che giustifichi di sfruttare, o con maggior diplomazia, avvalersi della
Chiesa perché la stessa richieda
per nostro conto allo Stato la
concessione di un beneficio (la
defiscalizzazione ) che riguarda
esclusivamente il singolo contribuente, concedendogli di detrarre dall’importo imponibile riguardante riRPEF, quanto dallo
stesso versato quale erogazione
liberale alla Chiesa.
numerosi passi biblici, mette in
evidenza che l’amore fraterno dei
membri di Chiesa si fonda sull’amore fraterno di Gesù Cristo.
I partecipanti alla grazia che è
in Cristo devono a loro volta
«far parte dei loro averi» (I
Tim. 6: 18).
Qualcuno pensa che l’accettazione della defiscalizzazione potrebbe costituire un incentivo
per un aumento delle contribuzioni ed ancor più potrebbe rappresentare la strada per risvegliare, all’insegna di un personale interesse, il dimenticato senso
del dovere contributivo per la vita della chiesa. Non mi sento proprio di conseguenza a tutto
quanto sopra detto di considerare favorevolmente il privilegio
della defiscalizzazione.
Non vi può essere dubbio che i
« beni materiali » sono raccolti là
dove sono stati seminati i « beni
spirituali », e la contribuzione data dai credenti per la vita della
Chiesa, che viene esplicitata nel
mantenimento dei ministri di
culto ed in tutto ciò che possa
considerarsi sostegno finanziario
all’azione di annunzio delTEvangelo, deve rappresentare una
adeguata restituzione a Dio dei
beni che Egli ci ha dato.
Roux, richiamando la decima
ebraica, ci mette in guardia dal
considerare la nostra contribuzione come una tassa ed esorta ad
avere una visione della stessa
quale azione gioiosa e non un
« atto di avarizia ».
Prima di portare all’attenzione
dei lettori quanto sopra esposto
ho consultato un discreto numero di « relazioni annue » delle
nostre chiese e credo valga la
pena che, con senso di responsabilità, valutando ciò che da Dio
abbiamo ricevuto e riceviamo,
ciascuno di noi si chieda se può
dire in piena coscienza di non poter meglio esprimere la propria
riconoscenza al Signore per i doni datici e meglio responsabilizzarsi nella partecipazione al mantenimento dell’annunzio dell’Evangelo là ove il Signore ci chiama ad essere « facitori » della
sua Parola (Giac. 1: 22).
Ugo Zeni
R. Bonifazi:
siamo usufruttuari
lo stato sulla vigilanza delle
leggi a tutela della parità dei
cittadini italiani valdesi e metodisti: siamo stati i primi, continuiamo nella nostra lotta per
la libertà nella giustizia.
Deve quindi risultare chiaro
che tutte le offerte defiscalizzate
potranno essere utilizzate dalle
Chiese Valdesi e Metodiste come meglio credono, per fini di
culto come per altri scopi, esattamente come avviene ora.
Questa posizione è chiaramente espressa nell’art. 21 e nell’art.
30 delle Intese, rispettivamente,
delle Assemblee di Dio in Italia
e d'eH’Unione delle Chiese Avventiste, come pure, anche se in
maniera quantitativamente diversa, dalle Comunità Ebraiche
in Italia (vedi questo giornale,
n, del 6.3.1987) e questo, ancora
una volta, cancella ogni «privilegio ».
Ed una defiscalizzazione non
è certo un finanziamento dello
Stato, ma un riconoscimento del
valore sociale e civile del soggetto al quale va il contributo
defiscalizzato.
Certamente la « caritas » non
è una partita di giro, ma non
lo è mai, né con i soldi che chiamiamo « nostri », né con quelli
che diciamo dello Stato, ma che
sono anche quelli « nostri », anche se si tratta sempre dì un
possesso « sui generis ». Noi infatti siamo e saremo sempre
solo usufruttuari dei beni terreni che appartengono unicamente, senza eccezioni, a Dio.
Se dunque, da cittadini, « abbiamo » deciso che una parte
di questi denari vadano ad alleviare le sofferenze altrui e se
siamo convinti che accompagnando gli aiuti materiali con
una parola gentile, un sorriso,
un gesto di comprensione, sa
premo fare meglio della organizzazione statale, burocratica,
impersonale, troppe volte disonesta, io penso che dovremmo
recepire il dovere di cristiani
di prendere questo impegno sulle nostre spalle, cercando l’ispirazione del Signore per attuarlo
secondo la sua volontà. Questa,
secondo me, è la « caritas ».
E ricordiamoci della parabola
dei talenti (Matteo 25; 14). Di
fronte a Dio abbiamo il dovere
di far fruttare al massimo tutte
le nostre possibilità, tutto quello che abbiamo o di cui potremmo correttamente disporre, e
che, comunque, ci proviene sempre e solamente dal Signore.
Reto Bonifazi
ROMA
Intese a confronto
Tavola rotonda sui rapporti tra Chiesa e Stato ’Confronto dinamico’ per il mondo protestante
le fosse di lire 700 mila; mensile
di 24 mila lire (annue 288 mila)
se l’entrata mensile fosse di lire
800 mila; mensile di 30 mila lire
(annue 360 mila) se l’entrata
mensile fosse di lire 1 milione e
via di seguito.
(nev) - Analogie e differenze
tra le intese firmate di recente
tra le confessioni religiose non
cattoliche e lo Stato sono state
esaminate nel corso di una tavola rotonda che ha avuto luogo a Roma il 12 marzo. L’incontro era stato organizzato dal Centro di cultura ebraica di Roma.
Vi hanno partecipato Ignazio
Barbuscia per l’Unione delle chiese cristiane avventiste del settimo giorno. Franco Giampiccoli
per le chiese valdesi e metodiste, Francesco Toppi per le Assemblee di Dio, il presidente della Comunità israelitica di Roma,
Giacomo Saban, e il prof. Giorgio Girardet della Facoltà valdese di teologia.
La tavola rotonda è stata iniziata da una introduzione di Giorgio Girardet, che ha illustrato i
quattro modelli di rapporto tra
chiesa e stato nel corso della
storia; quello della radicale separazione, quello teocratico, quello delle « due città » elaborato
da Sant’Agostino e quello del
confronto dinamico tra chiesa e
società che ispira attualmente il
protestantesimo. Franco Giampiccoli ha illustrato il lungo cammino che ha portato aH’intesa
delle chiese valdesi e metodiste
firmata nel 1984, la prima che
è venuta ad attuare l’art. 8 della Costituzione. Ci sono voluti
36 anni perché questo avvenisse, legando l’attuazione delTart.
8 della Costituzione alla revisione del Concordato con la Chiesa
cattolica. L’intesa è basata sul
rifiuto dei privilegi e dell’ingerenza dello Stato. Cosa significa
rifiuto dei privilegi? si è chiesto
Giampiccoli. Il privilegio non è
più tale quando è concesso a tutte le confessioni religiose oltre
a quella cattolica, o piuttosto
quando ne godono tutti, anche
altri organismi e associazioni non
di lucro? Il denaro di tutti — ha
affermato Giampiccoli — deve
servire ai bisogni di tutti.
Ignazio Barbuscia ha illustrato la specificità dell’intesa avventista (che è stata firmata insieme con ouella delle Assernblee
di Dio il 29 dicembre scorso), ricordando che è la prima volta
che gli avventisti stipulano una
intesa con lo stato in tutto il
mondo. Francesco Toppi ha ricordato le lunghe persecuzioni
alle quali i pentecostali sono stati sottoposti, particolarmente gravi durante il fascismo.
Giacomo Saban ha messo in
rilievo che la posizione di separazione tra stato e chiesa è la
più consona all’ebraismo e che
la scelta dell’intesa (firmata il
27 febbraio) è stata dettata dalla particolare situazione storica
italiana dove la cultura laica è
poco sensibile ai diritti delle confessioni religiose diverse dalla
cattolica. A differenza degli evangelici, gli ebrei hanno chiesto e
ottenuto che venisse loro riconosciuto il diritto alla tutela penale del sentimento religioso, in
considerazione delle manifestazioni di intolleranza nei loro confronti che purtroppo continuano
ancora a verificarsi nel nostro
paese. L’intesa firmata dagli
ebrei dovrà ancora essere ratificata dal prossimo Congresso
straordinario delle comunità
israelitiche italiane, che dovrà
anche approvare il nuovo statuto dell’Unione cui l’intesa fa ri
ferimento. Nel dibattito si sono
levate varie voci a chiedere vigilanza sull’attuazione delle intese, evitando il rischio ohe i
riconoscimenti ottenuti restino
sulla carta.
Il significato della nostra contribuzione è, alla luce delTEvangelo, ben diverso. Chi tra noi si
occupa da un po’ di lustri di finanza della e/o nella Chiesa, non
può dimenticare il contenuto di
quel quaderno teologico del pastore Hébert Roux, « L’argent
dans la communauté de l’Eglise »
stampato nel 1947 a Neuchâtel.
E’, questa, una pubblicazione
che, basandosi sulla citazione di
E’ con questo spirito che i recenti Sinodi hanno ripetutamente raccomandato, in una valutazione dei costi derivanti da quanto sopra elencato come « vita
della chiesa», l’opportunità di
consigliare ai membri delle chiese di adeguare le loro contribuzioni ad una misura aggirantesi
sul 3% delle loro entrate, il che
si concretizzerebbe (limitando i
conteggi a 12 mensilità) in una
contribuzione: mensile di 15 mila lire (annue 180 mila) se l’entrata mensile fosse di lire 500 mila; mensile di 21 mila lire (annue 252 mila) se l’entrata mensi
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TORRE PELLICE
L
4
4 fede e cultura
10 aprile 1987
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«
1^:
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UN ARTICOLO DI J. ELLUL SU REFORME
TRA DALMAZIA E ITALIA DEL SUD
L'AIDS come punizione
Una maledizione divina che si spiega col dissoluto modo di vivere di parte dell’umanità? - I « sani » non sono senza peccato
Ludovico Vulicevic
evangelista valdese
L’AIDS è una punizione divina? E’ una maledizione divina
die colpisce l’umanità del nostro tempo a causa del suo modo di vivere sempre più privo
di regole e di punti di riferimento?
La tesi è stata avanzata dal
teologo protestante francese
Jacques Ellul con un polemico
articolo sul settimanale Réforme, e non mancherà di far discutere. «Causa» della terribile
sindrome sarebbe — secondo
Ellul — 1’« erotizzazione demenziale della nostra cultura occidentale (...). La vita dell’uomo
occidentale è ossessionata dal
sesso. Le relazioni multiple fan
sì che non vi sia più alcim divieto, alcuna riserva, alcuna regola. E’ in questo clima che
scoppia l’AIDS. Ben più temìbile della sifilide, che credevamo
dominata, la quale pure si diffonde di nuovo rapidamente! Io
suppongo dimque che l’apparizione del virus dell’AIDS non
sia im caso! ».
Più avanti, affrontando il « nodo » teologico che gli sta a cuore, Ellul dice le parole più pesanti del suo intervento, invitando a « rileggere certi passi biblici dove Dio non è, ma interviene come, un vendicatore o im
giudice. Bisogna prendere sul
serio Babele e Sodoma. Noi
constatiamo che nella Bibbia
l’intervento divino ha luogo
quando l’inumanità, il ’’male”
morale o fisico oltrepassa i limiti ».
Non sarebbe davvero la prima volta che una malattia, soprattutto se grave e inguaribile, viene messa in relazione col
peccato delle sue vittime; accadeva al tempo di Gesù, quando
era in causa la lebbra, è accaduto ancora per secoli nell’Europa cristiana, quando i « diversi» — diversi dal punto di vista religioso, sociale, etnico, politico — sono stati ciclicamente
accusati di essere gli untori della peste o di altri morbi. Che
la malattia non sia la punizione
per il peccato del singolo appare chiaramente dal Nuovo Testamento (Giov. 9: 1-3). La questione non meriterebbe quindi troppo interesse.
Ellul, però, non afferma una
simile grossolanità. Non dice
che l’AIDS è la punizione del
singolo drogato, dell’omosessuale, del libertino, per la loro vita
dissoluta; l’AIDS sarebbe invece
la punizione dell’intera umanità
per un peccato — l’idclatria del
sesso, secondo Ellul — che in
forme diverse sarebbe comune
alla grande maggioranza se non
a tutte le persone del nostro
tempo.
Messa così, la cosa acquista
indubbiamente un altro senso, e
merita forse di essere discussa. Da non-teologo, mi limito a
qualche osservazione sparsa.
In primo luogo, mi colpisce l’associazione ricorrente sesso-peccato (e sesso-malattia), e mi colpisce in modo particolarmente
sgradevole quando viene proposta da un protestante. Per quan
to siano senz’altro numerose e
gravi le deviazioni presenti nel
modo (anzi: nei modi, chè son
ben più d’imo solo) di vedere il
sesso da parte deU’umanità del
nostro tempo, il sesso non è
certo «il» problema di oggi. E
non è neanche vero quanto
scrive Ellul a proposito del ritorno delle malattie veneree tradizionali: anzi, negli ultimi anni,
probabilmente anche a causa della paura dell’AIDS, il numero
dei casi di queste ultime si è
drasticamente ridotto.
In secondo luogo — e soprat,tuttc — l’idea della « punizione
divina ». Piace a Ellid, ma credo ohe appaia (giustamente)
ripugnante alla maggioranza dei
membri delle nostre chiese. Se
però rifiutiamo l’idea che Dio ci
aspetti al varco per vendicarsi
delle nostre cattive azioni, non
credo però che, all’estremo opposto, si possa giungere a non
vedere più il nesso che lega
ciò che facciamo alle sue conseguenze. Se sovente la malattia
e la sofferenza appaiono lontane
da ogni logica, non sempre è così: sappiamo che chi si droga
o ha rapporti sessuali con partners occasionali rischia l’AIDS,
chi fuma va incontro al cancro
del polmone, chi fa abuso di alcoolici è candidato alla cirrosi
epatica. Naturalmente, tutto ciò
non significa che i « sani » siano
senza peccato, né esime dalTesigenza di fraternità e solidarietà nei confronti delle vittime
della nuòva malattia, l’AIDS, o
delle « vecchie ».
Ma non c’è bisogno di credere in un Dio vendicativo per
comprendere che chi non rispetta la sua vita, la sua salute, il
suo corpo, va incontro aUa morte: « Il salario del peccato è la
morte» (Rom. 6; 23).
Paolo Fiorio
ROMANZO
La signorina Salvetti
Ad alcuni non piace, la protagonista di questo breve romanzo, o racconto lungo, poco allegro. Eppure è un interessante
saggio condotto in forma narrativa, sulla condizione esistenziale di una donna, la cui vita
è segnata dall’inabilità a produrre rapporti umani: « ...la condizione sociale della sua famiglia
non permetteva molti incontri...
e quei pochi ohe l’avevano sfio
VENDO
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rata erano troppo lontani; ...l’educazione alla modestia e all oscurità..., la sua infanzia protetta ma severa... », ecco un ritratto di persona allevata e cresciuta « dalla parte delle bambine »,
per usare un titolo che è diventato un simbolo.
Viene in mente, anche, la Simone de Beauvoir dei racconti
dell’infanzia, o il iBalzac ohe descrive la condizione umana. Ne
esce un personaggio di bambina
invecchiata ma non cresciuta,
sempre al di qua della vita, che
trascina negli anni un peso a
cui, col tempo, si è rassegnata
e arresa.
E’ curioso il fatto che la vicenda piace poco anche agli ambienti impegnati che pure, spesso, per l’allegro hanno poco spazio perché, dicono, ci sono cose
più importanti e di conseguenza fanno calare sull’allegro una
motivazione ideologica di svalutazione.
Certo, la serietà è garanzia.
Ma quante signorine Salvetti
hanno prodotto, gli ambienti poco inclini allo svago? Ognuno
faccia il conto, se ne ha voglia,
oppure rimuova Targomento.
Il filo conduttore del racconto
è dunoue una vicenda esistenziale inadatta a nrodurre rapporti
umani. Poiché alla signorina Salvetti non è toccato nemmeno di
nascere in un ambiente in cui
ci si incontra ner produrre cultura, assistenza, impegno o altro, ecco la sua estraneità ad
ogni consorzio umano. Neanché
la soddisfazione di inserirsi in
riunionii in cui si discute di- cose importanti; proprio solo il
quotidiano, che lei nercepisce co- ‘
me sbiadito, svalutato dalla mancanza, di confronto con gli altri,
e un maldestro tentativo dimandare in ferie.
Superato il disagio per que;
sta vicenda esistenziale poco espansiva ma non infrequente, e
per la ,i« sonorità » che in certi
punti cogliamo con la protago
nista, ma anche « fraternità », in
quanto caratteristica non specificamente femminile, poiché al
di là dello stereotipo del maschio
forte, vincente e inserito, esistono uomini che presentano analogie vivissime con la protagc>
nista, certamente meglio sublimate (vengono in mente certi
racconti di Mauriac), si fa strada l’interesse per la scoperta di
una costruzione narrativa avvincente, ohe si esplica in episodi
attraenti e insoliti.
E’ la narrativa umoristica, luminosa e solare, di Piera Egidi
che descrive Torino Porta Nuova, in una atmosfera un po’ pavesiana. La capacità di viversi
bene non si improvvisa e Luigina Salvetti non ha avuto le occasioni e gli stimoli per allenarvisi: « ...il mondo appartiene a
tutti quelli che si piacciono ».
Perciò vediamo la protagonista
partire, in una giornata di afa
appiccicosa, con una valigia troppo pesante, verso una valle che
si rivela, già nel viaggio, incombente, troppo angusta e poco
rinfrescante.
Curiosa l’analogia con il rac
conto « La matta del Piz » que
ste protagoniste sempre sole ham
no, come meta di vacanza, valli
dai nomi emblematici e allusivi: Vallescura, Vallefosca.
Il libro, inoltre, si regge su
una prosa che è un autentico
divertimento linguistico e concettuale, pervaso da umorismo e
versatilità, da assaporare con
tranquillità in qualche momento di relax.
E’ scritto da una donna ed e
pervaso da una briosa leggerezza
e positiva concretezza, complementare alle nrecise argomentazioni che troveremmo in un esauriente saggio sulla condizione umana, al canitolo « solitudine ». La struttura narrativa e
non argomentativa ne risulta
gradevole.
Il libro è complementare all’altro, della stessa autrice, « Ragazza allo specchio » ^ che si caratterizza ner vicende narrative
' più estroverse e altrettanto a. datte a riflettere sulla_ condizione esistenziale. ./“Oriatìa Beri
' Piera-ECIDI, La Signorina Salvetti,
Albert Meynler, Torino, iMè.
2 Roberta COLONNA ROMANO, La
matta del Pi?, Claudiana, Torino, 1982.
’ Piera ECIDI, Ragazza allo spec- i
chic, Books & Video. Torino, 1985. i
L’evangelista valdese Ludovico
Vulicevic, di origine dalmata
(1839-1916), non occupa molto
spazio — sebbene non manchi
di essere nominato — nei libri
di storia della nostra chiesa. Ne
traccia un profilo completo, biografico e culturale, in modo distaccato e nello stesso tempo
partecipe. Angelo Tamborra, in
un volume edito sotto gli auspici dell’Istituto di Storia del Risorgimento Italiano b
L’importanza di Vulicevic travalica la Chiesa Valdese e riguarda, contemporaneamente, la cultura e l’emancipazione della nazione slava, nelle sue varie componenti, di cui alla fine dirò.
Già frate francescano, poi sacerdote secolare, successivamente uscito dal cattolicesimo, infine approdato quarantenne alla
Chiesa Valdese vi svolge il ministerio di evangelista-predicatorepastore (termini ricorrenti e interscambiati) durante gli ultimi 34 anni della sua vita.
Da valdese fu a Venezia, a Torino, a Mantova, a Napoli, in
Calabria e, alla fine, per 18 anni, in Puglia (Taranto, Bari, Brindisi, Lecce, e relative diaspore).
Morì a Napoli, nel corso del 2°
anno di quella Grande Guerra
che tante sofferenze recò alla
nazione a cui apparteneva e che
tanto amava.
Uomo dal carattere forte e
contraddittorio, non ha sempre
avuto rapporti facili con la dirigenza della Chiesa Valdese, eppure lo vediamo traslocare spesso da un luogo all’altro, lungo
la Penisola, con tutti i disagi
comprensibili.
Considera la teologia nemica
del Vangelo (pag. 131), sebbene
non ne abbia approfondito lo
studio e si dia a predicare senza aver fatto prima studi regolari alla Facoltà (pag., 84).
Si dichiara contrario a tutte
le chiese, senza eccezioni, perché
le considera portatrici di divisioni, ma vive nella prospettiva
di una chiesa universale purificata, una sorta di pancristianesimo alla Ugo Janni, e desidera,
in modo commovente, che sulla
sua tomba sia scritto; « ...per la
Chiesa Valdese conobbe CristOj
sua redenzione» (pag. 116). E
come se sentisse vivere dentro
di sè un certo costume ancestrale della gente del popolo, in Dalmazia, dove si accende un cero,
si prega, si chiede una grazia
indifferentemente in una chiesa
cattolica oppure ortodossa (pag.
157).
Ha parole forti, addirittura
caustiche, contro il cattolicesimo
e contro il papato di fine secolo
(dal 1870 in poi), ma critica duramente certo anticlericalismo
parolaio e ingiusto — scrive
che ha minato dalle radici, per
esempio, la chiesa valdese di Bari, di cui arriva a chiedere la
chiusura per consentire un nuovo inizio (pag. 110).
Sull’evangelizzazione valdese
nel Sud scrive che non attecchisce perché la gente si aspetta di ricevere nualche aiuto materiale dalla nuova nredicazione
evangelica (pag. 105), ponendo
per noi accenti che solitamente
trascuriamo. Notevole è la risposta che Vulicevic riceve da una
donna; « Se andiamo dai preti
ci chiedono soldi, se dagli evangelici, ci scandalizzano, per questo noi a Rocca Imperiale siamo
senza religione » (pag. 106). Abbiamo messo a fuoco quanto basti, oggi, questa mentalità?
Tamborra collega con insistenza, e lo ribadisce più volte, la
predicanone di Vulicevic con la
vocazione francescana della fanciullezza, in continuità ideale.
Infatti, questo traspare da molti dati, ha un suo fascino, una
corposità esistenziale, una' evan
gelickà alla radice, un motivo di
gioia. E Vulicevic vive anche in
una solitudine senza uguali (pag.
119).
Il protagonista, giustamente
messo a fuoco in primo piano,
si staglia su un fondale che mi
viene da indicare come ambito
valdese, una chiesa di minoranza, nella dispersione, nella cronica limitatezza di mezzi. Ebbene, c’è spazio per tutti, anche
per tini come Vulicevic, con le
sue impuntature, con la sua teologia poco approfondita, con certe sue radicalizzazioni scriteriate. A ben considerare, una chiesa così, con tanti limiti riconosciuti e palesi, allarga il cuore.
Tamborra ripete che Vulicevic
è stato uomo di fede. L’affermazione è più che comprovata.
Una fede nel profondo, talvolta
sotto la corteccia di parole e di
fatti in discordanza. Una fede
operante, in ogni modo, dal costo elevato, dal peso non leggero, una fede che è traccia per
una risposta che potrebbe essere anche la nostra.
Una piccola nota di rilievo,
prima di passare ad altro. I testi, ampiamente citati dall’autore, sono testi ufficiali, pubblici,
datati, e sono forse gli unici
esistenti. Non potrebbero essere
messi a fuoco ulteriormente, a
raffronto di altro?
Un capitolo molto ampio è dedicato da Tamborra all’« impegno sociale e lotte nazionali »
(dalmati, serbi, croati) cui Vulicevic si è dedicato, in larga misura anche da protagonista, con
numerose pubblicazioni, per lo
più di carattere occasionale, mol
to appassionate, alcune censurate dalla polizia austro-ùngarica.
Non è chiaro perché questo
dalmata si sia gettato nella mischia con la penna e con il pensiero, mantenendo la residenza
a Pordenone, a Trieste, nel Sud
Italia, dando l’impressione di essere con il corpo al di qua e
con lo spirito al di là dell’Adriatico. 'L’Accademia Reale di Serbia e la Fondazione Milivojevic
gli furono prodighe di riconoscimenti. Dalle due Fondazioni, Vulicevic ricevette somme veramente cospicue (pag. 126). Segno
evidente che i suoi scritti non
erano parole di un esaltato, che
tuona da lontano, dall’estero,
ma contributo culturale e ideologico serio alla causa di tutto
lo slaviSmo.
Altre pagine, magistrali come
le precedenti, sono al capitolo
« Le radici mai recise ».
Un vivo grazie al prof. Angelo
Tamborra.
Giulio Vicentini
' Angelo TAMBORRA, Ljudevit Vulicevic tra Slavia e Italia, Roma, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano. 1986, pagg. 169 (Biblioteca Scientifica, serie 11: Memorie, voi. XXXIV).
ROMA — Il Segretariato Attività Ecumeniche (SAE). via Cava Aurelia 8.
tei. 06/63740333 - ore 9/14, organizza
per I giorni 30 aprile - 3 maggio un
convegno sul tema “ Laici, laicità,
ecumenismo: credenti in dialogo ». Il
convegno che vedrà la partecipazione
di Maria Vingiani, Valdo Vinay, Daniele Garrone, Bruno Forte, P. Coman, Laura De Benedetti, Erica Sfredda, Alcide Fasiolo, Simone Morandini, Stefano Ercoli, Antonino Drago,
Renzo Bertalot e di Vincenzo Parano,
si terrà a Gaeta nella sala Giovanni
XXIII della parrocchia di San Paolo
in piazza Trieste. L'alloggio è previsto presso l'Hòtei Serapò. Per informazioni rivoigersi al SAE.
.>■'1 "•:( '■
5
10 aprile 1987
ecumenismo 5
UN’INTERVISTA AD HANS KUENG
Aspettando Giovanni XXIV
Il teologo critica un atteggiamento troppo remissivo ed accomodante da parte dei protestanti tedeschi nei confronti del papato, e, dopo la giornata di Assisi, lancia l’idea di un consiglio ecumenico mondiale delle religioni
Quando il Prof. Hans Küng
prende la parola, sia in uno scritto, sia in un’intervista, c’è subito aria di polemica. Nel ’79 gli
fu sospesa la « missio canonica »,
a causa del libro « Infallibile? »
e della discussione sollevata dalle sue tesi. Ora ha una cattedra
all’Istituto Statale di ricerca ecumenica dell’Università di Tubinga. Ultimamente il mensile
delle chiese luterane tedesche
(Lutherische Monatshefte) ha
pubblicato una sua intervista nella quale egli attacca duramente
sia le chiese evangeliche, sia gli
organismi ecumenici internazionali. Ecco alcuni tra i temi di
questa intervista che ha sollevato in Germania una vasta risonanza.
modo più riformato dello stesso
presidente delle chiese luterane
tedesche (Loihse)! « Resta il fatto — continua il Kùng — ohe
la chiesa cattolica è incapace di
trarre le debite conseguenze ecclesiologiche dalla dottrina della
giustificazione per fede »; egli
ne indica almeno tre tra le più
significative; l’abolizione della
gerarchia, la consacrazione delle
donne, l’intercomunione.
moso BBM (battesimo, eucarestia, ministero) Lecumenismo
avrebbe fatto comunque dei progressi; Kung infatti è convinto
assertore dell’unità nella diversità. Però certe strutture come
LAlleanza Riformata Mondiale
(ARMI o la Federazione Luterana Mondiale (FLM) « non è detto che debbano esistere fino alla fine dei tempi ».
Riforma delle
strutture
Contro gli idoli
e i vecchi schemi
« I protestanti non protestano
più — dice Küng —: sono contenti di essere fotografati accanto al Papa »; « i protestanti hanno scelto un ecumenismo diplomatico. Anche il Consiglio Ecumenico delle Chiese invita solo
quei teologi che sono ben visti
dal Vaticano, e non vuole sentire le voci del cattolicesimo critico »; « oggi i cattolici critici sono più pericolosi dei protestanti.
I gruppi delle comunità cristiane di base sono quelli che portano oggi avanti la protesta contro l’antiecumenismo del Vaticano. I protestanti [s’intende quelli luterani tedeschi - ndr] non
sono stati capaci di protestare
nè contro la visita del Papa alla
chiesa luterana di Roma, nè ora
contro la proclamazione dell’anno mariano. Ormai i principali
ostacoli ad un ecumenismo tra
cattolici e luterani sono rimossi ». H. Küng nota infatti nel corso deH’intervista ohe, paradossalmente, in occasione delle celebrazioni per il quarto centenario della Confessio Augustana, il
cardinal Ratzinger ha parlato
della giustificazione per fede in
Secondo Kiing si potrebbe
mantenere nella chiesa il « servizio di Pietro », ma si dovrebbe procedere ad una riforma delle strutture della chiesa, nel senso di dare una giusta e preminente collocazione agli organi
collegiali, conciliari e primaziali.
L’ecumenismo avrebbe bisogno
di un papa credibile, capace di
parlare a nome di tutta la cristianità, e non solo per Roma
e le chiese cattoliche.
L’esempio che Kiing ha in testa è ovviamente Giovanni IDiIII,
l’unico che abbia saputo dare un
carattere ecumenico al suo pontificato. I sette anni del pontificato di Giovanni Paolo II sono
definiti, con triste humour, «i sette anni magri dell’ecumenismo ».
Certo bisogna capire cosa intenda Kiing quando parla di ecumenismo: per lui infatti bisognerebbe riuscire a conciliare
« l’ampiezza della visione e della teologia cattolica con la concentrazione evangelica », ed aggiunge con convinzione: «Credo
che la chiesa evangelica potrebbe imparare qualcosa dalle strutture universali della chiesa cattolica ».
Col documento di Lima, il fa
Recentemente è stata pubblicata in Germania la sua ultima
opera dal titolo « Theologie im
Aufbruch » (Teologia in ascesa)
dove egli cerca nuovi modelli di
comprensione del presente caratterizzato, secondo lui, da una
crisi mondiale della teologia e
delle religioni. Rifacendosi a
Barth critica gli idoli della scienza, della tecnologia e dello sviluppo industriale: « Si tratta di
sviluppare una scienza ohe si attenga all’etica, una tecnologia
che sia umana, un’industria che
conservi l’amibiente ed una democrazia ohe realizzi la giustizia sociale ». Tutte le religioni
si tengono abbarbicate a vecchi
schemi: « La chiesa cattolica
mantiene paradigmi medioevali,
le chiese evangeliche hanno la
nostalgia della Riforma ». Kiing
vuole invece sviluppare una teologia ecumenica che tenga conto
delle altre religioni mondiali. Auspica pertanto la creazione di
un consiglio ecumenico mondiale delle religioni, e non solo quindi delle chiese cristiane. « Non
ci sarà pace tra le nazioni, senza la pace tra le religioni. Per
questo sostengo l’iniziativa di
Giovanni Paolo II che ad Assisi
ha invitato i rappresentanti delle altre religioni a pregare in
sieme. Per salvare la pace mondiale tutte le religioni devono
salvaguardare l’humanum presente nelle loro tradizioni. Noi cristiani ci troviamo in una situazione favorevole perché possiamo vedere tutta la predicazione
di Gesù in questa prospettiva.
Le religioni sono per l’uomo, e
non l’uomo per le religioni ».
Un cattolicesimo
progressista
Questi alcuni tra i passaggi
che mi sono parsi più significativi dell’intervista del Prof. Kùng.
In sostanza, mi pare, egli sogna
un cattolicesimo progressista nel
quale possano essere integrati i
« valori » protestanti. Le strutture della chiesa cattolica vanno
bene, i problemi nascono dai papi che commettono errori nel
campo dell’ecumenismo. L’ecumenismo potrebbe essere realizzato partendo da un papato ecumenico, ignor2mdo però totalmente la base delle chiese. Per
quanto poi riguarda le critiche
alTecumenismo diplomatico, è
questo un argomento ampiamente dibattuto già da anni nelTambito delle chiese protestanti minoritarie. Ma il Prof. Kùng non
sembra essersene accorto!
Infine un’amara constatazione;
negli ambienti tedeschi l’intervista ha suscitato una certa sensazione. Sembra quindi che le
cose siano vere solo quando escono dalla bocca di un « cattolico critico, più pericoloso dei
protestanti »!
Susanne Labsch
LA RICERCA TEOLOGICA CATTOLICA SECONDO IL DIRITTO CANONICO
Liberi di essere d'accordo coi magistero
Come si esercita il controllo della « sana teologia » - La presunzione, da parte dell’autorità, di avere e proporre
l’autentica scienza teologica - La riproposizione della teologia di Tommaso e il controllo vescovile sui catechismi
Il canone 218, che descrive la
giusta libertà di chi si dedica
alle scienze sacre, è un capolavoro di controsensi:
« Coloro che si dedicano alle scienze sacre godono della giusta libertà
di investigare e di manifestare con prudenza il loro pensiero su ciò di cui
sono esperti, conservando il dovuto
ossequio nei confronti del magistero
della Chiesa» (Canone 218).
Prudenza e ossequio vanno
d’accordo con la « libertà » di investigare, ma non con la libertà
di manifestare liberamente i risultati della investigazione. Il canone è logico solo se si parte
dal presupposto che il ricercatore non troverà alcunché ohe sia
contrario a ciò che dice il magistero, ma proprio in ciò è anche un « controsenso » e palesa
un uso deformato del termine
libertà se, com’è intuibile, non
prevede che si dia il caso di risultati contraddicenti il dettato
magisteriale. Insomma: liberi di
essere d’accordo!
Di molte aperture presenti nella Costituzione Pastorale Gaudium et Spes (1965) non c’è traccia nei canoni del nuovo Codice,
si veda ad esempio il richiamo
della Costituzione sul rapporto
tra teologia e scienze profane (cfr.
cap. II, 62).
Seguendo l’indicazione della
« Gaudium et Spes » si dovrebbe
procedere ad una profonda revisione delTetica teologica. Ne dovrebbe essere influenzata in un
profondo riesame e reimpostazione anche la predicazione, ma
anche in essa la teologia del magistero diviene freno al rinnovamento:
« I predicatori della parola divina
propongano in primo luogo ai fedeli
ciò che è necessario credere e fare
per la gloria di Dio e per la salvezza
degli uomini ».
« impartiscano ai fedeli anche la
dottrina che il magistero delia Chiesa propone sulla dignità e libertà della persona umana, sull'unità e stabilità
della famiglia e sui suoi compiti, sugli obblighi che riguardano gii uomini uniti neila società, come pure sul
modo di disporre le cose temporali
secondo l’ordine stabilito da Dio »
(Can. 768),
doveva essere guida generale e
non sottoposto al controllo del
magistero. E’ la presunzione del
magistero d’avere e sapere proporre l’autentica « scienza teologica » il vero « peccato teologico » della chiesa romana, il suo
errore fatale e la sua gabbia.
La formazione dei seminaristi
tende ad educare alla sottomissione alla gerarchia, a un rapporto « umile e filiale, con il Romano Pontefice » (canone 245.2).
La formazione teologica deve
ispirarsi alla dottrina cattolica,
e ciò è ovvio; meno ovvio è che
il dottore della chiesa proposto
sia S. Tommaso:
Il canone ohe segue, « La dottrina cristiana sia proposta in
modo conforme alla condizione
degli uditori e adattata alle necessità dei tempi » (canone 769),
« Vi siano lezioni di teologia dogmatica, radicata sempre nella parola di
Dio scritta e nella sacra Tradizione,
mediante le quali gli alunni imparino
a penetrare più intimamente i misteri della salvezza, seguendo soprattutto la dottrina di S. Tommaso; inoltre
lezioni di teologia morale e pastorale,
di diritto canonico, di liturgia, di storia ecclesiastica e di altre discipline,
ausiliarie e speciali, secondo le disposizioni delia Ratio di formazione
sacerdotale » (Canone 252.3).
Certamente Tommaso d’Aquino (1225-1274) fu un teologo ge
niale, ma se proprio si deve scegliere un dottore, allora Agostino di Ippona si impone su tutti.
Indicare « soprattutto » S. Tommaso significa ossificare la formazione teologica nella teologia
medioevale, già sistematizzata
nelle controverse e problematiche soluzioni della dogmatica cattolica che va incontro al sistema
della chiesa del Concilio di Trento (1545d563). Il contròllo della
« sana teologia » si esercita non
solo sui programmi ma anche
sui docenti, coloro che non seguono integralmente la dottrina
cattolica possono essere rimossi
dall’autorità (canone 253.3). L’istruzione catechetica segue le indicazioni dottrinali di base di
quella seminaristica, salvo ovviamente le distinzioni di metodo e
ambito d’analisi (cfr. canoni 773780). I catechismi devono essere approvati dal vescovo. Il Codice del 1917 conteneva, in prefazione, la Professio Catholicae
Fidei del Concilio di Trento, promulgata da Pio IV con la Bolla
« Iniunotum Nobis » il 13 novembre 1564. Qra è in preparazione
il catechismo cattolico universale, possiamo facilmente prevedere che vi saranno inclusi tutti
i dati dottrinali della Professione di Fede Tridentina. I canoni
da 796 a 806 stabiliscono i criteri ohe regolano l’insegnamento
della religione cattolica in ogni
scuola, sia cattolica che di stato. Recita il canone 805;
« E’ diritto dell’Ordinario del luogo
per la propria diocesi di nominare o
di approvare gli insegnanti di religione, e parimenti, se lo richiedano
motivi di religione o di costumi, di
rimuoverli oppure di esigere che siano rimossi ».
Ogni iter formativo è tenuto
a balia e sorvegliato.
Data la situazione che i canoni descrivono si deve dedurre
che la teologia è « controllata »
e la censura magisteriale impera. Non è una buona prospettiva per l’evoluzione della teologia cattolica verso sbocchi più
« aperti ». E’ prevedibile che continuerà il braccio di ferro tra
gli « innovatori » e la teologia dei
« gerarchi »; con pregiudizio del
libero sviluppo del dibattito teologico e con il prevedibile appiattimento della formazione teologica di base sulle tesi del magistero.
Alfredo Berlendis
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6 prospettive bibliche
10 aprile 1987
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
IL SIGNORE DEI MORTI
E DEI VIVENTI 3
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« A questo fine Cristo è morto ed è tornato in vita: per
essere il Signore e dei morti
e dei viventi »
(Romani 14: 9)
In 2 Corinzi 5 Paolo si esprime
dunque in termini gnostici, ma
per dire l’opposto di quello che
dicono gli gnostici. La «casa non
fatta da mano d'uomo » di 2 Cor.
5: 1 non è che una variante dell’espressione « corpo spirituale » di
1 Cor. 15: 44. Quello che il cristiano brama e attende non è di essere
« spogliato » dal corpo, ma piuttosto di essere « sopravvestito » dal
«corpo spirituale» (2 Cor. 5: 2-4).
All’esaltàto « già ora » deU’esperienza estatica gnostica Paolo contrappone il realistico « non ancora » del
regime della speranza: non siamo
ancora nell'eschaton [nella realtà
finale, definitiva, nuova - n.d.r.].
Quando in 2 Cor. 5: 6 dice: « Mentre
abitiamo nel corpo siamo assenti dal
Signore » e in 5: 8 dice: « Abbiamo
molto più caro di partire dal corpo e
di abitare col Signore », le sue espressioni sono disorientanti, così spinte
nel senso del linguaggio gnostico, da
rendere irriconoscibile il suo pensiero, da dare l’impressione che contraddica il suo costante messaggio.
Ma potrebbe caratterizzare la situazione del credente come una situazione di assenza dal Signore, lui che
l’ha sempre presentata come una esistenza « in Cristo » (anche in 2 Cor.
5: 14-17!)?
Contro ogni illusione
evasiva e irrealistica
Questa esistenza in Cristo è da lui
intesa in senso escatologico, cioè creduta per fede, cosi da poter essere assimilata a un tesoro nascosto in opachi vasi di terra (2 Cor. 4: 7). Gli
gnostici invece, nella loro esaltazione, ritengono che il vaso di terra sia
ormai spezzato e buttato via e che il
cristiano sia entrato in definitivo possesso del tesoro, cioè della realtà
escatologica. Paolo li contesta in modo drastico: la loro esaltata convinzione di essere ormai al di là della
esistenza concreta, cioè del « corpo »,
è una illusione evasiva e irrealistica,
noi siamo ancora nel corpo, cioè nella storia, Veschaton non è ancora
raggiunto, siamo ancora lontani dal
Signore, cioè camminiamo ancora
per fede, non siamo ancora in grado
di procedere per visione (2 Cor.
5: 7).
Perciò non possiamo concedere un
indirizzo libertino alla nostra etica.
Nella sua ricerca — in un articolo che riprendiamo da « Protestantesimo » 1/1980 — V. Subilia ci fa risalire alle radici delle distorsioni che così
largamente influenzano la nostra visione dell’uomo e quindi della morte
e della risurrezione. Le radici sono nell’eresia gnostica, eresia teoricamente respinta, in realtà penetrata in profondità nella coscienza cristiana, fin dai primordi. Subilia esamina vari testi dell’apostolo Paolo, in particolare 2 Corinzi 5: 5-8, e ci fa constatare che talvolta Paolo pare, sà, farsi
gnostico con gli gnostici, parlare il loro linguaggio (spoliazione del corpo, abito, casa celeste ecc.), ma in realtà un’esistenza umana senza il
corpo gli è ebraicamente inconcepibile, e quando parla di « corpo spirituale » non intende essenza eterea, ma corpo nuovo, alla nuova creazione, corpo «animato dallo Spirito escatologico, lo Spirito della vita che in
Gesù ha vinto la morte ».
a cura di GINO CONTE
secondo la massima gnostica per cui
« ogni cosa è lecita » (1 Cor. 6: 12;
10: 23), perché non siamo ancora
nella libertà escatologica, in cui i
comportamenti dell’uomo nuovo non
sono più contrastati da quelli dell’uomo vecchio. Dobbiamo anzi vigilare con responsabilità vocazionale
sul nostro corpo, cioè sulla nostra vita concreta di ogni giorno, perché dovremo tutti « comparire davanti al
tribunale di Cristo » (2 Cor. 5: 10) e
render conto delle cose fatte quando
eravamo nel corpo, senza abbandonarci a esaltazioni illusive, come se
fossimo già giunti a « regnare » ( 1
Cor. 4: 8) sul nostro corpo, cioè sulla
nostra esistenza concreta.
Soltanto quando partiremo dal
« corpo naturale » e raggiungeremo il
« corpo spirituale », quando saremo
spogliati dal « corpo naturale » e saremo rivestiti dal « corpo spirituale », animato e governato non più
dalla « carne » ma dallo « Spirito »,
saremo veramente col Signore, nella
visione e nella libertà escatologica,
quando il gemito della creazione che
ci aggrava e che ci pone davanti al
limite della corruzione e della morte,
cederà il posto alla libertà della glo
ria dei figli di Dio (2 Cor. 5: 4-8 =
Rom. 8: 18-25).
Morire, un guadagno?
che cosa si deve pensare di un altro testo famoso, continuamente citato per attribuirgli tesi in contrasto
con il messaggio paolinico: « Per me
il vivere è Cristo e il morire guadagno... ho il desiderio di partire e di
essere con Cristo, perché è cosa di
gran lunga migliore » (Fil. 1: 21-23)?
Fra tutti i commentari quello che
ci è apparso più capace di valido
orientamento, pur nella sua brevità,
è quello del Wendland, nel tracciare
il raffronto tra 2 Corinzi 5 e Filippesi
l.Il testo non deve essere isolato dal
quadro dell’intero epistolario paolinico e dal contesto della stessa epistola ai Filippesi, scritta in prigionia.
nella prospettiva della morte. La comunione con Cristo è irrevocabile e
indistruttibile, neppure la morte può
separare dall’amore di Dio i credenti
(Rom. 8: 38 s.), che sono in attesa
deH’apparizione del loro Salvatore, il
quale « trasformerà il corpo » della
loro umiliazione « rendendolo conforme al corpo della sua gloria »
(Fil. 3: 20 s.).
La fede in quel Cristo che è la loro
vita (Gal. 2: 20) permette all’apostolo di affermare che la presenza del
Signore, reale nell’esistenza storica
attuale, non può certo venir meno
neppure per il sopravvento della
morte. Paolo non si cura di spiegare
il come degli interventi e dell’azione
di Dio e quindi di illustrare la situazione dei credenti dopo la morte ^
gli basta affermare che Dio non si lascia fermare dalla morte nella fedeltà alle sue promesse e opera in maniera totale per fare tutte le cose
nuove della sua novità. La simultanea affermazione dell’attesa della risurrezione escatologica e della indefettibilità della comunione con Cristo anche nella morte non rappresenta per lui un motivo di contrasto. Le
difficoltà derivanti dalla problematica della concezione del tempo, che ha
poi occupato tanto seriamente il pensiero occidentale influenzato dalla filosofia greca, gli sono estranee. Nel
pensiero di Paolo « 1’“adesso” dell’ora della morte e 1’"allora” del
compimento futuro non sono contrapposti soprattutto perché il Signore risorto e glorificato che chiama
a sé Paolo morente e il Cristo che
verrà sono la stessa e identica persona, che è potente sulla morte nel tempo così come determina e realizza nel
suo complesso la fine del cosmo e
della storia » (Wendland).
Tutti i pensieri
concentrati su Cristo
Per Paolo quello che conta non è
una immagine del futuro e una serie
di supposizioni — che sarebbero ine
vitabilmente mitiche — sui modi e
sui tempi del mondo a venire, ma
piuttosto la speranza fondata suH'a’i venimento di Cristo.
La concentrazione di tutti i pensieri su Cristo è una costante dell’epistolario paolinico e rappresenta
anche l’elemento dominante di Fil.
1: 23, come del resto di 2 Cor. 5: 9
Senza questa prospettiva è vana im
presa da parte nostra tentare di spie
garci le espressioni apostoliche in
modo confacente ai nostri interessi
psicologici, ai nostri schemi moderni
e in particolare alla nostra concezione moderna del tempo.
Evidentemente Paolo si è servito
del linguaggio della sua epoca per
trasmettere il suo messaggio. Ma la
sovrana libertà con cui usava le formule dell'epoca per esprimere un
messaggio completamente diverso
dalle concezioni dell'epoca, ha posto
all'esegesi dei secoli successivi problemi complicatissimi che nossono
apparire — come è il caso per Fil.
1: 23 — senza soluzione convincente,
e ha fatto deviare verso orizzonti non
cristiani la fede dei cristiani.
Vittorio Subilia
( continua )
' O. Cullmann, qui citato da Subilia, in
Cristo e il tempo (Milano, 1965, p. 280) osserva che i morti « appartengono tutti,
così come i viventi, al periodo presente,
delimitato dalla risurrezione e dalla parousia di Cristo. Per questo né gli uni né
gli altri si trovano in una posizione di
vantaggio (1 Tess. 4: l.ì ss.). Sul come ci si
debba rappresentare questo stato intermedio, il Nuovo Testamento non si ferma
mai. Dove la realtà della risurrezione,
fondata sulla già avvenuta risurrezione
di Cristo e sul possesso attuale dello Spirito, costituisce un così forte oggetto di
fede e di speranza come nel Nuovo Testamento, non resta più spazio per speculazioni sul come. Voler precisare questo
stato intermedio e parlare, ad esempio, di
purgatorio [anche nella sua forma pagana della reincarnazione, che a sua volta
riflette una chiara luce di paganesimo sulla dottrina cattolica, n.d.r.], significa lasciarsi andare a ipotesi arbitrarie che
non hanno alcun fondamento nel Nuovo
Testamento; un simile interesse per il "come” costituisce, innanzitutto, prova di
poca fede, ed è un segno incontestabile
che la fede nella già avvenuta risurrezione di Cristo è vacillante e che il potere
di risurrezione dello Spirito Santo non è
più efficace. Alla fede neotestamentaria
nella risurrezione basta, in rapporto allo
stato intermedio in cui si trovano i morti,
avere la sola certezza che conta: che
chiunque crede in Cristo, che è la risurrezione, "vivi'à, anche se sarà morto” (Giovanni 11: 25)». Ancora il Cullmann, in Immortalità dell'anima o resurrez.ione dei
morti, in « Protestantesimo » 1956, pp71-73, osservando che anche « lo stato di
nudità », cioè la morte, « non ci può
separare da Cristo », scrive: « Noi aspettiamo e i morti aspettano. Certamente il
ritmo del tempo per essi è diverso da
quello dei viventi». [N.d.r.].
7
10 aprile 1987
vita delle chiese 7
_______ ____LA GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA 1987
Un tam-tam della
solidarietà femminile
TORRE PELLICE
« Viviamo la Giornata Mondiale di Preghiera (G. M. P.) come
una giornata di azione, di lotta
contro la fame, la violenza, l'ingiustizia, la malvagità e non di
mera celebrazione ».
Così scriveva sul Notiziario di
marzo della Federazione Donne
Evangeliche in Italia (FDEI) Vera l'elluto che ne è la presidente. e così è stato in molte località italiane, nell’anno centenario della GjMjP.
Può sembrare curiosa questa
idea di unire nella stessa preghiera e in una stessa offerta
donne di ogni razza, ogni nazione, ogni denominazione e classe
sociale. Eppure questa semplice
idea, lanciata nel 1887 nell’ambito della Chiesa Presbiteriana statunitense, ha progressivamente
coinvolto un numero sempre più
grande di persone. Oggi, donne
di 170 Paesi diversi aderiscono
al jMovimento della G.M.P. il cui
Comitato Esecutivo è composto
da rappresentanti delFAfrica, dell’Asia, dei Caraibi, dell’Europa,
dell America Latina, del Pacifico
e — da qualche anno — ha fatto la sua comparsa una osservatrice delegata dalla Chiesa cattolica romana.
Mary Ellen James, ohe per prima lanciò l’idea di una giornata
di preghiera, sottolineò che in
questo incontro avrebbe dovuto
trovare spazio « una confessione di peccati individuali e nazionali che si accompagnasse ad
una offerta caratterizzante il pentimento ». Il lontano invito di
quei Punica donna coinvolge oggi
milioni di donne.
Sotto il motto « Venite e rallegratevi » (’’Come and rejoice”)
e con un dossier di preparazione che analizza la ’’parabola del
gran convito” dell’evangelo di
Luca, anche in Italia si è mediamente registrata quest’anno
una buona partecipazione da parte dei vari gruppi femminili di
cui riferiamo per alcune situazioni.
Per la zona delle Valli Valdesi
e Torino questo giornale (n. 101987) ha già riferito dell’attiva
partecipazione di 250 sorelle provenienti dalla provincia di Torino e dalla Liguria.
Da Milano, la responsabile
FDEI regionale Dina Eroli, informa della vivace partecipazione di molte donne a questa
giornata ohe, significativamente,
si è voluta far coincidere « in
modo sobrio e senza retorica »
con la giornata della donna: era
infatti la domenica 8 marzo. La
comunità milanese ha seguito,
numerosa ed attenta, lo svolgersi della liturgia e la chiara predicazione di Jolanda De Bernardi.
Lina Welter da Vicenza, pur
lamentando che « nessuno di
fuori ha aderito all’incontro di
preghiera », segnala ohe la G.M.P.
ha visto una piena partecipazione dei membri di chiesa. Qui
la predicazione è stata tenuta da
Maddalena Costabel che ha ricordato, con un gruppo di sorel
le che hanno condotto la liturgia, il rischio di essere anche
noi nel numero di coloro che
emarginano il prossimo più debole.
In una corrispondenza da Bari, Èva Incelli Vicentini informa
ohe la locale chiesa valdese ha
accolto, per la G.ME., anche
gruppi di sorelle provenienti da
fuori città, in particolare da Corato e Cerignola. L’incontro ha
visto lo svolgersi di ima liturgia
densa di spunti,di riflessione nel
corso della quale sono state anche lette poesie di bambini e
proiettate diapositive scattate nel
centro presbiteriano di Stony
Point (New York) dove si è celebrato il centenario della G.M.P.
in una cornice multirazziale con
liturgie caratterizzate da elementi folcloristici diversi.
A Taranto, la liturgia della
GjMjP. è stata condivisa con un
gruppo di donne del Segretariato Attività Ecumeniche (S. A. E.)
e vi hanno partecipato anche i
bambini della scuola domenicale. « Sul tavolo davanti al pulpito erano state poste le candele del passato, del presente e del
futuro, simbolo dell’impegno e
della testimonianza delle donne
e — scrive Vera Velluto — tante, tante mimose ».
CHIESA BATTISTA DI TORINO
Pace, giustizia...
Anche la Chiesa battista di Torino (via Passalacqua), sull’esempio di altre chiese e seguendo l'indicazione del CEC, ha approvato un o.d.g. per il disarmo
e la denuclearizzazione dei propri locali che qui riportiamo.
La Chiesa Battista di Torino,
via Passalacqua, riunita in Assemblea il 15 marzo 1987, conscia dei propri limiti e dell’essere stata in passato disattenta
di fronte ai fatti compiuti dalla
società umana nella sua più vasta accezione, coglie, oggi, l’occasione per riconsacrarsi alla
missione a cui è stata chiamata
dal Signore e per riconfermare
la propria fede in Dio, Creatore
dell’universo e in Gesù Cristo,
liberatore e Signore della storia.
Consapevole ohe la Chiesa di
Cristo non ha il potere di imporre ad alcuno il suo messaggio di pace, di giustizia e di integrità della creazione — non
siamo stati posti in questo mondo per deturparlo, ma per lavorarvi, custodirlo (Genesi 2: 15)
e conservarlo —, questo è il mondo ohe Dio ama e che in Gesù
ci è stato ridonato, invita le Chiese Battiste d’iltalia, le Chiese costituenti la FjC.EjI. e tutte le
comunità che confessano il nome del Signore, a non limitare
la testimonianza cristiana agli
atti cultuali o a solenni dichiarazioni di principio, ma a concretizzare la propria dichiarazione di fede in un impegno responsabile di condanna della proliferazione delle armi nucleari, degli ingannevoli tentativi proposti dalla S.D.L (Strategie Defense Initiative) noti come scudo
spaziale o guerre stellari e di
progetti similari in studio all’Est, formulando sfide autentiche che siano di superamento
delTantiquata istituzione della
guerra come mezzo necessario di
pace tra i popoli, esorta le Chiese Battiste d’Italia e tutte le
chiese protestanti del nostro paese ad aderire al Patto formulato dall’« Assemblea Ecumenica
per giustizia, pace e salvaguardia del creato », tenuta in Siegen (Germania) dal 21 al 23 novembre 1986, dichiara denuclearizzati l’area e l’edificio di Torino, in cui è parte il Tempio
e tutti gli altri locali della Chiesa, come segno di testimonianza
e di predicazione dell’Evangelo,
propone al Consiglio Comunale
di Torino di dichiarare denuclearizzato, per fini militari, il nroprio territorio, sull’esempio di
tanti Comuni del Piemonte, partecipa alle autorità nazionali
competenti l’atto di questa Assemblea.
Corso di giornalismo
Dal ruolo delle agenzie di stampa all’elaborazione della «prima pagina» di un quotidiano
A Palermo — ci informa Edi
Schmid! — il grande salone
del Centro diaconale ”La Noce”
era gremito. La liturgia della
G.MjP. è stata adattata alla sensibilità locale. Al culto, al quale
hanno partecipato anche i membri della chiesa valdese di Via
Spezio, ha fatto seguito un’agape ohe ha visto la presenza di
alcune donne immigrate, non ancora pienamente inserite nella
vita cittadina.
In tutte le varie situazioni in
cui si è celebrata la G.MjP. (anche in quelle ohe qui non abbiamo citato, ma sono numerose)
è stata fatta una colletta devoluta al servizio migranti della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. « L’offerta raccolta a favore dei migranti — afferma Dina Eroli di Milano —
è una dimostrazione di sensibilità da parte di uomini e donne
credenti verso i problemi di ohi,
oggi, in Italia vive la condizione
di emarginazione e povertà ».
La richiesta di esprimere non
solo a parole, ma con atti concreti la solidarietà verso il prossimo — lanciata da Mary Elleri
James nel 1887 — non è quindi
caduta nel vuoto.
Daniela Ferraro Platone
Giornalismo : questo il tema
della quarta edizione del seminario sui mass media svoltosi
al Collegio Valdese dal 30 marzo
al 1 aprile. Vi hanno partecipato
circa quaranta allievi delle ultime due classi del Liceo Linguistico e Classico. Il seminario si
articolava in due parti, una teorica ed una pratica. La parte
teorica ha occupato la prima
giornata dì seminario, durante la
quale sono intervenuti diversi relatori. Il pastore Gioràp Girardet Ha introdotto l’a^omento,
dando poi la parola a Maria Girardet Sbaflfi, giornalista dell’agenzia di stampa NEV, e a Luigi Sandri, giornalista dell’ANSA,
che hanno parlato della loro professione e del ruolo delle agenzie di stampa. L’ultimo intervento della mattinata è stato
quello del pastore Giuseppe Platone che ha illustrato il lavoro
dei redattori del nostro giornale.
Il seminario è poi ripreso al
pomeriggio con l’intervento del
dott. Mario Grandinetti, segretario del Centro di studi sul giornalismo « Gino Pestelli » di Torino, che ha illustrato le tappe
fondamentali della storia del
giornalismo dall’unità dTtalia ad
oggi.
Nei due giorni successivi si è
svolta l’esercitazione pratica, che
è consistita nell’elaborazione della prima pagina di tre ipotetici
giornali (uno per ogni gruppo)
sulla base però di dispacci dell’ANSA del 25 marzo scorso. Si è
trattato quindi della simulazione
del lavoro della redazione di un
quotidiano, dall’elaborazione di
articoli e titoli all’impaginazione.
Questa fase del seminario si è
conclusa con una visita alla tipografia Subalpina di Torre Penice.
La parte conclusiva si è svolta
mercoledì pomeriggio, quando i
tre gruppi di lavoro hanno confrontato i risultati del loro «lavoro redazionale» con le prime
pagine dei principali quotidiani
italiani del 26 marzo.
Infine si è parlato della possibilità di ripetere questo tipo di
esperienza nel corso dei prossimi
anni scolastici, visto l’interesse
suscitato negli allievi. E’ stato infatti un modo non solo per conoscere meglio la professione del
giornalista e per capire come nasce un giornale, ma specialmente per imparare a leggerlo con
maggior spirito critico. Tutti sono stati molto colpiti quando si
sono resi personalmente conto
della mole di notizie che le agenzie di stampa trasmettono ai
giornali e di quante vengono taciute, visto che è necessario fare
una cernita per motivi di spazio. E’ emerso quindi in modo
molto evidente il potere di cui
dispongono i giornalisti, non solo quando scrivono i loro articoli,
ma anche e specialmente al momento della scelta delle notizie
da pubblicare.
Elisa Campaci
SERVIZIO ISTRUZIONE ED EDUCAZIONE
Un nuovo
per i ragazzi
«Crescere nella fede»: le nuove schede bibliche di lavoro, aperte ai nuovi aggiornamenti
E’ imminente la pubblicazione
di una raccolta di « Schede per
la catechesi »: « Crescere nella
lede ». Esse comprendono 32
« schede di lavoro » accompagnate da un’antologia di testi e
da altrettante « schede per gli
animatori » dirette ai responsabili dei gruppi. Questa catechesi
biblica è pensata per un uso
biennale con ragazzi dai 15 anni
in su o con adulti, in un lavoro
per lo più di gruppo.
Il lavoro, sotto la responsabilità del SIE (Servizio Istruzione
ed Educazione della Federazione delle Chiese Evangeliche in
Italia), è stato progettato e portato a termine dopo circa tre
anni di lavoro, da un gruppo
di specialisti appartenenti alle
chiese evangeliche battista, metodista e valdese.
Questa proposta di catechesi
biblica è un tentativo di predicazione fatto in un tempo di grandi mutamenti. Nessun testo di
catechesi può oggi pretendere
di durare nel tempo e di valere
per più generazioni, ma questo
non significa che si debba cadere nell’improvvisazione quando una generazione cristiana testimonia alla generazione successiva della propria fede.
La via che è stata seguita è
quella di avere un programma
biblico ragionato e nel contempo un testo aperto mediante
schede mobili in cui si possa
inserire altro materiale, partendo dalla fisionomia e dalle esigenze del gruppo.
Il materiale, una copia dei tre
fascicoli « Crescere nella fede »,
costa L. 15.000 (più spese di
spedizione). Per ottenere il materiale ci si può rivolgere alle
Librerie Claudiana ovvero al
Comitato Scuole Domenicali
presso Editrice Claudiana, via
Principe Tommaso 1, 10125 Torino.
Nella « Piccola Collana Moderna » è uscito il n. 54 :
VITTORIO SUBILIA
Il problema del male
pp. 88, L. 7.500
La ristampa anastatica dell’agile e chiaro volumetto del
Prof. Subilia che affronta l’antico ma sempre attuale dilemma : « ...se il male non può avere la sua sorgente in Dio e se
fuori di Dio non esiste altra sorgente dell’essere, come spiegare il fenomeno del male? ».
CLAUDIANA, Via Principe Tommaso, 1 - 10125 TORINO
Nella « Piccola Collana Moderna » è uscito il n. 55 :
P.A. GRAMAGLIA
L'equivoco di Medjugor|e
Apparizioni mariane o fenomeni di medianità?
pp. 176, L. 9.900
Medjugorje si avvia, nonostante l’opposizione del vescovo locale, a diventare, nell’anno mariano, una nuova Fatima o Lourdes? Una scienza partigiana ed i mass media manipolano i dati per incantare l’opinione pubblica. L’Autore dimostra che i « veggenti » jugoslavi rientrano
in certi fenomeni medianici ben noti.
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8
8 vita delle chiese
10 aprile 1987
ROVERETO
CONVEGNO A CASA CARES
Una nuova sala valdese Laici clericalizzati?
Dopo il culto di inaugurazione, grande partecipazione anche alla conferenza su Paul Tillich - In Gesù Cristo la risposta all’angoscia
Domenica 22 marzo: in ima
bellissima giornata di sole è stata inaugurata, con un pulto seguito da una conferenza-dibattito, la sala valdese di Rovereto.
Il culto vedeva la saletta gremita al punto di lasciare qualcuno fuori, sul marciapiede antistante. Numerosi i fratelli evangelici venuti da Verona, cui si
aggiungevano fratelli di Trento,
di Padova, di Brescia, di Milano.
Laici, sacerdoti e suore della comunità cattolica roveretana erano presenti con la loro solidarietà e il loro affetto. Presente anche mons. Silvio Pranch, delegato diocesano per recumenismo
nel Triveneto. Nella sala si notavano, oltre ai celebranti e al relatore, i pastori Enrico Corsani,
Bruno Costabel e Felice Bertinat.
Il culto veniva iniziato dal past.
Giuliana Gandolfo di Verona,
che presiedeva tutta la parte liturgica. Il past. Valdo Benecchi
di Milano ha predicato sul Salmo 90, chiedendo al Signore, senza accenti trionfalistici ma anzi inserendo profondamente il
suo discorso nella fragile realtà
umana, di « rendere stabile » la
modesta opera delle nostre mani. Dopo il momento solenne
della consegna della Bibbia, che
deve rimanere il centro focale
di ogni nostra attività, è sdutta
la S. Cena presieduta dal past.
Gandolfo. Successivamente l’anziano Flcrestana Sfredda rivolgeva un saluto a tutti i presenti,
offrendo aU’ing. Guido Tornasi,
fratello cattolico che si è adoperato instancabilmente per la
ristrutturazione del locale, un
piccolo segno della nostra riconoscenza.
Anche la più ampia Sala degli Specchi in palazzo Rosmini
(messa a disposizione dai Padri
Rosminiani), dove aveva poi luogo la conferenza del pastore
prof. Renzo Bertalot, era gremita di fratelli cattolici ed evangeli: presente anche il SAE del
Triveneto attraverso alcuni fratelli venuti appositamente da
Padova e da Castelfranco Vene
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to. Introduceva la relazione e
moderava il dibattito il fratello Emidio Sfredda. La relazione
verteva sul tema: « Paul Tillich l’angoscia contemporanea come
profezia della fede ». Con limpida chiarezza, il past. Bertalot
esponeva il pensiero del grande
teologo tedesco facendone emergere il pregnante assunto: ogni
forma di angoscia si risolve in
Cristo Gesù.
Da sottolineare come il presbiterio cattolico cittadino abbia
ccllaborato fattivamente alla
riuscita della giornata afBggendo
in tutte le parrocchie della città il grande manifesto azzurro
che invitava la cittadinanza a
gioire con noi per l’apertura della nuova sala. L’annuncio era apparso anche nelle scuole, sui
giornali locali, nelle vetrine dei
negozi e sui muri della città.
Ancora da queste colonne vogliamo ringraziare tutti i convenuti: in particolare il past.
Benecchi, rappresentante della
Tavola, che ci ha offerto la sua
predicazione, il past. Bertalot
venuto espressamente da Roma
e il past. Gandolfo, che non solo ci ha spinti e sostenuti in un
cammino iniziatosi ancora anni
fa con il past. Bertinat, ma ha
voluto farci un dono concreto e
significativo con il calice, p»er
lei prezioso ricordo della mamma. Numerosi altri doni sono
giunti, fra cui il piatto per il
pane, le tende, due leggi! (dei
quali uno verticale) e offerte in
denaro. E’ tuttora aperta una
sottoscrizione per coprire le spese di ristrutturazione.
Progetti per l’avvenire? Poniamo tutto nelle mani del Signore, Certo la sala deve essere
prima di ogni altra cosa un luogo di predicazione della Parola,
un centro di testimonianza: ma
la sala vuole anche essere imo
spazio aperto all’ecumenismo e
al dialogo con la cittadinanza,
dove vivere in fraternità la splendida realtà dell’Evangelo di Cristo.
F. S. P.
Il dibattito sul « ruolo diaconale », molto attivo al Sinodo
e sulla nostra stampa negli anni 1980-82, Si è progressivamente affievolito e quasi fermato
dopo l’approvazione dell’ordine
del giorno (odg) sinodale del
1982 che istituiva il « servizio
diaconale » nel ruolo unico tenuto dalla Tavola Valdese.
Opportuno dunque è stato il
convegno tenutosi a Casa Cares
(Reggello) dal 23 al 25 marzo,
a cui hanno partecipato circa 30
persone, a vario titolo impegnate n^le opere della Chiesa, di cui
metà iscritti al ruolo diacona1S> Opportuno in quanto ha fornito l’occasione per rifiettere
sul significato del servizio nelle
nostre opere e fare un po’ il
punto su quella che era stata
la discussione sui ministeri nella Chiesa; inoltre perché ha permesso di riesaminare l’cdg del
Sinodo ’82, il quale, benché approvato dairassemblea, è stato
poi lasciato un po’ nel dimenticatoio e in alcuni suoi punti
non ha mai ricevuto attuazione
pratica, né tanto meno è stato
recepito nel volume delle discipline deH’ordinamento valdese,
pubblicato nel 1983.
Nella prima giornata di lavori, il moderatore Giampiccoli ha
tracciato la storia del ruolo diaconale, a partire dalla nomina
della commissione permanente
sui ministeri (attiva per un decennio: 1958-68) e dalla creazione del ruolo diaconale provvisorio nel 1966, cui vennero iscritti 4 fratelli. Segue poi un periodo abbastanza lungo di stasi,
che solo grazie al dibattito degli anni ’80-82 ed alla delibera
sinodale, vede aumentare il numero degli iscritti al servizio
diaconale fino agli attuali 27.
Il ruolo
diaconale
La creazione di un « ruolo »
diaconale è stata percepita da
alcune chiese come un pericolo
di « clericalizzazione » dei laici.
Per questo forse l’odg Sinodo
’82 è rimasto sospeso a mezz’aria e non mancano le incongruenze con i regolamenti attuali:
a cominciare dal nome, che oscilla àncora tra il vecchio termine di « optante » (incluso nei
regolamenti, ma bandito dall’odg in quanto poco comprensibile ed estraneo alla terminologia biblica) ed il nuovo di
« diacono » (che si presta del
resto a confusione con il ministero di eguale denominazione esercitato a livello locale).
Il ruolo diaconale sembra dunque essere rimasto a metà strada tra ministero vero e proprio
e laicato.
Per questa ragione i diaconi
presenti al convegno hanno ritenuto opportuno chiedere alla
Tavola di dare piena applicazione a quanto deliberato nel Sinodo 1982, proponendo anche
che — su alcuni punti — la Chiesa ed il Sinodo facciano un’ulteriore riflessione sul servizio
diaconale nella Chiesa: è assimilabile al ministero pastorale,
oppure la sua funzione deve essere paragonabile al servizio di
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un qualunque altro laico nella
comunità?
Qualcuno ha fatto notare che
il ruolo diaconale può assolvere
a un compito molto importante,
oggi: può sgravare i pastori da
molte incombenze che non sono
loro proprie e permettergli di
fare veramente i « dottori della
chiesa »; d’altro canto può offrire
ad alcuni fratelli la possibilità
di prestare un’opera qualificata
in una logica di servizio e non
di guadagno.
Il convegno si è anche interrogato sul perché, negli ultimi
anni, il numero dei diaconi in
servizio sia aumentato in modo
consistente (da 4 a 27), mentre
quello dei pastori sia rimasto
sostanzialmente immutato (circa 80). E’ un effetto indotto dalla disoccupazione? Oppure le
sorelle e i fratelli che si dedicano al diaconato sono dei « pastori mancati », che si dedicano
a servire il prossimo, ma che
non hanno osato fare il passo
ulteriore verso la testimonianza della Parola, prerogativa costante di un vero credente?
La risposta può essere ovvia:
attraverso il servizio diaconale si rende (direttamente e indirettamente) testimonianza di
fede. Ma è veramente così che
il diacono viene percepito a ogni
livello?
Diaconi in Sinodo
Altro problema sollevato è
stato quello della rappresentan
za dei diaconi in Sinodo. Attualmente è di due (più uno dei
Collegio) con voce consultiva.
Ma a quale titolo? Se è delegazione ed espressione di una sorta di « corpo diaconale », non ha
forse ragione di essere. In una
ottica invece di pluralità di ministeri e di unicità di ruolo, i
diaconi dovrebbero partecipare
al Sinodo a pieno titolo (voce
deliberativa) e con una rappresentanza proporzionata all’attuale numero di iscritti.
L’importanza degli incontri a
Casa Cares (questo era il quarto
in assoluto) è stata ribadita da
tutti i presenti: realtà lontanissime, esperienze molto diversificate trovano qui occasione unica
di confronto fraterno e costruttivo.
Roberto Giacone
Realtà e
prospettive
NEW YORK — Al culto per la
ricorrenza del 17 febbraio una
bella assemblea ha vivamente
apprezzato la collaborazione
del pastore Laura Jervis e la
predicazione della cugina Mary
Foulk, studentessa in teologia.
• La domenica 8 marzo la
comunità newyorchese si è rallegrata di rivedere l’ex Moderatore Giorgio Bouchard che ci
ha rivolto un messaggio molto
apprezzato. Il pastore Bouchard
attualmente in visita aU’Union
Theological Seminary approfitta del suo soggiorno americano
per compiere un vasto giro di
conferenze negli Stati Uniti su
realtà e prospettive della nostra vita ecclesiastica.
• In questi ultimi mesi sono
deceduti: Hélène Reithear Bouissa del Villar, presidente dell’Unione Valdese di Filadelfia;
Emilia Cavaliere Bert di Torre
Penice; Maria Cremasco Travers; Maria Alilo del Villar, da
alcuni anni residente presso il
figlio Jean a Brewster.
Ai familiari vicini e lontani
esprimiamo la nostra simpatia
cristiana.
9
10 aprile 1987
vita delle chiese 9
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
^ .fV
ly.
1
F
Isìv
San Germano: sì ai
per la diaconia
finanziamenti statali
SAN GERMANO — Domenica
29 marzo si è tenuta a San Germano un’importante assemblea
di chiesa, che prevedeva nell’crdine dei lavori la determinazione
del contributo alla Tavola per
Tanno in corso ed un pronunciamento sull’otto per mille.
Per quanto riguarda il primo
argomento, la comunità ha accettato la somma richiesta dalla Tavola (L. 51 milioni), benché ciò significhi un aumento
del trenta per cento circa rispetto a quanto versato nelT86.
Sul secondo tema in discussione, l'otto per mille, lo scorso
anno l’assemblea si era pronìinciata, decidendo di «non decidere », proponendo, cioè, alla
Chiesa tutta, un tempo di rifiessione. Nel corso del dibattito,
infatti, gli interventi si erano
divisi equamente fra il sì ed il
no al finanziamento statale. Il
Sinodo scorso aveva però chiesto di rompere gli indugi e di
pronunciarsi a favore o contro.
Dopo un breve dibattito che
rinnovava l’incertezza delTanno
passato, dallo spoglio delle schede predisposte emergeva un responso da molti giudicato sorprendente: l’otto per mille riceveva 53 voti favorevoli contro
14 contrari ed una astensione,
l’esenzione dall’Invim 54 favorevoli. 8 contrari e 6 astensioni,
ed infine la deducibilità delle
contribuzioni 35 si, 28 no e 5
astensioni.
Sorprende non tanto il fatto
che l’assemblea si sia espressa
favorevolmente al finanziamento da parte dello Stato, quanto
piuttosto il divario tra i sì ed i
no. un divario assolutamente
non ipotizzabile, a giudicare
dal tipo degli interventi uditi in
assemblea. Un altro dato interessante lo si riscontra nella
differenza dei risultàti nelle votazioni dei diversi argomenti:
chi ha votato non ha fatto di
tutt'erba un fascio, ma ha espresso un parere meditato.
Nel corso della discussione è
emersa anche una proposta per
la Tavola ed il Sinodo: la chiesa
nel dibattito sui rapporti fra
chiesa e Stato non si fossilizzi
sull'ipotesi dell’otto per mille,
ma ricerchi alTinterno delle possibilità offerte dalle intese altre strade percorribili per garantire la gestione delle nostre
opere (poiché di questo di fatto
Giovedì 9 aprile
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
PINEROLO — Il Collettivo Biblico
Ecumenico si riunisce giovedì 9 aprile, elle ore 20.45, presso la chiesa valdese (v. dei Mille, 1) per proseguire
la lettura del libro dell’Apocalisse.
Venerdì 10 aprile______
□ CONFERENZA
TORRE PELL'ICE — Alle ore 11.20,
presso il Collegio valdese, il prof.
Giorgio Spini parla sul tema: « Le origini del Risorgimento ». L'incontro è
aperto ai pubblico.
Lunedì 13 aprile
□ INCONTRO PASTORALE
VILLAR PEROSA — Alle 9.15 si
tiene l'incontro pastorale del 1° Distretto. con riflessione di S. Labsch. Relazione di Bruno Bellion su « rapporti
tra Stato e Chiese ». Nel pomeriggio
prosegue la riflessione sui « gesti liturgifti », in particolare la liturgia del
matrimonio.
Si tratta), sull’esempio di quanto attuato per gli ospedali.
Infine sono stati eletti i delegati per la Conferenza distrettuale. Essi sono: Renato Long,
Renaio Ribet ed Annalisa Coucourde.
'• Lunedì 30 marzo abbiamo
salutato il fratello Ernesto Comba, di 77 anni, mancato dopo
penosa malattia. Alla famiglia
vogliamo far giungere da queste colonne la nostra simpatia.
• Nel corso del culto della domenica delle Palme pronunceranno la loro dichiarazione di
fede: Valentino Bouchard, Loredana Bounous, Monica Godino, Ivan Jahièr, Enrica Pascal,
Fabrizio Poiis, Antonella Roccione. Isabella Rostan, Ferruccio SouUer.
• Il giovedì e il venerdì santo i culti saranno un po’ diversi dal solito. Il giovedì la corale
darà il proprio apporto presentando un oratorio pasquale di
Heimrich Schutz: « Le sette parole di Cristo sulla croce ».
Venerdì invece il culto sarà
condotto dai confermati dello
scorso anno.
A Pasqua il culto sarà con
Santa Cena.
Contribuzioni
PINEROLO — Durante l’ultima
assemblea di chiesa, oltre la decisione , di inviare un messaggio di solidarietà alla comunità
di base di cui ha già scritto il
giornale, è stato accolto l’invito
della Tavola a portare l’impegno contributivo da 52 a 60 milioni per il corrente anno.
• La nostra Corale terrà un
concerto, il 10 aprile nel tempio, organizzato da Amnesty International.
• Al culto della Domenica delle Palme parteciperà la corale
evangelica di Essen che, la sera dello stesso giorno, terrà un
concerto nel tempio.
• Come è abitudine i culti del
giovedì e del venerdì santo saranno presieduti dagli anziani.
• Auguri al piccolo Paolo Gemesio battezzato il 5 aprile.
• E’ stata improvvisamente
tolta all’affetto dei figli e delle
loro famiglie la nostra sorella
Leonilda Paschetto vedova Cardón.
Ricevano le condoglianze di
tutta la comunità.
Nuove nomine
PRAROSTINO — Domenica 12
aprile alle ofe 10 verrà celebrato il culto con la confermazioiie
dei catecumeni Franco Avondetto, Luisella Avondetto, Ivano
Beux, Tìzi-ano Bourne, Nicoleitta
Forneron, Gianni Gay, Rossano
Gönnet, Laura Griglio, Cristina
Paschetto, Paola Pons, Renato
Reynaud. Riceveranno il battesimo Liana Armellino e Danilo
Rivoir.
o I nostri ringraziamenti ai
giovani della PGEI che domenica 15 marzo ci hanno portato il
loro messaggio; apprezziamo il
loro servizio augurandoci di poterli avere ancora con noi.
• La comunità partecipa alla
gioia di Mauro Rivoir e Denise
Besson per la nascita della loro
bimba Serena, augurandole ogni
benedizione nel Signore.
• Si sono svolti i funerali di
Walter Fernerone di 59 anni,
di Almerina Plavan di 38 anni e
di Clotilde Griglio di anni 80.
Chiediamo a Dio di dare forza e
consolazione alle loro famiglie.
• Due nuovi anziani; eletti nel
corso delle Assemblee delT8 febbraio e del 29 marzo, entrano a
far parte del Concistoro in sostituzione dì altrettanti membri
uscenti : Valdo Plavan per il
quartiere di San Bartolomeo e
Giulia Paschetto in Reynaud per
quello del Collaretto. Che essi
possano lavorare con gioia e profitto nel Concistoro, portandovi
il contributo dei loro doni, sostenuti dalla comunità che li ha
eletti.
Concerto di Pasqua
ANGROGNA — Martedì 14 alle 21 nel Tempio del Capoluogo
la Corale Jugend Kantorei di Essen diretta da Ursula von der
Busch dirigerà i 40 coralìsti tedeschi che eseguiranno i musiche
di Bach e Mendelssohn. Il gruppo, che nel corso della giornata
visiterà la Val d’Angrogna, sarà
ospite della comunità per la cena, prima del concerto dedicato
ai temi della Pasqua.
Tempo di Pasqua
SAN SECONDO — I culti previsti nel periodo pasquale sono:
Domenica delle Palme: culto alle ore 10.30 con confermazioni;
Giovedì Santo: culto con Santa
Cena alle ore 20.30;
Venerdì Santo: culto, ore 10.30;
Pasqua: culto con Santa Cena
alle ore 10.30.
Il coro canterà durante i culti di Pasqua e delle Palme.
• Al culto di domenica 5 aprile l’annunzio della Parola è
stato rivolto alla comunità dai
catecumeni di 3° anno: uno di
loro ha introdotto il tema dell’alleanza nella Bibbia e gli altri hanno esposto il messaggio
che oggi ancora ci rivolge il Decalogo.
Nel pomeriggio l’Unione Femminile ha accolto con gioia l’Unione Femminile di Villar Pellice. Insieme hanno seguito
uno studio biblico su Romani
8: 1-27 presentato da Peggy Bertolino ed hanno conversato serenamente attorno a una tazza di
thè.
• Il 24 marzo il Signore ha
chiamato a sé SUvio Long. Alla
famiglia vogliamo esprimere ancora la nostra solidarietà cristiana.
Stabilì
VILLASECCA — L’assemblea
di chiesa del 15 marzo ha preso. tra le altre, due importanti
decisioni: l’impegno finanziario
1987, e gli stabili ex scuole.
Per Tanno 1987 la chiesa si è
impegnata a versare alla Cassa
Centrale L. 14.500.000. La decisione è stata presa con vivo timore e perplessità, pensando
al numero dei membri contribuenti, i quali ogni anno sono
chiamati a contribuire per l’opera del Signore anche al posto
di coloro che non danno assolutamente nulla. Anche questi ultimi fanno parte della stessa
nostra chiesa.
L’altra decisione riguarda gli
stabili ex scuole. L’assemblea
ha autorizzato il Concistoro,
laddove non esistano altre soluzioni, a vendere parte degli
stabili che necessitano di urgenti riparazioni, a partire dalla ex
scuola di Bastia.
• I colloqui di fine anno dei
catecumeni di I, II e III anno
avranno luogo sabato 11 aprile
a partire dalle ore 14.30.
Alle ore 15.30 avverrà quello
dei catecumeni di IV anno. I
colloqui sono pubblici.
Durante il culto di domenica
12 aprile, Barus Vilma, Clot
Laura, Costantino Renzo, Guglielmet Dario, Massel Carla, in
forma pubblica, confermeranno
il battesimo ricevuto, confesseranno la propria fede in Gesù
Cristo, il Signore, e si impegneranno a partecipare attivamente, anche sotto l’aspetto finanziario, alla vita della chiesa. Nel
culto di Pasqua i confermati parteciperanno per la prima volta
alla Cena del Signore insieme
con la chiesa.
La comunione di fede di tutti
i membri della nostra chiesa
con questi giovani è vera e profonda.
• Siamo grati ai tre giovani della FGEI/Valli, che hanno
presieduto il culto di domenica
22 marzo.
Questa giornata dedicata alla FGEI è stata vissuta, ancora
una volta, come momento di
collegamento con la nostra comunità, e di informazione sul
vasto lavoro che si svolge a livello giovanile nella realtà del
pinerolese.
• I giovani della Filodrammatica hanno deciso di ritrovarsi
anche durante Testate. E’ stato
già scelto un nuovo lavoro teatrale, che verrà presentato nel
prossimo autunno, alla ripresa
delle attività 1987-1988.
Nuovi anziani
POMARETTO — Nel corso
dell’assemblea di chiesa del 5
aprile sono stati eletti nel concistoro come nuovi membri:
Ebe Balma, Osvaldo Richard,
Arturo Pons, Mauro Talmon,
Luigi Marchetti.
Rimanendo in sospeso la sostituzione dell’anziano Lisa Costabel, il concistoro risulta formato da: Anita Micol (Masselli), Luciano Ribet (Lausa), Rosina Bounous (Paiola), Vilma
Long e Daniela Ribet Richaud
(Fleocia), Guido Peyrot, SRvana Marchetti Tron, Nella Massel
Balma, Carlo Peyronel, Arturo
Pons, Osvaldo Richard e Mauro
Talmon (Porosa Argentina),
Laura Zanella, Severino Botinous, Valdo Pons, SUvio Jahier,
Elsa Lageard, Ferruccio Peyronel, Alessandro Griglio, Ebe
Balma (Pomaretto), Luigi Marchetti (come cassiere). Dando
il benvenuto ai nuovi, la comunità ringrazia i membri uscenti: Rino Trcn, Lauretta Micol,
Giorgio Baret, Lisa Costabel,
Silvio Garrou e Remo Ribet.
• L’assemblea ha poi accettato la richiesta della Tavola
circa la revisione dell’impegno
finanziario 1987, portandolo da
L. 49.000.000 a L. 60.000.000.
Confermazioni
LUSERNA S. GIOVANNI —
Durante il culto della Domenica delle Palme saranno ammessi a membri comunicanti i seguenti giovani che sono giunti al
termine del corso di catechismo
ed hanno avuto un incontro con
il concistoro; Daniele Basso d.
Concordia, Claudio Benech, Daniele Benech, Davide Benecchio,
Massimo Bera, WUli Bonnet,
Wanda Caflarel, William D’Alessandro, Andrea Danna, Davide
Favout, Loris Geymet, Monique
Giusìano, Giuliana Malan, Luca
Malan, Marco Martina, Claudia
Mourglia, Riccardo Parisa, Maurizio Paschetto, Stefano Passerone, Andrea Ricca, Daniela Rivoira, Donatella Rivoira, Mauro
Rostagnol, Federica Tourn. A
loro si aggiungerà Marco Benecchic che, pur avendo chiesto di
essere membro della chiesa dì
Torre Penice per ragioni familiari, confermerà il Suo battesimo nella nostra com'unità.
A questi giovani rinnoviamo
l’augurio che l’annuncio della
Grazia di cui portano o stanno
per ricevere il segno li renda
sempre più consapevoli della
loro vocazione di credenti al
servizio del Signore e Salvatore
Gesù Cristo.
BOBBIO PELLICE — Nel cor
so del culto della domenica delle Palme, a cui parteciperà la
corale, saranno confermati o
battezzati i seguenti catecumeni
di IV anno: Canonico Maurizio
Davit Alberto; Davit Cristina
Davit Liana; Davit Sandra; Fa
vat Marino; Caldi Stefano; Mi
chelin Claudia; Paravlcini Deni
se; Pontet Claudia; Pontet Um
berlo; Rostagnol Diiva.
Nel pomeriggio della domenica delle Palme i confermati e
le loro madri saranno ospiti del
l’Unione Femminile per un pcmeriggio di fraternizzazione.
La domenica di Pasqua il culto inizierà alle ore 10.
TORRE PELLICE — Dopo
un incontro con il Concistoro, occasione fraterna di dibattito e di informazione sul
significato delTimpegno nella comunità, saranno ammessi in
chiesa domenica 12 aprile
i catecumeni: Armand Pilon Sergio, BeUion Flavio, Benecchio
Marco, Berton Manuela, CavaUere Sandra, Cericela Daniele,
Crespo Oaudlo, Davit Mauro,
Fenouil Simona, Fomerone Irma, Gaydou Sergio, Gönnet Cristina, Jourdan Monique, Laratore Alessandro, Malan Andrea,
Manfren Katla, Maurino Glorio,
Monnet Elena, Plttavlno Mariella, Poet Marco, Pontet Franca,
Restale Bruna, Ricca Cristina,
Rocca Alberto, Travers Paolo,
Rostan Miriam, Rivoira Norma.
• I catecumeni saranno accolti venerdì 10 dalTUnione dei
Coppieri per una festa organizzata per loro.
• Ci rallegriamo con Franco e
Wilma Taglierò per l’arrivo della piccola Ester.
Culto dei giovani
PRAMOLLO — Il culto di domenica 29 marzo è stato preparato dai giovani confermandi.
Un grazie per il messaggio rivoltoci.
• Ringraziamo i giovani della
filodrammatica di Villar Pellice
che sono venuti a farci visita
domenica 15 marzo e ci hanno
fatto trascorrere un pomeriggio
simpatico e divertente.
• Due momenti di gioia nella nostra comunità; sabato 28
marzo si sono uniti in matrimonio, nel tempio di Ruata,
Marco Bounous e Franca Raimondo; sabato 4 aprile, sempre a Ruata, si seno sposati
Ezio Long e Marilena Long.
Ad entrambe queste coppie
esprimiamo gli auguri di tutta
la comunità ed invochiamo su
di loro le benedizioni del Signore.
VALLECROSIA
Vacanze
insieme
Soggiorni per famiglie
a Vallecrosia
Le Chiese di Pomaretto e Villar Perosa organizzano due turni di soggiorno per famiglie
presso la Casa Valdese di 'Vatlecrosia.
¡“ turno: 15-28 giugno 1987;
2" turno: 20 agosto - 3 settembre 1987.
Quota: L. 19.000 per persona
al giorno; L. 14.000 per bambù
ni fino ai 7 anni inclusi.
Per lè prenotazioni rivolgèfsia: Marie France Maurin^oìssòH,
POmar-etto,'tei. 0121/81288.->
*. .... . -n,' Aiuti
10
10 valli valdesi
10 aprile 1987
1
In breve
Ristrutturare il
Municipio
BOBBIO PELLICE — Il comune ha deciso di ohiedere un
mutuo di 150 milioni alla Cassa
Depositi e Prestiti per la ristrutturazione della sede municipale:
nei locali seminterrati verrà
ricavata una nuova e più spaziosa aula consiliare, gli uifici
saranno ampliati e per eliminare le barriere architettoniche
verrà costruito un piccolo ascensore a fianco delle scale.
Altri provvedimenti assunti
neH’ultimo consiglio comunale riguardano progetti di risistemazione dei boschi e di costruzione di im’area sportiva in località Doni.
Guardie
ecologiche
PINEROLO — L’amministrazione provinciale ha organizzato
dei corsi di aggiornamento per
le 350 guardie ecologiche volontarie operanti sul territorio di
competenza: per quanto riguarda le guardie operanti nelle valli i corsi si svolgono a Pinerolo.
Le guardie ecologiche svolgono il loro servizio essenzialmente sulla base della legge reg. n.
32 del 1982 facendone osservare
le norme che riguardano l'abbandono dei rifiuti, i danni alla
flora, la raccolta dei funghi o i
percorsi «fuori strada».
Attività non secondaria è quella di informazione ed educazione rispetto al valore deU'ambiente al fine di poter offrire a tutti la fruibilità della natura stessa.
Consiglio
di Circolo
TORRE PELLICE — Chiuso
il primo tempo un paio di settimane or sono, il consiglio di
circolo si è ritrovato per proseguire un dibattito un po’ troppo
teso.
Dopo un intervento del presidente dimissionario. Guido,
che motivava la sua scelta « irrevocabile », alcime, poche, altre
considerazioni dei presenti, ed
infine l’elezione del nuovo presidente: dopo le formalità di
rito le schede davano la rielezione unanime di Marcello Guido a presidente.
L’intera vicenda può forse avere un lato positivo: la necessità di riflettere sul significato
che ognuno dà alla sua partecipazione a queste riimioni, come insegnanti e come genitori.
Del resto della serata resta da
segnalare im certo disagio intorno a vicende personali fra
utenti e direzione didattica, nonché la proposta di un seminario
da svolgersi a giugno sul tema
dell’ora di religione nella scuola, a cui potrebbe essere invitato l’on. Valdo Spini.
Presentato il
Doux cTHenry
A COLLOQUIO CON IL BIOLOGO VECCHIE’
I problemi
dell’«arcipelago verde» locale
Il rispetto per l’ambiente - In pianura l’uso dei pesticidi aumenta i rischi di inquinamento delle falde idriche - Lo smaltimento dei rifiuti - Informare per un futuro ecologico del pinerolese
Quello che viene definito « l’arcipelago verde » conta su punti
di riferimento un po’ ovunque
nel nostro paese; nel pinerolese
uno dei gruppi più noti è senz’altro quello della Lega ambiente. iPer conoscere più a fondo il
lavoro di questa realtà abbiamo
incontrato Valerio Vecchie, biologo, il quale, al di là del suo
impegno personale nella lega, è
professionalmente impegnato
presso Tufficio di igiene-ambiente deirUSSL 43.
« Attualmente ci occupiamo di
molti problemi in generale, ma
in particolare lavoriamo su due
fronti: il problema rifiuti, ormai
a livelli di emergenza, ed in ambito locale sulla applicazione delle leggi di tutela ambientale, tipo la famosa legge ’’Galasso".
Sui rifiuti ci stiamo battendo,
col WWF, per incentivare la raccolta differenziata e di pari passo perché i comuni adottino quell’ordinanza ormai famosa per
l’abolizione dei contenitori e delle borse di plastica. Nello stesso tempo stiamo invitando i comuni ad utilizzare materiale ri
ciclato, in particolare carta, ed
infine, in accordo con gli altri
gruppi ambientalisti, tentiamo di
promuovere un’opera di educazione ambientale ».
— In tema di rifiuti, qual è la
situazione della discarica di Pinerolo, cui fanno riferimento
moltissimi comuni del compren
sorto
in?
« La situazione è scottante
stante il fatto che la discarica
chiude; se ne costruiranno altre
due che dureranno però complessivamente cinque anni, con
un costo superiore ai cinque miliardi: non è pensabile di costruire un numero interminabile
di discariche, anche se nel tempo presente si tratta di una situazione che ci consente di riflettere per cercare soluzioni giuste e globali.
Sul problema generale noi ci
battiamo perché si faccia una seria indagine ohe individui l’esatto bacino di utenza di questo
servizio evidenziando anche le
caratteristiche dei rifiuti della
zona. E’ chiaro che ci battiamo
PINEROLO
Sì ai referendum
Si è tenuta lunedì 30 marzo a
Pinerolo, presso la sede della Lega Ambiente, una conferenza
stampa per i referendum sul
nucleare.
In relazione alla attuale situazione politica si è dapprima sottolineato il disprezzo dei partiti
sia per l’espressa volontà della
gente di fare i referendum, sia
per il diritto costituzionale di
un referendum. Il risultato di
questo agire potrebbero essere
le elezioni anticipate contro l’interesse dei cittadini.
Nel presentare un dossier che
prende posizione sui referendum
si è cercato di chiarire i vari
rischi del nucleare che sono da
rifiutare: anzitutto la impossibilità per una sicurezza al 100%
con il rischio quindi di incidenti
gravi quanto inaccettabili, quindi il problema irrisolto delle scorie che finora si raccolgono temporaneamente nelle centrali stesse o in depositi, creando una
eredità micidiale per le generazioni future; la mancanza di metodologie appropriate per lo
smantellamento di centrali al termine della loro durata (20-30 anni); la diminuzione costante di
competitività per l’energia nucleare stanti i costi per sicurezza, smantellamento, smaltimento scorie, ed infine la stretta
connessione fra nucleare civile e
nucleare militare.
Con queste motivazioni il comitato promuove il « Sì » nei referendum contro il nucleare.
PINEROLO — Da cento -quintali di uva selezionata sono venute 10.000 bottiglie di buon vino rosato. « E’ rinato — ha affermato Italo Eynard, preside
della Facoltà di Agraria di Torino — un vino da un vitigno
antichissimo e nobile del pinerolese pedemontano (Prarostino,
San Secondo, San Pietro, Pinerolo, Roletto, Càntalupa, Prossasco e Cumiana), il Doux
d’Henry ».
La passione degli agricoltori,
la competenza dei tecnici Arbrile e Berger e della ditta che ha
vinificato le uve ( Otistellaro di
Prossasco), hanno permesso di
ottenere un prodotto eccellente,
che viene posto in vendita a 7/8
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per la raccolta differenziata, ma
anche per trovare soluzioni per
prodotti presenti nelle abitazioni o in determinate attività, come farmaci, pile, residui antiparassitari che rappresentano in
certi ambienti problemi seri. Per
esempio, da indagini fatte in pianura, risulta che in molte coltivazioni si effettuano da venti
a trenta trattamenti all’anno
causando l’abbandono di un
numero elevatissimo di contenitori con residui o prodotti scaduti da smaltirsi ».
—• Su quest’ultimo problema,
possiamo dire di andare incontro ad un concreto rischio di inquinamento delle falde idriche?
« Su questo, debbo dire, si
è persa una grossa occasione;
rUSSL 44 ha avuto im finanziamento per fare un’indagine specifica su questo tema e deve ancora incominciarla. Sulla Val
Pellice si è fatta una ricerca per
avere un quadro un po’ preciso
della situazione, ma è ovvio che
questi risultati non sono estendibili ad altre zone. Manca quindi una serie di dati sulla pianura, che è un po’ la zona più
« interessante » sotto questo punto di vista; è chiaro che soluzioni si potranno prospettare solo se si tenteranno alternative
all’attuale uso di fitofarmaci,
pur con la necessaria gradualità:
si deve cioè creare una coscienza ecologica anche negli operatori agricoli ».
E’ chiaro che questo problema richiede un grosso sforzo
sull’informazione, sulla conoscenza dei rischi sia per i consumatori sia fra gli stessi agricoltori
e su questo — assicura il dott.
Vecchiè — si batterà la Lega ambiente. Di lì potrebbe partire
un tentativo di mettere in pratica tutto quello che si è fatto
o si fa a livello di ricerca sulla
lotta biologica.
ta però ad un salto di qualità
ed in questo senso siamo stimolati e confortati da una esperienza particolare, che è quella
del comune di Villar Pellice, dove là raccolta differenziata di
vetro, carta, ferro si fa da anni
con ottimi risultati: si arriva ad
una riduzione sul totale dei rifiuti che supera il 20% ; chiaramente alla base di tutto ci deve
essere l’educazione, cosa che per
esempio a Pinerolo non è stata
fatta dopo aver installato le campane per il vetro ».
Detto già nelle precedenti settimane deH’iniziativa presso i comuni per eliminare l’uso dei sacchetti di plastica, va aggiunto
che per motivi di carattere economico la lega si propone di organizzare il passaggio ai sacchetti di carta anche attraverso ìa
collaborazione con gli stessi commercianti.
— In chiusura non poteva
mancare un parere sull’ipotesi
« ovovia... ».
«Credo ohe qualsiasi progetto che possa modificare Tambiente debba vedere una nostra riflessione e poi un’azione di sensibilizzazione della popolazione
sugli effetti, al di là dei benelici immediati ipotizzati sulla carta ».
Piervaldo Rostan
Angrogna:
l’importanza
di ricordare
— Tornando un po’ indietro,
sulla raccolta differenziata dei
rifiuti, si può fare una mappa
del comprensorio?
« In molti comuni si è iniziata la raccolta del vetro, forse la più semplice; la lega pun
L’importanza di non rimuovere il fatto storico è stata sottolineata dallo storico G. De Luna, alla presentazione del libro « La vita offesa » (ricordi
di drammi vissuti nei lager nazisti, raccontati dai « protagonisti ») nella sala unionista di
Angrogna nel primo incontro di
riflessione sul 25 aprile.
Il prossimo appuntamento è
previsto per sabato 11 aprile,
ore 15 presso il tempio del Serre, per la presentazione del libro « Bagnóou: resistenza e pace » con la partecipazione di A.
Galante Garrone e N. Revelli.
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11
10 aprile 1987
valli valdesi 11
VERDI
CX)NVEGNO REGIONALE
Fermare
l'eliski
Di fronte all’aumento di un
fenomeno turistico di lusso come l’eliski, preoccupazioni si
fanno strada fra gli ambientalisti.
L’impatto ambientale dell’elicottero potrebbe diventare forte in zone ancora parzialmente
integre, visto che la moda di
farsi portare in montagna con
l’elicottero per pei ridiscendere
coi propri mezzi sta diventando
sempre più diffusa.
Il gruppo consiliare presso
la Regione Piemonte della Lista
Verde, si fa in qualche modo
carico di queste preoccupazioni con una proposta di legge
che prevede il divieto di sorvolo a bassa quota e di atterraggio in parchi e riserve naturali
ed oltre la quota di 1.400 metri
sul livello del mare, nonché il
divieto di atterraggio sulle cime
di altezza superiore a 1.100 metri.
Sono previste eccezioni per
le operazioni delle Forze Armate, di soccorso e protezione civile, per le attività di studio e di
carattere scientifico.
Questa normativa giungerebbe
dopo che in molti altri paesi
(Germania, Svizzera, Francia,
Austria) esiste da tempo una
disciplina molto chiara e restrittiva; sono infatti evidenti i motivi di sicurezza, sia per i trasportati, sia per chi frequenta
la montagna e potrebbe essere
travolto da valanghe provocate
dal mezzo aereo, sia le gravi
conseguenze per gli animali e
per l’ambiente dovute soprattutto al rumore.
P. R.
Da oggetti smarriti
a cittadini di serie B
Il lavoro airufficio Stranieri di Torino - Occorre che gli immigrati eleggano propri rappresentanti contro ogni strumentalizzazione
« Finalmente gli stranieri extracomunitari non sono più considerati pacchi postali »; è il commento di Elidrissi, che con l’associazione Pace-amicizia ItaloMarocchina si è battuto in sede
nazionale e locale per ottenere
quei diritti che ora, in parte, riconosce la levge 943. Sui problemi deirapplicazione di questa
legge in Piemonte — gli stranieri avevano tre mesi per regolarizzare la loro posizione di lavoratori dipendenti o disoccupati,
scadenza il 27 aprile — si è svolto sabato 14 marzo un convegno
a Palazzo Lascaris.
Interessante la relazione di
Predo Olivero, responsabile dell’Ufficio Stranieri del Comune di
Torino. Già 2 mila le situazioni
regolarizzate, pericolosa però
rimpossibilità — sancita dalla
legge — di lavoro autonomo e
triste il caso di ben 500 lavoratori che a causa della legge hanno perso l’occupazione perché i
datori di lavoro negano la regolarizzazione.
«L’Ufficiò del Comune è l’unico, tra tante associazioni che avevano promesso grandi cose, a
funzionare veramente in questa
emergenza — dichiara Elidrissi
—. Olivero lavora dalle 6 a mezzanotte, e alcuni marocchini sono stati lieti di cooperare volon
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tariamente per un mese ». E il
suo intervento — che parla di
problemi insoluti come casa, sanità, inserimento, lingua — è uno
dei pochi gradito agli stranieri.
In effetti, il convegno è stato iri
tono minore; i relatori italiani
si sono abbandonati a diohiaraj
zioni abbastanza ovvie, grandi
assenti i rappresentanti di alcuni assessorati-chiave, e l’umore
degli stranieri variava per lo più
dall’incazzato nero al non molto
entusiasta, tanto che non è stata forse apprezzata l’unica novità: la proposta di Francesco Mollo (Commissione Face del Comune) di istituire ima consulta di
associazioni di stranieri da affiancare al Consiglio Comunale.
Un utile spunto di riflessione
anche nell’intervento del pastore Alberto Taccia: « Creare una
mentalità dell’accoglienza, da
contrapporre al latente razzismo ».
Le difficoltà di inserimento —
e l’importanza di regolamentare
il lavoro autonomo — è stato anche il tema svolto da Elidrissi,
mentre Samir (Gups, studenti
palestinesi) ha fatto notare che
gli studenti extracomunitari non
godono di borse di studio e pur
pagando le stesse tasse degli italiani, non hanno accesso ai collegi universitari.
Altre richieste concrete, rna
« ignorate dagli enti pubblici »,
in un appello presentato da Tonino Costantino (Amicofesta, comitato tra associazioni di italiani e di stranieri).
Il clima generale è stato quello sintetizzato da un commento
di Mario Rosselli (Comitato Pace S. Salvario); « Gli stranieri,
prima dimenticati, si sentono ora
oggetto di tentativi di strumen
talizzazione da parte di alcune
associazioni italiane ».
Gli strali scoccano in particolare contro la Filef, accusata
dagli stranieri di essersi recentemente riciclata, allargando il
proprio statuto, prima dedicato
agli immigrati italiani, anche agli
stranieri in Italia, per mantenere una sorta di « monopolio »,
perfino nell’organizzazione del
convegno, « promosso dal Coordinamento che riunisce le associazioni italiane e straniere in Piemonte — spiegano curdi, marocchini e somali — e di cui fa parte anche la Filef, ma essa ha
voluto far comparire il proprio
nome ».
Hussein (Associazione ItaloSomala) ha polemizzato in particolare contro il consigliere regionale Reburdo (presidente Filef) e Rogolino, accusati di « voler piantare le loro bandierine
sul movimento degli stranieri e
di voler portare i loro affiliati
nella Consulta regionale per l’Immigrazione ».
« Bisogna favorire ruolo e peso delle associazioni straniere,
perché eleggano loro stesse democraticamente le tre più rappresentative per la Consulta »,
commenta Igor Staglianò, capogruppo Dp in Regione, autore
delTemendamento che ha aperto
nella Consulta l’accesso agli stranieri. Una posizione su cui, a giudicare dal convegno e dai successivi commenti, gli stremieri
sembrano d’accordo: no alle strumentalizzazioni, ai tentativi di
egemonia, alle tortuosità del politichese. Sì ad azioni concrete
e all’impegno diretto. Gli stranieri non vogliono affatto sentirsi sotto tutela.
Laura Schrader
TEMPESTIVITÀ’
ED IMPARZIALITA’
Egr. Sig. Direttore
consci del fatto che la polemica
è sterile e inutile e che le nostre
Valli hanno bisogno di discussioni franche e di risposte concrete, teniamo
però a precisare i seguenti punti.
La nostra presunzione non ci porta
ad affermare né che il nostro progetto sia il migliore né che esso debba
già considerarsi realizzato.
Siamo sinceramente in attesa di
proposte alternative, concrete, realizzabili, realistiche.
Per parte nostra dobbiamo scusarci
se non abbiamo risposto subito a
Rostan, ma non l’abbiamo fatto per cortesia verso il Pastore Pasquet, che
stimiamo per la sua sincerità e correttezza. Solo su un punto, con nostro rammarico, dobbiamo rispondere
RINGRAZIAMENTO
<c II sole e la terra passeranno,
le mie parole no »
(Matteo 24: 35)
I familiari del compianto
Silvio Long
ring’raziaiio ■di Guorc tutti coloro che
con presenza, scritti, parole di conforto
hanno preso parte al loro dolore. In
particolare rivolgono un pensiero riconoscente al past. Bertolino, al medico
curante dr. Griffa, ed al dr. Diego
Sappé.
Prarostino, 10 aprile 1987. _ . ;
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Ernesto Comba
ringraziano tutti coloro che haimo preso parte al loro dolore. Un iparticolare
ringraziamento al past. Paolo Rihet, al
dr. Della Penna, ai vicini di casa ed
in special modo alle famiglie Dleynat
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con fotografia, a La Luce - via Pio
V, n. 15 - 10125 Torino imdioando le
lettere H.B.
con una precisazione dovuta esclusivamente ai suoi lettori.
Non intendiamo « passare attraverso
le leggi », chiediamo solo che la legge sia • uguale per tutti » e che venga applicata con tempestività ed imparzialità: è un diritto che la Regione
e la Provincia ci hanno assicurato, da
qui la nostra soddisfazione.
Per tutto il resto molte sono le sedi
dove possiamo e sappiamo di doverci
confrontare: le percorreremo tutte fino in fondo. Ci auguriamo che una di
queste sedi possa essere l'Eco delle
Valli, a cui chiediamo di poter chiarire il nostra pensiero facendo nostra
una frase dì Charles Lìndbergh: « Credo che non ci sia niente di più importante della conservazione della natura, eccetto la sopravvivenza dell’umanità.
Ma le due cose sono talmente legate, che è difficile dire dove finisce
l'una e dove comincia l’altra ».
La Giunta comunale, Bobbio Pellice
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Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
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12
Í2 fatti e problemi
10 aprile 1987
A
,;K
»■
IL CONSIGLIO ECUMENICO SUL SUD AFRICA
Contro
l’infinita sofferenza
Documento del C.E.C. denuncia l’aggravarsi della situazione generale
- Vassallaggio per la Namibia - Dipendenza per Zambia e Zimbabwe
AMNESTY INTERNATIONAL
Vorremmo non dover sempre
scrivere sulla situazione in Africa australe dando notizie di nuovi arresti, nuova repressione. Ma
non è possibile. Non possiamo
far finta di nulla; ci renderemmo complici di un'immensa sofferenza che sembra non aver
mai fine. E’ uscito in questi giorni un rannorto del Consiglio Eoumenico delle Chiese (CEC) ohe
rende conto dell’aggravamento
della situazione in generale. Dobbiamo darne notizia per dar voce al grido degli oppressi e superare la cortina di silenzio .che
il regime di Botha tenta di erigere imbavagliando la stampa,
ostacolando i contatti con l’estero, censurando la corrispondenza.
Tre sono gli ambiti di cui si
occupa il rapporto. Il primo riguarda la situazione interna, il
secondo la questione della Namibia, il terzo rallargamento del
conflitto agli stati confinanti.
Esaminiamoli brevemente.
Dal giugno '86 il regime di Botha, temendo una « rivoluzione »
in occasione del decimo anniversario della rivolta di Soweto, ha
proclamato lo stato d’emergenza. I militari stabiliscono un
controllo su tutto il paese, occupano i quartieri e le scuole
dei neri; squadroni della morte
e di miliziani conducono attacchi anche con lancio di bombe
contro le abitazioni di quanti
(bianchi o neri) si oppongono al
sistema dell’apartheid. Particolarmente esposti ai colpi della
repressione sono i bambini e i
giovani, denutriti, alloggiati spesso in rifugi di fortima, emarginati dal sistema scolastico. Dal
giugno ’86 ad oggi si calcola che
siano più di 8 mila i bambini
arrestati, una metà dei quali si
trova tuttora in carcere. Il 40%
dei detenuti ha un’età compresa
tra ^ 11 e i 18 anni. In carcere i giovani subiscono percosse, umiliazioni fisiche, e perfino
la tortura mediante elettricità.
Un rapporto medico di un'équipe di Città del Capo, pubblicato
alcuni mesi fa, affermava che
neH’85 la metà delle persone uccise era stata fucilata nella schiena, la più giovane vittima aveva solo sette armi. Molti detenuti vengono rinchiusi in « cam
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Sud Africa: l’interno di una baracca in cui sono costrette a vivere
le famiglie di colore.
pi di rieducazione », dove sono
sottoposti a un trattamento sistematico di lavaggio del cervello. Il 50% dei bambini che nascono nei « bantustan » muore
entro i primi cinque anni di vita per la denutrizione e per malattie non curate. E si potrebbe
continuare a lungo, elencando
questa serie di sofferenze inaudite e gratuite.
In genere l’attenzione dei nostri mass media si concentra sul
Sud Africa e dimentica la questione della Namibia (la vecchia
Africa di Sud-Ovest). Il governo
di Botha, sostenuto in questo dal
governo degli Stati Uniti, si rifiuta di applicare la Risoluzione
435 deirONU, nella quale si prevede l’indipendenza della Namibia. Anche oui vi sono episodi
di barbara violenza contro la popolazione, senza che siano risparmiati i membri delle chiese. Imprigionamenti, torture, massacri,
tutto questo è all’ordine del giorno. Il governo sudafricano tiene inoltre in una situazione di
vassallaggio economico la Namibia, dalla quale prende le materie prime (è nota la straordinaria ricchezza del sottosuolo namibiano) e alla quale vende i
propri manufatti.
Il CEC dichiara senza mezzi
termini il proprio appoggio al
movimento di liberazione (lo
SWAPO), qualificandolo come
« il rappresentante autentico del
popolo della Namibia » e chiede
in particolare alle chiese degli
Stati Uniti di fare pressioni perché sia applicata la Risoluzione
435 deirONU. Essa infatti è —
come si dice nel documento —
l’unica base sulla quale si potrà costruire la pace e l’indipendenza della Namibia.
L’altro punto da tener presente è quello degli stati confinan
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ti col Sud Africa. Del Mozambico ci si è già occupati recentemente, in seguito all’incidente
aereo nel quale morì alcimi mesi fa il presidente. L’economia
di questa nazione è letteralmente in ginocchio: solo in un anno,
nell’84, più di 100 mila persone
sono morte di fame. La mortalità infantile è a livelli spaventosi
(neH’85 sono morti 158 mila bambini). Anche in Angola la situazione è catastrofica sotto questo
profilo: sempre neH’85 sono morti 141 mila bambini. Questo perché lo stato di guerra permanente non consente investimenti
nello sviluppo.
Anche lo Zambia e lo Zimbabwe sono tenuti in ostaggio economico dal Sud Africa. Per esempio queste due nazioni sono costrette sia per le importazioni
che per le esportazioni ad utilizzare le ferrovie e i porti sudafricani. La linea ferroviaria che passa per il Mozambico viene continuamente bombardata. Il Sud
Africa, che tanto reagisce alle ipotesi di un boicottaggio nei propri
confronti da parte dei paesi occidentali, non ha alcuna esitazione
ad applicare tali misure nei confronti delle nazioni confinanti, il
cui peccato è quello di concedere
asilo politico ai profughi sudafricani. Non solo, ma il Sud Africa
si sente autorizzato a bombardare i campi profughi, a compiere
incursioni, a mettere a ferro e
fuoco villaggi, a terrorizzare le
popolazioni. Sono ormai anni ohe
queste cose si verificano. Non si
può permettere ohe esse continuino.
n CEC lancia un appello a tutte le chiese membro perché si
adoperino con tutti i mezzi a propria disposizione a sollevare l’opinione pubblica per far cessare
questo calvario infinito.
L. D.
Prigionieri
del mese
Dal Notiziario di Amnesty International del mese di febbraio
riportiamo alcune notizie riguardanti i casi di tre prigionieri
per motivi di opinione, cittadini
di tre differenti nazioni: la
Repubblica Dominicana, il Camerún e la Jugoslavia. Rivolgendo appelli in loro favore, in
termini corretti e cortesi, alle
autorità dei loro paesi possiamo contribuire alla lotta contro le violazioni dei diritti dell’uomo, intrapresa da Amnesty
da più di 25 anni.
Pablo Liberato Rodríguez
Repubblica Dominicana
Studente, 24 anni. E’ stato arrestato il 9 agosto 1974 a S.
Francisco de Macoris ed è stato portato alla stazione di polizia del luogo. Samaira Gómez,
arrestata con lui ma poi rilasciata, ha dichiarato che l’ultima volta che l’aveva visto egli
era sanguinante a causa delle
percosse subite.
Alle richieste di informazioni
circa il luogo di detenzione di
Rodríguez da parte dei parenti,
avvocati e giornalisti, venivano
date risposte molto vaghe e contraddittorie. Neanche dopo le
istanze poste da Amnesty al governo si riusciva ad avere qualche notizia sul prigioniero. Solo nel 1981 le autorità riconoscevano che egli era "scomparso” mentre era in custodia della
polizia.
Chiedere (in spagnolo o italiano) chiarimenti sulla sorte
di Pablo Liberato Rodríguez a:
Dr. Joaquín Balaguer
Presidente de la República
Palacio Nacional
Santo Domingo
República Dominicana
America Centrale
André Beyegue Yakana
Camerún
Guardia giurata, dipendente
dell’Ente di sviluppo. E’ stato
arrestato nel dicembre 1984. Poco prima, a casa sua, a Limbe,
si era tenuta una riunione di
Testimoni di Geova. Nel Camerún i Testimoni di Geova vengono perseguitati per il fatto
che si rifiutano, per motivi religiosi, di votare per le elezioni
presidenziali e di onorare la bandiera. Vengono accusati di essere ’’sovversivi” e di diffondere
notizie false. In realtà essi professano in modo pacifico la loro
fede. Nel 1970 sono stati messi
al bando da un decreto presidenziale e, quando Yakana è stato
arrestato nelT84, almeno 80 di
loro erano già in prigione.
André Beyegue Yakana è ancora in carcere.
Rivolgere appelli per il suo
rilascio (in francese o inglese
0 italiano) a;
Son Excellence
Monsieur Paul Biva
Président de la République
Palais de la Présidence
1000 Yaoundé
République du Cameroun
Afrique
Destan Aliu - Jugoslavia
Restauratore, 28 anni, appartenente al gruppo etnico albanese assai numeroso nella Macedonia occidentale. Nel 1974
era emigrato negli Stati Uniti e
dall’82 viveva nel Wisconsin do
Hai rinnovato
il tuo
abbonamento?
ve aveva ottenuto la residenza
permanente e aveva richiesto
la cittadinanza americana. Nell’ottobre ’82 era rientrato in
Jugoslavia per visitare il padre
ammalato e p>er sposarsi. Tre
giorni dopo il matrimonio era
stato arrestato e in seguito condannato ad 8 anni di prigione
(poi ridotti a 7) per ’’attività
ostili” dal tribunale di Skopje,
capitale della Macedonia jugoslava. E’ stato accusato di appartenere ad una organizzazione di emigrati albanesi in USA
e di aver qui partecipato a manifestazioni di protesta contro
ratteggiamento persecutorio da
parte del governo jugoslavo nei
confronti della minoranza albanese.
Chiedere (in inglese o Italia
no) il suo immediato e incondizionato rilascio a:
His Excellency Sinan Hasani
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Bui. Lenjina 2
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Tribunale di PInerolo n. 17!>.
Redattori; Alberto CorsanI, Luciano Deodato, Giorgio Gardiol (direttore), Paolo Fiorio, Roberto Giacone, Adriano Longo, Giuseppe Pia
tone (vice direttore). Comitato dì
redazione: i redattori e: Mirelia
Bein Argentieri, Valdo Benecchi,
Franco Carri, Rosanna Ciappa Nitri, Piera Egidi, Claudio H. Martelli.
Roberto Peyrot, Sergio Ribet, Massimo Romeo, Cesare Milaneschi,
Marco Rostan, Mirella Scorsonelli,
Liliana Viglielmo.
Redazione e Amministrazione: Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - Tel. 011/
655.278.
Redazione l'Eco deile Valli Valdesi;
Via Arnaud, 23 - 10066 Torre Pellice.
Editore: AlP, Associazione Informazione Protestante - Via Pio V, 15
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